Upload
guest595397
View
4.659
Download
3
Embed Size (px)
DESCRIPTION
Citation preview
Il nostro percorso intende
considerare alcuni nodi della
condizione della lavoratrice in
Italia, partendo dall’epoca delle
grandi trasformazioni
industriali in cui questi nodi si sono
delineati.
Quando ha avuto inizio il lavoro extradomestico delle donne?
Esso ha avuto lo stesso riconoscimento del lavoro domestico?
Quale rapporto esiste tra strutture produttive e strutture familiari?
Lo Stato ha favorito o meno l’accesso delle donne al mercato del lavoro?
Nel XIX secolo inizia il dibattito culturale e ideologico che vede
impegnati i filosofi da Hegel a Comte a Engels
incentrato sulla definizione dei rapporti
tra sfera pubblica e sfera privata, di cui
rispettivamente l’uomo e la donna erano ritenuti simboli…
… era affidata all’uomo: cittadino simbolo dei diritti civili, politici e
soggetto riconosciuto dalla funzione produttiva.
… era affidata alle donne: escluse dai diritti e garanti della gestione
familiare.
Mentre l’identità sociale maschile veniva definita in relazione al mestiere,
oltre che ad altre funzioni svolte in ambito
pubblico…
… Per le donne l’identità sociale dipendeva dalla
posizione occupata all’interno della famiglia e quindi dal loro stato
civile.
Ciò significa anche che il lavoro produttivo delle donne è stato socialmente interpretato come
non naturale e quindi misconosciuto, spesso non registrato dalle statistiche
ufficiali, costretto all’informalità e all’intermittenza, orientato verso
mansioni non rilevanti.
Per questo vogliamo analizzare, in modo
corretto, il lavoro femminile con uno
studio delle strutture familiari e del ruolo svolto in esso dalle
donne.
Ricostruire l’evoluzione dei nuclei familiari nell’Ottocento
porta a considerare le
differenze economiche,
sociali e culturali, legate alle
particolarità territoriali, più forti nel nostro
che in altri Paesi europei.
Il nostro percorso sarà quindi teso a seguire le
linee essenziali di questa evoluzione, focalizzando
alcune categorie interpretative, offerte
dalla più recente storiografia, che
consentono di analizzare anche fenomeni a noi più
vicini.
Non esiste un modello unico;
più o meno complesso, dei comportamenti
familiari, si riconosce che in ogni società ne sono coesistiti e ne coesistono
vari, in relazione alle caratteristiche
dell’ambiente, dell’economia, del
potere politico, delle convinzioni morali e religiose
prevalenti.
A parte gli individui che vivono da soli, è possibile individuare in ogni società aggregati senza struttura,
costituiti dall’unione di fratelli, sorelle, parenti o semplici conoscenti che dividono nella stessa abitazione.
Le tipologie familiari
numericamente più consistenti sono
però altre …
LA FAMIGLIA NUCLEARE o coniugale semplice, l’aggregato domestico oggi prevalente, è composta dai genitori (anche uno
solo) con i figli non sposati: questo tipo di famiglia si caratterizza per la tendenza all’abbandono della casa paterna, ogni qualvolta si costituisce un nuovo nucleo coniugale (neolocalità), e quindi per la separazione sia residenziale che economica dei nuclei, che nei secoli passati comportava spesso anche la sottrazione
alla patria podestà del genitore.
LA FAMIGLIA COMPLESSA è allargata, oltre la coppia e i figli, comprende anche parenti ascendenti, discendenti, collaterali. In questo caso la famiglia è unità di produzione e non solo di
consumo; per la permanenza dei nuovi nuclei coniugali presso i genitori (patrilocalità), si produce un prolungamento
dell’esercizio della potestà del padre o dell’avo sui figli anche maggiorenni, in primo luogo sul primogenito. La scelta
patrilocale è stata, per molti secoli, direttamente connessa con il sistema patrilineare di trasmissione di patrimonio, titolo e
prestigio sociale.
Nella FAMIGLIA PATRIARCALE c’è una gran differenza tra i sessi. L’uomo è il capo della famiglia e la donna viene sottomessa nei suoi ruoli e diventa, insieme ai figli subordinata al marito.
NELLA FAMIGLIA DI TIPO CONIUGALE INTIMO, l’uomo e la donna si rispettano reciprocamente e
basano il proprio matrimonio sull’affetto e non sull’autorità.
Per tutta l’età moderna, la famiglia patriarcale estesa è stata dominante nella nobiltà
e nel patriziato cittadino italiano
Il figlio primogenito ereditava tutto ed era anche l’unico ad avere il diritto al matrimonio, mentre i restanti figli, avevano la possibilità di rimanere col fratello o altrimenti accedere a cariche ecclesiastiche o militari.
Nelle famiglie aristocratiche molte ragazze entravano in convento
per non danneggiare la famiglia, ed anche per poter dare a questa la possibilità di avere il controllo indiretto dei beni conventuali; i figli maschi, invece, accedevano
alla carriera militare per far acquisire importanza e influenza alla propria famiglia di origine.
Venivano considerati componenti del nucleo familiare, a tutti gli effetti, anche coloro che
partecipavano alla produttività come le balie, le domestiche, i sarti, i cocchieri e i maggiordomi.
Questo tipo di modello familiare iniziò a scomparire nel corso del Settecento con l’inizio della diffusione
delle idee illuministe che portarono una grande critica alle regole della primogenitura, del
matrimonio combinato, del celibato forzato e della patria potestà del genitore sul figlio.
Per quanto riguarda la popolazione rurale, durante l’età moderna, prevaleva quella divisa in famiglie complesse, in quanto la
condizione lavorativa esigeva la presenza di più persone.
C’era differenza tra coloro che
lavoravano i propri poderi e coloro che lavoravano le terre
di altri: i primi erano più propensi
ad allargare la famiglia in quanto
bisognosi di più braccia per poter portare avanti le
proprie terre, mentre i secondi,
generalmente, preferivano una
famiglia nucleare.
Nelle famiglie multiple, che abitavano le zone dell’Italia del centro-nord, generalmente prevaleva
la presenza della figura maschile. I ragazzi ritardavano il matrimonio che si combinava in base all’esigenza del fondo agricolo. Dopo il matrimonio, il capo della famiglia allargata disponeva i ruoli per ogni membro, in base ad una gerarchia ben precisa,
che, coinvolgeva di riflesso anche le donne.
Nel Mezzogiorno, prevaleva invece, la famiglia nucleare. Le
grandi terre erano affidate ai braccianti e, per questo, molti ragazzi lasciavano la casa paterna molto presto
per trasferirsi, dopo le nozze, nelle campagne per
lavorare.
Per quanto riguarda i rapporti familiari, possiamo dire che, comunque, sia le famiglie complesse, che quelle nucleari, erano di tipo patriarcale.I rapporti tra i membri erano ben delineati in
base ad una gerarchia ben precisa. Il sesso, l’età e l’ordine di nascita erano importanti per i propri
diritti. I figli erano educati severamente dai genitori e la moglie subordinata al marito.
Durante il XIX secolo, il modello patriarcale entrò in crisi: marito e moglie iniziarono ad
avvicinarsi, fu data più attenzione all’educazione dei figli e al tempo trascorso con loro. Nel
linguaggio familiare iniziò a scomparire il “voi” e marito e moglie iniziarono a trascorrere più tempo
insieme, e a parlarsi col “tu”.Questo nuovo tipo di relazione familiare, chiamata
“coniugale intima”, si diffuse dapprima tra i borghesi, poi all’aristocrazia e poi anche ai ceti
impiegatizi, agli artigiani, agli operai ed, infine, nel XX secolo, ai contadini.
Scomparvero i matrimoni
combinati e iniziò a
nascere il concetto di
comunione dei beni. Fu data importanza
agli affetti tra i familiari e i padri furono
più disponibili a investire
sull’istruzione delle figlie.
Quello che, però, non cambiò fu la disparità tra marito e moglie nella conduzione familiare, anzi, si rafforzava la concezione per cui il lavoro femminile doveva svolgersi solo nell’ambito della gestione familiare e della casa. Questi concetti vennero fortificati con il Codice Civile Napoleonico nel 1984 e con quello dell’Italia Unita nel
1865.
Nei primi anni dell’industrializzazione il settore
tessile mantenne legami col mondo rurale. La famiglia conservò la struttura degli
aggregati contadini.Man mano, con la nascita nelle
città di grandi fabbriche, le famiglie nucleari iniziarono ad immigrare trasferendosi nelle
zone popolari urbane.Ma le condizioni precarie di
lavoro portarono a tante trasformazioni. Iniziarono a diminuire le unioni regolari,
iniziò l’instabilità residenziale e le donne lavorarono per
necessità familiare o per mettere da parte qualche soldo,
almeno fino alla maternità.
La famiglia aristocratica
La famiglia appoderata
La famiglia
borghese
La famiglia di salariati
Era di tipo nucleare
Era di tipo complesso
Vigeva il sistema patrilocale
Vigeva il sistema neolocale
Era insieme unità di produzione e di consumo
Era solo unità di consumo
Era alto il numero di figlie nubili
La trasmissione del nome e del patrimonio avveniva per linea
maschile
Le relazioni interne erano di tipo patriarcale
Le relazioni interne tendevano a una maggiore intimità
Individua la tipologia familiare a cui si addice ciascuna delle caratteristiche elencate nella prima colonna, segnando con una crocetta la casella corrispondente