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1 MODULO 7 Introduzione L’Importanza della Chimica Organica Gli Idrocarburi I Derivati Funzionali Le Biomolecole ( di Roberto Giuli e Lucia Pellei)

MODULO 7 - cognitivimarca.altervista.org · Oggi si preferisce usare il numero di ossidazione, che esprime la carica fittizia che ... Gli amminoacidi, costituenti primari delle proteine,

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MODULO 7

Introduzione

L’Importanza della Chimica Organica

Gli Idrocarburi

I Derivati Funzionali

Le Biomolecole

( di Roberto Giuli e Lucia Pellei)

2

I composti del carbonio

sono in numero gigante

e compongon gli organismi

delle bestie e delle piante.

Una volta eran creduti

dei composti assai speciali,

non potendo riprodursi

con sistemi artificiali:

si pensava ad una forza

che negli esseri viventi

desse luogo a quei prodotti

così strani e differenti;

finché Wöhler, ottenendo

mercé sintesi l'urea

e con metodi inorganici,

non fugò la falsa idea.

E se organica e inorganica

restan campi separati,

è perché forma il carbonio

dei prodotti sconfinati,

in virtù dei suoi stessi atomi,

che si posson molto bene

collegare fra di loro

per formar lunghe catene;

vi concorre pure il fatto

che il carbonio, alla fin fine,

oltre che per altri corpi,

per se stesso è molto affine.

Fra i caratteri ai composti

del carbonio peculiari,

è che in essi assai prevalgono

i legami non polari,

e perciò gli atomi assumono

posizioni assai svariate,

dando origine a molecole

da stessi atomi formate,

mentre i corpi risultanti

differiscon tuttavia

ed è questa, in fondo in fondo,

la famosa isomeria.

Quindi accade qualche volta

di trovar cento composti

che la formula hanno uguale

e i caratteri hanno opposti;

onde spesso ci si trova

nella grave congiuntura

che la greggia non ci basti:

ci vuol quella di struttura.

E a cercarla gioveranno

due principi generali

che s'avverano pur sempre,

salvo casi eccezionali.

L'uno dice che un composto

per esistere - badate -

vuol che gli atomi abbian tutte

le valenze saturate;

l'altro afferma che il carbonio

può talor diversamente

comportarsi, ma di norma

si può dir tetravalente.

E s'è inoltre constatato,

senza tema ormai d'errore,

che le sue quattro valenze

han l'identico valore.

Le catene che fan gli atomi

son di due grandi sistemi:

o son chiuse, se ad anello

si congiungono agli estremi,

o, al contrario, sono aperte,

se ciascuna estremità,

dritta oppur ramificata,

per suo conto invece va.

A catena aperta sono

quei composti non invano

detti grassi, o detti pure

derivati del metano.

Chi di chimica è digiuno,

di comprendermi non speri:

non è facile afferrare

questi lugubri misteri!

Da “La chimica in versi” (1926) di Alberto Cavaliere (Mursia Ed.)

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BREVE VIAGGIO NELLA CHIMICA DEL CARBONIO

Introduzione

Quando nel 1926 Alberto Cavaliere scrisse il suo curioso libro “La chimica in versi”, la chimica

organica, come allora veniva chiamata la chimica del carbonio, era già molto sviluppata, per cui

molti dei concetti da lui espressi sono validi ancora oggi. Proviamo quindi ad utilizzare la sua

introduzione alla chimica del carbonio in modo critico, analizzandone i concetti ancora attuali ed

eventualmente introducendo i correttivi che si sono sviluppati negli anni a seguire.

I composti del carbonio

sono in numero gigante

e compongon gli organismi

delle bestie e delle piante.

I composti del carbonio finora conosciuti sono più di 18 milioni, molti di più di quelli già noti ai

tempi del nostro chimico-poeta. Non solo: il progredire delle conoscenze fa sì che nuovi composti,

non esistenti in natura, vengano sintetizzati arricchendo cosi questa numerosa famiglia di sostanze.

Una volta eran creduti

dei composti assai speciali,

non potendo riprodursi

con sistemi artificiali:

si pensava ad una forza

che negli esseri viventi

desse luogo a quei prodotti

così strani e differenti;

I composti organici vennero a lungo ritenuti di natura differente da quella dei composti inorganici e

si pensava che la loro sintesi potesse avvenire solo negli organismi viventi da cui la definizione di

CHIMICA ORGANICA per la chimica che si occupava di questi composti così particolari per

azione di una “forza vitale” presente solo negli esseri viventi e capace di operare solo entro di essi.

finché Wöhler, ottenendo

mercé sintesi l'urea

e con metodi inorganici,

non fugò la falsa idea.

Wolher era un chimico tedesco convinto che gli esseri viventi fossero dotati di una sorta di

laboratorio chimico interno, grazie al quale riuscivano a sintetizzare i composti organici, ed era

perciò altrettanto convinto che in un laboratorio artificiale si potessero riprodurre le condizioni di

sintesi di queste sostanze. Prova che ti riprova, Wolher riuscì a sintetizzare, a partire

dall’ammoniaca (una sostanza inorganica) un grammo di urea, sostanza che era stata isolata

dall’urina e che era quindi di sicura origine organica. Wolher dimostrò quindi che non esisteva

nessuna “forza vitale” e che la chimica dei composti organici seguiva le stesse leggi di quella dei

corpi inanimati!

E se organica e inorganica

restan campi separati,

è perché forma il carbonio

dei prodotti sconfinati,

in virtù dei suoi stessi atomi,

che si posson molto bene

collegare fra di loro

per formar lunghe catene

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In effetti la caratteristica peculiare che differenzia il carbonio dagli altri elementi e quella di dare

luogo a lunghe catene di atomi di carbonio: questa caratteristica è all’origine del grande numero di

composti del carbonio esistenti e sintetizzabili.

vi concorre pure il fatto

che il carbonio, alla fin fine,

oltre che per altri corpi,

per se stesso è molto affine.

Il concetto di affinità chimica risale agli alchimisti per i quali essa era una proprietà, degli elementi

chimici, indicante la tendenza di uno di loro a legarsi con un altro. Goethe nel suo capolavoro “Le

affinità elettive” utilizza gli argomenti dell'affinità chimica (da cui il titolo) come metafora per le

relazioni interpersonali. Ora in effetti il carbonio ha affinità per se stesso… cioè si combina con se

stesso e questa è una proprietà rara da riscontrarsi tra gli elementi i quali, tendenzialmente,

preferiscono combinarsi con altri elementi.

Fra i caratteri ai composti

del carbonio peculiari,

è che in essi assai prevalgono

i legami non polari,

Il carbonio nei composti organici si combina con se stesso dando legami covalenti puri, con

l’idrogeno H dando legami sostanzialmente apolari, e con altri atomi più elettronegativi come

ossigeno O, azoto N, zolfo S, alogeni, dando legami discretamente polari. Le molecole organiche

risultano però nella maggior parte dei casi globalmente apolari.

e perciò gli atomi assumono

posizioni assai svariate,

dando origine a molecole

da stessi atomi formate,

mentre i corpi risultanti

differiscon tuttavia

ed è questa, in fondo in fondo,

la famosa isomeria.

Gli atomi delle molecole organiche, come vedremo meglio parlando degli idrocarburi, si possono

collegare tra loro in più modi, per cui si potranno avere molecole con caratteristiche chimico-fisiche

diverse ma composte dallo stesso tipo e numero di atomi. Tali molecole vengono dette isomeri ed il

fenomeno è detto ISOMERIA.

Quindi accade qualche volta

di trovar cento composti

che la formula hanno uguale

e i caratteri hanno opposti;

onde spesso ci si trova

nella grave congiuntura

che la greggia non ci basti:

ci vuol quella di struttura

Le sostanze inorganiche possono essere spesso identificate solo dalla formula “greggia” (= grezza o

bruta), che descrive solo il tipo ed il numero di atomi che costituiscono la molecola. Le sostanze

organiche, invece, necessitano anche della cosiddetta formula di struttura, che illustra in modo

sintetico come gli atomi sono collegati tra loro e dà quindi una idea della loro disposizione nello

spazio, oltre che della forma complessiva della molecola.

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E a cercarla gioveranno

due principi generali

che s'avverano pur sempre,

salvo casi eccezionali.

L'uno dice che un composto

per esistere - badate -

vuol che gli atomi abbian tutte

le valenze saturate;

l'altro afferma che il carbonio

può talor diversamente

comportarsi, ma di norma

si può dir tetravalente

Anche il concetto di valenza è sostanzialmente superato. La valenza è un termine usato per indicare

la capacità degli atomi di combinarsi con altri elementi: un atomo tetravalente è un atomo che può

formare 4 legami. Oggi si preferisce usare il numero di ossidazione, che esprime la carica fittizia che

un atomo assume quando si combina con un altro atomo e che dipende dal numero di elettroni che

l'atomo in questione assumerebbe se si assegnassero al più elettronegativo degli atomi interessati

dal legame tutti gli elettroni che danno origine al legame. Nei composti organici l’atomo di carbonio

forma sempre 4 legami.

E s'è inoltre constatato,

senza tema ormai d'errore,

che le sue quattro valenze

han l'identico valore

Questa affermazione non è del tutto condivisibile: avremo infatti, come vedremo, legami singoli,

doppi o tripli, e, quindi, lunghezze ed energie di legame diverse!

Le catene che fan gli atomi

son di due grandi sistemi:

o son chiuse, se ad anello

si congiungono agli estremi,

o, al contrario, sono aperte,

se ciascuna estremità,

dritta oppur ramificata,

per suo conto invece va.

Abbiamo dunque detto che il carbonio forma lunghe catene: queste possono essere aperte o chiuse

ad anello. Inoltre le catene possono avere delle ramificazioni, come accade al ramo di un albero.

A catena aperta sono

quei composti non invano

detti grassi, o detti pure

derivati del metano.

La cosiddetta serie grassa indicava gli idrocarburi saturi, oggi con il termine grassi si indicano i

trigliceridi ed altre sostanze di interesse prevalentemente biologico. Il metano è invece il composto

più semplice tra carbonio ed idrogeno, di formula grezza CH4.

Chi di chimica è digiuno,

di comprendermi non speri:

non è facile afferrare

questi lugubri misteri!

Speriamo che invece questo breve volo nel mondo della chimica organica vi aiuti a chiarire almeno

alcuni di questi misteri!

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La molecola dell’urea

L’importanza della chimica organica

Per chimica organica dunque s’intende comunemente la chimica dei

composti del carbonio.

Già abbiamo incontrato dei composti con questo elemento, il

monossido e il diossido di carbonio (CO e CO2) per esempio, l’anione

carbonato (CO3=), formalmente derivante dall’acido carbonico, l’acido

cianidrico (HCN) etc.: li consideriamo tutti composti inorganici.

Oggi la distinzione in auge fino alla prima metà dell’800, ovvero tra

chimica inorganica, che studia i

composti provenienti dal mondo

minerale e chimica organica, la quale

invece si occupa dei composti

provenienti dal mondo animale e vegetale, è accettata solo a livello

simbolico e storico; preferiamo considerare come “organici”, quei

composti in cui compare l’atomo di carbonio con numero di

ossidazione minore o uguale a +3 (con l’eccezione del monossido

di carbonio).

Fu il chimico svedese Jacob Berzelius a usare per la prima volta il termine

“chimica organica” nel 1807 e, come menzionato, fu il grande chimico tedesco

Friedrich Wöhler a dare l’avvio “ufficiale” all’epopea dei composti organici,

quando si rese conto di essere stato “in grado di preparare l’urea senza l’ausilio

di un rene” (lo scienziato la ottenne facendo reagire cianato d’argento con

cloruro d’ammonio, composti inorganici, con l’intenzione di ottenere cianato

d’ammonio); la sua scoperta ovviamente aprì un orizzonte pressoché illimitato

alla sintesi organica. Kekulè (Friedrich August Kekulé Von Stradonitz, che

avrebbe in seguito studiato a fondo il benzene), stabilì nel 1858 la tetravalenza

del carbonio, ovvero la proprietà di questo elemento di formare quattro legami.

Il Carbonio ha una grande affinità per i legami chimici con altri atomi leggeri, tra cui il carbonio

stesso; trovandosi inoltre al centro della tavola periodica (quarto gruppo, secondo periodo) il

carbonio non manifesta una grande attitudine né a perdere, né ad acquistare elettroni; piuttosto li

mette in compartecipazione, formando in tal modo legami covalenti con altri atomi.

Da qui l’attitudine a formare catene che possono, teoricamente,

arrivare all’infinito. Oggi si conoscono oltre diciotto milioni di

composti organici e un gran numero di questi si ottiene per

sintesi. Il grande sviluppo della chimica organica parte dalla

seconda metà del secolo XIX ed è parte integrante della

seconda rivoluzione industriale, al pari dell’avvento

dell’elettricità. Da allora tale sviluppo non conosce battute

d’arresto e oggi questa branca della chimica riveste

importanza vitale in molti campi; vediamone alcuni.

Friedrich Wohler

August Kekulé

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Biologia

Gli amminoacidi, costituenti primari delle proteine, le proteine stesse, gli enzimi, i carboidrati (zuccheri), i lipidi (grassi), i neuromediatori (adrenalina, acetilcolina, dopamina), strutture che

hanno il compito di tradurre il messaggio a livello delle terminazioni nervose, sono tutte molecole di

natura organica.

Il saccarosio è il comune zucchero da tavola, un disaccaride formato da due zuccheri semplici, così

come gli acidi nucleici (DNA, la cui complessa struttura a elica fu messa a punto da James Watson e

Francis Crick nel 1953, RNA), depositari dei caratteri e della trasmissione biologica, e gli enzimi,

veri e propri messaggeri biologici che “viaggiano” all’interno del nostro organismo.

Farmaci

La preparazione di medicamenti, utili a curare i disturbi

più vari, è un’attitudine tanto antica quanto l’uomo, che

conosce e usa le erbe fin dall’alba della sua storia e

intuisce già dall’inizio che queste contengono quelli che

oggi chiamiamo “princìpi attivi” (la frazione di farmaco

che possiede attività farmacologica).

Già nel 3000 a.c. comparvero i primi scritti che

tendevano a classificare le piante in base ai loro poteri

magici e terapeutici.

Gli antichi romani usavano succhiare la corteccia di salice allo scopo di alleviare il dolore; questa

contiene una sostanza (anche se i nostri antenati non lo sapevano), l’acido salicilico, una molecola

organica che, opportunamente modificata, è alla base della moderna aspirina.

Furono gli alchimisti del medioevo a decretare la nascita di una farmacologia chimica intesa in

senso moderno, come sviluppo ragionato della fitoterapia (la scienza che studia le piante in senso

più ampio, anche se il termine “fitoterapia” viene introdotto nel XIX secolo).

Intendiamo per “farmaco” un composto chimico, di origine naturale o sintetica, in grado di

effettuare un’azione terapeutica, inducendo una modificazione a livello dei processi biologici; gli

antichi non ne avevano consapevolezza ovviamente, ma i principi attivi presenti in natura erano in

realtà capolavori di ingegneria molecolare.

Oggi la ricerca farmacologica ha raggiunto livelli straordinari, soprattutto a partire dagli anni

sessanta del ventesimo secolo, grazie a un’approfondita conoscenza dei processi biologici e grazie

anche ai recenti sviluppi della biologia molecolare.

Watson e Crick DNA Saccarosio

La molecola dell’acido

acetilsalicilico (Aspirina)

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L’esatta individuazione dei vari processi biochimici permette alla moderna industria farmaceutica di

“disegnare” il farmaco più idoneo per quel tipo specifico di patologia; basti pensare ai moderni

preparati contro l’ipertensione, o agli anti-ulcera che riducono la secrezione acida a livello dello

stomaco.

Polimeri

I polimeri sono delle macromolecole (ad altissimo peso molecolare) che si formano dall’unione di

molecole semplici chiamate monomeri.

Sono polimeri naturali l’amido e la cellulosa, polisaccaridi (cioè lunghi filamenti composti da

zuccheri semplici) formati da lunghe catene di glucosio (il monomero) e molto diffusi nel regno

vegetale (l’amido si trova nelle patate e nei cereali), il glicogeno, polisaccaride di riserva dei tessuti

animali, le proteine, ovvero catene di amminoacidi, gli acidi nucleici (DNA,RNA), i cui monomeri

sono rappresentati dai nucleotidi.

Oggi praticamente gran parte dei materiali che ci circondano sono

costituiti da polimeri sintetici, i quali, a partire dalla seconda metà del

diciannovesimo secolo, hanno sostituito i più costosi materiali

naturali. L’industria dei polimeri sintetici è cresciuta di pari passo con

quella petrolifera ed è con essa in stretta relazione. Nel 1844 si ha una

prima produzione del “linoleum” a partire da olio di lino, mentre il

primo polimero sintetico, la “parkesine”, usato come

impermeabilizzante, è del 1856.

Nel 1865 John Hyatt utilizza un polimero analogo alla parkesine per

ricoprire le palle da biliardo e all’inizio del secolo successivo, nel

1907, Leo Baekeland sintetizza la “bakelite”.

Altre date importanti sono il 1912, anno in cui viene sintetizzato il PVC (polivinilicloruro), il 1930,

anno della messa a punto del polistirene (polistirolo) e il 1940, che vede la prima produzione del

nylon.

Struttura dell’amido

La molecola dell’atenololo principio introdotto nel 1976 per la cura dell’ipertensione

Telefono di bakelite degli

anni quaranta

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I nomi di molti polimeri sintetici ci risultano familiari e vengono impiegati per la fabbricazione di

oggetti di uso molto comune. Vediamo alcuni esempi:

POLIPROPILENE (moquettes, imballaggi)

POLIVINILCLORURO (PVC)

POLISTIRENE (polistirolo espanso)

POLIESTERI (fibre tessili, dacron, terital)

TETRAFLUOROETILENE (teflon, pentole)

POLIAMMIDI (nylon)

POLIETILENE (isolanti, buste di plastica)

POLIVINILI (colla, vinavil)

POLIMETILMETACRILATO (plexigas)

POLIETILENTEREFTALATO (PET, bottiglie)

Le comuni buste di plastica sono realizzate in polietilene

(il monomero è l’etilene, idrocarburo di formula CH2=CH2)

Il nylon (che si ottiene dalla reazione di due molecole organiche,

esametilendiammina e acido adipico), venne usato per la fabbricazione di

paracadute durante la seconda guerra mondiale

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Energia e Industria Petrolifera (idrocarburi)

Gli idrocarburi (composti organici formati unicamente da carbonio e idrogeno) sono i componenti

principali del petrolio e del gas naturale.

Il petrolio è attualmente il più importante dei combustibili fossili e si trova in giacimenti sugli strati

superficiali della crosta terrestre. È conosciuto da secoli (ne parla Marco Polo ne “Il Milione”,

secolo XIII) ed era già noto nell’antico oriente.

L'industria petrolifera nasce in USA nel 1850 e il primo pozzo viene aperto nel 1859. Il suo utilizzo

ha influenzato in maniera fondamentale lo sviluppo industriale, politico e sociale a partire dalla

seconda metà del XIX secolo; è stato inoltre fattore scatenante di numerosi conflitti (Guerra del

Golfo, 1990).

Il petrolio è una miscela complessa di idrocarburi formati nel corso di un tempo lunghissimo grazie

alla decomposizione di organismi animali e sostanze vegetali; tale decomposizione è dovuta

essenzialmente a batteri anaerobi. La teoria

biogenica indica che il petrolio deriva dalla

maturazione termica di materia organica rimasta

sepolta. In condizioni di elevatissima temperatura e

di fortissima pressione si formano miscele di

idrocarburi, all’interno delle quali si distinguono

una fase liquida (petrolio) e una gassosa (gas

naturale), principalmente costituita da metano, ma

anche da etano e propano. Sia la fase liquida che

quella gassosa tendono a migrare verso l’alto

attraverso rocce porose, finché incontrano degli

strati impermeabili dove restano intrappolate.

Il seguente schema illustra quali prodotti si ottengono dalla lavorazione (distillazione frazionata) del

petrolio.

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Le varie frazioni ottenute sono composte da idrocarburi a vario numero di atomi di carbonio: gli

idrocarburi gassosi (C1-C4), le benzine (C6-C12), il kerosene (C9-C15), il gasolio (C15-C18), olio

combustibile (C16-C20).

La benzina verde è ottenuta aggiungendo alla benzina anche una piccola quantità di benzene

(idrocarburo aromatico), per sostituire il pericoloso piombo tetraetile un tempo usato come

antidetonante; il benzene è una molecola molto stabile ma dotata di tossicità, che può comunque

contribuire all’inquinamento atmosferico.

L’industria petrolchimica, che si va affermando a partire dal 1930, si occupa di tutti quei processi di

lavorazione del petrolio e dei prodotti da esso ottenibili; con lo sviluppo dell’industria del petrolio,

il carbone, per lungo tempo fonte primaria dei prodotti chimici industriali, ha progressivamente

perso la sua importanza.

Diversi sono i processi possibili a carico del prezioso minerale, in particolare il cracking e il

reforming, tesi ad ottenere prodotti “intermedi” di grande importanza.

Il “cracking” è un processo utilizzato per ricavare idrocarburi più leggeri, tramite rottura dei legami

tra gli atomi di carbonio degli idrocarburi più pesanti; si possono ottenere in tal modo alcheni

leggeri (etilene, propilene, butadiene), idrocarburi ramificati o acetilenici, alcuni di questi di

fondamentale importanza per la produzione di materie plastiche, fibre tessili etc.

Il “reforming” è un processo che consente di trasformare frazioni petrolifere per migliorarne le

caratteristiche. Per esempio, la trasformazione di idrocarburi saturi alifatici in composti aromatici

consente un miglioramento delle caratteristiche antidetonanti delle benzine.

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Gli Idrocarburi

Sono detti idrocarburi i composti che il carbonio forma con l’idrogeno. In questi composti ogni

carbonio forma sempre quattro legami covalenti con atomi di idrogeno o altri atomi di carbonio.

Idrocarburi saturi. Se i legami tra atomi di carbonio sono tutti singoli avremo i cosiddetti idrocarburi saturi. In essi il carbonio è sempre legato ad altri quattro atomi. Gli idrocarburi saturi a catena aperta

vengono anche detti alcani, quelli a catena chiusa cicloalcani. Nella seguente tabella sono riportati i

nomi, la formula di struttura (che indica come sono collegati tra di loro gli atomi), la struttura condensata (che mette in evidenza i legami tra gli atomi di carbonio, cioè il cosiddetto scheletro

carbonioso) e il modello tridimensionale (a sfere e bastoncini, che dà un’idea della reale forma della

molecola).

Nome Formula di struttura Struttura

condensata Modello tridimensionale

Metano

CH4

Etano

CH3CH3

Propano

CH3CH2CH3

Butano

CH3CH2 CH2CH3

Ovviamente il carbonio può dare anche composti con molti più atomi di carbonio che verranno

battezzati con un nome che deriva dal numero di atomi di carbonio che li costituiscono (pentano,

esano, eptano, ottano, …).

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I nomi degli alcani semplici non ramificati sono costituiti da una radice che indica il numero di

carboni che costituisce la catena e dalla desinenza ano (definita anche suffisso) che indica la classe

di appartenenza. La tabella seguente riporta i nomi degli alcani lineari semplici.

Numero di C Radice Nome

1 Met- Metano

2 Et- Etano

3 Prop- Propano

4 But- Butano

5 Pent- Pentano

6 Es- Esano

7 Ept- Eptano

8 Ott- Ottano

9 Non- Nonano

10 Dec- Decano

Rimuovendo un idrogeno da una catena alchilica si ottiene un radicale alchilico. Il nome di un

radicale alchilico si ottiene sostituendo il suffisso ano dell’alcano corrispondente con il suffisso ile.

CH4 Metano CH3- Metile

CH3CH3 Etano CH3CH2- Etile

CH3CH2CH3 Propano CH3CH2CH2- Propile

Gli idrocarburi con 4 o più atomi di carbonio possono avere isomeri di struttura, cioè molecole che

pur avendo la stessa formula grezza hanno una diversa concatenazione degli atomi. Queste molecole

hanno anche diverso punto di fusione e diverso punto di ebollizione. Esistono ad esempio 2

possibili strutture che possiamo scrivere per un alcano con quattro atomi di carbonio (formula

molecolare C4H10): una struttura lineare e una ramificata. Butano e isobutano sono isomeri di struttura. Per un alcano di formula C5H12 possiamo scrivere 3 possibili strutture: una lineare, il

pentano, e due ramificate.

Butano e Isobutano

Pentano, Isopentano e Neopentano

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Per assegnare il nome ad alcani ramificati dobbiamo utilizzare le seguenti regole:

1. Individuare la catena carboniosa continua più lunga.

2. Individuare il sostituente e numerare la catena.

3. Il nome finale si costruisce scrivendo nell’ordine da sinistra a destra: posizione del

sostituente, trattino, nome del sostituente, nome della catena principale (fusi in un'unica

parola).

Un alcano con 15 atomi di C può avere 4.347 isomeri diversi,

mentre con 20 atomi di C possiamo costruire 366.319 isomeri

diversi! Questo dà una idea del perché il numero di composti

organici possa essere così grande. La formula generale degli alcani

è CnH2n+2 dove n è uguale al numero di atomi di carbonio che

costituiscono la molecola. Quindi, se un alcano ha 15 atomi di

carbonio la sua formula grezza sarà C15H32.

Queste sono invece le formule di alcuni ciclo alcani, il più importante dei quali è il cicloesano:

Gli alcani sono insolubili in acqua e solubili in solventi apolari (benzene, etere, cloroformio); hanno

inoltre bassi punti di fusione e bassi punti di ebollizione (infatti, essendo apolari, tra le molecole

degli alcani si instaurano deboli forze di Van der Waals):

Numero di C Nome Formula condensata Punto di Ebollizione (°C)

1 Metano CH4 -161

2 Etano CH3CH3 -88

3 Propano CH3CH2 CH3 -42

4 Butano CH3(CH2)2CH3 -0,5

5 Pentano CH3(CH2)3CH3 +36,1

6 Esano CH3(CH2)4CH3 +69

7 Eptano CH3(CH2)5CH3 +98

8 Ottano CH3(CH2)6CH3 +126

9 Nonano CH3(CH2)7CH3 +151

10 Decano CH3(CH2)8CH3 +174

La fonte principale degli alcani è il petrolio e, poiché la loro combustione è fortemente esotermica,

vengono utilizzati come combustibili. Questo utilizzo è in realtà poco razionale: essi sono infatti

anche una importantissima fonte di materie prime (non inesauribile!) utilizzate per la sintesi di molti

altri composti: finito il petrolio niente più materie plastiche, farmaci, pesticidi, collanti, vernici, etc

etc!!

ciclopropano ciclobutano ciclopentano cicloesano

4-Etil Ottano

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Idrocarburi insaturi. Vengono denominati idrocarburi insaturi quegli idrocarburi, detti alcheni, che

presentano doppi legami tra atomi di carbonio e quegli idrocarburi, detti alchini, che presentano

tripli legami tra atomi di carbonio. I loro nomi sono caratterizzati dalla desinenza

–ene per gli alcheni (es: pentene) e dalla desinenza –ino per gli alchini (es: esino). Se due molecole

di idrocarburi insaturi hanno la stessa formula greggia ma differiscono per la posizione nella catena

dei legami doppi o tripli ci troveremo di fronte ad un tipo di isomeria detta isomeria di posizione.

Il seguente composto è l’etino, detto anche acetilene, il più semplice degli alchini.

L’acetilene viene usato nei dispositivi di illuminazione utilizzati dagli speleologi dove viene

prodotto in situ a partire dal carburo di calcio facendolo reagire con l'acqua.

Idrocarburi Aromatici. Molte sono le sostanze, polveri, spezie

o piante medicinali utilizzate nel corso della storia. Cristoforo

Colombo (1451-1506), Vasco De Gama (1469-1524),

Ferdinando Magellano (1480-1521), Sir Francis Drake (1549-

1596) furono solo alcuni tra coloro che, durante i loro viaggi,

approfondirono la ricerca delle spezie; queste, unitamente alle

piante medicinali, furono le prime sostanze naturali studiate

dai chimici organici. Vediamone alcune.

Il toluene è un composto (idrocarburo) che si ottiene dal balsamo del tolù, grande

pianta (fino a venticinque metri) della famiglia delle fabaceae, presente soprattutto

in Venezuela; il balsamo è noto in erboristeria, perché in grado di favorire la

fluidificazione del catarro presente nei bronchi e di ridurre la tosse.

La benzaldeide è un composto isolato dall’olio di mandorle amare e dal

caratteristico odore; inoltre tale composto è il più semplice membro della

categoria delle aldeidi aromatiche nonché quello più sfruttato a livello

industriale.

Toluene

Benzaldeide

16

L’alcol benzilico è un composto nocivo; una lozione

al 5% di alcool benzilico è stata proposta come

trattamento per la pediculosi (pidocchi). L’alcol

benzilico si ottiene dalla resina del Benzoino, una

pianta arbustiva delle Styracaceae che cresce nel sud-

est asiatico, dotata di proprietà emollienti ed

espettoranti.

Anche l’acido benzoico è un composto rintracciabile nella resina del

Benzoino. L’acido benzoico e i suoi sali sono usati come additivi

alimentari (E210); è inoltre usato nell’industria della plastica.

Altro composto aromatico è l’azulene (dallo spagnolo AZUL, azzurro),

molto usato in cosmetica, idrocarburo aromatico, solido di colore blu-

violetto.

Erodoto di Alicarnasso, storico greco vissuto quattro secoli

prima di Cristo, narrò nelle sue “Storie” che esisteva un

“popolo più resistente perché usava mangiare le foglie di

salice”. Queste contenevano l’acido salicilico, antesignano della

moderna Aspirina.

E potremmo citare tantissimi altri casi. Ma cosa hanno in comune tutti i composti fin qui citati?

Sono “composti aromatici” e il benzene è la struttura di base.

Alcol benzilico

Acido benzoico

Azulene

Acido salicilico

Due diverse rappresentazioni del Benzene

17

Il termine “aromatico” identificava tradizionalmente quei prodotti profumati e dall’aroma

caratteristico e i loro principi. In senso moderno questo termine identifica composti formati da uno

o più anelli planari contenenti doppi legami delocalizzati su tutto l’anello. Di questi composti il

benzene è quello più importante.

Il benzene fu isolato per la prima volta nel 1825 dal chimico inglese Michael

Faraday (1791-1867), che lo ottenne dal gas illuminante, ottenuto per

distillazione dal litantrace (ovvero il carbon fossile, ancora oggi carburante

di notevole importanza). Faraday lo chiamò Bicarburo d’Idrogeno. Nel

1845, il chimico inglese Charles Mansfield lo isolò dal catrame. Oggi il

benzene viene estratto dal petrolio.

La peculiare struttura a doppi legami alternati fu proposta nel 1865 da

August Kekulè. Egli avanzò l'ipotesi che i legami doppi e semplici della

molecola scambiassero la loro posizione lungo l'anello con velocità tanto

elevata che le reazioni caratteristiche degli alcheni non potevano

avvenire, conferendo la particolare stabilità e le proprietà chimiche del

benzene. La leggenda narra come egli fu ispirato in sogno da un

“serpente che si morde la coda” ed intuì che in realtà tali legami

“ruotano” continuamente, proprio a formare una nuvola ad anello.

Come già detto, può essere usato al posto del piombo tetraetile come antidetonante delle benzine

(oggi il piombo non si usa più). A temperatura ambiente è un liquido incolore e dall’odore

caratteristico, poco solubile in acqua e molto solubile nei solventi organici.

! oppure ?

18

I Derivati Funzionali

Gli idrocarburi sono solo una piccola parte dei composti organici. Da essi infatti derivano moltissimi

altri composti caratterizzati dalla presenza di altri atomi: l’ossigeno, l’azoto, gli alogeni. Come

conseguenza della presenza nella molecola, al posto di uno o più idrogeni, di questi atomi, avremo

dei composti con caratteristiche e reattività molto diverse.

Nomi dei composti Struttura Esempi Molecole in cui si

trovano

Alogenuri alchilici

clorometano

Solventi,

Insetticidi,

Anestetici

Alcoli

etanolo

Zuccheri,

Vitamine idrosolubili

Aldeidi

propanale

Alcuni zuccheri,

Formaldeide

Chetoni

acetone

Alcuni zuccheri,

“corpi chetonici”

nelle urine

Acidi carbossilici

acido acetico

Amminoacidi,

Proteine,

Alcune vitamine,

Acidi grassi

Esteri

acetato di metile

Aromi,

Grassi

Ammine

metilammina

Amminoacidi,

Proteine,

Urea nelle urine

19

La presenza di un certo gruppo funzionale nella molecola influenza la sua reattività conferendole

caratteristiche chimiche peculiari. I composti organici vengono pertanto raggruppati a seconda della

presenza di questi gruppi di atomi, fermo restando che in una stessa molecola possono essere

presenti più gruppi funzionali. Si tratta cioè di una comoda esemplificazione che ci consente di

studiare la reattività di quel determinato gruppo. Passeremo ora a trattare sinteticamente i principali

gruppi funzionali prendendo come esempi le molecole più comuni e diffuse di ogni gruppo.

Gli alogenuri alchilici. Se uno o più idrogeni di un idrocarburo viene sostituito da uno o più atomi di

alogeni avremo gli alogenuri alchilici. Vengono denominati anteponendo al nome dell’idrocarburo

da cui derivano il nome e la posizione dell’alogeno. Nella nomenclatura tradizionale si assegna il

suffisso -uro alla radice del nome dell’alogeno e si scrive il nome dell’alchile corrispondente (ad

esempio CH3Cl si chiamerà cloruro di metile (nome IUPAC clorometano).

Di seguito sono riportati gli alogenuri più interessanti e il loro utilizzo.

È molto usato come

solvente.

È un anestetico.

Il Freon-11 e il Freon-12, più noti come clorofluorocarburi,

sono dei fluidi refrigeranti molto economici. Venivano

utilizzati nei frigoriferi e come propellenti nelle bombolette

spray; oggi sono in disuso perché danneggiano lo strato di

ozono atmosferico che ci protegge dalle pericolose

radiazioni UV e sono sostituiti da composti meno dannosi

per l’ambiente.

Il cloroformio è stata la prima sostanza ad essere usata come anestetico, ma è

nocivo. Oggi è utilizzato come solvente.

Il tricloroetilene è un ottimo solvente: si può usare per decaffeinare il

caffè, per estrarre olio dai semi ma anche per il cosiddetto lavaggio a

secco degli indumenti. Quest’ultimo uso è stato abbandonato per la

sua tossicità ed al suo posto viene utilizzato il tetracloroetilene.

Il tetracloroetilene viene utilizzato nelle lavanderie a secco, come solvente

per lo sgrassaggio dei metalli, nell'industria chimica e farmaceutica,

nell'uso domestico.

1,2 dicloroetano Aloetano

Freon-11 Freon-12

CHCl3

cloroformio

CHCl=CCl2

tricloroetilene (trielina)

CCl2=CCl2

Ll2 tetracloroetilene

(percloroetilene)

20

Il DDT (diclorodifeniltricloroetano) è stato il primo

insetticida ad essere utilizzato (1939) ed essendo efficace

contro la zanzara che la trasmette, ha contribuito ad eliminare

la malaria da vaste zone del mondo. Oggi è accusato di

accumularsi nei tessuti e di essere cancerogeno. L’OMS però

né ha consigliato l’uso nelle zone infestate dalla zanzara nelle

quali i rischi per la salute legati alla malaria sono di molto

superiori rispetto a quello di ammalarsi di cancro.

La diossina è molto tossica e cancerogena. Si produce

durante le combustioni (anche nel fumo di sigaretta…).

Costituisce il principale ostacolo alla combustione

indiscriminata dei rifiuti in quanto si produce in discrete

quantità, se in questi ultimi sono presenti materiali

plastici.

Gli alcoli. Sono molecole caratterizzate dalla presenza di un gruppo –OH (ossidrile). Vengono

generalmente rappresentati con la formula generale ROH, dove R rappresenta la parte idrocarburica

della molecola. Il loro nome deriva dall’idrocarburo: ad esempio se prendo il metano CH4 e

sostituisco un suo idrogeno con un OH otterrò il metanolo o alcool metilico CH3OH, se prendo

l’etano C2H6 e sostituisco un suo idrogeno con un OH otterrò l’ etanolo o alcool etilico C2H5OH e

così via. Il gruppo OH è fortemente polarizzato e può dare legami a idrogeno, pertanto gli alcoli a

basso peso molecolare sono più alto bollenti degli idrocarburi da cui derivano e sono solubili in

acqua. All’allungarsi della catena idrocarburica l’influenza del gruppo OH sulle proprietà della

molecola diminuisce e gli alcoli diventano insolubili in acqua.

Se nella molecola sono presenti due ossidrili avrò i dioli, se tre i trioli.

L’alcool metilico (CH3OH) è un composto che si ottiene dalla

distillazione del legno – veniva infatti chiamato spirito di legno (“spirito”

è un vecchio modo di indicare gli alcoli) – ma si forma in piccole

quantità anche durante la fermentazione alcolica. È un composto

estremamente pericoloso anche in quantità molto piccole (non può

superare lo 0,25% nei vini e l’1% nei superalcolici), in quanto il fegato lo

trasforma in formaldeide, una sostanza molto tossica. Negli anni ’80 si

verificarono delle intossicazioni molto gravi, che portarono in qualche

caso anche alla morte, causate dal consumo di vino adulterato con

metanolo per aumentarne il grado alcolico.

L’alcool etilico (C2H5OH) è il costituente principale del

vino e delle bevande alcoliche. È noto sin dalla antichità e

si ottiene dalla fermentazione (trasformazione ad opera di

alcuni microrganismi) degli zuccheri contenuti nell’uva

(vino) o in altra frutta (sidro, cherry…) o cereali (birra,

whisky….). Nel fegato l’alcool etilico viene convertito

nella tossica acetaldeide; per questo motivo è bene

limitarne l’uso. Ha inoltre un effetto neurotossico

DDT

Diossina

Alcool metilico

Alcool etilico

21

(danneggia i neuroni) con conseguenze sulle funzioni psichiche e motorie. Se

assunto in eccesso può dare il cosiddetto “coma etilico” che può portare anche

alla morte. Dà dipendenza e danni fisici gravi soprattutto al fegato in caso di

abuso prolungato nel tempo. Gli effetti sulla vigilanza, sulla memoria, sulla

coscienza (fino al delirio…), sulla coordinazione motoria e sui tempi di reazione

hanno indotto il legislatore a mettere dei limiti alla sua assunzione per i guidatori.

Per i neopatentati tale limite è zero! Vuol dire divieto di assumere alcolici se ci si

mette alla guida….

Il Glicol etilenico (CH2OHCH2OH) è un diolo e viene usato come additivo anticongelante

nell’acqua di raffreddamento dei motori della automobili. È tossico se ingerito.

La Glicerina (CH2OHCHOHCH2OH) è un triolo utilizzato come emolliente in molti prodotti

cosmetici (saponi, creme, detergenti…); è anche il composto da cui si parte per produrre la

nitroglicerina (un potente esplosivo ma anche un efficace vasodilatatore usato nelle

malattie dell’apparato cardiovascolare).

Se l’ossidrile è unito ad un anello benzenico, i composti vengono detti fenoli. Sono

acidi deboli, tanto che il fenolo (il più semplice di questi composti) è anche detto

acido fenico ed è usato come disinfettante.

Le aldeidi. Sono composti caratterizzati dalla presenza di un

carbonile, cioè di un ossigeno legato con un doppio legame

ad un carbonio.

L’aldeide più semplice ma anche la più famosa è la

formaldeide. La sua soluzione acquosa al 37%, detta

formalina, veniva usata per conservare reperti biologici

o piccoli animali e come disinfettante. La maggior

parte della produzione della formaldeide è utilizzata

per produrre polimeri. Trova impiego come collante nei truciolati: i mobili

costruiti con essi rilasciano formaldeide nel tempo e questo è un problema

perché questo composto è inserito dal 2004 nell’elenco delle sostanze

cancerogene. C’è da dire che la quantità emessa è veramente molto piccola e

ignoriamo il fatto che fumare quattro sigarette in una stanza fa raggiungere il

massimo livello tollerabile di formaldeide (che è solo una delle tante sostanze tossiche che si

sviluppano dalla loro combustione). Morale: abbiamo trovato un altro ottimo motivo per non

fumare!

Esistono altre aldeidi decisamente più piacevoli, come quella che dà il profumo alla citronella, la

pianta con la cui essenza si possono preparare candele utili a tenere lontane le zanzare nelle sere

d’estate.

Fenolo

Aldeide

Formaldeide

22

La benzaldeide (di cui abbiamo già parlato a proposito dei derivati del

benzene) è una aldeide aromatica dal caratteristico odore di mandorle

amare. Viene utilizzata come aroma per i dolci a base di mandorle ed è

da preferire alle mandorle amare perché queste ultime contengono acido

cianidrico, un veleno molto pericoloso! Come vedete non tutte le cose

“naturali” sono benefiche!

I chetoni. Sono parenti stretti delle aldeidi.

Il chetone più conosciuto è l’acetone, quella sostanza

che viene utilizzata per togliere lo smalto dalle

unghie. L’acetone viene infatti utilizzato

principalmente come solvente (riesce a sciogliere

anche l’Attak!) ma trova utilizzo anche nella

produzione di polimeri acrilici.

Acidi carbossilici. Sono caratterizzati dalla presenza del carbossile, cioè il gruppo –COOH.

L’acido carbossilico più importante è l’acido acetico che si ottiene

dall’acetificazione del vino e che è noto sin dall’antichità. È un acido

debole: per questo non è pericoloso condire l’insalata con l’aceto!

Quest’ultimo è in grado di denaturare le proteine

(un processo che avviene durante la cottura degli

alimenti che le contengono), per cui può essere

utilizzato per preparare delle ottime acciughe

marinate nell’aceto! (Se abitate in montagna prendete delle acciughe

sotto sale, sciacquatele bene, mettetele sotto aceto per qualche ora,

sgocciolatele, conditele con olio e un po’ di aglio tritato e scoprirete che

la chimica non è fatta solo di schifezze!).

L’acido carbossilico più semplice è l’acido formico, quello che le “simpatiche”

formiche rosse vi iniettano se vi pizzicano. I corvi, animali più intelligenti di

quel che si pensa, molestano le formiche in modo da farsi spruzzare di acido

formico: in questo modo gli uccelli si liberano dei loro parassiti! L’acido

formico uccide la salmonella, il batterio responsabile di pericolose

intossicazioni alimentari: può quindi essere addizionato ai mangimi dei

pollami per prevenire la contaminazione delle loro carni e delle uova con la

salmonella.

Molto importanti sono anche gli acidi grassi, di cui parleremo nel paragrafo dedicato alle

biomolecole.

Chetoni

Acetone

Benzaldeide

Acidi Carbossilici

Acido acetico

Acido formico

23

Gli esteri. Derivano dalla reazione tra alcoli e acidi carbossilici. Gli esteri

hanno solitamente odori gradevoli e danno il loro profumo caratteristico a

molti frutti.

Le ammine. Sono composti molto interessanti caratterizzati dalla presenza del gruppo –NH2. Noi ci

soffermeremo sull’anilina, dalla quale un chimico inglese, William Henry Perkin, ricavò nel 1856

un colorante viola, il primo colorante sintetico, detto polvere di anilina o malveina. Ovviamente in quell’anno il viola malva fu

molto di moda, anche perché era un colorante molto meno costoso

di quelli di origine naturale. Dall’anilina successivamente si

sintetizzarono molti altri coloranti; oggi però si sa che l’anilina è

cancerogena. Fate attenzione specialmente con le scarpe: se vi

macchiano i piedi non le usate più perché potrebbero essere state

colorate con coloranti all’anilina!

Esteri

Ammine Anilina

24

Le Biomolecole

Gli organismi viventi sono in grado di sintetizzare

circa mille miliardi di molecole differenti, molte

delle quali indispensabili per la vita; a ben pensarci

i “pochi” milioni di molecole create artificialmente

in laboratorio sono poca cosa rispetto a tutto ciò!

Noi traiamo energia da carboidrati e grassi, i nostri

muscoli sono formati da proteine; non potremmo

neanche funzionare tanto bene senza piccoli

messaggeri dalla importante struttura detti

“ormoni”, o senza le proverbiali vitamine.

Il nostro sistema nervoso funziona per mezzo di

certi mediatori chimici ai quali è affidato il

compito di trasferire l’impulso; inoltre, le

particolari informazioni riguardanti il nostro essere

sono fedelmente e impeccabilmente riportate nel

nostro DNA (acido desossiribonucleico),

esponente di spicco della categoria degli acidi

nucleici insieme all’RNA (acido ribonucleico).

Proteine, zuccheri e acidi nucleici sono “polimeri”,

ossia molecole ad altissimo peso molecolare

formate da unità più semplici dette monomeri

(rispettivamente, amminoacidi, monosaccaridi e

nucleotidi); più precisamente, si usa definirli

polimeri naturali, per distinguerli dalla categoria

dei “polimeri sintetici” di cui abbiamo accennato

in precedenza.

Carboidrati: chiamati anche glucidi, zuccheri o

saccaridi, i carboidrati sono composti organici tra i

più abbondanti in natura e rappresentano una indispensabile fonte di energia. A questa categoria

appartiene ad esempio il glucosio, prodotto dalle piante per mezzo della fotosintesi clorofilliana.

Quest’ultima è un meccanismo biologico molto raffinato, nel quale viene sintetizzata una molecola

energeticamente molto utile a partire da molecole inorganiche comuni. Inoltre, durante questo

processo, viene trasformata energia luminosa in energia chimica. Un grammo di glucosio contiene

circa 17kJ di energia.

I carboidrati erano classicamente indicati come “idrati di carbonio”, in quanto la loro formula

generale è Cn(H2O)n.

25

In base alla loro struttura vengono classificati come monosaccaridi, zuccheri semplici che non

possono essere ulteriormente idrolizzati a zuccheri più semplici, oligosaccaridi, formati da poche

unità di monosaccaride (i disaccaridi sono i più importanti), e polisaccaridi, glucidi complessi che

contengono numerosissime unità di monosaccaride; in tutti i casi, oligo e polisaccaridi, le molecole

di monosaccaride sono saldate per mezzo di un legame detto legame glicosidico.

I monosaccaridi rappresentano la più importante forma di energia; quando non utilizzati, vengono

immagazzinati dagli organismi sotto varie forme (es. glicogeno nel fegato degli animali, amido

nelle piante etc.). Caratteristica comune a tutti i monosaccaridi è la presenza simultanea di un

gruppo funzionale carbonilico, aldeidico o chetonico, e di gruppi ossidrile; li definiamo

poliidrossialdeidi o poliidrossichetoni.

Distinguiamo i monosaccaridi in aldosi e chetosi, a seconda che contengano la funzione aldeidica o

chetonica, e in triosi, tetrosi, pentosi, esosi, a seconda che contengano, tre, quattro, cinque o sei

atomi di carbonio.

Più precisamente, il fruttosio sarà un cheto-esoso, in quanto contenente sei atomi di carbonio e il

gruppo chetonico; per contro il glucosio sarà un aldo-esoso e il ribosio un aldo-pentoso e così via.

Il glucosio è l’esponente di spicco della categoria dei monosaccaridi, oltre ad essere probabilmente

il composto organico più presente in natura; attraverso il processo della glicolisi, è coinvolto nella

produzione di ATP, strettamente connesso al contenuto energetico delle cellule.

Gliceraldeide

(capostipite degli aldosi)

funzione

aldeidica

Diidrossiacetone

(capostipite dei chetosi)

funzione

chetonica

Fruttosio

(cheto-esoso)

Ribosio

(aldo-pentoso)

Gliceraldeide

(aldo-trioso)

Glucosio

(aldo-esoso)

Eritrosio

(aldo-tetroso)

26

Altro monosaccaride estremamente importante è il fruttosio, che forma insieme al glucosio il

disaccaride saccarosio (il comune zucchero da tavola!).

I monosaccaridi si presentano sia in forma aperta, come quelle riportate finora, che in forma chiusa,

ciclica, in equilibrio con la forma aperta.

Come accennato, gli oligosaccaridi sono costituiti da due o più (in genere poche) unità di

monosaccaride; a seconda del numero vengono denominati di-, tri- tetrasaccaridi etc.

I disaccaridi sono i più importanti e sono formati da due unità di zucchero semplice.

Nella formazione dei disaccaridi si instaura un legame tra le due molecole di monosaccaride

(legame glicosidico), con perdita di una molecola di acqua.

Tra i principali disaccaridi abbiamo:

Il lattosio, formato da glucosio e galattosio, è uno dei principali disaccaridi ed è il

componente zuccherino del latte (vedi figura sopra).

Il maltosio è formato da due molecole di glucosio e deriva dall’idrolisi del malto.

Il saccarosio è lo zucchero di canna o di barbabietola ed è il dolcificante più comune nelle

nostre tavole; è formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio.

D-Galattosio D-Glucosio Legame glicosidico

Lattosio

Glucosio

(struttura aperta di Fischer)

β-D-Glucosio

(struttura ciclica di Haworth)

27

Cellulosa, amido e glicogeno sono senz’altro tra i polisaccaridi più importanti in natura; i

polisaccaridi sono polimeri naturali ad elevatissimo peso molecolare.

La cellulosa è il polisaccaride più presente in natura ed è materiale di sostegno dei tessuti vegetali

(il legno è costituito per il 50% da cellulosa); è composta da lunghissime catene di -D-Glucosio e

da essa si ricava, tra gli altri prodotti, la carta. L’uomo, mancante degli enzimi appropriati, non è in

grado di digerirla, al contrario dei ruminanti.

L’amido rappresenta un’eccellente bacino di riserva delle piante; è presente nei cereali, nel grano e

nel riso e consiste in una catena di molecole di -D-Glucosio.

Distinguiamo due forme, l’amilosio a catena lineare e l’amilopectina, a struttura ramificata.

Il glicogeno, come accennato, è invece il polisaccaride di riserva degli organismi viventi ed è

rintracciabile soprattutto nel fegato e nei muscoli; al momento del bisogno, l’organismo demolisce il

glicogeno allo scopo di ottenere glucosio (glicogenolisi).

La molecola del saccarosio

(formata da glucosio, a sinistra, e da fruttosio)

Struttura dell’amido

La cellulosa è il principale

materiale di sostegno delle

piante

28

Lipidi: alla classe dei lipidi appartengono sostanze strutturalmente molto diverse tra loro, con

diverse funzioni; caratteristica comune a queste sostanze è di essere insolubili in

acqua e solubili in solventi apolari (etere). I lipidi (dal greco “lipos”, grasso)

rappresentano un’importante riserva energetica; durante l’attività fisica vengono

consumati insieme ai carboidrati (un grammo di “grasso” produce ben 37 kJ di

energia contro i 17 kJ dei carboidrati!). Quella energetica non è l’unica funzione

biologica dei lipidi, che svolgono anche mansione strutturale e di trasporto

(fosfolipidi, lipoproteine, ormoni di natura steroidea etc.).

Grassi e oli sono i lipidi più semplici e i più comuni, solidi i primi e liquidi i

secondi; da un punto di vista strutturale essi sono esteri del glicerolo o, meglio,

triesteri, dato che il glicerolo è un alcol che contiene tre funzioni alcoliche.

I trigliceridi si ottengono dall’esterificazione delle funzioni alcoliche del

glicerolo con tre molecole di acido grasso. Gli acidi grassi sono acidi

monocarbossilici alifatici, con un numero pari di atomi di carbonio (in genere

tra 4 e 30). In base alla presenza o meno di doppi legami, distinguiamo gli

acidi grassi in saturi e insaturi.

Ecco alcuni esempi di acidi grassi saturi:

CH3-(CH2)10-COOH

acido laurico

CH3-(CH2)12-COOH

acido miristico

CH3-(CH2)16-COOH

acido stearico

I grassi liquidi (oli) contengono invece una percentuale piuttosto elevata di acidi grassi insaturi,

come l’oleico o il linoleico:

CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)7-COOH

acido oleico

CH3-(CH2)4-CH=CH-CH2-CH=CH-(CH2)7-COOH

acido linoleico

Un opportuno processo di idrogenazione a carico dei doppi

legami consente di ottenere un “indurimento” dei grassi

liquidi di origine vegetale; tale processo è alla base della

produzione delle cosiddette margarine.

Glicerolo

CH2-O-COR

CH-O-COR

CH2-O-COR

Un trigliceride

29

Proteine: sono polimeri naturali che si compongono di amminoacidi (i monomeri) legati tra loro

mediante un legame ammidico (-CONH-) detto legame peptidico; sono essenziali per la struttura, il

funzionamento e la riproduzione dei viventi.

Gli aminoacidi, monomeri delle proteine, rappresentano il 15% del peso

del corpo umano; dal nome si deduce che sono caratterizzati da un gruppo

amminico (-NH2) e da un gruppo carbossilico (-COOH). Il gruppo –R è

quello che caratterizza i vari amminoacidi. Nonostante il gran numero di

proteine conosciute, gli amminoacidi presenti in natura sono solo venti.

Poiché l'organismo umano non è in grado di

sintetizzare alcuni amminoacidi o, se lo è, la velocità di sintesi non è

sufficiente al bisogno, esso deve assumere questi amminoacidi

dall'esterno, mediante l'alimentazione, e ciò ad evitare la comparsa di

manifestazioni morbose. Tali amminoacidi sono detti "amminoacidi

essenziali" e sono: leucina, isoleucina, treonina, metionina, lisina,

fenilalanina, triptofano, valina e, sicuramente per i neonati, istidina.

Come detto, gli amminoacidi si saldano tra loro tramite legame peptidico per formare catene

peptidiche; tale legame fu ipotizzato da Emil Fischer e riguarda il gruppo carbossile di un

amminoacido e il gruppo amminico dell’amminoacido adiacente:

Gli oligopeptidi (di-, tri-, tetra peptidi etc. fino a circa dieci unità) sono catene costituite da pochi

amminoacidi; catene più lunghe vengono definite propriamente peptidi. Alcuni peptidi sono molto

importanti a livello biologico e fisiologico, pur non concorrendo alla formazione di proteine (ad

esempio la bradichinina, nonapeptide che interviene nella regolazione della pressione sanguigna,

l’ossitocina, secreta dal lobo posteriore dell’ipofisi, o la vasopressina, ancora un nonapeptide che

concorre alla regolazione della pressione arteriosa).

La descrizione della struttura delle proteine è abbastanza complessa; distinguiamo quattro tipi di

struttura: primaria, secondaria, terziaria e quaternaria.

La struttura primaria descrive il numero, il tipo e la sequenza degli amminoacidi impegnati nella

catena:

legame peptidico

Gly –Ile-Val-Glu-Gln-Cys-Cys-Thr-Ser-Leu-Tyr

Struttura primaria di un frammento della catena dell’insulina

Struttura di un

amminoacido

Glicina, il più semplice

degli amminoacidi

30

La struttura secondaria riguarda il modo in cui tale catena si dispone; fondamentalmente sono

possibili due tipi di struttura, ad elica (-elica) o a foglietto:

A determinare la struttura secondaria concorrono deboli legami a

idrogeno (quelli tratteggiati nelle figure) che si formano tra

l’idrogeno legato all’azoto e l’ossigeno del gruppo carbonilico.

Il modo in cui si ripiegano le -eliche o i foglietti, ovvero la

sistemazione nello spazio tridimensionale, riguarda invece la struttura

terziaria, dipendente in gran parte dai gruppi alchilici –R.

Infine, alcune proteine sono in realtà costituite da due o più sub-unità (struttura quaternaria); è il caso dell’emoglobina, struttura

formata da quattro sub-unità peptidiche.

Acidi nucleici: sono svariati milioni gli organismi viventi in grado di riprodursi; ciò vale sia per gli

organismi monocellulari, che per gli individui strutturalmente superiori. Questa capacità di

riprodursi si esplica attraverso un meccanismo altamente sofisticato che porta alla generazione di un

individuo del tutto simile al progenitore. Ogni cellula dovrà dunque possedere un “codice” in grado

di tradurre tutte le informazioni necessarie alla “progettazione” e alla costruzione del nuovo essere.

Questo complesso “dossier” di informazioni, chiamato genoma, è contenuto nel DNA, acido

desossiribonucleico, sostanza a cui si deve la biosintesi delle proteine, nonché la costruzione di un

indispensabile messaggero, l’acido ribonucleico, RNA, l’altro esponente degli acidi nucleici.

Il DNA fu isolato per la prima volta nel 1869 dal biochimico svizzero Friedrich Miescher, il quale

gli assegnò il nome di “nucleina”. Una struttura definitiva fu invece proposta nel 1953 da James

Watson e Francis Crick, in servizio presso il Cavendish Laboratory di Cambridge.

Struttura dell’-elica Struttura del foglietto β

Emoglobina

Friedrich Miescher James Watson e Francis Crick

31

Strutturalmente DNA e RNA sono piuttosto simili; entrambi sono polimeri costituiti da nucleotidi e

questi ultimi sono formati da acido fosforico, da uno zucchero (ribosio nel caso dell’RNA e

desossiribosio nel DNA) e da una base organica eterociclica, purinica o pirimidinica.

Ciascun acido nucleico contiene quattro diverse basi, due puriniche, guanina e adenina, e due

pirimidiniche, timina e citosina; nell’RNA l’uracile è al posto della timina.

La molecola di zucchero e quella della base (legate tramite legame glicosidico) costituiscono il

nucleoside, il quale, legato al gruppo fosfato (mediante legame estereo), forma il nucleotide.

La struttura a doppia elica proposta da Watson e Crick, prevede due catene di DNA in cui le basi si

attraggono mediante legame a idrogeno. L’accoppiamento non è casuale; infatti l’adenina si lega

sempre alla timina e la guanina alla citosina.

Adenina Timina

Guanina Citosina

N

N

NH

N

NH2

adenina

N

NH

NH

N

NH2

O

guanina

basi puriniche

NH

NH

O uracile

NH

NH

O

O timina

N

NH

NH2

O citosina

basi pirimidiniche

Ribosio Desossiribosio

un nucleotide

32

Come accennato prima, il DNA contiene le informazioni adeguate per la

sintesi delle proteine; ad ogni tripletta di basi (codone) corrisponde un

determinato amminoacido. Il codice genetico, universale e comune a tutti

gli organismi, può essere definito come la relazione tra DNA, che contiene

il “messaggio” e lo trascrive su un opportuno frammento di RNA, detto

messaggero, e la sequenza degli amminoacidi che vanno a costruire una

data proteina.

Le cellule contengono tre tipi di RNA: l’ RNA messaggero (mRNA), il

quale presiede alla trascrizione del codice genetico (il DNA è confinato nel

nucleo e per “dirigere” la biosintesi delle proteine, che avviene nei

ribosomi, ha bisogno di un mediatore, l’mRNA appunto); l’RNA transfer,

che ha il compito di trasportare gli aminoacidi per la formazione dei

legami peptidici (il t-RNA ha in altre parole il compito di tradurre le triplette del codice genetico nel “linguaggio” degli amminoacidi) e l’RNA

ribosomiale (rRNA), principale componente dei ribosomi.

L’essere umano è dunque “costruito” in base alle istruzioni impartite dal DNA; una cellula contiene

circa due metri di acido nucleico, il quale a sua volta porta svariati miliardi di nucleotidi.

Il DNA ha la capacità di replicarsi, cioè è capace di sintetizzare dei filamenti identici a sé stesso; il

filamento serve per la sintesi dell’RNA, il tutto catalizzato da una serie di enzimi, tra cui DNA

sintetasi e RNA sintetasi.

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L’RNA messaggero passa dunque nei ribosomi, dove si trovano frammenti di RNA transfert,

ognuna delle quali contenente una tripletta di nucleotidi in grado di trasportare un determinato

amminoacido:

Il codice genetico: a ogni tripletta di basi corrisponde un amminoacido

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Concludiamo il nostro viaggio nella chimica del carbonio così come lo avevamo iniziato, con il

nostro amico chimico-poeta Alberto Cavaliere che, sempre a suo modo e cioè in versi, ci fornisce la

composizione chimica del corpo umano:

IL CORPO UMANO

Ecco un'analisi non troppo amena, che ha fatto un màcabro dottore a Jena:

preso un cadavere, l'ha decomposto, con molto scrupolo stimando il costo.

L'ossa forniscono tanta calcina dal far l'intonaco d'una cucina,

e si ricupera tanta grafite da far al massimo cento matite

I grassi abbondano - strano contrasto! - pure in chi è solito saltare il pasto.

Da tutto il fosforo, piedi compresi, al più ci scappano mille svedesi,

mentre distillasi dal corpo vile d'acqua…potabile tutto un barile.

Il ferro è in minime tracce, di modo che non ci fabbrichi neppure un chiodo:

fatto stranissimo perché da vivi di chiodi, in genere, non siamo privi.

Ma ciò che supera le previsioni più catastrofiche sono i bottoni;

ne ottieni un numero fenomenale, sì che un legittimo dubbio t'assale:

fece l'analisi quell'alchimista sopra lo scheletro d'un giornalista?

Volendo vendere questi elementi ai poco modici prezzi correnti,

ci si ricavano venti lirette: alcune scatole di sigarette!

Che cifra misera! Solo conforto, se si considera che l'uomo morto,

oscuro o celebre, ricco o pezzente, sciocco o filosofo, vale ugualmente.

Ed è ridicolo, in fondo in fondo, che, mentre vivono su questo mondo,

sia dian cert'arie tanti mortali, se poi gli scheletri son tutti uguali!