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MISSALE ROMANUM EX DECRETO SS. CONCILII TRIDENTINI RESTITUTUM AUCTORITATE S. PII Pp. V PROMULGATUM B. JOANNIS Pp. XXIII CURA RECOGNITUM PREMESSA GENERALE I testi latini proposti concordano con l’Edizione Tipica del Messale promulgato dal Beato Papa Giovanni XXIII nel 1962. Sia il Ritus servandus che le Rubriche dell’Ordinario della Messa, seppur fedeli all’originale, sono state tradotte liberamente con aggiunte esplicative a cura di traduttori ed esperti di liturgia. Affinché la Santa Messa Tridentina, liberalizzata dal Motu Proprio "SUMMORUM PONTIFICUM” di Sua Santità Benedetto XVI, sia celebrata senza errori, illeciti e mancanze, si ricorda che è suggerito l’uso del Messale Romano in cartaceo, stampato con il permesso di un Presule Ordinario che controllata la fedeltà all’EDITIO TYPICA, ne autorizza la stampa per uso liturgico.

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MISSALE ROMANUM

EX DECRETO SS. CONCILII TRIDENTINI RESTITUTUM

AUCTORITATE S. PII Pp. V PROMULGATUM

B. JOANNIS Pp. XXIII CURA RECOGNITUM

PREMESSA GENERALE

I testi latini proposti concordano con l’Edizione Tipica del Messale promulgato dal Beato Papa Giovanni XXIII nel 1962. Sia il Ritus servandus che le Rubriche dell’Ordinario della Messa, seppur fedeli all’originale, sono state tradotte liberamente con aggiunte esplicative a cura di traduttori ed esperti di liturgia.

Affinché la Santa Messa Tridentina, liberalizzata dal Motu Proprio "SUMMORUM PONTIFICUM” di Sua Santità Benedetto XVI, sia celebrata senza errori, illeciti e mancanze, si ricorda che è suggerito l’uso del Messale Romano in cartaceo, stampato con il permesso di un Presule Ordinario che controllata la fedeltà all’EDITIO TYPICA, ne autorizza la stampa per uso liturgico.

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RITUS SERVANDUS IN CELEBRATIONE MISSÆ

Missale Romanum, Typis Poliglottis Vaticanis 1962

1. PREPARAZIONE DEL SACERDOTE CELEBRANTE 2. SULL'INGRESSO DEL SACERDOTE ALL'ALTARE 3. DELL'INIZIO DELLA MESSA 4. L'INTROITO, IL KÝRIE, E IL GLÓRIA IN EXCELSIS 5. L'ORAZIONE 6. L'EPISTOLA, IL GRADUALE FINO ALL'OFFERTORIO 7. L'ANTIFONA ALL'OFFERTORIO FINO AL CANONE 8. IL CANONE DELLA MESSA FINO ALLA CONSACRAZIONE 9. DOPO LA CONSACRAZIONE FINO AL PATER 10. IL PATER FINO ALLA COMUNIONE 11. ANTIFONA DI COMUNIONE E LE ORAZIONI SEGUENTI 12. LA BENEDIZIONE E L'ULTIMO VANGELO 13. LE COSE DA OMETTERE NELLE MESSE DI DEFUNTI 14. PER CELEBRARE DUE O TRE VOLTE AL GIORNO

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I - PREPARAZIONE DEL SACERDOTE CELEBRANTE

1. Il Sacerdote che si accinge a celebrare la S. Messa, dedichi un po’ di

tempo alla preghiera, utilizzando a scelta le preghiere stabilite che si

trovano di seguito. Quindi si reca nel luogo preparato in sacrestia, o

altrove, dove si trovano i paramenti e quanto è necessario per la

celebrazione. Prende il messale, cerca la Messa del giorno, legge con

molta attenzione e dispone in ordine nel Messale i segnacoli (i segnalibri)

che utilizzerà per trovare le parti che gli occorrono per la Celebrazione

della Santa Messa. Poi si lava le mani, dicendo l'orazione che si trova di

seguito. Quindi prepara il calice (che deve essere d'oro o d'argento, o avere

almeno la coppa d'argento dorata internamente con la patena, anch’essa

dorata e consacrato dal Vescovo), sulla coppa del calice pone un

purificatoio pulito e su di esso la patena con un'ostia intera che pulisce

leggermente dai frammenti, se necessario, e la ricopre con una palla di

lino e quindi col velo di seta. Sul velo pone la borsa del colore dei

paramenti, contenente il corporale piegato, che deve essere soltanto di

lino, senza essere intessuto internamente con la seta, né con l’oro, ma

completamente bianco e benedetto, assieme alla palla, dal Vescovo o da

chi ne abbia facoltà.

2. Avendo disposto le cose in questo modo, si avvicina ai paramenti che

non devono essere laceri o strappati, ma in buono stato, decentemente

puliti e belli, benedetti dal Vescovo o da chi ne abbia facoltà. Lì , con le

scarpe ai piedi e vestito dei propri abiti, dei quali almeno quello esterno

deve scendere fino ai talloni, indossa i paramenti, dicendo le orazioni: ad

ognuno la preghiera propria, come si trovano scritte sotto.

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3. Per primo prende l'amitto tra le estremità e le fettucce, lo bacia nel

mezzo, dove c’è la croce (o se non ci fosse, traccia sull’amitto con il pollice

una croce che poi bacerà), e lo pone sul capo, e subito lo abbassa sul collo

ricoprendo il colletto degli abiti tutto intorno, poi fa passare le fettucce

sotto le braccia, quindi girandole intorno al dorso, le riporta davanti al

petto e le lega. Poi indossa il camice, passandolo dalla testa, ed infilando

il braccio destro nella manica destra e il sinistro nella sinistra. Si aggiusta

il camice al corpo, alzandolo davanti e ai fianchi e si lega con il cingolo che

il ministro gli porge da dietro. Il ministro alza il camice tutt'attorno al

cingolo, in modo che scenda bene e copra gli abiti, adattandone

diligentemente l'estremità, in modo che sia distante da terra circa un dito.

Il sacerdote prende il manipolo, bacia la croce nel mezzo, e lo mette al

braccio sinistro. Quindi prende la stola con entrambe le mani, la bacia allo

stesso modo, pone il centro intorno al collo e la incrocia davanti al petto,

facendo passare alla destra la parte che scende dalla spalla sinistra e alla

sinistra quella che scende dalla spalla destra. Poi, con le due estremità del

cingolo unisce le due parti della stola al cingolo stesso. Infine il sacerdote

indossa la pianeta e, convenientemente, si copre il capo.

4. Se il celebrante è un Vescovo, o un Abate benedetto avente l'uso dei

pontificali, non incrocia la stola davanti al petto, ma lascia scendere di

qua e di là le due estremità e prima di mettere la stola, prende una piccola

croce pettorale, che bacia e mette al collo, facendola scendere col cordone

davanti al petto.

Non prende anche il manipolo prima della stola, se non nelle messe dei

defunti, ma lo mette all'altare,, quando nella confessione dice

Indulgentiam, e lo bacia prima di indossarlo.

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5. Se è Vescovo, o Abate di cui sopra e celebra solennemente, assume i

paramenti e le altre insegne come indicato nel Pontificale e nel

Cerimoniale.

II – SULL’INGRESSO DEL SACERDOTE ALL’ALTARE

1. Il sacerdote, rivestito di tutti i paramenti, prende con la mano sinistra

il Calice, preparato come detto sopra, e lo porta alzato davanti al petto,

tenendo la Borsa sul Calice con la mano destra e, fatta la debita riverenza

alla Croce, od alla sua immagine, che sarà in sacrestia, accede all’altare

con il capo coperto preceduto dal ministro parato di talare e cotta, che

porta il messale e le altre cose necessarie (preparate prima). Procede con

lo sguardo basso, con il passo lento ed il corpo dritto. Se dovesse passare

davanti all’Altare maggiore, con il capo coperto, faccia la debita riverenza

a quello. Se dovesse passa davanti al luogo dove è riposto il SS.

Sacramento, genufletta. Se dovesse passare davanti ad un Altare dove si

sta celebrando messa, durante l’elevazione, o durante la comunione,

genufletta allo stesso modo, e, scoperto il capo si fermi in adorazione, e

non si alzi prima che il Celebrante abbia deposto il Calice sul Corporale.

2. Quando arriva all’altare, stando davanti sull’ultimo gradino, scopre il

capo, porge la berretta al ministro, e si inchina profondamente all’Altare,

o all’immagine del Crocifisso posta sopra questo. Se ci fosse il Tabernacolo

del Santissimo Sacramento, fa debita riverenza genuflettendo. Quindi sale

al centro dell’altare, dove sistema il Calice dal lato del Vangelo, estrae il

Corporale dalla Borsa, e lo stende al centro dell’altare, e colloca sopra

questo il Calice coperto dal Velo, e la Borsa al lato del Vangelo. Se prende

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i paramenti all’altare, fa questo prima di scendere dall’altare, per iniziare

la Messa.

3. Se deve consacrare più Ostie per fare la Comunione, e queste, per la

loro quantità, non entrano nella Patena, mette queste sul Corporale

davanti al Calice, od in un altro Calice consacrato, od in un vaso pulito e

benedetto, e pone queste dietro il calice coperte da un'altra patena o con la

palla.

4. Collocato il Calice sull’Altare, si sposta dal lato del Vangelo ed apre il

messale sul cuscino, quindi ritornando al centro dell’altare, facendo prima

la riverenza alla croce, volgendosi verso il lato dell’Epistola scende fino

all’ultimo gradino dell’altare, dove fa la confessione.

5. Nella Messa solenne, aperto il Messale

sull’Altare, il Calice e le altre cose necessarie sono

preparate sulla Credenza, coperta con una

tovaglia, prima che il Sacerdote venga all’Altare.

Egli stesso entra con il Diacono ed il Suddiacono,

che hanno il capo coperto come lui e tengono le

mani giunte davanti al petto; gli accoliti stanno

davanti a loro con il candelabro e le candele

accese, che poi collocano sulla Credenza: quando arriverà davanti l’ultimo

gradino dell’Altare, lì, in mezzo al Diacono alla destra ed il Suddiacono

alla sinistra, prima di salire all’Altare, fa con loro la Confessione.

6. Nella Messa Pontificale si seguono tutte le cose prescritte dal Pontificale

e dal Cerimoniale Romano: Il Vescovo e l’Abate non tralascino nulla

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dell’ordine pontificale, come sopra, ogni volta in cui celebrano con Diacono

e Suddiacono parati.

III – DELL’INIZIO DELLA MESSA

1. Il Sacerdote essendo in primo luogo disceso presso l’ultimo gradino

dell’Altare si gira verso di esso, dove stando nel mezzo, con le mani giunte

davanti al petto, con le dita parimenti stese ed unite, ed avendo il pollice

destro posto sul sinistro in modo da formare una croce (ciò si osserverà

sempre quando le mani sono giunte, eccetto dopo la Consacrazione), con il

capo scoperto, fatto profondo inchino alla Croce o all’Altare, o se su di esso

vi è il Tabernacolo con il santissimo Sacramento, la genuflessione, stando

in piedi inizia la Messa.

2 Se si appresterà a celebrare in presenza del Sommo Pontefice, si colloca

dinnanzi al gradino più basso dell’altare dal lato del Vangelo di fronte al

Sommo Pontefice, dove attente genuflesso: ricevuta la benedizione, si alza,

e stando leggermente rivolto verso l’Altare, incomincia la Messa. Se invece

fosse in presenza di un Cardinale, di un Legato della Sede Apostolica, o di

un Patriarca, Arcivescovo o Vescovo nelle loro sedi residenziali, oppure

nella loro giurisdizione stando dinnanzi all’ultimo gradino dell’altare al

lato del Vangelo come sopra, attende: dato il segnale, fa inchino profondo

al Prelato, e rivolto verso l’Altare inizia la Messa.

3 Se invece celebra solennemente in presenza del Sommo Pontefice o di un

altro Prelato di quelli già citati nelle Chiese sotto la loro giurisdizione,

stando alla sinistra del Prelato, fa con lui la Confessione, ed osserva per il

resto quanto è prescritto nel Pontificale e nel Cerimoniale Romano.

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4 Stando allora il Celebrante davanti all’ultimo

gradino dell’Altare, come sopra, facendo un segno

di croce con la mano destra dalla fronte al petto,

dice con voce intelligibile: In nomine Patris, et

Filii, et Spiritus Sancti. Amen. E dopo aver detto

ciò non deve prestare attenzione a quello che si

celebra in altro Altare, anche se si elevi il

Sacramento, ma ininterrottamente proseguirà la

sua Messa fino alla fine. E parimenti sia

osservato di fare ciò nella Messa solenne, ed ugualmente anche dai

Ministri.

5 Quando si segna, pone sempre la sinistra sotto il petto: nelle altre

benedizioni quando è all’Altare, e quando benedice le Offerte, o

qualcos’altro, pone questa sull’Altare, se non è scritto diversamente.

Segnandosi volge verso di se il palmo della mano destra, e con tutte le dita

unite e stese, dalla fronte al petto, e dalla spalla sinistra alla destra,

forma un segno di croce. Se invece benedice persone o qualche oggetto,

volge il mignolo verso ciò che benedice, e benedicendo stende tutta la

mano destra, con tutte le dita parimenti unite e stese: ciò sia osservato in

ogni benedizione.

6 Dopo aver detto In nomine Patris, etc. come sopra, congiunte di nuovo

le mani davanti al petto, pronuncia a voce distinta l’Antifona: Introibo ad

altare Dei. Il Ministro poi genuflesso dietro di lui, alla sua sinistra, e alla

Messa solenne i Ministri posizionati da una parte e dall’altra proseguono:

Ad Deum, qui laetificat juventutem meam. Quindi il Sacerdote stando

nello stesso modo inizia, e prosegue alternativamente con il ministro o con

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i ministri il Salmo: Judica me, Deus, fino alla fine, con il Gloria Patri.

Finito questo, ripete l’Antifona Introibo con i Ministri, come sopra. Questo

Salmo non è mai tralasciato, fuorché nelle Messe dei Defunti, e nelle

Messe del Tempo dalla Domenica di Passione inclusa al Sabato santo

escluso. In queste una volta detta solo l’Antifona Introibo con i Ministri,

come sopra, il Sacerdote immediatamente aggiunge V/. Adjutorium

nostrum, etc. come sotto. Quando finito il Salmo dice Gloria Patri, etc.

china il capo alla Croce.

7 Ripetuta l’Antifona Introibo, facendo su di se con la mano destra un

segno di croce dalla fronte al petto, dice: V/. Adjutorium nostrum in

nomine Domini. R/. Qui fecit caelum et terram. Quindi si inchina

profondamente all’Altare, e congiungendo le mani dice: Confiteor Deo,

come nell’Ordo Missae: e prosegue nello stesso modo stando inchinato,

fino a quando dal ministro, o dai ministri è pronunciato il Misereatur.

Quando è iniziato dai ministri il Confiteor, si erge. Quando dice: mea

culpa, percuote tre volte il petto con la mano destra, avendo posta la

sinistra sul petto.

8 Se è in presenza del Pontefice, di un Cardinale, di un Legato della Sede

Apostolica, o di un Patriarca, Arcivescovo o Vescovo nella loro Provincia,

Città o Diocesi, laddove dice: vobis, fratres, dica: tibi, Pater; infine

ugualmente dove dice: vos, fratres, dica: te, Pater; dicendo questo al

Sommo Pontefice genuflette, agli altri Prelati si inchina profondamente.

9 Quando il ministro, e chi è presente (benché ivi ci fosse il Sommo

Pontefice), rispondono Confiteor, dicono tibi, Pater, e te, Pater,

leggermente rivolti al Celebrante.

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10 Terminata dai presenti la Confessione, il Celebrante eretto, risponde:

Misereatur vestri, etc. Quindi facendo con la mano destra un segno di

croce dalla fronte al petto, dice: Indulgentiam, etc.; se c’è un Vescovo, o

Abate, come sopra, prende il manipolo, baciandolo nel mezzo. E stando

inclinato con le mani giunte prosegue: Deus, tu conversus, e quanto segue

nell’Ordo Missae, con voce distinta fino all’orazione Aufer a nobis, etc.;

quando dice: Oremus, estende e congiunge le mani.

11 Allora se celebra, come sopra, in presenza del Sommo Pontefice, o di

altri Prelati, fatta al Sommo Pontefice genuflessione, ed agli altri Prelati

inchino profondo, si reca nel mezzo dell’altare davanti all’ultimo gradino, e

lì inizia segretamente: Aufer a nobis, come nell’Ordo Missae.

12 Alle volte il salmo Iudica me, Deus, con la sua antifona, la confessione

con l’assoluzione, i versetti seguenti ed anche la preghiera Aufer a nobis e

Oramus te Domine, si devono omettere, a norma del numero 424 delle

rubriche. In questi casi, il celebrante fatta all’altare la debita riverenza, lo

sale senza dire nulla; quindi, se non si fa l’incensazione dell’altare, al lato

dell’Epistola inizia l’antifona d’Introito, come segue.

IV – L’INTROITO, IL KÝRIE, E IL GLÓRIA IN EXCELSIS

1. Mentre dice: Aufer a nobis, ecc., il celebrante a mani giunte sale

l'altare, nel mezzo, e lì inchinato, - sempre con le mani giunte appoggiate

sull’altare, in modo che le punte dei mignoli tocchino la parte anteriore e

le falangi degli anulari la parte superiore della tavola o mensa dell’altare,

con il reso della mano dritta tra se e l’altare, tenendo il pollice destro

incrociato sul pollice sinistro (e fa sempre così quando deve appoggiare le

mani giunte sull'altare), - dice in segreto: Oramus te, Domine, etc., e

mentre dice: Quorum reliquiae hic sunt, bacia l'altare nel mezzo, tenendo

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le mani allargate allo stesso modo di qua e di là e poste sopra di esso

[entro il corporale dalla Consacrazione alla Comunione, fuori del corporale

tutte le altre volte] e fa sempre in questo modo, quando bacia l'altare, ma

dopo la Consacrazione non si separano gli indici dai pollici. Ogni volta che

deve baciare l'altare o il libro o altra cosa, non fa il segno di croce con il

pollice o con la mano sopra ciò che deve baciare.

2. Baciato l'altare, va al lato sinistro, cioè al lato dell'Epistola, sta rivolto

all'altare e fa un segno di croce su di sé, dalla fronte al petto, dicendo a

voce intelligibile l'Antifona d'Introito, proseguendo a mani giunte. Quando

dice: Gloria Patri, tenendo le mani giunte, china il capo. Quando ripete

l'antifona d'Introito non fa nuovamente il segno di croce su di sé, come

prima; ripetuta l'antifona, con le mani giunte davanti al petto va in mezzo

all'altare e rivolto ad esso sempre a mani giunte, dice con la stessa voce

tre Kyrie eleison, tre Christe eleison e di nuovo tre Kyrie eleison,

alternandosi con il ministro. Se il ministro o i presenti non rispondono al

celebrante, questi dice da solo le nove invocazioni.

3. Detto l'ultimo Kyrie eleison, il sacerdote restando in mezzo all'altare,

estende ed alza le mani fino alle spalle (e fa così in ogni elevazione delle

mani), con la voce come prima, comincia, se è da dire, il Gloria in excelsis.

Quando dice Deo, congiunge la mani e china il capo alla Croce: dopo averlo

rialzato prosegue fino alla fine con le mani giunte davanti al petto.

Quando dice: Adoramus te, Gratias agimus tibi, e Iesu Christe, china il

capo alla Croce. Quando dice alla fine Cum Spiritu Sancto, fa su di sé un

segno di croce dalla fronte al petto, mentre termina: in gloria Dei Patris.

Amen.

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4. Nella Messa solenne il sacerdote, fatta la

confessione sale con i ministri in mezzo all'altare,

dove, dopo aver detto: Oramus te Domine e

baciato l'altare, mette l'incenso nel turibolo; il

diacono tiene la navicella e il turiferario porta il

turibolo; il diacono un po' chinato verso il

celebrante, dice: Benedicite, pater reverende, e

bacia il cucchiaino e la mano del celebrante,

prima e dopo. Il celebrante mette tre volte l'incenso nel turibolo, mentre

dice: Ab illo benedicaris, ecc., e deposto il cucchiaino, tracciando con la

mano destra un segno di croce sopra l'incenso nel turibolo, lo benedice. Poi

il diacono, deposta la navicella, prende il turibolo e lo dà al celebrante,

dopo aver baciato la sommità delle catenelle e la mano destra del

celebrante, il quale fatta riverenza profonda alla Croce la incensa tre volte,

senza dire nulla, e fatta nuovamente la riverenza alla Croce, incensa

l'altare: tre volte, ad uguale distanza, come son messi i candelieri, dal

centro verso il lato dell'epistola, dove, abbassata la mano ne incensa il lato

esterno: prima in basso, poi più in alto, con due colpi di turibolo e, rivolto

all'altare, alza la mano ed incensa la mensa, nella parte anteriore, con tre

colpi di turibolo, portandosi verso il centro, dove fatta riverenza alla croce,

continua ad incensare l'altare, con altri tre colpi di turibolo, fino al lato

del vangelo ed ugualmente ne incensa il lato esterno, con due colpi di

turibolo, prima in basso, poi più in alto. Quindi restando lì, alza il turibolo

ed incensa tre volte la parte superiore della mensa verso il centro

dell'altare, come ha fatto dal lato dell'epistola, poi abbassando un po' la

mano ne incensa la parte anteriore con tre colpi di turibolo, mentre dal

lato del vangelo va verso il centro dell'altare, e fatta la riverenza alla

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Croce, incensa, allo stesso modo, la rimanente

parte anteriore, fino al lato dell'epistola.

Restituisce il turibolo al diacono e viene da lui

incensato.

5. Se nell'altare ci sono reliquie o immagini di

santi, incensata la Croce e fatta ad essa la

riverenza, prima di lasciare il centro dell'altare,

incensa prima, con due colpi di turibolo, le due

che sono a destra, dal lato del Vangelo, vicino alla Croce, poi, allo stesso

modo, le altre due che sono a sinistra, dal lato dell'epistola. Poi prosegue

nell'incensazione dell'altare, come prima, con tre colpi di turibolo per

ciascun lato, anche se vi sono più reliquie o immagini, e anche se il numero

dei candelieri sia più o meno grande.

6. Se nell'altare vi fosse il tabernacolo del SS. Sacramento, dopo aver preso

il turibolo e prima di cominciare ad incensare, fa la genuflessione e la

ripete ogni volta che passa in mezzo all'altare.

7. Diacono e suddiacono stanno ai lati del celebrante, assistendolo mentre

incensa, e genuflettono sempre quando passano davanti alla Croce. Quindi

il celebrante, mentre il diacono sta alla sua destra, e il suddiacono sta alla

destra del diacono, nel lato dell'epistola, legge l'Antifona d'Introito e il

Kyrie eleison. Quando il celebrante intona il Gloria in excelsis Deo, il

diacono e il suddiacono, uno dietro l'altro, stanno alle sue spalle, poi

salgono l'altare, uno da una parte, l'altro dall'altra, il diacono a destra, il

suddiacono a sinistra, mentre il celebrante a voce sommessa prosegue

l'inno fino alla fine. La stessa cosa fanno durante il Credo. E quando il

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celebrante dice Dominus vobiscum, l'orazione, il prefazio, e il Pater noster,

diacono e suddiacono, stanno allo stesso modo uno dietro l'altro alle spalle

del celebrante.

8. Nelle Messe cantate, se si fanno le incensazioni, il celebrante si comporta

come si è detto sopra, per la Messa solenne; alla fine viene incensato da un

ministrante.

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V - L'ORAZIONE

1. Dopo aver detto l'inno Gloria in excelsis, o se non bisogna dirlo,

avendolo omesso, il celebrante bacia l'altare nel

mezzo, posandovi sopra le mani distese da una

parte e dall'altra, come prima; poi congiunte le

mani davanti al petto e con gli occhi rivolti a

terra, si gira da sinistra a destra verso il popolo,

cioè dalla direzione che guarda il lato

dell'Epistola. Allargando e congiungendo le mani

davanti al petto, come prima, dice a voce chiara:

Dominus vobiscum, o se è vescovo: Pax vobis (ma

lo dice solo in questo caso, quando è stato detto l'inno Gloria in excelsis.)

Risposto: Et cum spiritu tuo, unisce come prima le mani, si volge, per la

stessa via, al libro, dove, allargando e congiungendo le mani davanti al

petto ed inclinando il capo, dice: Oremus, quindi allarga le mani davanti

al petto, con le dita unite, e dice l'orazione. Quando dice Per Dominum,

congiunge le mani tenendole così fino alla fine. Se l'orazione si conclude

Qui tecum o Qui vivis, congiunge le mani quando dice in unitate.

2. Quando nell'orazione, o altrove nella Messa, pronunzia il nome il nome

di GESÙ o di MARIA, ed anche quando pronunzia il nome del santo o del

Beato del quale si dice la Messa o si fa la commemorazione, o il nome del

Sommo Pontefice, il sacerdote inclina il capo. Se bisogna dire più orazioni,

si osserva, in ciascuna di esse, quanto si è detto sopra, riguardo alla voce,

all'estensione delle mani e all'inclinazione del capo.

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3. Se l'altare è ad oriente, verso il popolo, il celebrante rivolto al popolo,

non gira le spalle all'altare, quando dice Dominus vobiscum, Orate frates,

Ite missa est, o quando da la benedizione; ma baciato l'altare in mezzo, lì,

allargando e congiungendo le mani, come sopra, saluta il popolo e dà la

benedizione.

4. Ogni volta che nella Messa che si deve dire ricorrono le parole

Flectamus genua - Levate, il sacerdote, detto in mezzo all'altare Kyrie

eleison, torna al lato dell'epistola, dove stando davanti al libro, allargando

e congiungendo le mani davanti al petto,

inclinando il capo, dice: Oremus, e quindi:

Flectamus genua; e lì, con le mani stese sopra

l'altare, per sostenersi, genuflette con entrambe

le ginocchia e, a mani giunte, per un po' di tempo

prega in silenzio; quindi dice: Levate. Si alza e,

con le mani allargate dice l'orazione. Legge la

lettura successiva nello stesso modo dell'Epistola,

come si dirà in seguito.

5. Nella Messa solenne quando si dice Dominus vobiscum e l'orazione, il

diacono e il suddiacono stanno dietro al celebrante. Flectamus genua e

Levate viene cantato dal diacono, il celebrante e tutti gli altri genuflettono

con entrambe le ginocchia e pregano, come si è detto sopra. Il Diacono

canta Flectamus genua, prima di genuflettere, Levate prima di alzarsi.

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VI - L'EPISTOLA, IL GRADUALE E CIÒ CHE SEGUE FINO

ALL'OFFERTORIO

1. Dette le orazioni, il celebrante, poste le mani

sul libro o sull'altare in maniera che le palme

tocchino il libro, oppure (se preferisce) tenendo il

libro, legge l'Epistola a voce intelligibile.

Ugualmente, dopo che il ministro ha risposto:

Deo gratias, [rimanendo allo stesso modo],

prosegue il graduale, l'alleluia e il tratto e la

sequenza, se sono da dire.

Dopo di ciò, nelle messe lette, il sacerdote stesso

o il ministro porta il libro del messale dall'altra parte dell'altare, nel lato

del Vangelo e mentre passa in mezzo all'altare fa china il capo alla Croce,

e sistema il messale in maniera che il lato posteriore del messale guardi il

lato dell'altare stesso e non la parete o il bordo dell'altare in faccia a lui.

2. Posto il messale sull'altare, il sacerdote ritorna nel mezzo, e lì, stando

dritto con le mani giunte davanti al petto, eleva gli occhi a Dio e subito li

abbassa, si inchina profondamente e dice in segreto: Munda cor meum e

Iube, Domine, benedicere, Dominus sit in corde meo, come nell'Ordinario.

Quindi va al messale, dove, rivolto ad esso, con le mani giunte davanti al

petto, dice a voce intelligibile: Dominus vobiscum. Risposto: Et cum

spiritu tuo, con il pollice della mano destra traccia il segno della croce

prima sul libro nel punto in cui inizia il Vangelo da leggere, poi su se

stesso: sulla fronte, sulle labbra e sul petto, dicendo: Sequentia, o Initium

sancti Evangelii, ecc., Risposto: Gloria tibi, Domine, con le mani

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nuovamente congiunte davanti al petto, legge il Vangelo fino alla fine. Al

termine della lettura, il ministro, rimanendo al lato dell'Epistola, sotto

l'ultimo gradino dell'altare, risponde: Laus, tibi, Christe, e il sacerdote,

alzando un po' il libro, bacia l'inizio del Vangelo, dicendo: Per Evangelica

dicta, ecc., escluso nella Messa dei defunti e se non celebra alla presenza

del Sommo Pontefice, Cardinale e Legato della sede Apostolica, o

Patriarca, Arcivescvo e Vescovo nelle loro residenze, nel qual caso porta il

libro da baciare al suddetto Prelato, ed allora il celebrante non bacia il

libro, né dice: Per Evangelica dicta.

Quando si nomina GESU’ china il capo verso il libro; ed allo stesso modo

genuflette verso il libro, quando, durante la lettura del Vangelo, bisogna

genuflettere.

3. Letto il Vangelo, stando in mezzo all'altare verso la Croce, elevando ed

allargando le mani, inizia (se si deve dire) il Credo; quando dice: in unum

Deum, congiunge le mani ed inclina il capo, lo rialza e rimanendo con le

mani giunte come prima, prosegue fino alla fine. Quando dice: Iesum

Christum, inclina il capo alla Croce. Quando dice: Et incarnatus est, fino a

et Homo factus est compreso, genuflette. Quando dice: simul adoratur,

inclina il capo alla Croce. Quando dice: Et vitam venturi saeculi. Amen, fa

su di sé un segno di croce dalla fronte al petto.

4. Nella Messa solenne il suddiacono, verso la fine dell’ultima orazione,

prende con entrambe le mani il libro delle Epistole, portandolo davanti al

petto, e, fatta genuflessione in mezzo all'altare, va dal lato dell'Epistola e,

rivolto verso l'altare, canta l'Epistola, che il celebrante ascolta da seduto.

Cantata l'Epistola, il celebrante ritorna al libro, il suddiacono fa

nuovamente genuflessione in mezzo all'altare e va dal celebrante, e

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genuflesso bacia la sua mano, e viene da lui benedetto, eccetto che nelle

Messe dei defunti. Quindi il celebrante legge sottovoce il graduale ecc., fino

al Munda cor meum escluso.

5. Poi il celebrante in mezzo all'altare aspetta che il suddiacono abbia

portato il messale dal lato del Vangelo e che il diacono abbia posto il libro

dei Vangeli in mezzo all'altare; quindi infonde l'incenso e lo benedice come

al solito. Poi il diacono, genuflesso nel gradino più alto, inclinato dice il

Munda cor meum, e preso il libro dei Vangeli dall'altare, chiede la

benedizione al celebrante, genuflesso, come prima, nel gradino più alto

dell'altare; e baciata la sua mano, preceduto dal turiferario e dai due

accoliti con i candelieri accesi, presi dalla credenza, si reca, col suddiacono

a sinistra, al lato del Vangelo di fronte l’altare, verso il popolo, dove il

suddiacono tiene il libro, in mezzo ai due accolti che tengono i candelieri

accesi, e dice a mani giunte: Dominus vobiscum. Quando dice: Sequentia

ecc., segna il libro all'inizio del Vangelo, poi se stesso: sulla fronte, sulle

labbra e sul petto, poi incensa il libro tre volte: nel mezzo, a destra e a

sinistra, e prosegue il Vangelo tenendo le mani giunte.

Quando il diacono dice: Sequentia, ecc., il sacerdote segna se stesso, e

quando è nominato GESU’ inclina il capo. Finito il Vangelo il sacerdote

bacia il Vangelo che gli viene portato dal suddiacono, dicendo: Per

evangelica dicta ecc., e viene incensato tre volte dal diacono. Se ci si trova

davanti a un Prelato nella sua sede, il libro viene portato al Prelato, come

sopra, e viene incensato lui, come nel Cerimoniale. Poi, il celebrante stando

in mezzo all'altare, rivolto verso la croce, comincia il Credo, se è da dire,

mentre Diacono e Suddiacono stanno dietro di lui, poi salgono all'altare e

proseguono con lui, come è stato detto per il Gloria in excelsis.

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6. Se si deve fare l’omelia, il predicatore, finito il Vangelo predichi e

terminato il sermone o la predica, terminata la quale si dice il Credo, o, se

non è da dire, si canta l'antifona dell'Offertorio.

7. Quando nel Credo è stato cantato: Et incarnatus est, il diacono, presa la

borsa dalla credenza, con entrambe le mani, la porta elevata, con le solite

riverenze, in mezzo all'altare, sul quale spiega il corporale. Poi torna dal

celebrante. Quando non si dice il Credo, il suddiacono porta la borsa

insieme al calice, come si dirà in seguito.

8. Nelle Messe cantate, l'Epistola può essere cantata da un ministrante, o

altrimenti può essere letta dal celebrante, che tuttavia può cantare

l'Epistola, nella solita maniera.

Se si fanno le incensazioni, il celebrante prima di dire Munda cor meum,

in mezzo all'altare amministra e benedice l'incenso, e dopo le parole

Sequentia o Initium sancti Evangelii, incensa tre volte il Messale, tuttavia

dopo che ha cantato il Vangelo, il celebrante con viene incensato.

VII - L'ANTIFONA ALL'OFFERTORIO E CIÒ CHE SEGUE FINO

AL CANONE

1. Recitato il Simbolo, o, se non si deve dire, dopo il Vangelo o l'omelia,

il Celebrante bacia l'altare nel mezzo, e con le mani giunte davanti

al petto, si gira verso il popolo, da sinistra a destra (come detto

sopra), ed allargando e congiungendo le mani dice: Dominus

vobiscum, e a mani giunte ritorna per la stessa via in mezzo

all'altare, dove allargando e congiungendo le mani ed inchinandosi

col capo verso la Croce, dice: Oremus. Poi, a mani giunte, come

prima, dice l'antifona all'Offertorio. E tutto quello che deve dire fino

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alla fine della Messa, lo dice stando rivolto verso l'altare, a meno che

non sia ordinato diversamente.

2. Terminata l'antifona all'Offertorio, scopre il

Calice e lo pone dal lato dell'Epistola, poi con

la mano destra toglie la piccola palla che è

sopra l'ostia, prende la patena con l'ostia e

tenendola alzata con entrambe le mani fino

all'altezza del petto, alzati gli occhi a Dio e

subito abbassati, dice: Suscipe, sancte Pater,

ecc.

3. Se vi sono altre Ostie, non sulla patena ma sul Corporale o in un altro

Calice o vaso sacro, da consacrare per la Comunione del popolo, scopre con

la mano destra quel Calice o vaso sacro e, dirigendo la sua intenzione

anche a quelle ostie, per offrirle e consacrarle, dice, come sopra: Suscipe,

ecc. come nell'Ordinario della Messa. Detto ciò, tenendo la patena con

entrambe le mani, fa con la patena un segno di croce sul corporale e

depone l’ ostia sulla metà del corporale davanti a sé e, a destra, mette la

patena un po' sotto il corporale, coprendola con il purificatoio, dopo aver

asterso il Calice, come si dirà. Se vi è un calice o vaso sacro con altre ostie,

lo copre, o con un'altra patena o con una palla.

4. Quindi al lato dell'Epistola prende il Calice e lo asterge col purificatoio.

Poi tenendolo con la mano sinistra nel nodo, prende l'ampolla del vino

dalla mano del ministro (il quale bacia l'ampolla, ma non la mano del

Celebrante) e mette il vino nel Calice. Quindi, tenendo il Calice allo stesso

modo, traccia un segno di croce sull'ampolla dell'acqua e dice: Deus, qui

humanæ substantiæ, e mentre mette un po' d'acqua nel Calice, prosegue:

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Da nobis per huius aquæ et vini mysterium, ecc. Se però celebra la Messa

dei defunti, non fa il segno di croce sull'acqua, ma la versa senza

benedizione, dicendo l'orazione come sopra.

5. Messa l'acqua nel Calice e finita l'orazione suddetta, prende con la

mano destra il calice scoperto e in mezzo all'altare, tenendo il Calice

alzato con le due mani, ossia tenendo il piede con la sinistra e il nodo sotto

la coppa con la destra, alza gli occhi a Dio e lo offre dicendo: Offerimus

tibi, Domine, ecc. Dopo aver detto questa orazione, fa un segno di croce

con il calice sul corporale, lo mette nel mezzo, dietro l'ostia e lo copre con

la palla. Quindi, con le mani giunte appoggiate sull'altare, stando un po'

inclinato dice in segreto: In spiritu humilitatis, ecc. Poi, alzatosi, elevando

gli occhi, allargando ed innalzando le mani e ricongiungendole davanti al

petto (ciò che farà ogni volta che dovrà benedire qualcosa) dice: Veni,

sanctificator, ecc. Quando dice: et benedic, fa con la mano destra un segno

di croce sul calice e l'ostia insieme, con la mano sinistra posta sull'altare.

6. Poi, con le mani giunte davanti al petto, va al lato dell'Epistola dove il

ministro gli versa l'acqua per lavargli le mani, ossia le estremità dei

pollici e degli indici, mentre dice il salmo: Lavabo inter innocentes, con il

Gloria Patri, ecc. Il versetto Gloria Patri ecc. si omette nelle Messe dei

defunti e nelle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione al Giovedì

in Cœna Domini compreso.

7. Il Celebrante, lavatesi le mani, se le asciuga, e a mani giunte davanti al

petto, ritorna in mezzo all'altare, alza gli occhi a Dio e li riabbassa subito.

Con le mani giunte appoggiate all'altare e un po' inclinato, dice in segreto

l'orazione: Suscipe, Sancta Trinitas, ecc. Quindi con le mani allargate e

poggiate e stese di qua e di là (ai lati del Corporale), bacia l'altare nel

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mezzo, poi con le mani giunte davanti al petto e gli occhi abbassati a

terra, si gira verso il popolo, da sinistra a destra, e rivolto ad esso,

allargando e congiungendo le mani, dice a voce abbastanza elevata: Orate

fratres, e mentre in segreto prosegue: ut meum ac vestrum sacrificium,

ecc. si volge all'altare completando il circolo, da destra al centro

dell'altare, con le mani giunte davanti al petto.

Dopo che il ministro o i presenti hanno risposto: Suscipiat Dominus

sacrificium de manibus tuis, ecc. (o altrimenti dopo che lui stesso ha detto:

Sacrificium de manibus meis), lo stesso Celebrante a voce bassa dice:

Amen. Allargate le mani davanti al petto, come fa per l'orazione, stando in

mezzo all'altare, verso il libro, dice (senza dire Oremus o altra

interposizione) l'orazione o le orazioni segrete. Quando dice: Per

Dominum, congiunge le mani: quando dice Iesum Christum, inclina il

capo, e questo fa nella prima orazione e nell'ultima se ce ne sono da dire

diverse.

8. Alla fine dell'ultima segreta, alle sole parole: Per omnia saecula

saeculorum, il Sacerdote stando in mezzo all'altare appoggia le mani stese

di qua e di là (ai lati del Corporale), dice a voce conveniente ed intelligibile

il prefazio. Quando dice: Sursum corda, alza le mani, allargate davanti al

petto. Quando dice: Gratias agamus, congiunge le mani. Quando dice:

Domino Deo nostro, alza gli occhi e subito china il capo alla Croce.

Risposto: Dignum et iustum est, con le mani alzate, e allargate come

prima continua il prefazio. Quando dice: Sanctus, con le mani giunte

davanti al petto ed inclinato prosegue con lo stesso tono di voce mentre il

ministro suona la campanella. Quando dice: Benedictus qui venit in

nomine Domini, ecc. si alza e fa un segno di croce su di sé dalla fronte al

petto.

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9. Nella Messa solenne, detto l’Oremus, il diacono e

il suddiacono vanno all’altare nel lato

dell’Epistola: il diacono sposta il calice, se è

sull’altare, o, se è alla credenza, lo prende (con

riguardo, in maniera che non cada nulla), dalla

mano sinistra del suddiacono, che lo tiene insieme

alla patena e all’ostia, coperto dalla palla e dal

velo omerale, dopo averlo preso dalla credenza,

accompagnato dall’accolito che porta le ampolle del vino e dell’acqua. Il

diacono stesso lo scopre e dà la patena con l’ostia al celebrante, baciandogli

la mano. Il suddiacono asterge il calice col purificatoio e il diacono presa

l’ampolla del vino dalla mano del puddiacono, mette il vino nel calice. Il

suddiacono intanto mostrando l’ampolla dell’acqua al Celebrante, dice:

Benedícite, Pater reverénde, il Celebrante fatto un segno di croce verso

l’ampolla dice: Deus, qui humánæ, etc., mentre il suddiacono versa un po’

d’acqua nel Calice. Poi il diacono porge il calice al Celebrante e, tenendo il

piede del Calice, oppure sostenendo il braccio destro del Celebrante, dice

insieme a lui: Offérimus tibi, Dómine, etc., poi, posto il Calice sull’altare,

come sopra, lo copre con la palla. Il suddiacono

stando dal lato dell’Epistola prende nella mano

destra la patena e la copre con l’estremità del velo

omerale: e va dietro il Celebrante in mezzo

all’altare, fa la genuflessione, e rimane lì, tenendo

la patena elevata fino al termine del Padre

nostro, come si dirà. Però nelle Messe dei defunti

la patena non viene tenuta dal suddiacono.

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10. Dopo aver detto: Veni, sanctificátor, come sopra, il Celebrante quando

il diacono gli porge la navicella e gli dice: Benedicite, Pater reverende,

pone l’incenso nel turibolo, dicendo: Per intercessiónem, etc. come

nell’Ordinario della Messa. Quindi ricevuto il turibolo dalla mano del

diacono, senza fare la riverenza alla croce, incensa le offerte tracciando

prima tre croci col turibolo sull’Ostia e sul Calice insieme, e poi tre cerchi

intorno al Calice a all’Ostia, due da destra a sinistra ed uno da sinistra a

destra (mentre il Diacono tiene il Calice con la mano destra) dividendo le

parole in ogni incensazione in que sto modo: Nella prima incensazione:

Incénsum istud. Nella seconda: a te, benedíctum. Nella terza: ascéndat

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ad te, Dómine. Nella quarta: descéndat super nos. Nella quinta e sesta:

misericórdia tua. Quindi, fatta la riverenza, incensa la croce e l’altare,

come detto sopra, assistito dal diacono, mentre dice: Dirigatur, Dómine,

orátio mea, etc.. Mentre il Celebrante incensala croce, il diacono sposta il

calice al lato dell’epistola, dopo che è stata incensata la croce, lo rimette al

suo posto. Quando restituisce il turibolo al diacono, il Celebrante dice:

Accéndat in nobis, etc., e viene incensato da lui. Quindi il diacono incensa

il coro, poi incensa il suddiacono che tiene la patena. Quindi lo stesso

diacono viene incensato dal turiferario, che dopo

incensa gli accoliti e il popolo. Il Celebrante, dopo

essere stato incensato si lava le mani, quando gli

accoliti gli servono l’ampolla dell’acqua col

piattino e il manutergio. Nella messa cantata se

ci sono le incensazioni, il celebrante si comporta

come nella Messa Solenne ed alla fine è incensato

dal ministrante, che dopo incensa il clero ed il

popolo.

11. Quando viene recitato il prefazio, il diacono e il suddiacono stanno

dietro al Celebrante, e poco prima che si dica il Sanctus, salgono all’altare,

dove, ai lati del Celebrante, dicono con lui Sanctus e ciò che segue fino al

Canone. Quindi il Diacono va alla sinistra del Celebrante per assisterlo

mentre dice il Canone, se non c’è un altro Sacerdote ad assisterlo, nel qual

caso il Diacono sta alla destra del Celebrante un po’ indietro. Il

Suddiacono invece sta dietro al Celebrante.

VIII - IL CANONE DELLA MESSA FINO ALLA CONSACRAZIONE

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1. Terminato il Prefazio, come sopra, il Sacerdote stando in mezzo

all’altare e rivolto ad esso, allarga ed alza un po’ le mani, eleva gli occhi a

Dio e senza indugiare devotamente li abbassa. Con le mani giunte poste

sopra l’altare, inclinato profondamente, inizia il Canone, dicendo in

segreto: Te ígitur etc. come nell’Ordinario della Messa. Quando dice: Uti

accépta hábeas et benedícas, etc., prima bacia l’altare nel mezzo, poi si

alza, e rimane con le mani giunte davanti al petto. Quando dice: Hæc

+dona, hæc +múnera, hæc sancta +sacrifícia, con la mano destra traccia

tre segni di croce sull’ostia e sul calice insieme. Quindi, con le mani

distese davanti al petto, prosegue: In primis quæ tibi offérimus, etc.

2. Quando dice: una, cum fámulo tuo Papa nostro N., dice il nome del

Papa: se c’è Sede vacante omette le parole precedenti. Quando dice: et

Antístite nostro N., dice il nome del Patriarca, Arcivescovo o Vescovo

ordinario della diocesi in cui sta celebrando, e non di un altro Superiore,

anche se il Celebrante sia esente o sotto la giurisdizione di un altro

Vescovo. [A Roma si dirà solo: cum fámulo tuo Papa nostro senza

aggiungere altro] Se il Vescovo ordinario del luogo dove si sta celebrando

è defunto, le precedenti parole si omettono, come vengono omesse anche

da chi celebra a Roma. Se il Celebrante è un Vescovo, Arcivescovo o

Patriarca, omesse le precedenti parole, al loro posto dice: et me indígno

servo tuo. Il Sommo Pontefice quando celebra, omesse le parole: una cum

fámulo tuo Papa nostro N. et Antístite nostro N., dice: una cum me

indígno fámulo tuo, quem gregi tuo præésse voluísti. E continuano tutti,

come segue: et ómnibus orthodóxis, etc.

3. Quando dice: Meménto, Dómine, elevando e congiungendo le mani fino

al volto o al petto, rimane così, a mani giunte, per un po’ di tempo in

silenzio, chinando un po’ il capo, ricordando i fedeli cristiani vivi che

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vuole, i cui nomi, se vuole, può ricordare in segreto. Tuttavia non è

necessario che li esprima, ma che li ricordi mentalmente. Il Celebrante

però, se intende pregare per più persone, per non essere preso da scrupoli

in questo momento, prima della Messa, può ricordare mentalmente tutti

quelli, sia vivi che defunti, per i quali intende pregare nella Messa, e in

questo momento può ricordare genericamente tutti i vivi per i quali prima

della Messa si era proposto di pregare.

4. Dopo aver ricordato i vivi, abbassate ed allargate le mani, come prima,

continua: Et ómnium circumstántium, etc. Rimanendo così, continua:

Communicántes. Quando dice: Jesu Christi, inclina il capo verso la Croce:

nella conclusione, quando dice: per eúndem, congiunge le mani. Quando

dice: Hanc igitur oblatiónem, stende le mani unitamente sopra le offerte,

in modo che le palme siano aperte verso e sopra il calice e l’ostia, e le tiene

così fino alle parole: Per Christum, Dóminum nostrum. Allora congiunge

le mani e prosegue così: Quam oblatiónem tu, Deus, in ómnibus,

quǽsumus: e quando dice: bene +díctam, adscríp +tam, ra +tam, traccia

tre segni di croce sull’ostia e sul calice assieme: quando dice: ut nobis

Cor+pus, traccia un segno di croce solo sull’ostia; e quando dice: et

San+guis, traccia un segno di croce solo sul calice. Quindi elevando e

congiungendo le mani davanti al petto, prosegue: fiat dilectíssimi Fílii tui,

Dómini nostri Jesu Christi, inchina il capo, e asterge, se è il caso, i pollici

e gli indici sul Corporale. Poi dice in segreto, come prima: Qui prídie quam

paterétur. Prende col pollice e l’indice della mano destra l’ostia, la tiene

con l’indice e il pollice della mano sinistra, stando diritto in mezzo

all’altare, e dice: accépit panem in sanctas ac venerábiles manus suas. Ed

elevando gli occhi al cielo ed abbassandoli subito, dice: et elevátis óculis in

cælum ad te Deum, Patrem suum omnipoténtem, ed inclinando alquanto

il capo, prosegue: tibi grátias agens. E tenendo l’ostia tra il pollice e

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l’indice della mano sinistra, con la destra fa un segno di croce su di essa,

dicendo: bene+díxit, fregit, dedítque discípulis suis, dicens: Accípite et

manducáte ex hoc omnes.

5. Se vi è un vaso sacro con altre ostie da consacrare, prima di prendere l’ostia, scopre con la mano destra il calice o altro vaso sacro con le ostie. Quando ha finito le precedenti parole, appoggiati i gomiti sull’altare, col capo inclinato, distintamente, con riverenza e in segreto dice le parole della consacrazione sull’ostia e insieme su tutte quelle che sono da consacrare, e tenendo solo la sua ostia tra i pollici e gli indici dice: Hoc est enim Corpus meum. Dette queste parole, il Celebrante tenendo l’ostia tra i pollici e gli indici, sopra l’altare, con le altre dita delle mani stese e giunte insieme (e lasciate le ostie , se ne sono consacrate in più, nel luogo, in cui sono messe dall’inizio della messa (pisside) sul corporale o in un altro vaso o calice ) genuflette e la adora. Poi si alza ed eleva in alto l’ostia (quanto può fare comodamente) fissandola con gli occhi (cosa che fa anche

nell’elevazione del calice) e la mostra riverentemente per l’adorazione ai fedeli: e subito con la sola mano destra la ripone con riverenza sul Corporale, nello stesso punto dove l’aveva presa. Da questo momento tiene sempre i pollici e gli indici uniti, a meno che non debba toccare o prendere l’ostia consacrata: questo fino all’abluzione delle dita dopo la Comunione. 6. Dopo aver messo l’Ostia consacrata sul Corporale, genuflette e l’adora. Se vi è un altro vaso sacro con le Ostie, lo copre con una patena o una palla, come sopra. Il ministro un po’ prima

della Consacrazione, avverte con un segno del campanello i fedeli. Quindi mentre il celebrante eleva l’Ostia, il ministro con la mano sinistra alza l’estremità posteriore della pianeta (perché non impedisca al Celebrante l’elevazione delle braccia), la stessa cosa fa anche nell’elevazione del Calice; e con la mano destra suona il campanello tre volte a ciascuna elevazione o in maniera continua fino a quando il Sacerdote abbia deposto l’Ostia sul Corporale, e fa la stessa cosa dopo, all’elevazione del Calice.

7. Il Celebrante, adorato il Sacramento, si alza, e scopre il Calice, sopra il

quale, se è il caso, pulisce le estremità dei pollici e degli indici (e questo fa

sempre se qualche frammento rimane attaccato alle dita), e stando diritto,

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dice: Símili modo, postquam cœnátum est, prende il Calice con entrambe

le mani tra il nodo e la coppa, lo alza un poco e lo depone subito, e dice:

accípiens et hunc præclárum Cálicem in sanctas ac venerábiles manus

suas, etc. Quando dice: item tibi grátias agens, inclina il capo; quando

dice: benedixit, tenendo il Calice con la sinistra sotto la coppa, traccia un

segno di croce con la destra su di esso, e prosegue: dedítque discípulis suis,

etc., e tenendo il Calice con le due mani, ossia il piede del Calice con la

sinistra e il nodo sotto la coppa con la destra, appoggiati i gomiti

sull’altare, inclinato il capo, dice attentamente, di continuo e in segreto,

come prima, le parole della consacrazione del Sangue: Hic est enim Calix,

etc. Dopo aver detto ciò depone il Calice sul Corporale, dicendo in segreto:

Hæc quotiescúmque fecéritis, etc., e genuflesso adora con riverenza il

Sangue. Poi si alza, e prendendo il Calice

scoperto con entrambe le mani, come prima, lo

eleva, e diritto, quanto può fare comodamente, lo

mostra al popolo perché lo adori, poi lo depone

con riverenza sul Corporale, dov’era prima, e con

la mano destra lo copre con la palla, e genuflesso

adora il Sacramento.

8. Nella Messa solenne alla fine del prefazio gli

accoliti accendono almeno due torce, che si spengono dopo l’elevazione del

calice, se non ci sono comunicandi, nel qual caso si spengono dopo la

Comunione. Nei giorni di digiuno e nelle Messe dei defunti si tengono

accese fino alla Comunione. Quando il Celebrante dice: Quam oblatiónem,

etc., il diacono va alla sua destra e lì, inginocchiato sul gradino più in alto,

quando viene elevato il Sacramento, alza l’estremità della pianeta, e

quando è necessario, si alza, scopre e copre il calice e genuflette col

Celebrante. Il suddiacono genuflette al suo posto. Il turiferario genuflesso

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dal lato dell’epistola incensa tre volte l’ostia all’elevazione e allo stesso

modo il calice, dopo aver messo l’incenso nel turibolo, senza benedizione.

Dopo che il calice viene deposto, il diacono ritorna al libro, se non c’è

nessun altro ad assistervi. Gli altri si alzano e stanno ai loro posti.

IX - IL CANONE DOPO LA CONSACRAZIONE FINO AL PATER

NOSTER

1. Riposto ed odorato il calice, il sacerdote stando davanti l’altare, con le

mani allargate davanti al petto, dice in segreto: Unde et memeores, etc.

Quando dice: de tuis donis ac datis congiunge la mani davanti al petto e

quando dice: Hostiam+ puram, Hostiam + sanctam, Hostiam

+ immaculatam, posta la mano sinistra sull’altare nel corporale, con la

mano destra fa tre segni di croce unitamente sull’ostia e sul calice ed una

volta solo sull’ostia ed una volta solo sul calice, dicendo: Panem + sanctum

vitae aeternae, et Calicem + salutis perpetuae; quindi stando come prima

con le mani allargate aggiunge: Supra quae propitio, etc. quando dice:

Supplices te rogamus, etc., si inchina davanti al centro dell’altare con le

mani giunte poste sopra di esso. Quando dice: sacrosanctum Filii tui

congiunge le mani; e segnando con la destra una volta solo sopra l’ostiaed

una volta solo sul calice, con la sinistra poggiata sul corporale, dice:

Cor+pus et San+guinem sumpserimus, e quando dice: omni benedictione

+ caelesti, segna se stessodalla fronte al petto con il segno di croce, mentre

la sinistra è poggiata sul petto, e prosegue: et gratia repleamur. Quando

dice: Per eumdem, congiunge le mani.

2. quando dice: Memento etiam, Domine, famulorum famularumque

tuarum, etc., allargate e congiunte le mani davanti al petto, ed alzate fino

al viso, con gli occhi fissi sul Sacramento sopra l’altare, fa la

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commemorazione dei fedeli defunti, dei quali gli sembra opportuno, nel

medesimo modo in cui è stato detto per la commemorazione dei i vivi.

Fatto questo ricordo, stando come prima con le mani allargate prosegue:

Ipsis, Domine, et omnibus in Cristo, etc., ed alla fine, al Per eundem

congiunge le mani e china il capo.

3. quando dice Nobis quoque peccatoribus, alza un po’ la voce e percuote

con la mano destra il petto, con la sinistra appoggiata sul corporale e

prosegue in segreto: famulis tuis, etc., stando con le mani allargate come

prima.

Quando dice Per Christum Dominum nostrum. Per quem haec omnia

Domine semper bona creas, congiunge le mani davanti al petto: quindi con

la mano destra facendo tre segni di croce unitamente sull’ostia e sul

calice, dice: san+ctificas, vivi+ficas, bene+dicis, et praestas nobis. Dopo

scopre il calice con la mano destra ed in ginocchio adora il Sacramento.

Poi si rialza e con riverenza prende l’ostia tra il pollice e l’indice della

mano destra e con essa sopra il calice, che tiene con la sinistra con la

mano intorno al nodo sotto la coppa, segna per tre volte da labbro a labbro

(della coppa) dicendo: Per Ip+sum, et cum Ip+so, et in Ip+so. Ed allo

stesso modo con l’ostia segna due volte tra il calice ed il petto, iniziando

dal labbro del calice, e dice: est tibi Deo Pa+tri omnipotenti, in unitate

Spiritu + Sancti. Quindi tenendo con la mano destra l’ostia sopra il calice,

che tiene nella sinistra, alza un po’ insieme con l’ostia, dicendo omnis

honor et gloria e subito le depone entrambi, depone l’ostia sul corporale e

se necessario pulisce le dita, come sopra, ed unendo come prima gli indici

ed il pollice, copre il calice con la palla, ed in ginocchia adora il

Sacramento.

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4. Nella Messa solenne, quando il celebrante dice: Per quem haec omnia,

etc., il diacono, fatta la genuflessione al Sacramento, va alla destra del

celebrante e quando è prescritto scopra il calice e con il celebrante adora,

copre allo stesso modo e genuflette di nuovo. Quando inizia il Pater noster,

allo stesso modo va dietro al celebrante, fatta prima la genuflessione al

Sacramento, dove si trova, mentre si dice il Pater.

X - IL PATER NOSTER, E CIÒ CHE SEGUE FINO ALLA

COMUNIONE

1. Il Celebrante, dopo aver coperto il calice e adorato il Sacramento, si alza

e, posando le mani distese da una parte e dall’altra all’interno del

corporale, dice a voce intelligibile: Per ómnia sǽcula sæculórum, poi,

quando dice Orémus, congiunge le mani ed inclina il capo verso il

Sacramento. Quando inizia: Pater noster, allarga le mani, e tenendo gli

occhi fissi sul Sacramento, prosegue fino alla fine. Dopo che il ministro ha

risposto: Sed líbera nos a malo, il celebrante conclude a voce bassa: Amen.

Con la mano destra – senza disgiungere il pollice e l’indice – prende la

patena, dopo averla leggermente pulita col purificatoio, tra l’indice e il

medio e la tiene diritta, appoggiata all’altare, tiene la mano sinistra

appoggiata sul corporale e dice in segreto: Líbera nos, quǽsumus, etc.

2. Prima che il celebrante dica Da propítius pacem, con la mano destra

alza la patena dall’altare tracciando con essa un segno di croce su di sé

mente dice: Da propítius pacem in diébus nostris. Mentre si segna, pone la

mano sinistra sul petto. Poi bacia [il bordo del] la patena e, mentre

prosegue dicendo ut ope misericórdiæ tuæ, etc., mette la patena sotto

l’ostia, accompagnando quest’ultima con l’indice della mano sinistra. Poi

scopre il calice, e genuflesso adora il Sacramento, si alza, prende l’ostia

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tra il pollice e l’indice della mano destra e tenendola anche con il pollice e

l’indice della mano sinistra, la spezza a metà con riverenza sopra il calice,

dicendo: Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum, e

depone la metà che tiene con la destra sulla patena. Dall’altra metà che

tiene con la mano sinistra, rompe una particola con l’indice e il pollice

della mano destra, dicendo: Qui tecum vivit et regnat. E tenendola tra gli

stessi indice e pollice della mano destra, aggiunge alla metà dell’ostia

posta sulla patena la parte maggiore che tiene con la sinistra mentre dice:

in unitáte Spíritus Sancti Deus. E tenendo la particola d’ostia che ha

ancora nella mano destra, avendola posta sopra il calice che afferra per il

nodo sotto la coppa con la mano, dice a voce chiara: Per ómnia sǽcula

sæculórum. Amen. Quindi con la stessa particola tracciando tre segni di

croce da un labbro all’altro del calice, dice: Pax + Dómini sit sem+per

vobís+cum. Quando il ministro ha risposto: Et

cum spíritu tuo, lascia cadere la particola, che

tiene con la mano destra, nel calice dicendo in

segreto: Hæc commíxtio, et consecrátio Córporis,

etc. Quindi asterge leggermente i pollici e gli

indici sul calice e li unisce come prima, copre il

calice con la palla, e genuflesso adora il

Sacramento. Si alza e con le mani giunte davanti

al petto, inclinato verso il Sacramento, dice a

voce intelligibile: Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi; percuotendosi il

petto con la mano destra mentre tiene la sinistra sul corporale e dice:

miserére nobis, non ricongiunge le mani, ma si percuote di nuovo il petto

quando dice per la seconda volta: miserére nobis, ciò che fa una terza

volta quando dice: dona nobis pacem.

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3. Allora, con le mani giunte poste sopra l’altare e con gli occhi fissi sul

Sacramento, inclinato dice in segreto: Dómine Jesu Christe, etc.

Terminata questa preghiera, se deve dare la pace, bacia l’altare nel mezzo

ed anche l’instrumentum pacis che il ministro, presso di lui alla sua destra

cioè dal lato dell’epistola, genuflesso, gli presenta e dice: Pax tecum. Il

ministro risponde: Et cum spíritu tuo. In assenza di chi debba ricevere la

pace in questa maniera, con lo strumento di pace, essa non viene data,

neppure nelle Messe in cui conviene che sia data, né si bacia l’altare, ma

detta la precedente preghiera, il celebrante aggiunge subito le altre

preghiere come nell’Ordinario della Messa.

4. Se celebra la Messa dei defunti, non percuote il petto all’Agnus Dei,

perché dice: Dona eis réquiem, e neppure dice la prima orazione: Dómine

Jesu Christe, qui dixisti Apostólis tuis, etc., non dà la pace, ma dice le

altre due orazioni successive: Dómine Jesu Christe, Fili Dei vivi, etc. e

Percéptio Córporis tui, etc. Dette queste orazioni mentre genuflette adora

il Sacramento, poi alzandosi dice in segreto: Panem cæléstem accípiam,

etc.; detto questo con la mano destra prende con riverenza, dalla patena,

le due parti dell’ostia e le colloca tra l’indice ed il pollice della mano

sinistra, sotto i quali mette la patena, tra l’indice ed il medio, e tenendo

con la stessa mano sinistra le due parti sopra la patena tra il calice ed il

e inchinandosi un po’, con la mano destra si percuote tre volte il petto

mentre dice, sempre per tre volte, a voce alquanto elevata: Dómine, non

sum dignus, e prosegue in segreto: ut intres, etc. Dopo aver detto tre volte

queste parole prende dalla mano sinistra entrambe le parti dell’ostia tra

l’indice ed il pollice della mano destra e dopo aver fatto un segno di croce

davanti a sé al di sopra della patena in modo che l’ostia non esca dai bordi

della patena, dice: Corpus Dómini nostri Jesu Christi custódiat ánimam

meam in vitam ætérnam. Amen: e chinandosi, con i gomiti appoggiati

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sull’altare, con riverenza consuma le due parti dell’ostia, quindi depone la

patena sul corporale e, raddrizzandosi, congiunge le mani, dinnanzi al

volto, tenendo pollici e indici uniti e sta per un po’ di tempo raccolto in

adorazione del SS. Sacramento. Poi abbassando le mani, non sul corporale

ma le abbassa solamente tenendole giunte davanti al petto come al solito.

dice in segreto: Quid retríbuam Dómino pro ómnibus quæ retríbuit mihi?,

scoprendo nel medesimo tempo il calice, genuflette, si alza, prende la

patena, guarda attentamente il corporale e con la patena raccoglie

[raschiando] i frammenti, se ve ne sono. [Cioè il sacerdote raschia

leggermente la superficie del corporale con il bordo della patena. In questo

modo può raccogliere i frammenti da purificare nel calice. Se il corporale

non è inamidato questa operazione è più complicata] Poi con attenzione

asterge la patena sul calice con il pollice e l’indice della mano destra,

quindi asterge le medesime dita affinché non vi rimanga attaccato nessun

frammento.

5. Dopo aver pulito la patena, con i pollici e gli indici uniti, con la mano

destra prende il calice, tra la coppa e il nodo, con la sinistra prende la

patena e dice: Cálicem salutáris, etc., poi fa su di sé un segno di croce col

calice dicendo: Sanguis Dómini nostri, etc., e tenendo con la mano sinistra

la patena sotto il calice, con riverenza assume tutto il Sangue con la

particola che aveva messo nel calice. Dopo aver bevuto al calice, dice in

segreto: Quod ore súmpsimus, etc., e, tenendolo sopra l’altare, porge – al

lato dell’epistola – il calice al ministro che vi versa solo del vino, si purifica

e poi si beve la prima abluzione. Poi il ministro con il vino e l’acqua si lava

i pollici e gli indici sopra il calice e li asciuga col purificatoio, mentre dice:

Corpus tuum, Dómine, quod sumpsi, etc. beve l’abluzione, asciuga le

labbra e il calice col purificatoio, poi stende quest’ultimo sul calice, vi

mette sopra la patena e su di essa pone la palla, piega il corporale e lo

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mette nella borsa, copre il calice col velo, vi mette

sopra la borsa e colloca il calice in mezzo

all’altare, come all’inizio della Messa.

6. Se nella Messa vi sono dei comunicandi, il

ministro li avverta un po’ prima con il

campanello. Il Sacerdote, dopo aver assunto il

Sangue, mette il calice un po’ verso il lato del

Vangelo, ma sul corporale e lo copre con la palla.

Quindi: se le particole consacrate sono sul

corporale, fatta la genuflessione, le pone sulla patena; se le particole sono

state consacrate nella Messa dentro la pisside, mette la pisside in mezzo

al corporale, la scopre e genuflette; se invece si amministrano particole

consacrate in precedenza, aperto il tabernacolo, genuflette, prende la

pisside e la scopre. Poi prende con la mano sinistra la patena o la pisside

e, rivolto ai comunicandi, in mezzo all’altare dice: Ecce Agnus Dei, ecce,

qui tollit peccáta mundi. Quindi dice: Dómine, non sum dignus, ut intres

sub tectum meum, sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

Ripetute per tre volte queste parole, va verso il lato destro dei

comunicandi, cioè dal lato dell’epistola e porge ad ognuno di loro il

Sacramento, facendo con la particola un segno di croce sopra la pisside o

la patena e dicendo al tempo stesso: Corpus Dómini nostri Jesu Christi

custódiat ánimam tuam in vitam ætérnam. Amen.

7. Dopo aver comunicato i fedeli, il celebrante torna all’altare. Quindi: se

le particole erano sul corporale, lo asterge con la patena e se vi fossero dei

frammenti, li fa scendere nel calice; se le particole si trovano nella pisside,

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la pone sul corporale, la copre, la ripone nel

tabernacolo, genuflette e chiude la porticina. Poi

fa scendere nel calice i frammenti che potessero

trovarsi nel piattino della comunione posto sotto

il mento dei fedeli. Quindi dice in segreto: Quod

ore súmpsimus, Dómine, etc., e si purifica

dicendo: Corpus tuum, Dómine, quod sumpsi,

etc., e fa il resto come sopra. Se nell’altare non c’è

il tabernacolo, e la pisside con le particole

consacrate resta sull’altare fino alla fine della Messa, si osservi ciò che è

prescritto il Giovedì Santo per la Messa in Cœna Domini, verso la fine

della Messa.

8. Nella Messa solenne il diacono, che sta dietro il celebrante, quando nel

Pater noster si dice: et dimítte nobis débita nostra, fatta la genuflessione

al suo posto, va alla destra del celebrante, e il suddiacono verso la fine di

suddetta preghiera, fatta anche lui la genuflessione, sale l’altare e si mette

al lato dell’epistola, dove porge la patena al diacono, che la scopre, la

asterge col purificatoio e la dà al celebrante, baciandogli la mano. Quando

è necessario, scopre e copre il calice e genuflette assieme al celebrante. Il

suddiacono dopo aver consegnato la patena ed essersi tolto il velo omerale,

genuflette e scende dietro al celebrante, e quando vien detto: Pax Dómini,

genuflette di nuovo, va alla sinistra del celebrante, e dicono insieme: Agnus

Dei. Quindi, fatta la genuflessione al Sacramento prima di scendere, torna

dietro al celebrante. Il diacono genuflesso a destra del celebrante aspetta la

pace: quando il celebrante bacia l’altare si alza e bacia l’altare insieme al

celebrante, fuori del corporale. Quando il celebrante gli dice: Pax tecum,

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riceve l’abbraccio di pace, avvicinando l’uno la

guancia sinistra dell’altro, e gli risponde: Et cum

spíritu tuo. Poi, avendo fatto di nuovo la

genuflessione, va dal suddiacono, dietro al

celebrante e gli dà la pace allo stesso modo. Il

suddiacono, ricevuta la pace dal diacono e fatta

la genuflessione all’altare, accompagnato

dall’accolito, va al coro e dà la pace al primo di

ciascun ordine, prima al più alto in dignità, poi

al meno alto; e ritornato all’altare, fatta la genuflessione dà la pace

all’accolito che lo ha accompagnato, il quale dà la pace agli altri accoliti

che sono intorno all’altare. Quindi il suddiacono va alla destra del

celebrante, e quando è il momento scopre il calice, prende l’ampolla del

vino e ne versa nel calice quando il celebrante vuole purificare. Il diacono

dopo aver dato la pace al suddiacono va al messale. Mentre il celebrante si

comunica, diacono e suddiacono stanno profondamente inchinati verso

l’altare.

9. Nella Messa pontificale, l’assistente riceve e da la pace come indicato nel

Cerimoniale. Se nella Messa solenne si fa la Comunione, si osservi tutto

come sopra, ma prima si comunicano il diacono e il suddiacono. Intanto il

coro canta l’antifona di Comunione.

XI - L’ANTIFONA DI COMUNIONE E LE ORAZIONI DOPO LA

COMUNIONE

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1. Mentre il celebrante dispone il calice sull’altare dopo la purificazione, il

ministro reca il messale al lato dell’epistola, ove lo mette come all’introito;

poi s’inginocchia al lato del Vangelo come all’inizio della messa.

Quindi il celebrante, tenendo le mani giunte, legge l’antifona di

comunione. Una volta letta, con le mani giunte allo stesso modo davanti al

petto, si sposta al centro dell’altare, lo bacia, si gira da sinistra a destra

verso il popolo, e dice: Dominus vobiscum. Ritorna allo stesso modo al

libro e dice le orazioni dopo la comunione allo stesso modo, nello stesso

numero e nel medesimo ordine con cui sono state dette le orazioni

all’inizio della messa.

Dette le orazioni, chiude il messale e, congiungendo le mani davanti al

petto, ritorna al centro dell’altare, dove, come prima, dopo averlo baciato,

si gira verso il popolo e dice: Dominus vobiscum. Restando girato verso il

popolo con le mani giunte davanti al petto, aggiunge, se va detto: Ite,

missa est, poi ritorna verso l’altare allo stesso modo; se non va detto, dopo

aver detto: Dominus vobiscum, ritorna allo stesso modo verso il centro

dell’altare, poi, girato verso l’altare, con le mani giunte davanti al petto,

dice: Benedicamus Domino.

Alle messe dei defunti, allo stesso modo, girato verso l’altare, dice:

Requiescant in pace.

2. In Quaresima, dal mercoledì delle Ceneri fino al mercoledì della

settimana santa, alla messa della feria, dopo che il celebrante ha detto le

orazioni dopo la comunione con le loro conclusioni abituali, e prima di

dire: Dominus vobiscum, stando nello stesso luogo davanti al messale,

dice: Oremus. Humilitate capita vestra Deo, inclinando la testa; poi, con le

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mani stese, con lo stesso tono di voce, aggiunge

l’orazione super populum che si trova scritta

nello stesso posto [nel messale]. Detta

quest’orazione, bacia l’altare e, volgendosi verso

il popolo, dice: Dominus vobiscum e le altre cose

come detto sopra.

3. Alla messa solenne, il diacono sposta il messale

al lato dell’Epistola, poi riprende il suo posto

dietro il celebrante. Il suddiacono va al lato del

Vangelo, ove purifica il calice, vi dispone sopra il purificatoio e lo copre con

la patena e la palla, piega il corporale e lo ripone nella borsa che appoggia

sul calice ricoperto dal velo, che dispone sull’altare o sulla credenza come

all’inizio. Quindi, riprende il suo posto dietro il diacono che quando dice:

Ite, missa est, si gira verso il popolo con il celebrante. In quaresima, dopo

che il celebrante ha detto Oremus, il diacono, al lato dell’epistola, con le

mani giunte, si gira verso il popolo e dice come detto sopra: Humilitate, etc.

Dopo aver detto ciò, si rigira verso l’altare, dietro il celebrante, e il

celebrante dice l’orazione super populum.

Nelle messe cantate, Ite, missa est o Benedicamus Domino, o Requiescant

in pace sono cantati dal celebrante.

XII - LA BENEDIZIONE ALLA FINE DELLA MESSA ED IL

VANGELO DI SAN GIOVANNI

1. Detto l’Ite Missa est, od il Benedicamus Domino, od il Requiescant in

pace, il celebrante stando davanti all’altare nel mezzo con le mani giunte

su di esso, inchinato dice in segreto: Placeat Tibi, sancta Trinitas, etc.

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detto questo con le mani allargate poste di qua e di là sull’altare, lo bacia

nel mezzo, poi si alza, stando rivolto verso di

esso, alza gli occhi e le mani al cielo, che estende

ed unisce, inchina il capo alla croce, e dice con

voce chiara: Benedicat vos omnipotens Deus, e

con le mani unite e con gli occhi bassi rivolti a

terra, girandosi verso il popolo dal lato sinistro a

quello destro, stesa la mano destra con le dita

unite, e con la sinistra posta sul petto, benedice il

popolo una volta dicendo: Pater et Filius+ et

Spiritus Sanctus. R. Amen. E concludendo il cerchio si rivolge al lato del

Vangelo dove, dopo aver detto il Dominus vobiscum e R. Et cum spiritu

tuo., con il pollice destro segnando in primo luogo con il segno della croce

l’altare od il libro o la Cartagloria all’inizio del Vangelo, e quindi la fronte,

la bocca ed il petto, dice: Initium sancti Evangelii secundum Ioannem, o

Sequentia sancti Evangelii come è stato detto nelle rubriche generali, e R.

Gloria tibi, Domine, con le mani giunte legge il Vangelo In principio od un

altro come conviene. Quando dice: Et Verbum caro factum est genuflette

verso il lato del Vangelo e rialzandosi prosegue come prima. Finito il

Vangelo il ministrante stando dalla parte dell’epistola risponde Deo

Gratias.

2. Se il celebrante sull’altare rivolge la faccia al popolo, non si gira, ma

stando come stava, benedice il popolo come sopra, nel mezzo dell’altare;

quindi accede al lato del Vangelo e dice il Vangelo di san Giovanni.

3. Se celebrava davanti al Sommo Pontefice, Cardinale, e Legato della

Sede Apostolica, o Patriarca, Arcivescovo o Vescovo nella sua provincia,

città o diocesi, il celebrante, dopo aver detto Placeat tibi, sancta Trinitas,

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etc., dice Benedicat vos omnipotens Deus, e rivolgendosi in ginocchio al

Sommo Pontefice, invece inchinato al Cardinale, al Legato o ad un altro

dei Prelati detti sopra, quasi chiedendo il permesso di benedire, prosegue:

Pater et Filius+ et Spiritus Sanctus benedicendo i presenti dalla parte dove

non c’è il Pontefice, Cardinale, Legato o Prelato sopra detto; se invece avrà

celebrato davanti ad un Patriarca, arcivescovo o vescovo, fuori dalla loro

provincia, città o diocesi, senza alcun segno di riverenza per loro, come per

gli altri che sono presenti, benedice nel solito modo.

4. Nelle Messe, nelle quali è stato detto Benedicamus Domino, o il

Requiescant in pace, il celebrante non da la benedizione, ma detto il

Placeat tibi sancta Trinitas, come sopra, e baciato l’altare, se si deve dire

l’ultimo Vangelo, va al lato del Vangelo, e lì dice l’inizio del Vangelo

secondo Giovanni In principio.

5. Se invece l’ultimo Vangelo deve essere omesso, secondo le rubriche, il

celebrante, data la benedizione, o se la benedizione deve essere omessa,

baciato l’altare ritorna in sacrestia. Finito il Vangelo alla fine della Messa,

se ha celebrato dinnanzi al Sommo Pontefice, al Cardinale, al Legato

della Sede Apostolica, o Patriarca, Arcivescovo, Vescovo, si rivolge a quello

dei predetti,davanti al quale ha celebrato, e fa la conveniente riverenza. Se

non ha celebrato davanti ad un dei predetti, allo stesso modo non compie

la riverenza.

6. Compiute tutte queste cose, il sacerdote prende con la sinistra il calice

ponendo la destra sulla borsa, perché non cada nulla, scende fino al

gradino più basso dell’altare, e, lì nel mezzo rivolgendosi ad esso, si

inchina profondamente (o se su di esso c’è il tabernacolo del Santissimo

Sacramento, genuflette); e fatta la riverenza, riceve la berretta dal

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ministro, copre il capo, e preceduto dal medesimo ministro, nello stesso

modo in cui era venuto, ritorna alla sacrestia, dicendo intanto l’antifona

Trium puerorum, ed il cantico Benedicite o altre preghiere che vuole.

Dopo aver deposto i paramenti, per un po’ di tempo conveniente protrae il

rendimento di grazie, dicendo le preghiere prescritte, od altre secondo la

sua devozione.

7. Nella Messa solenne il celebrante, con la stessa voce e le modalità come

nella Messa letta, benedice il popolo una sola volta, se non sia Vescovo o

Abate, come sotto: e detto il Vangelo secondo Giovanni, discende con i

ministri dall’altare nell’ordine e nel modo in cui era venuto.

8. Il vescovo invece, o l’abate benedetto avente l’uso dei pontificali, benedice

il popolo tre volte, anche nelle messe lette.

XIII - LE COSE DA OMETTERE NELLE MESSE DEI DEFUNTI.

1. Nella Messa dei defunti prima della confessione non si dice il salmo

Iudica me Deus ma, detta l’antifona Introibo ad altarem Dei, e avuta la

risposta dal ministro Ad Deum qui laetificat, si dice il versetto Adiutorium

nostrum, la confessione e le restanti parti come sopra. Quando all’altare il

celebrante inizia l’antifona all’introito non si segna ma, stesa la mano

destra, traccia un segno di croce sopra il libro, quasi come per benedire

qualcosa, mentre tiene la sinistra posta sull’altare. Non si dice: Gloria

Patri, ma terminato il salmo si ripete Requiem aeternam; non si dice il

Gloria in excelsis, nè l’alleluia, nè Iube domine benedicere, nè Domine sit

in corde meo, nè al termine si bacia il libro, nè si dice Per evangelica dicta.

Non si recita il Credo nè si benedice l’acqua da infondere nel calice; si

recita tuttavia l’orazione Deus qui humanae substantiae. Quando si lava

le mani, al termine del salmo Inter innocentes, non si recita il Gloria

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Patri. All’Agnus Dei non si dice miserere nobis ma al suo posto dona eis

requiem, e al terzo non dona nobis pacem ma al suo posto dona eis

requiem sempiternam, nè ci si percuote il petto. Non si recita la prima

orazione prima della comunione nè si scambia la pace. Al termine non si

dice Ite, missa est , nè Benedicamus Domino ma Requiescant in pace. Non

si imparte la benedizione ma detto il Placeat, e baciato l’altare, si dice,

come sopra, In principium erat Verbum. Tutto il resto come nelle altre

Messe.

2. Nella Messa solenne non si incensa l’altare all’Introito e il suddiacono,

terminata l’Epistola, non bacia la mano del celebrante nè viene benedetto;

il diacono non chiede la benedizione nè bacia la mano del celebrante; non

si tengono i candelieri al Vangelo nè si porta l’incenso ma soltanto due

accoliti senza candelieri stanno uno a destra e l’altro a sinistra del

suddiacono che regge il libro dei Vangeli. Non viene incensato il libero nè

alla fine il celebrante e non gli si porta il libro perchè venga baciato.

Le oblate e l’altare vengono incensate come detto sopra; viene incensato il

solo celebrante e non gli altri. Il suddiacono non tiene la patena dietro il

celebrante ma al momento dell’elevazione del Sacramento, genuflesso al

lato dell’Epistola, Lo incensa. I ministri quando porgono qualcosa al

celebrante in questa Messa non baciano la sua mano nè l’oggetto che gli

porgono. [Il Cerimoniale Episcoporum (II-IX, 6) specifica che il celebrante

deve comunque benedire l’incenso che infonde all’offertorio]

3. Se devono essere distribuite delle candele, lo si fa dopo l’Epistola e

vengono accese al Vangelo, all’elevazione del Sacramento e, dopo la

Messa, quando si compie l’assoluzione. Se si deve tenere un discorso lo si

pronuncia terminata la Messa, prima dell’assoluzione.

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[Ancora il Cerimoniale Episcoporum (I-XXII, 5 et 6) specifica che il

discorso deve aver luogo dopo l’annuncio del Vangelo qualora la prima

finalità del predicatore sia di commentare il testo ispirato che è stato

appena cantato; in altro senso quando il discorso debba trattare di altre

cose, come annunciare un giubileo, rendere grazie a Dio di una lieta

notizia o ancora in una qualche occasione dello stesso genere, non si deve

fare durante la Messa ma una volta terminata questa. Così per la Messa

dei defunti quando si voglia fare l’orazione funebre].

XIV - CIÒ CHE DEVE FARE IL SACERDOTE CHE CELEBRA DUE

O TRE VOLTE NELLO STESSO GIORNO

1. Il Sacerdote che nella festa della Natività di Nostro Signore o nella

Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, celebra due o tre messe di

seguito, cioè senza lasciare l’altare:

a) nella prima e seconda Messa, se ne dice subito dopo un’altra, assunto il

divin Sangue, non purifica né asciuga il Calice, ma lo mette sul Corporale

e lo copre con la palla. Quindi dice, a mani giunte: Quod ore súmpsimus, e

nel vaso preparato con l’acqua si lava le dita dicendo: Corpus tuum,

Dómine, e si asciuga. Fatto ciò lascia il calice sul corporale, toglie la palla

e lo dispone e copre come al solito, ovvero mette un purificatoio pulito, la

patena con l’ostia da consacrare, la palla e il velo. Il calice non sia posto

fuori del corporale. Se per inavvertenza assume le abluzioni col vino, può

ciononostante celebrare la seconda e la terza Messa anche prima di tre

ore, se sia necessario. Per il resto la Messa si svolge come al solito.

b) Nella seconda e terza Messa, se ne ha celebrato un’altra

immediatamente prima, all’Offertorio, tolto il velo dal calice, e collocato il

calice verso il lato dell’epistola, ma all’interno del corporale, dopo aver

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fatto l’offerta dell’ostia non pulisce il calice col purificatoio, ma lasciandolo

entro il corporale, lo alza un po’ e vi versa il vino e l’acqua e senza

astergerlo all’interno, lo offre. Tutto il resto si svolge come al solito.

2. Il Sacerdote che celebra più Messe non di seguito, nelle Messe

precedenti deve assumere le abluzioni prescritte dalle rubriche. Se la

Messa successiva la celebra prima di tre ore, per le abluzioni deve usare

soltanto l’acqua; se tuttavia per inavvertenza assume anche il vino, può

ugualmente celebrare la Messa successiva prima delle tre ore, se è

necessario.

DE DEFECTIBUS IN CELEBRATIONE MISSARUM OCCORRENTIBUS

Premessa del Traduttore. Il De Defectibus presente nel Messale edito da Giovanni XXIII è quasi identico a quello delle edizioni precedenti, tuttavia è mutilo di alcuni punti non secondari. Per fornire al Sacerdote una maggior cognizione di causa dunque, trattandosi di un testo non liturgico ma normativo, inquantochè raccoglie quelle norme e prescrizioni che il Sacerdote deve seguire qualora succedano incidenti prima, durante e dopo la Santa Messa, abbiamo reputato opportuno tradurre il De Defectibus classico fino al Messale di S. Pio X, cioè quello completo, e sostituendovi solo ciò che profondamente varia. Le modifiche sostanziali riguardano infatti il digiuno eucaristico e il tempo della celebrazione, già mutati dalle Riforme di SS. Pio XII con il Motu Proprio “Sacram Communionem”; per quanto concerne il resto l’Edizione del 1962 ha apportato solo delle cesure al testo o delle semplificazioni in caso di alcuni incidenti. A piè di pagina riporto per conoscenza i passi originali che furono sostituiti da Giovanni XXIII, mentre trascrivo in blu il testo sostituito con le modifiche dell’ultimo Messale. Se tali norme sono proprie della Messa Tridentina, il Sacerdote che celebrerà secondo la Messa Nuova, troverà certamente risposte sul cosa fare qual’ora succedano “incidenti” nella Celebrazione Eucaristica.

I

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Il Sacerdote che sta per celebrare adoperi tutta la diligenza affinché non manchi nulla ai requisiti per realizzare1 il Sacramento dell’Eucaristia. Invero un difetto può capitare sia per parte della materia che si consacra, sia per parte della forma che si utilizza, sia per parte del ministro agente. Qualunque cosa infatti manchi di queste, cioè la materia debita, la forma con l’intenzione, e l’Ordine Sacerdotale in chi opera, il Sacramento non è valido. Esistendo questi difetti, poiché viene meno qualunque altra cosa, manca la realtà del Sacramento. In verità ci sono altri difetti che, occorrendo nella celebrazione della Messa, anche se non impediscono la validità del Sacramento, nondimeno possono avvenire o con peccato o con scandalo.

II – I DIFETTI DELLA MATERIA

I difetti da parte della materia possono avvenire, se venisse a mancare qualcosa di ciò che ad essa è richiesto. È richiesto infatti che il pane sia di frumento e il vino di vite: e che la materia da consacrare in questo senso, nell’atto della consacrazione, sia dinnanzi al Sacerdote.

III – IL DIFETTO DEL PANE

Se il pane non fosse di frumento, o, se di frumento, fosse misto ad altro genere di grano, in tale quantità che non rimanga pane di solo frumento, oppure fosse corrotto in qualche altro modo, il Sacramento non è valido. 2. Se il pane fosse fabbricato con acqua rosacea2 o di altra distillazione, è in dubbio che il Sacramento sia realizzato. 3. Se avesse iniziato a corrompersi ma non è corrotto del tutto; similmente se non sia azzimo secondo il costume della Chiesa Latina, il Sacramento è valido, ma chi agisce3 pecca gravemente. 4. Se il Celebrante prima della consacrazione si accorgesse che l’Ostia fosse corrotta, o che non fosse di frumento, rimossa quell’Ostia ne prenda un’altra, e fatta l’oblazione almeno mentalmente, prosegua dal punto ove aveva cessato. 5. Se si sarà accorto di ciò dopo la consacrazione o anche dopo aver consumato quell’Ostia, presa un’altra faccia l’oblazione, come sopra, e inizi dalla consacrazione, naturalmente dalle parole: Qui pridie quam pateretur; e se non ha consumato quell’Ostia precedente, la consumi dopo l’assunzione del Corpo e del Sangue o la dia da consumare ad un altro, oppure la conservi con riverenza in qualche luogo. Ma se l’avrà consumata, ciò nonostante mangi anche l’altra che ha consacrato; perché è precetto circa la perfezione

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del Sacramento esser di maggior importanza ciò che è assunto a digiuno. 6. Se ciò succedesse dopo l’assunzione del Sangue, si deve nuovamente preparare un nuovo pane e un nuovo vino con acqua; e, fatta prima l’oblazione come sopra, il Sacerdote consacri, iniziando dalle parole Qui pridie; subito assuma entrambi e prosegua la Messa, perché il Sacramento non rimanga imperfetto e perché sia conservato il debito ordine. 7. Se l’Ostia consacrata si perdesse, o per qualche caso, o a causa di vento o miracolo, oppure presa da qualche animale, e non si potesse trovare: allora sia consacrata un’altra iniziando da questo punto: Qui pridie quam pateretur, fatta prima la sua oblazione come sopra4.

IV – IL DIFETTO DEL VINO

Se il vino si fosse fatto del tutto aceto, o del tutto putrido, o spremuto da uve acerbe o non mature, o gli si fosse mescolata tanta acqua che il vino si fosse alterato: non si realizza il Sacramento. 2. Se il vino avrà cominciato ad inacidire o ad alterarsi, o ad essere un po’ acre, o in quel tempo fosse mosto spremuto dall’uva, o se non gli sarà stata mescolata l’acqua, oppure gli sarà mescolata acqua rosacea o di altra distillazione, il Sacramento è valido, ma chi agisce pecca gravemente. 3. Se il Celebrante prima della consacrazione del Sangue, ma dopo la consacrazione del Corpo, s’accorgesse che o il vino, o l’acqua, o entrambi mancassero nel Calice: deve subito versare il vino con l’acqua e, fatta l’oblazione come sopra, consacrare, iniziando dalle parole: Simili modo, etc. 4. Se dopo le parole della consacrazione si accorgesse che il vino non fosse stato posto, ma soltanto l’acqua; versata l’acqua in qualche vaso, ponga di nuovo il vino con l’acqua nel Calice, e consacri, riprendendo dalle predette parole: Simili modo, etc. 5. Se di questo s’accorgesse dopo la consumazione del Corpo, o così dell’acqua, ponga un’altra Ostia da consacrare nuovamente, ed il vino con l’acqua nel Calice, offra entrambi, consacri e li consumi, nonostante non sia digiuno. Se invece la Messa fosse celebrata in un luogo pubblico ove fossero presenti più persone, per evitare lo scandalo potrà porre il vino con acqua e, fatta l’oblazione come sopra, consacrare e subito consumare, e proseguire il resto5.

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6. Se qualcuno comprendesse prima della consacrazione, o dopo la consacrazione, che tutto il vino fosse aceto, o alterato per altre cose: si osservi lo stesso di cui sopra,come se fosse trovato non esser posto il vino o esservi la sola acqua nel Calice. 7. Ma se il Celebrante prima della consacrazione del Calice si accorgesse che non è stata versata l’acqua: subito la metta e proferisca le parole della consacrazione. Se di questo s’accorgesse dopo la consacrazione del Calice, non la metta in nessun modo, poiché non è di necessità per il Sacramento. 8. Se la materia da preparare, a ragione di un difetto o del pane o del vino, non la si potesse avere: qualora ciò fosse prima della consacrazione non si deve procedere ulteriormente; se dopo la consacrazione, del Corpo o anche del vino, sia scoperto un difetto dell’una specie già consacrata l’altra, se dunque in nessun modo la si potesse ottenere, si procederà e terminerà la Messa omettendo le parole e i gesti riguardanti la specie mancante. Ma se aspettando un po’ si potesse avere: si aspetti, perché il sacrificio non rimanga imperfetto.

V – I DIFETTI NELLA FORMA

I difetti da parte della forma possono verificarsi se manca qualcosa da ciò che è richiesto all’integrità delle parole nella stessa consacrazione. Infatti le parole della consacrazione, che sono la forma del Sacramento, sono queste: Hoc est enim Corpus meum. E: Hic est enim Calix Sanguinis mei, novi et æterni testamenti: mysterium fidei, qui pro vobis e pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Ma se qualcuno diminuisse qualcosa, o mutasse qualcosa dalla forma della consacrazione del Corpo e del Sangue, e in questo cambiamento di parole le nuove parole non significassero la stessa cosa, il Sacramento non è valido. Se inoltre fosse aggiunto qualcosa, che non muti il significato, il Sacramento è certamente valido ma peccando in modo massimamente grave. 2. Se il Celebrante non ricordasse d’aver detto quelle cose che comunemente si dicono nella consacrazione, non deve turbarsi per questo. Se tuttavia egli constatasse per certo d’aver omesso qualcosa di quelle che sono per la validità del Sacramento, cioè la forma della consacrazione o una parte: riprenda la stessa forma, e prosegua per ordine gli altri riti. Ma se dubitasse con forte probabilità d’aver omesso qualcosa di essenziale: ripeta almeno la forma sotto una tacita condizione. E se non sono di necessità al Sacramento, non le riprenda ma proceda ulteriormente.

VI – I DIFETTI NEL MINISTERO

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I difetti da parte del Ministro possono accadere quanto a quelle cose che in lui sono richieste. Esse poi sono: innanzitutto l’intenzione, poi la disposizione dell’anima, la disposizione corporale, la disposizione delle vesti, la disposizione nello stesso ministero quanto a quelle cose che in esso possono accadere.

VII – IL DIFETTO NELL'INTENZIONE

Se qualcuno non volesse compiere la consacrazione, ma fare qualcosa ingannevolmente; parimenti se alcune Ostie per dimenticanza rimanessero sull’Altare, o qualche parte di vino o qualche Ostia fosse nascosta non intendendo il Ministro consacrare se non quelle che vede; altresì se avesse davanti undici Ostie e ne volesse consacrare solo dieci non determinando quali delle dieci intendesse: in questi casi non consacra perché è richiesta l’intenzione. Altrimenti, se pensando certamente che fossero dieci, però vuole consacrare tutte quelle che ha dinanzi, allora tutte saranno consacrate: e perciò qualunque Sacerdote deve avere sempre tale intenzione, cioè di consacrare tutte quelle Ostie che ha posto davanti a sé per consacrarle. 2. Se il Sacerdote reputando di tenere un’Ostia, dopo la consacrazione avrà trovato essercene due unite, alla consumazione le assuma entrambe insieme. Se scoprisse dopo la consumazione del Corpo e del Sangue o anche dopo l’abluzione, di averne lasciate altre consacrate, le consumi tutte, sia piccole sia grandi, perché appartengono allo stesso sacrificio. 3. Ma se fosse rimasta un’Ostia consacrata integra, sia riposta nel Tabernacolo con le altre: se ciò non si potesse fare, la si lasci sull’Altare, decentemente coperta col corporale, al successivo Sacerdote che lì celebrerà, da consumare insieme all’altra che egli consacrerà; o se non si potrà fare nessuna di queste due cose, la conservi decentemente nello stesso Calice o Patena, fino a quando o sia riposta in un Tabernacolo o sia consumata da un altro; se non si avesse qualche modo perché sia onestamente conservata, egli stesso la può consumare. 4. Se l’intenzione non fosse attuale nella stessa consacrazione per una distrazione di mente, ma virtuale perché accedendo all’Altare il Sacerdote intende fare ciò che fa la Chiesa, il Sacramento è valido, anche se il Sacerdote deve curare d’adoperare un’intenzione attuale.

VIII – I DIFETTI NELLA DISPOSIZIONE DELL'ANIMA

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Se6 celebrasse qualcuno che fosse sospeso, scomunicato, degradato, irregolare, o per altre cose canonicamente impedito, realizza certamente il Sacramento ma pecca in modo massimamente grave, tanto a causa della Comunione, che assume indegnamente, quanto a causa dell’esercizio dell’Ordine, che gli era impedito. 2. Se qualcuno, avendo abbondanza di confessori, celebrasse in peccato mortale, pecca gravemente. 3. Se qualcuno invece in caso di necessità, non avendo abbondanza di confessori, celebrasse in peccato mortale senza contrizione, pecca gravemente. Diversamente, se è contrito, deve confessarsi appena potrà. 4. Se il Sacerdote ricordasse nella stessa celebrazione della Messa di essere in peccato mortale, faccia l’atto di contrizione col proposito di confessarsi e di soddisfare. 5. Se ricordasse di essere scomunicato o sospeso, o che il luogo fosse interdetto, similmente faccia l’atto di contrizione col proposito di chiedere l’assoluzione. Tuttavia prima della consacrazione, nei casi sopradetti, se non fosse temuto scandalo, deve interrompere la Messa iniziata.

IX – I DIFETTI NELLA DISPOSIZIONE DEL CORPO

Se7 il Sacerdote non fosse digiuno prima della Messa per almeno tre ore da cibi solidi e bevande alcoliche, e almeno per un’ora da bevande non alcoliche, non può celebrare. Ma l’acqua non rompe il digiuno. 2. Gli8 infermi, nonostante non giacessero a letto, possono assumere prima della Messa senza limiti di tempo, bevande non alcoliche e vere e proprie medicine, sia liquide sia solide. 3. Se9 residui di cibo rimanenti nella bocca fossero inghiottiti, non impediscono la Comunione, poiché non sono ingoiati a modo di cibo ma a modo di saliva. Lo stesso è detto se, lavandosi la bocca, fosse inghiottita senza intenzione una stilla d’acqua. 4. Se celebrasse più Messe in un giorno, come per la Natività del Signore, in ciascuna Messa faccia l’abluzione in qualche vaso pulito, e soltanto all’ultima beva l’abluzione10. 5. Se prima è avvenuta una polluzione notturna, causata da un precedente pensiero che fosse causa di peccato mortale, oppure avvenne per il troppo mangiare o bere, ci si deve astenere dalla Comunione e dalla celebrazione, se

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non si vedesse un altro confessore. Se fosse dubbio che nel precedente pensiero ci sia stato peccato mortale, è consigliato che ci si astenga eccetto in caso di necessità. Ma se fosse certo che in quel pensiero non ci sia stato peccato mortale o che non ci sia stato alcun pensiero, ma la polluzione fosse avvenuta per cause naturali o per inganno diabolico, può comunicare e celebrare, a meno che da quell’eccitazione di corpo non venisse tanta perturbazione della mente che fosse opportuno astenersene.

X – I DIFETTI CHE CAPITANO NELLO STESSO MINISTRO

Possono anche accadere dei difetti nello stesso ministero, se mancasse qualcosa dei requisiti per esso: come qualora si celebrasse in un luogo non sacro o non deputatovi dal Vescovo, o in un Altare non consacrato o non coperto da tre tovaglie; se non ci fossero le candele di cera; se non fosse il tempo debito di celebrare, il quale comunemente è da un’ora avanti l’aurora ad un’ora dopo mezzogiorno (tranne nel caso in cui non fosse stabilito un altro tempo per qualche Messa o l’Ordinario del luogo avrà permesso qualche Messa anche nelle ore vespertine)11; se il celebrante non abbia detto almeno il Mattutino con le Lodi; se omettesse qualcosa delle vesti sacerdotali; se le vesti sacerdotali e le tovaglie non fossero state benedette dal Vescovo o da un altro avente questa potestà, se non fosse presente un Chierico o un altro serviente Messa, oppure ci fosse qualcuno che non può servire, come una donna; se non ci fosse il Calice con la Patena conveniente, la cui coppa dev’essere d’oro o d’argento o di stagno12, non di bronzo o di vetro; se i Corporali non fossero puliti, i quali devono essere di lino, ma non di seta, ornati nel mezzo, e benedetti dal Vescovo o da un altro avente questa potestà, come è detto sopra; se celebrasse col capo coperto senza dispensa; se non ci fosse il Messale è lecito sapere a memoria la Messa che intende dire.

2. Se, mentre il Sacerdote celebra, fosse violata la chiesa prima del Canone, s’interrompa la Messa; se dopo il Canone, non si interrompa. Se si temesse un’incursione di nemici, o un’alluvione, o il crollo del luogo ove si celebra, prima della consacrazione s’interrompa la Messa, ma dopo la consacrazione il Sacerdote potrà affrettare la consumazione del Sacramento, omesse tutte le altre cose.

3. Se il Sacerdote prima della consacrazione stesse male, o cadesse in una sincope o morisse, si tralasci la Messa. Se ciò accadesse dopo la consacrazione del solo Corpo prima della consacrazione del Sangue, o consacrati entrambi, la Messa sia completata da un altro Sacerdote da quel punto in cui fu interrotta, in caso di necessità anche se non fosse digiuno. Se quello non è morto ma è infermo, al punto però che possa comunicarsi e non

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ci fosse un’altra Ostia consacrata, il Sacerdote che supplisce alla Messa divida l’Ostia e ne dia una parte all’infermo, ed egli consumi l’altra. E se il Sacerdote morì pronunziata in parte la forma del Corpo, poiché non è fatta la consacrazione, non è necessario che la Messa sia supplita da un altro. Ma se morì pronunziata in parte la forma del Sangue, allora l’altro prosegua la Messa, e sopra lo stesso Calice ripeta la forma intera da questo punto: Simili modo, postquam coenatum est; oppure può proferire sopra un altro Calice preparato la forma intera, e assumere prima l’Ostia del primo Sacerdote e il Calice consacrato da sé, poi il Calice rimasto semiconsacrato.

4. Se qualcuno, fuori da un caso di tale necessità, non consumasse l’intero Sacramento, pecca in modo sommamente grave.

5. Se una mosca o un ragno o qualche altra cosa cadesse nel Calice prima della consacrazione, si versi il vino in un luogo decente e se e ponga dell’altro nel Calice, si mescoli un poco d’acqua, si offra come sopra e si prosegua la Messa; se dopo la consacrazione cadesse una mosca o qualcosa in questo modo, e venisse la nausea al Sacerdote, la estragga e la lavi con del vino, finita la Messa la bruci, e ciò che resta della combustione e del lavaggio sia gettato nel sacrario. Ma se non gli venisse la nausea né temesse pericolo, la beva col Sangue.

6. Se qualcosa di velenoso cadesse nel Calice, o ciò provocasse vomito, il vino consacrato è da riporre in un altro Calice, e si devono approntare e nuovamente consacrare altro vino con acqua; e finita la Messa, il vino consacrato è da riporre in un altro Calice pieno d’acqua perché si dissolvano le specie e tale acqua sia gettata nel sacrario13.

7. Se qualcosa di avvelenato toccasse l’Ostia consacrata, allora si consacri un’altra e la consumi nel modo in cui è stato detto, e quella sia messa in un Calice pieno d’acqua, com’è detto sopra per il Sangue al n. 614.

8. Se consumando il Sangue il fragmentum rimanesse nel Calice, lo si porti fuori col dito sul labbro del Calice e lo si consumi prima della purificazione; oppure si versi dell’acqua15 e si assuma.

9. Quando l’Ostia prima della consacrazione fosse trovata spezzata, se al popolo ciò non apparisse chiaramente si consacri tale Ostia: ma se potesse esserci scandalo per il popolo, ne sia presa ed offerta un’altra. Se prima dell’oblazione l’Ostia apparisse spezzata, sia presa un’altra integra, se si potrà fare senza scandalo o lungo ritardo.

10. Se a causa di freddo o negligenza l’Ostia consacrata cadesse nel Calice, nulla è da ripetersi, ma il Sacerdote prosegua la Messa facendo le cerimonie e i gesti consueti con la restante parte dell’Ostia che non fosse bagnata, se comodamente lo si possa. Ma se tutta l’Ostia si sarà bagnata, non la si

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estrarrà, ma si dica tutto omettendo i gesti, e si consumino insieme Corpo e Sangue, segnandosi col Calice e dicendo: Corpus et Sanguis Domini nostri, etc.

11. Se in inverno il Sangue si congelasse nel Calice, si avvolga il Calice con panni riscaldati; se ciò non fosse efficace, si ponga in acqua bollente vicino all’Altare, ma in modo che il Calice non vi entri, finché non torni a stato liquido.

12. Se per negligenza qualcosa del Sangue di Cristo cadesse: si versi sulla goccia di Sangue caduta un po’ d’acqua e si asterga con il purificatoio; e se cadesse sul Corporale o la tovaglia o qualche luogo, siano lavati gettando l’acqua nel sacrario16.

13. Ma se avvenisse che tutto il Sangue fosse stato versato dopo la consacrazione, se ne rimanesse qualcosa o almeno un poco, si consumi quello e del restante versato si faccia come è detto. Ma se non ne rimanesse proprio niente, si ponga di nuovo vino e acqua e si consacri da questo punto: Simili modo, postquam coenatum est, etc. ma fatta prima l’oblazione del Calice come sopra.

14. Qualora il Sacerdote vomitasse l’Eucarestia, si raccolga e si ponga in un luogo decente, finché le specie si corrompano, e poi siano gettate nel sacrario17.

15. Se l’Ostia consacrata o qualche suo frammento cadesse a terra, sia presa con riverenza e il luogo in cui è caduta sia pulito con e un po’ d’acqua e pulito col purificatoio. Se cadesse su vestiti non è necessario pulirle. Se cadesse sopra una veste di donna, che sia essa stessa a prenderla e pulirla18.

16. Possono anche avvenire dei difetti nello stesso ministero se il Sacerdote non conoscesse i riti e le cerimonie da osservare in esso, delle quali, in tutte le Rubriche di cui sopra19 si è detto abbondantemente. _____________________________ 1 Nota del Traduttore: Il testo usa, riferito all’Eucarestia, sempre e solo il verbo «conficere», che in italiano si traduce con “fare, realizzare, fabbricare, compiere etc”, anche se non appropriatamente all’oggetto in questione. Non lo traduciamo con il termine “celebrare” perché questo verbo si riferisce più all’agire rituale del Sacerdote che al mistero della Transustanziazione, sulla cui validità o meno verte il senso del nostro testo. 2 N.d.T.: Il testo latino dice «aqua rosacea». Per acqua rosacea si intende ogni tipo di acqua che non sia materia pura (per esempio, acqua aromatizzata alla rosa, o con altra essenza, acqua minerale effervescente, acqua sporca, etc…) 3 N.d.T.: il testo dice «conficiens», lasciando dubbio se si riferisce al Sacerdote consacrante oppure a chi precedentemente ha confezionato la materia. Infatti il verbo «conficere» è usato tanto per il pane e vino preparati quanto per il Sacramento consacrato. È presumibile pensare che pecchi certamente solo il Sacerdote. 4 N.d.T.: L’edizione di Giovanni XXIII aggiunge (unica aggiunta): «8. Nei casi di cui sopra 5-7 sia omessa l’elevazione del Sacramento, e si faccia tutto evitando, per quanto possibile, lo scandalo o lo stupore dei fedeli».

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5 N.d.T.: Anche qui l’edizione di Giovanni XXIII aggiunge, come prima per il pane: «6. Nei casi di cui sopra 3-5 sia omessa l’elevazione del Sacramento, e si faccia tutto evitando, per quanto possibile, lo scandalo o lo stupore dei fedeli». 6 N.d.T.: Tutto il capitolo VIII è ridotto da Giovanni XXIII a un punto solo, eliminando le distinzioni casistiche della problematica. Ovviamente qui sono riportate per intero. 7 N.d.T.: Questo paragrafo è aggiornato secondo le disposizioni di SS. Pio XII contenute nel Motu Proprio “Sacram Communionem” del 1957, vedi Pius PP. XII, Sacram Communionem, Motu proprio, 1957, in AAS 49 (1957) n. 4, pp. 177-178. Il testo precedente alla riforma diceva: «Se qualcuno non fosse digiuno dalla mezzanotte, anche dopo aver bevuto sola acqua, o altra bevanda o cibo anche a scopo di medicina, e per piccola che fosse la quantità, non può comunicare né celebrare». 8 N.d.T.: Anche questo paragrafo è trascritto aggiornato. Le vecchie disposizioni scrivevano qui: «2. Se prima della mezzanotte avrà assunto bevanda o cibo, anche se in seguito non avrà dormito o non avrà digerito, non pecca: ma a causa della perturbazione di mente, dalla quale la devozione è tolta, è consigliato di astenersi [dal celebrar Messa].» 9 N.d.T.: Il punto 3 nel Messale di Giovanni XXIII scrive: «3. I Sacerdoti che stessero in salute per adempiere ciò, sono premurosamente invitati ad osservare la veneranda e antica forma del digiuno eucaristico prima della Messa». Nel testo conservo l’originale perché utile da sapersi. 10 N.d.T.: Alternativa in base alla nuova norma, anche se non se ne scrive nulla qui: il Sacerdote che prevede di celebrare un’altra Messa entro le tre ore, all’abluzione del Calice e delle mani beve solo l’acqua di detta abluzione, ma non vi adopera vino se non all’ultima Messa. 11 N.d.T.: Il testo originale scriveva «il quale comunemente è dall’aurora a mezzogiorno», pur specificando il Can. 821 del Codex Iuris Canonici 1917 che esattamente la Messa non si potesse cominciare prima di un’ora avanti all’aurora, né oltre un’ora dopo mezzogiorno, eccetto la Messa parrocchiale o conventuale della notte di Natale. Il Motu Proprio “Sacram Communionem” ha consentito agli Ordinari dei luoghi di permettere la celebrazione anche nelle ore pomeridiane qualora lo domandasse il bene spirituale di una parte notevole di fedeli: non prima delle sedici né dopo le ventuno. 12 N.d.T.: S’intende l’esterno della coppa, poiché l’interno dev’essere sempre dorato, cfr. Missale Romanum, Ritus servandus in celebratione Missae I,1 13 N.d.T.: Il Messale precedente suggeriva invece: « il vino riposto sia serbato per lungo tempo in un panno di lino o stoppa finché si sarà disseccato, e allora la stoppa sia bruciata, e la combustione gettata nel sacrario ». 14 N.d.T.: Il Messale precedente suggeriva invece: «e quella sia conservata nel Tabernacolo, in luogo separato, finché le specie siano corrotte, e corrotte infine si mettano nel sacrario» 15 N.d.T.: Il Messale precedente suggeriva invece un po’ di vino anziché di acqua. 16 N.d.T.: Il Messale precedente così prescriveva: Se per negligenza qualcosa del Sangue di Cristo cadesse se almeno a terra o su tavola, sia lambito con la lingua, e il luogo raschiato e la raschiatura bruciata, e la cenere sia riposta nel sacrario. Se fosse caduta sulla pietra dell’Altare, il Sacerdote sorbisca la goccia, il luogo sia ben lavato e l’abluzione gettata nel sacrario. Se la stilla fosse venuta al lino dell’Altare o ad altro lino: se fino al terzo, le tovaglie siano lavate tre volte dove la stilla è caduta, Calice posto sotto, e l’acqua dell’abluzione sia gettata nel sacrario. Ma se cadde solo sul Corporale o sulle vesti sacerdotali, si deve similmente lavare e gettare l’abluzione nel sacrario. Se nel panno posto sotto i piedi o tappeto, si lavi bene come sopra. 17 N.d.T.: Il Messale precedente così prescriveva: Qualora il Sacerdote vomitasse l’Eucarestia, se le specie apparissero integre le assuma con riverenza a meno che venisse la nausea; ma allora le specie consacrate siano separate cautamente e riposte in qualche luogo sacro, finché le specie si corrompano, e poi siano gettate nel sacrario. Ma se le specie non apparissero, si bruci il vomito e le ceneri si mettano nel sacrario. 18 N.d.T.: Il Messale precedente così prescriveva Se l’Ostia consacrata o qualche suo frammento cadesse a terra, sia presa con riverenza e il luogo in cui è caduta sia pulito e un po’

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raschiato, e la polvere o raschiatura di tal fatta sia messa nel sacrario. Se cadde fuori dal Corporale sulla tovaglia, o in qualunque luogo su fatto di lino, la tovaglia o la superficie lintea sia diligentemente lavata, e lo stesso lavaggio sia versato nel sacrario. 19 N.d.T.: Il testo dice «di cui sopra» perché il trattato “De defectibus” nel Messale si trova immediatamente dopo al “Ritus servandus in celebratione Missae”.

PRAEPARATIO AD MISSAM

Il Sacerdote che si accinge a celebrare la Santa Messa provvede a raccogliersi spiritualmente e a distaccarsi dal mondo: recita in sacrestia, prima ancora di indossare i paramenti sacri, le preghiere prescritte. Queste preghiere sono composte da una parte generale, dalle orazioni da dirsi a seconda del giorno, dalle orazioni di sant'Ambrogio e di san Tommaso d'Aquino, alla S. Vergine Maria, a san Giuseppe, a tutti gli Angeli e i Santi, al Santo in onore del quale si celebra la S. Messa e dalla formula di intenzione per la celebrazione. Prima di assistere alla S. Messa, costituisce eccellente preparazione ad Essa e alla S. Comunione recitare le seguenti preghiere. Prepararsi con la Chiesa e ringraziare Iddio con Essa, significa assicurarsi una buona Comunione ed una piena partecipazione al Sacrificio dell'Altare e quindi a quello della Croce. 1. ORATIONES 2. INDUITUR SACERDOTALIBUS PARAMENTIS 3. BENEDICTIO AQUÆ 4. ASPERSIO

ORATIONES

Antiphona Ne reminiscáris, * Dómine, delícta nostra, vel paréntum nostrórum, neque vindíctam sumas de peccátis nostris. (T. P.: Allelúia). PSALMUS 83

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Quam dilécta habitátio tua, Dómine exercítuum! * desíderat, lànguens concupíscit ánima mea in átria Dómini; Cor meum, et caro mea * exultánt ad Deum vivum. Etiam passer invénit domum: * et hirúndo nidum sibi, ubi ponat pullos suos: Altária tua, Dómine exercítuum: * Rex meus, et Deus meus! Beáti, qui hábitant in domo tua, Dómine, * perpétuo laudant te. Beátus vir, cuius auxílium est a te, * cum sacra itínera in ánimo hábet: Transeúntes per vallem áridam, fontem fácient eam, * ac beneditiónibus véstiet eam plúvia prima. Procédent de róbore in róbur: * vidébunt Deum deórum in Sion. Dómine exercítuum, áudi oratiónem meam; * áuribus pércipe, Deus Iacob. Clípeus noster, áspice, Deus, * et réspice fáciem uncti tui. Vere, mélior est dies unus in átriis tuis, * quam álii mílle; Consístere malo in límine domus Dei mei, * quam morári in tabernáculis peccatórum. Nam sol et clípeus est Dóminus Deus: * grátiam et glóriam largítur Dóminus; Non negat bona eis * qui ámbulant in innocéntia. Dómine exercítuum, *

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beátus homo qui cónfidit in te. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. PSALMUS 84 Propítius fuísti, Dómine, terræ tuæ; * bene vertísti sortem Iacob. Dimisísti culpam pópuli tui; * operuísti ómnia peccáta eórum. Continuísti ómnem iracúndiam tuam, * destitísti a furóre iræ tuæ. Restítue nos, Deus Salvátor noster, * et depóne indignatiónem tuam advérsus nos. Num in ætérnum irascéris nobis, * aut exténdes iram tuam in omnes generatiónes? Nonne tu vitam restítuet nobis, * et pópulus tuus lætábitur in te? Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam, * et salútem tuam da nobis. Audiam, quid loquátur Dóminus Deus, * profécto lóquitur pacem Pópulo suo et sanctis suis * et eis qui corde convertúntur ad eum. Certe propínqua est salus eius timéntibus eum, * ut hábitet glória in terra nostra. Misericórdia et fidélitas óbviam vénient sibi, * iustítia et pax inter se osculabúntur. Fidélitas germinábit ex terra, *

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et iustítia de coelo prospíciet. Dóminus quoque dábit bonum, * et terra nostra dábit fructum suum. Iustítia ante eum incédet, * et salus in via gréssuum eius. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. PSALMUS 85 Inclína, Dómine, áurem tuam, exáudi me, * quia miser et pauper sum ego. Custódi ánimam meam, quia devótus sum tibi; * salvum fac servum tuum sperántem in te. Deus meus es tu: miserére mei, Dómine, * quia assídue ad te clamo. Lætífica ánimam servi tui, * quia ad te, Dómine, ánimam meam attóllo. Tu énim, Dómine, es bonus et clémens, * plenum misericórdiæ in omnes qui ínvocant te. Auscúlta, Dómine, oratiónem meam, * et atténde ad vocem obsecratiónis meæ. Die tribulatiónis meæ clamo ad te, * quia exáudies me. Non est tibi par inter deos, Dómine, * et non est opus símile óperi tuo: Omnes gentes, quas fecísti, vénient et adorábunt te, Dómine, * et prædicábunt nomen tuum. Quia magnus es tu et facis mirabília, *

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tu solus es Deus. Doce me, Dómine, viam tuam, ut ámbulem in veritáte tua, * dírige cor meum, ut tímeat nomen tuum. Celebrábo te, Dómine, Deus meus, toto corde meo, * et prædicábo nomen tuum in ætérnum. Quia misericórdia tua magna fuit erga me, * et eripuísti ánimam meam de profúndis inférni. Deus, supérbi insurrexérunt contra me,+ et turba præpoténtium insidiátur vitæ meæ, * neque te ponunt ante óculos suos. Sed tu, Dómine, Deus miséricors es et benígnus, * tardus ad iram, summe clémens et fidélis. Réspice in me, et miserére mei; * da robur tuum servo tuo et salvum fac fílium ancíllæ tuæ. Sígnum da mihi favóris tui, ut vídeant,+ qui odérunt me et confundántur, * quod tu, Dómine, adiúveris me et consolátus sis me. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. PSALMUS 115 Confísus sum, étiam cum dixi: * "Ego afflíctus sum valde"; Ego dixi in pavóre meo: * "Omnis homo fallax!" Quid retríbuam Dómino, * pro ómnibus quæ tríbuit mihi? Cálicem salutáris accípiam: *

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et nómen Dómini invocábo. Vota mea Dómino reddam * coram ómni pópulo eius. Pretiósa est in óculis Dómini, * mors sanctórum eius. O Dómine, ego servus tuus sum +, ego servus tuus, fílius ancíllæ tuæ: * solvísti víncula mea. Tibi sacrificábo sacrifícium laudis, * et nomen Dómini invocábo. Vota mea Dómino reddam * cora omni pólulo eius, In átriis domus Dómini, * in médio tui, Ierúsalem. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. PSALMUS 129 De profúndis clamo ad te, Dómine: * Dómine, áudi vocem meam. Fiant áures tuæ inténtæ * ad vocem obsecratiónis meæ. Si delictórum memóriam serváveris, Dómine, * Dómine, quis sustinébit? Sed penes te est peccatórum vénia, * ut cum reveréntia serviátur tibi. Spero in Dóminum, * spérat ánima mea in verbum eius;

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Exspéctat ánima mea Dóminum, * magis quam custódes auróram. Magis quam custódes auróram, * exspéctat Isræl Dóminum, Quia penes Dóminum misericórdia, * et copiósa penes eum redémptio. Et ipse rédimet Israël * ex ómnibus iniquitátibus eius. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. Antiphona Ne reminiscáris, * Dómine, delícta nostra, vel paréntum nostrórum, neque vindíctam sumas de peccátis nostris. (T. P.: Allelúia). Kyrie, eléison Christe, eléison Kyrie, eléison Pater noster (in segreto) (se c’è il ministrante risponde) V/. et ne nos indúcas in tentatiónem. R/. sed líbera nos a malo. V/. Ego dixi: Dómine, miserére mei. R/. Sana ánimam meam, quia peccávi tibi.

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V/. Convértere, Dómine, aliquántulum. R/. Et deprecáre super servos tuos. V/. Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos. R/. Quemádmodum sperávimus in te. V/. Sacerdótes tui induántur iustítiam. R/. Et sancti tui exsúltent. V/. Ab occúltis meis munda me, Dómine. R/. Et ab aliénis parce servo tuo. V/. Dómine, exáudi oratiónem meam. R/. Et clámor meus ad te véniat. Orémus Aures tuæ pietátis, mitíssime Deus, inclina précibus nostris, et gratia Sancti Spíritus illúmina cor nostrum: ut tuis mystériis digne ministrare, teque ætérna caritate dilígere mereámur. Deus, cui omne cor patet et omnis volúntas lóquitur, et quem nullum latet secrétum: purífica per infusiónem Sancti Spíritus cogitationes cordis nostri; ut te perfécte dilígere et digne laudare mereámur. Ure igne Sancti Spíritus renes nostros et cor nostrum, Dómine: ut tibi casto córpore serviámus, et mundo corde placeámus. �Mentes nostras, quǽsumus, Dómine, Paráclitus, qui a te procédit, illúminet: et indúcat in omnem, sicut tuus promísit Fílius, veritátem. Adsit nobis, quǽsumus, Dómine, virtus Spíritus Sancti: quæ et corda nostra cleménter expúrget, et ab ómnibus tueátur advérsis. �Deus, qui corda fidélium Sancti Spíritus illustratione docuisti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de eius semper

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consolatione gaudere. Consciéntias nostras, quǽsumus, Dómine, visitándo purífica: ut véniens Dóminus noster Iesus Christus, Fílius tuus, parata sibi in nobis invéniat mansiónem: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spíritus Sancti, Deus, per omnia sǽcula sǽculorum. Amen.

( Preghiere prima della Messa - Italiano e Latino )

ORATIO

S. AMBROGII

Ad mensam dulcíssimi convívii tui, pie Dómine Iesu Christe, ego peccátor de própriis meis méritis nihil præsúmens, sed de tua confídens misericórdia et bonitáte, accédere véreor et contremísco. Nam cor et corpus hábeo multis crimínibus maculátum, mentem et linguam non caute custodítam. Ergo, o pia Déitas, o treménda maiéstas, ego miser, inter angústias deprehénsus, ad te fontem misericórdiæ recúrro, ad te festíno sanándus, sub tuam protectiónem fúgio: et, quem iúdicem sustinére néqueo, salvatórem habére suspíro. Tibi, Dómine, plagas meas osténdo, tibi verecúndiam meam détego. Scio peccáta mea multa et magna, pro quíbus tímeo: spero in misericórdias tuas, quárum non est númerus. Réspice ergo in me óculis misericórdiæ tuæ, Dómine Iesu Christe, Rex ætérne, Deus et homo, crucifíxus propter hóminem. Exáudi me sperántem in te: miserére mei pleni misériis et peccátis, tu qui fontem miseratiónis numquam manáre cessábis. Salve, salutáris víctima, pro me et omni humáno génere in patíbulo crucis oblata. Salve, nóbilis et pretióse sánguis, de vulnéribus crucifíxi Dómini

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mei Iesu Christi prófluens, et peccáta totíus mundi ábluens. Recordáre, Dómine, creatúræ tuæ, quam tuo sánguine redemísti. Poénitet me peccásse, cúpio emendáre quod feci. Aufer ergo a me, clementíssime Pater, omnes iniquitátes et peccáta mea; ut, purificátus mente et córpore, digne degustáre mérear Sancta sanctórum. Et concéde, ut hæc sancta prælibátio córporis et sánguinis tuis, quam ego indígnus súmere inténdo, sit peccatórum meórum remíssio, sit delictórum perfécta purgátio, sit túrpium cogitatiónum effugátio ac bonórum sénsuum regenerátio, operúmque tibi placéntium salúbris efficácia, ánimæ quoque et córporis contra inimicórum meórum insídias firmíssima tuítio. Amen.

ORATIO

S. THOMÆ AQUINATIS

Omnípotens, sempitérne Deus, ecce accédo ad sacraméntum unigéniti Fílii tui, Dómini nostri, Iesu Christi; accédo tamquam infírmus ad médicum vitæ, immúndus ad fontem misericórdiæ, cæcus ad lumen claritátis ætérnæ, páuper et egénus ad Dóminum coeli et terræ. Rogo ergo imménsæ largitátis tuæ abundántiam, quátenus meam curáre dignéris infirmitátem, laváre foeditátem, illumináre cæcitátem, ditáre paupertátem, vestíre nuditátem; ut panem Angelórum, Regem regum et Dóminum dominántium, tanta suscípiam reveréntia et humilitáte, tanta contritióne et devotióne, tanta puritáte et fide, tali propósito et intentióne, sicut éxpedit salúti ánimæ meæ. Da mihi, quæso, domínici Córporis et Sánguinis non solum suscípere sacraméntum, sed étiam rem et virtútem sacraménti. O mitíssime Deus, da mihi Corpus unigéniti Fílii tui, Dómini nostri, Iesu Christi, quod traxit de Vírgine Maria, sic suscípere,

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ut córpori suo mystico mérear incorporári, et inter eius membra connumerári. O amatíssime Pater, concéde mihi diléctum Fílium tuum, quem nunc velátum in via suscípere propóno, reveláta tandem fácie perpétuo contemplári: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen. Dopo aver recitato le preghiere, il Sacerdote prepara il Messale e il Calice, quindi indossa i paramenti sacri baciando la croce posta sull'amitto, sul manipolo e sulla stola, e nell'indossarli recita, per ognuno di essi, la preghiera prescritta.

INDUITUR SACERDOTALIBUS PARAMENTIS

(Mentre si lava le mani)

Da, Dómine, virtútem mánibus meis ad abstergéndam omnem máculam: ut sine pollutióne mentis et córporis váleam tibi servíre. (All'amitto, mentre se lo poggia sul capo)

Impóne, Dómine, cápiti meo gáleam salútis, ad expugnándos diabólicos incúrsus. (Al camice, mentre lo indossa)

Deálba me, Dómine, et munda cor meum; ut, in Sánguine Agni dealbátus, gáudiis pérfruat sempitérnis. (Al cíngolo, mentre se ne cinge)

Præcínge me, Dómine, cingulo puritátis, et extíngue in lumbis meis humórem libídinis; ut máneat in me virtus continéntiæ et castitátis. (Al manipolo, mentre se lo pone sul braccio sinistro)

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Mérear, Dómine, portáre manípulum fletus et dolóris; ut cum exsultatióne recípiam mercédem labóris. (Alla stola, mentre se la pone sul collo) Redde mihi, Dómine, stolam immortalitátis, quam pérdidi in prævaricatióne primi paréntis: et, quamvis indígnus accédo ad tuum sacrum mystérium, mérear tamen gáudium sempitérnum. (Alla pianeta, mentre se la impone)

Dómine, qui dixísti: Iugum meum suave est, et onus meum leve: fac, ut istud portáre sic váleam, quod cónsequar tuam grátiam. Amen.

BENEDICTIO AQUÆ

Quando si fa l’aspersione il Sacerdote, rivestito dei paramenti sacri (senza manipolo e pianeta), prepara in sacrestia l'acqua benedetta: acqua che userà poi per l'aspersione dei fedeli. V/. Adiutórum nostrum + in nómine Dómini. R./ Qui feci coélum et terram. (Esorcismo del sale) V/. Exorcízo te, creatúra salis, per Deum + vivum, per Deum + verum, per Deum + sanctum, per Deum, qui te per Eliséum prophétam in aquam mitti iussit, ut sanarétur sterílitas aquæ: ut efficiáris sal exorcizátum in salútem credéntium: et sis ómnibus suméntibus te sánitas ánimæ et córporis et effúgiat atque discédat a loco, in quo aspérsum fúeris, omnis phantásia et nequítia vel versútia diabólicæ fraudis, omnísque spíritus

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immúndus adiurátur per eum qui ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos, et sǽculum per ignem. R./ Amen. Oremus. V/. Imménsam cleméntiam tuam, omnípotens ætérne Deus, humíliter implorámus: ut hanc creatúram salis, quam in usum géneris humáni tribuísti, bene+dícere, et sancti+ficare tua pietáti dignéris: ut sit ómnibus suméntibus salus mentis et córporis: et quídquid ex eo tactum vel respérsum fúerit, cáreat omni immundítia, omníque impugnatióne spiritális nequítiæ. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per omnia sǽcula sæculórum. �R./ Amen. (Esorcismo dell’acqua) V/. Exorcízo te, creatúra aquæ, in nómine Dei + Patris omnipoténtis, et in nómine Iesu + Christi Fílii eius Dómini nostri, et in virtúte Spíritus + Sancti: ut fias aqua exorcizáta ad effugándam omnem potestátem inimíci, et ipsum inimícum eradicáre, et explantéare váleas cum ángelis suis apostátitcis: per virtútem eiúsdem Dómini nostri Iesu Christi: qui ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos, et sǽculum per ignem. �R./ Amen. Oremus. V/. Deus, qui ad salútem humáni géneris, máxima quǽque sacraménta in aquárum substántia condidísti: adésto propítius invocatiónibus nostris, et eleménto huic multímodis purificatiónibus præparáto, virtútem tuæ bene+dictiónis infúnde: ut creatúra tua mystériis tuis sérviens, ad abigéndos dáemones, morbósque pelléndos, divínæ grátiæ sumat efféctum: ut quídquid in dómibus vel in locis fidélium hæc unda

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respérserit, cáreat omni immundítia, liberétur a noxa: non illic resídeat spíritus péstilens, non áura corrúmpens: discéndat omnes insídiæ laténtis inimíci: et si quid est, quod aut incolumitáti habitántium ínvidet, aut quiéti, aspersióne huius aquæ effúgiat atque discédat: ut salúbritas per invocatiónem sancti tui nóminis expetíta, ab ómnibus sit impugnatiónibus defénsa. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per omnia sǽcula sæculórum. R./ Amen. (Mescolanza del sale e dell'acqua: per tre volte a mo' di croce)

V/. Commíxtio salis et aquæ párite fiat, in nómine Pa+tris, et Fí+lii, et Spíritus + Sancti. R./ Amen. V/. Dóminus vobíscum R./ Et cum spíritu tuo. Oremus. V/. Deus invíctæ virtútis áuctor, et insuperábilis impérii Rex, ac semper magníficus triunphátor: qui advérsæ dominatiónis vires réprimis: qui inimíci rugiéntis sævítiam súperas: qui hostíles nequítias poténter expúgnas: te, Dómine, treméntes et súpplices deprecámur ac pétimus ut hanc creatúram salis et aquæ dignánter aspícias, benígnus illústres, pietátis tuæ rore sanctífices: ut ubicúmque fúerit aspérsa, per invocatiónem sancti nómnis tui, omnis infestátio immúndi spíritus abigátur: terrórque venenósi serpéntis procul pellátur: et præséntia sancti Spíritus nobis misericórdiam tuam poscéntibus, ubíque adésse dignétur. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte eiúsdem Spíritus Sancti, Deus, per omnia sǽcula sæculórum. R./ Amen.

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ASPERSIO

Si fa solo ed unicamente di domenica, si fa prima della Messa principale, anche se la Messa è bassa (cioè non cantata solo letta). Il manipolo e la piante per il Celebrante si preparano allo scanno nel presbiterio dove successivamente l’aspersione verrà indossato dal Sacerdote. In Sacrestia si preparano il piviale, il secchiello con l’acqua benedetta e l’aspersorio e il libro col rito dell’aspersione; se non ci fosse il piviale, il celebrante compie il rito con la stola incrociata sul petto. I due Ministranti procedono all’altare ai lati del Celebrante, sostenendo i lembi del piviale; il 1.mo porta il secchiello il 2.do il libro. Arrivati all’altare, fatta la genuflessione, si inginocchiano sull’ultimo gradino, deponendo sui gradini il 1.mo la berrette del Celebrante e il 2do il libro; il 1mo porge al Celebrante, coi debiti baci, l’aspersorio intinto nell’acqua: quando il Celebrante ha asperso l’altare e se stesso, tutti si alzano; il Celebrante asperge i due Ministranti, il Clero, se c’è, e poi il popolo. Durante l’aspersione i due chierici stanno sempre ai lati del Celebrante sostenendo i lembi del piviale: e il 1.mo porta anche il secchiello affinché il Celebrante vi possa opportunamente intingere l’aspersorio. Al termine dell’aspersione, il 1.mo riceve l’aspersione; tornati all’altare, lasciano i lembi del piviale, che sostengono poi durante l’orazione; 2.do consegna e ritira a suo tempo il libro. Al termine dell’orazione, genuflette in gradu e vanno allo scanno; il celebrante si toglie con l’aiuto del Ministrante il piviale e si mette il manipolo e la pianeta. Il coro e i fedeli, che rimangono in piedi, cantano insieme al Sacerdote l'Antifona e il Salmo dell'Asperges o del Vidi Aquam. Nel corso dell'aspersione, i fedeli chínano il capo e si ségnano.

EXTRA TEMPUS PASCHALE Nella I Domenica di Passione non si dice il Gloria Patri nella II Domenica di Passione o delle Palme non si fa l'aspersione. Antiphona Aspérges me, Dómine, hyssópo et mundábor: lavábis me, et super nivem dealbábor. Psalmus 50

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Miserére mei, Deus, secúndum magnam * misericórdiam tuam. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto, Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. Antiphona Aspérges me, Dómine, hyssópo et mundábor: lavábis me, et super nivem dealbábor. V/. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam. R/. Et salutáre tuum da nobis. V/. Dómine exáudi oratiónem meam. R/. Et clamor meus ad te véniat. V/. Dóminus vobíscum. R/. Et cum spíritu tuo. Oremus V/. Exáudi nos, Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus, et míttere dignéris sanctum ángelum tuum de coélis, qui custódiat, fóveat, prótegat, vísitet, atque deféndat omnia habitántes in hoc habitáculo: Per Christum Dóminum nostrum. R/. Amen.

TEMPORE PASCHALI Dalla Domenica di Pasqua fino alla Pentecoste inclusa. Antiphona Vidi aquam egrediéntem de Templo a látere dextro,

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allelúia; Et omnes ad quos pervénit aqua ista salvi facti sunt, et dícent: allelúia, allelúia.

Psalmus 117

Confitémini Dómino quóniam bonus: quóniam in sǽculum misericórdia eius. Gloria Patri, et Filio, * et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio et nunc et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen. Antiphona Vidi aquam egrediéntem de Templo a látere dextro, allelúia; Et omnes ad quos pervénit aqua ista salvi facti sunt, et dícent: allelúia, allelúia. V/. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam, Allelúia. R/. Et salutáre tuum da nobis, Allelúia. V/. Dómine exáudi oratiónem meam. R/. Et clamor meus ad te véniat. V/. Dóminus vobíscum. R/. Et cum spíritu tuo. Oremus V/. Exáudi nos, Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus, et míttere dignéris sanctum ángelum tuum de coélis, qui custódiat, fóveat, prótegat, vísitet, atque deféndat omnia habitántes in hoc habitáculo: Per Christum Dóminum nostrum. R/. Amen.

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RITUS SANCTI PII V

-PRÆPARATIO AD MISSAM [ASPERSIO]

RITUS INITIALES

-ANTIPHONA AD INTROITUM IN CANTUS

-ORATIONES SUB INFIMUM GRADUM ALTARIS

-ACTUS PÆNITENTIALIS

-INCENSATIO ALTARIS ET SACERDOTIS

-ANTIPHONA AD INTROITUS, KYRIE e GLORIA

-ORAZIONE

PARS DIDACTICA

-EPISTOLA

-GRADUALE, (TRATTO), (SECONDO ALLELUIA)

-ALLELUIA

-EVANGELIUM (senza Diacono)-

-EVANGELIUM (col Diacono)

-HOMILIA

-CREDO

PARS SACRIFICALIS

-I. OFFERTORIUM

ANTIPHONA AD OFFERTORIUM

INCENSATIO

LAVABO

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SECRETÆ

-II. IMMOLATIO VICTIMÆ

PRÆFATIO

SANCTUS

CANON ROMANUS

-III. COMMUNIO

PATER NOSTER

AGNUS DEI

COMMUNIO FIDELIUM

ANTIPHONA AD COMMUNIONEM

RITUS CONCLUSIONIS

-POSTCOMMUNIO

-(ORATIO SUPER POPULUM)

-DIMISSIO ET BENEDICTIONE

-ULTIMUM EVANGELIUM

-PRECI LEONINE

-GRATIARUM ACTIO POST MISSAM

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PRÆPARATIO AD MISSAM

IL RITUS SANCTI PII V è composto da una PRÆPARATIO AD MISSAM che raccoglie Preghiere e Riti che non sono mai facoltative, tra cui l’Aspersio.

[ASPERSIO]

Il Rito dell’aspersione non fa parte dei Riti Iniziali ma fa parte della PRÆPARATIO AD MISSAM. Si fa sempre prima della Santa Messa. Si fa solo ed unicamente di Domenica nella Messa principale, anche se la Messa è bassa (cioè non cantata, solo letta), non si fa mai nella Messa Vespertina.

Il manipolo e la pianeta per il Celebrante si preparano allo scanno nel presbiterio dove successivamente l’aspersione verrà indossato dal Sacerdote. In Sacrestia si preparano il piviale, il secchiello con l’acqua benedetta e l’aspersorio e il libro col rito dell’aspersione; se non ci fosse il piviale, il celebrante compie il rito con la stola incrociata sul petto.

Questo Rito, in memoria del Battesimo, non sostituisce l’Atto Penitenziale, né alcuna parte della Santa Messa.

RITUS INITIALES

La Santa Messa ha inizio con la processione del Sacerdote verso l’Altare. Quando vi giunge, stando ai piedi dei gradini dell’Altare, scopre il capo, porge la berretta al Ministrante, e si inchina profondamente all’Altare. Se ci fosse il Tabernacolo col Santissimo Sacramento, fa la genuflessione. Quindi sale al centro dell’Altare, dove sistema il calice, estrae il corporale dalla borsa, posiziona quest’ultima verticalmente a sinistra con l’apertura verso il Cornu Epistolae, dispiega

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il corporale e vi pone sopra il calice velato. Allora si sposta al lato destro, detto dell’Epistola, ed apre il Messale alla pagina dell’Introito della Messa del giorno, quindi ritornando al centro, facendo prima inchino di capo alla Croce, si volge girandosi verso destra e scende fino ai piedi dei gradini, dove, guardando all’Altare, recita le Orazioni prescritte. Nella S. Messa cantata o solenne, il Messale è aperto sull’Altare, mentre il calice e le altre cose necessarie sono preparate sulla credenza, coperta dai drappi del colore del giorno o del Tempo con una tovaglia, già prima che il Sacerdote vada all’Altare. Egli stesso entra con il Diacono ed il Suddiacono: quando arriverà davanti l’ultimo gradino dell’Altare, lì, tra il Diacono alla sua destra ed il Suddiacono alla sua sinistra, consegnata a quest’ultimo la sua berretta, prima di salire all’Altare recita con loro le Orazioni prescritte. Nelle Domeniche prima della S. Messa principale viene eseguita l’aspersione con l’acqua benedetta riportata nella Præparatio ad Missam. L’assemblea si alza in piedi quando entra il Celebrante, rivestito di amitto, camice, stola e piviale. Si inginocchia, intona l’antifona Asperges me e asperge prima se stesso e poi la parte bassa dell’Altare. Mentre il coro prosegue il canto, il Celebrante asperge il clero assistente e i fedeli, infine canta le preci conclusive dell’aspersione. Depone quindi il piviale, indossa il manipolo e la pianeta e, preparato l’Altare se già non lo sia, ascende per le Orazioni prescritte.

ANTIPHONA AD INTROITUM IN CANTUS

Nelle Messe cantate e solenni, viene iniziato subito il canto dell’Antifona dell’Introito. Il canto, eseguito dalla schola e dal popolo se è in grado, accompagna le preci ai piedi dell’Altare e l’atto penitenziale, che in tal caso sono dette sottovoce tra il Sacerdote e i ministranti (e, se ci sono, Diacono e Suddiacono). Si utilizza il canto gregoriano riportato nel Liber Usualis o nel Graduale Romanum (l’edizione pubblicata secondo le nuove disposizioni liturgiche del Missale Romanum 1962), oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia) che riportano in musica il medesimo testo previsto dal Proprio. Terminato l’Introito, la schola alternata con i fedeli in piedi, canta il Kyrie e di seguito se previsto il Gloria.

ORATIONES SUB INFIMUM GRADUM ALTARIS Il Sacerdote, rivestito dei paramenti si pone di fronte all’Altare, orientato verso la Croce ai piedi dell’ultimo gradino, e fatta la debita reverenza si segna con il segno della Croce e dice a voce distinta:

In nómine Patris + et Fílii et Spíritus Sancti. Amen (l’Amen non è una risposta del popolo. Il popolo e i Ministranti sono inginocchiati)

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Il Sacerdote non saluta nessuno, inizia subito con la recita del Salmo Iudica me, che si omette solo nelle S. Messe dalla I Domenica di Passione fino al Giovedí Santo incluso, nonché nelle S. Messe dei defunti, nelle quali si dice solo l’antifona: Introibo ad altáre Dei... etc. ed omettendo il Salmo, il Sacerdote immediatamente aggiunge Adjutorum nostrum... etc. come sotto. Con le mani giunti dinnanzi al petto inizia l’Antiphona dicendo a voce sommessa. Introíbo ad altáre Dei. Il Ministrante risponde: Ad Deum qui lætíficat iuventútem meam. In alternanza con il Ministrante (o con il popolo in caso di Messa dialogata e se non si esegue l’introito in canto) dice: V/. Iúdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta: ab hómine iniquo, et dolóso érue me. R/. Quia tu es, Deus, fortitúdo mea: quare me repulísti, et quare tristis incédo, dum afflígit me inimícus? V/. Emítte lucem tuam et veritátem tuam: ipsa me deduxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum, et in tabernácula tua. R/. Et introíbo ad altáre Dei: ad Deum qui lætíficat iuventútem meam. V/. Confitébor tibi in cíthara, Deus, Deus meus; quare tristis es, ánima mea, et quare contúrbas me? R/. Spera in Deo, quóniam adhuc confitébor illi: salutare vúltus mei, et Deus meus. Glória Patri et Fílio et Spirítui Sancto. R/. Sicut erat in princípio et nunc et semper, et in sǽcula sæculórum. Amen.

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Il Sacerdote ripete l’antifona: Introíbo ad altáre Dei. R/. Ad Deum qui lætíficat iuventútem meam.

ACTUS PÆNITENTIALIS Il Sacerdote si segna dicendo: Adiutórium nostrum + in nómine Dómini. R/. Qui fécit cœlum et terram. Il Sacerdote, congiunte le mani, si inchina profondamente e récita il Confíteor: V/. Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michǽli Archángelo, beáto Ioánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Páulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo, et ópere: (si batte il petto per tre volte) mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Virginem, beátum Michǽlem Archángelum, beátum Ioánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Páulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum Deum nostrum. Il Ministrante invoca sul Sacerdote la misericordia di Dio: Misereátur tui omnípotens Deus, et dimíssis peccátis tuis, perdúcat te ad vitam ætérnam. Il Sacerdote dice Amen e si alza. Amen. I Ministranti con il popolo, profondamente inchinati, ripetono la confessione: Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michǽli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis

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Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sánctis et tibi, pater: quia peccávi nimis cogitatíone, verbo et ópere: (ci si batte il

petto per tre volte) mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michǽlem Archángelum, beátum Joánnem Baptistám, Sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, ómnes Sanctos, et te, pater, oráre pro me ad Dóminum Deum nostrum. Il Sacerdote, con le mani giunte, da l’assoluzione dicendo: Misereátur vestri omnípotens Deus, et dimíssis peccátis vestris perdúcat vos ad vitam ætérnam. Il popolo risponde: Amen. Il Sacerdote si segna dicendo:

Indulgéntiam, + absolutiónem, et remissiónem peccatórum nostrórum, tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus. R/. Amen. Il Sacerdote, inchinato, prosegue alternandosi con il Ministrante o il popolo: V/. Deus, tu convérsus vivificábis nos. R/. Et plebs tua lætábitur in te. V/. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam. R/. Et salutáre tuum da nobis. V/. Dómine, exáudi oratiónem meam. R/. Et clámor meus ad te véniat. V/. Dóminus vobiscum. R/. Et cum spíritu tuo.

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Allargando e congiungendo mani, il Sacerdote dice a voce alta: Orémus. I fedeli si alzano e rimangono in piedi.

IL CELEBRANTE SALE ALL’ALTARE Il Sacerdote salendo all'Altare, dice in segreto:

Aufer a nobis, quǽsumus, Dómine, iniquitátes nostras: ut ad sancta sanctórum puris mereámur méntibus introíre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

IL CELEBRANTE BACIA L’ALTARE DOVE SONO POSTE LE RELIQUIE

Quindi, congiunte le mani sopra l'Altare, inchinato, dice sottovoce:

Orámus te, Dómine, per mérita Sanctórum tuórum (bacia l'Altare nel mezzo, dove sono disposte le reliquie dei Santi) quórum relíquiæ hic sunt, et omnium Sanctórum: ut indulgére dignéris ómnia peccata mea. Amen. Dopodiché secondo l’opportunità incensa, altrimenti va subito al Messale per leggere l’Introito __________________________________________________

INCENSATIO ALTARIS ET SACERDOTIS Il Sacerdote, prima di iniziare l'antifona dell'Introito, incensa l'Altare. Questa incensazione si omette nella Messa dei defunti.

IL CELEBRANTE BENEDICE L’INCENSO

Il Diacono - o il Ministrante - un po' inchinato verso il Sacerdote, gli porge il turibolo con la navicella, gli consegna il cucchiaino, bacia la mano ed il cucchiaino e dice: Benedícite, pater reverénde. Il Sacerdote benedice l'incenso, dicendo:

Ab illo bene + dicáris, in cuius honore cremáberis. Amen.

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Il Sacerdote, ricevuto il turíbolo, fa una profonda riverenza alla Croce e, in silenzio, la incensa dando con il turibolo due colpi per tre volte; quindi, fatta ancora una profonda riverenza alla Croce, in silenzio incensa l'Altare secondo l’Ordo incensationis. Terminata l’Incensatio Altaris, stando all’estrema destra (cornu Epistulæ) e rivolto lateralmente, viene incensato egli stesso dal Diacono o dal Turiferaio che si trova ai piedi dei gradini, di fronte a lui. __________________________________________________

ANTIPHONA AD INTROITUS Il Sacerdote, quindi, presso il Messale si segna e legge a voce alta l'antifona dell'Introito. [L'Introito fa parte del Proprio della S. Messa che qui non è riportato]. Nella Messa cantata o solenne il Sacerdote legge a bassa voce l’Introito che è stato già eseguito dalla Schola e di seguito il Kyrie. Leggendo la dossologia (Gloria Patri) che di solito intermezza l’Introito – essa manca nel Tempo di Passione e nelle Messe dei defunti – il Sacerdote e i Ministri fanno inchino di capo verso la Croce.

KYRIE La Melodia del Kyrie, come del Gloria, del Credo, del Sanctus e dell’Agnus Dei, sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) o del Liber Usualis, il quale assegna una melodia per ogni tempo o grado di festa liturgica; oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente tre volte, senza escluderne tuttavia un numero maggiore in considerazione dell'indole della composizione musicale. Nella Messa cantata il Kyrie e cantato tra schola e popolo mentre il Sacerdote incensa, poi egli lo alterna a bassa voce coi ministri rimanendo in cornu Epistulae dopo aver letto l’Introito. Nella Messa letta il Kyrie è alternato tra Sacerdote e popolo, tornato egli al centro dell’Altare. [NB: Come si vede, il Confiteor e il Kyrie sono due cose distinte, posti in diverse parti della Messa, ed entrambi sempre presenti] V/. Kyrie, eléison. R/. Kyrie, eléison.

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V/. Kyrie, eléison. R/. Christe, eléison. V/. Christe, eléison. R/. Christe, eléison. V/. Kyrie, eléison. R/. Kyrie, eléison. V/. Kyrie, eléison. Il Sacerdote, in mezzo all'Altare, allargando le mani e congiungendole con un movimento circolare, col capo un po' inchinato, dice o intona:

GLORIA Lo si canta o si recita nelle domeniche e nelle feste di qualsivoglia classe [incluse quelle che secondo il RITUS PAULI VI avrebbero il grado di cosiddette “memorie”]. Non si dice il Gloria dalla I Domenica di Avvento fino alla Vigilia di Natale inclusa, dalla Domenica di Settuagesima fino al mercoledì della Settimana Santa incluso, nelle Messe feriali (cioè nelle quali non ricorra la festa di un Santo) e nelle Messe dei defunti. La Melodia gregoriana è assegnata dal Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) o del Liber Usualis, oppure la schola lo può cantare in polifonia secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Alternato tra schola e popolo nella Messa cantata, il Sacerdote, dopo averlo intonato, lo recita privatamente stando accanto a lui, se ci sono, Diacono e Suddiacono; finita la lettura del Gloria va a sedersi al suo scanno (Diacono e Suddiacono o gli Accoliti gli sollevano la Pianeta nel sedersi perché non si rovini) indossa la berretta, e attende la fine del canto. Quando il canto giunge a parole per le quali è previsto inchino, il Sacerdote e i chierici seduti tolgono la berretta e fanno inchino. All’ultimo verso torna all’Altare (sempre facendo debita riverenza prima di salire i gradini). V/. Glória in excélsis Deo Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. (chiniamo il capo) Adorámus te. Glorificámus te.

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(chiniamo il capo) Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cœléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine, Fili unigénite (chiniamo il capo) Iesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Filius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, (chiniamo il capo) súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, (chiniamo il capo) Iesu Christe. Cum sancto Spiritu + (ci segnamo) in glória Dei Patris. Amen.

ORAZIONE Il Sacerdote, baciato l'Altare in mezzo, si volge ai fedeli e dice (allargando e congiungendo le mani): Dóminus vobíscum [Pax vobis se celebra il Vescovo]. Il popolo risponde: Et cum spíritu tuo. Quindi, senza aspettare, va al Messale nel lato dell’Epistola, dice subito Oremus cui segue la recita dell'Orazione (chiamata Colletta). L’Orazione fa parte del Proprio della S. Messa che qui non è riportato. L’Orazione può essere letta o cantata; e in alcuni casi può essere composta da una o più Orazioni che si leggono insieme, alle volte unite con un'unica invocazione dossologica finale. [Il Sacerdote recita le orazioni, una o più come richiesto dall'Ordine dell'Ufficio, prima recita l’Orazione assegnata alla S. Messa del giorno e poi, se ci sono commemorazioni o sono assegnate altre Orazioni, le aggiunge. Dopo la prima Orazione aggiunta, le altre sono dette di seguito con un’unica introduzione ed un’unica conclusione]. Il Sacerdote stendendo e congiungendo le mani, dice inchinando il capo:

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Oremus. ..... Quando viene nominato il Santo in onore del quale si celebra la Messa, oppure il nome della B. V. Maria, Sacerdote e Ministri fanno inchino di capo. Al nome di Gesù, quasi sempre presente nella dossologia che conclude l’Orazione, l’inchino di capo è rivolto sempre alla Croce ed ha un grado di profondità maggiore rispetto alle precedenti riverenze indicate. V/. Per ómnia sǽcula sæculórum. Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l'orazione con l'acclamazione: Amen.

PARS DIDACTICA

Inizia la Parte Didattica chiamata anche “Messa dei Catecumeni”; in questo contesto venivano istruiti sulla Sacra Scrittura e su i Divini Misteri, e perché essi potevano assistere solo a questa parte, non essendo battezzati essi non potevano infatti né offire, ne comunicarsi, e perciò, un tempo si rimandavano pubblicamente prima di incominciare la Pars Sacrificalis o Liturgia Eucaristica detta anche “Messa de Fedeli”. La “Messa dei Catecumeni” e “Messa dei Fedeli” si trovano unite in tutte le liturgie fin dalla più remota antichità, anzi fin dai tempi Apostolici, in modo da formare una cosa sola: la Santa MESSA. Le letture sono dentro il Messale stesso, esiste un Evangeliario, ma si usa solo per le messe solenni. Le letture domenicali si ripetono di anno in anno. Non ci sono cicli di letture alternative. Domenica dopo domenica il Sacerdote, anno dopo anno ripetendo le stesse letture proponendo lo stesso Vangelo (letture collocate un base ad una splendente mistagogia ricca di secoli di esperienza) accompagnava il fedele in un cammino pedagogico semplice e nello stesso tempo tutto orientato alla conoscenza del Signore Gesù vero Dio e vero Uomo, proprio Salvatore, Re dell’Universo! Le Letture così con gli anni dovevano diventare familiari, al punto di essere assimilate a memoria. Le letture non si proclamano mai dall’ ambone ma dall’altare : a destra l’Epistola, a sinistra il Vangelo. Vengono lette in latino per rispettare una omogeneità linguistico-liturgica, ma con il Motu Proprio: “Summorum Pontificum” il Santo Padre Benedetto XVI ha dato l’opportunità che le letture possano essere lette anche o direttamente in Italiano.

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I fedeli si siedono per ascoltare la Parola di Dio(Epistola) e si stanno in piedi per il Vangelo. L'Epistola, il Graduale, l’Alleluia o il Tratto con il Versetto, e la Sequenza Evangelica sono stabiliti secondo il Calendario Liturgico (di questa edizione del Missale Romanum 1962) e fanno parte del Proprio della S. Messa (sia del Tempo o dei Santi), che qui non è riportato.

EPISTOLA

Il Sacerdote dall’altare legge l’Epistola (o solo il Suddiacono se Messa Solenne). Rimanendo all’Altare si pone al lato destro e legge stando verso l’altare. Vi è sempre una sola lettura eccetto che nelle Quattro Tempora (Messe con una struttura particolare), nelle Vigiliae e nelle Rogazioni. Il Sacerdote, poste le mani sul Messale, o sull'Altare, ma in modo che le palme tocchino il Messale, oppure (se ritiene) tenendo il Messale, legge a voce alta. Nella Messa Solenne è il Suddiacono a leggere l’Epistola, e si sposta, accompagnato dal cerimoniere, ai piedi dei gradini dal lato dell’Epistola e rivolto verso l’Altare, tenendo in mano il libro. Lectio Epistulæ Beati … etc., All’ultima frase il Sacerdote o il Suddiacono alzano il tono della voce a mo di conclusione senza aggiungere nessuna acclamazione, perché la fine della lettura si intende dal tono di lettura (o dalle note, quando il Suddiacono canta l’Epistola). Tutti rispondono: Deo grátias.

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Quando il Suddiacono termina la lettura, ascende all’Altare per il lato destro e si inginocchia ai piedi del Sacerdote ricevendone la benedizione.

GRADUALE Il Graduale è cantato dopo la lettura dell'Epistola. Esso viene poi seguito dall'Alleluia, ma nelle Messe che hanno più letture del normale, come nel periodo detto delle Quattro Tempora, sono separati da altre letture, o se vi sono più di tre letture possono esserci più di un Graduale.

(TRATTO) Si canta o si legge nel periodo di Quaresima e Passione.

(SECONDO ALLELUIA) Si canta o si legge nel periodo di Pasqua ad eccezione dell'ottava di Pasqua. Nelle Messe Tridentine è il Celebrante che legge sempre il Graduale (o il Tratto o il secondo Alleluia), sia nella Messa bassa che in quella Cantata e/o Solenne (che leggerà a bassa voce). Nella Messa cantata essi vengono eseguiti dalla schola e dal popolo, se è in grado, (mentre il Sacerdote li recita, come abbiamo già scritto privatamente a bassa voce). Si utilizza il canto in canto gregoriano riportato nel Liber Usualis o nel Graduale Romanum (l’edizione pubblicata secondo le nuove disposizioni liturgiche del Missale Romanum Vetus Ordo del 1961), oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia)

ALLELUIA

Si può cantare in gregoriano (Liber Usualis o Graduale Romanum) o in polifonia secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Durante esso il popolo e, nella Messa Cantata, il Sacerdote che l’avrà già recitato privatamente, stanno seduti. L’Alleluia è sempre intercalato da un versetto, detto alleluiatico. Ultimata la recita o il canto dell'Alleluia, il Sacerdote si accinge alla lettura o al canto del Vangelo. Se la S. Messa viene celebrata con l'assistenza del Diacono, è quest'ultimo che canta il Vangelo.

(LA SEQUENZA)

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La Sequenza è un inno liturgico, che è cantato o recitato dopo l’Alleluia (Pasqua, Pentecoste, Corpus Domini, Sette Dolori B.V.M. del 15 settembre) o dopo il Tratto (Sette Dolori B.V.M. del tempo di Passione e Messe dei Defunti), quindi subito prima della proclamazione del Vangelo. Prima della Riforma Tridentina c'erano molte Sequenze, San Pio V ne mantenne solo cinque: * Victimae paschali laudes, di Wipone, nella notte di Pasqua e per l'Ottava di Pasqua; * Veni Sancte Spiritus, attribuita a Papa Innocenzo III, per la Pentecoste; * Lauda Sion Salvatorem, di San Tommaso d'Aquino, per il Corpus Domini; * Stabat Mater, di Iacopone da Todi, per la memoria di Maria Addolorata; * Dies irae, di Tommaso da Celano, per le Messe dei defunti.

EVANGELIUM (senza Diacono)

Il Sacerdote, posto in mezzo all'Altare aspetta che il Ministrante trasporti il Messale all’estremità (cornu) del lato sinistro dell’Altare, detto del Vangelo: rimanendo al centro congiunge le mani sul petto, alza gli occhi e, riabbassandoli, profondamente inchinato, a voce bassa dice:

IL CELEBRANTE INVOCA LA BENEDIZIONE DI DIO

Munda cor meum, ac lábia mea, omnípotens Deus, qui lábia Isaiæ prophétæ cálculo mundásti igníto; ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen. V/. Iube, Dómne, benedícere. V/. Dóminus sit in corde meo et in lábiis meis: ut dígne et competénter annúntiem Evangélium suum. Amen. Detto questo, il Sacerdote va al lato sinistro dell’Altare dove è stato collocato il Messale; lo seguono i Ministranti coi ceri e l’incenso (se li utilizza): si sposta voltandosi questa volta verso sinistra e senza guardare i fedeli, e, volto verso il Messale, dice o canta a mani giunte davanti al petto con voce chiara: Dóminus vobiscum.

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I fedeli si alzano e rispondono:

Et cum spíritu tuo. Quindi il Sacerdote, col pollice della mano destra, traccia un segno di croce, prima sul Messale (e non sull’Altare), all'inizio del Vangelo che si deve leggere, poi su sé stesso: sulla fronte, sulle labbra e sul petto, dicendo:

+ Sequéntia (oppure Inítium) e segna la sua fronte sancti Evangélii segna le labbra e secúndum… mentre segne il petto I fedeli si segnano anch'essi, sulla fronte, sulle labbra e sul petto, e rispondono: Glória tibi, Dómine. Se si utilizzasse l’incenso il Sacerdote incensa il Messale con due colpi di turibolo per tre volte. Questa incensazione si omette nella Messa dei defunti. Il Sacerdote legge rivolto al Messale, che è sempre sull’altare. Non lo leggerà mai dall’ambone né dall’altare rivolto verso il popolo ma sempre verso il Messale posto inclinato, questa volta verso sinistra a 45 gradi a sinistra dell’altare: cornu evangeli. All’ultima frase della Sequenza il Sacerdote alza il tono della voce a mo di conclusione senza aggiungere nessuna acclamazione. Il popolo risponde: Laus tibi Christe. Finita la lettura o il canto della Sequenza evangelica, il Sacerdote bacia il Messale all'inizio del Vangelo e dice sotto voce: Per evangélica dicta deleántur nostra delícta. _________________________________________________

EVANGELIUM (col Diacono)

Al canto del Graduale e dell’Alleluia, Prete, Diacono e Suddiacono vanno all’altare. Il Diacono sale con il Sacerdote che legge il testo riportato sul Messale e tornano come di solito alla sedilia. Finito il canto del Graduale il sacerdote con i sacri ministri va all’Altare e ascende. Il diacono in plano riceve l’Evangeliario mentre il Suddiacono ascende i gradini preleva il messale e con le solite riverenze lo pone sul lato del Vangelo. Il diacono sale all’altare e depone l’evangeliario sull’Altare e vi rimane per ministrare con il Suddiacono la navicella per l’infusione dell’incenso nel turibolo recato dal ministro dal lato destro dell’Altare. Il diacono si inginocchia sul gradino mentre il sacerdote rimane al centro dell’altare sulla predella.

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IL DIACONO INVOCA LA BENEDIZIONE DI DIO

Munda cor meum, ac lábia mea, omnípotens Deus, qui lábia Isaiæ prophétæ cálculo mundásti igníto; ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

IL CELEBRANTE DA LA BENEDIZIONE AL DIACONO Il Diacono sale sulla predella si inginocchia dinnanzi al Sacerdote mentre in plano si dispongono gli accoliti con turibolo e candele. Il diacono chiede la benedizione ed il sacerdote la impartisce tenendo la mano sinistra sull’altare e poggiando successivamente la destra sull’Evangeliario. Il Diacono dice: Iube, dómne, benedícere. Il Sacerdote risponde : Dóminus sit in corde tuo et in lábiis tuis: ut dígne et competénter annúnties Evangélium suum: in nómine Patris, et Fílii, + et Spíritus Sancti. Amen. Nella Messa solenne i ministranti si dispongono in plano ed attendono il Diacono con l’Evangeliario per poi recarsi al luogo adatta per il canto della Sequenza evangelica. Il Diacono ricevuta la benedizione del Sacerdote, bacia la mano del Sacerdote posta sull’Evangeliario, e preceduto dal Turiferario e dai due Accoliti con i candelabri accesi, si reca col Suddiacono sulla sinistra del presbiterio, ma sotto i gradini dal lato del Vangelo: qui, mentre il Suddiacono, posto in mezzo agli Accoliti con i candelabri, tiene l'Evangeliario, il Diacono volto al Vangelo (cioè verso il lato sinistro rispetto all’Altare) senza guardare i fedeli, dice o canta a mani giunte davanti al petto con voce chiara: Dóminus vobiscum. I fedeli si alzano e rispondono: Et cum spíritu tuo. Quindi il Diacono, col pollice della mano destra, traccia un segno di croce, prima sul

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Messale, all'inizio del Vangelo che si deve leggere, poi su sé stesso: sulla fronte, sulle labbra e sul petto, dicendo:

+ Sequéntia (oppure Inítium) sancti Evangélii secúndum… I fedeli si segnano anch'essi, sulla fronte, sulle labbra e sul petto, e rispondono: Glória tibi, Dómine. Se si utilizzasse l’incenso il Diacono incensa il Messale con due colpi di turibolo per tre volte. Questa incensazione si omette nella Messa dei defunti. All’ultima frase della Sequenza Evangelica il Diacono non aggiunge nessuna acclamazione. Il popolo risponde: Laus tibi Christe. Finito il canto della Sequenza evangelica, il Diacono non bacia il Messale e non dice: per evangélica dicta... Finita la lettura del Vangelo il Suddiacono porta l’Evangeliario, che ha sostenuto dinnanzi al Diacono durante il canto, al sacerdote perché lo baci; il Diacono, dopo che il sacerdote ha baciato la pagina di Vangelo che è stata proclamata, incensa il sacerdote che è rimasto sulla predella voltato; mentre gli Accoliti ricollocano i ceri alla credenza, il Suddiacono porta l'Evangeliario alla credenza: L’incensazione del Sacerdote dopo il Vangelo non si compie nelle Messe dei Defunti. __________________________________________________

HOMILIA Secondo le disposizioni del Messale del 1962, ultimata la lettura o il canto del Vangelo, il Sacerdote depone il Manipolo sul Messale e riceve la berretta; si reca sul pulpito (se c’è o se è agibile) o sta dal lato del Vangelo rivolto al popolo dal lato del Vangelo per tenere l'Omelia, la quale verterà sui passi della Sacra Scrittura appena letti. Al termine, riconsegna al Ministrante la berretta e reindossa il manipolo. I fedeli si siedono per ascoltare l'Omelia del Sacerdote. L’Omelia può essere preceduta dalla rilettura in lingua nazionale del Vangelo per quelle comunità che volessero leggere per rispettare una omogeneità linguistico-liturgica, anche il Vangelo il lingua Latina.

CREDO Fatta l’omelia il Sacerdote, stando in mezzo all'Altare e ad esso rivolto, allargando, elevando e ricongiungendo con movimento circolare le mani, intona o recita con il popolo il Credo.

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La Melodia del Credo sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) o del Liber Usualis, oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dalla Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Alternato tra schola e popolo nella Messa cantata, il Sacerdote, dopo averlo intonato, lo recita privatamente stando accanto a lui, se ci sono, Diacono e Suddiacono; finita la lettura del Credo va a sedersi al suo scranno (Diacono e Suddiacono o gli Accoliti gli sollevano la Pianeta nel sedersi perché non si rovini) indossa la berretta, e attende la fine del canto. Quando il canto giunge a parole per le quali è previsto inchino, il Sacerdote e i chierici tolgono la berretta e fanno inchino. All’ultimo verso torna all’Altare (sempre facendo debita riverenza prima di salire i gradini). Credo in unum Deum (china il capo alla croce) Patrem omnipoténtem, factórem cœli et terræ, visibílium ómnium, et invisibílium. Et in unum Dóminum (si china la testa) Iesum Christum, Fílium Dei unigénitum. Et ex Patre natum ante ómnia sǽcula. Deum de Deo, lumen de lúmine, Deum verum de Deo vero. Génitum, non factum, consubstantiálem Patri: per quem ómnia facta sunt. Qui propter nos hómines, et propter nostram salútem descéndit de cœlis. (alle parole che seguono ci si inginocchia sempre)

Et incarnátus est de Spíritu Sancto ex Maria Vírgine: et homo factus est. (ci si alza)

Crucifíxus étiam pro nobis: sub Póntio Pilato passus, et sepúltus est. Et resurréxit tértia die, secúndum Scriptúras. Et ascéndit in cœlum: sedet ad déxteram Patris. Et íterum ventúrus est cum glória iudicáre vivos et mórtuos: cuius regni non erit finis. Et in Spíritum Sanctum, Dóminum, et vivificántem: qui ex Patre, Filióque procédit. Qui cum Patre et Filio simul (si china la testa)

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adorátur et conglorificátur: qui locútus est per Prophétas. Et unam, sanctam, cathólicam et apostólicam Ecclésiam. Confíteor unum baptísma in remissiónem peccatórum. Et expécto resurrectiónem mortuórum. Et vitam + ventúri sæculi. (facciamo il segno di croce)

Amen. Nella Messa Solenne, durante il Credo, quando ci si rialza dalla genuflessione rituale, il Diacono prende la borsa dalla credenza, sale all’Altare, estrae il corporale spiegandolo e distendendolo al centro, e pone la borsa ritta sul lato sinistro, con l’apertura rivolta ala lato dell’Epistola. Ultimato il canto del Credo termina la Parte Didattica.

PARS SACRIFICALIS

Comincia col “Dominus Vobiscum” la parte Sacrificale, la cosiddetta “Messa dei Fedeli”. La “Messa dei Catecumeni” e “Messa dei Fedeli” si trovano unite in tutte le liturgie fin dalla più remota antichità, anzi fin dai tempi Apostolici, in modo da formare una cosa sola la Santa MESSA. C’è da dire però che certamente la PARTE

SACRIFICALE della S. Messa risale al tempo pre-Apostolico, infatti prende origine dal culto proprio del Tempio di Gerusalemme. Gli ebrei portavano infatti al Tempio degli animali perché venissero immolati per il perdono dei peccati propri o della propria famiglia. Perché il Sacrificio potesse essere gradito a Dio l’animale immolato dal Sacerdote, doveva essere parte consumato dallo stesso Sacerdote, il resto consumato dal fuoco. Cristo compie questo Divino Sacrificio : si immola per il perdono di tutti i peccati degli uomini che ricorrono a lui, anche se vuole che tutti gli uomini si salvino. Per mezzo di questo Sacrificio - se di vero cuore e con retta fede, con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e pentiti - noi possiamo ottenere misericordia e trovare grazia in un aiuto propizio. Il Signore, concedendo la grazia e il dono della penitenza, perdona i peccati veniali, e purifica i fedeli defunti in Cristo, non ancora del tutto purificati. La PARTE SACRIFICALE è composta di tre parti, che corrispondono alle tre parti del RITO

DEL SACRIFICIO (per es. degli agnelli) che si svolgeva al Tempio di Gerusalemme unico luogo al Mondo dove si poteva celebrare questo rito antichissimo in espiazione dei propri peccati.

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Il Sacrificio perché fosse accettato da Dio, doveva essere 1) Offerto (OFFERTORIUM), 2) Ucciso (IMMOLATIO VICTIMÆ), 3) Consumato (COMMUNIO). NB: Perché i fedeli adempiano al precetto, devono assistere alla Messa almeno dall’Offertorio, quando il Sacerdote scopre il Calice.

I. OFFERTORIUM

Il Sacerdote dà subito inizio all'Offertorio, [non è prevista dal Vetus Ordo alcuna Oratio Universalis, nè tanto meno alcuna processione offertoriale fatta dai fedeli] salutando il popolo, il quale siede dopo che il Sacerdote ha detto Oremus.

ANTIPHONA AD OFFERTORIUM Se la S. Messa è cantata, si esegue l’Antifona di Offertorio, che il Sacerdote reciterà privatamente. L'Antifona dell'Offertorio fa parte del Proprio della S. Messa (che qui non è riportato). Si esegue in canto gregoriano che è riportato nel Graduale Romanum (1961) o nel Liber Usualis, oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia) che riportano in musica il testo stesso previsto dal Proprio. Il Sacerdote, baciato l'Altare in mezzo e congiunte le mani davanti al petto, si volge verso i fedeli, e allargando e congiungendo le mani dice: Dóminus vobíscum. R/. Et cum spíritu tuo.

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Poi a mani giunte si volge all'Altare, allarga e congiunge le mani, china il capo alla Croce e dice: Orémus. Quindi, a mani giunte, legge l'Antifona dell'Offertorio, sottovoce se è eseguita in canto dalla schola.

IL CELEBRANTE PRESENTA LE OBLATA (IL PANE AZZIMO)

Detta l'Antifona, il Sacerdote (se il calice è già sull’Altare, altrimenti viene portato dal Suddiacono che nel frattempo ha indossato il velo omerale sopra la tunicella) solleva il velo del calice e lo porge al Ministrante che lo piega e lo poggia sulla destra; prende la patena con l'ostia magna, porta dal Diacono se c’è, e tenendole alzate con entrambe le mani, elevati gli occhi a Dio e subito riabbassandoli dicendo:

Súscipe, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus, hanc immaculátam hóstiam, quam ego indígnus fámulus tuus óffero tibi Deo meo vivo, et vero, pro innumerabílibus peccátis, et offensiónibus, et negligéntiis meis, et pro ómnibus circumstántibus, sed et pro ómnibus fidélibus christiánis vivis atque defúnctis: ut mihi et illis profíciat ad salútem in vitam ætérnam. Amen. Fatto un segno di croce con la patena, il Sacerdote depone l'ostia magna sul corporale, e poggia la patena al lato di questo, ma coperta per metà dal corporale stesso e per metà dal purificatoio (se vi è il Suddiacono va invece consegnata a questo, che, finito di preparare il calice, andrà a mettersi in piedi sotto i gradini, al centro, con la patena sollevata ma coperta dal velo omerale. Questa usanza liturgica ha origine comune con la liturgia Orientale). L’ostia non starà sulla patena se non dopo il Pater. [Il corporale è diviso in nove quadrati, 3 x 3. Il Sacerdote porrà l’ostia sul quadrato centrale della fila orizzontale a sé più vicina; mentre in seguito, dopo la preparazione del calice, poserà questo sempre al centro ma di fronte all’ostia, come nella figura qui sotto].

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[Eventuale ostia o pissidi

per la comunione generale]

Calice

Ostia

Magna

IL CELEBRANTE BENEDICE L’ACQUA CHE UNISCE AL VINO NEL CALICE Il Sacerdote, sollevata la palla dal calice, si reca con questo in mano all’estremità destra dell’Altare (cornu Epistulæ), astergendo il calice col purificatoio; lì il Ministrante, gli porge il vino da versare; il Sacerdote (eccetto che nelle Messe dei defunti) benedice senza dir nulla l’acqua che gli viene offerta e ne versa alcune gocce (pari ad un quinto del vino) nel calice dicendo sotto voce: Deus, qui humánæ substántiæ dignitátem mirabíliter condidísti, et mirabílius reformásti: da nobis per huius aquæ et vini mystérium, eius divinitátis esse consórtes, qui humanitátis nostræ fieri dignátus est párticeps, Iesus Christus Fílius tuus Dóminus noster: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen. Nella Messa solenne sarà il Diacono a versare il vino nel calice (già asterso dal Suddiacono) mentre quest’ultimo, fatta benedire l’acqua dal Sacerdote, la infonderà nel calice tenuto dal Diacono, il quale, una volta fatto tutto ciò lo consegna al Sacerdote. Si può far così solo allorquando il Suddiacono abbia ricevuto gli Ordini Maggiori.

IL CELEBRANTE OFFRE IL CALICE CON IL VINO Il Sacerdote, stando in mezzo all'Altare, prende il calice, con la destra sul nodo sotto la coppa con gesto delicato e senza impugnarlo e con la sinistra alla base in modo da evidenziare il gesto dell’offerta; il calice si tiene elevato, poi alza gli occhi a Dio, e lo offre dicendo:

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Offérimus tibi, Dómine, cálicem salutáris, tuam deprecántes cleméntiam: ut in conspéctu divinæ maiestátis tuæ, pro nostra, et totíus mundi salúte cum odóre suavitátis ascéndat. Amen. Quindi, fatto un segno di croce con il calice, lo poggia sul corporale e lo copre con la palla.

IL CELEBRANTE S’INCHINA UMILMENTE E INVOCA LO SPIRITO SANTO Congiunte le mani sopra l'Altare in modo che i mignoli siano a contatto con il bordo dell’altare, un po' inchinato, dice sottovoce:

In spíritu humilitátis, et in ánimo contríto suscipiámur a te, Dómine: et sic fiat sacrifícium nostrum in conspéctu tuo hódie, ut pláceat tibi, Dómine Deus. Il Sacerdote si erge, eleva gli occhi al cielo, allarga le mani, le alza, le congiunge con movimento circolare sul petto, e un po' curvato dice: Veni, sanctificátor omnípotens, ætérne Deus, (benedice con la mano

destra l'ostia e il calice insieme, mentre tiene la sinistra poggiata sull'Altare) et + bénedic hoc sacrifícium tuo sancto nómini præparátum. _________________________________________________

INCENSATIO Ora il Sacerdote, se utilizza l’incenso, può incensare la materia del Sacrificio posta sull'Altare, quindi la Croce e lo stesso Altare, secondo l’Ordo incensationis. Il Sacerdote, congiunte le mani sul petto e stando al centro benedice l'incenso che gli viene porto, dicendo:

IL CELEBRANTE BENEDICE L’INCENSO

Per intercessiónem beáti Michǽlis Archángeli, stantis a dextris altáris incénsi, et ómnium electórum suórum, incénsum istud dignétur Dóminus bene + dícere, et in odórem suavitátis accípere. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

IL CELEBRANTE INCENSA IL PANE E IL VINO

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Ricevuto il turibolo dal Diacono - o dal Ministrante - incensa le offerte tracciando con il turibolo fumigante tre croci e dicendo:

Incénsum istud a te benedíctum, ascéndat ad te, Dómine: Prosegue tracciando tre cerchi (due in senso antiorario e uno in senso orario): et descéndat super nos misericórdia tua.

IL CELEBRANTE INCENSA L’ALTARE Quindi incensa l'Altare, dicendo:

Dirigátur, Dómine, orátio mea, sicut incénsum in conspéctu tuo: elevátio mánuum meárum sacrifícium vespertínum. Pone, Dómine, custódiam ori meo, et óstium circumstántiæ lábiis meis: ut non declínet cor meum in verba malítiæ, ad excusándas excusatiónes in peccátis.

IL CELEBRANTE RICEVE L’INCENSAZIONE

Mentre restituisce il turibolo dice:

Accéndat in nobis Dóminus ignem sui amóris, et flammam ætérnæ caritátis. Amen. Il Diacono - o il Turiferaio - incensa il Sacerdote, poi il Clero assistente rivestito di cotta e stola nel presbiterio, dunque gli Accoliti e infine i fedeli. All'atto di essere incensati, i fedeli si alzano, poi si risiedono. Prima e dopo l’incensazione il Diacono o il Turiferaio fanno un profondo inchino al celebrante, che ricambia con un inchino di capo. Nella Messa dei defunti qui si incensano soltanto le offerte, l’Altare e il Sacerdote. _____________________________________________________________________

LAVABO

IL CELEBRANTE SI LAVA LE DITA Ponendosi poi all’estremità destra dell’altare si lava (con l’ampollina dell’acqua a meno che sia Vescovo) i pollici e indici di ambedue le mani, e li asterge col manutergio, ciò dicendo sottovoce:

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Lavábo inter innocéntes manus meas: et circúmdabo altáre tuum, Dómine: Ut áudiam vocem laudis, et enárrem univérsa mirabília tua. Dómine, diléxi decórem domus tuæ, et locum habitatiónis glóriæ tuæ. Ne perdas cum ímpiis, Deus, ánimam meam, et cum viris sánguinum vitam meam: In quorum mánibus iniquitátes sunt: déxtera eórum repléta est munéribus. Ego autem in innocéntia mea ingréssus sum: rédime me et miserére mei. Pes meus stetit in dirécto: in ecclésiis benedícam te, Dómine. Si inchina rivolto verso la Croce durante il Gloria e poi torna al centro Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio, et nunc et semper, et in sǽcula sæculórum. Amen. Nelle S. Messe dalla I Domenica di Passione fino al Giovedì Santo incluso, e nelle S. Messe dei defunti, si omette il Gloria Patri. Quindi, un po' inchinato in mezzo all'Altare, con le mani giunte poggiate su di esso, il Sacerdote dice:

OFFERTA ALLA SANTISSIMA TRINITÀ Questa preghiera riassume il significato e l’importanza della Santa Messa. Súscipe, sancta Trínitas, hanc oblatiónem, quam tibi offérimus ob memóriam passiónis, resurrectiónis, et ascensiónis Iesu Christi Dómini nostri: et in honórem beátæ Mariæ semper Vírginis, et beáti Ioánnis Baptistæ, et sanctórum Apostolórum Petri et Pauli, et istórum, et ómnium Sanctórum: ut illis profíciat ad honórem, nobis autem ad salútem; et illi pro nobis intercédere dignéntur in coélis, quorum memóriam ágimus in terris. Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen. Dopo aver completato l'Offertorio, con la preghiera alla S. Trinità, il Sacerdote invita i fedeli a pregare per il Sacrificio che egli si accinge ad offrire (Orate Fratres), e i fedeli.

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IL CELEBRANTE INVITA I FEDELI A PREGARE CON LUI

Il Sacerdote bacia l'Altare, si volge verso i fedeli – sempre verso destra – allarga e congiunge le mani, e a voce alta dice:

Oráte, fratres (e prosegue a voce bassa, volgendosi di nuovo all'Altare, ma stavolta completa il giro su sé stesso nel tornare rivolto all’Altare) ut meum ac vestrum sacrifícium acceptábile fiat apud Deum Patrem omnipoténtem. Il Ministrante e i fedeli, appena il Sacerdote è tornato verso l’Altare rispondono: Suscípiat Dóminus sacrifícium de mánibus tuis ad laudem et glóriam nóminis sui, ad utilitátem quoque nostram totiúsque Ecclesiæ suæ sanctæ. Il Sacerdote nel girarsi recita la stessa preghiera, dicendo però … sacrifícium de mánibus meis … , e conclude a voce bassa dicendo: Amen.

SECRETÆ A questo punto il Sacerdote recita in segreto le Secrete (una o piú orazioni), che fanno parte del Proprio della SS. Messa, concludendo a voce alta, eventualmente a modo di canto: per omnia sǽcula sæculórum. I fedeli rispondono: Amen. Quando viene nominato il Santo in onore del quale si celebra la Messa, oppure il nome della B. V. Maria, Sacerdote e Ministri fanno inchino di capo. Al nome di Gesù, quasi sempre presente nella dossologia che conclude l’Orazione, l’inchino di capo è rivolto alla Croce. ...Per omnia sǽcula sæculórum.

R/. Amen. Dopo aver recitato le Secrete, il Sacerdote si appresta a dare inizio al Prefazio, ma dando il saluto ai fedeli rimane rivolto verso l'Altare. I fedeli si alzano, rispondono anche in canto alle esortazioni del Sacerdote, e restano in piedi fino alla fine del Sanctus.

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II. IMMOLATIO VICTIMÆ Siamo nel cuore della S. Messa . Il Celebrante intona il prefazio e comincia la grande preghiera sacerdotale del Canone: è la preghiera per eccellenza della Chiesa, l’oblazione del Santo Sacrificio.

PRÆFATIO Il Sacerdote, in mezzo all'Altare, con le mani allargate e poggiate su di esso, dice a voce alta: V/. Dóminus vobiscum. R/. Et cum spíritu tuo. Alza le mani allargate, all'altezza del petto, con le palme che si guardano, e dice: V/. Sursum corda. R/. Habémus ad Dóminum. Congiunge le mani sul petto, china il capo e dice: V/. Grátias agámus Dómino Deo nostro. R/. Dignum et iustum est. Il Sacerdote allarga le mani, con le palme che si guardano, e le tiene così fino alla fine del Prefazio. Quando arriva al Sanctus, congiunge le mani sul petto e prosegue a voce più bassa. Quando dice Benedictus qui venit, si rialza e si segna.

COMMUNIS Si recita in tutte le Messe che non hanno un Prefazio proprio. Vere dignum et iustum est, ǽquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus: per Christum Dóminum nostrum. Per quem maiestátem tuam láudant Angeli, adórant Dominatiónes, trémunt Potestátes. Cæli cœlorúmque Virtútes, ac beáta Séraphim, sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces

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ut admítti iúbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes:

SANCTUS Il Sacerdote congiunge le mani, si inchina e dice il Sanctus. Oppure questo viene eseguito dalla schola che può eseguirlo in alternanza con i fedeli mentre il Sacerdote lo recita privatamente affiancato, se vi sono, da Diacono e Suddiacono. La Melodia del Sanctus, sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. All’inizio del Sanctus il Ministrante suona tre colpi di campanello. Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt coéli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Il Sacerdote si segna - e anche i fedeli. Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis. Completato il canto del Sanctus, i fedeli si inginocchiano e, in assoluto silenzio, a mani giunte, in atteggiamento dimesso, si predispongono ad un totale raccoglimento, mentre sull'Altare del Sacrificio si compie l'ineffabile Mistero della Transustanziazione. Quando si compie la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di nostro Signore Gesú Cristo, si sente suonare il campanello: i fedeli alzano gli occhi a contemplare l'Ostia e il Calice e súbito li riabbassano adorando il S. Sacramento I fedeli si rialzano alla fine delle preghiere del Canone, quando il Sacerdote canta: per omnia sæcula sæculorum.

CANON ROMANUS È consuetudine alla fine del Prefazio, che gli accòliti accendano almeno due candelabri, che spegneranno dopo la Comunione. Il Sacerdote, finito il Prefazio, allarga, eleva un po’ e congiunge le mani, alza gli occhi al cielo, li riabbassa sùbito, e profondamente inchinato, con le mani sopra l’Altare, dice a voce molto bassa (tutto il Canone è detto sottovoce):

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TE ÍGITUR,

clementíssime Pater, per Iesum Christum Filium tuum

Dóminum nostrum,

súpplices rogámus, ac pétimus bacia l'Altare e, congiunte le mani davanti al petto

uti accépta hábeas, et benedícas fa tre segni di croce sull'ostia e sul Calice

hæc + dona, hæc + múnera, hæc + sancta

sacrifícia illibáta.

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PER LA CHIESA

allargate le mani In primis, quæ tibi offérimus pro Ecclésia tua sancta cathólica: quam pacificáre, custodíre, adunáre et régere dignéris toto orbe terrárum: una cum fámulo tuo (inchina il capo al nome del Papa e, quando è presente, del Vescovo) Papa nostro N.…, et Antístite nostro N.… (a Roma: una cum fámulo tuo Papa nostro

N.…) et ómnibus orthodóxis, atque cathólicæ, et apostólicæ fidei cultóribus.

PER I FEDELI VIVENTI

Meménto, Dómine, famulórum, famularúmque tuárum N.… et N.… congiunge le mani e prega un po’ per coloro per i quali intende

pregare; quindi stende le mani et ómnium circumstántium, quorum tibi fides cógnita est, et nota devótio, pro quibus tibi offérimus: vel qui tibi offerunt hoc sacrifícium láudis, pro se, suísque ómnibus: pro redemptióne animárum suárum, pro spe salútis, et incolumitátis suæ: tibíque reddunt vota sua ætérno Deo, vivo et vero.

IN COMUNIONE CON I SANTI E I PADRI NELLA FEDE A seconda del tempo liturgico la prima parte del Communicántes cambia, resta uguale la seconda parte a partire dal segno *. Communicántes, et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Iesu Christi: * __________________________________________________

Communicántes di Natale e dell’Ottava

Communicántes, et diem sacratíssimum (nella S. Messa di mezzanotte si dice: et noctem sacratíssimam) celebrántes, quo (qua) beátæ Maríæ intemeráta virgínitas huic modo édidit

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Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in prímis eiúsdem gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *

Communicántes dell’Epifania Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo Unigénitus tuus, in tua tecum glória coætérnus, in veritáte carnis nostræ visibíliter corporális appáruit: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *

Communicántes di Pasqua e dell’Ottava

Communicántes, et diem sacratíssimum (in Missa de Sabbato Sancto dicitur: et noctem sacratíssimam) celebrántes Resurrectiónis Dómini nostri Iesu Christi secúndum carnem: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *

Communicántes dell’Ascensione Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo Dóminus noster, unigénitus Fílius tuus, unítam sibi fragilitátis nostræ substántiam in glóriæ tuæ déxtera collocávit: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis eiúsdem Dei et Dómini nostri Iesu Christi: *

Communicántes di Pentecoste e dell’Ottava Communicántes, et diem sacratíssimum Pentecóstes celebrántes, quo Spíritus Sanctus Apóstolis innúmeris linguis appáruit: sed et memóriam venerántes, in prímis gloriósæ semper Vírginis Mariæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Iesu Christi: * __________________________________________________

* Sed et beáti Ióseph, eiúsdem Vírginis Sponsi, et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum: Petri et Pauli, Andréæ, Iacóbi, Ioánnis, Thomæ, Iacóbi, Philíppi,

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Bartholomǽi, Matthǽi, Simónis et Thaddǽi: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Ioánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis, precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Congiunge le mani Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen. Tiene estese sulle offerte le mani [le quali si tengono tra loro per i pollici incrociati]

IL SACERDOTE PRESENTA A DIO LE OBLAZIONI OFFERTE

Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostræ, sed et cunctæ famíliæ tuæ, quǽsumus, Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas, atque ab ætérna damnatióne nos éripi, et in electórum tuórum iúbeas grege numerári. Congiunge le mani Per Christum Dóminum nostrum. Amen. _________________________________________________

Hanc ígitur di Pasqua e di Pentecoste (con le rispettive Ottave)

Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostræ, sed et cunctæ famíliæ tuæ, quam tibi offérimus pro his quoque, quos regeneráre dignátus es ex aqua et Spíritu Sancto, tríbuens eis remissiónem ómnium peccatórum, quǽsumus, Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas, atque ab ætérna damnatióne nos éripi, et in electórum tuórum iúbeas grege numerári. Per Christum Dóminum nostrum. Amen. __________________________________________________

IL SACERDOTE PREGA CHE LE OBLATA SI CONVERTANO NEL CORPO E NEL

SANGUE DI CRISTO

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Il Ministrante suona leggermente il campanello durante l’Hanc igitur, e sale inginocchiandosi sull’ultimo gradino alla destra del Sacerdote, a meno che ci sia il Diacono a sollevare la pianeta. Poi, quando il Sacerdote eleva l’Ostia, con la mano

sinistra gli solleva la pianeta e con la destra suona il campanello: uno squillo quando il Sacerdote genuflette, tre quando fa l’elevazione e uno quando genuflette di nuovo; lo

stesso avviene all’elevazione del Calice. Il Turiferario, inginocchiato al lato dell’Epistola, incensa l’Ostia e il Calice quando il Sacerdote li eleva.

Quam oblatiónem tu, Deus, in ómnibus, quǽsumus, fa tre

segni di croce sopra entrambe le offerte bene + díctam,adscríp + tam,ra + tam, rationábilem, acceptabilémque fácere dignéris fa un

segno di croce solo sull'ostia ut nobis Cor + pus e uno solo sul calice et San + guis fiat dilectíssimi Filii tui congiunge le mani Dómini nostri Iesu Christi.

IL SACERDOTE IN PERSONA CHRISTI RIVIVE IL SACRIFICIO

Qui pridie quam paterétur prende l'ostia accépit panem in sanctas ac venerábiles manus suas alza gli occhi al cielo et elevátis óculis in coélum, ad te Deum Patrem suum omnipoténtem, china il capo tibi grátias ágens, fa un segno di croce

sull'ostia bene + díxit, fregit, dedítque discípulis suis, dicens: Accípite, et manducáte ex hoc ómnes. Il Sacerdote poggia gli avambracci sull’altare come se si facesse tutt'uno con l’altare e con ambe le mani tenendo l’ostia tra gli indici e i pollici, dice sull’ostia le parole della consacrazione segretamente distintamente e accuratamente; cosí come sulle altre ostie, se ve ne sono da consacrare.

LE PAROLE CONSACRATORIE PER IL PANE

HOC EST ENIM CORPUS MEUM. Dette queste parole, subito genuflette e adora l’Ostia consacrata: si rialza, La eleva per mostrarLa ai fedeli, La ripone sul corporale, e, genuflesso La adora ancora. Non disgiunge piú gli indici dai pollici di ciascuna mano fino all’abluzione delle dita, tranne che non debba prendere l’Ostia (per i vari oggetti userà le

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restanti dita o l’interspazio tra indice e medio). Quindi, rimossa la palla, prende il calice. Símili modo póstquam cenátum est con ambo le mani prende il calice (il nodo del Calice nell’incavo tra l’indice e il medio della mano destra, la base del

calice poggia sul medio della sinistra) accípiens et hunc præclárum cálicem in sanctas ac venerábiles manus suas: item, china il

capo tibi grátias ágens tenendo con la sinistra il calice, vi traccia sopra un

segno di croce bene + díxit, dedítque discípulis suis, dicens: Accípite et bibíte ex eo ómnes. Il Sacerdote poggia gli avambracci sull’altare come se si facesse tutt'uno con l’altare e dice le parole della consacrazione sul calice: accuratamente, senza interruzione e sempre in segreto, tenendolo un po’ elevato.

LE PAROLE CONSACRATORIE PER IL VINO

HIC EST ENIM CALIX SÁNGUINIS MEI, NOVI ET ÆTÉRNI TESTAMÉNTI:

MYSTÉRIUM FÍDEI: QUI PRO VOBIS ET PRO MULTIS EFFUNDÉTUR IN REMISSIÓNEM

PECCATÓRUM.

Dette queste parole, depone il Calice sul corporale.

Hæc quotiescúmque fecéritis, in mei memóriam faciétis. genuflesso adora il Calice: si rialza, Lo eleva per mostrarLo ai fedeli, Lo depone, Lo copre, e, genuflesso Lo adora ancora. Quindi, allargate le mani.

IN MEMORIA DELLA SUA PASSIONE

Unde et mémores, Dómine, nos servi tui, sed et plebs tua sancta, eiúsdem Christi Fílii tui, Dómini nostri, tam beátæ passiónis, nec non et ab ínferis resurrectiónis, sed

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et in cælos gloriósæ ascensiónis: offérimus præcláræ maiestáti tuæ, de tuis donis, ac datis congiunge le mani e fa tre

segni di croce sull'Ostia e sul Calice insieme hóstiam + puram, hóstiam + sanctam, hóstiam + immaculátam, traccia un segno di croce

sull'Ostia Panem + sanctum vitæ ætérnæ e un segno di croce sul

Calice et cálicem + salútis perpétuæ. Allargate le mani.

IL SACERDOTE OFFRE AL PADRE QUESTO SACRIFICIO

Supra quæ propítio ac seréno vultu respícere dignéris: et accépta habére, sícuti accépta habére dignátus es múnera púeri tui iusti Abel, et sacrifícium Patriárchæ nostri Abrahæ: et quod tibi óbtulit summus sacérdos tuus Melchísedech, sanctum sacrifícium, immaculátam hóstiam. Inchinato profondamente con le mani giunte sull’Altare.

IL SACERDOTE SUPPLICA L'ANGELO CHE PORTI LA SUA OFFERTA

SULL'ALTARE DEL CIELO

Súpplices te rogámus, omnípotens Deus: iube hæc perférri per manus sancti Angeli tui in sublíme altáre tuum, in conspéctu divinæ maiestátis tuæ: ut quotquot, bacia l'Altare ex hac altáris participatióne sacrosánctum Fílii tui congiunge le mani e traccia un segno di croce prima sull'Ostia e poi sul Calice

Cór + pus et Sán + guinem sumpsérimus si segna ómni benedictióne cælesti et grátia repleámur. Congiunge le mani

Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.

PER I FEDELI DEFUNTI

Meménto étiam, Dómine, famulórum famularúmque tuárum N.… et N.… qui nos præcessérunt cum signo fídei, et dórmiunt in somno pacis.

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Congiunge le mani, prega un po’ per i defunti per i quali intende pregare, quindi, allargate le mani.

Ipsis, Dómine, et ómnibus in Christo quiescéntibus, locum refrigérii, lucis et pacis, ut indúlgeas, deprecámur. Congiunge le mani e china il capo Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.

PER IL SACERDOTE CHE CELEBRA

Poi si percuote il petto con la destra [toccandolo con la punta delle dita estese, medio,

anulare e mignolo], ed elevata un poco la voce Nobis quoque peccatóribus allarga le mani e sottovoce prosegue fámulis tuis, de multitúdine miseratiónum tuárum sperántibus, partem áliquam, et societátem donáre dignéris, cum tuis sanctis Apóstolis et Martyribus: cum Ioánne, Stéphano, Matthía, Bárnaba, Ignátio, Alexándro, Marcellíno, Petro, Felicitáte, Perpétua, Ágatha, Lúcia, Agnéte, Cæcília, Anastásia, et ómnibus Sanctis tuis: intra quorum nos consórtium, non æstimátor mériti, sed véniæ, quǽsumus, largítor admítte. Congiunge le mani Per Christum Dóminum nostrum.

IL SACRIFICIO DEL CRISTO RENDE GLORIA AL PADRE

Per quem hæc ómnia, Dómine, semper bona creas, fa tre

croci sull'Ostia e sul Calice insieme sanctí + ficas, viví + ficas, bene + dícis, et præstas nobis. Scopre il Calice, genuflette, prende l’Ostia tra

l’indice e il pollice della mano destra e, tenendo il Calice con la sinistra, con l’Ostia fa tre segni di croce sui bordi del Calice, dicendo:

Per ip + sum, et cum ip + so, et in ip + so, con la stessa Ostia fa

due segni di croce tra sé stesso e il Calice: est tibi Deo Patri + omnipoténti, in unitáte Spíritus + Sancti eleva un po’ il Calice

con l'Ostia ómnis honor et glória. Ripone l’Ostia, copre il Calice con la palla, genuflette, si rialza, e a voce alta dice o canta:

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[NB: il Diacono non alza il Calice alla “piccola elevazione” (Per ipsum) ma si limita a scoprirlo e ricoprirlo]

Per ómnia sǽcula sæculórum. I fedeli rispondono:

Amen.

III. COMMUNIO

PATER NOSTER Il Sacerdote congiunte le mani recita o canta: Orémus. Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti, audémus dícere:

LA PREGHIERA DEL SIGNORE Con tutta l’assemblea, che si rialza, il Celebrante recita il Pater, (nelle messe cantate canta il Pater Noster da solo fino a tentatiónem).(Nelle Messe basse l'assemblea può recitare insieme al celebrante il Pater Noster) Allarga le mani.

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Pater noster, qui es in cælis, sanctificétur nomen tuum, advéniat regnum tuum, fiat volúntas tua, sicut in cœlo et in terra. Panem nostrum cotidianum da nobis hódie, et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris, et ne nos indúcas in tentatiónem. Il popolo canta insieme al Sacerdote. Sed libera nos a malo. V/. (in segreto) Amen.

Il Sacerdote prende da sotto il corporale la patena (o la riceve dal Suddiacono, che a metà del Pater ha deposto il velo omerale ed è salito in cornu Epistulae), reggendola fra l'indice e il medio della destra, la tiene diritta sull’Altare, e dice sottovoce:

EMBOLISMO Líbera nos, quǽsumus, Dómine, ab ómnibus malis, prætéritis, præsentibus et futúris: et intercedénte beáta et gloriósa semper Vírgine Dei Genetríce Maria, cum beátis Apóstolis tuis Petro et Paulo, atque Andréa, et ómnibus Sanctis si fa il segno di croce con la

patena da propítius pacem in diébus nostris: bacia la patena ut, ope misericórdiæ tuæ adiúti, et a peccáto simus semper líberi, et ab ómni pertubatióne secúri.

Frazione dell’Ostia Pone la patena sotto l’Ostia, scopre il Calice, genuflette, si alza, prende l’Ostia e,

tenendola sul Calice con due mani, la spezza per metà. Per eúmdem Dóminum nostrum Iesum Christum Filium tuum ripone sulla patena la metà dell’Ostia che ha nella destra, stacca una particella dalla metà che tiene con la sinistra

qui tecum vívit et régnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, unisce la metà che ha nella sinistra con quella che si trova sulla patena, tiene con la destra la particella, sopra il Calice, che tiene con la sinistra, per il nodo sotto la coppa, e dice a voce alta o canta:

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Per ómnia sǽcula sæculórum.

R/. Amen.

IMMIXTIO DEL CORPO CON IL SANGUE

Il Sacerdote, con la particella dell’Ostia, fa tre segni di croce sul Calice. Pax + Dómini sit + semper vobís + cum. R/. Et cum spíritu tuo. Lascia cadere la particella dell’Ostia nel Calice, e dice in segreto:

Hæc commíxtio, et consecrátio Córporis et Sánguinis Dómini nostri Iesu Christi, fiat accipiéntibus nobis in vitam ætérnam. Amen. Il Sacerdote copre il Calice, genuflette, si alza, e, inchinatosi al Sacramento, congiunge le mani e battendosi il petto per tre volte, dice a voce alta.

AGNUS DEI I fedeli accompagnano il Sacerdote in questa triplice invocazione: recitando e battendosi tre volte il petto. Nella Messa Cantata è alternato tra schola e popolo mentre il Sacerdote lo recita sottovoce. La Melodia dell’Agnus Dei, sta nel Kyriale che si trova all’inizio del Graduale Romano (1961) oppure la schola lo può cantare secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia. Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis. Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis. Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem. Nelle S. Messe dei defunti non si dice: miserére nobis, ma: dona eis réquiem; e alla terza volta si dice: dona eis réquiem sempitérnam.

ORAZIONE ED EVENTUALE RITO DELLA PACE

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Il Sacerdote congiunge le mani sull’Altare e, inchinato, dice sottovoce le seguenti orazioni. Dómine Iesu Christe, qui dixísti Apóstolis tuis: Pacem relínquo vobis, pacem meam do vobis: ne respícias peccáta mea, sed fidem Ecclésiæ tuæ: eámque secúndum voluntátem tuam pacificáre et coadunáre dignéris: Qui vivis et regnas, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen. Solo nelle Messe Solenni e Pontificali, il Celebrante riceve la pace di Cristo baciando il corporale dove c’è il Santissimo Sacramento, la trasmette poi al Diacono e dice: Pax tecum. Il Diacono risponde: Et cum spiritu tuo. (Chi riceve la pace fa inchino di capo a chi la da, e, dopo averla ricevuta, entrambi si scambiano l’inchino). Quindi il Diacono va dal Suddiacono e gli dà la pace allo stesso modo. Il Suddiacono darà la pace al più degno di ogni ordine di Clero assistente, dopodiché la da all’accolito che lo accompagna e quest’ultimo agli altri accoliti. Quando c’è l’instrumentum pacis o “portapace” il Celebrante dopo aver baciato l’altare bacia anche l’ instrumentum pacis e il Diacono, ed in questo caso, dopo aver ricevuto la pace dal Celebrante porta l’instrumentum pacis alla balaustra dove il popolo (eccetto che le donne) riceverà la pace di Cristo baciando l’instrumentum pacis. La pace non si scambia mai tra i fedeli per nessun motivo. Nella S. Messa dei defunti non si dà la pace, né si recita la precedente orazione.

PREGHIERE DEL SACERDOTE PRIMA DELLA COMUNIONE

Dómine Iesu Christe, Fili Dei vivi, qui ex voluntáte Patris, cooperánte Spíritu Sancto, per mortem tuam mundum vivificásti: líbera me per hoc sacrosánctum Corpus et Sánguinem tuum ab ómnibus iniquitátibus meis, et univérsis malis: et fac me tuis semper inhærére mandátis, et a te nunquam separári permíttas: Qui cum eódem Deo Patre, et Spíritu Sancto vivis et regnas, Deus, in sǽcula sæculórum. Amen. Percéptio Córporis tui, Dómine Iesu Christe, quod ego indígnus súmere præsúmo, non mihi provéniat in iudícium et condemnatiónem: sed pro tua pietáte prosit mihi ad tutaméntum mentis et córporis, et ad medélam percipiéndam: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

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IL CELEBRANTE CONSUMA IL SACRIFICIO

Il Sacerdote genuflette, si alza, e dice: Panem cælestem accípiam, et nomen Dómini invocábo. Detto questo, con la mano destra prende dalla patena, con riverenza, le due parti dell’Ostia e le pone fra il pollice e l’indice della mano sinistra, e mette la patena fra lo stesso indice e il medio, tenendo la stessa mano sinistra tra il petto e il Calice, poi si inchina. Alza la voce Dómine, non sum dignus si batte il petto con la destra e prosegue

in segreto ut intres sub téctum meum: sed tantum dic verbo et sanábitur ánima mea ciò lo ripete per tre volte. Il Ministrante squilla il campanello a ogni Domine non sum Dignus

IL CELEBRANTE SI COMUNICA AL CORPO DI CRISTO

Poi, prende dalla mano sinistra, con l’indice e il pollice della mano destra, le parti dell’Ostia e con esse si segna, sulla patena. Corpus Dómini nostri Iesu Christi custódiat ánimam meam in vitam ætérnam. Amen. Inchinatosi, con i gomiti poggiati sull’Altare, consuma con riverenza entrambe le parti dell’Ostia, quindi depone la patena sul corporale, si alza, congiunge gli indici e i pollici, e, congiunte le mani davanti al viso, si sofferma un po’ nella meditazione del S. Sacramento; quindi, abbassate le mani, dice sottovoce: Intanto, scoperto il Calice, genuflette, si rialza, prende la patena, esamina il corporale, e, se ve ne sono, raccoglie i frammenti strofinando il corporale con la patena [conviene farlo sempre], quindi con diligenza, con il pollice e l’indice della mano destra, pulisce sul Calice la patena e le stesse dita, affinché non rimangano dei frammenti, dicendo: Quid retríbuam Dómino pro ómnibus quæ retríbuit mihi?

IL CELEBRANTE SI COMUNICA

AL SANGUE DI CRISTO Poi, congiunti i pollici e gli indici, prende il Calice con la mano destra, al nodo sotto la coppa, e con la mano sinistra prende la patena e dice:

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Cálicem salutáris accípiam, et nomen Dómini invocábo. Laudans invocábo Dóminum, et ab inimícis meis salvus ero. Prende il Calice con la destra e si segna con esso, dicendo:

Sánguis Dómini nostri Iesu Christi custódiat ánimam meam in vitam ætérnam. Amen. Poi, ponendo con la sinistra la patena sotto il Calice, prende con riverenza tutto il Sangue unitamente alla particella. Mentre il Sacerdote si Comunica, sia al Corpo sia al Sangue, Diacono e Suddiacono si spostano un po’ ai lati e stanno profondamente inchinati verso il Sacerdote.

COMMUNIO FIDELIUM

PREGHIERE DELLE ABLUZIONI

Il Celebrante stando davanti la corporale inizia la purificazione.

PURIFICA IL CALICE Quod ore súmpsimus, Dómine, pura mente capiámus: et de múnere temporáli fiat nobis remédium sempitérnum. Intanto, porge il Calice, tenuto obliquo sempre sul corporale, al Ministrante, che vi

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versa un po’ di vino, perché si purifichi, fa scorrere un po’ il vino per l’interno della coppa e lo beve, poi prosegue:

PURIFICA LE DITA

Corpus tuum, Dómine, quod súmpsi, et Sánguis quem potávi, adhǽreat viscéribus meis: et præsta; ut in me non remáneat scélerum mácula, quem pura et sancta refecérunt sacraménta. Qui vivis et regnas in sǽcula sæculórum. Amen. Solo adesso il Sacerdote porta il calice fuori dal corporale, all’estremità destra dell’Altare, dove il Ministrante o il Suddiacono gli versa prima del vino poi dell’acqua sui pollici e indici di entrambe le mani posti all’imbocco del calice. Lava ed asciuga le dita, e beve l’abluzione; poi si asciuga la bocca, deterge il calice, e vi ripone sopra purificatoio, patena, palla e velo, entra il corporale ripiegato nella borsa e lascia questa sul calice velato, collocandolo in mezzo all’Altare. NB: se il Sacerdote prevede di dover celebrare un’altra Messa nell’arco di tre ore, non usa il vino nelle abluzioni ma solo l’acqua, perché non rompa il digiuno eucaristico. Quando il Suddiacono ha ricevuto gli Ordini Maggiori, è lui, dopo le abluzioni del Sacerdote, a sistemare il calice, portandolo poi alla credenza.

ANTIPHONA AD COMMUNIONEM

Nella Messa cantata mentre si distribuisce la Comunione, o subito dopo, il coro canta l’Antifona della Comunione (che il Sacerdote reciterà poi privatamente). Si utilizza il

canto in canto gregoriano riportato nel Graduale Romanum (l’edizione pubblicata secondo le nuove disposizioni liturgiche del Missale Romanum Vetus Ordo del 1961) o nel Liber Usualis, oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et

Sacra Liturgia) che riportano in musica il testo stesso previsto dal Proprio. Il Ministrante riporta il Messale dal lato dell’Epistola. Quindi il Sacerdote, a mani giunte, legge l’antifona della Comunione, sottovoce se la sta eseguendo in canto la schola.

RITUS CONCLUSIONIS

Dopo, con le mani congiunte, sul petto, va in mezzo all’Altare e, baciatolo, si volge verso i fedeli e dice:

Dóminus vobíscum.

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R/. Et cum spíritu tuo. Si sposta al lato dell’Epistola presso il Messale V/. Orémus.

POSTCOMMUNIO Dice le Orazioni del Postcommunio. Quando viene nominato il Santo in onore del quale si celebra la Messa, oppure il nome della B. V. Maria, Sacerdote e Ministri fanno inchino di capo. Al nome di Gesù, quasi sempre presente nella dossologia che conclude l’Orazione, l’inchino di capo è rivolto alla Croce. Ultimata la recita delle orazioni del Postcommunio, il Sacerdote si appresta al congedo dei fedeli, impartendo anche la benedizione. _____________________________________________________________________

(ORATIO SUPER POPULUM)

Durante il tempo quaresimale, fino al Mercoledì Santo incluso, nelle Messe della feria, dopo il postcomunio e le eventuali commemorazioni, il Celebrante recita l’orazione sul popolo. Questa tradizione viene dalle Messe dette Stazionali, ovvero quelle Messe che si svolgevano nelle varie Chiese di Roma dove il Papa che Celebrava la Messa, prima di congedare i fedeli, benediceva con l’ultima Orazione il popolo romano radunato. Allora l’orazione sul popolo era più frequente; ora, nella Messale Romano, si ha soltanto in questo periodo. Il Celebrante dice: Oremus Il Diacono dice o canta: Humiliáte cápite vestra Deo. Il Celebrante prosegue con l’Orazione e la conclude come al solito.

_______________________________________________________

DIMISSIO ET BENEDICTIONE

CONGEDO DEI FEDELI Il Sacerdote, finite le orazioni del Postcommunio (e l’Oratione Super Populum in quaresima), chiude il Messale, e congiunte le mani sul petto, va in mezzo all’Altare, lo

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bacia, si volge verso i fedeli, e dice a voce alta o canta (la melodia è del Kyriale ma gli è porta in una tabella dal Cerimoniere):

Dóminus vobíscum. R/. Et cum spíritu tuo. V/. Ite, missa est. R/. Deo grátias. Quando c’è il Diacono, è lui a cantare l’Ite Missa est. __________________________________________________ Nelle Messe a cui segue una processione la conclusione è:

V/. Benedicámus Dómino. R/. Deo grátias. Nelle Messe dei defunti viene detto, col Sacerdote rivolto verso l’Altare:

V/. Requiéscant in pace. R/. Amen. Nell’ottava di Pasqua, nelle S. Messe del Tempo, all’Ite, Missa est e al seguente Deo gratias, si aggiunge: Allelúia, allelúia. __________________________________________________

BENEDIZIONE FINALE

Il Sacerdote, in mezzo all’Altare e ad esso rivolto, a mani giunte, inchinato, dice sottovoce:

Pláceat tibi, sancta Trínitas, obséquium servitútis meæ: et præsta: ut sacrifícium, quod óculis tuæ Maiestátis indígnus óbtuli, tibi sit acceptábile, mihíque, et ómnibus, pro quibus illud óbtuli, sit, te miseránte, propitiábile. Per Christum Dóminum nostrum. Amen. Nelle Messe in cui si dice: Benedicamus Domino o Requiescant in pace, non si dà la benedizione, ma, recitato il Placeat tibi e baciato l’Altare, il Sacerdote legge subito l’Ultimo Vangelo. Quindi, baciato l’Altare, alzati gli occhi al cielo, allarga ed eleva e congiunge le mani con movimento circolare, china il capo alla Croce, e dice a voce alta:

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Benedícat vos omnípotens Deus, a mani giunte, con gli occhi bassi, si volge verso i fedeli (inginocchiati) e, con la mano sinistra sul petto, alza la destra con le dita

unite e benedice i fedeli, Pater, et Filius, + et Spíritus Sanctus. R/. Amen. __________________________________________________

BENEDIZIONE PONTIFICALE Il Vescovo dice: Sit nomen Domini benedictum.

Tutti rispondono : Ex hoc nunc et usque in sæculum.

V/. Adiutorium nostrum in nomine Domini. R/. Qui fecit cælum et terram. Quindi unendo prima le mani e subito dopo estendendo la mano destra dice: Benedicat vos omnipotens Deus,

Fa tre segni di croce sul popolo dicendo: Pater, + et Filius, + et Spiritus + Sanctus.

Tutti rispondono: Amen. _________________________________________________

ULTIMUM EVANGELIUM

L’Ultimo Vangelo si omette: nelle S. Messe in cui si dice Benedicamus Domino o Requiescant in pace, nella terza S. Messa di Natale, nella S. Messa delle Palme

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seguita dalla benedizione e dalla processione dei rami, nelle S. Messe della vigilia di Pasqua.

Il Sacerdote, girandosi verso la sua destra va al lato del Vangelo e, congiunte le mani, dice:

Dóminus vobíscum. R/. Et cum spíritu tuo. Fa un segno di croce sull’Altare o sulla cartagloria, poi tre segni di croce su sé stesso: sulla fronte, sulle labbra e sul petto - lo stesso fanno i fedeli - e dice:

+ Inítium sancti Evangélii secúndum Ioánnem. R/. Glória tibi, Dómine. Congiunte le mani, prosegue:

In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Ómnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut ómnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quæ illúminat ómnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat,

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et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria vénit, et sui eum non recepérunt. Quotquot autem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his qui crédunt in nómine eius: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. (il Sacerdote e tutti genuflettono)

Et Verbum caro factum est , (e rialzandosi prosegue:)

et habitávit in nobis; et vídimus glóriam eius, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritátis. R/. - Deo grátias.

PRECI LEONINE

Nelle Messe basse (non cantate o solenni) il Sacerdote, prima di recarsi in sagrestia, recita in ginocchio, le preghiere ai piedi dell’Altare, che legge in una tabella portagli

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dal Ministrante. Le tre Ave Maria sono alternate coi fedeli, la Salve Regina è detta da tutti, e, dopo il versetto, il Sacerdote prosegue con le due orazioni. Queste preghiere si possono tralasciare nelle S. Messe cantate. V/. Ave Maria, gratia plena, Dóminus tecum; benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui, Iesus. R/. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatóribus, nunc et in hora mortis nostræ. Amen. L'Ave Maria si ripete per tre volte. V/. Salve, Regina, R/. Mater misericórdiæ. Vita, dulcedo et spes nostra, salve. Ad te clamámus, éxsules fílii Evæ. Ad te suspirámus geméntes et flentes in hac lacrimárum valle. Eia ergo, advocáta nostra, illos tuos misericórdes óculos ad nos convérte. Et Iesum, benedíctum fructum ventris tui, nobis, post hoc exsílium, osténde. O clémens, O pia, O dulcis Virgo Maria. V/. Ora pro nobis, sancta Dei Génitrix. R/. Ut digni efficiámur promissiónibus Christi. V/. Orémus. Deus refúgium nostrum et virtus, pópulum ad te clamántem propítius réspice; et intercedénte gloriósa et immaculáta Vírgine Dei Genitríce Maria, cum beáto Ioseph, eius Sponso, ac beátis Apóstolis tuis Petro et Paulo, et ómnibus Sanctis, quas pro conversióne peccatórum, pro libertáte et exaltatióne sanctæ Matris Ecclésiæ, preces effúndimus, miséricors et benígnus exáudi. Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. R/. Amen.

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V/. Sancte Míchæl Archángele, defénde nos in prælio, contra nequítiam et insídias diáboli esto præsídium. Imperet illi Deus, súpplices deprecámur: tuque, Prínceps militiæ cœléstis, Sátanam aliósque spíritus malígnos, qui ad perditiónem animárum pervagántur in mundo, divina virtúte, in inférnum detrúde. R/. Amen. V/. Cor Iesu sacratíssimum (si ripete per tre volte). R/. Miserére nobis.

CANTO FINALE

Mentre il Sacerdote si avvia in Sacrestia il Coro può eseguire il Canto Finale. Si può utilizzare una Antifona Mariana, oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dal Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia), oppure un altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo.

GRATIARUM ACTIO POST MISSAM Il Sacerdote, in sacrestia, depone i paramenti e compie l'azione di grazie. I fedeli si soffermano ancora in chiesa per ringraziare Iddio per tutte le grazie che benignamente gli concede, e per pregare secondo le loro intenzioni. Il Sacerdote, ritornando in sacrestia, recita il Cantico di Daniele, seguito da altre preghiere.

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Questa parte non è mai facoltativa.

GRATIARUM ACTIO POST MISSAM

I fedeli, in piedi, attendono che il sacerdote si allontani dal presbiterio, cantando in lode del Signore Gesù o di Maria Santissima. Il sacerdote, in sacrestia, depone i paramenti e compie l'azione di grazie. I fedeli si soffermano ancora in chiesa per ringraziare Iddio per tutte le grazie che benignamente ci concede, e per pregare secondo le loro intenzioni. Il Sacerdote, ritornando in sacrestia, recita il Cantico di Daniele, seguito da altre preghiere.

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ORATIONES

Antiphona Trium puerórum * cantémus hymnum, quem cantábant Sancti in camíno ignis, benedicéntes Dóminum. (T. P.: Allelúia). CÁNTICUM TRIUM PUERÓRUM (Dan. 3, 57-88 et 56) Benedícite, ómnia ópera Dómini, Dómino: * laudáte et superexaltáte eum in sǽcula. Benedícite, Angeli Dómini, Dómino: * benedícite, coeli, Dómino. Benedícite, aquæ omnes quæ super coelos sunt, Dómino: * Benedícite, omnes exércitus Dómini, Dómino. Benedícite, sole et luna, Dómino: * benedícite, stellæ coeli, Dómino. Benedícite, omnis imber et ros, Dómino: * benedícite, omnes venti, Dómino. Benedícite, ignis et æstus, Dómino: * benedícite, frigus et algor, Dómino. Benedícite, rores et plúviæ, Dómino: * benedícite, glácies et gelu, Dómino. Benedícite, pruínæ et nives, Dómino: * benedícite, noctes et dies, Dómino. Benedícite, lux et ténebræ, Dómino: * benedícite, fúlgura et nubes, Dómino.

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Benedícat, terra, Dómino: * laudét et superexáltet eum in sǽcula. Benedícite, montes et colles, Dómino: * benedícite, univérsa germinántia in terra, Dómino. Benedícite, fontes, Dómino: * benedícite, mária et flúmina, Dómino. Benedícite, cete et ómnia quæ movéntur in aquis, Dómino: * benedícite, omnes vólucres coeli, Dómino. Benedícite, omnes béstiæ et pécora, Dómino: * laudáte et superexaltáte eum in sǽcula. Benedícite, fílii hóminum, Dómino: * benedícite, Israël, Dómino. Benedícite, sacerdótes Dómini, Dómino: * benedícite, servi Dómini, Dómino. Benedícite, spíritus et ánimæ iustórum, Dómino: * benedícite, sancti et húmiles corde, Dómino. Benedícite, Ananía, Azaría, Misaël, Dómino: * laudáte et superexaltáte eum in sǽcula. Benedicámus Patrem, et Fílium cum Sancto Spíritu: * laudémus et superexaltémus eum in sǽcula. Benedíctus es, Dómine, in firmaménto coeli: * et laudábilis et superexaltátus in sǽcula. (non dícitur Glória Patri, neque Amen). PSALMUS 150 Laudáte Dóminum in sanctuário eius: * laudáte eum in augústo firmaménto eius; Laudáte eum propter grándia ópera eius: * laudáte eum propter summam maiestátem eius.

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Laudáte eum clangóre tubæ: * laudáte eum psaltério et cíthara. Laudáte eum tympano et choro: * laudáte eum cordis et órgano. Laudáte eum cymbalis sonóris,+ laudáte eum cymbalis crepitántibus: * omne quod spírat, láudet Dóminum. Antiphona Trium puerórum * cantémus hymnum, quem cantábant Sancti in camíno ignis, benedicéntes Dóminum. (T. P.: Allelúia). Kyrie, eléison Christe, eléison Kyrie, eléison Pater noster (in segreto) (se c’è il ministrante risponde) V/. et ne nos indúcas in tentatiónem. R/. sed líbera nos a malo. V/. Confiteántur tibi, Dómine, omnia ópera tua. R/. Et sancti tui benedícant tibi. V/. Exsultábunt Sancti in glória. R/. Lætabúntur in cubílibus suis. V/. Non nobis, Dómine, non nobis. R/. Sed nómini tuo da glóriam. V/. Dómine, exáudi oratiónem meam. R/. Et clámor meus ad te véniat.

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Orémus Dues, qui tribus púeris mitigásti flammas ígnium: concéde propítius; ut nos fámulos tuos non exúrat flamma vitiórum. Actiónes nostra, quæsumus, Dómine, aspirándo prævéni et adiuvándo proséquere: ut cuncta nostra orátio et operátio a te sempre incípiat, et per te cœpta finiátur. Da nobis, quæsumus, Dómine, vitiórum nostrórum flammas exstínguere: qui beáto Lauréntio tribuísti tormentórum suórum incéndia superáre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

( Preghiere dopo la Messa - Italiano e Latino )

ORATIO S. THOMÆ AQUINATIS

Grátias tibi ago, Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus, qui me peccatórem, indígnum fámulum tuum, nullis meis méritis, sed sola dignatióne misericórdiæ tuæ satiáre dignátus es pretióso Córpore et Sánguine Fílii tui, Dómini nostri Iesu Christi. Et precor, ut hæc sancta Commúnio non sit mihi reátus ad pœnam, sed intercéssio salutáris ad véniam. Sit mihi armatúra fídei, et scutum bonæ voluntátis. Sit vitiórum meórum evacuátio, concupiscéntiæ et libídinis exterminátio, caritátis et patiéntiæ, humilitátis et obœdiéntiæ, omniúmque virtútum augmentátio: contra insídias inimicórum ómnium, tam visibílium quam invisibílium, firma defénsio: mótuum meórum, tam carnálium quam spirituálium, perfécta quietátio: in te uno ac vero Deo firma adhæsio; atque finis mei félix consummátio. Et precor te, ut ad illud ineffábile convívium me peccatórem perdúcere dignéris, ubi tu, cum Fílio tuo et Spíritu Sancto, Sanctis tuis es lux vera, satiétas plena, gáudium sempitérnum,

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iucúnditas consummáta et felícitas perfécta. Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.

TRANSFIGE S. BONAVENTURA

Transfige, dulcissime Domine Iesu, medullas et viscera animæ meæ suavissimo ac saluberrimo amoris tui vulnere, vera serenaque et apostolica sanctissima caritate, ut langueat et liquefiat anima mea solo semper amore et desiderio tui; te concupiscat et deficiat in atria tua, cupiat dissolvi et esse tecum. Da, ut anima mea te esuriat, panem Angelorum, refectionem animarum sanctarum, panem nostrum cotidianum, supersubstantialem, habentem omnem dulcedinem et saporem et omne delectamentum suavitatis. Te, in quem desiderant Angeli prospicere, semper esuriat et comedat cor meum, et dulcedine saporis tui repleantur viscera animæ meæ; te semper siti at fontem vitæ, fontem sapientiæ et scientiæ, fonema eterni luminis, torrentem voluptatis, ubertatem domus Dei. Te semper ambiat, te quærat, te inveniat, ad te tendat, ad te perveniat, te meditetur, te loquatur, et omnia operetur in laudem et gloriam nominis tui, cum humilitate et discretione, cum dilectione et delectatione, cum facilitate et affectu, cum perseverantia usque in finem. Ut tu sis solus semper spes mea, tota fiducia mea, divitiæ meæ, delectatio mea, iucunditas mea, gaudium meum, quies et tranquillitas mea, pax mea, suavitas mea, odor meus, dulcedo mea, cibus meus, refectio mea, refugium meum, auxilium meum, sapientia mea, portio mea, possessio mea, thesaurus meus, in quo fixa et firma et immobiliter semper sit radicata mens mea et cor meum. Amen.

RHYTHMUS

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S. TOMÆ AQUINATIS Adóro te devóte, látens Deítas, Quæ sub his figúris, vere látitas: Tibi se cor meum totum súbicit, Quia, te contémplans, totum déficit. Visus, tactus, gustus in te fállitur, Sed audítu solo tuto créditur: Credo quidquid díxit Dei Fílius, Nil hoc verbo Véritatis vérius. In Cruce latébat sola Déitas, At hic látet simul et humánitas: Ambo tamen crédens atque cónfitens, Peto quod petívit latro poénitens. Plagas, sicut Thomas, non intúeor, Deum tamen meum te confíteor: Fac me tibi semper magis crédere, In te spem habére, te dilígere. O memoriále mortis Dómini, �Panis vivus, vitam prǽstans hómini, �Præsta meæ menti de te vívere, Et te illi semper dulce sápere. Pie pellicáne, Iesu Dómine, Me immúndum munda tuo Sánguine: Cuius una stilla salvum fácere, Totum mundum quit ab omni scélere. Iesu, quem velátum nunc aspício, Oro, fiat illud quod tam sítio: Ut, te reveláta cérnens fácie, Visu sim beátus tuæ glóriæ. Amen.

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ASPIRATIONES AD SS. REDEMPTOREM Anima Christi, sanctífica me. Corpus Christi, salva me. Sánguis Christi, inébria me. Aqua láteris Christi, lava me. Pássio Christi, confórta me. O bone Iesu, exáudi me. Intra tua vúlnera abscónde me. Ne permíttas me separári a te. Ab hoste malígno defénde me. In hora mortis meæ voca me. Et iube me veníre ad te. Ut cum Sanctis tuis láudem te. In sǽcula sæculórum. Amen.

ALIA ORATIO Obsécro te, dulcíssime Dómine Iesu Christe ut Pássio tua sit mihi virtus qua múniar, prótegar atque deféndar. Vúlnera tua sint mihi cibus potúsque, quibus pascar, inébrier atque delécter. Aspérsio Sánguinis tui sit mihi ablútio ómnium delictórum meórum. Mors tua sit mihi vita indefíciens. �Crux tua sit mihi glória sempitérna. �In his sit mihi reféctio, exsultátio, sánitas et dulcédo cordis mei. �Qui vivis et regnas in sǽcula sæculórum. Amen. Il Sacerdote si toglie in silenzio i paramenti.

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PREGHIERE PRIMA DELLA MESSA ITALIANO E LATINO

-Ad mensam dulcíssimi convívii tui -Castissima Vergine Maria -Formula intentionis ante Missam -Induitur sacerdotalibus paramentis -Omnípotens, sempitérne Deus -Oratio ad B. M. Virginem ante Missam -Oratio ad omnes Angelos et Sanctos -Oratio ad Sanctum -Oratio ante communionem -Per le Anime del Purgatorio -Preces ad Sanctum Joseph -San Basilio -Solenne Professione di Fede

Alla mensa del tuo dolcissimo convito di Sant’Ambrogio Ad mensam dulcíssimi convívii tui

Ad mensam dulcíssimi convívii tui, pie Dómine Iesu Christe, ego peccátor de própriis meis méritis nihil praesúmens, sed de tua confídens misericórdia et bonitáte, accédere véreor et contremísco.

Alla mensa del tuo dolcissimo convito, o buon Signore Gesù Cristo, io peccatore e privo di meriti, mi accosto pieno di vergogna e tremante, confidando solo nella tua misericordia e bontà

Nam cor et corpus hábeo multis crimínibus maculátum, mentem et linguam non caute custodítam.

Poiché ho il cuore e il corpo macchiati di molte colpe, e non ho ben custodito la mente e la lingua

Ergo, o pia Déitas, o treménda maiéstas, ego miser, inter angústias deprehénsus, ad te fontem misericórdiae recúrro, ad te festíno sanándus, sub

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tuam protectiónem fúgio: et, quem iúdicem sustinére néqueo, salvatórem habére suspíro.

Per questo, o Santà Deità, o tremenda maestà, io misero stretto tra tante angustie ricorro a Te, fonte di misericordia, da Te mi affretto per essere sanato, mi rifugio sotto la tua protezione: e siccome non posso sostenerti giudice, ti scongiuro d’essermi salvatore.

Tibi, Dómine, plagas meas osténdo, tibi verecúndiam meam détego. Scio peccáta mea multa et magna, pro quíbus tímeo: spero in misericórdias tuas, quárum non est númerus. Réspice ergo in me óculis misericórdiae tuae, Dómine Iesu Christe, Rex aetérne, Deus et homo, crucifíxus propter hóminem.

A Te, o Signore, mostro le mie piaghe; a Te scopro la mia vergogna. Riconosco che i miei peccati sono molti e grandi, e per questo ho paura. Spero nella tua misericordia che non ha limiti. Guarda dunque con gli occhi della tua misericordia, verso di me, Signore Gesú Cristo, Re eterno, Dio e Uomo, che per l’uomo tu fosti crocifisso.

Exáudi me sperántem in te: miserére mei pleni misériis et peccátis, tu qui fontem miseratiónis numquam manáre cessábis.

Esaudisci me che spero in Te: abbi pietà di me che sono pieno di miserie e di peccati, Tu che non cesserai mai di far scaturire la fonte della misericordia.

Salve, salutáris víctima, pro me et omni humáno génere in patíbulo crucis oblata. Salve, nóbilis et pretióse sánguis, de vulnéribus crucifíxi Dómini mei Iesu Christi prófluens, et peccáta totíus mundi ábluens.

Salve, o vittima della Salvezza, offerta sul patibolo della croce per me e per tutto il genere umano. Salve, o nobile e prezioso Sangue, che sgorgando dalle ferite del Signore Gesù Cristo per me crocefisso, lavi i peccati di tutto il mondo

Recordáre, Dómine, creatúrae tuae, quam tuo sánguine redemísti. Poénitet me peccásse, cúpio emendáre quod feci. Aufer ergo a me, clementíssime Pater, omnes iniquitátes et peccáta mea; ut, purificátus mente et córpore, digne degustáre mérear Sancta sanctórum.

Ricordati, o Signore, della tua creatura, che hai redento col tuo sangue. Mi pento di aver peccato, desidero rimediare a ciò che ho fatto. Togli dunque da me, o Padre clementissimo, tutte le mie iniquità e i miei peccati, affinchè, purificato nella mente e nel corpo, meriti di gustare degnamente il Santo dei Santi.

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Et concéde, ut haec sancta praelibátio córporis et sánguinis tuis, quam ego indígnus súmere inténdo, sit peccatórum meórum remíssio, sit delictórum perfécta purgátio, sit túrpium cogitatiónum effugátio ac bonórum sénsuum regenerátio, operúmque tibi placéntium salúbris efficácia, ánimae quoque et córporis contra inimicórum meórum insídias firmíssima tuítio. Amen.

E concedi che questa santa partecipazione al Corpo e al Sangue del tuo Figlio, che io indegno intendo ricevere, sia per il perdono dei miei peccati, sia per la perfetta purificazione delle mie colpe, sia fuga dei cattivi pensieri, rigenerazione dei buoni sentimenti, e salutare efficacia delle opere che sono a te gradite, nonché sicura difesa dell’anima e del corpo contro le insidie dei miei nemici. Amen.

Castissima Vergine Maria Santa Gertrude

Castissima Vergine Maria, per quella innocentissima purezza con la quale preparasti al Figlio di Dio una degna dimora nel tuo seno verginale, fa’ che per le tue preghiere io meriti di essere purificato da ogni macchia.

Umilissima Vergine Maria, per quella profondissima umiltà con la quale meritasti di essere esaltata al di sopra degli angeli e dei Santi, fa che tutte le mie negligenze siano riparate dalle tue preghiere.

Amabilissima Vergine Maria, per quell’amore inestimabile che così intimamente ti unì a Dio, fa’ che per le tue preghiere io ottenga l’abbondanza di ogni virtù. Amen.

Formula da dirsi prima dell’inizio della Santa Messa Formula intentionis ante Missam

Ego volo celebrare Missam, et conficere Corpus et Sanguinem Domini nostri Jesu Christi, juxta ritum sanctæ Romanæ Ecclesiæ,

Intendo celebrare questa Eucaristia e consacrare il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, secondo il rito di Santa Romana Chiesa,

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ad laudem omnipotentis Dei totiusque Curiæ triumphantis, ad utlitatem meam totiusque Curiæ militantis,

a lode di Dio Onnipotente e di tutta la sua corte celeste per il mio bene e quello di tutta la Santa Chiesa militante e purgante,

pro omnibus, qui se commendaverunt orationibus meis in genere et in specie, et pro felici statu sanctæ Romanæ Ecclesiæ.

per tutti coloro che si sono raccomandati alle mie preghiere, in modo generale e in modo particolare, come anche per il felice stato della Santa Chiesa Romana.

Gaudium cum pace, ememdationem vitæ, spatium veræ pænitentiæ, gratiam et consolationem Sancti Spiritus, perseverantiam in bonis operibus, tribuat nobis omnipotens et misericors Dominus. Amen.

Il Signore onnipotente e misericordioso ci conceda di gioire nella pace, il perdono nella vita presente, il tempo per una vera penitenza, la grazia e la consolazione dello Spirito Santo e la perseveranza nelle buone opere. Amen.

Orazioni da dirsi mentre il sacerdote indossa i paramenti sacerdotali Induitur sacerdotalibus paramentis Mentre si lava le mani:

Concedi, o Signore, che le mie mani siano monde da ogni macchia: affinché possa servirti con purezza di mente e di corpo.

Cum lavat manus, dicat: Da, Dómine, virtútem mánibus meis ad abstergéndam omnem máculam: ut sine pollutióne mentis et córporis váleam tibi servíre.

All'amitto, mentre se lo poggia sul capo:

Imponi, o Signore, sul mio capo l’elmo della salvezza, per vincere gli assalti del demonio. Ad amictum, dum ponitur super caput, dicat: Impóne, Dómine, cápiti meo gáleam salútis, ad expugnándos diabólicos incúrsus.

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Al camice, mentre lo indossa: Puríficami, o Signore, e monda il mio cuore: affinché, purificato nel sangue dell’Agnello, io goda dei gaudii eterni.

Ad albam, cum ea induitur: Deálba me, Dómine, et munda cor meum; ut, in Sánguine Agni dealbátus, gáudiis pérfruat sempitérnis.

Al cíngolo, mentre se ne cinge: Cíngimi, o Signore, col cingolo della purezza, ed estingui nei miei lombi l’ardore della concupiscenza; affinché si mantenga in me la virtú della continenza e della castità.

Ad cingulum, dum se cingit: Praecínge me, Dómine, cingulo puritátis, et extíngue in lumbis meis humórem libídinis; ut máneat in me virtus continéntiae et castitátis.

Alla stola, mentre se la pone sul collo: Réndimi, o Signore, la stola dell’immortalità, perduta per la prevaricazione del primo padre; e sebbene io acceda indegno al tuo sacro mistero, fa che possa meritare il gaudio eterno.

Ad stolam, dum imponitur collo: Redde mihi, Dómine, stolam immortalitátis, quam pérdidi in praevaricatióne primi paréntis: et, quamvis indígnus accédo ad tuum sacrum mystérium, mérear tamen gáudium sempitérnum.

Alla casula, mentre se la impone: O Signore, che hai detto: Il mio gioco è soave e il mio carico è lieve: fa che io possa portare questo in modo da conseguire la tua grazia. Amen.

Ad casulam, cum assumitur: Dómine, qui dixísti: Iugum meum suave est, et onus meum leve: fac, ut istud portáre sic váleam, quod cónsequar tuam grátiam. Amen.

Orazione di San Tommaso d'Aquino Omnípotens, sempitérne Deus

Onnipotente ed eterno Iddio, ecco che io mi accosto al Sacramento del Figlio tuo unigenito nostro Signore Gesù Cristo: mi accosto come infermo al medico della vita, come immondo al fonte della misericordia, come cieco al lume della chiarezza eterna, come povero e bisognoso al Signore del cielo e della terra.

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Omnípotens, sempitérne Deus, ecce accédo ad sacraméntum unigéniti Fílii tui, Dómini nostri, Iesu Christi; accédo tamquam infírmus ad médicum vitae, immúndus ad fontem misericórdiae, caecus ad lumen claritátis aetérnae, páuper et egénus ad Dóminum coeli et terrae.

Prego dunque l'abbondanza della tua immensa generosità, affinché ti degni curare il mio male, di lavare il mio vizio, illuminare la mia cecità, arricchire la mia povertà, vestire la mia nudità, affinché riceva il pane degli Angeli, il Re dei re, il Signore dei signori, con tanta riverenza ed umiltà, con tanta contrizione e devozione, con tanta purezza e fede, acciocché, mediante tali propositi e buone intenzione, possa conseguire la salvezza della mia anima.

Rogo ergo imménsae largitátis tuae abundántiam, quátenus meam curáre dignéris infirmitátem, laváre foeditátem, illumináre caecitátem, ditáre paupertátem, vestíre nuditátem; ut panem Angelórum, Regem regum et Dóminum dominántium, tanta suscípiam reveréntia et humilitáte, tanta contritióne et devotióne, tanta puritáte et fide, tali propósito et intentióne, sicut éxpedit salúti ánimae meae.

Concedimi ti prego, che io riceva non solo il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, ma anche la grazia e la virtú di questo Sacramento.

Da mihi, quaeso, domínici Córporis et Sánguinis non solum suscípere sacraméntum, sed étiam rem et virtútem sacraménti.

O mitissimo Iddio, fa ch'io riceva cosi il Corpo dell'unigenito Figlio tuo nostro Signore Gesù Cristo, che nacque da Maria Vergine, così che io meriti d'essere incorporato al suo mistico corpo ed annoverato fra le sue mistiche membra.

O mitíssime Deus, da mihi Corpus unigéniti Fílii tui, Dómini nostri, Iesu Christi, quod traxit de Vírgine Maria, sic suscípere, ut córpori suo mystico mérear incorporári, et inter eius membra connumerári.

O amantissimo Padre, concedimi finalmente di contemplare a faccia a faccia per l’eternità il tuo diletto Figlio, che intendo ricevere ora nel mio cammino terreno, sotto i veli del mistero: Egli che è Dio, e vive e regna con Te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

O amatíssime Pater, concéde mihi diléctum Fílium tuum, quem nunc velátum in via suscípere propóno, reveláta tandem fácie perpétuo contemplári: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia saécula saeculórum. Amen.

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Preghiera alla Beata Vergine Maria Prima della Messa Oratio ad B. Mariam Virginem ante Missam

O madre di pietà e di misericordia, beatissima vergine Maria, io, misero e indegno peccatore, mi rifugio in te con tutto il cuore e tutto l’affetto, e invoco la tua bontà.

O Mater pietatis et misericordiæ, beatissima Virgo Maria, ego miser et indignus peccator ad te confugio toto corde et affectu; et precor pietatem tuam,

Come rimanesti accanto al tuo dolcissimo Figlio pendente dalla Croce, così soffermati anche accanto a me, misero peccatore,

ut, sicut dulcissimo Filio tuo in Cruce pendenti astitisti, ita et mihi, misero peccatori,

e a tutti i sacerdoti che oggi qui, e in tutta la Santa Chiesa offrono il sacrificio divino, degno e gradito alla presenza del sommo Dio, uno e trino. Amen

et sacerdotibus omnibus, hic et in tota sancta Ecclesia hodie offerentibus, clementer assistere digneris, ut, tua gratia adiuti, dignam et acceptabilem hostiam in conspectu summæ et individuæ Trinitatis offerre valeamus. Amen.

Preghiera per tutti gli Angeli e i Santi Oratio ad omnes Angelos et Sanctos

O voi tutti Angeli, Arcangeli, Troni, Dominazioni, Principati, Potestà, Potenze dei cieli, Cherubini e Serafini, e voi tutti Santi e Sante di Dio, e in particolare voi miei santi Patroni,

Angeli, Archangeli, Throni, Dominationes, Principatus, Potestates, Virtutes cælorum, Cherebim atque Seraphim, omnes Sancti et Sanctæ Dei, præsertim Patroni mei,

degnatevi di intercedere per me, affinché sia degno di offrire questo sacrificio a Dio, Padre onnipotente, a lode e gloria del suo nome e per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. Amen

intercedere dignemini pro me, ut hoc sacrificium Deo omnipotenti digne valeam offerre, ad laudem et gloriam nominis sui et ad utilitatem meam totiusque Ecclesiæ suæ sanctæ. Amen.

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Preghiera al Santo in onore del quale si celebra la Santissima Eucaristia Oratio ad Sanctum, in cujus honorem Missa celebratur

O sancte N., ecce ego miser peccator, de tuis meritis confisus, offero nunc sacratissimum sacramentum corporis et sanguinis Domini nostri Jesu Christi pro tuo honore et gloria.

O San N., ecco che io indegno peccatore, confidando nei tuoi meriti, ora offro in tuo onore e gloria il Santissimo Sacramento del Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo.

Precor te humiliter et devote, ut pro me hodie intercedere digneris, ut tantum sacrificium digne et acceptabiliter offerre valeam,

Ti prego umilmente e devotamente, affinché ti degni di intercedere a mio favore, non solo perché io possa offrire in modo conveniente ed accetto un così grande sacrificio,

ut eum tecum et cum omnibus electis ejus æternaliter laudare, atque cum eo regnare valeam: Qui vivit et regnat in sæcula sæculorum. Amen.

ma anche perché possa lodarLo in eterno insieme con te e con tutti gli eletti, per essere così in grado di partecipare al suo Regno: Egli che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Oratio ante communionem

DOMINE Iesu Christe, Fili Dei vivi, qui ex voluntate Patris cooperante Spiritu Sancto, per mortem tuam mundum vivificasti: libera me per hoc sacrosanctum Corpus et Sanguinem tuum ab omnibus iniquitatibus meis et universis malis: et fac me tuis semper inhaerere mandatis, et a te numquam separari permittas. Amen.

PERCEPTIO Corporis tui, Domine Iesu Christe, quod ego indignus sumere praesumo, non mihi proveniat in iudicium et condemnationem; sed pro tua pietate prosit mihi ad tutamentum mentis et corporis et ad medelam percipiendam: Qui vivis et regnas in saecula saeculorum. Amen.

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Offerta della Santa Messa per le Anime del Purgatorio

A Dio Padre Eterno Padre, poiché Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, ha istituito con infinito amore il santo Sacrificio Eucaristico non solo per i vivi, ma anche per i defunti, io Ti offro questo sacrificio d'amore per l'Anima di (nome) e per tutte quelle che hanno più bisogno di aiuto, affinché Tu, Dio d'infinita bontà, mitighi le loro sofferenze e conceda loro la liberazione dal Purgatorio. Ti prego, o Padre di misericordia, accogli i meriti della Vittima divina che su questo altare s'immola, accogli le potentissime preghiere del tuo Figlio divino e anche le mie povere suppliche, e libera presto dalle loro sofferenze le Anime sante del Purgatorio. Amen. A Gesù Cristo O Gesù infinitamente buono e misericordioso, io Ti imploro con grande fervore e profonda umiltà di condurre le Anime dei nostri cari defunti al tuo regno di pace e di beatitudine, ammettendole alla tua presenza insieme ai Santi. Esaudisci, o Signore, la mia preghiera e ammetti a partecipare ai benefici di questa santa Celebrazione Eucaristica i fedeli defunti che soffrono in Purgatorio. Tu lo puoi perché con i tuoi meriti hai preso su di Te i peccati di tutto il mondo. Gesù mio, misericordia!

Preghiera a San Giuseppe Preces ad Sanctum Joseph

O felicem virum, beatum Joseph, cui datum est Deum, quem multi reges voluerunt videre et non viderunt, audire et non audierunt, non solum videre et audire, sed portare, deosculari, vestire et custodire!

O felice S. Giuseppe, cui fu dato non solo di vedere ed ascoltare quel Dio che molti re vollero vedere e non videro, ascoltare e non ascoltarono, ma di portarlo altresi, baciarlo, vestirlo e custodirlo!

Ora pro nobis, beate Joseph.

Prega per noi, San Giuseppe

Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Affinché siamo resi degni delle promesse di Gesù Cristo.

OREMUS

Deus, qui dedisti nobis regale sacerdotium: præsta, quæsumus; ut, sicut beatus Joseph unigenitum Filium tuum, natum ex Maria Virgine, suis

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manibus reverenter tractare meruit et portare, ita nos facias cum cordis munditia et operis innocentia tuis sanctis altaribus deservire, ut sacrosanctum Filii tui corpus et sanguinem hodie digne sumamus, et in futuro sæculo præmium habere mereamur æternum. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.

PREGHIAMO

O Dio, che ci rivestisti d'un regale sacerdozio, fa che, come il beato Giuseppe meritò di trattare con le sue mani e di portare il tuo Figlio unigenito, nato da Maria Vergine, così noi possiamo servirti con tale mondezza di cuore e santità di opere, da poter oggi ricevere degnamente il sacrosanto Corpo e Sangue del tuo Figlio e meritare di conseguire nella vita futura il premio eterno. Per lo stesso Gesù Cristo Nostro Signore. Amen.

Preghiera di San Basilio il Grande

So, o Signore, che comunico indegnamente al tuo purissimo Corpo e al tuo prezioso Sangue, che sono colpevole e che mangio e bevo la mia condanna, se non riconosco che questo Divino Sacramento è il tuo Corpo e il tuo Sangue, mio Cristo e mio Dio. Ma confidando nella tua magnanimità, mi avvicino a te che hai detto: Colui che mangia la mia Carne e beve il mio Sangue dimora in me e io in lui. Abbi dunque misericordia di me, Signore, e non disprezzarmi, peccatore qual sono, ma agisci con me secondo la tua misericordia. Che queste Sante Specie siano per me guarigione, purificazione e illuminazione, salvaguardia e salvezza, santificazione della mia anima e del mio corpo: che allontanino da me ogni immagine e ogni azione malvagia diabolica che si eserciti sul mio spirito e sulle mie membra, che aumentino la mia confidenza e il mio amore per te; che conservino e migliorino la mia vita, facendomi progredire nella via della virtù e della perfezione, che mi facciano compiere i tuoi comandamenti e partecipare al tuo santo Spirito; che siano per me un viatico per entrare nella vita eterna; che mi siano difesa accettabile davanti al tuo tremendo tribunale, che non siano per giudizio e condanna. Amen.

SOLENNE PROFESSIONE DI FEDE

Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i

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morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, al risurrezione della carne, la vita eterna. Amen. Tengo ancora fermamente per vero: 1) che nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia vi è veramente il Corpo, il Sangue, l’anima e la Divinità di nostro Signore Gesù Cristo e che nella Santa Messa si offre a Dio un vero sacrificio propiziatorio per i vivi e per i moti; 2) che il Sacramento della Penitenza è di divina istituzione, ed è necessario alla salute per tutti coloro che sono caduti in peccato mortale dopo il Battesimo; 3) che la Beatissima Vergine Maria, concepita senza macchia di peccato originale, e assunta in anima e corpo al cielo, è Vera Madre di Dio; 4) che il Romano Pontefice è il successore di San Pietro, vero Vicario di Gesù Cristo, Capo di tutta la chiesa, Pastore Supremo e Maestro infallibile di tutti i cristiani; 5) ed infine che veramente, oltre il Paradiso eterno per coloro che si salvano, v’è un Inferno eterno per i dannati, ed un Purgatorio per coloro che muoiono bensì in grazia di Dio, ma con qualche debito da soddisfare alla Divina Giustizia. Ammetto e professo, senza alcun dubbio, tutte le altre verità insegnate dalla Chiesa Cattolica, nella quale solo vi è salvezza; e perciò condanno e rigetto tutte le dottrine condannate e rigettate dalla Chiesa.

PREGHIERE DOPO LA MESSA ITALIANO E LATINO

-Post missam -Transfige dulcissime Domine -S. Thomae, Gratias tibi ago -Consacrazione del genere umano -Oratio Universalis -Memoráre -En ego, o bone et dulcissime Iesu -Anima Christi -O Maria, Virgo et Mater -Adoro Te devote

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-Pange lingua

Preghiera dopo la Santa Messa Orationes sub infimum gradum altaris post missam

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te; tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del ventre tuo, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Così sia. Ave Maria, gratia plena, Dóminus tecum; benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui, Iesus. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatóribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen. Salve, Regina, Madre di misericordia. Vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A te ricorriamo, esuli figli di Eva. A te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù, dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci, dopo questo esilio, il frutto benedetto del ventre tuo: Gesù. O clemente, O pia, O dolce Vergine Maria! Salve, Regina, Mater misericórdiae. Vita, dulcedo et spes nostra, salve. Ad te clamámus, éxsules fílii Evae. Ad te suspirámus geméntes et flentes in hac lacrimárum valle. Eia ergo, advocáta nostra, illos tuos misericórdes óculos ad nos convérte. Et Iesum, benedíctum fructum ventris tui, nobis, post hoc exsílium, osténde. O clémens, O pia, O dulcis Virgo Maria! Prega per noi, o santa Madre di Dio Affinché diventiamo degni delle promesse del Cristo. Ora pro nobis, sancta Dei Génitrix Ut digni efficiámur promissiónibus Christi.

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Preghiamo O Dio, nostro rifugio e nostra forza, guarda propizio al popolo che Ti invoca: e, intercedendo l’Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, insieme col beato Giuseppe, suo Sposo, e i beati suoi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi, esaudisci, misericordioso e benigno, le preghiere che Ti presentiamo per la conversione dei peccatori, per la libertà e l’esaltazione della santa Madre Chiesa. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen

Orémus Deus refúgium nostrum et virtus, pópulum ad te clamántem propítius réspice; et intercedénte gloriósa et immaculáta Vírgine Dei Genitríce Maria, cum beáto Ioseph, eius Sponso, ac beátis Apóstolis tuis Petro et Paulo, et ómnibus Sanctis, quas pro conversióne peccatórum, pro libertáte et exaltatióne sanctæ Matris Ecclésiæ, preces effúndimus, miséricors et benígnus exáudi. Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.

O San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii nostro presidio contro la malizia e le insidie del diavolo. Che Dio lo sòggioghi: chiediamo supplicando; e tu, principe della milizia celeste, caccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che a perdizione delle anime vanno errando per il mondo. M - Così sia.

Sancte Míchael Archángele, defénde nos in prælio, contra nequítiam et insídias diáboli esto præsídium. Imperet illi Deus, súpplices deprecámur: tuque, Prínceps militiae cœléstis, Sátanam aliósque spíritus malígnos, qui ad perditiónem animárum pervagántur in mundo, divina virtúte, in inférnum detrúde. M - Amen.

Cuore sacratissimo di Gesù (si ripete per tre). Abbi pietà di noi.

Cor Iesu sacratíssimum (ripetitur ter). Miserére nobis.

Trafiggi, o dolcissimo Gesù di S. Bonaventura Transfige dulcissime Domine

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Trafiggi, o dolcissimo Gesù, la parte più intima dell’anima mia con la soavissima e salutare ferita del tuo amore,

Transfige, dulcissime Domine Iesu, medullas et viscera animæ meæ suavissimo ac saluberrimo amoris tui vulnere,

con vera, pura, santissima, apostolica carità, affinché continuamente languisca e si strugga l’anima mia per amore e il desiderio solo di Te;

vera serenaque et apostolica sanctissima caritate, ut langueat et liquefiat anima mea solo semper amore et desiderio tui;

che io brami te, che io mi consumi presso i tuoi tabernacoli, non cerchi altro che essere e fondermi in Te.

te concupiscat et deficiat in atria tua, cupiat dissolvi et esse tecum.

Fa’ che l’anima mia sia assetata di Te, pane degli angeli, ristoro delle anime sante, pane nostro quotidiano, pane soprannaturale, che hai ogni dolcezza e ogni sapore e procuri la gioia più dolce.

Da, ut anima mea te esuriat, panem Angelorum, refectionem animarum sanctarum, panem nostrum cotidianum, supersubstantialem, habentem omnem dulcedinem et saporem et omne delectamentum suavitatis.

Di te, che gli angeli desiderano contemplare incessantemente, abbia fame e si sazi il mio cuore, e la parte più intima dell’anima mia siano ricolmati dalla dolcezza della tuo sapore:

Te, in quem desiderant Angeli prospicere, semper esuriat et comedat cor meum, et dulcedine saporis tui repleantur viscera animæ meæ;

abbia sempre sete di te, fonte della vita, fonte della sapienza e della scienza, fonte della eterna luce, torrente della letizia, delizia della casa di Dio.

te semper siti at fontem vitæ, fontem sapientiæ et scientiæ, fonema eterni luminis, torrentem voluptatis, ubertatem domus Dei.

Che io ambisca sempre Te, Te cerchi, Te trovi, e mi prefigga solo te come meta, a te giunga, a te pensi, di te parli e faccia tutte le cose a onore e gloria del tuo nome,

Te semper ambiat, te quærat, te inveniat, ad te tendat, ad te perveniat, te meditetur, te loquatur, et omnia operetur in laudem et gloriam nominis tui,

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con umiltà e discrezione, con amore e con piacere, con facilità e con affetto, con perseveranza che duri sino alla fine.

cum humilitate et discretione, cum dilectione et delectatione, cum facilitate et affectu, cum perseverantia usque in finem.

Perché Tu solo sei sempre la mia speranza, la mia fiducia, la mia ricchezza, il mio diletto, la mia allegrezza, la mia gioia, il mio riposo e la mia tranquillità, la mia pace, la mia soavità, il mio profumo, la mia dolcezza, il mio cibo, il mio ristoro, il mio rifugio, il mio aiuto, la mia sapienza, la mia parte di eredità, il mio possesso, il mio tesoro, nel quale rimangono sempre fissi e fermi, con salde radici, la mia mente e il mio cuore. Amen.

Ut tu sis solus semper spes mea, tota fiducia mea, divitiæ meæ, delectatio mea, iucunditas mea, gaudium meum, quies et tranquillitas mea, pax mea, suavitas mea, odor meus, dulcedo mea, cibus meus, refectio mea, refugium meum, auxilium meum, sapientia mea, portio mea, possessio mea, thesaurus meus, in quo fixa et firma et immobiliter semper sit radicata mens mea et cor meum. Amen.

Preghiera di San Tommaso Gratias tibi ago, Domine

Ti ringrazio, o Signore santo, Padre onnipotente, eterno Iddio, che certamente non per i miei meriti, ma per solo effetto della tua misericordia ti sei degnato di saziare, col prezioso Corpo e Sangue del tuo Figlio e Signore nostro Gesú Cristo me peccatore e indegno tuo servo.

Gratias tibi ago, Domine, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus, qui me peccatorem, indignum famulum tuum, nullis meis meritis, sed sola dignatione misericordiæ tuæ satiare dignatus es pretioso Corpore et Sanguine Filli tui, Domini nostri Iesu Christi.

Ti prego che questa santa Comunione non sia per me un giudizio di condanna, ma valida intercessione per ottenere il perdono.

Et precor, ut hæc sancta communio non sit mihi reatus ad poenam, sed intercessio salutaris ad veniam.

Sia per me armatura della fede e scudo di buona volontà.

Sit mihi armatura fidei et scutum bonæ voluntatis.

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Sia liberazione dai miei vizi, sterminio della concupiscenza e della libidine, aumento della carità e della pazienza, dell’umiltà, dell’obbedienza e di tutte le virtú;

Sit vitiorum meorum evacuatio, concupiscentiæ et libidinis exterminatio, caritatis et patientiæ, humilitatis et obedientiæ, omniumque virtutum augmentatio;

sia ferma difesa contro le insidie di tutti i nemici, sia visibili che invisibili; sia perfetta quiete dei miei moti, sia carnali sia spirituali;

contra insidias inimicorum omnium, tam visibilium quam invisibilium, firma defensio; motum meorum, tam carnalium quam spiritualium, perfecta quietatio;

sia ferma adesione a Te unico e vero Dio e felice conseguimento del mio ultimo fine.

in te uno ac vero deo firma adhæsio; atque finis mei felix consummatio.

Ti prego, affinché ti degni di condurre me peccatore a quell’ineffabile convito dove tu, con il tuo Figlio e con lo Spirito Santo, sei luce vera ai tuoi Santi, piena sazietà, gaudio eterno, completa letizia e perfetta felicità. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Et precor te, ut ad illud ineffabile convivium me peccatorem perducere digneris, ubi tu cum Filio tuo et Spiritu Sancto Sanctis tuis es lux vera, satietas plena, gaudium sempiternum, iucunditas consummata et felicitas perfecta. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.

CONSACRAZIONE AL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ nella festa di Cristo RE Composta dal Papa PIO XI (Preghiera indulgenziata)

IESU dulcissime, Redemptor humani generis, respice nos ante conspectum tuum humillime provolutos.

O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostrati innanzi al vostro altare.

Tui sumus, tui esse volumus; quo autem tibi coniuncti firmius esse possimus, en hodie sacratissimo Cordi tuo se quisque nostrum sponte dedicat.

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Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per vivere a voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi, oggi spontaneamente si consacra al vostro sacratissimo Cuore.

Te quidem multi novere nunquam; te, spretis mandatis tuis, multi repudiarunt. Miserere utrorumque, benignissime Iesu, atque ad sanctum Cor tuum rape universos.

Molti, purtroppo, non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbi misericordia e degli uni e degli altri e tutti quanti attira al vostro Sacratissimo Cuore.

Rex esto, Domine, nec fidelium tantum qui nullo tempore discessere a te, sed etiam prodigorum filiorum qui te reliquerunt; fac hos, ut domum paternam cito repetant, ne miseria et fame pereant.

O Signore, siate il Re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche dì quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi, quanto prima, ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame.

Rex esto eorum, quos aut opinionum error deceptos habet, aut discordia separatos, eosque ad portum veritatis atque ad unitatem fidei revoca, ut brevi fiat unum ovile et unus pastor.

Siate il Re di coloro che vivono nell'inganno e dell'errore, o per discordia da voi separati; richiamateli al porto della verità, all'unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore.

Rex esto eorum omnium, qui in tenebris idololatriae aut islamismi adhuc versantur, eosque in lumen regnumque tuum vindicare ne renuas.

Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni dell’Idolatria e dell’Islamismo; e non ricusate di trarli tutti al lume e al regno vostro.

Respice denique misericordiae oculis illius gentis filios, quae tamdiu populus electus fuit: et Sanguis, qui olim super eos invocatus est, nunc in illos quoque redemptionis vitaeque lavacrum descendat.

Riguardate finalmente con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto; scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione di vita, il sangue già sopra essi invocato.

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Largire, Domine, Ecclesiae tuae securam cum incolumitate libertatem; largire cunctis gentibus tranquillitatem ordinis; perfice, ut ab utroque terrae vertice una resonet vox:

Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra Chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell'ordine. Fate che da un capo all'altro della terra risuoni quest'unica voce:

Sit laus divino Cordi, per quod nobis parta salus: ipsi gloria et honor in saecula! Amen

Sia lode a quel Cuore divino, da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiera Universale di Papa Clemente XI Oratio Universalis

Credo, o Signore, ma che io creda più fermamente; spero, ma che io speri con più fiducia; amo, ma che io ami più ardentemente; mi pento, ma che io mi penta con maggior dolore.

Credo Domine, sed credam firmius; spero, sed sperem securius; amo, sed amem ardentius; doleo, sed doleam vehementius.

Ti adoro come primo principio; ti desidero come fine ultimo; ti lodo come eterno benefattore; ti invoco come propizio difensore.

Adoro te ut primum principium; desidero ut finem ultimum; laudo ut benefactorem perpetuum; invoco ut defensorem propitium.

Guidami con la tua sapienza, reggimi con la tua giustizia, incoraggiami con la tua bontà, proteggimi con la tua potenza.

Tua me sapientia dirige, iustitia contine, clementia solare, potentia protege.

Ti offro, o Signore: i pensieri, perché siano diretti a te; le parole, perché siano di te; la azioni, perché siano secondo te; le tribolazioni, perché siano per te.

Offero tibi, Domine cogitanda, ut sint ad te; dicenda, ut sint de te; facienda, ut sint secundum te; ferenda, ut sint propter te.

Voglio tutto ciò che vuoi tu, perchè lo vuoi tu, nel modo in cui lo vuoi tu, fino a quando lo vuoi tu.

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Volo quidquid vis, volo quia vis, volo quomodo vis, volo quamdiu vis.

Ti prego, o Signore: illumina la mia intelligenza, infiamma la volontà, purifica il cuore, santifica l’anima mia.

Oro, Domine, intellectum illumines, voluntatem inflammes, cor emundes, animam sanctifices.

Che pianga i peccati commessi, respinga le tentazioni, corregga le inclinazioni cattive, pratichi le virtù necessarie.

Defleam praeteritas iniquitates, repellam futuras tentationes, corrigam vitiosas propensiones, excolam idoneas virtutes.

Concedimi, o Padre buono: l’amore di te, l’odio di me, lo zelo per il prossimo, il disprezzo del mondo.

Tribue mihi, bone Deus, amorem tui, odium mei, zelum proximi, contemptum mundi.

Che mi sforzi: di obbedire ai superiori, di aiutare gli inferiori, aver cura degli amici, perdonare i nemici.

Studeam superioribus oboedire, inferioribus subvenire, amicis consulere, inimicis parcere.

Che vinca: le passioni con la mortificazione, l’avarizia con la generosità, l’ira con la mitezza, la tiepidezza con il fervore.

Vincam voluptatem austeritate, avaritiam largitate, iracundiam lenitate, tepiditatem fervore.

Che sia: prudente nel consiglio, forte nei pericoli, paziente nelle avversità, umile nella prosperità.

Redde me prudentem in consiliis, constantem in periculis, patientem in adversis, humilem in prosperis.

Fa, o Signore: che sia attento nella preghiera, sobrio nel cibo, diligente nei miei doveri, fermo nei propositi.

Fac, Domine, ut sim in oratione attentus, in epulis sobrius, in munere sedulus, in proposito firmus.

Che io mi sforzi di avere: l’innocenza interna, modestia esterna, una conversazione esemplare, una vita regolare.

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Curem habere innocentiam interiorem, modestiam exteriorem, conversationem exemplarem, vitam regularem.

Che vigili assiduamente: nel domare la natura, nel favorire la grazia, nell’osservare la legge e meritare la salvezza.

Assidue invigilem naturae domandae, gratiae fovendae, legi servandae, saluti promerendae.

Che impari da te: quanto è fragile tutto ciò che è terreno, quanto è grande tutto ciò che è divino, quanto è breve tutto ciò che è temporaneo, quanto è durevole tutto ciò che è eterno.

Discam a te quam tenue quod terrenum, quam grande quod divinum, quam breve quod temporaneum, quam durabile quod aeternum.

Concedimi: di essere pronto alla morte, di temere il giudizio, di non cadere nell’Inferno, di ottenere il Paradiso.

Da mortem praeveniam, iudicium pertineam, infernum effugiam, paradisum obtineam.

Per Cristo nostro Signore. Amen

Per Christum Dominum nostrum. Amen.

MEMORARE PIÍSSIMA VIRGO MARIA

Memoráre, piíssima Virgo Maria, a saéculo non esse audítum quemquam Ricordati, o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo che qualcuno

ad tua curréntem praesídia, tuam implorántem auxília, tua peténtem suffrágia esse derelíctum.

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sia ricorso al tuo patrocinio, implorato il tuo aiuto, chiesto la tua protezione e sia stato abbandonato.

Ego, tali animátus confidéntia, ad te, Virgo vírginum, Mater,

Animato da tale confidenza, a te ricorro, o Madre Vergine delle Vergini,

curro: ad te vénio, coram te gemens peccátor assísto.

a te vengo e, peccatore contrito, innanzi a te mi prostro.

Noli, Mater Verbi, verba mea despícere, sed audi propítia et exáudi. Amen. Non volere, o Madre del Verbo, disprezzare le mie preghiere, ma ascoltami propizia ed esaudiscimi. Amen.

Orazione al SS. Crocifisso En ego, o bone et dulcissime Iesu

Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che alla santissima vostra presenza prostrato, vi prego col fervore più vivo di stampare nel mio cuore sentimenti di Fede, di Speranza, di Carità, En rgo, o bone et dulcissime Iesu, ante conspectum tuum genibus me provolvo, ac maximo animi ardore te oro atque obtestor, ut meum in cor vividos fidei, spei et caritatis sensus, di Dolore dei miei peccati, e di proponimento di non più offendervi, mentre io

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con tutto l'amore e con tutta la compassione vado considerando le vostre cinque piaghe, atque veram peccatorum meorum paenitentiam, eaque emendandi firmissimam voluntatem velis imprimere; dum magno animi affectu et dolore tua quinque vulnera mecum ipse considero ac mente contemplor, cominciando da ciò che disse di Voi, o mio Dio, il santo profeta David: trapassarono le mie mani e i miei piedi, contarono tutte le mie ossa. Amen. illud prae oculis habens, quod iam in ore ponebat tuo David propheta de te, o bone Iesu: Foderunt manus meas et pedes meos: dinumeraverunt omnia ossa mea. Amen.

Anima Christi

Anima di Cristo, santíficami. Corpo di Cristo, sàlvami. Sangue di Cristo, inébriami. Acqua del fianco di Cristo, làvami.

Anima Christi, santifica me. Corpus Christi, salva me. Sanguis Christi, inebria me. Aqua lateris Christi, lava me.

Passione di Cristo, confòrtami. O buon Gesú, esaudíscimi. Nascòdimi fra le tue piaghe.

Passio Christi, conforta me. O bone Iesu, exaudi me. Intra vulnera tua absconde me.

Non perméttere che mi separi da Te. Diféndimi dal nemico maligno. Chiàmami nell’ora della mia morte.

Ne permittas a te me separari. Ab hoste maligno defende me. In hora mortis meae voca me.

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E comanda che io venga da Te. Affinché Ti lodi con i tuoi Santi. Nei secoli dei secoli. Amen

Et iube me venire a te, ut cum sanctis tuis laudem te per infinita saecula saeculorum. Amen.

O Maria, Virgo et Mater

O Maria, Vergine e Madre santissima, ecco che io ho ricevuto il tuo dilettissimo Figlio che tu hai concepito nel tuo seno l'immacolato, hai generato, allattato e stretto con abbracci tenerissimi.

O Maria, Virgo et Mater sanctissima, ecce suscépi dilectissimum Fílium tuum, quem immaculato útero tuo concepisti, genuisti, lactásti, atque suavíssimis ampléxibus strinxisti.

Ecco che Colui, la cui vista ti allietava e formava tutte le tue gioie, io umilmente ed affettuosamente te lo presento da stringere fra le tue braccia, da amare con il tuo cuore, e da offrire alla SS. Trinità in tu onore e per la tua gloria per i miei bisogni e di quelli di tutto il mondo.

Ecce, cuius aspéctu lætabáris et ómnibus deliciis replebáris, illum ipsum tibi humíliter et amánter repraesénto et óffero tuis brácchiis constringéndum, tuo corde amándum, sanctissimáeque Trinitáti in suprémum latriæ cultum, pro tui ipsíus honóre et glória et pro meis totiúsque mundi necessitátibus, offeréndum.

Ti prego dunque, o piissima Madre, d'impetrare il perdono di tutti i miei peccati, un'abbondante grazia di servire il tuo Figlio d'or innanzi con maggior fedeltà, e, infine, la grazia della perseveranza finale, affinché possa lodarlo con Te per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Rogo ergo te, piíssima Mater, ímpetra mihi véniam ómnium peccatórum meórum, uberémque grátiam ipsi deinceps fidélius serviéndi, ac dénique grátiam finalem, et eum tecum laudáre possim per ómnia sæcula sæculórum. Amen.

O Gesù ti adoro Adoro Te devote

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Adoro Te devote latens Deitas, quæ sub his figuris vere latitas: Tibi se cor meum totum subicit, quia te contemplans totum deficit. O Gesù ti adoro nell’ostia nascosto, che, sotto queste specie, stai celato: Solo in Te il mio cuore si abbandona Perché contemplando Te, tutto è vano. Visus, tactus, gustus in Te fallitur, sed auditu solo tuto creditur: Credo quidquid dixit Dei Filius: nihil hoc verbo veritatis verius. La vista, il tatto, il gusto non arriva a Te, ma la tua parola resta salda in me: credo a tutto ciò che il Figlio di Dio ha detto: nulla è più vero della tua parola di verità. In cruce latebat sola Deitas, at hic latet simul et humanitas: ambo tamen credens atque confitens, peto quod petivit latro pœnitens. Hai nascosto in croce la Divinità, ma sull’altare si cela anche la tua umanità: uomo-Dio la fede ti rivela a me, Cerco ciò che desiderò il ladro pentito. Plagas, sicut Thomas,non intueor; Deum tamen meum te confiteor. Fac me tibi semper magis credere, in te spem habere te diligere. Non vedo le piaghe come Tommaso, tuttavia confesso che tu sei il mio Dio. Fà che io possa credere sempre più a Te, che abbia speranza in Te e che ti ami. O memoriale mortis Domini,

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panis vivus vitam praestans homini, præsta meæ menti de te vivere, et te illi semper dulce sapere. O memoriale della morte del Signore, pane vivo che offri la vita all’uomo, fa che la mia mente viva di Te, e che ti gusti sempre dolcemente. Pie pellicane Iesu Domine, me immundum munda tuo sanguine, cuius una stilla salvum facere, totum mundum quit ab omni scelere. O pio pellicano Signore Gesù, purifica me, peccatore, col tuo sangue, che, con una sola goccia, può rendere salvo tutto il mondo da ogni peccato. Iesu, quem velatum nunc aspicio, oro fiat illud quod tam sitio: ut, te revelata cernens facie, visu sim beatus tuæ gloriae. Amen. O Gesù, che ora vedo, prego che avvenga ciò che tanto desidero: che, vedendoti col volto svelato, sia beato della visione della tua gloria. Amen.

Pange lingua

Pange, lingua, gloriosi corporis mysterium, sanguinisque pretiosi, quem in mundi pretium fructus ventris generosi Rex effudit gentium.

Canta, o lingua il mistero del glorioso Corpo e del Sangue prezioso, che il Figlio del nobile grembo,

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Re dei popoli, versò a riscatto del mondo.

Nobis datus, nobis natus ex intacta Virgine, et in mundo conversatus, sparso verbi semine, sui moras incolatus miro clausit ordine.

Egli donatosi a noi, nato per noi da una Vergine Purissima, dopo aver dimorato nel mondo e sparso il seme della sua Parola, chiuse il suo pellegrinaggio con un istituzione mirabile.

In supremæ nocte cenæ recumbens cum fratribus, observata lege plene cibis in legalibus, cibum turbæ duodenæ se dat suis manibus.

La notte dell’ultima Cena, sedendo a mensa coi suoi, osservata esattamente la Legge nei cibi rituali, con le proprie mani dà se stesso in cibo ai Dodici.

Verbum caro panem verum verbo carnem efficit, fitque sanguis Christi merum, et, si sensus deficit, ad firmandum cor sincerum sola fides sufficit.

Il Verbo incarnato con la sua parola trasforma il vero pane nella sua Carne; il vino diventa Sangue di Cristo e, se il senso si smarrisce, la fede sola basta a rafforzare cuore sincero.

Tantum ergo sacramentum veneremur cernui, et antiquum documentum novo cedat ritui; præstet fides supplementum sensuum defectui.

Così gran Sacramento dunque veneriamo prostati: ceda la vecchia Legge al Sacrificio nuovo: supplisca la fede al difetto dei sensi.

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Genitori Genitoque laus et iubilatio, salus, honor, virtus quoque sit et benedictio; procedenti ab utroque compar sit laudatio. Amen.

Al Padre e al Figlio, sia lode e giubilo, salute, onore, potenza e benedizione: A Colui che procede da ambedue, pari azione di lode sia. Amen.