Monti Lessini Pasubio Piccole Dolomiti

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    Comunit MontanaAlto Astico e Posina

    Comunit MontanaLeogra Timonchio

    Comunit Montana Agno-Chiampo

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    Monti LessiniPasubio

    Piccole Dolomiti Vicentine

    I Siti di Importanza Comunitariadella Montagna Vicentina

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    G.A.L. Montagna Vicentina s.c.a.r.l.

    Comunit MontanaAlto Astico e Posina

    Comunit MontanaLeogra Timonchio

    Pubblicazione realizzata nellambito delliniziativa ComunitariaLeader+ - G.A.L. Montagna VicentinaMisura 1.2 Miglioramento della qualit della vita nelle zone rurali,

    valorizzazione del paesaggio, delle risorse naturali e culturaliAzione c) Protezione, recupero e valorizzazione delle risorsenaturali e dei paesaggiOperazione n. 5: Interventi per la valorizzazione e fruizione turisticacompatibile delle aree naturalistiche SIC della montagna vicentina

    Coordinamento del progetto: Simonetta MazzuccoVeneto AgricolturaSettore Educazione NaturalisticaTel. 049 8293760 Fax 049 8293815

    e-mail: [email protected]

    Pubblicazione edita daVeneto Agricoltura

    Azienda Regionale per i settori Agricolo, Forestale e Agro-AlimentareViale dellUniversit, 14 Agripolis35020 Legnaro (Pd)Tel. 049 8293711 Fax 049 8293815www.venetoagricoltura.orgcol contributo del Settore Divulgazione Tecnica e FormazioneProfessionale

    Corte BenedettinaVia Roma, 34 35020 Legnaro (Pd)Tel. 049 8293920 Fax 049 8293909

    Progetto graficoCentro Servizi Le Guide - Recoaro T. (VI)Stargraphic Trissino (Vi)TestiSebastiano SandriMichele Franceschi

    Centro Servizi Le Guide

    Comunit Montana Agno-Chiampo

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    Presentazione

    ASPETTIGEOLOGICI

    IntroduzioneSuccessione stratigrafica nel recoareseBasamento cristallinoArenarie della Val GardenaFormazione a BellerophonFormazione di WerfenFormazione a Gracilis

    Calcare di RecoaroConglomerato del TrettoCalcare del monte SpitzVulcaniti triassicheDolomia principaleCalcari grigi o di NoriglioDepositi quaternari

    ASPETTIFLORISTICIEVEGETAZIONALI

    Introduzione

    Flora e vegetazione delle vette vicentine

    Piano basale

    BoschiPrati e pascoli

    Piano montano

    BoschiPrati e pascoliZone umide

    Piano culminale

    Boscaglia subalpinaPascoliGhiaioniRupi e pareti rocciose

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    Sommario

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    ASPETTIFAUNISTICI

    IntroduzioneLa fauna delle rocce e pendici detritiche calcareeLa fauna dei prati montani e pascoliBiotopi umidi in quota :Le pozze dalpeggio, la torbiera di Malga Rove e il Laghetto del CremeCanaloni e coste aride a cespugliBoscaglie di pinus mugo e rhodendron hirsutumBosco di faggioTorrenti con vegetazione riparia

    Boschi di coniferaBosco di roverella e carpino neroBosco misto di latifoglieBoschi di forraLuogo di migrazioni

    UOMOEAMBIENTE

    Linizio della storia

    Levento pi tragicoLo sfruttamentoLa modernitConclusioni

    LALTAVIADELLEVETTEVICENTINE

    Premessa

    Valle del Chiampo

    Passo della Scagina Passo della LoraPasso del Mesole Sella del Campetto Recoaro Mille

    Valle dellAgno

    Recoaro Mille - GazzaGazza Campogrosso1. Monte Obante - Sentiero Alto

    2. Sentiero bassoCampogrosso rifugio Balasso1. Sentiero dArroccamento

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    2. Strada del Re

    Val Leogra

    Rifugio Balasso Monte Pasubio1. Val CanaleRifugio Balasso Colle Xomo Monte PasubioColle Xomo Monte PriaforMassiccio del NovegnoFusine di PosinaColle Xomo Posina

    Val Posina

    Monte Pasubio Val Posina per la Val SorapacheVal Posina Monte Maio1. Salita per contrada Lambre2. Salita da Posina

    Val di Laghi

    Monte Maio Monte Maggio - Laghi

    GIOCOEIMPARO

    IntroduzioneNasconpinoAnimali al posto giustoAmarena bluAndando per

    Saper ascoltare

    Bibliografia generale

    Bibliografia specifica

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    PRESENTAZIONEdi Sebastiano Sandri

    Il Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) IT3210040Monti Lessini Pasubio Piccole Dolomiti Vicenti-ne si estende per circa 14.000 ettari lungo la catenaprealpina vicentina e veronese, comprendendo le testa-te delle valli e le principali vette delle prealpi vicentineoccidentali. Il S.I.C. caratterizzato, nella sua parte pielevata, da creste, pareti rocciose, canaloni, mughete,

    pascoli rocciosi e faggete. Pi in basso, dove lambientenaturale maggiormente risente dellimpatto antropico,attorno agli abitati si estendono boschi misti e numerosiappezzamenti di prato. Nel S.I.C. sono inoltre presentiforeste subalpine di Picea abies (Abete rosso), arbustetidi Alnus alnobetula (Ontano verde) e Salix sp.(Salice),nonch una piccola torbiera bassa. Nel suo insieme sitratta di un esteso complesso forestale, intervallato daformazioni erbacee e arbusteti dalta quota. Lhabitat

    maggiormente rappresentato (25% di copertura e buonaconservazione) quello delle formazioni erbose calci-cole alpine e subalpine, segue (14%) lhabitat dei faggeticalcicoli dellEuropa Centrale. Il 12% della superficiedel Sito occupato da pareti rocciose calcaree con ve-getazione casmofitica (vegetazione delle rocce), l11%da boscaglie di pino mugo e rododendro irsuto, l8%rispettivamente da faggeti del Luzulo-Fagetum, da forma-zioni erbose secche seminaturali e da ghiaioni calcarei

    di collina e montagna. Superfici minori sono occupateda altri habitat: foreste acidofile di Picea, rocce silicee,bordure di megaforbie, torbiere, fiumi alpini.

    Nel sito sono presenti molte specie di uccelli, rettili,anfibi, qualche mammifero di rilievo e molti invertebratiendemici. Numerose sono le specie vegetali, con impor-tanti piante della flora alpina e con alcuni endemismi diestremo valore.

    Listituzione del Sito di Importanza Comunitaria statoun passo importante nella valorizzazione complessiva

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    dellarea prealpina vicentina, in unottica di conserva-zione dellambiente naturale e della sua biodiversit,

    un patrimonio appartenente alla comunit da tutelare econservare nella sua preziosa integrit.

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    Monte CallianoGruppo del Novegno

    Foto S. Sandri

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    Torrione RecoaroGruppo del Fumante

    Foto S. Sandri

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    Confini del Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C) Monti Lessini Pasubio Piccole DolomitiVicentine (Porzione vicentina)Foto aerea: Terra Italy it 2000 - NR 2003 - Compagnia Generale Riprese Aeree S.p.A. - Parma

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    ASPETTI GEOLOGICI

    di Sebastiano Sandri

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    Una catena montuosa, cos come ogni altro elementodella crosta terrestre, ha una propria vita che per, adifferenza della nostra e di tutti gli esseri viventi, si svi-luppa nel corso di centinaia di milioni di anni. Ai nostriocchi una montagna simboleggia limmobilit, in realtanchessa nasce, si sviluppa fino alla maturit e infine

    scompare. Lo studio geologico del territorio un affa-scinante viaggio nel tempo, alla scoperta di tutto questo,non sterile osservazione della terra e delle sue forme,quanto piuttosto ricerca delle origini e delle tracce la-sciate dallo scorrere degli eventi.

    In geologia, sulla base della genesi e della composizio-ne, si distinguono tre tipi di rocce: sedimentarie, magma-tiche e metamorfiche. Le prime sono formate dallaccu-

    mulo di materiale organico e inorganico, deposto nellamaggior parte dei casi in ambiente marino. Le roccemagmatiche derivano direttamente dalla cristallizzazio-ne del magma, sia allinterno della crosta terrestre cheallesterno. Le rocce metamorfiche sono derivate dallatrasformazione di rocce preesistenti, per effetto di varia-zioni della pressione e della temperatura.

    Lattuale assetto delle Vette Vicentine il frutto di unalunga storia geologica, protrattasi per centinaia di mi-lioni anni, durante i quali si sono deposti strati rocciosidi tutte e tre le tipologie, successivamente deformati daimovimenti orogenetici della crosta terrestre.

    Importanti, nella definizione della complessa e frasta-gliata morfologia delle Vette Vicentine, sono inoltre ifenomeni erosivi, dovuti agli agenti atmosferici (acqua,neve, ghiaccio, ecc.) che agiscono sugli strati rocciosisuperficiali.

    INTRODUZIONE

    Dolomia Principale

    Foto S. Sandri

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    SUCCESSIONESTRATIGRAFICA

    DELRECOARESE

    La regione geologica denominata Recoarese compren-de in realt tutta larea delle Vette Vicentine, dalle vallatealle creste montuose sommitali. La formazione rocciosapi antica affiorante in questa zona costituita dalle roc-ce metamorfiche del basamento cristallino, sulle qualipoggiano in sequenza le formazioni del Permiano, quel-le della successione triassica e qualche piccola porzione

    delle rocce giurassiche. Frammisti agli strati di wroccesedimentarie si trovano numerosi depositi vulcanici, ri-salenti allattivit eruttiva triassica.

    Oltre a queste unit rocciose, nelle aree limitrofe alleVette Vicentine sono presenti formazioni mesozoiche e

    Le Filladi quarzifere

    Foto S. Sandri

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    terziarie, con i depositi pi recenti riferiti allOligocene,e prodotti del vulcanesimo terziario.

    I motivi di interesse geologico del territorio del S.I.C.sono molteplici e sono dovuti soprattutto allimportante

    Geologia storica

    In geologia storica si fa riferimento a un doppio sistema cronologico, vale a dire una

    cronologia assoluta e una relativa.

    La prima consiste nellattribuire unet a un fossile o a una roccia: la datazione avviene

    mediante lo studio del decadimento radioattivo di alcuni isotopi presenti nelle rocce e

    nei fossili. La cronologia assoluta si sviluppata solo nel corso dellultimo secolo, dopo

    la scoperta della radioattivit.

    La cronologia relativa invece, basata sullo studio della stratigrafia e dei fossili, stabiliscese un determinato evento del passato sia anteriore o posteriore ad un altro. La suc-

    cessione degli eventi registrati nelle rocce costituisce il tempo geologico, che venne

    suddiviso in intervalli di durata variabile.

    Lordinamento del tempo geologico in quattro gruppi, corrispondenti a quattro ere

    geologiche, opera di Giovanni Arduino, il quale pubblicava nel 1759 uno scritto nel

    quale venivano individuate le quattro ere: primaria, secondaria, terziaria e quaternaria.

    Successivamente venne introdotta unera arcaica, anteriore alla primaria, in seguito

    denominata Precambriano. Le quattro ere vengono anche dette Paleozoico (570 225milioni di anni fa), Mesozoico (225 65 milioni di anni fa), Cenozoico (65 1,8 milioni

    di anni fa) e Neozoico (1,8 milioni di anni fa fino al presente).

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    successione triassica, conservata nella sua interezza e damolti anni studiata da geologi e appassionati di Scienze

    della Terra. La serie triassica recoarese infatti la pi det-tagliata e completa per ricostruire gli eventi di quellin-tervallo di tempo geologico.

    Gli strati rocciosi di Recoaro riportano la traccia di al-meno sette regressioni triassiche, vale a dire i momenti

    nella storia geologica delle Alpi in cui il mare si ritircon la conseguente emersione di vaste porzioni di terra.

    BASAMENTOCRISTALLINO

    Il particolare assetto tettonico dellarea, congiuntamenteallazione erosiva degli agenti meteorici, ha fatto s cheil basamento cristallino, costituito da ammassi di filladiquarzifere, venga alla luce in ampi tratti dei fondovalle.Le filladi, lardaro nel dialetto locale, sono rocce meta-

    morfiche dovute alla trasformazione di antiche catenemontuose, risalenti allOrogenesi Ercinica o addiritturaCaledoniana. Le filladi, la cui origine viene presumibil-mente collocata tra la fine del Carbonifero e linizio delPermiano, costituiscono la formazione rocciosa pi anticadel vicentino e probabilmente anche di tutto il Veneto.

    Caratterizzate da notevole scistosit e friabilit, le filladisi alterano ad opera degli agenti atmosferici, dando origi-

    ne a un terreno particolarmente fertile. Le loro caratteristi-che fisiche sono spesso motivo di instabilit dei versanti,soprattutto in concomitanza di piogge insistenti e abbon-

    Profilo geologicodellAlta Valle dellAgno

    Tratto da: Carta geologicadellarea di Recoaro

    Disegno S. Isello

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    danti. Tra gli strati grigiastri e verdastri delle filladi sonoabbondanti lenti e letti di quarzo, minerale molto duro e

    dal caratteristico colore bianco latte e aspetto vitreo.

    ARENARIEDELLAVALGARDENA

    Quella delle Arenarie della Val Gardena la pi anticaformazione sedimentaria presente nellarea del S.I.C.,risale infatti allultimo periodo dellera paleozoica de-nominato Permiano. Frutto dello smantellamento dellaprecedente catena montuosa Ercinica, le arenarie deri-vano dallaccumulo in piane alluvionali di conglomerati,sabbie e fanghi, trasportati a valle dai corsi dacqua. Gliantichi sedimenti sono rappresentati prevalentementeda arenarie rossastre, accompagnate da altre rocce sedi-mentarie di diversa granulometria. Labbondante presen-za di quarzo nelle Arenarie della Val Gardena ha fatto

    in alto: Molain basso: Arenarie dellaVal Gardena

    Foto S. Sandri

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    s che da tempo immemore dai loro strati, resi abrasividalla componente mineralogica, venissero ricavate le

    mole, utilizzate per affilare asce, coltelli e altri utensilida taglio.

    Altra caratteristica delle Arenarie della Val Gardena lapresenza, nei loro strati, di interessanti e numerose im-pronte fossili di tetrapodi terrestri, antenati dei dinosauriche avrebbero popolato la Terra nel corso della succes-siva era Mesozoica.

    FORMAZIONEABELLEROPHON

    Nel Permiano superiore il mare ini-zia ad avanzare da oriente a occi-dente, ricoprendo le grandi distesealluvionali da cui sarebbero derivatele Arenarie della Val Gardena. Nellevaste lagune che un po alla volta siandavano a formare si accumulanoi depositi della Formazione a Belle-rophon, unit dolomitica che prendeil nome dal Bellerophon, un mollu-sco gasteropode caratteristico di que-gli antichi depositi sedimentari. Laformazione non molto potente, nonsupera i 50 metri di spessore, e il suotetto segna il limite tra lera Paleozoi-

    ca e lera Mesozoica.

    FORMAZIONEDIWERFEN

    Con la Formazione di Werfen inizia la successione trias-sica (225 190 milioni di anni fa), rappresentata nellareageologica del recoarese nella sua completa integrit.

    Caratterizzata da ambiente deposizionale riconducibilea bassi e fangosi fondali marini, la Formazione di Werfen costituita da siltiti micacee, accompagnate da marne,calcari e dolomie. La formazione piuttosto spessa (dai

    Strati dellaFormazione a Bellerophon

    Foto S. Sandri

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    100 ai 200 metri) e presenta una stratificazione moltonetta con una fitta laminazione millimetrica. Tra gli strati

    di Werfen non mancano interessanti strutture sedimenta-rie, come i ripple marks e le brecce di erosione, che te-stimoniano la parziale o totale emersione dei fondali delmare triassico in cui si stavano deponendo i sedimenti.Sulla Formazione di Werfen poggia la Dolomia del Serla

    Inferiore, ununit dallo spessore massimo di 30 metridepostasi in un mare poco profondo e caratterizzato daestese piane di marea.

    FORMAZIONEAGRACILIS

    Nel mare del Terziario Medio si formano progressiva-mente vaste lagune fangose, dislocate lungo la linea co-stiera che divideva il mare aperto dalle terre emerse. Idepositi di questi ambienti sono caratterizzati da calcari

    Ambiente di formazionedel Calcare di Recoaro

    Riproduzione di un pannel-lo del Museo PaleontologicoDal Lago di Valdagno

    Disegno S. Isello

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    marnosi, marne, siltiti, argilliti e, aspetto maggiormentesignificativo della formazione, da abbondanti resti fossili

    di invertebrati, oggetto di studi e ricerche specialistiche.In alcuni affioramenti della Formazione a Gracilis, come

    nella Val Rotolon delle Piccole Dolomiti, sono presentiestesi depositi di gesso, un tempo oggetto di estrazioneper ricavarne fertilizzanti e cemento.

    Al tetto della Formazione a Gracilis si incontrano i segnidi una regressione marina, vale a dire il ritiro del mare

    con conseguente emersione della terra. Testimonianzadi questo sono gli Strati a Voltzia, depositi terrigeni incui abbondano resti fossili vegetali con le caratteristichefronde e strobili della Voltzia recubariensis..

    CALCAREDIRECOARO

    Il Calcare di Recoaro si formato in una laguna, comu-nicante con il mare aperto, in cui continuavano, anchese in modo nettamente minore rispetto alla precedenteformazione, gli apporti terrigeni. La caratteristica pi im-portante del Calcare di Recoaro riguarda la presenza difossili, tanto vero che i resti di fauna presenti nei suoistrati sono famosi in tutto il mondo, rappresentando inmaniera inequivocabile la parte superiore del Pelsonico(Triassico Medio).

    La parte inferiore del Calcare di Recoaro caratterizzatada calcari grigi o biancastri, mentre nella parte superiore sirinvengono dolomie brunastre e prive di stratificazione.

    CONGLOMERATODELTRETTO

    Il Conglomerato del Tretto la testimonianza della re-gressione verificatasi dopo il lungo periodo di deposizio-ne marina che aveva caratterizzato larea recoarese. Unavolta ritiratosi il mare, lerosione superficiale intacca leterre emerse e iniziano a formarsi depositi fluviali di ciot-toli, sabbie e materiali pi fini. Anche nel Conglomerato

    Conglomerato del Tretto

    Foto S. Sandri

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    del Tretto sono presenti impronte fossili di rettili terrestri,testimonianza delle forme di vita che popolavano larea

    delle Vette Vicentine in quel lontano passato.

    CALCAREDIMONTESPITZ

    Dopo la fase regressiva, il mare riprende possesso delRecoarese, dapprima originando sottili strati di calcariimpuri di terrigeno e ricchi di sostanza organica (Calcarea Sturia), successivamente sostituiti da un bianco calcaredi piattaforma carbonatica, denominato Calcare di Mon-

    te Spitz. Questa formazione indicatrice di un ambien-te deposizionale con un mare caldo e limpido, sui cuifondali si accumulava in notevole quantit il carbonatodi calcio, favorito soprattutto dalla ricca flora algale. IlCalcare di Monte Spitz caratterizzato da notevoli cam-biamenti di spessore, andando dai 200 metri di certizone alla decina di metri di altre. Questo aspetto pro-babilmente dovuto allattivit tettonica sinsedimentaria,anticipatrice delle successive fasi eruttive che avrebberointeressato lintero distretto recoarese.

    Da alcuni affioramenti del ruvido Calcare di Monte Spitzvenivano un tempo estratte macine da mulino e, propriolungo una porzione dellAlta Via denominata Sentierodelle Mole, i resti di una cava sono ancora ben visibili inverticali pareti rocciose, poste a picco sul ripido versanteboscoso sottostante.

    FORMAZIONEANODOSUS

    Collegata allandamento del Calcare di Monte Spitz, laFormazione a Nodosus una unit pelagica che si de-posta nei solchi della piattaforma carbonatica sotto for-ma di calcari nodulari, brecce, arenarie e materiale vul-

    canodetritico. Segno inequivocabile dellintensa attivitvulcanica che stava iniziando, la Formazione a Nodosusmostra spessori quasi irrilevanti laddove il Calcare di

    Foto S. Sandri

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    Monte Spitz maggiormen-te potente, mentre parti-

    colarmente spessa quandola piattaforma carbonatica esigua.

    Su questa formazione e sulCalcare di Monte Spitz pog-gia la Breccia di Fongara, unsottile strato di depositi con-tinentali che testimoniano

    lemersione dellarea per unbreve periodo. La Breccia diFongara veniva estratta perricavarne manufatti lapidei,dal caratteristico effetto naturale della palladiana. Splen-dido esempio del suo utilizzo si ha nella chiesetta di lo-calit Giorgetti, nel comune di Recoaro Terme.

    VULCANITITRIASSICHE

    Preannunciata gi nelle precedenti formazioni, nel La-dinico Superiore (Triassico Medio) lintero territorio dellePrealpi Vicentine viene interessato da unintensa attivitvulcanica, verificatasi sia in ambiente subacqueo che su-baereo. Dapprima vengono emessi prodotti acidi (rioliti,riodaciti, daciti), successivamente e in modo progressivoil chimismo tende al basico, fino allemissione finale dibasalto. Estesi depositi vulcanici caratterizzano le VetteVicentine, sia come prodotti di colata che come filonie camini vulcanici. Interessante inoltre la presenza dilaccoliti, ovvero grandi masse vulcaniche intruse a bassaprofondit entro gli strati di sedimenti.

    Conseguenza dellattivit vulcanica la mobilizzazionedi minerali entro le rocce sedimentarie, interessanti nonsolo a fini economici per le numerose miniere coltivate

    nei secoli scorsi, ma anche per la presenza di mineralirari e preziosi, ricercati da collezionisti e da studiosi.

    Intrusione magmatica

    Breccia di Fongara

    Foto S. Sandri

    Foto S. Sandri

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    DOLOMIAPRINCIPALE

    Dopo i grandi sconvolgimenti provocati dallattivitvulcanica, allinizio del Triassico Superiore il mare re-gredisce, lasciando spazio allerosione subaerea e alconseguente deposito di conglomerati e altro materia-le sedimentario. Queste rocce sono conosciute con ilnome di Gruppo di Raibl e preludono alla pi imponen-te formazione rocciosa delle Vette Vicentine, la DolomiaPrincipale. Gli oltre 900 metri di spessore della Dolo-mia Principale sono dovuti al mantenersi di condizio-

    ni geodinamiche stabili per tutto il Triassico Superiore,quando in una grande piana di marea avviene una lentadeposizione di materiale carbonatico. La Dolomia Prin-cipale forma lossatura delle Vette Vicentine, andando acostituire le grandi pareti rocciose che ne caratterizzanola parte sommitale e ne danno il familiare e conosciutoaspetto gi osservandole dalla pianura veneta.

    Foto E. Dolgan

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    Erosione nellaVal Rotolon

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    CALCARIGRIGIODINORIGLIO

    In qualche piccolo lembo delle Vette Vicentine affiora-no i Calcari di Noriglio, unica testimonianza di rocceappartenenti al periodo Giurassico. Questa formazione caratterizzata da calcari e calcareniti, depostisi in am-biente lagunare e di piattaforma carbonatica, dalla colo-razione grigio cenere o biancastra a seconda del conte-nuto mineralogico.

    Formazioni pi recenti dei Calcari di Noriglio non sono

    presenti nellarea del S.I.C. anche se, in zone limitrofecollinari e di fondovalle, si incontrano numerosi stratisedimentari e depositi vulcanici risalenti al Terziario.

    Lungo il percorso dellAlta Via si trovano alcune intru-sioni basaltiche terziarie, dovute a camini vulcanici pre-senti nella Dolomia Principale, la cui azione ha provo-cato fenomeni di metamorfismo da contatto. In questomodo si spiega la presenza di alcune vecchie cave di

    marmo, un tempo coltivate anche se situate in posizioninon facilmente raggiungibili, proprio lungo litinerariodellAlta Via nelle Piccole Dolomiti.

    DEPOSITIQUATERNARI

    Lintensa attivit orogenetica alpina spinse verso laltogli enormi pacchi di sedimenti e gli ammassi di materia-

    le vulcanico, provocando una complessa serie di pieghee faglie che hanno dato forma alle elevazioni delle VetteVicentine. Nel corso del tempo intervennero anche altrifattori a modellare cime e versanti, vale a dire le glacia-zioni quaternarie e i fenomeni erosivi superficiali.

    iI fenomeni erosivi superficiali sono dovuti allazionedegli agenti meteorici e possono essere sia fisici chechimici. Nel primo caso rientra lazione dellacqua, so-

    prattutto quando la temperatura scende sotto lo zero eil ghiaccio, formatosi nelle fessure della roccia, provocail distacco di massi e blocchi. Questo tipo di azione

    Foto S. Sandri

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    particolarmente evidente osservando i numerosi coni de-tritici (ghiaioni) che caratterizzano le Vette Vicentine.

    Unimportante forma di erosione chimica avviene sul-le rocce calcaree a opera dellacqua carica di anidridecarbonica. Questo fenomeno, noto con il nome di carsi-smo, provoca lo scioglimento della roccia calcarea, siain profondit con la formazione di grotte e cavit, siasuperficialmente con le depressioni (doline) e le altre for-me caratteristiche dellambiente carsico.

    I versanti delle Vette Vicentine sono modellati anchedallerosione dei torrenti che, presenti in buon numeronellarea, trasportano verso valle masse consistenti di de-triti, parte dei quali vanno a formare consistenti depositidi fondovalle.

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    ASPETTI FLORISTICI E VEGETAZIONALI

    di Sebastiano Sandri

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    La vegetazione viene definita come il complesso dellepiante che vivono in un determinato ambiente, non sol-tanto intesa come semplice lista di specie, ma piuttostocome un insieme dinamico in continua evoluzione e instretta relazione con lambiente stesso.

    Il primo passo da compiere per uno studio vegetazionale la determinazione delle specie presenti, vale a dire la

    conoscenza della flora di un territorio. Occuparsi diflora significa quindi studiare e determinare le sin-

    gole specie, senza considerare i rapporti tra loroe le relazioni con lambiente. La conoscenza

    approfondita della flora non , come pusembrare a prima vista, una sterile elenca-zione di nomi, invece il modo per avvici-nare i mille segreti celati nel mondo dellepiante, scoprendo le rarit, gli endemi-smi e le specie notevoli. Proseguendonellanalisi e considerando i rapporti trale piante e le loro relazioni con lam-biente entriamo nel campo dello studiovegetazionale, studio che ha come finela determinazione delle associazionivegetazionali. Per associazione, citandole parole del botanico svizzero Braun-

    Blanquet, si intende un aggruppamentovegetale pi o meno stabile e in equilibriocon il mezzo ambiente.

    I fattori che maggiormente condizionano lavegetazione sono il clima e il suolo, infatti al

    loro variare che la copertura vegetale subisce tut-te quelle modifiche che appaiono ai nostri occhi. E

    cos si spiega la successione di boschi, pascoli e nude

    rocce che caratterizzano le pendici delle Vette Vicentine,montagne che, pur raggiungendo quote di poco supe-riori ai duemila metri, presentano variegate e complessesuccessioni vegetazionali.

    INTRODUZIONE

    La Primula recubariensis

    Disegno S. Isello

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    Altro fattore condizionante la vegetazione luomo, damolti secoli presenza costante e a volte invadente dellenostre montagne, modificatore incessante della coper-tura vegetale e dello stesso ambiente fisico delle VetteVicentine.

    FLORA E VEGETAZIONE DELLE VETTE

    VICENTINE

    Lampia area che caratterizza le Vette Vicentine presentaunestesa variabilit ambientale, dovuta non soltanto al-lescursione altimetrica di circa 2000 metri, ma anche adaltri fattori, come lesposizione dei versanti, la penden-za, il substrato geologico e la presenza antropica.

    Salendo dai 200 metri del fondovalle agli oltre 2000metri delle cime pi alte si incontrano varie fasce vege-tazionali, spesso ben identificabili, altre volte commiste

    tra di loro. Lorografia, con la ripidezza dei versanti, lapresenza di pareti rocciose e di strette valli un altrofattore condizionante la copertura vegetale. Un ruoloimportante nelle componente floristica rivestito dalsubstrato geologico, datala specializzazione di mol-te piante alla natura delterreno. Un ruolo impor-tante nella configurazio-ne del paesaggio vegetaledelle Alte Vette Vicentine rivestito dalluomo, damolti secoli abitante diqueste terre e montagne,infaticabile trasformatoredel paesaggio naturale e,purtroppo, a volte anche

    distruttore di quello che lanatura ha creato nel corsodella sua lunghissima sto-ria evolutiva.

    AutunnosullAltopiano

    delle Montagnole

    Pino mugo

    Foto F. Soletti

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    Castagno

    Erba trinit

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    PIANO BASALE

    BOSCHI

    Nei fondovalle dellarea S.I.C., laddove paesi e stradelasciano il posto alla copertura vegetale, predominanole formazioni boschive, intervallate da prati stabili so-prattutto in prossimit dei centri abitati. Anticamente iboschi salivano fino a lambire i ghiaioni e le pareti diroccia, poi, con larrivo dei primi insediamenti umani,

    essi cominciarono una lenta ritirata a causa dei massicciabbattimenti operati per ottenere pascoli e nuovi terreniagricoli nei fondovalle. Da sempre i boschi costituironola riserva di cibo, legna da ardere, carbone e materiaprima per gli utensili delle popolazioni del posto, mentrelo stesso legname da lavoro venne utilizzato massiccia-mente. I boschi attuali risentono di tutto questo: da unlato sono il frutto del lungo lavoro operato dalluomo nelcorso dei secoli, dallaltro, la loro invadenza nei con-

    fronti delle superfici erbose e il diffuso invecchiamentodei cedui, ovvero i boschi soggetti al taglio periodico,sono lo specchio dellabbandono della montagna verifi-catosi in questi ultimi decenni.

    Abbondante sui freschi terreni silicei il castagneto, for-mazione forestale di origine antropica, un tempo gover-

    Foto S. Sandri

    Foto S. Sandri

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    nata a ceduo e a fustaia. Il Castagno(Castanea sativa) era albero impor-

    tante non solo per la produzionedelle gustose e saporite casta-gne (utilizzate sia come fruttosia per la produzione dellafarina), ma anche per lutiliz-zo del legname. Negli ultimidecenni i popolamenti di Ca-stagno, un tempo presenti intutte le vallate fino a 700-800

    metri di quota, si sono ridottia causa dellimperversare delcancro corticale e in seguito al-

    labbandono delle cure colturalida parte delluomo.

    Le specie arboree che pi spesso siaffiancano al Castagno sono il Sambuco

    nero (Sambucus nigra), la Robinia (Robinia pseu-

    doacacia), originaria del nord America e sempre pidiffusa nelle nostre valli, il Frassino maggiore (Fraxinusexcelsior), il Carpino bianco (Carpinus betulus), il Car-pino nero (Ostrya carpinifolia), lAcero di monte (Acerpseudoplatanus), la Betulla (Betula pendula). Talvolta iconsorzi forestali sono molto variegati e, pi che di uncastagneto, assumono le sembianze di un vero e propriobosco misto.

    Su substrati di natura calcarea e sulle pendici pi asso-late si insedia una delle formazioni pi diffuse del S.I.C.,vale a dire lorno-ostrieto, un bosco dove le due speciepi rappresentate sono il Carpino nero (Ostrya carpinifo-lia) e lOrniello (Fraxinus ornus). La grande estensione diquesta associazione dovuta allintervento delluomo,originariamente questi ambienti presentavano una gran-de abbondanza di Roverella (Quercus pubescens), sop-piantata nel corso del tempo da Carpino nero e Orniello,

    maggiormente rigeneranti dopo il prelievo stagionale.

    Lorno-ostrieto non si presenta ovunque alla stessa ma-

    Carpino neroDisegno S. Isello

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    Frutti dellAcero di monte

    Frutti del Tiglio

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    niera, ma piuttosto in due forme ben delineate. In uncaso si accompagna alle specie arboree citate preceden-

    temente per dare vita a un bosco misto, nel cui sottobo-sco, nel periodo primaverile, si fa notare una miriade difioriture di specie nemorali. Ricordiamo i vari Anemoni(Anemone nemorosa, A. hepatica, A. trifolia), la Primula(Primula acaulis), gli Ellebori (Helleborus niger, H. foeti-dus, H. viridis), il Bucaneve (Galanthus nivalis), il Cam-panellino (Leucoium vernum), la Pervinca (Vinca minor)e numerose altre specie.

    Sui ripidi pendii esposti a mezzogiorno e a volte conrocce affioranti, lorno-ostrieto assume caratteri diversi,con un sottobosco molto pi rado e costituito da un tap-peto di graminacee. In queste situazioni assume una po-sizione di rilievo la Sesleria comune (Sesleria varia), unagraminacea tipica delle pendici calcaree che abbondain vari contesti vegetazionali delle Vette Vicentine. Altrapianta caratteristica di questo ambiente lErica (Ericacarnea), un basso arbusto i cui vistosi fiori rosa si fanno

    notare gi nel cuore dellinverno.

    Nelle incisioni vallive, dove il suolo si presenta maggior-mente acido e il clima pi umido, tra le specie arboreeaumentano di numero i Frassini maggiori (Fraxinus excel-sior), il Carpino bianco (Carpinus betulus), il Tiglio (Tiliacordata) e lAcero di monte (Acer pseudoplatanus). Tragli arbusti si fanno notare i Noccioli (Corylus avellana) eil Sambuco nero (Sambucus nigra), mentre il sottobosco

    si arricchisce di numerose piante erbacee, alcune benvisibili come lenorme Farfaraccio maggiore (Petasiteshybridus), altre ben nascoste tra il fitto della vegetazionecome le numerose felci.

    Nelle immediate vicinanze dei corsi dacqua lalberopi caratteristico lOntano nero (Alnus glutinosa), men-tre il suo cogenerico Ontano bianco (Alnus incana) amale valli chiuse e fredde, formando interessanti consorzi

    boschivi in varie zone del S.I.C.. Accanto agli ontani sifanno notare i numerosi salici di ripa (Salix alba, S. trian-dra, S. eleagnos, S. purpurea).

    Disegno L. Cogo

    Disegno L. Cogo

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    In questo grande mosaico di formazioni forestali ovvia-mente si incontrano, oltre a quelle gi citate, anche al-

    tre specie arboree, sparse qua e l e a volte presenti inquantit significativa. Ricordiamo a tal proposito lOlmomontano (Ulmus glabra), il Tasso (Taxus baccata), il Ci-liegio selvatico (Prunus avium), lAcero campestre (Acercampestre) lAgrifoglio (Ilex aquifolium) ed altri ancora.

    Numerosi inoltre gli arbusti, sia formanti bordure aimargini del bosco, sia frammisti alla stessa vegetazioneforestale. Oltre al gi citato e assai abbondante Noccio-

    lo, ricordiamo i Cornioli (Cornus mas e C. sanguinea),il Viburno (Viburnum lantana), i Biancospini (Crataegusmonogina e C. oxicantha). Innumerevoli le specie di sot-tobosco, tralasciate in questa sede per non trasformarelo scritto in unarida e interminabile sequela di nomi.Unanalisi floristica con maggior dettaglio verr fatta peri piani pi elevati della vegetazione, laddove la presenzadi specie endemiche e notevoli sar sicuramente mag-giore.

    Una citazione finale meritano le cenosi boschive a Fras-sino maggiore (Fraxinus excelsior) e ad Acero di monte(Acer pseudoplatanus), popolamenti molto spesso inse-diatisi sui prati abbandonati e differenziatisi nel giro dipochi decenni. Il valore e limportanza di tali formazio-ni, per quanto riguarda larboricoltura da legno, sono giin fase di studio e potranno rivelarsi una buona risorsaeconomica per gli abitanti della zona.

    PRATIEPASCOLI

    Nelle vallate e lungo le pendici montuose delle VetteVicentine, oltre alle coperture boschive trattate in prece-denza, sono abbondanti e ben diffusi i prati e i pascoli.La sostanziale differenza tra prati e pascoli che i primisono regolarmente concimati e falciati, i secondi non

    sono concimati e soltanto pascolati dal bestiame.

    Frutti dellOrniello

    Ciliegio in fiore

    Disegno L. Cogo

    Foto S. Sandri

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    Dente di leone comune (Leontodon hispidus), il Fiorda-liso (Centaurea sp) e il Ranuncolo comune (Ranunculus

    acris). Particolarmente visibili nellarrenatereto sonoalcune ombrellifere, quali il Cerfoglio silvestre (Anthri-scus silvestris), lo Spondilio (Heracleum sphondylium),la Pimpinella maggiore (Pimpinella major), mentre in pri-mavera i prati si colorano delle gialle fioriture del Taras-saco (Taraxacun officinale), pissacan in dialetto veneto.Quando giunge la stagione autunnale, le verdi distesedellarrenatereto si punteggiano di colore rosa violaceocon i fiori del Colchico (Colchicum autumnale).

    Qualora le condizioni ambientali tendano allaridit e ilsuolo sia piuttosto magro, nel prato subentrano elementidel brometo, il prato magro e asciutto che ha come spe-cie indicatrice il Bromo dei prati (Bromus erectus).

    PIANO MONTANO

    BOSCHI

    Laspetto che pi caratterizza la fascia altitudinale tra i700 e i 1500 metri di quota la presenza di estese fag-gete, associazione boschiva in cui domina il Faggio (Fa-gus sylvatica). Specie mesofila per eccellenza, il Faggiomal sopporta eccessi di caldo e freddo, umidit e aridit,

    ombra e luce, mentre si trova a suo agio nella fascia dimezzo delle Vette Vicentine, dove prevale la sub-ocea-nicit del clima. Quasi tutte le faggete dellarea S.I.C.sono condotte a ceduo, viste le buone caratteristiche delfaggio come legna da ardere, per anche nel piano mon-tano si assiste allabbandono delle pratiche colturali alpari di quanto riscontrato per i boschi del piano basale.

    I boschi di faggio sono riconducibili a varie tipologie

    in relazione alla quota e ai conseguenti aspetti clima-tici. Alle quote inferiori prevale la faggeta submontanacon elementi dei boschi sottostanti, vale a dire il Carpino

    FaggioDisegno S. Isello

    Foto S. Sandri

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    nero (Ostrya carpinifo-lia), lOrniello (Fraxinus

    ornus), lAcero di monte(Acer pseudoplatanus),il Sorbo degli uccella-tori e il Sorbo montano(Sorbus aucuparia e S.aria). Nel sottoboscosono caratteristici la Ca-rice bianca (Carex alba),il Ciclamino (Cyclamen

    purpurascens) e nume-rose altre specie, conlorchidea Cefalantera(Cephalanthera rubra eC. longifolia) ai marginidel bosco, dove maggio-re la luminosit.

    Verso i 1000 metri di quota il bosco di faggio assume le

    caratteristiche della faggeta montana tipica, associazio-ne climax per quanto riguarda la vegetazione del pianomontano. Le altre presenze arboree sono sporadiche -ricordiamo lAbete rosso (Picea excelsa), lAcero di mon-te (Acer pseudoplatanus), il Sorbo degli uccellatori eil Sorbo montano (Sorbus aucuparia e S. aria) - e lacopertura del Faggio piena, con un sottoboscoombroso e scarso di presenze vegetali. Nel-la faggeta e lungo i suoi bordi pi aperti si

    fanno notare il Salicone e il Salice stipola-to (Salix caprea e S. appendiculata), mentrenon mancano alberelli di Nocciolo (Corylusavellana). Tra le specie del sottobosco si ritrovaancora il Ciclamino (Cyclamen purpurascens), ca-ratteristiche sono poi la Dentaria (Cardamine sp), laBarba di capra (Actaea spicata), la felce Asplenio ver-de (Asplenium viride), lAcetosella (Oxalis acetosella), laMercorella (Mercurialis perennis) e i piccoli arbusti di

    Dafne mezereo (Daphne mezereum). Lungo i sentierisono comuni le orchidee a foglie maculate (Dactylorhizafuchsii) e le elleborine (Epipactis helleborine).

    Faggio in autunno

    Dentaria

    Foto S. Sandri

    Disegno L. Cogo

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    Nel bosco di Faggio dovrebbe comparire anche lAbetebianco (Abies alba), una bella conifera ormai presente

    in modo puntiforme nei nostri boschi per il massiccioutilizzo del suo legname fatto in passato.

    Nel territorio del S.I.C. sono presenti anche lembi dipecceta, ovvero il bosco ad Abete rosso o Peccio (Piceaexcelsa). Si tratta di formazioni artificiali, che si trovanoprincipalmente nel piano montano affiancate alla fag-geta, la cui messa a dimora risale per la maggior parteal primo dopoguerra. Di norma la pecceta si incontra

    nel piano subalpino di gran parte della catena alpina,grazie alla maggior capacit dellAbete rosso rispetto alFaggio di resistere a temperature inferiori e a condizio-ni di maggior aridit. Di ancora minore rilievo sono irimboschimenti a Pino nero, Pino silvestre (Pinus nigrae P. sylvestris) e Larice (Larix decidua) dislocati in alcunezone dellarea S.I.C.

    PRATIEPASCOLI

    Anche nel piano montano delle Vette Vicentine, accantoalle estese faggete descritte pocanzi, trovano spazio ca-ratteristiche distese prative. Siano nella zona delle mal-ghe, un tempo diffuse capillarmente sul territorio e orarimaste in numero esiguo, una zona dove i verdi pascolicon le mucche costituiscono una delle visioni pi fami-liari nel periodo estivo. In verit, essendo in una fascia

    di altitudine attorno ai 1000 1400 metri e quindi al disotto del limite della vegetazione arborea, si tratta sem-pre di prati-pascoli secondari, ovvero creati dalluomo enon di origine naturale.

    Dal punto di vista vegetazionale sono tutti ascrivibili altriseteto, formazione in cui prevale lAvena bionda (Tri-setum flavescens), ma in realt la situazione comples-sa e non facile ricondurre a uno schema semplicistico

    la composizione vegetazionale dei nostri prati-pascolimontani. Indicazioni precise derivano dalle presenzefloristiche, che permettono di accostare la vegetazione a

    Genziana

    Foto S. Sandri

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    particolari situazioniambientali.

    Nel caso di acidifica-zione del terreno, so-prattutto su substratosiliceo o per elevatocarico di bestiame,si assiste alla fioritu-ra dellArnica (Arni-ca montana), della

    Genziana di Koch(Gentiana kochiana)e dellErba di S. Gio-vanni (Hypericummaculatum), men-tre tra le graminaceetende a prevalere ilNardo (Nardus stricta), fino alla formazione di un vero eproprio nardeto.

    La presenza della Crotonella (Lychnis flos-cuculi) e delPoligono bistorta (Polygonum bistorta) indica elevataumidit del triseteto, mentre le gialle fioriture del Bottondoro (Trollius europaeus), dellAntillide (Anthyllis vul-neraria) e del Timo (Thymus serpyllum) sono segnali dimagrezza e aumento di aridit. Anche i pungenti arbustidi Ginepro comune (Juniperus communis) sono indica-tori di aridit e si trovano soprattutto sui pendii esposti a

    mezzogiorno.

    Nel suo complesso il triseteto presente nellarea S.I.C. sidiscosta da quello descritto e valido per gran parte dellacatena alpina, assumendo caratteri peculiari e rintrac-ciabili in altre zone delle Prealpi Venete. Accanto allespecie menzionate precedentemente, caratteristica lastraordinaria fioritura primaverile dei Crochi (Crocus al-biflorus), che ammantano di nuovo candore i prati ap-

    pena liberati dalla neve, accompagnandosi spesse volteallazzurro-viola delle Soldanelle comuni (Soldanella al-pina). Le graminacee pi abbondanti accanto allAvena

    Zafferano selvatico

    Foto S. Sandri

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    PIANO CULMINALE

    BOSCAGLIASUBALPINA

    In gran parte della catena alpina alla fascia del Faggiosuccede la pecceta, associazione ad Abete rosso (Piceaexcelsa). Sulle Vette Vicentine, come gi segnalato pre-cedentemente, lAbete rosso presente in modo spora-dico o in rimboschimenti artificiali, e una vera e propriaassociazione a pecceta manca del tutto. Al di sopra del-la faggeta e dei prati-pascoli descritti in precedenza sisusseguono pareti rocciose, falde detritiche, pascoli diquota e, in questo mosaico di ambienti cos prossimi traloro, la presenza arbustiva dominante data dal Pinomugo (Pinus mugo).

    Conifera dal portamento prostrato e dai rami elastici perresistere al carico nevoso, il Pino mugo forma dense bo-scaglie sui conoidi detritici consolidati, andando a costi-

    Pino mugoDisegno S. Isello

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    tuire una vegetazione specializzata che, nella fascia ditransizione tra bosco di faggio e praterie sommitali, pu

    benissimo assumere il valore di vegetazione climacica(climax).Nelle chiarite tra i Pini mughi si fanno notare le

    fioriture rosate dellErica (Erica carnea), del (fa-moso) Rododendro (Rhododendron hirsutum) edella Rosa alpina (Rosa pendulina), mentre nonmancano arbusti di Salice glabro (Salix glabra)e, nei compluvi pi freschi e umidi, di Sali-ce di Waldstein (Salix waldsteiniana). Tra i

    Pini mughi si incontrano i fusti rampicantidella Clematide alpina (Clematis alpina) ei piccoli arbusti di Sorbo alpino (Sorbuschamaemesphilus). Interessante e ca-ratteristico il Rododendro nano (Rho-dothamnus chamaecistus), unerica-cea endemica delle Alpi orientali.

    Nei pendii freschi, umidi e dal suolo acidificato la mu-

    gheta sostituita dallontaneta, ovvero la boscaglia a On-tano verde (Alnus alnobetula). Arbusto diffuso soprattuttosulle Alpi silicee, lOntano verde vegeta anche in ristrettezone delle Vette Vicentine, contribuendo con la sua pre-senza, vista la tendenza delle sue radici a ospitare Attino-miceti azotofissatori, ad arricchire il terreno di azoto.

    PASCOLI

    I prati e i pascoli descritti precedentemente per il pianobasale e montano sono tutti, in misura variabile, fruttodellattivit antropica e, di conseguenza, definiti secon-dari. Lunico pascolo primario quello situato al di so-pra del limite del bosco, dove, n il Pino mugo n tantomeno il Faggio, riescono a spingersi. In realt la situa-zione molto pi complessa e lembi di pascolo scen-dono a valle, intrecciandosi con la boscaglia e con la

    vegetazione rupestre, delineando un quadro composito,ma, forse per questo, particolarmente suggestivo. Non infrequente infatti trovare sparuti esemplari arborei pres-so le vette delle nostre montagne, mentre elementi dei

    Primula meravigliosa

    Stella alpina

    Foto C Parolin

    Foto S. Sandri

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    dipartono numerosi polloni striscianti. il caso dellEr-ba storna (Thlaspi rotundifolium) e del Romice scudato

    (Rumex scutatus), entrambe presenze costanti dei nostrighiaioni.

    Un altro gruppo, definito delle litofite striscianti, si ca-ratterizza per la diffusione di numerosi polloni sul su-bstrato mobile del ghiaione. Un esempio per tutte le

    bianche infiorescenze del-lArabetta alpina (Arabis al-pina). Simili a queste sono le

    piante che hanno sviluppatorobusti fusti superficiali stri-scianti. Si tratta generalmen-te di essenze legnose, tra cuisvariate specie incontrateprecedentemente, come iSalici a spalliera e il Came-drio alpino.

    Unaltro modo per coloniz-zare il mobile substrato deiconi detritici quello di an-corarsi con un robusto pol-

    lone, verticale rispetto alla superficie del terreno. Speciediffuse sui ghiaioni del S.I.C. dotate di tale specializza-zione sono il Doronico dei macereti (Doronicum grandi-florum) e la Felce di Villars (Dryopteris villarii).

    Lultima categoria di piante comprende le numerosegraminacee e ciperacee dotate di robusti e densi cespiche si insinuano tra le pietre, bloccandone il movimentoe stabilizzando il pendio. In questo gruppo sono com-prese le specie menzionate precedentemente nel corsodella descrizione del seslerieto e del firmeto.

    Nel suo complesso la vegetazione dei macereti delleVette Vicentine si caratterizza e prende il nome dal Far-

    faraccio niveo (Petasites paradoxus), una composita che,dotata di un rizoma strisciante lungo fino a tre metri, in assoluto una delle migliori specie nel consolidamento

    Bonarota

    Foto S. Sandri

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    Campanula

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    Pianella della Madonna

    Rosa di Re Laurino

    Piante notevoli delle vette vicentine

    Nel territorio dellarea S.I.C. presente un buon numero di specie vegetalinotevoli, piante che valorizzano notevolmente la zona dal punto di vista natu-ralistico e ambientale. In alcuni casi si tratta di endemismi con lareale esteso atutte le Alpi Orientali, in altri casi si tratta di specie il cui areale fortementedisgiunto e la zona delle Vette Vicentine occupa una di queste porzioni, solo inrarissime occasioni ci si trova di fronte una specie vegetale strettamente esclu-siva di una piccola superficie dellarea S.I.C..

    Pianta arbustiva, endemica delle Alpi orientali e ben diffusanel S.I.C., il Rododendro nano (Rhodothamnus chamaeci-stus), ericacea arbustiva dalle caratteristiche fioriture rosa.Sulle rupi calcaree e sui macereti assai frequente lincon-tro con svariati endemismi delle Alpi orientali, ricordiamo ilbellissimo e famoso Raponzolo (Physoplexis comosa) la Bo-narota (Paederota bonarota) lAquilegia di Einsele (Aquilegiaeinseleana) e la spettacolare Rosa di Re Laurino (Potentillanitida). Di particolare interesse la presenza di un cardo, il

    Cirsium carniolicum, composita dallareale piuttosto ristretto e limitato a pochezone delle Alpi sud-orientali. Altra pianta notevole lAsplenium lessinense, unapiccola felce raccolta per la prima volta circa trenta anni fa nelle vicinanze delPasso della Lora, nelle Piccole Dolomiti. La pianta un ibrido tra lAsplenium

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    Foto D. Stocchero

    FotoS. Dal Maso

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    ASPETTI FAUNISTICI

    di Michele Franceschi

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    Il S.I.C. Monti Lessini - Pasubio - Piccole Dolomiti Vi-centine caratterizzato da una grande variabilit altitu-dinale, con conseguente formazione di numerosi biotopie la presenza di unenorme variet di specie zoologi-che.

    La posizione geografica particolarmente favorevole tra-sforma questa catena prealpina in un valico naturale e

    obbligatorio, luogo di sosta se non addirittura di sverna-mento per molti uccelli migranti su lunghe distanze.

    La stessa orografia del territorio determina una fortevariabilit stagionale tra le parti sommitali e basali, ilche permette alla componente faunistica, almeno perle specie dotate di una spiccata mobilit, di compierespostamenti altitudinali determinati dalle condizioni cli-matiche.

    Nelle prossime pagine si cercher di illustrare le presen-ze faunistiche notevoli partendo dai biotopi dove esse siincontrano, anche se le varie specie possono comparirein altri settori del S.I.C.

    LAFAUNADELLE

    ROCCE E PENDICI

    DETRITICHE CALCAREE

    Le imponenti pareti di roccia dolomitica e gli sfasciumiderivanti dalla loro degradazione sono tra gli elementiche pi caratterizzano larea, non solo nella parte pielevata ma, a volte, anche a quote relativamente bas-se. Se i vegetali hanno sviluppato speciali accorgimentimorfologici e fisiologici per poter colonizzare e vivere

    in ambienti cos ostili, gli animali che li popolano nonsono da meno.

    INTRODUZIONE

    Salamandra di AuroraDisegni S. Isello

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    (Prunella collaris). Questultimo, nel tardo autunno, sipu scorgere vagare in piccoli stormi di giovani lungo le

    pendici rocciose.Sempre pi frequente la segnalazione del Falco pelle-

    grino (Falco peregrinus), sicuro come svernate e dubbioinvece come nidificante, anche a seguito del continuodisturbo arrecato alla quiete delle pareti dai numerosirocciatori. Permane inoltre il pericolo dei bracconieri,che razziano i nidi asportandone le uova.

    Sulle medesime cenge nidifica il coloniale Rondonemaggiore (Apus melba), mentre la piccola Rondine mon-tana (Ptyonoprogne rupestris) non si accontenta pi diquesti siti, ma colonizza da anni anche le parti collinarie pedemontane, addirittura nidificando sugli edifici.

    Tra i rettili bisogna segnalare il record altitudinale di2.050 metri - registrato sul Monte Pasubio - del Marasso(Vipera berus), serpente che si nutre in gran parte di ver-

    tebrati ed in misura minore di invertebrati.

    Tra i ghiaioni si possono scorgere i piccoli coleotteridei generi Trechus, Duvaliuse Nebria. Attorno alle radecrassulacee svolazzano le vistose farfalle del genere Par-nassius, propense a deporvi le uova. Altre due farfallenotevoli e tipiche dellarco alpino sono le satiridi Erebiatriaraed E. stirius.

    Da segnalare la presenza dei coleotteri carabidi ende-mici Broscosoma baldense ssp. pasubianum e Duvalisbaldensis ssp. pasubianus.

    Sui macereti si incontrano anche varie popolazioni diortotteri (grilli e cavallette), tra cui Antaxius difformis,Tetrix bipunctata kraussi, Oedipoda germanica e Glyp-tobothrus alticola.

    Marasso

    Foto S. Sandri

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    LAFAUNADEIPRATI MONTANI

    E PASCOLI

    Le zone sommitali delle nostre vette sono state permoltissimi secoli una eccellente zona di pascolo estivo,dapprima per le greggi e in seguito per i bovini, che sal-gono sugli alpeggi ai primi di giugno e ne ridiscendonoalla fine di settembre. Luomo ha influito pesantemen-te nellestensione di questo biotopo e di conseguenzanellespansione degli animali che lo prediligono. Ora, aseguito dellabbandono della montagna, vi una contra-zione di questi ambienti con una conseguente potenzialeriduzione della compagine faunistica correlata. Questobiotopo il pi rappresentato nellarea S.I.C. e talmenteesteso che necessiterebbe di ulteriori sottodivisioni perrendere esaustiva una sua trattazione.

    Simbolo della parte pi elevata di questambiente sonole Marmotte (Marmota marmota), scomparse agli inizi

    del 900 e poi reintrodotte con successo nel 1982. Essepopolano con rumorose colonie la conca sommitaledel Massiccio del Novegno e larea circostante il Passodella Lora. Se questo grossoroditore diurno facilmen-te avvistabile nelle giornateestive, la timida Lepre euro-pea (Lepus capensiso Lepuseuropaeus) pu essere scor-

    ta solo allimbrunire o alleprime luci dellalba. Incon-fondibili sono per i suoiescrementi rotondeggianticolor paglia, testimoni delsuo passaggio.

    Oltre il limite degli alberi,tra i carnivori si possono incontrare le piccole fatte del-

    la Donnola (Mustela nivalis), implacabile cacciatore cheinsegue topi ed arvicole fin dentro le loro tane, aiutataanche dal suo corpo filiforme.

    MarmottaDisegno S. Isello

    Lepre con cuccioli

    Foto D. Stocchero

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    Dove laccumulo di terreno maggiore, non inusualevedere i mucchietti di terra portati alla luce dal lavoro in-

    cessante della Talpa europea (Talpa europaea) nella suaopera di esplorazione del suolo.

    Alla fine dellinverno, un po ovunque sul terrenoliberato dalla neve, si nota la fitta rete di gallerie,costituite da terreno smosso e fili derba, createdallaffaccendarsi invernale dellArvicola Sotterra-

    nea (Microtus subterraneus) e dellArvicola Campestre(Microtus arvalis).

    Durante lestate lescursionista attento potr incontraresul sentiero i resti di un piccolo toporagno, il Toporagnonano (Sorex minutus) o il suo co-generico e pi diffusoToporagno comune (Sorex araneus), piccolo insettivoroche prolifera anche nei terreni boscati.

    Tutti questi micromammiferi sono insidiati dagli attacchiaerei portati dal Gheppio (Falco tinnuculus), facilmenteosservabile sospeso sopra i pascoli nella posizione del-

    lo Spirito Santo. Altro predatore che si nutre di piccolimammiferi la Poiana (Buteo buteo), rapace diurno dal-la planata massiccia ed elegante.

    Tra gli uccelli spicca senzaltro la presenza del raro Redi Quaglie (Crex crex) e della ormai poco frequente qua-glia (Coturnix coturnix), entrambi visitatori estivi dei pratipi pingui.

    Vari altri uccelli migratori scelgono questo biotopo perla riproduzione, avvalendosi spesso dei muretti a secco odei mucchi di sassi, costruiti dalluomo per delimitare eripulire i pascoli. Tra questi segnaliamo il Culbianco (Oe-nanthe oenanthe), lo Spioncello (Anthus spinoletta), ilCodirosso (Phoenicurus phornicurus), il Codirosso spaz-zacamino (Phoenicurus ochruros), il Prispolone (Anthustrivalis), il Fanello (Carduelis cannabina) e lo Stiaccino(Saxicola rubentra).

    Lelenco dei rettili arricchito dalla presenza dellelu-siva e sedentaria Lucertola vivipara (Lacerta vivipara) e

    tracce di Arvicola

    DonnolaDisegno L. Cogo

    Sullo sfondo:Re di Quaglie con pulciniDisegno L. Cogo

    Foto S. Sandri

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    della sua predatrice, la Vipera comune (Vipera aspis), ofi-de che predilige situazioni di ecotono.

    Moltissime specie di ortotteri popolano le distese erbo-se: nelle zone pi umide vivono la Isophya modestiormodestior, la Leptophyes boscie la non comune Tetrixternuicornis; un po ovunque si segnalano la gregariaPolysarcus denticulata, la massiccia Tettigonia cantans,linsettivora Decticus verrucivorus verrucivorus e la Bi-colorana bicolor bicolor. Particolare pregio dato dal-la presenza delle rare e minacciate Podisma pedestris

    pedestrise Chorthopodisma cobellii; di grande interessesono le popolazioni di Glyptobothrus biguttulus bigut-tulus, G. mollis ignifere la strana popolazione ibrida trale due rinvenuta sul Monte Pasubio. Registrate sono an-che le pullulazioni di Poecilimon ornatus, preda abitualedei Chirotteri.

    Tra le farfalle si segnalano lErebia manto e la Coe-nonympha gardetta, satiridi esclusivamente alpini che

    trovano in questa fascia prealpina il loro limite meridio-nale di estensione.

    La chek list include ancora la Psophus stridulus stri-dulus, lEuthystira brachyptera, la Stenobothrus lineatus,la Chorthippus dorsatus dorsatused altre ancora.

    Da segnalare anche il ritrovamento di una rara forficula(Forficula obtsangula), rinvenuta nelle vicinanze del rifu-

    gio Bertagnoli, nellalta Val Chiampo.

    Tra i fili derba possibile vedere i coleotteri dei generiHarpalus e Amara, la cui specieAmara alpestris ssp. pa-subiana endemica del Monte Pasubio e della Vallarsa.

    Codirosso

    Foto S. Sandri

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    BOSCO DI FAGGIO

    Questa cenosi forestale stata da sempre pesantementeutilizzata dalluomo, principalmente per produrre legnada ardere, e ridotta in estensione per far posto a nuovipascoli o agli impianti delle pi redditizie conifere.

    La faggeta caratterizzata dal popolamento puro di fag-gio e la sua compagine faunistica aumenta no-tevolmente qualora riescono a vegetarealtre specie arboree, come il Sorbomontano, il Sorbo degli Uccel-latori, il Carpino Nero, lAbeteBianco, lAbete Rosso, il Noc-ciolo e varie specie di arbusti.

    Tra le chiome degli alberi loScoiattolo (Sciurus vulgaris) do-mina il giorno, mentre il Ghiro (Glis

    glis) la notte. Entrambi i roditori sono co-stantemente insidiati dalla solitaria e temibile Marto-ra (Martes martes), il mustelide pi arboricolo presentesulle Alpi. Al suolo il Topo dal collo giallo (Apodemusflavicollis) fa razzie di faggiole, condividendo il territorioed il cibo con lo gnomo dei boschi ovvero lArvicolarossastra (Clethrionomys glareolus).

    Nei popolamenti maturi e dotati di radure, vive ancora

    lenorme, ma discretissimo Gallo cedrone (Tetrao urogal-lus). Difficile da osservare anche il piccolo Francolinodi monte (Bonasa bonasia), il Tetraonide con pi alta vo-cazione forestale che si nutre di gemme, bacche e semi.Anche la rumorosa Nocciolaia (Nucifraga caryocatactes)nidifica nei vecchi cedui.

    Tra i rapaci si annovera la comune presenza del Falco

    pecchiaiolo (Pernis apivorus), grande divoratore di bom-bi e vespe, e dei due ornitofagi Astore (Accipiter gentilis)e Sparviere (Accipiter nisus), che fanno strage di tutte lespecie di uccelli presenti nei boschi. Civetta capogrosso

    Disegno L. Cogo

    Sparviere con nidiaceiDisegno S.Isello

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    Le foglie del Faggio sono mensa prediletta di svariati in-setti come lAfide ceroso (Phyllphis fagi) che ne estrae la

    linfa, il GeometrideOperophtera brumata, che pu an-che defogliare completamente una pianta, il ColeotteroCurculionide Rhynchaenus fagi, che bucherella le foglieda adulto e le mina con evanescenti gallerie da larva, ilDittero Cecidomiide Mikiola fagi, che adorna le stessecon galle gocciolute, in inverno preziose riserve di ciboper Paridi e Roditori.

    Anche il legno di questa pianta non affatto disdegnato:

    lo Scolitide Ernporus fagiscava sui rami giovani, sottole cortecce non raro incontrare grosse colonie dellEn-dmychus coccneus, mentre la numerosa compagginedei Cerambicidi, divoratori larvali di legno, annoverala Ruptela maculata, il Pachytodes cerambyciformis, ilRhangyum mordaxed il notturno Saphanus pceus.

    Nelle lettiere delle faggete si possono incontrare variColeotteri Carabidi: Pterostichus metallicus,Abax paral-

    lelepipedus, Carabus creutzerie Carabus linneiin peren-ne e frenetica caccia. Non mancano nemmeno le Blatte,come lEctonia Sylvestrise la pi rara E. punctatissima.

    Tra gli Ortotteri, la Pholidoptera aptera aptera vivesui cespugli nelle radure,come anche la rara Ephip-piger vicheti, insetto ad ali-mentazione spiccatamente

    zoofaga. Si segnala anchela presenza di due speciecavernicole, la Dolichodalaetitiae e la Troglophiluscavicola; questultima siavventura anche allester-no, proprio nel sottoboscodelle faggete.

    Tra i numerosissimi Co-leotteri Stafillinidi dellafauna italiana (oltre 2000

    Spiumata

    Foto S. Sandri

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    Due specie che richiedono la presenza di corsi dacqua,come la Ballerina Gialla (Montacilla cinerea) e la Balleri-

    na bianca (Montacilla alba

    ) non possono che abbondaresulle rive ghiaiose, le quali talvolta nascondono le nidifi-cazione del Piro piro piccolo (Actilis hypoleucos).

    Importante segnalare le nidificazioni della raro Silvidemediterraneo Bigia grossa (Sylvia hortensis) e della co-familiare Sterpazzola (Sylvia communis), che si avvaledegli incolti, ricchi di siepi a rovo. Pure la Cinciallegra(Parus major) e la Cinciarella (Parus caerules) colonizza-no i salici ripali, come anche il giallo Rigogolo (Orioluoriolus), che si avvantaggia dallabbondante fruttificazio-ne del Sambuco nero e del Ciliegio selvatico.

    Tra i rettili bisogna citare labilit pescatrice della Bisciatesellata (Natrix tesellata), mentre nelle giornate piovose frequente lincontro con la stupenda Salamandra pez-zata (Salamandra salamandra), anfibio dalla livrea giallae nera.

    Sul fondo dei torrenti,ben nascosto sotto i sassi,il Gambero di fiume (Au-stropotamobius pallipesitalicus) testimonia la pu-rezza di queste acque, at-torniato da decine di lar-ve di Tricotteri, Plecotteri,Ditteri ed Efemerotteri.

    Le farfalle sono nume-rose, tra esse spiccanola Zarynthia polyxena,lApatura iris, la Nympha-lis antiopa, lAcronita alnie la Laothoe populi. SuiSalici facile osservare

    vari coleotteri come lAromia moscata, lo Scintillatrix di-veso lOberea oculata. Qui vive anche il curioso grilloPteronemobius concolor, che se spaventato non esita agettarsi in acqua e fuggire.

    Salamandratra le Amanite

    Foto S. Sandri

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    Allentrata nei boschi gli schiamazzi della Ghiandaia(Garrulus glandarius) avvertono tutti i loro abitanti dellavenuta di un intruso, mentre gli indaffarati voli dei Frin-guelli (Fringilla coelebs) procedono indisturbati. Nelleparti meglio esposte nidifica lo Zigolo nero (Emberizacirlus), sui cespugli e tra le radici fa capolino il piccolo ecuriosissimo Scricciolo (Troglodytes troglodytes).

    Nelle situazioni di margine diffuso un grosso serpentestritolatore, il Colubro di Esculapio (Elaphe longissima),abilissimo arrampicatore che si nutre di micromammiferied uccelli, spesso predati direttamente nel nido.

    Foltissimo lelenco degli invertebrati: importante la pre-senza del geometride defoliatore Operophtera brumatae del bombice (Lymantria dispar), tra i rincoti si notanoi colorati Cercopis vulneratae Centrotus cornutus. Nonpotevano mancare gli Ortotterri, come la notturna Barbi-tistes serricaudae lendemica veneta B. Vicentinus.

    Tra le foglie della lettiera i Carabidi Abax ater, Carabusgigas e Carabus convexus incedono veloci a caccia di

    larve o molluschi terragni, incrociando il passo con iltermofilo Holoscotolemon lessiniense, raro opilionideappartenente ai Laniatores quasi tutti di diffusione tro-picale o sub tropicale. Sotto le pietre non raro scovare

    VolpeDisegno L. Cogo

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    degli scorpioni (Euscorpius italicuse E. germanus), dotatidel famoso aculeo velenifero ma in realt praticamente

    innocui per gli uomini.Nelle schiarite del bosco, dove il tappeto di graminacee

    si infittisce, sono presenti altri Ortotteri, tra cui la preda-trice notturna Saga pedo, specie a rischio di estinzione,il Grillo dei boschi (Nemobius sylvestris sylvestris) e lacanterina (Oecanthus pellucens).

    BOSCO MISTO DI LATIFOGLIE

    In questo popolamento vegetale ricadono varie tipolo-gie forestali, dal vecchio castagneto da frutto ormai nonpi in uso, ai nuovi ed interessanti boschi ad Acero eFrassino, che hanno colonizzato ex-coltivi, magari in an-tagonia con esuberanti Corileti. Se ricca la compaginefloristica, certamente non da meno quella faunistica.Sorvolando in blocco mammiferi, anfibi e rettili, gi cita-ti precedentemente, ecco rivelarsi una straordinaria co-munit aviforme.

    La notte, in questi boschi, diventa il regno indiscussodello Strigide Allocco (Strix aluco), che trova facilmentecavit degli alberi ove deporre le sue uova, mentre delsuo lontano parente Gufo comune (Asio otus) non si han-no dati certi. La presenza dei vecchi castagni equivale adun invito a nozze per lormai raro Picchio verde (Picusviridis), che condivide il nome col Picchio muratore (Sit-ta europea) anche se la loro parentela alquanto lonta-na. Tra le chiome si sentono costantemente gli insistentirichiami del Codibugnolo (Aegithalos caudatus) e a voltedella Cincia bigia (Parus palustris), mentre nelle vicinan-ze del suolo il Pettirosso (Erithacus rubecula) si esibiscein sonore parate. La Capinera (Sylvia atricapilla) pone quiil suo nido, mentre lo Zigolo giallo (Emberiza citrinella)predilige le bordure del bosco. Ovviamente non poteva

    mancare il conosciutissimo Cuculo (Cuculus canorus),grosso uccello che, deposte le uova nei nidi di vari pas-seriformi, migra durante linverno. Altra migratrice cheama sostare nelle parti pi umide di questi ambienti la

    Zerynthia polyxena

    Foto D. Bianco

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    La specie pi abbondante sicuramente il Falco Pec-chiaiolo (Pernis apivorus), con un record di avvistamenti

    di 859 individui il 29 agosto 1989, non mancano persegnalazioni del Falco di palude (Circus aeruginosus),del Falco pescatore (Pandion haliaetus), della Poiana(Buteo buteo), del Nibbio Bruno (Milvus migrans) e perfi-no di Cicogne Bianche (Ciconia ciconia) e Nere (Ciconianigra).

    Accanto alle specie che semplicemente sorvolano lacatena montuosa, vi sono quelle che vi sostano o addi-

    rittura svernano. Fra tutti citiamo la rara Albanella reale(Circus cyaneus) e la sporadica comparsa del lapponee coloratissimo Beccofrusone (Bombycilla garrulus).

    Falco pecchiaioloDisegno L. Cogo

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