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“Scienze 3.14” Fare fisica sperimentale: un curricolo verticale sulle forze a cura del Gruppo di Progetto scuole in Rete di Pavia e provincia

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“Scienze 3.14”

Fare fisica sperimentale: un curricolo verticale sulle forze a cura del Gruppo di Progetto scuole in Rete di Pavia e provincia

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a cura del Gruppo di Progetto “Scienze 3.14”

SCHEMI CONCETTUALI E PECORSO DIDATTICO

Nella realtà non esistono forze, esistono solo corpi che interagiscono

In nessun lavoro le forze si possono vedere, ciò che si vedono sono gli effetti del fare forza.

In tutte le esperienze suggerite si parla di fare forza. Attraverso continui riferimenti alla

percezione corporea si arriva alla progressiva strutturazione dei concetti.

Si deve tenere presente che quando si parla di forze si intende sempre un SISTEMA DI FORZE,

dove c’è una forza che esercita un’ AZIONE e una forza opposta che esercita una REAZIONE.

L’aspetto cognitivo più importante è che lavorando con i bambini, a poco a poco si incomincia ad

individuare zone del corpo che non sembravano dovessero essere interessate nel fare forza e che

invece “fanno male”, “si gonfiano” e “si induriscono” perché costituiscono una parte importante del

sistema muscolare che fa forza. In particolare, risulta essenziale evidenziare, che qualsiasi sistema

che fa forza è in qualche modo “bifaccia”:

non si può espandersi da una sola parte,

non si può contrarsi da una sola parte,

non si può torcersi da una sola parte.

Le esperienze menzionate prendono in considerazione il sistema uomo, ma il discorso vale per

qualsiasi sistema: motore, macchina, elastico, molla, ecc., che può fare forza.

Le forze non esistono isolatamente ma a coppie perché sono almeno due i corpi che interagiscono: reciprocità dell’interazione

Ogni volta che facciamo una forza, dobbiamo farla contro qualcosa che fa forza contro di noi, cioè

fa forza in VERSO OPPOSTO. Per esempio se io tiro l’elastico, l’elastico tira contro di me. Quando

l’elastico si spezza, smette di tirare e simultaneamente devo smettere anch’io di fare forza.

FARE FORZA E’ UN’INTERAZIONE SIMULTANEA DI DUE CORPI, in qualunque caso, con

qualunque corpo, siano essi fermi o in movimento.

In qualsiasi fenomeno meccanico, oltre ad esservi forze, ci sono molte altre cose che succedono.

Le forze, certe volte non producono effetti visibili, altre volte, invece, producono effetti visibili:

forze elastica. forza peso, inerzia, equilibrio di forze, caduta dei gravi.

E’ molto importante focalizzare con i bambini queste diverse possibilità.

Forze che producono movimento Le esperienze di rotolamento della palla o del cerchio sono opportunità da cogliere per capire la

complessità delle relazioni tra forze e movimento.

Se si fa rotolare una palla, basta una piccola spinta per metterla in moto per molto tempo. Ma se la

palla deve rotolare su un tappeto di lana o sul prato, la palla si ferma quasi subito.

L’intervento della forza provoca un cambiamento nella velocità, vi sono forze che accelerano e

forze che frenano. Se ci sono attriti, strusci, controspinte dell’aria o di altri fluidi, bisogna esercitare

altre forze per evitare che questi fattori annullino il movimento.

Si definisce forza l’interazione in grado di deformare (effetto statico) oppure di cambiare lo stato di

quiete o di moto (effetto dinamico) dell’oggetto a cui la forza viene applicata.

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ESPERIENZE CON FORZE ESERCITATE DAL CORPO

Tema dell’attività: Cosa vuol dire fare forza

[1 o 2 interventi di 2 ore ciascuno]

Facciamoci forza

e…parliamone

Gli alunni sono invitati ad esprimere idee e/o situazioni

legate al loro vissuto rispetto

alla forza. Le parole e le frasi

emerse vengono categorizzate secondo criteri suggeriti

dall’insegnante sulla base delle

suggestioni fornite dalla classe.

Al termine dell’attività ogni ragazzo disegna un momento in

cui ha visto fare forza.

Il punto di partenza di questo percorso didattico sulle forze prevede un brain

storming iniziale, attraverso il quale consentire agli alunni di esprimere

liberamente le loro idee, recuperando modi di dire ascoltati, esperienze,

sensazioni e percezioni: forza è una parola astratta, è più un modo di guardare e di dire che non qualcosa di oggettivo; i bambini e i ragazzi usano il termine

"forza" tranquillamente e, nel tentativo di definirla, lo inseriscono in contesti

totalmente diversi tra loro e si accorgono che la parola "forza" vuol dire tante

cose. L’evocazione iniziale è quindi un momento imprescindibile perché permette di

recuperare in modo consapevole e di valorizzare le preconoscenze degli alunni,

per poterli meglio guidare nella costruzione del sapere. Ci si chiede, allora,

come mai si faccia uso della stessa parola per indicare cose che sembrano tanto diverse tra loro, si tenta di definire quello che hanno in comune le varie

situazioni.

In questo modo si condividono i punti di partenza, si socializzano i vissuti di ognuno, si arricchisce il bagaglio di esperienze di tutti e, con l’aiuto

dell’insegnante, si delimita il campo della riflessione creando insiemi di

idee. L’analisi delle frasi dei bambini e il loro raggruppamento per significato e somiglianza, favorisce una distinzione più consapevole tra forza fisica, mentale,

naturale e avvicina i bambini all’oggetto da osservare e sperimentare con

maggiore attenzione. In seguito i termini su cui si è riflettuto saranno

strumenti per dire, per raccontare con maggiore efficacia le esperienze che si faranno. L’insegnante deve indirizzare la costruzione di categorie valorizzando

e stimolando anche idee ed esemplificazioni divergenti che possono essere funzionali alla significatività della classificazione per gli sviluppi futuri

dell’attività.

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I raggruppamenti ottenuti, a conclusione del lavoro, possono essere rappresentati in modi diverse a seconda dell’età degli alunni: alla scuola

d’infanzia le insegnanti possono partire con un input dato ai bambini “cosa

significa fare forza?” e raccogliere le osservazioni dei bambini, costruire tabelloni raccogliendo i diversi disegni prodotti; ai bambini delle elementari è

possibile proporre di fare un disegno, o far scrivere alcune riflessioni e

considerazioni sul significato di ”fare forza” successivamente preparare un istogramma da appendere nell’aula; mentre con i ragazzi di scuola media si

è tentata la stesura di una mappa delle preconoscenze, da aggiornare via via

durante le attività e confrontare con quella finale.

INSIEME DI IDEE

Creare categorie esempi Consegna: scegliere, tra le cose dette, quelle che hanno qualcosa in comune e dare un nome a ciascuna delle categorie create MODI DI FARE FORZA: spingere, resistere, alzare, schiacciare, saltare, tirare, sollevare,

prendere, schiacciare, quando si apre un barattolo, quando facciamo un’attività, quando parliamo usiamo la forza vocale, quando si fa uno sport si esercita forza. ENERGIA E FORZA: energia eolica, energia elettrica, energia termoelettrica TIPI DI FORZE: forza della calamita (magnetica), una calamita esercita un’attrazione verso il ferro, forza dell’acqua, forza del vento, forza del fuoco, forza motrice, forza centrifuga, nei muscoli c’è della forza CONSEGUENZE DEL FARE FORZA: quando parliamo usiamo la forza vocale, con una calamita posso far muovere oggetti CATENE DI FORZE: ogni cosa esercita una forza, forza produce forza MISURARE LA FORZA: potenza, l’unità di misura della forza dipende da quale forza stiamo osservando (muscolare, elettrica, ecc.) MODI DI DIRE: l’unione fa la forza, d’animo, fatti forza, forza e coraggio

Dall’indagine all’istogramma

Quanti tipi di forze sono emerse

CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

Questo lavoro serve all’insegnante per avere una visione più chiara delle

conoscenze dei propri alunni e a costruire una mappa di ciò che i bambini

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pensano prima dell’esperienza, per confrontarlo poi insieme con quanto

succede realmente durante le attività proposte. Per i bambini, inizialmente,

fare forza significa solo vincere , essere più forte di…, usano

indiscriminatamente i termini forza, sforzo, energia, potenza. E’ facile intuire

che dall’evocazione iniziale emergono soprattutto con i più piccoli, idee legate

alla forza muscolare o a modi di dire collegati al gioco.

SORGENTI SEMPLICI DI FORZA

Fai forza col peso o con i muscoli?

Esperienze di "fare forza", sperimentando direttamente con il corpo per accorgersi: dove si fa forza, quanta forza si fa. E’ necessario sempre un

avversario contro il quale esercitare la propria forza? C’è sempre equilibrio tra

le forze?

L’attività è preceduta da una discussione sui diversi significati della parola forza

e si svolge in palestra con l’intero gruppo classe. I giochi proposti sono:

A coppie spingersi con i palmi delle mani;

Spingersi con la schiena;

Spingersi con le piante dei piedi.

Viene definito un "campo di gioco" e lo si traccia a terra con il gesso: un

grande cerchio diviso da una linea che delimita due aree; vince il bambino che

riesce a spingere il compagno all’esterno della sua area.

In una prima fase i bambini giocano a "sperimentare" liberamente con il corpo. Successivamente, l’insegnante fa ripetere il gioco, chiedendo ai bambini di

osservare cosa succede al proprio corpo durante il gioco: dove sentono la

forza, quanta forza hanno usato.

In questa fase c’è un momento di osservazione e uno di partecipazione al

gioco. Infatti, i bambini, disposti a semicerchio, a turno giocano a "fare forza",

scegliendo il compagno con cui condividere l’esperienza. Chi è seduto osserva e

scrive ciò che ritiene più significativo.

L’osservazione e la partecipazione al gioco,

conduce i bambini a farsi domande e a

porre domande, a scambiarsi informazioni,

a dare consigli o suggerimenti, a chiedere

spiegazioni. Alla fine del gioco c’è la comunicazione collettiva, coordinata

dall’insegnante: i bambini raccontano

l’esperienza e le sensazioni provate, si

confrontano, si discute, si traggono conclusioni. L’attività si conclude con la

relazione scritta seguita dalla

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rappresentazione grafica.

CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

L’attività si articola in tre incontri della durata di due ore ciascuno e si svolge

prevalentemente in palestra.

E’ bene che sia preceduta da una discussione sui vari modi di dire: forza è una parola astratta, i bambini e i ragazzi usano il termine "forza" tranquillamente e,

nel tentativo di definirla, lo inseriscono in contesti totalmente diversi tra loro e

si accorgono che la parola "forza" vuol dire tante cose. Ci si chiede, allora,

come mai si usa la stessa parola per indicare cose che sembrano tanto diverse tra loro, si tenta di definire quello che hanno in comune le varie situazioni.

L’analisi delle frasi dei bambini e il loro raggruppamento per significato e

somiglianza, favorisce una distinzione più consapevole tra forza fisica, mentale,

naturale… e avvicina i bambini all’oggetto da osservare e sperimentare con

maggiore attenzione.

Questo lavoro serve all’insegnante anche per avere una visione più chiara delle conoscenze dei propri alunni e a costruire una mappa di ciò che i bambini

pensano prima dell’esperienza, per confrontarlo poi insieme con quanto

succede realmente durante il gioco.

Gli incontri che seguono alla discussione, prevedono le seguenti fasi:

Proposta e svolgimento del gioco in palestra;

Discussione e considerazioni in assemblea;

Formalizzazione grafica e scritta dell’esperienza individuale o di sottogruppo;

Confronto sulla coerenza degli elaborati, relativamente all’esperienza;

Sintesi delle conclusioni.

Il lavoro in palestra permette la sperimentazione in prima persona e la verifica tra le ipotesi precedentemente formulate e quello che accade realmente al proprio corpo durante i giochi di forza. La scelta di far giocare una coppia alla

volta, serve agli altri bambini, seduti in cerchio, ad osservare i cambiamenti di

postura, la posizione delle braccia e dei piedi dei compagni che giocano.

Provare e riprovare serve invece a scoprire implicazioni non previste nella

discussione e sviluppa anche una maggiore attenzione per i fenomeni.

Tutto ciò che il corpo avrà registrato diventerà patrimonio dei bambini, che

sapranno trasferirlo ad altre esperienze, spiegandosi anche fenomeni non

immediatamente visibili.

La discussione, dopo il gioco, invece ha lo scopo di riorganizzare consapevolmente, e condividere tra pari, esperienze e conoscenze relative a

fenomeni ricorrenti in molti momenti della vita quotidiana quali tirare,

spingere, lanciare. Anche questo è un momento fondamentale ai fini della

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costruzione di conoscenze. L’insegnante che la registra e la risente può, inoltre,

trovarla utile per vari motivi:

può trarne spunti per proseguire il lavoro in un senso piuttosto che in un

altro;

può prestare attenzione a frasi che nel contesto gli erano sfuggite,

interpretarle con calma per scoprire cosa veramente volevano dire i bambini;

può individuare i percorsi che hanno portato i bambini a formulare le loro

idee che a volte divergono dal sapere adulto;

può, utilizzando tutto questo, costruire con loro una cultura significativa

e padroneggiata.

La formalizzazione grafica e scritta e le foto aiutano a sistematizzare

l’esperienza fatta e a fissarne la memoria.

I bambini colgono aspetti diversi dell’esperienza. Spesso il confronto tra i loro disegni amplia il

punto di vista di ciascuno.

Il primo disegno evidenzia l’attenzione alla postura e alla "forma" che il corpo assume per fare forza. Nel secondo l’area di gioco, in proporzione ai due corpi, è disegnata molto più ampia a testimoniare lo sforzo della bambina nello spingere fuori l’avversario; cosa confermata anche dal commento.

Disegno n°1 Disegno n°2

Discutere guardando le foto è un modo per riflettere sul vissuto; è come osservare qualcun altro ma col ricordo di quanto il corpo ha registrato.

Insegnante:- Cosa è successo qua?

FRANCESCA:- Quando, finalmente l’ho spinta fuori dal cerchio, lei si è messa a ridere e non ha fatto più resistenza. FEDERICA: A un certo punto non riuscivo più a spingere, i miei piedi scivolavano sul pavimento.

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Tema dell’attività: Spingere contro una cosa

[1 intervento di 2-3 ore]

Io spingo! Lui spinge?

Gli alunni sono invitati a fare forza

contro il muro, contro un compagno, contro un oggetto voluminoso.

L’esperienza può essere ripetuta senza

scarpe, su un tappeto o con i pattini ai

piedi, in condizioni di scivolamento

Agli alunni possono essere proposti giochi in cui, spingendo, si rendano conto

di quali forze agiscono e quali parti del corpo siano in tensione.

I più piccoli proveranno diverse esperienze spingendo contro il muro, anche

interponendo un oggetto come un pallone o un bastone, oppure spingendo

contro oggetti o contro un compagno.

a) Spingere sedie e tavolini b) Spingere le stesse sedie con sopra un compagno

c) Spostare uno scatolone pieno di oggetti,

d) Alzare una sedia con una o due mani,

e) Alzare un oggetto molto pesante e metterlo sul tavolo.

Chiedere quali muscoli del corpo si gonfiano, dove si sente duro e gonfio. I

bambini verbalizzano le loro sensazioni e tutto può essere rappresentato con

disegni o le verbalizzazione raccolte possono trascritte.

In questo modo i bambini diventano dapprima consapevoli di fare forza con una sola parte del corpo (le braccia, le mani, il sedere,…); successivamente si attirerà la loro attenzione sui piedi e si modificheranno le condizioni di contatto

con il pavimento, facendo togliere loro le scarpe, inserendo un tappeto sotto i

piedi, usando i pattini.

Un’esperienza efficace perché sentano che

anche i piedi spingono e che il pavimento

risponde, è quello di far sedere due bambini uno di fronte all’altro a gambe tese e con i

piedi a contatto: uno dei due fa la parte del

pavimento che spinge, raccontando ciò che

prova.

I bambini della scuola primaria possono al termine delle esperienze:

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riflettere e compilare delle prove scritte

realizzare rappresentazioni delle esperienze fatte.

L’alunna usa frecce di colore e forma varie per rappresentare indifferentemente intensità di

forza, punti di applicazione e tipi di forze. Significativa è la freccia azzurra sulla testa delle ragazze, che dovrebbe indicare lo sforzo compiuto

Anche i più grandi passeranno per questa serie di esperienze che saranno condotte in gruppo in modo autonomo, con la guida di schede di lavoro.

Queste attività sono molto significative per avviare gli alunni alla consapevolezza che quando parliamo di forze parliamo di coppie di azioni contrapposte. In particolare non dimenticano facilmente che anche il pavimento ha un ruolo ed esercita una forza.

Spingere la parete

Quali muscoli stai utilizzando?

_________________________________________

Cosa accade all’oggetto quando fai forza?

Da che parte fai forza (direzione delle forze)?

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CONSIDERAZIONI DISCIPLINARI E COGNITIVE

Le attività, richiedendo agli alunni di riflettere sulle sensazioni che provano, su quali parti del loro corpo siano coinvolte e sui cambiamenti che osservano, li

stimolano a cercare di individuare le forze in gioco e le sorgenti che le

generano. In questo modo i bambini sono guidati a comprendere come le forze

agiscano in coppie antagoniste, a ricostruire le catene di azioni e reazioni e a

trovare modi per rappresentarle.

In un primo momento, la percezione immediata è quella di rilevare la forza

solo dalla parte di chi "fa fatica" o produce un effetto. In effetti fin dai primi approcci ci si accorge dell’intreccio stretto che c’è tra l’idea di forza e quella di

energia.

È con queste prime esperienze che si comincia a separare un fare forza, come

semplice interazione tra due sistemi o come energia di sistemi che fanno

forza.

Vale la pena di evocare situazioni-limite in cui "c’è molta forza" senza passaggi

di energia (un tavolo che sostiene una pila di libri pesanti) oppure in cui due sistemi che si fanno forza si trasmettono continuamente energia (un bambino

che tira su la serranda di una finestra). Arrivando così a costruire un concetto

più astratto e più generale di forza che diventa in qualche modo "indifferente"

rispetto ai trasferimenti di energie in gioco.

ATTIVITA’ CON GLI ALUNNI

Tornando all’esperienza della spinta è importante comprendere come solo la molteplicità delle attività consente una corretta ricostruzione concettuale proprio perché mira a creare situazioni che evidenziano la presenza di altri attori (il muro, il pavimento, l’oggetto, ecc.) normalmente

trascurati.

L’esperienza cruciale è quella in cui il muro che viene spinto è sostituito da un compagno che gli dà voce raccontando cosa "prova" e cosa "fa". Chi spinge comprende meglio il ruolo del muro quando questo è sostituito da un bambino che non oppone resistenza e fa il "muro di carta".

L’entità delle forze in gioco può essere misurata usando due bilance pesa-persone contrapposte tra le mani dei ragazzi che si fronteggiano, o anche una contro il muro e una sotto i piedi, ecc.

Un’altra esperienza interessante è quella di fare le

impronte delle mani sul foglio appoggiato al tavolo e

tenuto in mano dall’adulto.

a. Formulazioni di ipotesi cosa succederà?

b. Considerazioni e Rielaborazione verbale

dell’attività svolta.

c. Invitare i bambini a pensare quali parti del

corpo hanno usato

Le esperienze proposte, assieme a quelle del torcere e del tirare, possono costituire un percorso autonomo

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proponibile a tutti i livelli scolari.

Infine è interessante notare come bambini di scuola dell’infanzia, elementare e media propongano rappresentazioni grafiche delle forze e delle loro composizioni: qualcuno si limita ad usare colori, altri usano simboli e frecce indifferentemente, altri ancora solo frecce.

CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

L’attività richiede solo materiali facilmente reperibili (bilance pesapersone,

pattini a rotelle, tappetini) e può essere svolta in circa 2 ore con gli alunni dai

10 anni in su.

Questi provano in gruppi autonomi esperienze da condividere e confrontare durante la discussione, dopo aver steso una relazione (gruppi di lavoro)

Con i piccoli invece è necessario più tempo perché è importante dare spazio al

provare in prima persona e al raccontare, anche attraverso il disegno, azioni e

percezioni.

Particolare interesse assumono anche le osservazioni di chi assiste.

Per guidare l’osservazione l’insegnante pone domande del tipo: cosa provi

quando…? Cosa succede all’oggetto su cui si fa forza? Quali cambiamenti noti?

Mentre le spiegazioni sono aiutate chiedendo ad esempio: Chi fa forza? Ci sono parti del corpo con cui fai forza ma non te l’aspettavi? Come fai forza? Quante

forze sono in gioco? Quali indizi hai per dire che il muro fa forza? Perché con i

pattini ai piedi fai meno forza?

Per i ragazzi più grandi le domande possono essere poste anche attraverso una scheda di lavoro, da gestire in gruppo.

SCHEDA DI LAVORO PER LE MEDIE

PREMESSA

Distribuite all’interno del gruppo i seguenti ruoli:

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Organizzatore: coordina il lavoro del gruppo Segretario: prende nota degli esiti delle attività, delle osservazioni emerse e delle

eventuali discussioni Relatore: prepara il lucido ed espone il lavoro all’interno del gruppo Controllore: dei tempi, del rispetto dei ruoli

Per i prossimi incontri i gruppi restano gli stessi mentre i ruoli dovranno essere riassegnati a rotazione

Esperienze con il corpo

1. Spingere contro il muro 2. Spingere contro una persona che fa il muro 3. Spingere contro una persona che fa il muro di carta

Raccogliete le sensazioni provate da chi svolge in prima persona queste esperienze e le

osservazioni di chi è spettatore.

Fatene una relazione su un lucido anche con dei disegni tenendo conto di queste domande:

Come si fa forza? Quante forze sono in gioco? Cosa succede quando si fa forza? Come disegni qualcuno che fa forza? Quali sono a vostro parere i concetti fondamentali emersi da tali attività? Riflettete anche sulle modalità di lavoro all’interno del gruppo, sul rispetto dei ruoli assegnati, sulle difficoltà riscontrate, sui vantaggi osservati.

Tema dell’attività: Fare forza torcendo

[1 intervento di 2-3 ore]

Come mai non basta una mano per

strizzare i panni?

Gli alunni sono invitati svitare/avvitare

coperchi di barattoli, a strizzare panni, a

spremere agrumi, avvitare lampadine,

agendo da soli, in coppia o provando con una

mano sola.

Il torcere è, insieme al tirare e allo spingere, una delle modalità con cui il corpo umano fa

forza.

Per favorire negli alunni l’acquisizione della consapevolezza dei movimenti implicati in azioni comuni in cui si hanno torsioni, si propongono attività e

giochi: vengono invitati a svitare barattoli con tappi più o meno resistenti,

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strizzare un panno bagnato, spremere un’arancia, avvitare una lampadina,

aprire un rubinetto.

Con i bambini più piccoli è importante concedere molto tempo a questa fase, alla riflessione individuale e collettiva sulle modificazioni che percepiscono nel

proprio corpo e su quelle che osservano negli altri e alla verbalizzazione.

Infatti la pluralità delle situazioni proposte è finalizzata a focalizzare

l’attenzione su di sé e in particolare sulla parte del corpo che fa forza. L’osservazione degli altri permette di evocare esperienze già fatte e di

concentrarsi maggiormente sui cambiamenti.

Con i ragazzi più grandi si può lavorare su un numero minore di esperienze

dirette per richiamare piuttosto situazioni vissute, o ipotizzarle. In ogni caso è

importante che gli alunni prestino attenzione alle forze in gioco e alla loro

rappresentazione.

Scheda di lavoro

- Rotazione oggetto (barattolo, lampadario)

Quali muscoli stai utilizzando?

Cosa accade all’oggetto quando fai forza?

Da che parte fai forza (direzione delle forze)?

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1. ATTIVITA’ SCRITTA

Descrivi le esperienze svolte in aula individuando, di volta in volta, i sistemi

interagenti e le “catene d’interazione”. Specifica il tipo di interazione in termini di

spingere, tirare, torcere.

.........................................................................................................................................

............................................................................................................................. ............

.........................................................................................................................................

............................................................................................................................. ............

............................................................................................

CONCLUSIONI

Gli oggetti coinvolti nel sistema di far forza sono sempre almeno due; ognuno di essi

fa forza contro quelli contigui; nel loro insieme tutti gli oggetti coinvolti formano una

catena chiusa.

CONSIDERAZIONI DISCIPLINARI E COGNITIVI

Queste attività richiedono agli alunni di riflettere sulle sensazioni che provano, su quali parti del loro corpo siano coinvolte e sui cambiamenti che osservano

per cercare di individuare le forze in gioco e le sorgenti che le generano. In

questo modo i più grandi sono guidati a comprendere come le forze agiscano in

coppie antagoniste e a ricostruire le catene di azioni e reazioni che interessano

il loro corpo.

Vengono riconosciute le analogie con il tirare e lo spingere (coppie di forze,

intensità, sorgenti …) ma viene evidenziata anche una differenza: la direzione

con cui le forze agiscono non è più rettilinea ma rotatoria e quindi si può

parlare di verso orario e antiorario, come i bambini ben illustrano con i loro

disegni.

Gli alunni si concentrano sull’obiettivo dello svitare/avvitare e, facendo riferimento alla

percezione immediata, tendono a trascurare il ruolo

di chi/cosa tiene fermo l’oggetto, per cui è

particolarmente significativo che durante l’esperienza li si inviti a prestare particolare attenzione alla

presenza delle coppie antagoniste.

Dopo aver riflettuto sulla presenza in ogni caso di

forze che agiscono in coppia, è interessante creare

situazioni in cui una delle forze non è esercitata dal

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corpo umano o da un apposito strumento, ma dalla massa dell’oggetto stesso.

Ad esempio si può aprire un sacco chiuso con un filo metallico torto usando

una sola mano per svitarlo solo se il sacchetto è sufficientemente pieno da

restare fermo facendo "forza" con il proprio peso.

Le esperienze proposte, assieme a quelle dello spingere e del tirare, possono

costituire un percorso autonomo proponibile a tutti i livelli scolari.

CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

L’attività richiede solo materiali facilmente reperibili (barattoli, lampadine con

portalampade, caffettiere, panni bagnati, spremiagrumi…) e può essere svolta

in circa 2 ore con gli alunni dai 10 anni in su.

Questi provano in gruppi autonomi esperienze da condividere e confrontare

durante la discussione.

Con i piccoli invece è necessario più tempo perché è importante dare spazio al

provare in prima persona e al raccontare, anche attraverso il disegno, azioni e

percezioni.

Particolare interesse assumono anche le considerazioni di chi assiste.

Per guidare le osservazioni l’insegnante pone domande del tipo: cosa provi

quando…? Con quali parti del corpo senti di fare forza? Cosa succede al

barattolo? … al panno che strizzi? Mentre le spiegazioni sono aiutate chiedendo ad esempio: quante forze sono in gioco? Come fai forza? Quali indizi hai per

dire che anche il bacino fa forza? Perché a braccio di ferro c’è la regola di

tenere l’altro braccio dietro la schiena? Si può giocare a braccio di ferro seduti

su una sedia a rotelle?

Per sollecitare l’individuazione di problemi e la curiosità: E se avessi le mani

unte o insaponate? Se non riuscissi ad aprire un barattolo cosa potresti fare?

Tema dell’attività: Tirare

[1 intervento di 2 ore]

Come ti metti per tirare forte?

Gli alunni sono invitati a sperimentare

situazioni in cui si fa forza tirando oggetti fissi o mobili. Prendono così coscienza di

come usano il corpo e di come l’oggetto

risponde alle loro sollecitazioni. Le

esperienze possono essere arricchite da osservazioni sul ruolo giocato dall’attrito.

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Tirare oggetti verso di sé è un’altra delle attività che possono essere svolte con

gli alunni per indurre riflessioni sul corpo e sui suoi modi di fare forza.

Se la percezione dello spingere come allungamento, espansione del corpo è

abbastanza immediata, altrettanto non si può dire per la contrazione,

compressione insita nel tirare.

Infatti se chiediamo ad un alunno di avvicinare un oggetto a sé, spesso la sua

attenzione è posta sul movimento del braccio che si allontana per afferrare l’oggetto piuttosto che sul suo successivo avvicinamento al corpo per

raggiungere l’obiettivo.

Varie possono essere le proposte di lavoro per i diversi livelli scolari: più

ludiche con i più piccoli che verranno invitati a giocare al tiro alla fune o al tiro

al bastone, più strutturate, attraverso schede di lavoro, per i più grandi.

ESERCIZI e RIFLESSIONI

Cosa succede agli oggetti durante l’interazione di far forza. Centrare la riflessione su

analogie e differenze fra quello che succede al ragazzo e all’oggetto.

Esperienza: effetti delle forze muscolari sugli oggetti - Tirare una cassa

In questi caso il bambini tira: tiene una parte del corpo

allungata, le braccia sono tese e con il corpo formano

una specie di arco contraendosi.

Quali muscoli stati utilizzando?

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

Cosa accade all’oggetto quando fai forza?

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

Da che parte fai forza? Osserva le frecce sul disegno e prova a rispondere.

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

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E’ opportuno iniziare tirando oggetti fissi (maniglia di una porta chiusa, il

termosifone, …) in modo che l’attenzione venga concentrata su di sé, sulle

sensazioni e sui cambiamenti che si osservano. Questo è utile anche per porre

l’attenzione sulla catena di forza che intervengono e sul loro trasferimento dal

corpo che tira il termosifone, che a sua volta tira il muro, ecc….

Per arricchire l’esperienza e favorire la percezione di tutte le componenti in gioco può essere utile introdurre nell’osservazione la variabile attrito,

eliminandola con vari stratagemmi come tappetini, pattini, pavimenti più o

meno ruvidi.

In questo caso gli alunni si rendono conto che per fare forza al meglio occorre

impegnare tutto il corpo e che, se i piedi non trovano la pari risposta dal

pavimento (coppia antagonista) si determina uno sbilanciamento che

impedisce l’esercizio del tirare.

Il passo successivo è quello di tirare oggetti mobili come la cattedra, una

cassetta piena di libri, una seggiola … quest’attività permette di osservare il

movimento come conseguenza dell’azione di una forza, situazione che

introduce il problema della relazione tra "forza – energia – movimento". SCHEDE DI LAVORO PER I GRANDI Esperienze con il corpo

1. Tirare il termosifone

2. Tirare un compagno 3. Tirare la cattedra

Raccogliete le sensazioni provate da chi svolge in prima persona queste esperienze e le osservazioni di chi è spettatore. Fatene una relazione su un lucido anche con dei disegni tenendo conto di queste domande: Come si fa forza? Quante forze sono in gioco? Cosa succede quando si fa forza? Come disegni qualcuno che fa forza? Quali sono a vostro parere i concetti fondamentali emersi da tali attività?

Un ulteriore approfondimento può essere quello linguistico

ANALISI TERMINI: spostare, sollevare, spingere, tirare

SPERIMENTARE il significato dei termini utilizzando materiale diverso

Fare confronti e considerazioni collettive sulle esperienze con materiale più o

meno pesante.

Il nostro corpo per far forza deve deformarsi fra due cose ( il pavimento e lo scatolone che sto

spingendo o tirando / le due estremità tenute con le due mani dell’oggetto che sto piegando/ il

pavimento e l’oggetto che sto sollevando).

Fare forza per alzare un oggetto molto pesante. Serve tutto il corpo per fare forza? Il bambino deve dire cosa sente, si può chiedere perché si induriscono pure la pancia e le gambe, Rielaborazione individuale grafica e verbale.

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INTERAZIONE TRA SORGENTI E MATERIALE

Tema dell’attività: Fare forza su materiali diversi

[2 interventi di 1-3 ore ciascuno]

Chi schiaccia più forte?

Suggerire e proporre esperienze che

inducono i bambini a considerare l’interazione tra sorgente e materiali: ogni

volta che si fa forza con il solo corpo sugli

oggetti, si determinano effetti diversi in

funzione della forza esercitata e della natura dei materiali.

Le attività si svolgono in palestra e in aula: su tavoli e sul pavimento a disposizione dei bambini ci sono oggetti e materiali diversi per forma, dimensione, struttura. I bambini, suddivisi in gruppi di cinque o sei, vengono

invitati a fare forza su vari materiali. Inizialmente, l’agire con la forza delle

mani sui materiali sarà finalizzato soltanto a spezzare, rompere, fare a pezzi,"

provare" e " provarsi".

1. Gli oggetti fanno forza contro di noi.

a. Far forza su materiale deformabile: schiaccio la gommapiuma

b. Conversazione durante l’esperienza: che cosa succede? Se premiamo

sul tavolo cosa succede? cosa cambia?

c. Anche gli oggetti fanno forza? Esperimento con gli oggetti: metto gli

oggetti sulla gommapiuma: cosa succede, anche gli oggetti fanno

forza?

d. rielaborazione individuale grafica e verbale

2. Mettere un bastone sotto i piedi e riprovo a schiacciare la gommapiuma:

a. Raccogliere le considerazioni dei bambini e focalizzare la loro attenzione

sull’importanza del pavimento nel sistema di forze.

3.L’attrito è una forza esercitata da due mezzi (piedi-pavimento, piedi-

bastoni e bastoni –pavimento)

a. Mettere un bastone sotto i piedi e riprovo a schiacciare la

gommapiuma: considerazioni

b. Metto i bastoni sotto i piedi e spingo il muro, tiro uno scatolone, spingo

uno scatolone.

c. proviamo ad alzarci mettendoci schiena contro schiena. Dove faccio

forza? Anche il pavimento fa forza? Mettiamo sotto alle scarpe del

materiale che riduce l’attrito es. sacchetti

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d. Usiamo lo scivolo prima in modo spontaneo e poi mettendo sotto la

seduta un materiale che riduce l’attrito.

Dopo il primo approccio, l’insegnante chiede ai bambini di osservare quale parte del corpo è coinvolta quando fanno forza e cosa succede ai

materiali soggetti a flessioni, torsioni, tensioni e schiacciamenti .

La nuova consegna induce i bambini a prestare maggiormente attenzione agli

aggiustamenti che bisogna fare per determinare differenti effetti, si

incuriosiscono di fronte a comportamenti non previsti, mettono in comune conoscenze individuali e scoperte precedenti, agganci con esperienze di

manipolazione e di costruzione, in cui ad esempio la sola forza delle mani non

sempre riesce ad avere ragione della forza delle " cose”.

Durante la fase della comunicazione collettiva, il confronto tra le riflessioni

continua sotto la guida ragionata dell’insegnante che recupera le pre-

conoscenze, sollecita ad una esplicitazione verbale più adeguata e pertinente, valorizza gli interventi volti ad evidenziare la scoperta del fare forza reciproca

tra sorgente semplice primaria e i corpi materiali. Alla discussione segue una

rappresentazione grafica, una relazione scritta dell’esperienza, uno schema

riassuntivo dei risultati delle prove effettuate.

Tabella esemplificativa n.1

Indica con una x con quali parti del corpo fai forza per eseguire le seguenti azioni

Braccia Gambe Mani Piedi Busto Testa

Alzare

Tirare

Trascinare

Spingere

Calciare

Torcere

Sollevare

Sfregare

Lanciare

Spezzare

Svitare

Schiacciare

Spremere

Sbattere

La tabella rappresenta una forma di schematizzazione pensata dagli insegnanti alla fine di una serie di prove e di azioni effettuate con gli alunni con lo scopo di riflettere sul significato di queste azioni in relazione al corpo mentre si ha a che fare con materiali diversi.

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Tabella esemplificativa n.2

Dopo aver sperimentato la tua forza con questi oggetti, prova a raggrupparli nella seguente tabella

E’ deformabile E’ indeformabile

Torna allo stato di riposo

Das x

Creta x

Barretta di ferro

x

Molla a spirale x

Elastico sottile x

Elastico largo x

Corda di chitarra

x x

Ramoscello x

Spugna x

Molla di ferro x

Tavoletta di legno

x

L’INTERAZIONE CON OGGETTI di materiale diverso

1) Distinzione tra oggetti deformabili e indeformabili, tra fenomeno reversibile

ed irreversibile.

a) Attività con oggetti di vario tipo: molle, elastici per pacchetti, elastici per

indumenti, elastici da portabagagli, strisce di camere d’aria, palloncini di gomma gonfiabili, oggetti di legno, vetro, metallo, pezzi di creta, di pasta

da modellare, fili di stagno, spugne.

b) Attività descrittive verbali e scritte o attraverso disegni delle esperienze

fatte.

Per i più grandi si possono proporre esperienze con materiali diversi

indeformabili, elastici e plastici: deformare, modellare, rompere e strappare.

Chiedete agli alunni in quali altri modi sia possibile produrre delle deformazioni.

(Con quali altri oggetti o materiali). Verranno prospettate varie ipotesi, quali:

1) schiacciare della gommapiuma, del cartone,

2) allungare elastici, sacchetti di plastica, molle,

3) piegare oggetti di legno, plastica, metallo, ecc.

Fate poi portare i materiali indicati per sperimentarli.

Dopo che gli studenti hanno sperimentato vari tipi di deformazioni con diversi

materiali, chiedete, di nuovo: "queste deformazioni a che cosa sono dovute?"

Gli studenti diventano così consapevoli che ogniqualvolta vi è una deformazione vi è una forza (qualcuno o qualcosa fa forza).

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OGGETTI CHE VARIANO DI FORMA E DIVENTANO SORGENTI DI FORZE

Se vogliamo deformare un qualunque oggetto dobbiamo esercitare forza e

trasferirgli energia durante tutto il processo di deformazione.

Istante per istante il sistema che stiamo deformando esercita contro di noi forze uguali e contrarie a quelle che stiamo facendo ed istante per istante c’è

un flusso di energia da noi verso questo sistema.

Interazione molla- bambino.

L’estremo di una molla è agganciato al muro e l’altro estremo viene tirato lentamente dal bambino fino ad ottenere il massimo dell’allungamento

possibile con le sue forze (1). La molla viene tenuta tesa per qualche istante

(2)e poi rilasciata lentamente (3)finché torna alla sua posizione di riposo.

Durante la fase 1 il bambino deve fare una forza sempre più grande, ma in ogni istante tanta forza fa il bambino quanta ne fa la molla. C’è equilibrio. La

stessa situazione di equilibrio, istante per istante, vale sia nella fase 2, in cui il

bambino tiene ferma la molla allungata al massimo e fa quindi una forza

costante, sia nella fase 3, in cui il bambino sta facendo tornare la molla nella

sua posizione di riposo e quindi fa una forza sempre più piccola.

Mentre la molla cambia forma c’è un trasferimento di energia fra molla e bambino, a differenza di quanto avviene quando la molla sta ferma.

ESERCIZIO SCRITTO

I corpi possono essere classificati in base agli effetti prodotti da una forza esterna in corpi rigidi

e deformabili e questi ultimi, in base al diverso modo in cui si comportano quando le forze che

li hanno deformati scompaiono, in corpi elastici e plastici.

3.1) Esperimento - Prova a deformare alcuni oggetti (spugne, molle, fili di stagno, sferette di

acciaio e in base al loro comportamento classificali come: (a) rigidi, (b) deformabili

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elasticamente; (c) deformabili anelasticamente. Evidenzia di volta in volta le differenti modalità

con cui essi reagiscono all’interazione con una forza esterna.

a).................................................................................................................................

..………………....................................................................................................................

....................................................................................................................................

b).................................................................................................................................

....................................................................................................................................

....................................................................................................................................

c).......................................................................................................................…………

....................................................................................................................................

....................................................................................................................................

DISEGNARE E’ interessante chiedere agli studenti di rappresentare schematicamente le forze che hanno esercitato sugli oggetti sui quali hanno sperimentato vari tipi di deformazioni. CLASSIFICARE gli oggetti secondo il criterio deformazione reversibile o irreversibile

CONSIDERAZIONI DISCIPLINARI E COGNITIVE

Nei giochi di fare forza tra sorgenti semplici primarie e corpi materiali i bambini

sono fautori e contemporaneamente osservatori dei fatti che avvengono. Come

tali essi possono pervenire a prime forme di generalizzazione collegando fatti

ed esperienze che avvengono a scuola con episodi di vita quotidiana vissuti

senza avervi prestato troppa attenzione.

In esperienze precedenti si è evidenziato che per la maggior parte dei bambini

"fare forza" corrisponde a mettercela tutta per....e per questo motivo, legate al

concetto di "forza" inizialmente vengono fuori solo le parole: rompere,

spezzare.

I bambini dunque, sono impegnati nel "vincere", e soltanto dopo ripetute

esperienze si rendono conto che la deformazione del materiale avviene o non avviene in funzione della propria forza che interagisce con la forma e la

natura del materiale.

Essi si accorgono che per deformare un qualunque oggetto bisogna esercitare

forza e trasferirgli energia durante tutto il processo di

deformazione. Contemporaneamente si rendono conto della forza che il materiale esercita contro di loro e contro la superficie di appoggio quando lo

deformano; comprendono che l’oggetto mentre lo deformano esercita contro di

loro una forza uguale e contraria a quella che loro stanno facendo.

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Risulta più difficile per loro capire che la forma che ciascun oggetto ha in

assenza di sollecitazioni esterne è garantita dall’equilibrio delle forze interne

all’oggetto stesso

CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

Le attività si svolgono in palestra e in aula o anche all’aperto in tre incontri di

circa due ore ciascuno (il tempo indicato può variare in + o in - a seconda della

fascia d’età e del numero degli alunni). I bambini del gruppo classe possono essere suddivisi in sottogruppi sotto il coordinamento dell’insegnante di classe.

I materiali che bisogna mettere a disposizione dei bambini sono: molle metalliche, elastici, rami, spugne, creta, sassi, stoffe, carte, cartone, plastica,

barrette di legno, barrette metalliche, fili di lana, cotonine, spago, corde,

polistirolo, palle di gomma, palline da ping-pong, ferri da lana, filo di ferro,

nastri di raso, seta, plastilina.

Il lavoro si attua attraverso le seguenti fasi: presentazione dei materiali e proposta e realizzazione dell’attività;

discussione e confronto in sottogruppo;

discussione e considerazioni con tutta la classe;

formalizzazione grafica e scritta dell’esperienza individuale o di

sottogruppo; sintesi delle conclusioni (tabella, relazioni).

L’esperienza è proponibile come prosecuzione di esperienze di manipolazione e di ricostruzione, potenzialmente presenti nella scuola dell’infanzia e nel primo

ciclo, mentre può rappresentare un aggancio per ulteriori esperienze sugli

effetti statici e dinamici del fare forza sui corpi materiali.

Durante le discussioni di gruppo riveste un ruolo notevole l’intervento

dell’insegnante che raccoglie i tentativi di interpretazione dei bambini, li stimola a cogliere i legami tra esperienze apparentemente diverse e lontane tra

di loro, ne sollecita osservazioni utili per individuare gli ingredienti caratteristici

della situazione, leggi, costanti e variabili attraverso domande quali: come era

prima, cosa hai fatto, cosa è successo dopo la tua azione; secondo te perché è successo? oppure Sono accadute altre cose in una situazione simile? E’

accaduta la stessa cosa in altre situazioni ?

Le sintesi ed il confronto tra le diverse opinioni favoriscono la condivisione delle

scoperte ed aprono la strada a nuove conoscenze.

Troviamo utile per l’insegnante rileggere le considerazioni dette o scritte dai

bambini. Così facendo egli può verificare a che punto sono e come poter

calibrare gli interventi successivi. Inoltre può offrire ai bambini stessi il resoconto delle loro osservazioni, dando loro la possibilità di pervenire a nuove

generalizzazioni in una spirale continua di esplorazione, ipotesi, verifica e

sintesi. La cosa importante per l’insegnante è avere sempre ben chiaro che i

bambini devono essere coinvolti in esperienze variate, coinvolgenti e motivanti.

Il rischio in cui si può incorrere è di cadere in una noiosa routine.

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Tema dell’attività: allungare elastici e molle

[2 interventi di 1-2 ore ciascuno]

Allungami e ti dirò quanto vali

Gli alunni tirano elastici di varia forma e

dimensione, ne osservano i cambiamenti e

le reazioni, ascoltano le proprie sensazioni. Successivamente provano ad attaccare

pesi ad elastici diversi per misurare l’entità

dell’allungamento e scoprirne le regolarità

Queste attività prevedono

l’osservazione attenta di ciò che accade quando un elastico si allunga e si accorcia.

Gli alunni giocano dapprima individualmente con gli elastici ed osservano i

cambiamenti che avvengono. Si rendono conto che un elastico quando viene

sottoposto ad una forza subisce diverse modificazioni. A partire da queste, i gruppi dei più grandi possono iniziare a lavorare per giungere, attraverso le

attività successive, a scoprire regolarità nelle reazioni di un elastico. I bambini di scuola d’infanzia racconteranno l’esperienza anche attraverso il disegno.

Ai bambini di scuola primaria vengono proposte attività più strutturate.

Le forze producono allungamenti: giochiamo con gli elastici.

a) Si presenta ai bambini un mucchio di elastici diversi, di tutti i tipi possibili, insieme ad alcuni spaghi, corde.

b) Domande possibili per provocare una discussione. Chi fa forza? L’elastico

fa forza? Da che parte? Come è fatto un elastico per poter tirare?

c) Individuare le forze e la loro direzione

Ogni sistema può essere una sorgente di forze e fa forza in due posti diversi

1. DISCUSSIONE

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Chiedere se una molla, un elastico, una spugna fanno forza. “Quando fanno

forza?” “Si può far forza contro un elastico, una molla, una spugna?”

- Deformazione temporanea oggetti: elastici e molle

Facciamo forza contro la molla o un elastico per allungarla

Chi fa forza?

Cosa accade all’oggetto quando fai forza?

Da che parte fai forza?

Ora comprimiamola con due dita e descriviamo cosa succede?

Alcuni bambini possono rendere esplicito il legame tra il progressivo

allungamento e l’aumento della forza che bisogna fare.

Inoltre l’elastico cambia man mano che si allunga.

DISEGNO Disegna in modo sintetico cosa succede all’oggetto su cui fai forza.

CONCLUSIONI

Qualunque corpo resite a chi cerca di comprimerlo, schiacciarlo, allungarlo.

Occorre sottolineare il Principio di Azione e Reazione: se un sistema A agisce con una forza “azione” FAB sul sistema B, B agisce su A con una “reazione”

FAB uguale e contraria. Le due forze agiscono rispettivamente la prima su A la

seconda su B.

Esempi di osservazioni emerse dal lavoro dei ragazzi delle classi 2° della scuola media

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Sugli elastici in tensione:

Lo spessore viene dimezzato e anche la larghezza La sua lunghezza si triplica Il suo colore si schiarisce per l’allungarsi delle fibre

Le fibre si allungano solo in lunghezza e quasi nulla in larghezza e tendendosi diventano più

dure e snelle Se lo tiri si allunga, se lo molli si accorcia

L’elastico può tenere più del suo peso Se lo tiri troppo si rompe Se lo metti in tensione e lo fai vibrare, emette dei suoni Non lo si può deformare

Se lo si tira e poi lo si molla da una parte l’elastico “parte” nella direzione opposto a quella

da cui lo si molla Se lo si tira il colore diventa meno denso Se l’elastico è più fino si tira più facilmente Se l’elastico è più fino si rompe più facilmente

Ha un limite di elasticità, tirando troppo si rompe Se lo metto intorno ad un oggetto non solido si restringe

ATTIVITA’: tirare oggetti con l’elastico Può essere significativo, a questo proposito, tirare un oggetto mobile per

mezzo di un elastico, esperienza che offre ampi spunti di riflessione. Tirare una sedia con un lungo elastico fettuccia. Si annoda un lungo elastico a fettuccia alla gamba di una sedia; si chiama poi un bambino che dovrà tirare lentamente l’elastico.

a. I bambini discutono, realizzano disegni e scrivono brevi spiegazioni, sia prima di fare l’esperienza, che dopo averla fatta.

b. Possibili domande: Chi tira di più il bambino o l’elastico? Da che parte tira l’elastico? La sedia tira? Il pavimento è importante? Perché?

c. Man mano che il bambino si allontana, l’elastico si allunga. Più l’elastico si allunga più accumula energia che poi è in grado di restituire quando si accorcia; infatti più l’elastico è allungato e più fa forza sui suoi estremi e più ha energia da spendere quando verrà in qualche modo scaricato.

Finché l’elastico non fa una certa forza minima, che serve alla sedia per vincere l’attrito dei quattro piedini sul pavimento, è perfettamente inutile che il bambino stia lì fermo con l’elastico tirato ad aspettare che la sedia si muova. L’elastico è in grado di fare da rilevatore di forza, nel senso che più fa forza e più si allunga.

Poiché l’elastico si allunga sempre di più, vuol dire che la bambina tira sempre di più, ma anche che la sedia riesce a fare la forza che fa la bambina ( perché pesa ed è “incastrata” nel pavimento). Quando la sedia comincia a muoversi, l’elastico si accorcia immediatamente; ciò vuol dire che sente due forze minori. Quando infine la bambina si trascina la sedia appresso camminando per l’aula, l’elastico resta più o meno allungato in un certo modo e quindi vorrà dire che è tirato da due forze uguali: la bambina che tira camminando e la sedia che…camminando tira, nel senso che fa forza perché col suo peso struscia contro il pavimento.

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a. Far discutere i bambini prima di provare questa esperienza b. Se si tira la sedia con un elastico duro, la sedia si muove subito ma, siccome l’elastico si

è caricato poco, una volta partito si arresta subito perché l’elastico non è in grado di fare quella forza per molto tempo ( ha poca energia).

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Tirare una sedia con un elastico a fettuccia lungo il doppio.

a. Far discutere i bambini prima di provare questa esperienza b. Se si tira la sedia con un elastico a fettuccia lungo il doppio rispetto a prima, la sedia si

sposta quando è tirata dalla stessa forza di prima, ma poi avanza da sola per un lungo tratto perché l’elastico ha accumulato tanta energia e può tirare per molto.

Sostituire l’elastico con una corda

a. I bambini discutono della differenza che c’è tra il tirare con la corda e con l’elastico. b. La corda si può considerare come un elastico che trasmette la forza ma non si carica di

energia, per cui quando il bambino smette di tirare anche la sedia si ferma istantaneamente.

Tema dell’attività: Fare forza sulla panca

[1 interventi di 2 ore]

Forza contro forza

Per poter confrontare due forze è necessario confrontare gli effetti

conseguenti al fare forza ed

anche che le forze siano dello

stesso tipo. Nasce l’esigenza di costituire

situazioni in cui vi siano due

forze contrapposte.

Si propongono quindi gare di forza tra due bambini, a spingere con la panca, e

a tirare con la fune.

Come si fa a confrontare due forze?

a) Discussione, raccolta di osservazioni orali/scritte su come mettere a

confronto due forze; è necessario poter vedere gli effetti di due forze che si oppongono e che le due forze siano dello stesso tipo.

b) Costruire situazioni in cui vi siano due forze contrapposte, si propongono

gare di forza tra due bambini Un altro gioco opposto al tiro alla fune è

quello della spinta alla panca. I due bambini spingono, uno contro l’altro,

più forte che possono, ai due estremi di una panca. La panca può essere sostituita da un bastone lungo o da una tavola di legno.

2) Come si fa forza quando si spinge la panca

Dove si fa forza quando si spinge la panca a) Devono parlare sia i bambini che fanno il gioco che quelli che guardano.

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b) E’ utile far dire al bambino dove sente di far forza sia quando sta

vincendo sia quando sta perdendo.

c) I bambini possono fare dei disegni per tentare di spiegare questi

concetti. I più grandi segneranno, ciascuno come desidera, (senza

suggerire di usare le frecce) dove pensano ci siano le forze (è possibile usare il disegno qui sotto riportato).

d) Coi disegni davanti si può poi proseguire la discussione. Dovrebbe

emergere l’importanza dei piedi e delle scarpe e il ruolo del pavimento.

Lo stesso lavoro si può fare con il tiro alla fune.

Tema dell’attività: Tiro alla fune

[2 interventi di 1-2 ore ciascuno]

Come si tira meglio

Cosa succede al proprio corpo e

alla corda quando si gioca al tiro alla fune?

Si propone ai bambini di fare attenzione a cosa percepisce il proprio corpo e

cosa accade alla corda quando si fa forza per tirare.

L’attività si articola in quattro momenti diversi:il gioco, la discussione di

gruppo, la rappresentazione grafica e la relazione scritta.

Prima di dare inizio al gioco viene tracciata a terra una linea che delimita i due

campi opposti. I bambini a coppie devono tirare la fune cercando di portare

l’avversario nel proprio campo.

L’insegnante ricorda ai bambini di porre sempre attenzione a tutto ciò che succede al corpo e alla corda sia quando stanno in equilibrio sia quando

qualcuno vince. Successivamente, quando tutti hanno sperimentato la propria

"forza" durante il gioco, ci si siede in cerchio per discutere e confrontarsi sulle

proprie percezioni e su quanto si è osservato. A volte si avverte la necessità di ritornare al gioco più volte, per poter riportare l’attenzione su qualche aspetto

in particolare.

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Nel corso della discussione l’insegnante orienta con opportune domande gli

interventi dei bambini: "Cosa succedeva a te e alla corda quando tiravi? Cosa

accadeva alla fune quando tiravi a scatti? Cosa cambiava quando riuscivi a

portare il tuo avversario dall’altro lato? Qualcuno ha visto che posizione

assumeva il corpo del compagno ? Come facevi a non scivolare? Che significa

"sprigionare forza?"

Dopo la discussione i bambini rappresentano graficamente l’esperienza;

indicano sul disegno dove sono le forze, infine stendono una relazione scritta. I

disegni e la relazione sono la base per nuovi confronti. Al termine dell’attività i

bambini arrivano a condividere idee su come interagiscono le forze. Tali idee, fissate su cartelloni murali costituiscono la memoria collettiva

dell’esperienza vissuta; memoria che amplia le possibilità di interpretare e

comprendere ulteriori esperienze.

In entrambi i giochi è implicato il peso del corpo.

1) La panca e la corda fanno forza?

a) Facendo il gioco più volte con i bambini che a turno provano

personalmente a gareggiare, si arriva a dare importanza ad altre forze rispetto a quelle che fa il bambino interessato. Ad esempio, se

l’avversario smette all’improvviso di fare forza, il bambino casca in avanti

o indietro, a seconda che stesse facendo forza verso avanti o indietro.

b) Sostituiamo alla corda un filo molto debole (un filo di lana), ci si accorge che non si riesce a fare forza perché il filo non riesce a farla contro di noi.

c) Facciamo il tiro alla fune con un elastico a fettuccia: ci si accorge che più

si fa forza più si allunga. Si evidenzia l’intensità delle forze e la loro

simmetria. (l’elastico si allunga di qua e di là e non distingue tra la forza

da una parte e quella dall’altra, che sono sempre uguali) 2) L’importanza del pavimento.

a) Mentre giocano i bambini diranno che non riescono a fare forza perché

scivolano. E’ un processo concettualmente difficile, ma se acquisita la

consapevolezza che anche il pavimento fa forza lo schema della configurazione delle forze risulta più completo. Il pavimento non serve

solo per sostenere i bambini che giocano, ma serve anche come oggetto

rigido che si interpone tra i piedi di ciascuno.

b) Proporre il tiro alla fune con i pattini. In tal caso il pavimento continua a sostenere il peso dei bambini, ma la

forza che fa contro i pattini è debolissima.

c) Proporre il tiro alla fune stando seduti con la gambe puntate l’uno contro

l’altro. Il pavimento è così eliminato e i due contendenti sentono le forze

dei loro piedi contrapporsi direttamente.

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CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

Un percorso sulle forze, proposto a qualsiasi età, deve partire sempre dal corpo. Tutte le acquisizioni primitive e fondamentali nascono infatti dall’attività

percettivo - motoria e i bambini riconoscono poi negli oggetti quanto hanno

percepito con i loro corpi.

I bambini sentono che anche la corda tirata dai due giocatori è attraversata

dalla forza, infatti diventa rigida. Inoltre fanno riferimento ad altre esperienze e dicono che anche un elastico, fissato ad un muro e tirato da un dito è

completamente attraversato dalla forza. Ancora, i bambini, nel fare forza, si

rendono conto che bisogna adattarsi e parlano di strategie da mettere in atto

per vincere. Dalle loro parole si evince l’importanza della contrazione del corpo,

della buona presa sul pavimento, del peso o della forza muscolare di chi tira e

così via.

I bambini si rendono conto della necessità di adattarsi.

L’adattamento non è solo relativo alla forza che bisogna fare, ma riguarda anche il modo di puntare i piedi sul pavimento e l’attenzione a portare il

proprio peso indietro.

Questo "aggiustamento", quindi, ha 2 componenti:

- Interno, i muscoli devono contrarsi.

- Esterno, rispetto all’avversario e all’ambiente. Infatti se mi sento tirare via mi

butto indietro o sposto un piede in avanti.

Senza pensarci, agisco per modelli, considerando cioè le forze agenti secondo

una configurazione chiusa. Nel caso del tiro alla fune i sistemi che permettono

ai bambini di fare forza sono la corda tesa e il pavimento rigido. Se la corda si

rompesse e se il pavimento fosse scivoloso i bambini non potrebbero far forza

in nessun modo. Di questo si può discutere con i bambini.

Infine i bambini sanno che le forze si possono compensare cosa che apre la

strada a riflessioni logiche e matematiche.

Giocando al tiro alla fune capita spesso che i bambini vogliano compensare il

peso di un compagno più leggero, facendolo aiutare da un altro.

Questo porta ad una catena di aggiustamenti per compensazione e quindi a

notevoli riflessioni.

Infatti se un bambino tira un capo e uno tira l’altro capo di una corda e stanno

in equilibrio, potremmo far corrispondere questa situazione ad un punto "0",

perché la corda sta ferma, è come se non fosse tirata.

Se i bambini che tirano sono dieci da una parte e dieci dall’altra e la corda continua a restare ferma; dal punto di vista dell’equilibrio della fune, non fa

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nessuna differenza; da un altro punto di vista fa però una bella differenza

perché se si continua ad aumentare il numero dei bambini che tirano da un

capo e dall’altro, ad un certo punto la fune non regge e si rompe.

Quindi c’è un effetto di sottrazione, perché c’è compensazione, ma c’è allo

stesso tempo un aumento della forza che sollecita la corda. Infatti le forze che

tirano si compensano fino a quando la fune regge.

Questo è vero ogni volta che si effettuano sottrazioni o addizioni per vedere

che le cose si equilibrano.

Anche per l’esperienza della bilancia a due piatti, se poggiamo sui piatti un etto da una parte e un etto dall’altra, la bilancia sta pari, assolutamente come nel

tiro alla fune. Poggiamo un chilo da una parte e un chilo dall’altra, la situazione

resta immutata, poggiamo un quintale da una parte e un quintale da un’altra

parte la bilancia si rompe.

Eppure ho aggiunto un certo peso su un piatto, perché compensa quello

poggiato sull’altro piatto; ma c’è la doppia lettura di questa situazione, cioè

cos’è che compensa e cosa non si compensa, ma si aggiunge.

Se è giusto che si leggano matematicamente le situazioni, bisogna capire e

fare in modo che i bambini capiscano che la lettura matematica guarda solo un

aspetto dei fenomeni.

E’ importante distinguere

QUANTA FORZA DI FATTO SI FA

QUANTO SFORZO SI FA PER FARE FORZA (se si fa reggere una borsa con

il braccio teso in giù, il bambino fa uno sforzo, se il braccio è teso in

fuori, lo sforzo è maggiore, se regge la borsa col solo mignolo e col

braccio steso, si vede il braccio che trema. Il bambino sta facendo esattamente la stessa forza di prima, però non solo trema, ma dice:-

Faccio fatica a stare; e aggiunge:-Sto facendo più forza quando reggo la

borsa con il mignolo.- Questo accade perché i bambini sentono il corpo

che sta battagliando, che suda, che trema.

Perché sia meno complicato distinguere la forza dallo sforzo, l’insegnante può sfidare al tiro alla fune un bambino. Si potrà così vedere che per

mantenere l’equilibrio, perché nessuno dei due si sposti, mentre l’adulto

non si affatica, il bambino si; eppure se il bambino lascia

improvvisamente la corda, l’adulto indietreggia.

La forza si riesce a vedere da fuori, lo sforzo dipende dalla situazione

interna di chi lo fa.

LO SFORZO STANCA.

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Tema dell’attività: confronto tra forza muscolare, forze elastiche e

forze peso

Fare forza su materiali elastici

[2 interventi di 1-2 ore ciascuno]

Come si tira meglio

Cosa succede al proprio corpo e alla molla quando si tira e quando si comprime?

E’ importante che gli alunni possano sia utilizzare la stessa molla per tutta una

serie di esperienze diverse, sia confrontare quello che avviene a molle diverse

nelle stesse condizioni. Vanno incoraggiati ad osservare, confrontare, descrivere e discutere, sollecitati

da domande opportune e situazioni differenti.

a) Ogni bambino allunga e comprime una molla fra le mani;

b) una molla viene deformata da due bambini che ne tengono ognuno una

estremità; c) un estremo di una molla è agganciato ad un sostegno e l’altro è tirato da

un bambino;

d) un estremo di una molla è tenuto da un bambino, o agganciato ad un

sostegno e l’altro è agganciato ad un peso, che può essere variato (sacchette riempito con pesi diversi, secchio riempito man mano di

acqua).

Una molla deformata è sorgente di forze. Una molla fa forza alle due estremità

contro i sistemi antagonisti per opporsi alla deformazione e quanto è più deformata tanto più fa forza. Un bambino che tira o comprime una molla tra le

mani sente, infatti, che la forza che egli stesso decide di applicare varia in

maniera correlata alla deformazione della molla, che contemporaneamente è in

grado di vedere.

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La sensazione dello sforzo muscolare permette di individuare qualitativamente

la correlazione corretta fra le grandezze in gioco: intensità della forza e

ampiezza della deformazione.

Cosa accade quando faccio forza contro la molla per comprimerla o allungarla? La molla si carica di energia che si libera quando viene lasciata libera.

SCHEDA 1- UNA MOLLA PUÒ FARE FORZA?

Fai forza contro una molla per comprimerla utilizzando la forza muscolare e

descrivi accuratamente ciò che accade:

_______________________________________________________________

Ricerca e descrivi vari modi per accorciare la molla applicando la forza peso di

un oggetto: _______________________________________________________________

La molla è anch’essa sorgente di forza?

________________________________________________

ASPETTI DISCIPLINARI E COGNITIVI

Quando si passa a situazioni in cui sono in gioco anche reazioni di vincoli (molle agganciate a sostegni) e forze peso (molle deformate da oggetti appesi

o appoggiati) i bambini sono in grado di trasferire ad esse le conclusioni già

raggiunte nei casi in cui le deformazioni erano dovute a forze muscolari. Poichè

tutte le forze considerate hanno lo stesso tipo di effetto, indipendentemente

dalla loro origine, essi possono riconscere: - che sostegni o pesi vincolati all’una o all’altra estremità di una molla

esercitano forze di deformazione su di essa,

- vale la relazione d’ordine “più forza più deformazione” e viceversa,

- che vale il pricipio di sovrapposizione, sia tra forze dello stesso tipo, che tra forze di tipo diverso.

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SCHEDA 2- CERCHIAMO ALTRI MODI PER DEFORMARE UNA MOLLA?

Cerchiamo altri modi per deformare una molla: descrivi le diverse situazioni_______________________________________________________

______________________________________________________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________

Le forze che una molla deformata esercita ai suoi estremi sono uguali o

diverse?________________________________________________________

_______________________________________________________________

_______________________________________________________________

ATTIVITA’

Ci si propone ora di confrontare le forze muscolari per mezzo di estensori.

Dopo che gli studenti hanno manipolato per un po' di tempo degli estensori, chiedete loro, se e in quale modo, lo strumento possa essere utilizzato per

confrontare le forze muscolari dei vari ragazzi.

Verranno proposti vari modi di misurare l'allungamento dell'estensore.

CONCLUSIONE

La sensazione dello sforzo muscolare, misura soggettiva dell’intensità della

forza, permette di individuare qualitativamente la correlazione corretta tra le

grandezze in gioco: intensità della forza e ampiezza della deformazione.

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Se ne deduce che a forze applicate crescenti corrispondono allungamenti

crescenti, qualunque sia la molla purché i valori delle sollecitazioni esterne

siano inferiori ad un valore limite che corrisponde al tipo di molla, in

corrispondenza del quale la molla non si comporta più in maniera elastica e si

spezza.

Il bambino è indotto dalla sua interazione con la molla ad esprimere la

dipendenza tra i valori: forza applicata e deformazione, attraverso una

relazione d’ordine.

Il lavoro può continuare con i più piccoli attaccando pesi diversi ad elastici di ugual lunghezza e dello stesso tipo e osservando come questi reagiscono in

modo diverso.

Per i più grandi invece la proposta può essere quella di attaccare pesi uguali ad

elastici diversi, sospesi ad un supporto, per notare che ogni elastico reagisce a

modo suo quando viene applicata una stessa forza. In questo caso la

discussione serve a fissare alcuni punti indispensabili per consentire successive osservazioni quantitative corrette. Infatti, perché le misure degli allungamenti

risultino significative occorre che i pesi che vengono usati siano adatti al tipo di

elastico utilizzato, cioè né troppo pesanti, né troppo leggeri.

Commento: il termine allungamento trae spesso in inganno perché equivocato

con lunghezza. Si assiste perciò ad una serie di tentativi, finché i ragazzi si

rendono conto che il dato da riportare è l’allungamento relativo ad ogni peso aggiunto. Devono arrivare a scoprire che è necessario sottrarre all’ultima

lunghezza registrata la precedente.

Questo passaggio non è banale ed è quindi molto importante che ai ragazzi

venga permesso di affrontare il problema e risolverlo. Perciò non è opportuno

fornire agli alunni un modello precostituito per la raccolta dei dati. Sarà

sufficiente chiedere loro di mettere in relazione pesi e allungamenti.

La prima parte dell’attività dura circa 1 ora e il lavoro si svolge in gruppi organizzati anche se è importante che inizialmente ogni alunno possa

giocare per qualche minuto con gli elastici che sembrano diventare

improvvisamente oggetti di grande fascino per tutti.

Agli alunni più grandi viene fornita una scheda di lavoro con le consegne per

l’attività.

Scheda di lavoro 1

Lavorate con la seguente scheda, leggendo un punto alla volta. Passate al successivo solo dopo

aver svolto la consegna precedente Consegna 1: Giocate un po’ individualmente con gli elastici che vi sono stati forniti.

Smettete ora di giocare e rispondete alle seguenti domande: Oltre ad allungarsi, quando viene

tirato l’elastico subisce altri cambiamenti?

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Descrivetene almeno altri tre: 1. ________________________________________________________________ 2. ________________________________________________________________ 3. ________________________________________________________________

Consegna 2: Ora, in gruppo, provate a fare forza su diversi tipi di elastici e in diversi modi: potete tirare solo con un dito, oppure con un piede, con una mano. Per ciascuna delle situazioni sperimentate descrivete quali cambiamenti avete effettivamente

notato sull’elastico e le vostre sensazioni. Cosa succede agli elastici se eserciti il massimo della

tua forza? E quando smetti di fare forza? E se si rompe?

Rappresentate attraverso disegni le forze in gioco.

I gruppi dopo aver condotto le esperienze, preparano una relazione, corredata da disegni, che verrà esposta alla classe e sarà spunto per la discussione plenaria

Al termine della discussione verranno riportati nelle mappa concettuale i nodi emersi.

L’elastico è un buon indicatore degli effetti di una forza perché i cambiamenti di

lunghezza, colore, spessore, suono sono facilmente percepibili e

qualitativamente correlabili alle forze in gioco. Durante l’esperienza i ragazzi

possono rendersi conto che un elastico si allunga in modo continuo, in ogni sua

parte e in entrambi i versi. Si tratta di un nodo concettuale rilevante in quanto riprende il concetto di "coppia di forze" ed è propedeutico per lo studio delle

proprietà dei corpi elastici. Non è assolutamente scontato e dovrà emergere

dalla discussione, che in ogni punto dell’elastico agisce una coppia di forze, per

cui, il "gioco" consapevole e guidato è tutt’altro che una perdita di tempo ed è

fondamentale per interiorizzare i concetti.

L’attività successiva, volta a scoprire regolarità nelle reazioni di un elastico, si

propone di far individuare una legge che metta in relazione la forza applicata

con la deformazione prodotta. Per giungere a questo risultato i ragazzi devono

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"conquistare" il metodo scientifico, individuando le variabili, scegliendole

opportunamente, considerandone una sola per volta e operando con

accuratezza. Per questi motivi è molto importante anche la prima parte

dell’attività descritta, quando lavorano con elastici di tipo o di lunghezza diversi

a cui attaccano un certo peso. In questo modo sono indotti a scoprire che ogni elastico ha delle caratteristiche proprie che lo fanno reagire ogni volta allo

stesso modo ad una data sollecitazione. In seguito, una volta scelto l’elastico,

la variabile indipendente diventa il peso attaccato, che determina un

allungamento proporzionale. Significativo, in quest’esperienza, è scoprire che la legge di Hook, che definisce l’intervallo entro cui diremo che un corpo è elastico, è valida appunto solo in un preciso intervallo. La costante elastica K = F/ (L1 - L0)

Per i ragazzi è importante riflettere sul fatto che i fenomeni che avvengono

intorno a noi sono sempre più o meno "sporchi" e soltanto la rigorosità del metodo permette di ricavare da essi leggi matematiche valide che consentano

generalizzazioni, confronti, verifiche.

Esperienza: Perché l’elastico e la molla si allungano?

Materiale: un elastico, una molla, due chiodi, un foglio di carta bianca.

Procedimento

Fissa al bordo della lavagna il foglio di carta, appendi l’elastico e la molla ai due

chiodi. Segna sulla carta la lunghezza dell’elastico e della molla.

Osserva e rifletti

Che cosa pensi di fare per poter allungare l’elastico e la molla?___________

_____________________________________________________________

Quale forza hai sfruttato per allungare l’elastico e la molla?______________

_____________________________________________________________

Ogni volta che l’elastico e la molla si allungano, annota la loro misura sul foglio

appeso.

Cosa osservi sul foglio di carta appeso alla lavagna dopo diverse annotazioni?

Cerca di spiegare il perché. _______________________________________________________________

___________________________________________________________

_____________________________________________________________

Conclusioni Per allungare l’elastico e la molla avrai utilizzato la forza muscolare oppure vi

avrai applicato un corpo. Allora anche un corpo esercita una forza che tira

l’elastico e la molla verso il basso con direzione perpendicolare alla superficie

terrestre. Questa forza si chiama forza peso.

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Alcuni sviluppi

E’ utile inserire una nuova esperienza utilizzando anche una bilancia da cucina per registrare le variazioni di peso di un oggetto in relazione

all’allungamento di un elastico cui esso era legato.

Prima di passare all’utilizzo di strumenti di misura quali dinamometri e

bilance, è auspicabile ripetere l’esperienza con le molle armoniche per affinare il metodo e ottenere misure più attendibili e ripetibili.

Infatti gli elastici tendono facilmente a deteriorarsi con l’uso.

Tema dell’attività: le leggi a cui obbediscono le molle

[1 interventi di 2 ore ciascuno per gli alunni di 5° e della scuola media]

Chi tira più giù?

Cosa succede ad una molle

soggetta a forze peso?

Esperienza: allungamenti proporzionali

Materiale una molla, foglio di carta bianco, cilindri con pesi diversi.

Procedimento Fissa al bordo della lavagna il foglio di carta, appendi la molla al chiodo.

Confronta i cilindri e descrivi le loro proprietà e gli allungamenti della molla

compilando la tabella.

Proprietà A B C D E F

Forma

Sostanza

Altezza

Area di base

Volume

Quantità di sostanza in grammi

Allungamento della molla

1)Osserva la tabella ed elenca le proprietà uguali e quelle diverse.

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PROPRIETA’

UGUALI:____________________________________________________

PROPRIETA’ DIVERSE

___________________________________________________

2)Su un foglio di carta millimetrata poni in relazione il volume e la quantità di

sostanza, rappresentando i dati su un piano cartesiano; considera il volume

sull’asse x e la quantità di materia (massa) sull’asse y. Cosa puoi concludere osservando il grafico.

_______________________________________________________________

_______________________________________________________________

3)Poni in relazione ora la massa e l’allungamento della molla rappresentando i

dati su un piano cartesiano; considera la massa sull’asse x e la lunghezza

dell’allungamento sull’asse y. Cosa puoi concludere osservando il grafico.

_______________________________________________________________

______________________________________________________________

Conclusioni

Dopo questa esperienza appare chiaro che la massa e il peso di un corpo sono

due proprietà diverse, ma tra loro esiste una stretta relazione. Nella attività di

tutti i giorni non usiamo mai la parola massa ma la parola peso.

RICORDA

La quantità di materia che forma un corpo si chiama massa (m); la sua unità di misura è il chilogrammo (kg) e si determina con la bilancia.

La forza di un corpo che cade verticalmente verso la terra è chiamata peso

(P); la sua unità di misura è il netwon (N) e si determina con il dinamometro

che funziona come una molla. 1N è uguale a circa 100g, quindi 10N equivalgono a circa 1kg

APPROFONDIMENTO

E’ interessante verificare la capacità induttiva dei ragazzi proponendo il

problema complementare ossia quali sono gli effetti di una stessa forza

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applicata a molle uguali in tutto, ad eccezione della lunghezza. Eseguendo le

esperienze è immediatamente verificabile che a parità di forza deformante

l’allungamento che una molla di un certo tipo subisce è maggiore se la sua

lunghezza a riposo è maggiore.

Si può anche verificare che le due molle uguali in tutto, eccetto per la lunghezza subiscono, a parità di forza deformante, lo stesso allungamento

percentuale: cioè ogni centimetro di ognuno delle due molle subisce lo stesso

allungamento, a qualsiasi dei pezzi appartenga. (allungamento relativo)

Il problema che si pone immediatamente è come esercitare la stessa forza sulle molle di ogni coppia.

Emerge quindi la necessità di stabilire la forza peso di un oggetto.

Si eseguono quindi esperienze nelle quali si confrontano forze elastiche e forza

peso per studiare le correlazioni.

Consegna 1

Ai gruppi viene fornito il seguente materiale:

Alcune molle nelle quali varia solo la lunghezza

Un certo numero di pesi uguali, potrebbero essere normali bulloni, piombi da pesca, ecc.

Un supporto, non necessariamente uno stativo, ma anche la maniglia di

una porta o finestra.

Attaccate alcuni molle ad un supporto e appendete ad ognuno di essi lo

stesso peso.

Per ognuno osservate le modificazioni e misurate l’allungamento che riporterete in una tabella.

Scheda di lavoro 1

F peso Allungamenti molla 1 di cm

Allungamenti molla 2 di cm

Allungamenti molla 3 di cm

Cosa emerge dal confronto dei dati?

Stendete una breve relazione che riferirete ai compagni.

Consegna 2:

Applicate alla molla 1,2,3, … pesi in successione misurando ogni volta

di quanto si allunga. Predisponete una tabella che raccolga i dati.

Costruito un grafico con le misure raccolte.

Osservate l’andamento del grafico, fate le vostre considerazioni e

preparate la relazione per i compagni.

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I ragazzi procedono alla rilevazione degli allungamenti e alla stesura di una tabella e del grafico relativo. I gruppi stendono poi la relazione,

eventualmente su lucido, che viene condivisa e discussa.

n.

pesi

Lunghezza

molla (cm)

Fp (g) Allungamenti(cm) K

1

2

3

4

5

Ecco alcuni esempi di grafici prodotte dagli alunni delle classi 2° della Scuola Media

Commento:

E' chiaro che il grafico non sarà mai una retta passante per l'origine. Bisognerà infatti superare una “passività iniziale prima che gli allungamenti comincino ad essere regolari e, allo stesso modo, quando l'elastico è troppo allungato manifesta una rigidità che riduce gli allungamenti.

CONSIDERAZIONI DISCIPLINARI E COGNITIVI

Il comportamento elastico di una molla è influenzato oltre che dalla sua

lunghezza a riposo anche dal:

a) Materiale con cui è fatta,

b) Lavorazione a cui è sottoposta (rigidità della molla), c) differenze di struttura tra molle (diametro, spessore, superficie e forma

della sezione trasversale)

Con i bambini più piccoli chiedere quanta forza devono fare due persone che vogliono allungare o comprimere della stessa quantità due molle dello stesso

tipo ma di lunghezza diversa.

Dopo avere espresso le proprie considerazioni si passa alle esperienze.

Si fanno allungare due molle con la consegna di allungare entrambe della stessa quantità. Le molle devono essere agganciate ad un sostegno e il loro

allungamento può essere controllato segnando sul pavimento le posizioni

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corrispondenti a quelle dell’estemità tirate dai bambini prima e dopo

l’allungamento.

In questo modo possono notare che a lunghezza maggiore della molla lo

sforzo per allungarla è minore.

A parità di allungamento, per lo stesso tipo di molle, la forza che occorre fare è tanto minore quanto maggiore è la lunghezza a riposo della molla.

Tema dell’attività: Molle in serie e in parallelo

[1 intervento di 1-2 ore ciascuno]

E’ proprio vero che due molle

si allungano più di una?

I ragazzi osservano il diverso

comportamento di due o più molle disposte in serie o in

parallelo, fanno le ipotesi e le

verificano. Il concetto, una volta

acquisito si presta ad essere ripreso in altri contesti.

Se gli alunni hanno lavorato con gli elastici e con le molle è interessante

chiedere loro cosa accade se uno stesso peso viene applicato a :

Una molla

Due molle uguali affiancate, cioè in parallelo

Due molle uguali, una dietro l’altra, cioè in serie.

Poiché la situazione non è familiare, la fase di previsione del comportamento

delle molle è particolarmente interessante e stimolante per i ragazzi; naturalmente l’attenzione va portata sul comportamento di ogni singola molla.

Solo a questo punto agli alunni va chiesto di effettuare le misurazioni di verifica

che poi registreranno su una tabella. Proponendo loro di immaginare e

sperimentare situazioni con più di due molle vengono guidati alla

individuazione e alla verbalizzazione della legge che governa il fenomeno.

Misura iniziale della molla à l0

Misura finale della molla à l1

Allungamento à l = l1 - l0

l0 l1 l

Molla

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Molle in serie

Molle in serie

CONSIDERAZIONI DISCIPLINARI

Questo lavoro a livello qualitativo e propedeutico, può essere proposto anche a bambini delle classi terminali della scuola elementare, ma qualora si desideri

giungere alla formalizzazione delle leggi della proporzionalità diretta (molle in

serie) e inversa (molle in parallelo) è necessario rivolgersi ad alunni di 2^ e/o

3^ media.

Quest’attività ha lo scopo di approfondire la conoscenza del comportamento

delle molle, in situazioni particolari. Come già sottolineato, l’esperienza è probabilmente nuova per i ragazzi ma, alla fine del lavoro, essi vanno stimolati

a capire come oggetti di uso quotidiano siano costruiti proprio per sfruttare

questa proprietà: un materasso a molle, per esempio, è tanto più rigido quanto

maggiore è il numero di molle su cui si distribuisce il peso, mentre si può

aumentare la sensibilità di una bilancia aumentando la lunghezza della molla.

Dall’analisi comparata delle tabelle elaborate da ogni gruppo emerge che nel caso delle molle in parallelo il peso viene equamente distribuito tra due, tre,

quattro molle che si allungano della metà, di un terzo, di un quarto. Nel caso di

2, 3, 4 molle in serie, invece, ognuna si allunga come se fosse sola per cui

l’allungamento totale risulta doppio, triplo, quadruplo…

Considerato che il concetto di proporzionalità è uno dei nuclei fondanti del curricolo della scuola media, ma che spesso risulta astratto e non prontamente

assimilabile dai ragazzi, lo studio del comportamento di molle poste in serie e

in parallelo costituisce un valido approccio per affrontare tale nodo concettuale

in quanto lo rende più concreto.

Una variante immediata di quest’attività è invitare i ragazzi a pesarsi su bilance

poste "in serie" e "in parallelo". Molto spesso questa esperienza è risultata

illuminante ed ha un’importante funzione di rinforzo.

ASPETTI DIDATTICI

Per svolgere l’attività sono necessarie 2 ore e ai ragazzi devono essere forniti i

seguenti materiali:

molle uguali pesi vari

supporto

righello o carta millimetrata

Agli alunni organizzati in gruppi viene proposte una serie di richieste, anche

nella forma di una scheda di lavoro, con cui sono dapprima invitati a ipotizzare,

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poi a sperimentare misurandoli gli allungamenti delle molle nelle diverse

condizioni.

Durante la discussione plenaria si procederà all’esplicitazione della legge prima

in forma in forma intuitiva e verbale per poi giungere, eventualmente, alla sua

formalizzazione.

L’intervento di mediazione dell’insegnante prevede due momenti: il primo è

costituito da una precisa definizione delle consegne attraverso cui i ragazzi vengono indirizzati, ma nello stesso tempo, lasciati liberi di organizzarsi

autonomamente; il secondo quando, girando tra i gruppi al lavoro e/o durante

la discussione plenaria, cerca di indirizzare le spiegazioni con domande del

tipo:

Mettetevi nei panni delle molle. Cosa sente ognuna di loro?

E se usassimo x molle?

E se usassimo x pesi?

In un materasso il numero di molle che lo costituiscono, come influisce sul suo

comportamento?

a. rappresenta una molla e la stessa con un peso attaccato che ha

provocato un certo allungamento x

b. rappresenta un sistema di due molle, identiche a quella rappresentata in

a), messe una a fianco all’altra

Di quanto si allunga ciascuna molla del sistema b) sollecitato

dallo stesso peso che agisce in a)?

c. rappresenta un sistema costituito dalle solite molle disposte una dietro

l’altra.

Di quanto si allungherà ciascuna delle molle del sistema c)?

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Registrate le ipotesi fatte individualmente, la discussione del gruppo e

l’ipotesi finale emersa.

Realizzate l’esperimento con il materiale fornito e verificate la correttezza

delle ipotesi

Alla luce di quanto emerso, cosa potete dire riguardo agli allungamenti di

elastici dello stesso tipo ma di lunghezza diversa?

Quali sono a vostro parere i concetti fondamentali emersi da tali attività?

Fate una relazione sul lavoro svolto utilizzando disegni e riflettendo anche su

alcuni di questi punti:

Difficoltà emerse

Aspetti e conclusioni inattese

Questioni aperte/sviluppi possibili

Massa e peso Introdurre la differenza tra il concetto di massa e peso

Con questo lavoro si vuole arrivare ad un’idea di peso come forza e delle

caratteristiche di questa forza.

Attività di stima del peso di sacchi che abbiano lo stesso peso.

I bambini provano a soppesare i sacchi come vogliono loro.

Si prova a fare delle previsioni Domande stimolo:

E’ più pesante il sacco tenuto con il braccio disteso lungo il corpo o con il

braccio orizzontale perpendicolare al corpo?

Eseguire prove di pesate sulla bilancia pesa persona.

a) Un bambino sale sulla bilancia e si pesa, poi prende i due sacchi dal

tavolo e osserva il suo peso. b) Osservazioni e conversazioni

Ad esempio il peso è sempre lo stesso anche se si sta ad altezze diverse.

Legame tra il peso segnato dalla bilancia e tutte le possibili forze che possono

essere fatte mentre si sta sopra la bilancia. Anche la bilancia rientra nei sistemi di fare forza contro qualcosa come gli elastici, le molle e il tiro alla fune.

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Tema dell’attività: ESERCIZI CON E SULLA BILANCIA

[2 intervento di 2 ore ciascuno]

La forza fa peso?

I ragazzi sono invitati ad

ipotizzare se e come cambia il peso di un compagno che gioca

con bilancia e bastone.

Agli alunni viene inizialmente proposto di montare su una bilancia e assumere varie posizioni, anche facendo forza. I ragazzi premono una mano contro l’altra, stanno in equilibrio su un piede, si accucciano, tirano un elastico,

verificano in questo modo che il peso non varia.

In seguito, dopo aver indicato il peso di un alunno che regge un bastone, si

propongono ai ragazzi alcune situazioni invitandoli ad ipotizzare il peso

registrato dalla bilancia, almeno a livello qualitativo:

Alunno sulla bilancia che spinge con il bastone sulla bilancia stessa

Alunno sulla bilancia che spinge con il bastone sul pavimento Alunno sulla bilancia che spinge con il bastone sul soffitto

Alunno sulla bilancia che spinge con il bastone orizzontalmente sulla

parete

Alunno sulla bilancia che spinge con il bastone obliquamente verso l’alto

Alunno sulla bilancia che spinge con il bastone obliquamente verso il

basso.

Ogni alunno o gruppo è invitato a rappresentare, anche molto

schematicamente, le varie situazioni, prima di comunicare le proprie ipotesi ai

compagni. Questa operazione fa sì che gli alunni pongano l’attenzione sulle

varianze e invarianze nei diversi casi.

Per aiutare gli alunni a rappresentare in modo più preciso e sintetico le forze in

gioco e le modalità con cui si esercitano, l’insegnante può suggerire l’utilizzo di

frecce, che nelle classi terminali possono essere interpretate come vettori.

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Per la situazione A, alcuni possono prevedere che la bilancia segni di più quando il bambino esercita una forza sul bastone. La forza che fa il bambino è

in realtà una forza di tipo contrattivo che serve solo per spostare l’appoggio del

peso del corpo dai piedi al bastone. La contrazione muscolare serve per

togliere del peso dalla pianta dei piedi ed appoggiarlo sul bastone. Sicchè il bambno pesa meno sui piedi ma corrispondentemente pesa di più sul bastone,

per cui la bilancia non può che segnare lo stesso peso.

Se il bastone è appoggiato sul pavimento (figura B) allora un po’ di peso

se ne va dalla bilancia e va a terra, la bilancia avverte l’alleggerimento dei piedi: in tal modo la bilancia segna di meno.

Nella situazione C il bambino preme il bastone sul soffitto: si tratta di un

peso che schiaccia la bilancia a cui si aggiunge la forza espansiva che viene fatta tra bilancia e soffitto tramite il bastone. Per cui sentiranno

delle forze sia la bilancia che il soffitto.

ASPETTI DISCIPLINARI E COGNITIVI

L’attività indaga il legame che c’è tra il peso segnato su una bilancia e tutte le

possibili forze che possono essere esercitate mentre ci si sta sopra.

L’obiettivo è far riflettere sull’esistenza di sistemi all’interno dei quali le forze

sono in equilibrio.

I ragazzi devono prima di tutto rendersi conto del ruolo che la bilancia gioca

nel confronto delle forze, peso compreso. È importante farla utilizzare in

situazioni in cui il peso non conta, ad esempio premendola contro il muro. In questo modo emergerà che essa è un misuratore di forze, anche se viene

usato normalmente solo per la forza peso. Questo passaggio è fondamentale

per capire come la bilancia "senta" le forze in gioco a prescindere dal peso.

Proponendo le tre situazioni base in cui, stando su una bilancia, i ragazzi

premono con un bastone sulla bilancia stessa (1), sul pavimento (2), sul

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soffitto (3), si vanno ad analizzare situazioni ben diverse. Nel primo caso, parte

o tutto il peso, si trasferisce dai piedi, al bastone e alla bilancia per cui

quest’ultima non registra variazioni. La forza muscolare che gli alunni sentono

di fare non viene avvertita perché il corpo la esercita contraendosi e non

espandendosi.

Nel secondo caso parte del peso viene trasferito fuori della bilancia, che pertanto ne registra una diminuzione. La verifica che il peso viene trasferito dai

piedi al bastone si ha mettendo una seconda bilancia sotto il bastone: la

somma di quanto registrato dalle due bilance è uguale al peso iniziale. Anche

in questo caso però non c’è stata "produzione" di forza perché neppure ancora

una volta il corpo non è riuscito ad espandersi.

Nel terzo caso, infine, la bilancia registra un incremento di peso dovuto alla forza muscolare esercitata contro il soffitto che risponde con la stessa forza, la

quale viene "sentita" dalla bilancia. Ora gli alunni riescono a "produrre" forza

perché si allungano espandendosi tra due sistemi: la bilancia e il soffitto.

Per i ragazzi la situazione 1 è forse la meno intuitiva perché è difficile scindere

il concetto di fatica da quello di forza. Quando fanno fatica spingendo sul

bastone contro la bilancia, si aspettano che questa registri il loro sforzo.

Lo spingere con il bastone contro la parete introduce invece la variabile direzione della forza. Anche in questo caso sto spingendo fuori dalla bilancia,

come nei casi 2 e 3, ora però non registro variazioni (in + o in -) perché la

direzione in cui la forza viene esercitata è perpendicolare a quella della forza

peso.

Un’altra opportunità data da questo lavoro è quella di pensare per sistemi

chiusi o aperti. Se io mi trovo con un bastone dentro una cassa, posta sopra una pesa, la bilancia non segnerà mai nulla, comunque io spinga. Inoltre un

altro possibile sviluppo è quello di lavorare con una bilancia pesa persone

inclinata; in questo caso è possibile analizzare alcune situazioni relative alla

composizione di forze.

La fase della rappresentazione, importante soprattutto con i ragazzi più grandi. permette di riflettere sui vettori che aiutano a visualizzare bene i risultati della

composizione di forze, determinando la risultante tra quelle che hanno stessa

direzione e stesso verso o verso apposto e, tramite la scoperta della regola del

parallelogramma, quella di forze non unidirezionali

CONSIDERAZIONI DISCIPLINARI E COGNITIVE

Questa attività in genere ben si colloca alla fine del percorso sulle forze perché

se per certi aspetti può essere considerata riassuntiva dei concetti già visti, per altri si presta a nuovi sviluppi: quali lo studio della risultante di composizione di

forze. Allo stesso modo può essere svolta autonomamente perché porta a

stimolare la curiosità e la capacità di osservazione anche dei più piccoli.

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CONSIDERAZIONI DIDATTICHE

L’attività richiede solo materiali facilmente reperibili: bilance pesapersone e bastoni e può essere svolta con gli alunni dai 10 anni in su. Questi possono

lavorare in piccoli gruppi eseguendo autonomamente, anche con la guida di

una scheda, le esperienze che verranno confrontate dopo aver steso

una relazione.

SCHEDA

Ai ragazzi viene fornita una scheda perché ipotizzino il peso che la bilancia

segnerà nelle varie situazioni. Le ipotesi verranno poi discusse nel gruppo e

verificate.

Se si preferisce privilegiare il confronto nel gruppo fin dall’inizio, il lavoro può

essere condotto a classe intera. Con i piccoli invece è necessario più tempo perché è importante dare spazio al provare in prima persona e al raccontare,

anche attraverso il disegno.

L’insegnante potrà proporre domande per guidare la riflessione: cosa sente la

bilancia? Come stai facendo forza sul bastone? E se sollevassi completamente i

piedi? Mentre premi con il bastone contro il soffitto, che sensazioni hai sul

resto del corpo? E il soffitto cosa fa?

Per rafforzare il ragionamento: approfondimenti e verifica delle

competenze

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E’ interessante verificare se i ragazzi hanno acquisito i concetti sopra espressi

proponendo attività simili alle precedenti.

Due bambini stanno ciascuno su una bilancia pesa-persone. Uno dei due spinge

con forza con le mani sulle spalle dall’altro verso il basso.

Che succede? Conversazioni libere.

Se i bambini convengono che la bilancia del bambino che spinge si alleggerisce

e quella del bambino che è spinto si appesantisce, allora possono tentare

previsioni numeriche. Il bambino che spinge pesava 28 kg ora ne pesa 17. L’altro bambino pesava 30 kg. Quanto segna ora la bilancia?

Si può andare avanti così facendo molti casi.

Un terzo bambino si occupa di leggere quanto segna una delle due bilance e gli

altri devono dire quanto segna l’altra.

BREVI RICHIAMI DI TEORIA

Lo studio dell’attrito tra corpi contempla tre casi: attrito statico, attrito dinamico e attrito volvente.

Sperimentalmente, si osserva che il valore dei tre tipi di attrito è diverso.

Supponiamo di avere un corpo appoggiato su un piano. La forza d’attrito statico, fs, è la minima

forza che bisogna applicare al corpo a riposo affinché esso inizi a muoversi. La forza d’attrito

dinamico, fd, è la forza richiesta per mantenere il corpo in movimento con moto uniforme (velocità

costante). La forza d’attrito volvente, fv, è la forza richiesta per mantenere uniforme il moto di un

corpo che rotola su un altro corpo.

Tema dell’attività: L’attrito

[1 intervento di 1-2 ore]

Che invenzione la ruota!

Come posso spostare più facilmente gli

oggetti?

I bambini sono invitati a spostare una scatola piena di oggetti su vari tipi di

pavimentazione: fogli di carta vetrata incollati assieme in modo da formare una

corsia, il pavimento liscio dell'aula, un tappeto di pennarelli affiancati uno

all'altro. Verificano che è più agevole lo spostamento su questi ultimi, che nel frattempo rotolano accompagnando il movimento. Gli alunni possono trovarne

la conferma quantitativa utilizzando un dinamometro agganciato alla scatola ed

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osservando quanto si estende la molla al suo interno nei diversi casi

sperimentati.

CARATTERISTICHE DELL’ATTRITO FRA CORPI SOLIDI

Tiriamo un blocco a forma di parallelepipedo.

Spostiamo un blocco a forma di parallelepipedo appoggiato su un pavimento

orizzontalmente servendoci di una dinamometro.

Aumentiamo gradualmente a partire da zero, la forza con cui tiriamo: vediamo

la molla allungarsi sempre più mentre il blocco rimane fermo, finché raggiunto

un certo valore della forza con cui tiriamo, il corpo comincia a muoversi verso

di noi, con una brusca accelerazione (attrito statico). Ci accorgiamo poi che se vogliamo continuare a far muovere il blocco a velocità costante, dobbiamo

continuare a tirarlo con una forza meno intensa di quella che avevamo

impiegato all’attimo del distacco: l’allungamento della molla è diminuito

rispetto a quello che aveva nel momento precedente il movimento (attrito dinamico).

E’ intuitivo che per spostare un oggetto molto pesante e per iniziare a farlo

muovere occorre esercitare una forza maggiore che per mantenerlo in

movimento. Cioè l’attrito statico è maggiore dell’attrito dinamico.

L’attrito è la forza che si esercita tra due corpi quando cercano di muoversi

strusciando l’uno rispetto all’altro.

Esempi di attrito si possono trovare ogni volta che degli oggetti scivolano o

rotolano (attrito volvente).

Proviamo a generalizzare e riprendiamo il gioco al tiro alla fune

Cosa accadrebbe se sostituissimo le scarpe coi pattini?

____________________________________________________________

La forza frenante, cioè l’attrito tra il pavimento e i pattini è minore di prima.

Spostamento di un blocco a forma di parallelepipedo appoggiato su

una superficie orizzontalmente.

MATERIALE un libro pesante

uno spago sottile ma

robusto

un dinamometro 4 matite cilindriche o

cannucce

PROCEDIMENTO

1. Appoggia il libro sul tavolo e aggancialo al dinamometro.

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2. Tira il dinamometro fino a far muovere il libro e leggi quanta forza ci

vuole.

3. Sistema sotto il libro le matite ed esegui di nuovo l’operazione: leggi sul

dinamometro quanta forza ci vuole per muovere il libro.

RISULTATI

Registra la forza indicata dal dinamometro

Trascinamento Rotolamento

Forza attrito

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI

Quando una superficie scorre su un’altra genera attrito, una forza che ostacola il movimento. Il dinamometro nel primo caso indica una forza maggiore

perché una superficie piatta crea il massimo attrito (attrito radente). Nel

secondo caso indica una forza minore perché le matite offrono una minore

resistenza allo scorrimento. Se due corpi strisciano, rotolano o stanno fermi l’uno sull’altro, ciascuno esercita sull’altro una forza di attrito.

La forza peso è diversa dalla forza d’attrito

Misurare la forza peso di un oggetto con il dinamometro e la forza d’attrito

spostandolo su un piano orizzontalmente, fino al distacco. Ripetere questa

esperienza con diversi oggetti anche con superfici curve.

Al termine è possibile avere la conferma che la forza peso e la resistenza alla spostamento sono due forze diverse.

oggetti Forza peso Forza d’attrito

La forza d’attrito e la scabrosità delle superfici

Per indagare la dipendenza della forza resistente alla scabrosità delle superfici a contatto, si può fissare sulla tavola della carta vetrata a grani via via più

grossi e tirare sempre lo stesso oggetto. Man mano che aumenterà la

granulosità della carta vetrata, la molla si allungherà sempre di più. Esiste

quindi una dipendenza della forza d’attrito in relazione alla scabrosità delle

superfici di contatto.

oggetti Forza d’attrito superficie 1 Forza d’attrito superficie 2

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La resistenza al moto degli oggetti, esercitata da altri oggetti (superfici, aria,

ecc..) è la principale evidenza dell’attrito.

Le forze d’attrito statico e radente aumentano con l’aumentare dello

schiacciamento reciproco delle superfici, ossia più un corpo pesa, più è grande

la forza che dobbiamo applicare per spostarlo su una superficie orizzontale.

Il peso e la forza d’attrito

Sovrapponendo due, tre banchi il peso totale diventa due, tre volte più grande

e la forza che occorre fare per farli strisciare aumenta in modo proporzionale. Lo stesso effetto si ha se si dispongono i banchi in fila.

L’esperienza quotidiana evidenzia il peso degli oggetti come fattore

determinante dell’entità delle forze d’attrito.

Peso

(grammi)

Misura forza

d’attrito

Solo

blocchetto

200 g

400 g

600 g

I bambini possono trovare diverse strategie per diminuire l’attrito quando

devono spostare un oggetto molto pesante.

La forza d’attrito e l’estensione della superficie di contatto

Le esperienze vanno eseguite con oggetti aventi facce con estensioni diverse ad esempio scatole o scatoloni.

Si vede che l’allungamento della molla rimane sempre costante per lo stesso

oggetto e quindi la forza di attrito è indipendente dall’estensione dell’area di

contatto. Esiste cioè l’azione combinata della pressione e dell’estensione della superficie

di contatto.

Per i ragazzi più grandi

Forza di attrito statico Consideriamo un blocco di legno appoggiato su un piano orizzontale e al quale

è agganciata l’estremità fissa di un dinamometro. Se tiriamo l’altra estremità

del dinamometro applicando una forza crescente, noteremo che il corpo

inizierà a muoversi soltanto quando la forza applicata avrà raggiunto e superato un certo valore Fa.

L’intensità della forza Fa misura la forza di attrito statico che il piano

d’appoggio esercita sul corpo. In altri termini: - la forza di attrito statico che una superficie esercita su un corpo che si

trova appoggiato su di essa è la minima forza che bisogna applicare al

corpo perché esso si metta in moto.

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Se sul primo blocco ne appoggiamo un altro uguale, in modo da raddoppiare il

peso del corpo su cui agisce l’attrito, troveremo che la forza di attrito statico

raddoppia. In modo analogo, aggiungendo un terzo blocco, Fa risulterà il triplo

e così via. Possiamo allora affermare che:

- la forza di attrito statico che si esercita tra un piano di appoggio e un corpo posto su di esso è proporzionale al peso del corpo stesso.

Il grafico dell’intensità della forza di attrito statico Fa in funzione del valore del

peso del corpo Fp, è, pertanto, una retta passante per l’origine degli assi.

Fa

0 Fp

Se indichiamo con il simbolo μs la costante di proporzionalità tra Fa e il peso Fp del corpo,

possiamo scrivere:

Fa= μs ⋅ Fp

Il parametro adimensionale μs è chiamato coefficiente di attrito statico. Il

valore del coefficiente di attrito è legato alla natura delle superfici di contatto

dei due corpi e, in particolare, al loro grado di scabrosità. I valori di μs

risultano tanto più elevati quanto più le superfici di contatto sono ruvide. Le forze d’attrito non dipendono dalla superficie d’appoggio del corpo sul piano,

ma solo dal tipo di materiale (sia del piano che del corpo) e dalla reazione

vincolare normale al piano (nel caso di un piano parallelo al terreno la reazione

vincolare coincide in valore con la forza peso dell’oggetto). Si può verificare che, se indichiamo la reazione vincolare dell’oggetto rispetto al piano con N,

allora:

Nf ss

Nf dd

Nf vv

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Caso dell’attrito statico

Lo scopo di questo esperimento è quello di misurare il valore della forza

d’attrito nei tre casi e per diversi tipi di oggetti.

Si può verificare sperimentalmente che la forza di attrito dinamico non dipende

né dall’area di superficie di contatto, né dalla velocità del corpo, ma sola dalla

forza che agisce perpendicolarmente sulla superficie, cioè la cosiddetta forza

premente. La forza premente su una superficie è la componente perpendicolare della

forza che agisce sulla superficie.

Se il corpo che scivola sulla superficie non è soggetto ad alcuna forza esterna,

la forza premente Fp è semplicemente data dal suo peso. In questo caso particolare si ha:

fd = μd P

PARTE I: Esperimento sui diversi tipi di attrito e confronto tra le rispettive forze di attrito

a) ATTRITO STATICO

1. Mettere il blocchetto più grande sul tavolo ed attaccare il dinamometro da 2

N.

2. Applicare una forza al blocchetto tirando il dinamometro orizzontalmente.

3. Misurare il valore massimo della forza applicata prima che il blocchetto cominci a muoversi.

4. La forza d’attrito statico è uguale al valore della forza che si misura sul

dinamometro al momento dell’inizio del moto.

5. Ripetere la prova cinque volte ed annotare i risultati in Tabella 1.

b) ATTRITO DINAMICO o RADENTE

1. Ripetere il precedente esperimento.

2. Misurare la forza necessaria per mantenere il blocchetto in movimento di moto uniforme.

3. La forza d’attrito dinamico è uguale al valore della forza che si misura sul

dinamometro durante il moto.

4. Ripetere la prova cinque volte ed annotare i risultati in Tabella 1.

c) ATTRITO VOLVENTE

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1. Appoggiare il blocchetto più grande sulle aste di sostegno come indicato

nella figura. La distanza tra le aste deve essere di circa 4 cm. 2. Attaccare il dinamometro da 0,1 N.

3. Misurare la forza necessaria per far rotolare sul tavolo le aste con il

blocchetto.

4. La forza d’attrito volvente è uguale al valore della forza che si misura sul

dinamometro durante il moto. 5. Ripetere la prova cinque volte ed annotare i risultati in Tabella 1.

ANALISI DEI RISULTATI, PARTE I

1. Delle 3 serie di misure relative ai tre tipi di attrito, calcolare valore medio

ed i relativi coefficienti di attrito.

Misura Mis 1 Mis 2 Mis 3 Mis 4 Mis 5 Media con

incertezza

Coeff. Attrito

N

Attrito

statico

Attrito

dinamico

Attrito

volvente

Tabella 1

2. Confrontare i valori ottenuti nei tre casi.

RISULTATO ATTESO: la forza di attrito statico è la maggiore, mentre quella

dell’attrito volvente è la minore. La forza d’attrito dinamico è minore di quella

dell’attrito statico, ma comunque molto più grande di quella dell’attrito volvente.

PARTE II: dipendenza dell’attrito dalla forza di gravità, dalle

caratteristiche e dalle dimensioni della superficie di appoggio

a) DIPENDENZA DALLA FORZA DI GRAVITA’

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1. Con il dinamometro da 2 N, determinare la forza di gravità del blocchetto

più piccolo.

2. Mettere il blocchetto più piccolo sul tavolo ed attaccare il dinamometro da 2 N.

3. Applicare una forza al blocchetto tirando il dinamometro orizzontalmente.

4. Misurare la forza d’attrito statico.

5. Eseguire la misura 3 volte ed annotare i risultati in Tabella 2. 6. Mettere sul blocchetto, uno dopo l’altro, i vari pesi addizionandoli e misurare

di volta in volta il valore della forza applicata. Eseguire 3 misure per ogni peso

aggiunto, se necessario usare il dinamometro da 5 N.

Calcolare per ciascuna serie di dati il valor medio.

Peso

(grammi) Mis 1 Mis 2 Mis 3

Media con

incertezza

Coeff.

Attrito

N

Solo

blocchetto

200 g

400 g

600 g

Tabella 2

Confrontare i risultati ottenuti con pesi diversi, calcolando il valore del

coefficiente d’attrito statico. Fare il grafico.

RISULTATO ATTESO: la forza di attrito statico dipende dalla forza di gravità

(per l’esattezza dalla reazione vincolare normale al piano che in questo caso

coincide in valore con la forza peso). Le due forze sono proporzionali fra loro (fs ∝ N) ed il fattore di proporzionalità

è il coefficiente di attrito statico. Si osserva che risultati simili si sarebbero

potuti ottenere anche per l’attrito dinamico e quello volvente.

Rappresentare graficamente i dati sperimentali relativi al valore della forza di

attrito statico in funzione del peso del corpo.

b) DIPENDENZA DALLA NATURA DELLA SUPERFICIE

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1. Mettere il blocchetto più piccolo sul tavolo ed attaccare il dinamometro da 2

N.

2. Applicare una forza al blocchetto tirando il dinamometro orizzontalmente. 3. Misurare la forza d’attrito statico.

4. Eseguire la misura 3 volte ed annotare i risultati in Tabella 3.

5. Girare il blocchetto sul tavolo in modo da farlo appoggiare con la superficie

di gomma. 6. Ripetere l’esperimento (dal punto 1 al punto 4).

Calcolare per ciascuna serie di dati il valor medio ed il relativo coefficiente di

attrito.

Superficie Mis 1 Mis 2 Mis 3 Media con incertezza

Coeff. Attrito

N

Legno

Gomma

Tabella 3

Confrontare i risultati nel caso di materiali diversi.

RISULTATO ATTESO: la forza di attrito statico dipende dalle caratteristiche e

dalle condizioni della superficie del corpo. Se aumenta la rugosità della

superficie d’appoggio, aumenta anche la forza di attrito.

c) DIPENDENZA DALLE DIMENSIONI DELLA SUPERFICIE D’APPOGGIO

1. Mettere il blocchetto più piccolo sul tavolo dal lato con la superficie minore,

ed attaccare il dinamometro da 1 N.

2. Applicare una forza al blocchetto tirando il dinamometro orizzontalmente.

3. Misurare la forza d’attrito statico. 4. Eseguire la misura 3 volte ed annotare i risultati in Tabella 4.

5. Ripetere l’esperimento con il blocchetto appoggiato dal lato della superficie

maggiore.

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Area

d’appoggio Mis 1 Mis 2 Mis 3

Media con

incertezza

Coeff. Attrito

N

piccola

grande

Tabella 4

Confrontare i risultati nel caso di superfici di appoggio diverse.

RISULTATO ATTESO: la forza di attrito statico non dipende dalle dimensioni

della superficie di appoggio.

CARATTERISTICHE DELL’ATTRITO NEI FLUIDI

L’attrito tra un oggetto ed un fluido: l’aria

Se esercitiamo una forza un corpo inizia a muoversi. Pensate per un attimo di

andare in bicicletta.

Che tipo di forza muove la bici, tra tutte quelle che abbiamo

menzionato? _______________________________________________________________

_______________________________________________________________

_______________________________________________________________

__________________________________________________________

Pensiamo ad una pallina da golf lanciata con la mazza. La pallina si muove,

rotola ma ad un certo punto che cosa le succede? Si ferma.

Perché questi corpi, la bici o la pallina da golf, ad un certo punto si

fermano?

_______________________________________________________________

_________________________________________________________________________________________________________________________

E’ la forza dell’aria, perché essa oppone resistenza al movimento di un corpo.

La sua resistenza, ad esempio, rallenta un paracadute o un foglio di carta che

si lascia cadere dall’alto. Ma ce un’altra forza che fa rallentare e poi fermare la bicicletta e la pallina è

l’attrito.

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Hovercraft, ovvero riduciamo l’attrito

Materiali: palloncini gonfiabili, CD, tappo a

valvola (preso da una bottiglietta d'acqua).

Cosa fare

Gonfia un palloncino e inserisci la sua

imboccatura sul tappo a valvola (assicurati

che sia abbassato e che il palloncino sia ben

dritto sul tappo) Afferra la parte superiore del tappo,

insieme all’ imboccatura del palloncino, e

solleva.

Appoggia l’hovercraft sulla superficie

liscia del tavolo.

Che cosa osservi? __________________________________________________________

____________________________________________________________________________________________________________________

______________________________

Conclusioni

L’aria sulla quale il dischetto si muove elimina l’attrito che si crea tra il

dischetto e la superficie di appoggio. Se voi immaginate un tavolo di questo

tipo molto molto lungo e pensate di dare una spinta al dischetto, esso si muoverebbe senza strusciare sul tavolo (venendo cioè frenato soltanto dalla

resistenza dell’aria) e vedreste che continuerebbe il suo moto per molto tempo,

sempre con la stessa velocità. Se fosse possibile far muovere un corpo in totale

assenza di attrito, esso si muoverebbe di moto rettilineo uniforme, cioè su di una retta, mantenendo sempre la stessa velocità.

Se si potessero eliminare completamente le forze di attrito, un oggetto spinto

in una certa direzione continuerebbe a muoversi indefinitamente in quella

direzione, percorrendo una traiettoria rettilinea.

Con l’esperimento del disco senza attrito si riesce a percepire questo concetto;

infatti, l’aria che esce dal forellino che si trova al centro del disco lo tiene

leggermente sollevato, impedendo il contatto col tavolo sottostante. È

importante assicurarsi che i bambini abbiano capito bene il meccanismo: l’aria non spinge il disco in direzione orizzontale, ma lo solleva soltanto di un poco,

impedendogli di strisciare sul piano.

Tutti gli oggetti vengono attirati dalla terra nello stesso modo?

Lasciamo cadere oggetti diversi per forma dall'alto e proviamo ad immaginare

come cadono e dove atterrano.

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Tema dell’attività: Caduta di oggetti

[1 intervento di 1-2 ore]

Non tutti gli oggetti cadono uguali

Che cosa succede agli oggetti quando

cadono?

I bambini hanno a disposizione fogli di carta: alcuni stesi, altri appallottolati,

graffette, gomme, ecc.

In gruppo discutono e disegnano, su una scheda predisposta, le loro ipotesi sul

posto dove gli oggetti cadranno e la modalità con cui lo faranno. A turno montano su un banco e fanno cadere un oggetto alla volta, registrando i

comportamenti osservati e confrontandoli con quelli che loro avevano

ipotizzato

Il moto accelerato e la caduta dei gravi.

Cosa accade ad un oggetto se lo lascio cadere?

______________________________________________________________________________________________________________________________

Esso passa dalla quiete (perché lo tenete voi fermo in mano) al moto (perché

per arrivare a terra si muove).

Cos’è che fa cambiare lo stato di un corpo? Cos’è che lo fa passare dalla quiete

al moto?

_______________________________________________________________

_______________________________________________________________

Sul corpo è intervenuta la forza di attrazione che la Terra esercita su di esso e

si chiama forza peso. Più in generale possiamo dire che la forza peso è la forza

di attrazione esercitata dalla Terra su tutti i corpi che si trovano nelle sue vicinanze.

La forza di gravità è l’attrazione che si esercita fra due corpi qualunque

nell’Universo, in quanto dotati di massa. In particolare, sulla Terra sentiamo una forza diretta verso il basso perché la massa della Terra è MOLTO più

grande di tutti i corpi che si trovano sulla sua superficie.

Due osservazioni significative

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1) la forza di gravità che agisce su un oggetto non è altro che il peso

dell’oggetto (gravità è sostantivo arcaico equivalente a pesantezza): si può far

capire ai bambini che un oggetto pesante è pertanto un oggetto con gravità

elevata, cioè che viene attratto molto intensamente dalla Terra;

2) la direzione lungo cui agisce la forza di gravità è la direzione radiale del Globo terrestre (vedi figura 1) in quanto il peso è diretto verso il centro della

Terra.

Figura 1: direzione della forza peso in vari punti della Terra.

ASPETTI DISCIPLINARI E COGNITIVI Può essere interessante far eseguire ai bambini alcuni disegni, per capire come immaginano che siano disposti rispetto alla superficie terrestre, personaggi che vivono a varie latitudini e

come pensano che si muova un sasso lasciato cadere dalla mano di ciascun personaggio.

È GIUSTO COSÌ ... ... OPPURE COSÌ ? Figura 2: posizione del corpo umano in punti diversi del globo.

Un equivoco in cui spesso cadono i bambini è che la presenza della gravità sia legata alla presenza dell’aria: nel vuoto gli oggetti non cadrebbero, ma resterebbero sospesi, fluttuando!

Questa idea deriva, probabilmente, da alcune pellicole di fantascienza o da documentari sull’attività

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degli astronauti in orbita: vi si vedono uomini che appaiono senza peso, in un ambiente che è anche, incidentalmente, privo di aria (se gli astronauti sono all’esterno della navicella). In realtà gli astronauti in orbita non si trovano in assenza di gravità (la Terra non è poi così lontana!), ma sono in caduta libera insieme alla navicella. L’aria è semmai un ostacolo alla caduta degli oggetti ed è giusto affermare che nel vuoto i corpi cadono più agevolmente.

Resistenza dell’aria sulla caduta dei corpi

Costruzione di un paracadute artigianale

Materiale: un pezzo di nylon quadrato con lato di 30 cm, un pezzo di spago lungo 1 m tagliato in quattro parti uguali, 4 fermagli, 2 graffette

Procedimento

Ricavare da borse di plastica leggera un quadrato con lato di 30 cm; attaccare agli angoli 4 fermagli che verranno poi legati rispettivamente a 4 pezzi di

spago che a sua volta sarà annodato ad una graffetta.

Salire su una sedia e lasciare cadere dall’alto.

contemporaneamente il paracadute e la sola graffetta.

Conclusioni

Si noterà che la graffetta con il paracadute arriverà a

terra più tardi perché l’attrito dell’aria ha frenato il

suo moto. Maggiore è la superficie che un oggetto offre alla resistenza dell’aria più lenta risulta la sua

caduta.

La forza di gravità attira il paracadute e quindi tutti gli

oggetti verso terra.

E’ intervenuta una forza. Sul corpo è intervenuta la

forza di attrazione che la Terra esercita su di esso e si

chiama forza peso. Più in generale possiamo dire che la forza peso è la forza di attrazione esercitata dalla Terra su tutti i corpi che si trovano nelle sue

vicinanze.

Abbiamo detto che la forza caratterizza l’interazione tra due oggetti. Ecco, la

forza-peso caratterizza l’interazione tra la Terra e gli oggetti che le stanno

vicino. La forza di gravità agisce su tutti i corpi senza distinzione. Se dispongo una

penna in aria, a 80 cm di altezza dal pavimento e distante 1 cm da un tavolo,

questa cade. Se invece la sposto lateralmente di pochi centimetri,

appoggiandola sul tavolo, non cade più perché il tavolo esercita una forza verso l’alto, di intensità uguale al peso della penna, che annulla la sua forza di

gravità. Questo è un esempio di oggetto inanimato che esercita una forza ed

è istruttivo osservare che la forza applicata dal tavolo è esattamente del valore

necessario per bilanciare il peso della penna appoggiata. Per convincersi che effettivamente il tavolo applica una forza, si pensi a cosa accade via via che si

aumenta il peso dell’oggetto appoggiato: a un certo punto il tavolo, non

essendo più in grado di esercitare una forza sufficiente ad annullare il peso

sovrastante, cede, sfasciandosi, sotto il carico.

Esperimento

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Lasciamo cadere dalla stessa altezza un foglio di carta e una gomma per

cancellare, tenuti rispettivamente nelle mani destra e sinistra.

Cosa osservo?

_______________________________________________________________

La gomma è caduta a terra per prima.

Poi prendiamo due fogli dello stesso peso. Ne accartocciamo uno e lasciamo

cadere dalla stessa altezza i due fogli, uno aperto e l’altro accartocciato.

Adesso quale cadrà a terra per primo?

_______________________________________________________

In effetti quello accartocciato non può pesare di più perché è lo stesso foglio!

A seconda della forma e delle dimensioni del corpo che cade, la resistenza

dell’aria sarà diversa.

Cioè più grande e ampia è la superficie a contatto con l’aria, maggiore sarà la forza di attrito che essa esercita sull’oggetto.

Quindi appoggiamo lo stesso foglio aperto su un libro.

Come cadono il libro e il foglio? __________________________________________________________

L’aria non ha potuto esercitare resistenza sul foglio. L’ha esercitata sul libro,

con il quale era a contatto diretto ma non sul foglio. Pertanto il foglio è caduto con lo stesso moto del corpo sul quale si trovava.

Esperimento

Materiale

Due bottigliette d’acqua da mezzo litro, identiche. Una, però, è vuota, l’altra

quasi completamente piena.

Ipotesi Cosa succede alle 2 bottigliette quando le lascio cadere?

_______________________________________________________________

Procedimento e conclusioni Salire su una sedia e lasciate andare le due bottigliette: toccano terra

esattamente nello stesso momento.

Nella caduta di un corpo intervengono alcuni fattori, come la resistenza dell’aria, e come questa resistenza sia diversa sulla superficie del foglio aperto

e su quella del foglio appallottolato. La resistenza dell’aria dipende dalla forma

del corpo che cade ed è per questo motivo che si usano due bottigliette

identiche, in modo che la resistenza sia la stessa su entrambi i corpi in caduta.

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Tutti gli oggetti che vengono lasciati liberi di cadere a terra, come ha scoperto

Galileo circa quattrocento anni fa, sono sottoposti ad un aumento costante di

velocità, cioè ad un’accelerazione costante. Gli scienziati hanno così misurato

questa accelerazione e hanno compreso che la velocità dei corpi che cadono

aumenta di circa 36 km/h per ogni secondo che trascorre, indipendentemente dal loro peso. Se quindi due oggetti iniziano a cadere con la stessa velocità

(che nel nostro caso è nulla perché sono inizialmente fermi) e la loro velocità

aumenta della stessa quantità ad intervalli di tempo regolari, essi cadranno a

terra contemporaneamente, ammesso che non ci siano altri effetti diversi dalla forza di gravità terrestre che agiscano in modo diverso sui due oggetti.

Se noi riuscissimo a togliere l’aria, e gli scienziati per i loro esperimenti sono in grado di farlo e lasciassimo cadere una piuma e una sfera di metallo, esse

cadrebbero contemporaneamente perché l’aria su questi due corpi non

potrebbe esercitare nessuna resistenza (non c’è aria nel contenitore!). Per

questo motivo i due corpi arriverebbero a terra nello stesso istante. Questi esperimenti hanno confermato le ipotesi di Galileo sulla caduta dei corpi.

Approfondimento sul moto accelerato: l’esperienza galileiana del piano inclinato

L’obiettivo è quello di far capire ai bambini come Galileo fosse arrivato a studiare il moto dei corpi in caduta libera: avendo difficoltà a esaminarlo e misurarlo (perché troppo veloce), egli fece degli esperimenti su un piano inclinato e scoprì il moto accelerato. Il piano inclinato Occorre una canaletta metallica o di altro materiale con sezione a U di

lunghezza " = 3m, una sfera di metallo da far rotolare lungo il piano, un

cronometro, un metro.

Le dimensioni della sfera sono un po’ maggiori della larghezza della canaletta e

quindi la sfera può rotolare appoggiandosi sui bordi della guida metallica. Porre il piano con un’estremità a terra e l’altra ad un’altezza a piacere,

appoggiandola su alcune scatole.

Prendere il tempo che la sfera impiega a percorrere la distanza per intero,

ossia 3 metri. Fare altrettanto facendo rotolare la sfera a partire dalla metà del piano

inclinato, in modo che percorresse una distanza di 1,5 metri. Ripetere la prova

lasciando cadere la sfera per un tratto di 0,75 metri, ossia un quarto della

distanza iniziale.

Questo nuovo tipo di moto avviene con accelerazione costante e viene

chiamato moto uniformemente accelerato; la velocità della sfera non è sempre la stessa durante il tragitto lungo il piano inclinato, ma aumenta in modo

costante; la legge matematica che descrive questo moto è complessa.

L’accelerazione di un oggetto si riferisce alla rapidità con la quale l’oggetto

cambia la sua velocità.

Il moto di un corpo che scende su un piano inclinato accelera, cioè varia la sua velocità; Galileo con i suoi esperimenti si accorse che la sfera accelerava in

modo costante a ogni unità di tempo qualunque fosse l’inclinazione del piano

questo moto prende il nome di moto uniformemente accelerato.

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Considero un’automobile che si muoveva su un tratto rettilineo di moto

uniformemente accelerato e indichiamo le varie velocità ai tempi t1, t2, t3, t4,

considerando un’accelerazione costante di 15 km/(h·s), corrispondente

all’accelerazione di un’automobile che ad ogni secondo trascorso aumenta la sua velocità di 15 km/h, accade che se l’accelerazione è sempre la stessa e la

macchina parte da ferma occorre fare 0 (la velocità iniziale )+15 (la variazione

di velocità dopo un certo intervallo di tempo) e poi 15+15=30 e poi 30+15=45

e poi di nuovo 45+15=60 e scopri ogni volta a che velocità va la macchina. Cioè aumenta sempre dello stesso numero. Ma alla fine va molto più veloce.

Sì perché è partita da 0 e arriva fino a 60 km/h.

Interessante è la storiella della signora che, durante un periodo di forte inflazione, un giorno si reca al panificio a comprare un filone da ½ kg di pane e

che il negoziante, al momento del pagamento, le dice che il prezzo è di 1€.

Una settimana dopo la signora va nuovamente al negozio per acquistare il

solito filone ma questa volta il negoziante le dice che il prezzo è di 1,20 €. Passa ancora una settimana e per il filone il prezzo è di 1,40 €. La signora, un

po’ indignata, dice al negoziante: “Ma insomma, il pane aumenta sempre di

più!”. E il negoziante le risponde: “No, signora, l’aumento è sempre lo stesso

(in effetti è di 20 centesimi alla settimana), ma è vero che il pane costa

sempre di più”. In questa semplice storiella l’aumento del prezzo rappresenta l’accelerazione, per l’appunto costante, e il costo finale rappresenta la velocità,

che in effetti aumenta.

CONCLUSIONI Per impiegare circa la metà del tempo, la sfera doveva percorre un quarto della

distanza e non la metà. La velocità della sfera non è sempre la stessa durante

il tragitto lungo il piano inclinato, ma aumenta in modo costante.

Ripetere l’esperimento con il piano inclinato alzandolo fino a 39 cm da terra e le cose si ripetono come prima. La sfera impiegava cioè metà del tempo per

percorrere un quarto della distanza.

ASPETTI DISCIPLINARI E COGNITIVI

Il lavoro può essere proposto agli studenti di 3^ media come attività di

approfondimento.

Piano inclinato

Compiendo misure e studi su di esso Galilei si accorse di una relazione tra lo

spazio percorso in accelerazione e i numeri dispari, infatti si accorse che

tenendo il tempo di misura costante (egli utilizzava il battito del polso come riferimento e una clessidra ad acqua come strumento di precisione), la sfera

che scivolava lungo il piano percorreva intervalli sempre più lunghi. Fissando

come unità di spazio quello percorso nella prima unità di tempo, partendo da

fermo, si accorse che il secondo intervallo percorso nella stessa unità

temporale era di 3 volte rispetto all’unità di riferimento e che lo spazio ancora

successivo era di 5 volte rispetto al primo e così via.

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Dice Galileo che gli spazi percorsi partendo dalla quiete sono ”nella stessa

proporzione che hanno i numeri dispari”.

Partendo perciò dalla quiete se nel primo tempo lo spazio è 1, raddoppiando il

tempo la spazio diventa 1+3 = 4, triplicando il tempo lo spazio diventa 1+3+5

= 9 volte, quadruplicando il tempo lo spazio diventa 1+3+5+7 = 16 volte il

primo e così via…

Galileo scopre così che nella discesa, cambiando comunque l’angolo

del piano inclinato, gli spazi vanno come i quadrati dei tempi: portando

questo risultato al limite di una discesa a 90 gradi, cioè a una caduta

libera.

Oggi possiamo ritrovare la legge oraria: s = K. t² del moto uniformemente

accelerato, coerente con i dati da noi raccolti.

Questo esperimento serve per dimostrare che un corpo in caduta accelera;

infatti la pallina percorre spazi differenti in tempi uguali a causa della forza

gravitazionale. Ripetiamo questo esperimento utilizzando due palline di massa

uguale: viene lasciata andare la prima pallina e quando essa raggiunge il primo

sensore facendo scattare il campanello viene lasciata andare la seconda.

Sentiamo i campanelli suonare contemporaneamente ogni volta che le palline

raggiungo un sensore.

I suoni dei due campanelli non sempre risultano perfettamente contemporanei

poiché dipende molto dalla prontezza dell’esecutore , ma si può osservare che

le distanze di tempo tra i due suoni rimangono comunque costanti.

Un esperimento simile a quello di Galileo

Quello che occorre è un pezzo di cordicella robusta (una lenza da pesca o un

filo dentale può andare bene) di circa 3 metri di lunghezza (10 piedi), e 5-6

piccoli pesi che vi si possano attaccare. Si possono usare dei dadi per grosse viti -- per viti da 12 mm (mezzo pollice), oppure una coppia di dadi per viti da

6 mm (1/4 di pollice) -- oppure dei piombini del tipo usato dai pescatori per

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tendere la lenza. In quello che segue si suppone trascurabile il peso della

cordicella rispetto a quello dei pesi.

L'idea base dell'esperimento è quella di attaccare i pesi alla corda a distanze

con separazione gradualmente crescente. Quindi, tenendo sollevata la

corda dalla parte dove i pesi sono separati da distanze maggiori (magari

stando in piedi su una sedia, ma fate attenzione), la si lascia pendere in giù, in modo che il peso più in basso sia poggiato sul pavimento. Chiameremo quel

peso "peso 0" e numeriamo tutti gli altri pesi in modo consecutivo, partendo

dal basso, "peso 1", "peso 2" e così via.

Ora lasciate andare la corda: udrete "clac-clac-clac", il rumore dell'urto dei

vari pesi sul pavimento. Se il peso più in alto e quello più in basso sono separati da 1,25 metri, la durata della caduta sarà di mezzo secondo, e, con i 5

pesi rappresentati nel disegno, si dovrebbero udire gli urti a distanza tra loro di

1/4 di quell'intervallo di tempo. Con una cordicella più lunga, naturalmente, il

tempo di caduta sarà più lungo.

Il rumore dei "clac" equivale al rumore fatto sui fili dalle sfere nell'esperimento

di Galileo. I suoni si dovranno udire a intervalli uguali di tempo: in caso contrario, regolate le distanze tra i pesi (ved. più avanti) fino a che questo

avvenga (può essere utile fare questo esperimento in due persone, una che

lascia cadere la cordicella e l'altra che ascolta i "clac"). A questo punto

misurate la distanza di ogni peso dal "peso 0".

Quando i rumori dei "clac" sono separati da uguali intervalli di tempo, chiamiamo T questo intervallo costante di tempo. Il peso 1

colpisce il pavimento a un tempo T dopo che sia stata lasciata cadere

la cordicella, il peso 2 dopo un tempo 2T (due volte T), il peso 3 dopo

un tempo 3T (tre volte T) e così via. Se la distanza percorsa da un

oggetto che cade da fermo è proporzionale al quadrato del tempo (la formula è [1/2](g t2), allora le distanze del peso dall'estremità

devono essere proporzionali a

T2

(2T)2 = 4 T2

(3T)2 = 9 T2

e così via, cioè devono stare in rapporto 1:4:9:16... Potete verificarlo:

le distanze dei pesi 1, 2, 3, 4... divise per i quadrati di questi numeri,

cioè per 1, 4, 9, 16..., devono dare sempre lo stesso valore.

Quando attaccate i pesi, avvolgete il filo due volte attorno a

ciascun dado, o coppia di dadi, cioè se fate passare il filo dal lato "A" al

lato "B", fatelo ripassare di nuovo dal lato "A" e avvolgetelo ancora

un'altra volta. Con i pesetti da pesca, è sufficiente avvolgere il filo una

volta sola. In questo modo, se volete poi spostare un peso, basterà allentare l'anello di filo, e quindi tirarlo da un lato e lasciarlo scorrere dall'altro.

Per allentare una legatura troppo stretta può essere utile un ago un po' grosso

o un chiodo sottile.

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M.I.U.R. INDICAZIONI NAZIONALI ANNO SCOLASTICO 2013 /2014

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a cura del Gruppo di Progetto “Scienze 3.14”

CREDITS

Le unità didattiche illustrate in questo documento sono il risultato di una elaborazione

del Gruppo di Progetto Scienze 3.14 che ha raccolto ed organizzato vari materiali (testi,

immagini) originali o recuperati dalla Rete e da pubblicazioni diverse:

Dipartimento di Matematica e Applicazioni "R. Caccioppoli", Università Federico II

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Torino

Gagliardi, Gallina Guidoni e Piscitelli, Forze, deformazioni, movimento, Emme

Edizioni

Mazzoli, Arcà, Guidoni, Forze e pesi, Emme Edizioni

Albi degli esperimenti: Movimento, De Agostini Ragazzi