Mos Maiorum

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  • Mos maiorum

    Il mos maiorum (dal latino ms mairum, letteralmentecostume degli antenati) il nucleo della morale tradi-zionale della civilt romana.[1] Per una societ patriarcalecome quella romana le tradizioni sono il fondamentodell'etica; esse comprendono innanzitutto il senso civi-co, la pietas, il valore militare, l'austerit dei comporta-menti e il rispetto delle leggi. Ilmos maiorum, fondendosiall'insieme di valori acquisiti in seguito all'ellenizzazionedella cultura latina, dar vita alla humanitas.Il termine mos (al plurale, pi comune, mores) viene tra-dotto comunemente, ma in maniera riduttiva, con co-stumi. In realt il termine latino molto pi riccosemanticamente e ha valore insieme ideale e pragmatico,in quanto comprende il sistema di valori di un singolo in-dividuo o di una societ e, contemporaneamente, la pras-si che coerentemente ne deriva. Da mos deriva l'italianomorale.Il termine mores era gi usato nel periodo protostoricodalle trib stanziate nel territorio laziale, in riferimento ausi di tipo magico-religioso. Ne d una denizione SestoPompeo Festo:[2]

    Dal periodo regio, all'et imperiale vengono a identicarsicome un corpo di princip e di valori esemplari per lacomunit.

    1 Mores come costumi e usanzeI mores sono dei precetti normativi accettati da tutta lacomunit poich investiti di un'auctoritas (derivante siadal fatto che venivano seguiti e tramandati dai patres, siain quanto rivelati dai sacerdoti). Questi mores non solosono un'usanza investita di sacralit, bens rappresentanoun abbozzo di 'costituzione' per l'intera comunit romana,obbligata a seguirli. Si riteneva infatti, soprattutto in epo-ca regia, che il rispetto di tali precetti (investiti a un tempodi una valenza sia religiosa, sia magica) proteggesse dalleforze dell'occulto in quanto espressione del soprannaturalie della volont divina. I mores, come sistema di credenzee di valori universalmente riconosciuti e unanimementecondivisi all'interno della civilt romana, informavano as l'agire pubblico e privato dell'individuo. Non si certi,ma possibile che i mores, una volta emanati, avessero lafunzione di creare un precedente normativo.

    1.1 Storia

    1.1.1 Protostoria: dal X secolo a.C. alla metdell'VIII secolo a.C.

    L'area sacra di Sant'Omobono dove si sono svolti gli scavi e lostudio di testimonianze relative ai popoli latini anteriori all'VIIIsecolo a.C.

    Secondo le opere storico-giuridiche di Gaio e Sesto Pom-ponio[3] i mores, sono usi e costumi delle trib che siunirono e formarono Roma[4].In quella prima fase erano solo i mores a identicarsi coldiritto romano, e costituivano il modello al quale gli ap-partenenti alla comunit informavano il loro comporta-mento: tali modelli derivavano da secoli di usanze prece-denti dei pagi[5]. Gli studiosi ritengono che antecedente-mente all'et regia, durante cio la fase pre-civica, imoressi basassero sul comportamento delle familiae e succes-sivamente, a partire dalla met dell'VIII secolo a.C., an-che delle gentes, nel rispetto delle forze naturali, secon-do l'interpretazione dei sacerdoti, che a mano a mano liraccoglievano, tramandandoli oralmente e custodendoliin archivi sacerdotali segreti.In un primo momento i mores non costituirono leggi ef-fettive ma, soprattutto nella Roma precivica, erano pre-cetti unanimemente condivisi ed attuati dalla comunit.Intorno al X secolo a.C. i sacerdoti raccoglievano tramiteforma orale (e probabilmente anche per iscritto) tali usi,mantenendoli segreti. In questo periodo erano gli unicidetentori di conoscenze giuridiche e uno dei loro com-piti consisteva nel rivelare (sempre segretamente) que-sti usi al soggetto che li richiedesse o piuttosto ad in-terpretarli nel modo che ritenessero pi adatto. Quindiconsigliavano al richiedente una condotta da seguire perconseguire un proprio legittimo interesse o per difender-si correttamente da un diritto altrui. Ci perch nel di-ritto dell'epoca era insito una forte componente morale,che occorreva dunque rispettare, seguendo determinateritualit nelle dichiarazioni, nei comportamenti e in ge-nerale nell'agire sociale, tanto pubblico quanto privato.Tali modalit continuarono a vigere sia nel periodo re-gio che in buona parte del repubblicano. Nell'et regia

    1

  • 2 1 MORES COME COSTUMI E USANZE

    l'interpretazione fu adata al rex e al Pontifex Maximus,talvolta congiuntamente.

    1.1.2 Et regia

    La lupa capitolina, Romolo e Remo.

    Nessuna fonte tramanda nulla di preciso suimores nell'etprimitiva di Roma, e di come si evolsero nel tempo. SoloSesto Pomponio[6] tramanda che, con i primi re, si sen-t il bisogno di denire norme scritte, tanto da generarel'atto normativo delle leges regiae. Grazie anche ad altrefonti, tra cui Plutarco, Cicerone e Sesto Pomponio, cono-sciamo queste norme emanate dai re con l'intervento an-che o solo del Pontece massimo. Gli storici hanno ipo-tizzato che ci potesse essere un profondo collegamentotra leges regiae e mores, dal momento che anche il pon-tece poteva emanarle. Si ritiene dunque che alcuni ditali atti, con qualche modica, altro non siano che costu-mi diventati leggi. Secondo la tradizione in quest'epocache si emanarono in forma scritta le leggi, bench il pri-mo non fu Romolo, che le eman sempre in forma orale(sebbene Dionigi d'Alicarnasso[7] ci informa che alcunedi esse furono rese in forma scritta per volere dello stessoRomolo), anzi la prima compilazione, che si perde nellaleggenda, sarebbe il fantomatico Liber Numae di NumaPompilio, che tuttavia non ci pervenuto: in questo librosi sarebbero raccolte le norme statuite da Romolo e quel-le di Numa Pompilio, segnatamente i riti sacerdotali (nonsappiamo se costituissero un'opera autonoma o una sezio-ne del Liber) sicuramente derivanti dai mores[8]. Trasse-ro ispirazione da tali scritti anche i re successivi, creandonuove leges e probabilmente anche nuovi mores, in par-te riprese o sviluppate da quelle attribuite a Numa. Latradizione successivamente ci parla anche di altre opere,come il Commentarius di Servio Tullio e i Libri sibillini,che Tarquinio il Superbo ricevette dalla ninfa Sibilla, neiquali sarebbero raccolti alcuni riti religiosi[9]. Tutti gli attinormativi dell'et regia sono comunque scomparsi, a cau-sa dell'incendio che colp Roma nel 390 a.C.[10] ad operadei Galli di Brenno. Comunque, sia le pratiche tradizio-nali, sia i rituali arcaici, aondano le proprie radici nelleconsuetudini collettive.

    Interno della Curia, antica sede del Senato.

    A un certo punto per i mores non furono pi sucienti,in quanto il popolo romano richiedeva un diritto pi sicuroe non incerto, come attesta l'Enchiridion di Pomponio:poi pi avanti ci parla di leggi regie, emanate dai re dellatradizione:Nell'et regia anche il rex era a conoscenza dei mo-res interpretati e poteva rivelarli e d'altra parte anche ilPontifex Maximus contribuiva all'emanazione delle legesregiae, per cui alcuni studiosi ritengono che talune di talileggi siano in realt mores attuati con un atto normativoregio o almeno in parte. Di conseguenza ci diventa un ul-teriore modalit di emanazione di mores (seppur indiret-to), rimando comunque in vigore mores e la legislazionedel periodo precedente.

    1.1.3 Et repubblicana (509-27 a.C.)

    Con la cacciata dei Tarquini si concluse l'et re-gia e l'unico diritto ritorna a essere le rivelazioni el'interpretazione dei soli Ponteci dei mores. Per in que-sto periodo, che durer circa 50 anni, la plebe cominciaa sospettare che i Ponteci interpretino solo a vantaggiodella classe sociale alla quale appartengono, i patrizi, adiscapito degli stessi plebei.Nella prima met del V secolo a.C. giunse al punto di rot-tura. Alcune fonti, tra cui Livio e Dionigi d'Alicarnasso,ci raccontano che a partire dal 462 a.C. si cre un movi-mento plebeo il cui ne era una legislazione scritta, cheottennero circa nel 450 a.C. grazie a un decemvirato le-gislativo durato due anni, che aveva il compito di elabo-rare in massime il diritto esistente no ad allora, dunqueper lo pi dei mores (secondo alcuni studiosi anche tra-mite leges regiae, che hanno funto da 'memorizzazioni'dei mores). Poi, dal momento che queste non erano di fa-cile lettura, la loro interpretatio era comunque lasciata aiPonteci tenuta ancora segreta perci da ritenere sem-pre rientrante come interpretatio di mores almeno sino aquando Tiberio Coruncanio non la render pubblica e co-mincer un'interpretazione laica creando vero e propriodiritto ovvero la creazione del Ius Civile. D'altra parte pe-

  • 1.1 Storia 3

    r le XII Tavole erano un'opera che non poteva riguardaree non riguardava tutti i rami del diritto perci dove nonarrivavano le XII Tavole venivano utilizzati e rivelati imores[13].Sempre secondo Sesto Pomponio la prima opera riguar-dante i mores (sempre indirettamente poich riguarda leleges regiae) dell'et repubblicana secondo la tradizio-ne era il ius papirianum di Sesto Papirio (secondo al-cuni Gaio Papirio, Pontifex Maximus nel 509 a.C.) cheera una raccolta di tutte le leges regiae dell'et regia: an-che quest'opera si perde nei meandri della tradizione enon sappiamo se esistita davvero. Il primo cinquanten-nio del V secolo a.C. fu caratterizzata dal regolamentodei mores in forma di massime, ma da Livio e da Dio-nigi d'Alicarnasso ci viene raccontato che a partire dal462 a.C. i plebei, resosi conto che i Ponteci emanava-no i mores solo in favore loro o dei patrizi, cominciaronoa chiedere un'opera scritta che riassumesse l'essenza deimores in modo tale da fermare il monopolio dei Pontecisu questi regolamenti orali, tramandati e conosciuti solodai sacerdoti. Cos con un decemvirato legislativo dura-to un paio d'anni (le fonti sono discordanti) nel 450 a.C.venne emanata la legge delle XII Tavole. Si trattava di unaraccolta dei mores no ad allora esistenti. Poich l'operarisult di dicile interpretazione, venne adata ai pon-teci, che mantennero cos il monopolio interpretativo,dove le XII Tavole non contemplavano determinate nor-me. Tutto ci mut con Tiberio Coruncanio, primo pon-tece plebeo: egli rivel i rituali e come venivano ema-nate le XII Tavole e da qui cominciarono i primi giuristilaici. Fonti utili potevano essere anche il ius usucapio-nis (di Appio Claudio Cieco) e il ius Flavianum (di GneoFlavio): il primo legis actiones riprese da archivi ponti-cali il secondo su rifacimento senza modiche ma nonpervenutoci.Il primo giurista (o, sarebbemeglio dire, vero studioso deldiritto) pu essere considerato Sesto Elio, diventato poianche console, il quale nel 198 a.C. fa un'opera di analisidelle XII Tavole e dell'interpretazione ponticale oltre al-le legis actiones chiamata tripartita (lat. tripertita). Anchequest'opera non ci pervenuta, ma sicuramente potevaessere di grande aiuto per capire i collegamenti mores-XII Tavole e mores-legis actiones. I mores dovevano co-munque essere ancora molto seguiti nel I secolo a.C. Ilgiurista Gaio Svetonio Tranquillo ci racconta di un edittodi censura del 92 a.C. che pone imores come regolamentiai quali tutte le consuetudini (Gaio Svetonio parla di no-vit forse riferendosi anche alle leggi, in qualche misura)si devono adeguare; in caso contrario verranno ritenuteinique.

    1.1.4 Et imperiale (27 a.C.395 d.C.)

    Con l'avvento degli imperatori romani, possibile che imores siano stati decisi sempre da questi ultimi tramite levarie costituzioni che ne delineavano i limiti. Le ultimeinformazioni che abbiamo sui mores come regolamenti

    Augusto nelle vesti di pontifex maximus

    risalgono al II secolo, grazie al giurista Giuliano dal qua-le sappiamo che i mores dovevano essere seguiti solo senon vi erano leggi contrarie. Per i periodi successivi nonci sono informazioni, ma da ritenere che almeno in am-bito religioso pagano qualcosa sopravvisse; un esempiosarebbero i sacrici fatti dal senato sull'altare della vitto-ria per buon auspicio nelle guerre, poi eliminato nel 382per volere imperiale, vicino al 380 quando invece l'edittodi Tessalonica dichiarava la religione cristiana religionedi Stato. Oppure ancora i riti ociati dal rex sacrorumche fu eliminato come gura istituzionale solo nel 390.Le rivelazioni dei ponteci per quanto riguarda i moreshanno sempreminor rilevanza poichmolti settori vengo-no sostituiti con l'osservanza di leges, ma dall'altra parteper gli altri settori del diritto le rivelazioni dei ponteciassumono meno rilevanza anche perch molti di questisono gi conosciuti dai cittadini e veicolo sempre mag-giore diventa la tradizione oltre che magari gi applicatiall'interno del sistema giudiziario, si pensi alla pignoriscapio di cui Gaio ci informa che una legis actio che strutturata in alcuni punti secondo imores . Se poi il iudex(giudice) e indeciso su una causa controversa perch ma-gari quel negozio e regolato da mores o regole conosciutesolo dai ponteci pu chiedere che intervenga il Ponte-ce come arbitro della controversia. Dall'altra parte conl'avvento del periodo imperiale sono gli stessi imperatoria restringere gli ambiti di utilizzo di questi con le loro co-stituzioni e ne abbiamo informazioni dai giuristi. Primacon Gaio Svetonio Tranquillo che racconta di un editto dicensura del 92 a.C., che dichiarava:

  • 4 1 MORES COME COSTUMI E USANZE

    Inne con Giuliano (II secolo) aerma che i mores si uti-lizzano solo se non vengono previste leggi in quegli ambi-ti. Dopo il II secolo d.C. non si trovano pi informazionima sembrerebbe che hanno perso quasi del tutto la loro ri-levanza come atto giuridico, validi ancora per qualche ri-to pagano (riti del Rex sacrorum, Arvali, ecc. almeno noa Teodosio I, 390), addirittura la festivit del Lupercaliasopravvisse sino al 495 o forse poco oltre.

    1.2 Fonte dei moresAll'inizio, nell'et protostorica, le fonti deimores non era-no altro che il comportamento dei patres, i quali erano igenus all'interno della loro famiglia e seguivano determi-nati culti ed i relativi sacerdoti, in questi gruppi paren-tali stanziati sulle colline dove i pi anziani erano i sa-cerdoti. probabile che gi questi raccogliessero i cultiseguiti in quell'epoca, successivamente delle gentes poinon si sa quando probabilmente prima dell'inizio dell'etregia furono raccolti dai sacerdoti che li memorizzavanoe tramandati oralmente e perci le fonti dei mores eranogli stessi sacerdoti e la loro interpretazione. In piena etregia i mores furono redatti in forma scritta o ed emana-ti anche dai re poi con la ne dell'et regia l'unica fontedei mores restarono i sacerdoti con le loro rivelazioni e latradizione.

    1.3 Mores opera scritta o non scritta?Questo un aspetto molto dibattuto dagli studiosi roma-nisti, in linea generale si possono individuare tre correnti:nella prima alcuni studiosi sulla base di alcune fonti risul-ta immancabilmente che i mores erano un regolamentonon scritto come ci informano all'inizio delle loro opereSesto Pomponio col Enchiridion (viene denito ius incer-tum) e Gaio con le sue istituzioni (parla di usi che all'inizioogni popolazione segue). La seconda linea di pensiero in-vece non d'accordo poich aerma che vero solo inparte infatti all'inizio probabilmente erano emanati e rac-colti oralmente (anche se da alcuni ricostruzioni archeo-logiche risultano dei rapporti in questo periodo tra minoi-ci, che applicavano gi una loro scrittura, e latini, perciun periodo di formazione della scrittura nell'area lazialederivante da questi inussi) tra il X secolo a.C. e il IXsecolo a.C., comunque almeno dall'VIII secolo a.C. dallefonti vengono menzionate numerose opere scritte relativeaimores (oltre a rilevanti correlazioni e relazioni tra grecie romani che hanno un periodo di applicazione della scrit-tura molto vicino a questo periodo) e alle leges regiae dicui libri ponticii, libri augurales, libri regii ecc, date daautori come Cicerone che era anche un sacerdote augu-rale perci aveva libero accesso ai libri augurales (anchese alcuni storici ritengono, probabilmente sulla base delracconto di Livio che ci parla nell'Ab Urbe Condita dellaperdita di molti documenti riscritti successivamente daisacerdoti a causa del sacco di Roma del 390 a.C. che que-ste opere siano di pi recente fattura circa IV-III secolo

    a.C.) che talune opere o Plutarco ma ce ne sono molti al-tri, perci si viene a delineare un archivio ponticale incui vengono a essere raccolti tutti i precetti e le attiviteettuate dai sacerdoti distinguendo le opere rispettiva-mente con libri per i primi e commentarii per i secondi.Inne c' una terza linea di pensiero per di tipo indut-tivo in cui vedrebbero i sacerdoti come redattori di testimemoriali deimores, e questi sarebbero arrivati no a noitramite le informazioni indirette di alcuni storici romanie greci che ci parlano delle leges regiae, le quali forte-mente collegati ai mores. Ci sono idee a tal proposito cheritengono che appunto e da queste redazioni scritte chesia nata la legge delle dodici tavole. Gli studiosi ritengo-no che, al di l della rielaborazione degli storici antichiche sicuramente ripresero le norme nelle loro cos det-te citazioni testuali togliendo molti arcaismi, la strutturadelle XII Tavole sia troppo complessa per venir fatta daldecemvirato legislativo ex novo da leggi non scritte e ri-cordate a memoria ma in realt le stesse leges regiae ealcuni memoriali dei sacerdoti funsero da ponte tra i mo-res e la redazione delle XII Tavole perci sulla base dici molti studiosi ritengono che sia esistito qualche do-cumento scritto attinente ai mores (a parte i documentiattinenti alle leges regiae).

    1.4 Categorie di mores

    Alcuni di questi costumi prendono vari nomi e non ven-gono identicati semplicemente col termini dimos, infattiesistevano:

    i mores maiorum che identicavano i costumi piantichi o caratterizzati da maggior auctoritas deimaiorum (delle persone pi inuenti, migliori dellaromanit).

    imores regionis che erano quelli che erano validi soloin una precisa regione.

    i mores sacer (nominati come lex sacra dalle fontio anche come sacra gentiles) erano quelli relativi alculto.

    i mores familiae (o gentes) che erano validi limitata-mente a quel gruppo familiare o a quella gens, oltreche di tipo religioso come i sacra gentiles poteva-no essere anche di altri ambiti come comandare undato abbigliamento o un dato culto ecc.

    i mores iudiciorum usi che regolavano lo svolge-re delle attivit processuali poich anche in quegliambiti si rispettava un certo schema.

    i mores militum: usi e costumi militari. Si pensi allagura del cittadino-soldato che si divide tra le terree la guerra e si accontenta da una parte della gloriadall'altra della semplicit.

  • 2.1 Storia 5

    2 Mores come forma di diritto (nonscritto)

    2.1 Storia

    2.1.1 Dal X secolo a.C. alla fondazione di Roma

    Riguardo a questo periodo non abbiamo alcuna fontescritta coeva (in questo periodo l'uso della scrittura nonera ancora stato introdotto) o di autori successivi; per-ci, per stabilire le tradizioni, l'unico modo utilizzarelo strumento archeologico con le poche informazioni da-teci dagli autori. Si parla delle popolazioni stanziate neiterritori dove poi verr fondata la citt di Roma e tra-mite i ritrovamenti funerari si cerca di dedurre costumi,tradizioni e struttura della societ in quel periodo remoto.

    Nella struttura familiare Prima di tutto, sulla basedei corredi funerari rinvenuti nel corso degli scavi ar-cheologici, si ha una dierenza di attivit tra la popo-lazione maschile, che si dedica alla raccolta-coltivazione,alla caccia, trovandosi in una zona boschiva, e alla guerra(si tratta quindi di un contadino-soldato, forse anticipa-tore del pi recente cittadino-soldato istituito nel periodoromuleo), e la popolazione femminile, dedita alla tessitu-ra e ai lavori domestici. In questo periodo esiste solo lastruttura familiare della familia e non ancora quella del-la gens. Le familiae sono sempre caratterizzate dal pote-re patriarcale, dove il pater ha potere assoluto, compresoquello di decidere i riti all'interno della famiglia in quantogenus di questa. I primi insediamenti sono di tipo stret-tamente familiare, cio il gruppo semi-nomade o seden-tario stabilito su un colle una famiglia o comunque unnucleo unito da legami parentali. Poich sono stati rin-venuti corredi funerari di diversi livelli qualitativi, ciocorredi funerari pi ricchi e meno ricchi, da ritenerepossibile che vi fosse gi una dierenza di livello econo-mico tra le varie famiglie, ma non si pu dire se c'eranogi delle classi sociali dierenti.

    Nei riti religiosi La religione di questo periodo iden-ticabile mettendo a confronto le culture pi primitivedei nostri giorni. In particolare, alcuni studiosi fanno ri-levare l'analogia tra la popolazione malese, che credevanell'intervenire di forze nella vita di tutti i giorni, e il po-polo che abitava sui colli romani nel periodo in esame;questo sarebbe provato dal fatto che alcune fonti parla-no di numen o numena che sarebbero forze secondo lecredenze dei popoli pi antichi stanziate in questi terri-tori che li identicherebber non come divinit ma comeforze singole ognuna delle quali ha un proprio compito esarebbero tutte intorno a loro e interverrebero nella vitadi tutti. Ogni forza ha un piccolo intervento nella realtper esempio quella che fa muovere un ume oppure quel-la della pioggia ecc, ecc. Per molte di queste ci sarebberodei riti da osservare dai sacerdoti, i sacerdoti in questo

    Vestale (Roma, Palazzo Braschi)

    periodo non sono altro che gli anziani del gruppo semi-nomade. Non sappiamo nulla dei riti seguiti tranne di unousato anche in et storica ovvero il rito del Septimontium,il quale una processione fatta da tutte le popolazionistanziate nei colli romani o vicini che parte dal Palatino eattraversa molti colli vicini, questo dimostrerebbe la so-miglianza religiosa di tutte queste popolazioni ma questorito servirebbe anche ad augurare la pace tra le varie po-polazioni e avviene l'11 dicembre. I riti in questo periodo,almeno la maggior parte utilizzano come donazione alleforze i legumi particolarmente gli scavi hanno scopertoe anche secondo quanto dice Plinio l'utilizzo nei riti del-la fava. Prima dell'et regia risale anche il culto di Vestae delle vestali che dovevano custodire il fuoco di Vestaall'inizio dovevano essere solo due, la prima vestale dicui si ha notizia la madre di Romolo Rea Silvia vestaledi certo prima dell'et regia di Roma.

    Nei rituali funebri Il rituale prevedeva, nel X secoloa.C., la cremazione del corpo per un periodo prolungatosu un rogo (si capisce dal fatto che sono state rinvenuteossa incenerite) dopo di che il fuoco viene spento pro-babilmente col latte poi le ossa vengono raccolte in unvaso chiamato ossuario collocato in un vaso pi grandechiamato dolio a questo viene aancato il corredo fune-rario di oggetti in miniatura che servivano nell'aldil daci possiamo anche capire che credevano in un'altra vita.Fino a circa l'830 a.C., troviamo tre tipologie di ritualidierenti quello della cremazione gi esposto quello incui il vaso coi resti veniva deposto in una fossa chiamata

  • 6 2 MORES COME FORMA DI DIRITTO (NON SCRITTO)

    pozzo oppure il terzo in cui veniva fatta una fossa rettan-golare per metterci il cadavere supino. Il periodo succes-sivo no al 770 a.C., vide il rituale maggiormente in usodella fossa rettangolare col cadavere supino, alcune vol-te viene usata la cremazione, e il corredo caratterizzatonon pi da oggetti miniaturizzati ma da oggetti veri peresempio vengono messe armi vere, collane ecc. Succes-sivamente no al 730 a.C., troviamo il metodo a fossacon corredo oppure utilizzo di sarcofagi in terracotta tipobara. Da 730 al 630 a.C., seppellimento dei morti fuoridall'abitato tranne per i bambini seppelliti vicini o sottole capanne, posti orizzontalmente in una fossa o nel dolio.

    Nella divisione del lavoro Il costume di questi popoliprevedeva che l'uomo andasse a fare la guerra o a coltivareo raccoltamentre la donna si occupava della tessitura e deilavori domestici e i sacerdoti (le persone pi anziane delgruppo) dei riti sacri.

    2.1.2 Dal 754 a.C. al II secolo d.C.

    Nella vita politica La partecipazione nella vita pub-blica era parte dominante della vita del cittadino maschionella Roma antica. La vita pubblica comprendeva poli-tica, esercito, legge e anche sacerdozio. Nella politica,il cursus honorum divenne la procedura standard di at-tribuzione delle cariche. L'osservanza di questo percorsoveniva considerata convenzionale; comunque ci furonodeviazioni dal cursus. Lucio Appuleio Saturnino e GaioServilio Glaucia, in associazione con Gaio Mario la sualegislazione e le elezioni, ruppe la tradizione cercando ilconsenso dei tribuni della plebe. Mario stesso smise di ac-cettare la tradizione dell'lite romana. Mario non fu soloun homo novus di gran successo, ma fu eletto 7 volte con-sole, cosa mai accaduta prima. Queste gure contrastanofortemente con la carriera di Cicerone, che segu severa-mente il cursus honorum e mantenne una gran coerenzanel sostenere gli interessi dell'aristocrazia e i valori ance-strali da essa salvaguardati. Cicerone ottenne molta del-la sua fama dalla sua abilit di oratore, lavorando comedifensore e Pubblico Ministero nelle corti.La legge era strettamente legata al cursus honorum e al-le magistracies che un cittadino poteva sperare di otte-nere. I membri della classe superiore, avendo una cono-scenza maggiore della legge e dell'arte oratoria (dal mo-mento che erano consuetudini parte della loro istruzione),soddisfacevano i ruoli di prosecutore, difensore e persi-no giudice. Questi ruoli erano doveri tradizionali per laclasse superiore, che potevano addossarsene la respon-sabilit. Sebbene moltissime responsabilit apparteneva-no alla sfera della vita civile, come era comune nell'eraantica, dai romani ci si aspettava anche che servisseronell'esercito.

    In ambito militare All'inizio emblematica la gurain et arcaica del cittadino soldato che no ai 40 anni si

    dedica solo a due attivit coltivare la terra e guerreggiare.Successivamente i mores del militare stabiliva che i sol-dati cittadini venivano obbligati all'arruolamento tramiteminacce riguardanti lo Stato intero, ma dopo Mario en-trarono in vigore i soldati professionisti, alleati dei lorogenerali. L'esercito romano era originariamente costitui-to da persone della classe superiore, poich essi erano gliunici membri della societ che potevano permettersi i co-sti economici delle armi ed assenze dal lavoro giornaliero.La speranza degli uomini romani era di unirsi all'esercitoed ottenere gloria a servizio dello Stato, e quando non era-no impegnati in battaglie o guerre, riponevano le armi esi dedicavano alla vita civile. Comunque, Gaio Mario ri-form l'esercito per includere capite censi e sottometterele truppe al suo controllo prima ancora che a quello delloStato.

    Nel diritto di famiglia I mores stabilivano anche lastruttura familiare cio si limitavano a dare la potest delpater familias sui suoi consociati nonch la struttura dellegentes, per sicuramente i mores in questo ambito si li-mitavano solo a dare la giusta struttura e a qualche altroregolamento che per non intaccava il potere del pater neiconfronti di chi abbia un debito o un delitto su un suo con-sociato o lui stesso cio i cos detto formarsi del vincolocorporale poi evoluto in dare o portere sino ad arrivare auna parvenza di vincolo giuridico.

    Nella tradizione religiosa A dierenza delle moder-ne religioni occidentali, i Romani non divisero (cio leassimilarono) le pratiche religiose ed il servizio allo Sta-to. Invece i Romani mantennero l'usanza dei loro antenatiIndo-Europei del lasciare il clero legato allo Stato. Il Col-legio dei Pontici consisteva di diversi culti al capo delquale era nominato un sacerdote, che poteva simultanea-mente essere in possesso di potere politico e / o milita-re. I Romani avevano anche il culto regolarmente degliantenati, i Penati, che erano le divinit protettrice dellacasa privata nel suo interno[15]. I Lari sono comuni nel-la religione privata romana, in aggiunta alle gure antro-pomorfe divine romane. Essi sono spiriti guardiani, chevariano nelle loro manifestazioni a seconda dei ruoli chehanno. Come i Lari Augusti, che erano spiriti protettoridell'imperatore. Nominativi pi comuni sono per i Laricompitali, che erano i guardiani degli incroci e i Lari fa-miliari, che erano i custodi della casa. Senza dimenticaretutti gli dei pagani, che poi sono stati assimilati e modi-cati con le varie conquiste, molti dei quali per esempiohanno assunto nomi di dei greci.

    Nel rapporto patronato-clientela Un altro impor-tante aspetto della tradizione romana il rapporto traPatronus e Cliens (patrono e cliente). Questo il rapportoche comunemente si vericato tra Patrizi e Plebei, do-ve in cambio per la tutela del Patronus (patrizio), il cliens(plebeo) oriva servizi no a quando il debito non era sta-

  • 2.3 Mores e ius 7

    to restituito. Pi tardi nella storia romana, dopo la nominaa princeps di Augusto, la maggior parte della popolazionedivent clientela dell'imperatore, nch, alla ne, non lofecero tutti.

    2.2 Mores come regolatori delle legis actio-nes

    I mores all'inizio essendo l'unico regolamento esistenteregolavano le legis actiones pi antiche ovvero legis actiosacramentum in rem,manus iniectio, pignoris capio e altreche non conosciamo dalle fonti. La legis actio sacramen-tum in rem doveva essere regolata solo dai mores poichunico atto normativo, e la presa della cosa in iure davan-ti al giudice non doveva essere solo simbolica ma vienesupposto da alcuni studiosi che nel periodo pi arcaicoavvenisse proprio una contesa materiale sulla cosa in unsecondo momento diventata pi simbolica e seguita poida giuramento con satisdatio tutti questi aspetti dovevanoessere controllati dai mores e insiti nel sistema istituzio-nale del tempo da cui poi nacquero le leggi. Per la manusiniectio non sappiamo bene come si svolgeva la procedu-ra poich non si hanno molte informazioni ma in lineadi massima serviva per avere una sorta di potestas sulloschiavo o sulla moglie dicendo determinate parole e condeterminati gesti come ne caso della legis actio sacramen-tum in rem quando l'attore pone la festuca sulla personache rivendica come suo schiavo. Nel caso della pignoriscapio che a quanto ci dice Gaio era ancora in vigore nelsuo periodo e poco modicato dal periodo antico poichancora molti aspetti regolati dai mores anche se non cispecica in che maniera. Oltre ci anche la sponsio do-veva essere regolato da mores anche perch nel rito vienemenzionato il ius Quiritium fortemente legato ai mores.Da questa analisi si comprende che i mores regolavano lelegis actio dicendo che parole andavano dette o quali ge-sti fare. Questo non solo poich cos il gesto o la parolaeseguita convenzionalmente dava all'atto per quel dirit-to validit poich necessario e suciente per consegui-re quel risultato come prevedeva il diritto di quel tempoma anche (questo vale per il periodo pi antico soprat-tutto) poich cos ci si proteggeva dall'intervento di forzeocculte che sarebbero potute intervenire negativamente.Oltre a regolare alcuni punti delle legis actionis regola-va anche alcuni negozi soprattutto i pi antichi come lamancipio e il trasferimento della res mancipi attraverso ilrito della pesatura del bronzo grezzo poi man mano conl'evoluzione dell'istituto volto a essere solo mera apparen-za poich il costo della res si pagava con moneta. La nun-cupatio secondo cui si poteva modicare gli eetti dellamancipatio sembra che prima di derivare da una rego-la delle dodici tavole questa sia stata prima un mores poirielaborato all'interno della stesura delle XII tavole, co-me la nuncupatio stessa sote ebbe l'istituto dell'usus (cionel senso di usucapire un bene). L'istituto del matrimo-nio previsto con confarreatio e molti riti di tipo religioso

    come i Lupercalia o gli auguri con i loro Auspici.

    2.3 Mores e ius

    Ius Quiritium

    I mores pi antichi sono strettamente correlati col ius qui-ritium ovvero il primo diritto romano. Di questo dirit-to abbiamo informazioni da Gaio, da Cicerone e da al-tri poich viene nominato in alcuni negozi che hanno leloro radici nel periodo pi antico come nella mancipa-tio. Questo diritto si incentra soprattutto nel potere fami-liare e dominicale e va dal VII secolo a.C. al VI secoloa.C. perci non riguarda la branca delle obbligazioni conl'oportere che invece si sviluppato dopo questo periodoperci il ius quiritium e caratterizzato fondamentalmenteda mores, leges regiae e foedera.

    XII Tavole

    Come sappiamo le XII Tavole sono fondamentalmen-te massime di mores e infatti, come dicono vari autoriantichi, i relativi collegamenti sono molti, per esempiol'usucapio deriva da mores prima di diventare una regoladelle tavole, oppure la traditio molto antico anche que-sto e poi trasformato in legge tabulara, oppure ancora lamancipatio e molti altri.

    Ius civile

    Il ius civile essendo la risultante del lavoro ragionato deigiuristi sulle dodici tavole e solo un'evoluzione ulterioredelle dodici tavole ma anche qua troviamo delle analogiecon imores per esempio il rapporto tra patronus (o gens) ecliens e il l'obsequum del cliens nei confronti del patronus,ma oltre che nel diritto positivomolti collegamenti vi sonoanche nel diritto processuale derivante sempre dalle XIITavole e trasformate con lo ius civile in formule: l'actiosacramentum in rem, l'agere per sponsionem o la manusiniectio, ecc.

    Ius gentium

    Per il ius gentium invece bisogna fare un discorso picomplesso poich riprende oltre a istituti di varie popo-lazioni anche istituti romani assimilandoli insieme. La ri-sultante che vengono per esempio ripresi sempre la tra-ditio e la sponseo stipulatio tutte due derivanti da mores.In questo tipo di ius viene ripreso anche la des valoreromano sin ad antico derivante da mores con cui si ba-sano nel ius gentium soprattutto i commerci tra diversepopolazioni.

    Ius honorarium

  • 8 3 I MORES COME VALORI DELLA ROMANIT

    Per il ius honorarium non abbiamo invece nessun collega-mento diretto poich nasce dalla iurisditio e dall imperiumdel pretore ma man mano quando si stabilizza riprendeistituti dal ius civile modicandoli dall'altra per ripren-de anche principi del mos maiorum e della consuetudineinternazionale nel commercio un esempio nel caso at-tore e convenuto abbiano stretto un negozio secondo lades del mos maiorum e della consuetudine internazio-nale e il pretore per far rispettare tale des concede alconvenuto un exceptio doli. Un altro ancora la conces-sione di exceptio per non aver rispettato una promessacon sponseo tipico istituto antico risalente ai mores per-ci vediamo che in certi ambiti sono correlati e che il iushonorarium cerca dei rimedi ecaci a osservare alcuniistituti derivanti dai mores.

    2.4 Il titolare dei diritti derivanti daimores

    I titolari di diritti derivanti da mores erano veramente po-chi soprattutto nel periodo pi antico. Infatti in questoperiodo sicuramente in linea di massima potevano esse-re solo chi poteva essere titolare di situazioni giuridichesoggettive ovvero i patres familiae: poi questi potevanoessere sposati dunque i mariti (con la manus sulla moglie)o avere un cliens cio il patronus, oppure il patres nei con-fronti dei consociati della familia gli alieni iuris, oppuremilitari: per esempio i celeres che dovevano fare dei riti,oppure i sacerdoti ecc. Sempre in antico quelli che nonpotevano essere titolari di diritti erano certamente quelliche non potevano essere titolari i situazioni giuridiche ov-vero chi non aveva tre requisiti: la libert, la cittadinanzaromana, la potest su persone alieni iuris cio lo status dipater familias. Nel periodo preclassico e classico per lasituazione cominci a mutare con la potest del pater chediventa sempre meno patrimoniale e il crearsi della di-stinzione tra situazioni da tutelare e interessi forse anchei lii familia poterono essere titolari di diritti derivanti damores.

    2.5 Sanzioni in caso di non osservanza deimores

    La non osservanza dei mores da parte di un soggetto pre-vedeva diverse conseguenze. Vi da aggiungere che qual-siasi decisione sottoposta ai valori contenuti neimores ge-nerava un precedente giudiziario. Nel periodo pre-civicoe regio, era la stessa comunit che garantiva l'osservanzadi riti: cos se un soggetto (pater familias) doveva chie-dere il tributo a un altro soggetto da cui avesse ricevutoun danno, egli era messo in grado di ottenerlo dalla stes-sa comunit (per es. il colpevole di un delitto non pote-va porre resistenza ed opporsi all'eventuale pena, poichla stessa comunit gli impediva di agire). Poich i moresvenivano deniti come espressione corretta di vedere lavita secondo gli antichi, si deve ritenere possibile che peri mores, soprattutto quelli investiti di una maggior auc-

    toritas, dovessero esserci conseguenze simili all'infamia,all'ignominia o anche la pena capitale verso il trasgres-sore. Se invece il mos riguardava l'usufrutto di un dirittoo il porre in essere di un negozio, questo non era consi-derato valido (anche se c'era un semplice errore di gestio parole: per es. Gaio ci dice come nel caso di un sog-getto che dicesse vites invece di arbores come previsto,anche questo semplice errore recasse nullit al negozio).Quando il mos riguardava determinate azioni criminalicome l'omicidio o l'adulterio, il reo nella maggior par-te dei casi andava incontro a una pena di tipo religioso-pagano, come l'essere sacricato a una divinit (sacert),il supplicium more maiorum, o la poena cullei, oppure erasoggetto al vincolo corporale del danneggiato (o per me-glio dire di chi ne avesse avuto il diritto, ovvero il paterfamilias), poi evoluto nell'oportere. Anche azioni comeattirare il malocchio su qualcuno, se in un primo temponon veniva sanzionato, nel periodo delle XII Tabulae ve-nivano colpite da pesanti sanzioni (Qui malum carmenincantassit..., Tabula VIII).

    2.6 Dierenza tra mos e consuetudo

    Negli studi sul diritto romano no al XX secolo, gene-ralmente i termini mos e consuetudo vengono consideratisinonimi, e in realt anche alcune fonti di epoca romanasi comportano allo stesso modo. Recentemente per glistorici, sulla traccia di altre fonti, tendono a non consi-derare i due termini come sinonimi, individuando invecedierenze, lievi ma non del tutto trascurabili. I mores,infatti, sono usi e costumi (e per certi versi anche con-suetudini) conseguiti per ottenere il bene dell'intera co-munit e caratterizzati prima da elementi magico-pagani,poi dall'intervento sacerdotale: i sacerdoti, con le rivela-zioni dei mores, conferirono a questi il classico caratte-re giuridico-religioso. Le consuetudines invece sono usi ecostumi che il popolo segue come abitudine, non segnateda un carattere 'sacro' n custodite o attuate dall'ordinesacerdotale: si tratta, dunque, di atteggiamenti e principnon derivanti da usi ancestrali o antichi, ma di pi recenteformazione, nei quali assente la componente religiosa el'intervento sacerdotale.

    3 Imores come valori della romani-t

    Se da una parte abbiamo i mores che identicano i costu-mi e usanze dall'altra i mores divengono strumenti porta-tori di valori. In questo frangente i mores assumono unacaratteristica di ideologia, soprattutto nell'et imperiale,cio rappresentano in senso ampio non pi dei singoli co-stumi da seguire ma vengono visti nel loro complesso co-me rappresentanti di virt che si devono avere per far delbene alla comunit romana. A questo proposito si aer-

  • 3.1 Storia 9

    mava che il fondamento dei mores maiorum fosse basatosu cinque virt fondamentali appunto:

    1. Fides: la fedelt, la lealt, la fede, la ducia ereciprocit tra i cittadini

    2. Pietas: la piet, la devozione, il patriottismo, il dazio

    3. Maiestas: sensazione di superiorit di appartenenzaa un popolo civile

    4. Virtus: qualit peculiari dei cittadini romani, ilcoraggio, l'attivit politica e militare

    5. Gravitas: tutte le regole di condotta del romano tra-dizionale rispetto per la tradizione, la seriet, la di-gnit, l'autorit, anche se ci furono plurimi valoriscaturiti dai mores.

    3.1 Storia3.1.1 Et regia

    Gi dall'et regia si ritenevano importanti alcuni valo-ri, non ne abbiamo informazioni scritte che indicano inche maniera ma sappiamo che gi Numa Pompilio feceun piccolo tempio in onore della des divinizzata sicura-mente anche altri ebbero la stessa sorte soprattutto quelliritenuti fondamentali.

    3.1.2 Et repubblicana

    Prima del terzo secolo non abbiamo nessun documentoche ci parla dei valori morali romani per quasi certa-mente ce ne sono stati anche in questo periodo oltre aqualche opera o luogo di culto in loro onore. In tutto ilperiodo repubblicano si denota anche uno sfarzo maggio-re dei templi in loro onore rispetto all'et regia. Comevedremo ci sono per innumerevoli autori che nei secolisuccessivi dedicheranno chi pi chi meno le loro operevediamone qualcuno e la loro evoluzione nel tempo:La gura di Appio Claudio Cieco per i valori non tantoimportante per le opere che ha fatto poich non abbiamonotizie di opere che riguardano i valori romani, quantoinvece di come visse, anche se le sue imprese sono forsein parte leggendarie, ovvero come il buon cittadino ro-mano preso ad esempio anche dai successori infatti fugrande parlatore ovvero abilissimo nell'attivit oratoria eretorica rientrante appunto nell'otium del bonus civis. Danon scordare anche le sue Sententiae. Viene consideratoun pre-Catone ovvero anticipatore su molti aspetti dellagura di Catone il Censore.Nevio (III secolo a.C.) nelle sue opere fa trasparirel'ideologia eroica; nelle sue cothurnatae traspaiono alcunivalori riguardanti la guerra e i soldati. In vari frammentidel Bellum Poenicum si manifestano valori come la virtus,la gloria, l'onore del soldato:

    la prima opera a noi pervenuta che ci parla dei valoridella romanit; qui si soerma sul guerriero romano. Nonsappiamo se prima venivano messi in rilevanza i valori ro-mani ma da qui partir l'evoluzione di questi in relazioneal mos maiorum.Successivamente compare nella scena Ennio che negliAnnales come nella sua opera epica oltre che di gesta dieroi si parla anche di valori verso l'ideologia aristocra-tica e celebrano la storia di Roma che stata possibileed tuttora grazie alla virtus di singoli individui: grandin mores come uso e costume e il nobili e magistrati chehanno portato prosperit a Roma come Quinto Massimo.La descrizione di questi valori descritti da Ennio vienealla luce grazie a ritratti di condottieri e uomini di poterein un verso aerma persino:In questo pezzo possiamo notare la coesione e il collega-mento tra gli antichi costumi, ovvero i mores come usie costumi e i mores come valori della pristina romanit,secondo Ennio elementi fondanti della civilt romana.In questo periodo per qualcosa cambia, il successivo au-tore di cui abbiamo notizia ci parla per di valori ellenici Tito Maccio Plauto il quale per importante poichuna sorta di maestro di Terenzio a cui fa da mediatore diPlauto Cecilio Stazio. Infatti Terenzio come il maestro siispira nelle sue opere teatrali a valori ellenici sulla rigadel maestro per in questo caso lui aggiunge anche dellemorali (oltre al fatto di inserirci istituti tipicamente ro-mani e valori tipicamente romani come l 'Urbanitas) co-sa che invece Plauto non faceva, grazie appunto a questitre autori oltre al Circolo degli Scipioni la cultura grecacon la sua etica e i suoi modelli faranno da mediatori perla penetrazione della cultura ellenica in quella romana eanche grazie a Pacuvio, Accio i poetae novi e la satiradi Lucilio no a Lucrezio nel I secolo a.C. che fa cono-scere la dottrina epicurea alla plebe. Di non meno scarsaimportanza Catullo e i suoi carmen caratterizzati dallaricerca dell'amore e della voluptas sottraendosi ai doverie agli interessi propri del civis romano e dove assumo-no importanza i sentimenti personali e non l'interesse eil benessere della collettivit. Un'altra gura sulla scia diCatullo anche Properzio insieme ad altri riuta il mosmaiorum e i valori della civitas preferendo un'esistenzadedicata all'amore utilizzando l'elegia.Il punto di svolta ha inizio quando i romani vennero amaggior contatto e conquistarono i territori della peniso-la ellenica. Roma fu sempre inuenzata, anche se limita-tamente, dalla cultura greca durante il suo sviluppo, maquando vennero a contatto con la loro cultura, gli studiosiromani impararono nuove materie di conoscenza come ladialettica, la losoa, la logica e queste furono applicateal diritto, un diritto che ormai, grazie all'inuenza greca,si stava man mano trasformando da tradizionalista, coni riti e costumi romani, a ragionato e pratico: la nascitadei vari ius civile, ius gentium, ius honorarium nati dallostudio dei giuristi e dai loro pareri sui casi concreti dacui scaturisce del diritto pi pratico e lontano dai tradi-

  • 10 3 I MORES COME VALORI DELLA ROMANIT

    Ritratto senile di cui stato proposto Marco Porcio Catone comemodello.

    zionalismi. A questo ambiente ellenizzante, si oppone lagura di Catone il censore il quale dal 184 a.C. si presentacome campione delle antiche virt romane contro il de-generare dei costumi e le manie di protagonismo ispiratedal pensiero greco[18]. Catone, a favore dei valori antichiromani, far anche varie opere che ne esalteranno le ca-ratteristiche: il De agri cultura in cui si danno dei precettiper il giusto comportamento di un proprietario terriero(pater familias) da una parte come attivit sicura mentredall'altra l'attivit di soldato cio espone le caratteristicheche doveva avere un buon cittadino-soldato che si dovevabasare su virt come la parsimonia, duttilit e industriavalori tipici anche della precettistica dei mores maiorumnel tempo successivo, il Praecepta ad lium:il Carmen de moribus a noi non pervenuto ma ci sonopervenuti solo due frammenti dal Noctes atticae di Gellio:In queste opere l'obbiettivo di Catone risulta essere la lot-ta contro il Circolo degli Scipioni, non tanto per com-battere contro la cultura greca in se stessa ma vuole an-dare contro i suoi elementi illuministici di critica e dipensiero sui valori, infatti per Catone le due culture Ro-mana e Greca possono coesistere ma la prima non devefar corrodere le sue basi etico-sociali costituite dai mo-res dall'azione di critica della seconda. Anche se manmano inevitabilmente la cultura greca scorrer in quellaromana.

    Nei pochi frammenti arrivatici dell'opera satira di Luciliotraspare la sua tecnica di satira e di lameto nei confrontidella politica e delle condizioni sociali (anche se in partefu inuenzato dalla corrente ellenica) del suo tempo manon solo, dai frammenti pervenutici ci parla anche di unvalore importante l'Urbanitas (il bon ton)Figura emblematica sulla scia di Catone e di Panezio (dacui riprendemolti pensieri) quella diMarco Tullio Cice-rone che tramite le sue orazioni e opere losoche vuoledare una base ideale, etica politica ripresa dalla tradizionedeimos maiorum alla classe dominante per anche facen-do assorbire la cultura greca senza eliminare valori fonda-mentali romani come l'otium e l'humanitas. Tra le operepi signicative che vanno verso questa linea di pensieroci sono il De oratore, qualche sentenziae del Pro Sestio.l'humanitas si classicava come codice di buone manie-re oltre ci Cicerone andava contro l'epicureismo cio ildisinteresse per la politica cosa che Cicerone non pote-va sopportare poich un uomo romano si deve interessarealla politica e alla vita pubblica. Cicerone nella sua ope-ra Cato maior idealizza Catone come simbolo della vec-chiaia (visto come valore) dall'altra con l'opera Laeliusparla del suo amico Lelio e dei fondamenti dell'amicizia(come valore). Poi c' il De ociis si basa sullo stoici-smo di Panezio per formulare una morale contro il disim-pegno politico dell'epicureismo e ci illustra valori comel'honestum, l'utile, la benecentia, la magnitudo animi, ildecorum e il galateo.Anche Varrone si occupa dei costumi e si rende contocome i suoi predecessori della loro decadenza e ne parlanelle Saturae Menippeae (opera satirica) emblematica ilSexagensis che racconta di un ragazzo che addormentato-si si risveglia dopo sessant'anni e si accorge che Roma cambiata in peggio.In seguito Cornelio Nepote fa un'opera sull'argomento deivalori romani nel suo caso per col De viris illustribus incui si soerma sui caratteri originali di Roma antica e lasua tradizione e i valori mettendoli per a confronto conaltre tradizioni di altri popoli facendo un'analisi sui popolidi cui parla che si distinguono tutti dagli altri con i loromaiorum istituta per senza criticare come invece fannoCatone o Cicerone.Sallustio con le sue opere come il Bellum Catilinae, rac-cont di vari personaggi del periodo catilineo tra cui Ca-tone e Cesare messi a confronto e ai cui personaggi ap-piopper dei valori ben precise (non senza modicare larealt di alcuni fatti): un Catone caratterizzato da inte-gritas, severitas, innocentia e magnitudo animi, un Cesarecon municentia, misericordia e anche lui con magnitudoanimi aermando che tutti e due erano importanti e po-sitivi per lo Stato romano. Tramite queste opere-ritrattoesporr i valori tipici che secondo lui caratterizzavano al-cuni personaggi della storia. Oltre ci fa anche una ri-essione sul dilagare del malcostume che secondo lui dovuto a lotte continue tra le varie fazioni.Riguardo a Gaio Giulio Cesare importanti per il mos ma-

  • 3.1 Storia 11

    iorum e la sua analisi sono le opere del De bello Gallico,in cui si racconta la sua campagna militare in Gallia pernon si soerma a semplice cronaca di guerra ma analizzail mos gallicus e la struttura politica gallica con a capo lagura dei druidi. Questa opera ci fa capire che la strutturapolitica-giuridica della Roma pi antica con i suoi sacer-doti e il collegio dei Ponteci non era molto dissimile daquella gallica. Nel De bello civili oltre alla guerra civile sisoerma su valori come la pax e la clementia. Ma la verasvolta nei suoi commentarii e l'esaltazione dell'onore e delvalore dei soldati elogio che si congura come prima pro-mozione propagandistica dei valori della romanit comefaranno poi Augusto e Marco Aurelio e non semplice-mente di studio losoco o protesta contro la decadenzadei costumi avvenuta sino ad allora.

    3.1.3 Et alto-imperiale

    Nel passaggio dalla Repubblica al principato, centrali fu-rono le gure di Augusto e Mecenate e la loro attivitpropagandistica dei valori romani come unione della co-munit e l'osservanza dei quali era utile per il benesseredella collettivit. Viene instaurandosi un tentativo di ri-pristino degli antichi valori dopo la continua crisi e laloro inosservanza nel periodo precedente dovuta al di-lagare della crisi in tutti gli ambiti e in tutto l'impero. Ipi grandi poeti anche se legati a Mecenate non si sento-no veramente obbligati a far risplendere i valori romaninelle loro opere poich li sentono importanti anche loroe le loro idee coincidono con quelle propagandistiche diAugusto. Ma vediamo come rispondono a questa richiestadi propaganda i vari autori:E se Teocrito mette in risalto il mondo pastorale nella suasemplicit con la sua poesia, Virgilio li imita ma lo fa an-che suo nella prima giovinezza e il risultato che ne ottienesono le Bucoliche. Pi avanti far un'opera le Georgicheche sembrano ispirate da un programma augusteo di ri-pristino del mondo agricolo (a causa della crisi) che pernon ne risulta traccia, invece si coglie il collegamento traVirgilio e la propaganda deologica augustea dove ven-gono esaltate le tradizioni nazionali dell'Italia contadinae guerriera che ha come clima la guerra contro Antoniodove Virgilio persegue il mito nazionale dell'unit itali-ca, per la tradizione oltre che per divinizzare il princepsviene fatta anche l'opera dell'Eneide.Orazio a dierenza degli altri autori decide di analizza-re tramite la satira i vizi invece dei valori. Vizi come glieccessi, la stoltezza, l'ambizione, l'avidit, l'incostanza iltutto volto non a cambiare il mondo ma soltanto di trova-re una soluzione alla crisi che pochi possono percorrere.Man mano per la sua voce satirica viene meno a causadelle dure critiche che gli vengono abbiate.Al tempo di Nerone, fu Seneca ad illustrarci nelle sueopere valori come la benecentia e la clementia nelle ope-re del de beneciis e il de clementia: Nel primo ci illustrail rapporto tra benefattore e beneciato, nel secondo illu-

    stra a Nerone come si comporta un buon imperatore chedeve avere come valore massimo la clementia. Lui cre-deva che con la sua losoa un imperatore guidato benepoteva diventare un buon imperatore forse era questa lasua risposta alla crisi.In epoca avia, stanco della realt corrotta di Roma e dellefalse virt ostentate ma non praticate, Giovenale tramitela sua satira prende di mira personaggi della sua epocadenunciandone la corruzione; scrive anche che vorrebbeche Roma ritornasse agli albori pastorali, che secondo luisono il periodo migliore della vita della citt.Tramite le opere di Stazio, gli imperatori dell'et Fla-via vogliono esercitare un controllo sulla cultura come inrealt cerco di fare anche Nerone e tentare un program-ma di restaurazione civile e morale. Stazio con le Silvaee la sua retorica fatta con celeritas analizza i valori tipicidi quel periodo imperiale. Tra i valori menziona la sim-plicitas gi menzionata da Ovidio nelle Epistulae ancorprima da Seneca poi riprende alcune idee di Cicerone masar utilizzata anche da autori successivi quali Plinio ilGiovane e Marziale.Una gura un po' a parte Quintiliano, il quale ve-de una Roma completamente allo sbando e la crisidell'eloquenza. Le sue opere si soermano sulle virt ei valori che devono avere un buon insegnante e un buonOratore analizzando in modo preciso l'arte retorica e irimedi per uscire dalla crisi e corruzione dell'oratoria edell'eloquenza.Pi tardi anche con Tacito conosciamo i valori un esem-pio l'opera De vita et moribus Iulii Agricolae dove esaltail suocero Giulio Agricola per la conquista della Britan-nia e in quest'oper ci parla proprio della virt guerriera:la virtus. Ma non solo esalta la gura del suocero anchequando era sotto un brutto imperatore come Domizianodove esalta la sua fedelt, moderazione e operosit.Quando ormai sembra che l'inuenza alessandrina abbiaavuto la meglio sulla cultura romana e la tradizione eccoche per abbiamo un'opera di eulogia (di solito usata peresaltare i valori greci tranne nel caso di Giovenale) ab-biamo un'esaltazione delle Gesta di Augusto per sotto laspinta descrittiva della tradizione romana e non ellenica.Al tempo dell'imperatore Marco Aurelio e tra gli impe-ratori propagandisti degli antichi valori romani. A dif-ferenza degli altri per lui non si limita semplicementea propagandarlo tramite gli intellettuali dell'epoca nel-le loro opere ma aerma la sua convinzione anche nellasua opera senile "Ricordi o Colloqui con se stesso" doveespone anche secondo lui quali sono gli autentici valoridella romanit.Sono a tal proposito illuminanti le paroledellimperatore Marco Aurelio:Traspaiono qui gli antichi ideali romani della virtus, dellagravitas e della iustitia. Marco Aurelio sentiva il doveredi mettere tutte le sue energie al servizio del tutto, di su-bordinare ogni suo sentimento ed azione allinteresse deltutto.

  • 12 3 I MORES COME VALORI DELLA ROMANIT

    3.1.4 Crisi del III secolo ed et tardo-imperiale, noa Giustiniano

    Edizione del Digesta (XVI secolo), parte del Corpus Iuris Civilisdi Giustiniano I.

    Aulo Gellio con le sue Noctes Atticae un osservatore at-tento e scrupoloso dei periodi precedenti e soprattutto delloro pensiero anche in quest'opera troviamo valori tipi-ci romani ripresi da altri autori pi antichi Aulo Gellioli riprende e li fa propri esaltando alcune personalit delpassato e le loro idee. Un altro, uno degli ultimi, lo sto-rico Eutropio questo uno degli ultimi innovatori dellacultura dei valori e della morale romana col suo compen-dio il Breviarium ab Urbe condita sotto la scia di storiciprecedenti traspare nostalgia per il passato e per la vitapastorale e il grande periodo monarchico.Dal I secolo viene a diondersi lentamente la religio-ne cristiana che viene combattuta dagli imperatori assi-duamente poich i cristiani non riconoscono come dio lagura dell'imperatore e vengono perseguiti sino alla -ne del III secolo. Ma all'inizio del IV secolo ecco che ilCristianesimo si fa largo nella cultura romana, con la cri-si religiosa il cristianesimo molto lentamente ma ineso-rabilmente sostituisce il paganesimo nonostante le con-tinue lotte da parte dei rappresentanti di quest'ultimo.L'inuenza del cristianesimo nella cultura romana e anchepi forte rispetto alla cultura ellenica lentamente cambia-no i modi di pensare gli antichi valori romani vengonosostituiti lentamente dai valori cristiani di libert e ugua-glianza di soggetti considerati fratelli gli uni con gli altri.

    Con i vari editti prima il cristianesimo viene permesso(Editto di Milano) poi diventa unica religione di Statoe qualicata cattolica (Editto di Tessalonica), perci lastessa concezione della vita cambia rispetto ai valori del-la tradizione. Questi per vengono comunque ricordatinegli scritti come parte di una cultura.Come detto i valori della romanit sono soppiantatida quelli del cristianesimo comunque sia al tempo diGiustiniano I esso stabilisce uno studio dei Giuristi clas-sici e una raccolt delle loro idee e di conseguenza anchedei valori in cui credevano e il caso dell'opera delDigesto.

    3.2 Valori fondamentali della romanit neimores maiorum

    Tutti gli aspetti della vita, compresi i vari ambiti del dirit-to pubblico e privato, sono stati immensamente inuen-zato dal costume che era formato nel corso dei secoli. Al-cuni dei componenti meritano una particolare attenzionea causa della loro importanza nel quadro della maggiormores maiorum. Queste componenti della tradizione era-no una classe di valori che distinguevano il vir bonus (ilbuon cittadino romano) dagli altri, e alcuni di questi co-minciarono ad assumere una tale importanza nella cultu-ra romana che vengono divinizzati e resi antropomor osotto forma di oggetti o animali, vediamoli uno a uno:

    3.2.1 Fides

    La parola latina des ha molti signicati; comunque, que-sti signicati sono tutti basati su principi simili: verit,fede, onest ed adabilit. Esso pu essere visto in usocon altre parole per creare termini come bonae dei ( inbuona fede) o dem habere ( per essere credibili, o piletteralmente avere ducia). Nel diritto romano, il con-cetto di des rivest un ruolo importante. Come in tuttele culture antiche, i contratti verbali erano molto comuninella vita quotidiana romana, e cos la buona fede per-metteva transazioni commerciali fatte con maggior du-cia. La des si riscontra anche nel rapporto tra patronus ecliens, tra coniugi, ecc. Se questa buona fede viene tradi-ta, la persona oesa potrebbe intentare una causa control'altra che non ha rispettato la buona fede.Come dea romana, Fides ha rappresentato un culto moltoantico. Il primo tempio in suo onore risalirebbe a NumaPompilio[23], nella citt di Roma. Era la dea della buonafede e presiedeva ai contratti verbali. stata descritta co-me una vecchia donna, ed stata ritenuta di et superiorea Giove. Il suo tempio datato intorno al 254 a.C. e si tro-va sul colle Capitolino di Roma, vicino al Tempio di Gio-ve. Livio va nei dettagli del culto di Fides nella sua storiadi Roma. I suoi rituali sono stati eettuati dalla aminesmaiores, che erano i sacerdoti pi importanti, dopo il Pon-tece, degli antenati. Questi sacerdoti hanno proposto ilsantuario di Fides in un carro trainato coperti da una cop-pia di cavalli nel luogo di celebrazione. Dal momento che

  • 3.2 Valori fondamentali della romanit nei mores maiorum 13

    stato considerato che la Fides abita nella mano destra diun uomo, ed stata rappresentata durante l'Impero Ro-mano su monete con un paio di mani coperte, a simbo-leggiare la credibilit delle legioni e dell'imperatore. Lacopertura delle mani riette il culto di Fides, in cui l'uomoesegue il sacricio di coprire le sue mani con le dita perpreservare la buona fede religiosa.

    3.2.2 Pietas

    Pietas non l'equivalente del moderno derivato piet".La pietas era l'atteggiamento romano del dovuto rispettoverso gli dei, la patria, i genitori e altri parenti. All'inizioriguardava la famiglia e la ducia e rispetto tra coniugipoi la concezione del rapporto si estese tra uomo e divi-nit: in realt non si deve solo parlare di rispetto ma anchedi legame sentimentale e aettivo, gli studiosi lo deni-scono amore doveroso. L'accezione del termine compren-deva anche un senso di dovere morale, non solo la meraosservanza dei riti (il cui termine corrispondente cul-tus). Di conseguenza la pietas esigeva il mantenimentodelle relazioni con quelli sopra elencati rispettosamentee moralmente parlando. Secondo Cicerone, pietas lagiustizia verso gli dei, e, come tale, richiede pi di unosservatore dei rituali per il sacricio e di corretta esecu-zione di questi, ma anche la devozione e rettitudine inte-riore della persona. La Pietas potrebbe essere visualizzatain molti modi. Per esempio, Giulio Cesare mostr pietasdurante la sua vita sia iniziando nel 52 a.C. e dedicandonel 48 a.C., dopo la battaglia di Farsalo, un tempio a Ve-nere Genetrice. Il tempio stato dedicato a Venere, comela madre di Enea e quindi l'antenato degli Iulii (gens diGiulio Cesare).Augusto, dopo la morte di Marco Antonio e Marco Emi-lio Lepido fuori del modo in cui [17] (questi due uomi-ni sono cotriumviri di Augusto nel secondo triumvirato),ha costruito un tempio di Cesare, al ne di onorare ilsuo padre adottivo.Cos alcuni romani, a causa del lororuolo di pii cittadini, hanno adottato il cognomen Pio.L'imperatore Antonino Pio ricevuta questa aggiunta alsuo nome a causa del suo ruolo nel convincere gli anzianidel Senato a divinizzare il suo padre adottivo in pubbli-co, l'imperatore Adriano, e per la pietas che ha mostratoverso il suo padre biologico.Tale stata l'importanza della pietas che, in base a Livio[18], ha ricevuto un tempio dedicato nel 181 a.C. Ana-logamente agli altri concetti astratti nella cultura romana,pietas apparso spesso in forma antropomorfa, e talvolta stato accompagnato da una cicogna (il simbolo dellapiet liale) [19]. Essa stata adottata da Augusto co-me pietas Augusta per visualizzare la sua pietas, come sipu vedere su monete del periodo [20]. Per Cicerone,nel De inventione[25], ci illustra una pi alta pietas ciodel rispetto del cittadino nei confronti dello Stato che nelDe re publica[26] la denisce la pietas maxima, successi-vamente con Virgilio, nell'Eneide[27], poi la pietas vienea identicarsi con l'humanitas e la misericordia e si tra-

    Enea che porta sulle spalle il padre Anchise e tiene per manoil glio Iulo diviene un'icona della pietas. Terracotta, Museoarcheologico di Napoli

    sforma da forma di rispetto per i consanguinei a provarepiet per la soerenza altrui.

    3.2.3 Maiestas

    La Maiestas sta ad indicare nella Roma antica la digni-t dello Stato come rappresentante del popolo. Proprioquesta rappresentanza da parte prima delle istituzioni re-pubblicane poi con la trasformazione del governo repub-blicano in uno imperiale ha fatto s che l'imperatore stes-so fosse investito di questa majestas e rappresentante delpopolo. Da qui viene a crearsi il principio del laesa ma-iestatis ovvero crimine verso lo Stato per quegli indivi-dui che deturpavano le opere pubbliche, o nei confrontidell'imperatore o del senato romano rappresentanti dellamajestas e che venivano puniti gravemente poich il cri-mine veniva visto come lesione all'intera comunit chel'imperatore e il senato o gli organi del governo roma-no rappresentavano. Maiestas per ha un altro signicatoquello inerente alla grandezza in riferimento al popolo,cio l'essere eri di essere un appartenente al popolo ro-mano come miglior popolo che superiore e migliore ri-spetto agli altri popoli conquistarsi, avere la coscienza diessere quasi un popolo eletto.

  • 14 3 I MORES COME VALORI DELLA ROMANIT

    3.2.4 Virtus

    Il termine Virtus deriva dal termine latino vir (uo-mo) e indica l'ideale del vero maschio romano. Molte-plici sono gli aspetti della virtus. Il poeta Gaio Lucilioaerma che la virtus per un uomo sapere ci che be-ne, male, inutile e vergognoso o disonorevole. In originedesignava il valore in battaglia dell'eroe e del guerriero.La virtus tale solo se non viene utilizzata per scopi per-sonali, bens per linteresse della comunit romana. Dal Isecolo a.C. per la virtus non sar pi vista come al ser-vizio dello Stato, ma si distaccher da questo ideale perottenere un obiettivo pi pratico: distinguersi dagli altri.La virtus originariamente si trasmetteva da padre in -glio. Successivamente, dal I secolo a.C. la concezione divirtus cambia: essa non ereditaria, ma bisogna ottenerlacon impegno, superando le gesta degli antenati.

    3.2.5 Gravitas

    Gravitas, non deve essere confusa con la parola moder-na gravit, ha rappresentato il valore della dignit, auto-controllo [27]. Di fronte alle avversit, un buon romanodeve avere una facciata di imperturbabilit. Mito e sto-ria romana raorzati da questo valore raccontano storiedi gure come Gaio Mucio Scevola [28]. Alla fondazio-ne della Repubblica, il re etrusco Lars Porsenna, che haassediato la citt di Roma, e con la citt in crisi, Scaevo-la ha tentato di assassinare Porsenna. Tuttavia, Scaevolanon stato catturato. Quando il re ha minacciato Scaevo-la di tortura, se non rispondere alle sue domande su Ro-ma, Scaevola posto la sua mano destra in un incendio eche vi terr con grande gravitas (auto-controllo), raccon-tano che il re visto il valore di Scevola rinunci a Roma.La gravitas che Scaevola come vista sopra non solo glivalse il nome Scevola (mancino), ma anche contribui aconvincere Porsenna a non attaccare i Romani, strabiliatodalla loro fermezza. Dunque la gravitas implica un atteg-giamento serio calibrato come richiedono le circostanzesenza nessun eccesso. Questo vale per il periodo arcaicoe in parte repubblicano. Invece per l'et imperiale la gra-vitas appare molto meno negli scritti e dove se ne parla ilconcetto cambiato dal periodo precedente dove adessoviene a congurarsi come gioconda gentile e dolce ovve-ro la capacit di adattamente del cortigiano o del cliensche ha degli atteggiamenti e fa qualsiasi cosa per ottenereil favore del patrono o del principe.

    3.2.6 Altri valori della romanit

    Oltre ai valori fondamentali dei mores, gli imperatori conle loro decisioni stabilivano quali fossero i valori da ri-spettare per rendere la comunit migliore. Dall'altra par-te gli autori latini (retori, storici, eruditi, giuristi, ecc.)sostenevano i loro valori e buoni costumi, basandosi sul-la tradizione e i periodi precedenti senza trascurare nuo-va realt della civitas dove vivevano. Ovvero facevano un

    identikit del bonus civis e individuavano numerosi valoria cui prestar fede, i quali erano strettamente correlati gliuni con gli altri:

    Amicitia

    L'Amicitia nell'idealistica romana non intende semplice-mente il nostro concetto di amicizia ma in senso pi am-pio il legame di alleanza che ci pu essere tra due nazionio il rapporto tra patronus e cliens. L'amicitia vista comevalore volto a perseguire comuni interessi. Il termine ami-citia per si avvicina anche al nostro termine amicizia so-prattutto nel II secolo d.C. collegato a amicus e amor. Lostesso cliente del patronus veniva denito amico anche sec'era una dierenza di trattamento tra clienti pi intimi equelli considerati diciamo meno amici infatti c'erano va-rie categorie di amicizia in questo caso, in realt chiamareamicus il cliens era semplicemente un fenomeno di cor-tesia poteva benissimo chiedere o far imporre di esseresalutato con tutti gli onori del caso.

    Ambitiosa morte

    Sarebbe il valore del suicidio poich i romani lo conside-ravano una forma di morte nobile piuttosto che una vitavissuta senza dignit. un gesto considerato molto rile-vante sia politicamente che pubblicamente che trova mol-ta approvazione nella cultura romana. Nel periodo im-periale poi questo atteggiamento diventa molto rilevan-te e quasi di moda per protesta contro i tiranni imperialil'archetipo del suicida Catone Uticense in protesta allostrapotere di Cesare, oppure il suicidio di Petronio chemuore discutendo con gli amici quasi si fosse addormen-tato oppure ancora il suicidio di Seneca, ma ce ne sonomolti altri.

    Abstinentia

    Disinteresse, onest, integrit morale. Designa latteggia-mento disinteressato, specialmente dellamministratorenei confronti della cosa pubblica.

    Aequitas

    il sentimento che ispira l'eguaglianza e lagiustiziasoprattutto in ambito giuridico esempi ne fa Ulpianodescrivendo la vera giustizia.

    Auctoritas

    L'Auctoritas il valore del prestigio e della ducia che unuomo in possesso di questo valore d, all'inizio collega-to alla religione signicava far accrescere, aiutare altri.in un secondo periodo quando diventato un valore tipi-camente laico individua l'adabilit, l'ascendente cio lasua capacit di inuenzare gli altri (soprattutto in ambito

  • 3.2 Valori fondamentali della romanit nei mores maiorum 15

    oratorio). Questo secondo stato consiste in un equilibriotra potere politico e prestigio sociale, la credibilit la re-sponsabilit personale. Cicerone, invece la considera uninsieme di Dignitas e Virtus. L'Auctoritas in questo caso una forma altissima di potere che non si ricollega neces-sariamente al potere politico ma esercit la costrizione oil comando tramite la forza di persuasione grazie al pro-prio carisma. L'Auctoritas implica una serie di diritti edoveri da chi ne insignito per esempio l'attribuire cari-che pubbliche o tenere fede ai propri impegni presi. Lagura che storicamente se ne avvicina Ottaviano Au-gusto dove l'imperatore non esercit la sua autorit tantoper i poteri che ha ma saper dar un ordine senza imporloconvincendo i propri sottoposti e avendo rispetto per leistituzioni pubbliche.

    Benignitas

    Bont benevolenza correlato sia con l'Humanitas sia conla Clementia

    Clementia

    Submissio o Clementia (sottomissione di un capo barbaro):L'imperatore Costantino I-Marco Aurelio, con alle spalle Pom-peiano, su un alto podio davanti ai soldati e agli aquiliferi consigna, e con un gesto di clemenza assolve un principe barbaro cheprotegge il glio giovinetto con un braccio sulla spalla (Arco diCostantino).

    La Clementia il valore che cerca di moderare l'animonei confronti della scontta senza esercitare vendetta op-pure nella dolcezza del superiore che guarda le pene

    dell'inferiore e ha piet. correlata alla benevolentia o al-laMagnitudo animi. il comportamento di un uomo chedetiene il potere in una determinata situazione ma non sifa dominare dall'ira e dalla crudelt ma dalla benevolen-za vincendo gli impulsi negativi: rapporto per esempio delbuon paterfamilias nei confronti dei gli alieni iuris o delbuon romano verso i vinti. Bisogna fare una precisazio-ne per poich secondo Cicerone bisogna essere clementicontro chi si arrende e si sottomette ma spietati con chiinvece si ribella: gli hostes. Questa una caratteristica chesi denota da parte dei Romani nei confronti delle popo-lazioni vinte soprattutto quando l'impero si estender inmaggior misura concedendo anche agli stranieri posizionidi rilievo nella politica romana.

    Concordia

    Concordia, accordo, armonia all'inizio era consideratoall'infuori della sfera politica ma poi con l'inusso gre-co viene ad assumere importanza sia per la sfera politicache losoca.

    Consilium

    Saggezza, ponderazione, capacit di deliberare. La paro-la, ricca di implicazioni, appare come uno dei valori del-la pi antica latinit, e indica la riessione condotta concalma e in piena indipendenza di giudizio.

    Constantia

    Fermezza, costanza, tenacia, forza danimo, coerenza. Laparola in s designa la salda perseveranza, la stabilit diun comportamento e di una virt etico-politica tipica-mente romana. Questo valore accoppiati con gravitas hasvolto un grande ruolo nella storia e nel successo del po-polo romano. Constantia permetteva di tenere i Roma-ni concentrati e attivi nei momenti di grande turbolenzae devastante scontta, come ad esempio la campagna diAnnibale Barca [29], in poche parole il valore del nonarrenderi mai.

    Cultus

    l'osservanza obbligata e la corretta esecuzione delle ri-tuali alla divinit. Le pratiche religiose romane sono stateorientate verso la corretta esecuzione di riti non l'etica ela morale della persona. Gli dei sono lieti se i riti vengonofatti con attenzione dai romani e perci questi sperano diottenere un favorire con l'esecuzione di sacrici e di altreformule rituali quando fatte in maniera corretta [23].

    Decorum

    Decoro, decenza ci che si addice a una determinatapersona su certi aspetti simile alla Nobilitas.

  • 16 3 I MORES COME VALORI DELLA ROMANIT

    Dignitas

    La dignitas il valore della dignit e prestigio della situa-zione di cittadino romano e alla considerazione di ci daparte degli altri. Questo per riguarda la parte esterna delprestigio ci il rispetto degli altri in senso esterno e noninterno come l'auctoritas.Dignitas uno dei risultati nalivolti a visualizzare i valori dell'ideale romano e il servi-zio dello Stato nelle forme di primato, posizione militaree magistrature. Dignitas stato il valore della reputazio-ne, onore e di stima. Cos, un romano che mostrasse loroGravitas, Constantia, Fides, Pietas e altri valori, sareb-be diventato un romano in possesso di dignitas tra i lorocoetanei. Allo stesso modo, attraverso questo percorso,un romano potrebbe guadagnare auctoritas (il prestigioe il rispetto).

    Disciplina

    Disciplina, educazione, formazione civile e militare delcittadino. Disciplina per il romano fondamento in-dispensabile dello Stato, che si mostra con rigidezzamilitare in tutti i campi della vita.

    Exemplum

    Esempio, modello. il valore costituito da unazione glo-riosa compiuta da un antenato, che si ha il dovere diimitare e moltiplicare.

    Gingillatio

    Valore aermatosi nella tarda latinit, il termine designaunamoderata ricerca del piacere senza lasciarsi andare al-la sfrenatezza, ma rispettando se stessi e lideale di enkr-teia (moderazione). Alcuni studiosi esperti in materia so-stengono che tale valore fu inserito allinterno delmosma-iorum grazie allaermazione sempre pi crescente delcristianesimo.

    Gloria

    La Gloria la fama che si ottiene dopo aver fatto azionivalorose, perci strettamente collegata alla virtus, per nonessere inferiore agli antenati. Elemento ce caratterizza lasociet aristocratica all'inizio ma poi anche il civis novum.Si pu anche esprimere come riconoscimento e lode daparte della comunit. Anche la Gloria in un primo mo-mento viene ritenuta trasmittibile di padre in glio e solosuccessivamente ritenuta da conquistarsi con le propriegesta.

    Honor

    Onore cio la posizione onorica dopo un dato gestolegato alla virtus e alla gloria.

    Riesumatio

    Onore riservato alle salme dei defunti ormai sepolte checonsisteva nell'orir loro cibi e bevande come se fosse-ro vive per favorire la decomposizione ed allietare la vitanell'Ade.

    Humanitas

    Era il valore che ci contraddistingue dagli animali e dallebelve feroci e agli esseri primitivi ovvero il valore dellacomprensione e della benevolenza della cultura del buongusto e dell'eleganza. Humanitas relativo non al ruolo dicittadino o militare ma che riguarda la persona in se stes-sa. l'Humanitas a un certo punto si fa per sempre pielitaria ovvero riguardante i ceti aristocratici che con laloro educazione superiore tentano di anarla e : dispo-nibilit, indulgenza, mitezza, dolcezza, moderazione. Nelperiodo imperiale questo valore verr meno anche poichritenuto un atteggiamento della aristocrazia di educazionesuperiore. Viene cos a identicarsi nel periodo imperia-le una nuova Humanitas popolare che indica adabilit,gentilezza e buon carattere senza implicare l'educazionesuperiore.

    Industria

    Attivit, operosit. Il termine designa il valore che spin-ge luomo politico alla zelante collaborazione nellambitodello Stato.

    Libertas

    Libert. atteggiamento libero fuori dagli artici che fron-teggia con fermezza qualsiasi situazione esterna. Tipicodell'aristocrazia

    Magnitudo animi

    Grandezza d'animo, magnanimit designal'atteggiamento distaccato e grandioso con cui ilcittadino (soprattutto il nobile) che invece di compor-tandosi pavoneggiandosi e disinteressato e tranquillo neirapporti con gli altri.

    Nobilitas

    Rappresenta in senso astratto laspirazione ad essere degnidelle virt degli antenati.

    Otium

    Se per il modello di cittadino arcaico l'Otium signicaassenza di occupazione da parte sua ovvero da parte delcittadino-soldato che o coltivava o guerreggiava, in et re-pubblicana viene a identicarsi a grandi linee da Cicerone

  • 17

    con la mancanza di attivit. Con l'inuenza greca per chevede invece l'otium come riposo dalle attivit quotidianenei confronti dello Stato volto a studio intellettuale, daquesto nasce in un secondo momento lo sforzo di Cicero-ne di vedere l'otium come attivit positiva (poich i roma-ni ricordiamo hanno una tradizione di popolo industrio-so) con delle dierenze da quello greco. Infatti nel casoromano viene visto come tranquillit dell'esistenza priva-ta dedicata ad attivit intellettuali tipo letteratura e lo-soa. Cicerone vede l'otium come attivit anche politicavolta a migliorare la citt. Nella tarda repubblica si indivi-duano due otium: otium luxuriosum dedito a occupazionidi nessuna utilit o vergognose e otium tranquillum serenoe imperturbato del saggio che lavora intellettualmente.

    Pax

    Esistevano all'epoca romana due valori inerenti alla Pax:la Pax animi ovvero la serenit e tranquillit del singo-lo individuo e la Pax dello Stato. Questo secondo valoreinerente allo Stato pi complesso, infatti viene messo inrilevanza solo a partire dall'et augustea poich si denotache con la pax avviene anche il benessere e il buon svi-luppo dello Stato che con le guerre non c'era stato. Da quiviene a congurarsi come valore poich dalla pax derival'impero e la situazione di sicurezza del singolo cittadi-no che non si vede pi minacciato da guerre e pu vivereserenamente. Gi Cesare aveva dedicato templi alla deaPace nel 49 a.C. poich si era reso conto dell'importanzaper un popolo essere in pace, questa via fu poi prose-guita da Augusto che ne introdusse il culto a Roma conl'Ara Pacis un altare dedicato alla dea Pace alla ne del-le campagne militari in Spagna e lo stesso imperatoreVespasiano far costruire il Tempio della Pace. In realtanche precedentemente nell'et regia assumeva una cer-ta rilevanza, lo stesso Numa Pompilio voleva che il tem-pio di Giano fosse aperto in periodo di guerra e chiuso inquello di pace. Molti poeti insistono sulla pace come por-tatrice di fertilit e benessere e portatrice di valori semprepositivi.

    Pudor

    Pudore, moralit delinea la riservatezza del cittadino ro-mano che preferisce parlare di certe cose in privato piut-tosto che in pubblico oltre a designare la castit e ladignit, in correlazione anche con la modestia.

    Religio

    Non era religione nel senso moderno della parola. Reli-gio legato al verbo latino religare (legare). Nella men-te religio romana ha rappresentato un legame tra la divi-nit e i mortali. Questo legame pi il rispetto e l'obbligodi soggezione (di superstizione), ed collegata alla prati-che religiose e le usanze dei Romani. i Romani sia gliuomini che le donne dovrebbero essere consapevoli di

    questi legami e per onorare la divinit attraverso le osser-vanze religiose, nel tentativo di mantenere una pax deo-rum (la pace degli di). In conformit con il sostantivo,l'aggettivo religiosus un'esaltazione della pratica religio-sa, no al punto di superstizione. Secondo i Romani lareligio considerata come una parte necessaria della vi-ta, in modo da mantenere l'ordine e la normalit nella co-munit o in misura maggiore, nel mondo. La motivazionealla base di queste osservanze non moralmente fonda-ta sui valori moderni giudaico-cristiani, ma invece sonobasati su appagamento degli dei e l'aspettativa di premi.Per garantire una vittoria si fa la promessa di un tempioa una divinit, o nella speranza di alleviare le dicolt,i membri della comunit di fanno sacrici. Livio implicaquesta necessit nella sua descrizione della cattura delladea Giunone (sotto forma di statua) da Veio. Livio rilevache si contro la religio degli Etruschi se si tocca la sta-tua a meno che non si sia un membro del sacerdozio o losi diventi per eredit. I soldati romani a loro volta, sonopuliti, se non onorano la dea e chiedono quando vengonoa Roma. Questo non legato alla pietas e la sua mora-lit intrinseca, ma invece stato correlato al concetto dicultus.

    Simplicitas

    il concetto di vivere secondo le origini in maniera sem-plice tipico dell'et arcaica, nell'et repubblicana assume-r un notevole valore poich questo stesso valore verrvisto anche come espone cos a grossi rischi poich po-ne il soggetto a non stare attento ai pericoli soprattuttonell'et imperiale piena di giochi di potere e di personag-gi ipocriti come aerma Seneca. Cos nell'et imperialeil valore della simplicitas assume un nuovo valore di at-teggiamento spontaneo, rilassato esercitandola per conmisura cio adattandosi alla nuova epoca dove la simpli-citas non basta pi se non si vuole incorrere nel biasimoe nel disprezzo. Lo stesso Marziale parla di prudens sim-plicitas poich non pi adatto ai tempi imperiali pienidi doppi giochi.

    Urbanitas e rusticitas

    Urbanitas indica il buon gusto e lo spirito naturali pri-vi di eccessi dell'uomo elegante una sorta di bon ton ro-mano. Successivamente va in contrapposizione ai valoriromani per inuenza greca poich viene invece a deli-neare la ranatezza in cerca di lusso e a chi voleva ap-parire per forza alla moda in contrapposizione alla Rusti-citas e all'Industria, ovvero chi si accontentava della vitasemplice rustica della campagna dedita al lavoro.

    4 Note[1] Mos Maiorum, Brill Online.[2] (LA) Festo 157, traduzione in Istituzioni di diritto romano,

    p. 29.

  • 18 5 BIBLIOGRAFIA

    [3] Sesto Pomponio, De origine iuris fragmentum I, 1; Gaio,Istituzioni di Gaio, I, 1.

    [4] Roma arcaica e le ultime scoperte archeologiche. Aspettidi vita quotidiana nella Roma arcaica: dalle origini all'etamonarchica.

    [5] Mario Amelotti, Lineamenti di storia del diritto romano,p. 45.

    [6] Sesto Pomponio, De origine iuris fragmentum I, 5.

    [7] Dionigi d'Alicarnasso, Antichit Romane, II, 24, 1.

    [8] Vedi Leges regiae e paricidas, pagg. 18-19.

    [9] Livio, Ab Urbe condita libri I, 31, 8. L. Pisone ap. Plinio28, 4, 14,;Gennaro Franciosi, pp. XVII-XVIII;Livio, AbUrbe condita libri I, 60, 4.

    [10] Vedi Istituzioni di diritto romano, pag. 33.

    [11] Enchiridion, paragrafo 1, riga 3.

    [12] Enchiridion, paragrafo 2, riga 10.

    [13] Istituzioni di diritto romano pgg 32-33

    [14] Suetonius, De Claris Rhetoribus, i.

    [15] Penates, O.C.D., pag. 1135.

    [16] Passo tradotto dal Bellum Poenicus di Nevio.

    [17] Passo tradotto dal Annales di Ennio.

    [18] Storia e testi della letteratura latina vol. 1 pag 205

    [19] Frase tradotta dal Praecepta ad lium di Catone

    [20] Frase trdotta dal Praecepta ad lium di Catone

    [21] Frase tradotta dal Noctes Atticae di Gellio 11,5.

    [22] RIC IV, 69-70.

    [23] Livio, Ab Urbe Condita, I, 21, 4.

    [24] RIC II 1083a (Adriano); Banti 270.

    [25] Marco Tullio Cicerone, De inventione, 2, 66

    [26] Marco Tullio Cicerone, De re publica, 6, 16

    [27] Virgilio, Eneide, 9, 493

    [28] RIC VI 66b.

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    particolarit mos maiorum

  • 20 7 FONTI PER TESTO E IMMAGINI; AUTORI; LICENZE

    7 Fonti per testo e immagini; autori; licenze7.1 Testo

    Mos maiorum Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Mos_maiorum?oldid=74837330 Contributori: Marcok, Carlomorino, DanGarb, Sen-truper, Ariel, Luisa, Ab1, *Raphael*, Massimiliano Lincetto, FlaBot, CruccoBot, Fra dimo, Tizianok, Tursiops, Eumolpo, Superchilum,Puxanto, Hybridslinky, AttoRenato, Osk, .anaconda, .snoopybot., Vituzzu, TekBot, Fabio.gastone, Pigr8, Pesciolo, Avemundi, O-nami,CommonsDelinker, Lserni, Mattia Luigi Nappi, Castagna, Gvnn, Cotton, Orric, Radio89, BotMultichill, SieBot, Phantomas, Pracchia-78, Cristiano64, Bettacam, Airon90, YaFKBOT, AnjaManix, Ramatteo, Bottuzzu, No2, Stefanobalocco, DumZiBoT, Antenor81, Fire90,Guidomac, MystBot, SuperSecret, FrescoBot, Er Cicero, AttoBot, RayTheSkypirate, Indoril, Flippo, GnuBotmarcoo, Taueres, Mpiva, So-lex, Tommaso Ferrara, WikitanvirBot, Kasirbot, Massimiliano Panu, Giacomo Antonio Lombardi, Atarubot, Botcrux, SamoaBot, Addbot,Ripeus, Euparkeria, Canalfeders, Bologai, Morgengaard e Anonimo: 67

    7.2 Immagini File:Alma_Tadema_Coriolanus_House.png Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b5/Alma_Tadema_

    Coriolanus_House.png Licenza: Public domain Contributori: [1] Artista originale: Lawrence Alma-Tadema (1836-1912) File:Antoninus_Pius_Coin_pieta.jpg Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/47/Antoninus_Pius_Coin_pieta.jpg

    Licenza: CC-BY-SA-3.0 Contributori: CNG coins Artista originale: CNG File:Arco_di_costanti