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pagine ebraiche n. 8 | agosto 2013
DOSSIER /Sport a cura di Adam Smulevich
Arpad Weisz
Amar’eStoudemire
Yuri Foreman
Paulo Sousa
Un dossier per raccontare la riscoperta di Arpad Weisz, allenatore a lungo dimenticato dalla memoria e dalla storiografia calcistica, che rivive con iniziativelegate al suo tragico epilogo ad Auschwitz, ma soprattutto nelle dense pagine del manuale “Il giuoco del calcio”, scritto a quattro mani insieme a Aldo Molinari,che potrebbero presto tornare a popolare le case degli italiani con una speciale ristampa della Gazzetta dello Sport. Un testo leggendario, il commoventelascito alle nuove generazioni di un allenatore che avrebbe fortemente segnato la sua epoca scoprendo, tra gli altri, un giovanissimo Peppino Meazza evincendo, sulla panchina di Inter e Bologna, ben tre scudetti. Oltre alla vicenda umana e professionale di Weisz, raccontata anche attraverso le parole diMatteo Marani, il giornalista che per primo si occupò di salvarlo dall'oblio, una serie di riflessioni che toccano da vicino i temi dell'identità ebraica, dello sport,di Israele come nuovo laboratorio di sperimentazione tattica e tecnica.
MEMORIA
L’omaggiodel Novara
BASKET
La sceltadel cuore
PUGILATO
Guantonie yeshivot
CALCIO
Tiki-Takain Israele
PROGETTIScaffali di biblioteche più o menoremote, un pubblico di pochieletti. Sono pochi coloro che han-no avuto la fortuna di avere inmano il raro manuale “Il giuocodel calcio”, il più formidabilescritto sul mondo del calcio pro-dotto negli anni in bianco e nero.Autore l'allenatore vincente diquell'epoca, l'ebreo unghereseArpad Weisz, travolto nel vorticenero della persecuzione e delladeportazione quando ancora fre-sca era l'eco dei suoi successi conInter e Bologna. Un testo scrittoa quattro mani con l'allora diri-gente dell'Ambrosiana, Aldo Mo-linari, che potrebbe presto tor-nare al grande pubblico grazie al-l'iniziativa della Gazzetta delloSport che, proprio in queste set-timane, sta valutando la possibi-lità di ristamparlo e diffonderloattraverso i canali distributivi piùappropriati. Un annuncio in an-teprima per i nostri lettori che,in queste pagine, vedono affron-tato l'intero percorso di Weisznelle sue sfumature più dramma-tiche ma anche nel ruolo di asso-luto protagonista che seppe re-citare in quella stagione tattica
che segnò il passaggio a un calciosempre più scientifico e sistema-tizzato. Il nuovo interesse mani-festato dalla Rosea si lega ad altrimomenti di grande significatoche avranno luogo nelle prossimesettimane. A partire dal primogrande torneo organizzato in Me-moria di Weisz su impulso dell'as-sociazione W il calcio. L'appunta-mento è per il 26 settembre a Mi-lano. Quattro le squadre coinvol-te: naturalmente Inter e Bologna,e con loro Milan e Brera. E anco-ra, a Novara, lo svelamento diuna targa all'interno dello stadioSilvio Piola in autunno. Un flussodi riscoperta significativo, origi-nato dalla ricerca svolta dal gior-nalista sportivo Matteo Marani edal suo scritto “Dallo scudetto adAuschwitz” pubblicato nel 2007da Aliberti. Ispirato alle pagine diMarani, da cui Federico Buffa haattinto per un recente ed emo-zionante speciale su Sky Sport, èanche il lavoro del disegnatoreMatteo Matteucci che, a Weisz,ha dedicato un graphic novel inattesa di pubblicazione di cui tro-vate traccia in questa e in altrepagine.
La lezione di Arpad
MAT
TEO
MAT
TEU
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Qualcuno lo ha definito il “JosèMourinho degli anni ‘30”, per lasua capacità di innovare, di creareun rapporto con i suoi calciatori,di essere davvero uno di loro. Cer-to, al di là dei decenni e dell’abissoche separano il mondo del calciodell’epoca da quello in cui oggi simuove l’uomo di Setubal, ArpadWeisz un allenatore speciale lo èstato davvero. Se la sua storia per-sonale si è conclusa con la più ter-ribile delle tragedie, sono la sua vitae la sua opera a farne una figura
unica, che precorse itempi nel formularenuovi principi per il suo“giuoco del calcio” cheandrebbero tuttora tenu-ti ben presenti da tutti isuoi protagonisti: tecnici,
calciatori, spettatori. Alcune biblio-teche in giro per l’Italia ancora con-tengono una copia di quel libricino,copertina sbiadita e carta ingiallita,in cui Weisz mise quelle idee nerosu bianco: “Il giuoco del calcio”scritto nel 1930 a quattro mani conAldo Molinari che guidava insiemea lui l’A. S. Ambrosiana, “la più tec-nica delle squadre italiane di calcio”come scrisse l’editore Alberto Cor-ticelli.Un’opportunità per far conoscerel’opera al grande pubblico dovrebbeprendere corpo nelle prossime set-timane grazie all’impegno dell’as-sociazione W il Calcio e del piùamato dei quotidiani sportivi ita-liani, la Gazzetta dello Sport, chesi propongono di ristampare il ma-nuale, che racchiude in sé tutto ilvalore e la modernità del Weisz uo-mo e allenatore. Quasi commuovesfogliare l’indice e le pagine, ricchedi schemi, di suggerimenti, di pa-role sagge (“Si vedono molti giuo-catori che natura ha favorito di tuttii doni necessari per brillare nelmondo calcistico rovinarsi per lesregolatezze della vita privata. L'al-cool, il tabacco e Venere sono i piùgrandi nemici dei giovani in gene-
rale e degli atleti in particolare”, eancora "Data l'importanza che lavita privata esercita sul rendimento
di un giocatore, l'attività di un trai-ner non deve arrestarsi alle istru-zioni tecniche. Ha capitale impor-
tanza l'influenza morale ch'egli puòesercitare sugli allievi posti sotto lasua guida (…) I componenti di una
squadra di calcio devono formareuna famiglia nella quale tutti coo-perano". E da non perdere sono lefotografie che illustrano il gioco,comprese quelle del giovanissimoGiuseppe Meazza, che proprio dalmister ungherese fu scoperto.L’occasione per far tornare in vitaquesto pezzo di storia sportiva ita-liana, come testimonia la prefazioneal volume firmata da Vittorio Pozzo(colui che guiderà la nazionale az-zurra alla vittoria di due coppe delmondo negli anni successivi), saràla prima edizione del Trofeo Weisz,che si svolgerà all’Arena di Milanoil prossimo 26 settembre. A darsibattaglia sul campo saranno le for-mazioni giovanili di Inter, Bologna,
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DOSSIER /Sport
Weisz e il suo gioco di nuovo fra i protagonistiL’appuntamento con il primo torneo dedicato all’allenatore ungherese è per il 26 settembre
Una grande festa dello sport, dedicata ad Arpad Weisz
per un calcio che promuova valori attraverso la passione
di chi lo ama e nel nome di chi tanto lo ha amato. Così il
prossimo 26 settembre all’Arena di Milano, quattro squa-
dre si affronteranno nel primo Trofeo Weisz: saranno le
rappresentative Allievi di Inter e Bologna, le compagini
che l’allenatore ebreo ungherese portò sul tetto d’Italia
negli anni ’30, e poi le altre due squadre milanesi, il Milan
e il Brera. L’iniziativa, nata su impulso dell’Associazione
W il calcio e promossa dai Comuni di Milano e Bologna e
dalle società, arriva dopo tanti momenti importanti per
ricordare l’allenatore protagonista del mondo del pallone
fra le due guerre. A Weisz l’Inter aveva scelto di dedicare
il volantino distribuito allo stadio in occasione di ogni
“Bellezza, magia, universalità”.
Questo è il motto di W
il Calcio. Un anno
di vita e già tan-
tissime iniziati-
ve all’attivo,
senza contare i
progetti in cantiere. È questo il
positivo bilancio dell’associazio-
ne bolognese a poco più di 12
mesi dalla sua fondazione. “Il
nostro impegno nasce da un
gruppo di amici da anni attivi
nel sociale, in particolare nel-
l’ambito della cooperativa Ac-
caparlante che si occupa di di-
sabilità e di Bandiera Gialla,
che lavora soprattutto sul
versante della cultura. A
unirci in questa nuova av-
ventura è stata la passione per
il mondo del pallone; a spronar-
ci, l’indignazione per tutto ciò
che oggi lo inquina, rischiando
di rovinarlo per sempre. Voleva-
mo fare qualcosa perché non ru-
bassero il calcio a chi lo ama
davvero”. Fausto Viviani, che di
W il Calcio è il portavoce, riper-
corre le tappe di questo primo
periodo di attività. Incontri per
presentare libri, come “La squa-
dra spezzata. L'Aranycsapat di
Puskás e la rivoluzione unghe-
rese del 1956” (Luigi Bolognini,
edizioni Limina, 2007) e “C'è un
grande prato verde - 40 scrittori
raccontano il campionato di cal-
cio 2011-2012” (a cura di Carlo
D’Amicis, Manni, 2012), la parte-
cipazione ai Mondiali Antirazzi-
sti 2013 a Castelfranco Emilia
(provincia di Modena) che han-
no impegnato oltre 160 squadre
di calcio provenienti da tutto il
mondo, la realizzazione di “Una
notte allo stadio”, che ha por-
tato al Renato Dall’Ara una serie
di scrittori, musicisti, e perso-
nalità a raccontare il proprio
VIVA IL CALCIO
Al lavoro su un’altra sfida
“Attenti ad alcool, tabacco. E Venere”La maggior cura nell'allenamento fisico del-l'atleta non riuscirà mai a far raggiungere la mi-glior condizione e a portare al più altorendimento un giuocatore se questi, fuori dal ret-tangolo di giuoco, non saprà imporsi un regimedi vita consono alle necessità di un calciatore.Potrà avere giornalte luminose, nelle quali le dotinaturali di talento calcistico troveranno rispon-
denza nei mezzi fisici, ma saranno sprazzi, poi-ché le intemperanze nel tenore di vita ripiombe-ranno l'atleta in periodi di grigiore e diinsufficienza di forma. Si vedono molti giuocatoriche natura ha favorito di tutti i doni necessariper brillare nel mondo calcistico rovinarsi per lesgregolatezze della vita privata. L'alcool, il ta-bacco e Venere sono i più grandi nemici dei gio-
vani in generale e degliatleti in particolare.Quando un calciatore èpreda dell'alcool, fumasmoderatamente, o è pri-gioniero delle passioni, lo-gora irremissibilmente ilproprio fisico e rovina il
Memoria in campo. Grande festa di sport
Milan e Brera. Una manifestazionenata su impulso di W il calcio epromossa dai Comuni di Milano eBologna e dalle stesse società par-tecipanti che rappresenterà unagrande festa dello sport, anche gra-zie a una serie di iniziative corre-late: una partita amichevole fra lasquadra di W il calcio e quella dellaCamera del Lavoro di Bologna,l’esposizione delle tavole dedicatea Weisz realizzate dal disegnatore
Matteo Matteucci, l’utilizzo dellemagliette con la dicitura “No al raz-zismo” con cui sfilarono Inter e Bo-logna in occasione dello scontro diCoppa Italia della stagione 2012-2013.In un momento in cui la bellezzadello sport più amato dagli italianiviene sempre più spesso inquinatada fenomeni di intolleranza suglispalti, scandali legati alle scommes-se e, in fondo, talvolta anche dal
business mediatico-economico cheintorno al rettangolo verde si è svi-luppato, una figura come quella deltecnico di nerazzurri e rossoblu hadavvero molto da trasmettere. Ecosì, come spiega, il portavoce diW il calcio Fausto Viviani, il TrofeoWeisz, che verrà ospitato a turnoda Milano e da Bologna, rappre-senta il primo passo verso un altroprogetto in cantiere: l’istituzione diun premio dedicato a riconoscereprogetti che si sono distinti per unadimensione di sport impegnato nelsociale. “Vorremmo essere prontiper il 2014 - ci spiega - quando ri-correrà anche il settantesimo anni-versario della morte di Weisz”.Dopo l’uscita del volume “Dalloscudetto ad Auschwitz” del diret-tore del Guerin Sportivo, il bolo-gnese Matteo Marani, che nel 2007ha riportato alla luce le vicende di-menticate della vita di Weisz, gliinsegnamenti del Jose Mourinhodegli anni Trenta vengono rilanciaticon sempre maggiore attualità.“Dalla lettura dovrebbero uscirnepiù coscienti giuocatori e migliorispettatori” scrive Pozzo a propositode “Il giuoco del calcio”. Una af-fermazione che vale ancora oggi,non soltanto per il libro, ma ancheper la stessa storia di Arpad, e so-prattutto per la sua visione del cal-cio che ha ancora molto da inse-gnare. "Autorità e considerazionederivano al trainer non dall'impiegodi mezzi coercitivi ma bensì dallastima e dal rispetto che saprà ot-tenere dai suoi allievi – scrivevaWeisz - Guai a colui che non sapràesercitare influenze morali benevolenegli uomini che deve istruire”.
Rossella Tercatin
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partita casalinga, durante l’incontro Inter-Bo-
logna del 17 febbraio 2012.
“Il 27 gennaio 1945 - si legge - vengono aperti
i cancelli del campo di concentramento di Au-
schwitz. Un anno prima, il 31 gennaio 1944, Ar-
pad Weisz, si arrende alla finale di orrore che la vita gli
ha riservato. Ad Auschwitz muore, è l’ombra di
quello che è stato, i suoi due bambini, Clara e
Roberto, e sua moglie Elena sono già stati uccisi
dalla follia nazista. Lui è l’allenatore con cui
l’Inter, allora Ambrosiana, ha vinto il primo
campionato a girone unico della storia, nel 1929-30, e con
il Bologna ha poi conquistato due scudetti, nel 1935-36 e
nel 1936-37, e il trofeo dell’Expo a Parigi. La vita di Arpad
Weisz è la storia di un ungherese brillante, nato a Solt, il
16 aprile 1896, ebreo, buon calciatore e ottimo allenatore,
un precursore nell’attenzione scientifica che mette nella
sua professione”.
Tutta la sua storia nei disegni di MatteoQuindici tavole per raccontare il MisterLeggere un libro, scoprire una
storia rimasta in ombra, e sen-
tirsi prudere le mani dalla voglia
di raccontarla a modo proprio.
Ossia attraverso le illustrazioni.
È ciò che è successo a Matteo
Matteucci, docente di discipline
pittoriche al Liceo artistico sta-
tale Fellini di Riccione, scoprendo
il libro di Matteo Marani “Dallo
scudetto ad Auschwitz”
(Aliberti, 2007). “La let-
tura del volume, nel
2010, mi colpì tantissi-
mo – ricorda – Pensai
che era incredibile che
una storia del genere
fosse stata dimenticata
così a lungo”. Appassio-
nato di narrativa a tema
calcistico, diffusa soprat-
tutto, non si stupirà nes-
suno, in Sud America, il
professor Matteucci, stu-
di all’Accademia di Belle Arti di
Bologna, ha così deciso di seguire
il suo istinto e di mettere la ma-
tita al servizio della storia di
Weisz. Il risultato sono una quin-
dicina di tavole che cercano di
trasmetterne la figura e la per-
sonalità, e che saranno in mostra
il 26 settembre a Milano in occa-
sione del Trofeo Weisz, e prima
ancora il 24 in Sala Borsa a Bolo-
gna. Dalle illustrazioni e dalle pa-
role emerge la figura di un uomo
schivo e innamorato del suo la-
voro, profondo innovatore “Ha
un fisico sottile, Arpad, asciutto,
con una sua forza sommersa.
Spesso, in allenamento, si mette
alla testa del gruppo con panta-
loncini e maglietta. Gli altri alle-
natori vestono i panni eleganti
del trainer, non quelli dell’atleta,
ma lui vuole stare vicino ai suoi
ragazzi” scrive Matteucci in una
delle sue tavole, mettendo in lu-
ce uno dei tratti
più caratteristici
dell’operato di
Weisz,
prove-
niente dalla scuo-
la danubiana: la sua convinzione
dell’importanza di stare accanto
alla squadra, di instaurare con i
suoi calciatori un rapporto basa-
to anche sul risvolto psicologico,
come emerge dal manuale di cal-
cio che scrisse insieme ad Aldo
Molinari quando allenava l’Inter.
Costantemente a contatto con le
giovani generazioni attraverso il
suo lavoro di docente, Matteucci
u Il tradizionale rito dello scambio delle magliette tra i sindaci di Milano
e Bologna. Sullo sfondo la targa per Arpad Weisz.
/ segue a P19
proprio morale. Soprattutto l'alcool stronca le speranze del gio-catore di poter attingere alle più alte vette della sua carriera.L'essere astemio è una fortuna, ma non si vuole conciò affermare che il calciatore non debba assoluta-mente bere; l'uso moderato del vino durante ipasti non è nocivo; si vuole qui deplorare chedei giovani, cui sorride uno splendido avve-nire, lo annientino volontariamente corro-dendo le loro energie fisiche seduti davantial tavolo di un'osteria o davanti alla bu-vette di un bar. L'alcool intossica l'organi-
smo e lo rende incapace a sopportare gli sforzi fisici cheun giuocatore di calcio deve affrontare.
Egualmente nociva al fisico e particolar-mente ai polmoni è la nicotina. Il giuoca-tore durante la partita sottopone l'apparato
respiratorio a un intenso lavorio; il fumo e per conse-guenza la nicotina irretiscono i polmoni e li rendonomeno atti ad assecondare gli sforzi prolungati. Un
fumatore avrà sempre una capacità dei pol-moni limitata. I gioucatori evitino i locali
che hanno arria viziata.
Dobbiamo accennare alla vita sessuale. Non si pretendedai calciatori la castità. Anche nei rapporti sessuali lo
sfogo naturale non è nocivo. Nuoce invece l'abuso e nuoce non meno dell'alcool e
del tabacco. Una accentuata attività fisiologicastrema l'organismo e lo rende incapace di soppor-tare le fatiche degli allenamenti e delle gare. Ilgiuocatore parteciperà alla partita svogliato, sarà
impossibilitato nell'impiego di ogni sua energiae il normale rendimento ne risulterà meno-mato se non del tutto nullo.
rapporto con la struttura e i
momenti speciali trascorsi sugli
spalti, e poi ancora un incontro
dedicato al tema delle difficoltà
burocratiche affrontate dai
bambini nati in Italia da genitori
immigrati per il tesseramento
nelle varie federazioni sportive.
Nell’ambito del lavoro di W il
Calcio, Arpad Weisz occupa però
un posto speciale.
“Tutto è nato con la presenta-
zione del libro scritto da Marani.
La sua storia - spiega Viviani - ci
colpì moltissimo”. Da lì nacque
l’idea di lanciare un appello per
dedicare a Weisz la partita In-
ter-Bologna di Coppa Italia lo
scorso anno, che trovò l’adesio-
ne non solo delle due squadre
che l’allenatore ungherese ave-
va portato al successo negli anni
’30, ma anche delle due ammi-
nistrazioni comunali (nell’imma-
gine alcuni membri di W il Calcio
a San Siro di fronte alla targa in
memoria del mister). Il 26 set-
tembre 2013 l’appuntamento sa-
rà all’Arena di Milano per il Tro-
feo che vedrà contrapposte le
formazioni giovanili di Inter, Bo-
logna, Milan e Brera. E il proget-
to di un Premio Weisz è già in
lavorazione…
tare giorno per giorno gli innumerie intricati problemi della vita cal-cistica, esercitando, per così dire,
propaganda qualitativa”, scrive am-mirato Vittorio Pozzo nella prefa-zione. Fa impressione leggere que-ste righe ed elaborare il fatto chein pochi anni i destini di due alle-natori così straordinamente vincen-ti e significativi per la loro epocaavrebbero seguito strade del tuttoopposte. Pozzo, l'uomo della storicadoppietta mondiale (Italia 1934,Francia 1938), sarebbe stato osan-nato dal regime alla stregua di uneroe. Weisz, con la promulgazionedelle leggi razziste, sarebbe dive-nuto un paria scomparendo, dipunto in bianco, dalle cronache deigiornali. Uno scivolamento nell'or-rore e nell'oblio che Marani ha ri-
costruito fino alle pieghe più terri-bili.In occasione di un'intervista rila-sciata a Pagine Ebraiche nel 2010il suo disagio per la scarsa sensibi-lità dimostrata dal mondo del cal-cio (e non solo) nei confronti deltecnico ungherese era palpabile.Tanti gli interrogativi, poche le ri-sposte. A distanza di tre anni loscenario sembra essere cambiato:Inter e Bologna hanno preso di pet-to la situazione. E anche il Novara,più recentemente, si è dato da fare.“C'è stata una risposta forte da par-te di diverse realtà e istituzioni. Unfenomeno percepibile – commenta– che ha portato alla realizzazionedi numerose iniziative e che lasciaimmaginare un significativo impe-gno anche per il futuro”. Tra i mo-menti che maggiormente hannosegnato questa stagione di risco-perta il documentario “FedericoBuffa racconta Arpad Weisz” an-dato in onda lo scorso gennaio suSky Sport. Un'operazione di grandesuccesso che ha visto Marani col-laborare a stretto contatto con lavoce narrante del documentario, il
ú–– Adam Smulevich
Tra i maggiori conoscitori del mi-tico Manuale che accompagna inuna comune narrazione le paginedel dossier, Matteo Marani ha conla storia di Arpad Weisz un rap-porto tutto speciale. È stato infattiproprio lui, nel 2007, a riportared'attualità la figura dell'allenatoremagiaro mandando alle stampecon la casa editrice Aliberti un testoche avrebbe emozionato e sorpreso– “Dallo scudetto ad Auschwitz”.L'incredibile storia di come l'alle-natore più vincente di quell'epocasia stato deportato insieme alla fa-miglia ad Auschwitz-Birkenau e,una volta ucciso, condannato a un
lungo oblio perfino nel-le città (Milano, Bolo-gna) cui regalò gioie, belcalcio e tre scudetti.Senza quel lavoro, fruttodi una ricerca meticolo-sa in più paesi e direzio-
ni, nulla di quanto va rea-lizzandosi sarebbe stato possibile.Giornalista (dirige il Guerin spor-tivo), laureato in storia, Marani sisofferma sul Manuale per rianno-dare i fili con il passato. A colpirlo,ancora oggi, è la chiarezza e l'effi-cacia del testo. “È un libro di no-tevole valore, dedicato in partico-lare a sviluppare gli aspetti tatticie scientifici che regolano l'operatodell'allenatore. In un calcio non si-stematizzato come quello di oggi– ci spiega – un prezioso contributoper mettere a fuoco gli elementi es-senziali della disciplina”. Sono pas-sati oltre 80 anni dalla sua stesuraa quattro mani con Aldo Molinari,dirigente dell'Ambrosiana. Eppure,in un calcio drasticamente diversodove molti dei principi etici e mo-rali delineati nelle sue pagine sonovenuti meno, conserva non pochielementi di attualità. In particolare,
sottolinea Marani, i capitoli in cuici si sofferma sulla preparazioneatletica dei calciatori e sulla defini-zione e descrizione dei differentiruoli. Ad emergere il profilo di ungrande innovatore che avrebbe fat-to scuola lanciando alcuni dei piùsignificativi interpreti degli anniTrenta e Quaranta: su tutti PeppinoMeazza, futuro eroe del panteonnerazzurro, l'inarrivabile talento allacui memoria è dedicato lo stadiodi famiglia. “Il Manuale è il libro didue persone pratiche, il libro di dueuomini che, militando nelle file del-la stessa società e integrandosi a vi-cenda, hanno imparato ad affron-
Colmare una lacuna e risponde-
re a una necessità è molto, ma
non tutto, per un libro. L'opera
di Weisz e Molinari fa qualche
cosa di più notevole. Induce a
riflettere, invoglia a studiare:
incalana l'attenzione e l'interes-
se verso quella che è sostanza
e non forma o apparenza verso
quelle che sono le cause di
quanto sul campo di giuoco è
dato di vedere, non effetti o ri-
sultati puri e netti. Dopo che il
giuoco ha pensato di per sé con
la sua combattività e la sua bel-
lezza intrinseca a far propagan-
da quantitativa, il libro di due
persone pratiche, il libro di due
uomini che, militando nelle file
della stessa società e integran-
dosi a vicenda, hanno imparato
ad affrontare giorno per giorno
gli innumeri e intricati problemi
della vita calcistica, esercita,
per così dire, propaganda qua-
litativa. Dovrebbe leggerlo con
attenzione sia il giuocatore come
Bisogna rilevare che il giuoco del portiereè quello che più provoca le simpatie delpubblico nei riguardi del giuocatore.Molte volte, anzi più del necessario, si ve-dono portieri buttarsi in plongeon per tiridove una parata basterebbe. Altri, soprav-valutando la loro classe, vogliono fermaredei palloni che, per le qualità del portiere,rappresentano una soluzione impossibile. Sono pecche dovute alla vanità e all'im-modestia del giuocatore. Questi riusciràforse ad ingannare i profani, ma gli esperti
comprenderanno facilmente che ogni pa-rata a terra fuori posto e fuori luogo è do-vuta a un difetto di posizione del portiereche potrebbe determinare la perdita di unaporta e la sconfitta della squadra. È dannoso che il portiere trattenga moltoil pallone perché se caricato, oltre al peri-colo di farsi del male, può perdere la pallae non riuscendo a farla rimbalzare provocaun calcio libero contro la sua porta. Si rac-comanda perciò di non abituarsi a giuo-chetti, ma a liberarsi della palla appena
possibile anche mediante illancio con un braccio o conun pugno. Se però il por-tiere ha un attimo libero perguardarsi d'attorno cerchidi far pervenire all'uomo li-bero, e possibilmente alle alidella sua squadra, il pallonein modo che queste possanoliberamente manovrarlo.Accorgendosi che fra gli av-versari vi sia un giuocatoreche eccelle nel giuoco ditesta il portiere non deve assolutamentedargli occasione di poterlo attuare.
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DOSSIER /Sport“Un grande maestro di tattica”L'attualità del Manuale nella riflessione del giornalista Matteo Marani
u Il direttore del Guerin Sportivo
Matteo Marani
Un libro per capire il giuoco
“Portieri, evitate i giuochetti inutili”
giornalista Federico Buffa. “Un ri-tratto vivido, febbrile, commovente,non solo di Arpad Weisz ma dellastoria del calcio, delle tattiche digioco, della letteratura, della poli-tica, della musica. Questo è raccon-tare lo sport – ha scritto Aldo Gras-so sul Corriere – dare senso ad av-venimenti che apparentemente nonne hanno, osservare il lato notturnodella storia che ancora avvolge ilmondo in una nebbia opaca”.E poi, oltre al piccolo schermo,l'impegno nelle scuole: l'aspetto cheMarani predilige nella diffusionedel suo lavoro. “Ai ragazzi raccontola mia ricerca, iniziata sfogliandoun vecchio almanacco del Bolognacalcio. Spiego come sono partito ecome sono arrivato, non senza dif-ficoltà, a ricostruire quanto acca-duto a Weisz. Vedo che il raccontoli conquista e questo mi emoziona.L'auspicio è che la storia possa an-dare avanti da sola, a prescinderedal mio specifico contributo”. L'ul-tima iniziativa in ordine di tempolo svelamento di una targa com-memorativa effettuata alla presenzadei giovanissimi alunni della scuolaelementare Bombicci di Bologna,l'istituto frequentato dal piccoloRoberto Weisz, figlio di Arpad, as-sorbito assieme al padre nel mede-simo vortice di persecuzione e ciecaviolenza.
L'autorità all'arbitro deriva dalla saggezza delsuo operato. Non da pose o da gesti più o menogladiatorii e non sempre di buon gusto. Devedimostrarla e soprattutto in ogni occasione.Non è necessario che si mostri altezzoso e pocosocievole con giuocatori e dirigenti. Basteràche egli voglia fermamente ch'ogni suo ordinee ogni sua deliberazione vengano prontamenteeseguiti e applicati e che sappia egualmenteimporli a giuocatori e pubblico. Non ammet-tendo alcuna discussione ai suoi deliberati ot-terrà il voluto rispetto. La serenità nell'arbitro
è qualità non meno necessaria dell'imparzia-lità. Deve essere in campo il supremo modera-tore della contesa e ogni suo giudizio dovràessere improntato a quella superiorecalma che più di ogni altracosa varrà a dimo-strare ch'egli nonpuò essere tur-bato da pressioniesteriori. Se al giudizio im-parziale aggiunge
serenità di valutazione, nessun schiamazzo dipubblico o turbolenza di giuocatori varrà a in-fluenzarlo e sicuro della propria coscienza pro-
cederà diritto e inflessibilenell'adempimento del suo com-
pito non di rado ingrato. Il regolamento stabilisceche ogni fatto per esserepunito deve essere inten-zionale. L'arbitro ha se-guito l'azione e havalutato il fallo. Non fi-
schia. Vorrà dire che nel fallo ha rilevato la for-tuità. Un rimbalzo di palla ha colpito un ter-zino al braccio in area di rigore. Il pubblicoreclama la punizione. Ma nella sua serenitàl'arbitro non ha ravvisato l'intenzione e nonpunisce. Non subisca mai l'arbitro la pressionedell'ambiente, ma del pari non esiti a punirecol rigore il fallo commesso in area e non si ar-resti di fronte alla gravità della punizione. Se, dopo aver fischiato il fallo in area, preoccu-pato per il danno, che ritiene eccessivo, che lapunizione arrecherebbe a una squadra, facessebattere il fallo fuori dall'area scatenerebbe cer-tamente le reazioni del pubblico e dei giuoca-tori.
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spiega l’importanza che un mes-
saggio come la storia di Weisz
può trasmettere loro:
“E' essenziale far vedere ai ragaz-
zi una prospettiva diversa del
mondo del calcio da quella a cui
sono abituati.
E penso sia immensa la potenzia-
lità di spiegare loro la grande
Storia attraverso le piccole sto-
rie”.
GRAPHIC NOVEL da P17 /
“Arbitri, siate rigorosi e imparziali”
Numerosi gli appuntamenti che avranno luogo a Novara per ricordare
Arpad Weisz, che proprio in questa città visse un importante snodo
della sua carriera dopo l'esperienza all'Ambrosiana Inter e in attesa
di diventare allenatore, nuovamente scudettato, con il Bologna. A ri-
proporre all'attenzione degli appassionati la sua figura un convegno
svoltosi in gennaio su iniziativa della Fondazione Novara Calcio, del
Comune, dell'Istituto storico della Resistenza, dell'Anpi e del principale
quotidiano cittadino, Il Corriere di Novara. Tra i vari momenti in agen-
da lo svelamento di una targa in memoria di Weisz all'interno dello
stadio Silvio Piola. Ini-
zialmente ipotizzata
per l'inizio di agosto, la
commemorazione avrà
luogo nei mesi succes-
sivi per collocarsi nel
calendario di eventi
che ricorderanno la de-
portazione degli ebrei
novaresi per mano del
nazifascismo.
A quanto si apprende, tra i soggetti che saranno coinvolti nell'ope-
razione, anche il discusso centrocampista greco Giorgios Katidis, ce-
lebre per il saluto nazista ai tifosi dell'Aek Atene che lo ha portato
alla radiazione perenne dalla sua nazionale. Ingaggiato dalla società
piemontese malgrado una forte sollevazione dell'opinione pubblica,
il giovane calciatore dovrebbe avere un ruolo preminente. “A Katidis
– spiega il patron Massimo De Salvo – abbiamo pensato di dare una
possibilità perché riteniamo gravissimo commettere certi errori ma
meritevole averne consapevolezza. La politica per noi rimane fuori
dal calcio, la memoria no e crediamo che l'intolleranza si debba com-
battere ricordando ai nostri ragazzi quello che è successo nella storia
affinché non succeda mai più”.
Anche il Novara calcioricorda il suo allenatore
Nel 70esimo anniversario dell'8 settembre, data dell'armistizio,torna l'appuntamento con il ciclopellegrinaggio Terontola-Assisi aripercorrere la tratta più volte affrontata da Gino Bartali in bici-cletta durante il nazifascismo. In questa edizione, particolarmentesignificativa alla luce della ricorrenza, prende il via una nuovainiziativa denominata “Un treno per Bartali”. Un treno straordi-nario Firenze-Assisi con la partecipazione di gruppi studenteschi,sportivi e rappresentanti di associazioni combattentistiche con la-bari e bandiere. Obiettivo: rendere omaggio al coraggio del ciclistadi Ponte a Ema, di cui è stato recentemente ampliato un dossier alvaglio della Commissione dello Yad Vashem incaricata di valutarei criteri minimi per l'iscrizione nel registro dei Giusti tra le Na-zioni. Il treno, composto da cinque vetture storiche (380 posti) trainateda un'antica locomotiva effettuerà lafermata nelle stazioni di Figline, SanGiovanni Valdarno, Montevarchi,Arezzo, Castiglion Fiorentino, Ca-mucia, Terontola, Tuoro sul Trasi-meno, Passignano e Perugia. Tra i vagoni si muoveranno dieci figu-ranti con uniformi storiche rie-vocative del periodo bellico. Inesposizione anche alcune bici-clette d'epoca mentre un pro-fessore di storia illustreràl'operato di Bartali e il suoimpegno a tutela della di-gnità umana. Il treno par-tirà dal binario 6 dellastazione fiorentina di Santa Maria Novella dove una lapide ri-corda la partenza dei treni della deportazione antiebraica. Sarannopresenti, tra gli altri, il sindaco Matteo Renzi e i vertici delle Fer-rovie dello Stato. All'arrivo ad Assisi un corteo si dirigerà al mo-numento ai caduti in piazza Martin Luther King dove saràdeposta una corona di alloro. Tra le realtà che hanno aderito al-l'iniziativa la Fondazione Gino Bartali onlus presieduta dal figliodi Ginettaccio, Andrea Bartali, che sarà inoltre protagonista allaquinta edizione del Festival Francescano in programma dal 27 al29 settembre a Rimini. Tre giorni ricchi di iniziative culturali,spirituali, artistiche e didattiche per favorire il dialogo e l'incontrotra i popoli. Filo conduttore del Festival il tema del viaggio decli-nato come cammino sia personale che spirituale e, nello specificodell'esperienza di Gino, come momento di altruismo per alleviarele sofferenze altrui.
Il treno del coraggioBARTALI
lo spettatore, questo libro. Il
giuoco per prendere una sempre
più giusta visione delle necessità
del mestiere, per studiare l'arte,
per orientarsi serenamente e pra-
ticamente nel non facile cammino
della sua vita. Lo spettatore per
valutare, discernere e compren-
dere, per abituarsi a considerare
le battaglie del giuoco e la dina-
mica e movimentata attività dei
giuocatori, con calma, con cono-
scenza di causa, in profondità.
Dalla lettura dovrebbero uscirne
più coscienti giuocatori e migliori
spettatori.
(Vittorio Pozzo, dall'introduzione a Il giouco del calcio)
In principio (stagione 2008-2009)
fu Lothar Matthaus. Sole, spiag-
gia, pressioni neanche lontana-
mente paragonabili a quelle eu-
ropee. Netanya sembrava la de-
stinazione ideale per portare un
po' di buon calcio in Israele. Il
Maccabi l'ambiente giusto per
crescere e affermarsi nelle vesti
di coach.
La storia non è andata proprio in
questa direttrice tanto che per
l'ex pallone d'oro – conosciuto an-
che come Terminator (il sopran-
nome è della tifoseria interista)
– l'esperienza alla guida della
compagine israeliana si è rivelata
piuttosto deludente, concluden-
dosi con un anno di anticipo ri-
spetto alla naturale scadenza del
contratto anche in ragione della
pesante crisi finanziaria attraver-
sata dalla proprietà. Niente a che
vedere con le aspettative della vi-
gilia, con le scene di giubilo per
le strade di Netanya manifesta-
tesi con l'arrivo in città di un'au-
tentica leggenda del calcio mo-
derno. Oltretutto, il che non gua-
sta, con antiche ascendenze
ebraiche di derivazione paterna
che hanno aumentato l'interesse
nei suoi confronti.
Entusiasmo clamorosamente sfu-
mato di partita in partita. Mano-
vra poco frizzantina e risultati
mediocri: dopo pochi mesi Mat-
thaus ha fatto le valigie e, da
buon giramondo, si è subito mes-
so in cerca di nuove avventure –
in realtà, anche in questo caso,
con scarsi risultati sul campo.
Eppure, nel suo fallimento, l'ex
capitano della nazionale tedesca
ha aperto il “cantiere Israele”. E
il torneo calcistico nazionale, da
modesta retroguardia, si è avvi-
cinato pian piano ai quartieri no-
bili del pallone diventando luogo
di sperimentazione tattica e di
sfide affascinanti per gli ex cal-
ciatori di fama in cerca di confer-
me in panchina.
Singolare in particolare il tenta-
tivo di importazione del tiki-taka,
lo stile di gioco con copyright
Barcellona e che ha portato i
blaugrana ai vertici mondiali.
Guardando al calcio israeliano vie-
ne da chiedersi: che c'azzecca la
fitta rete di passaggi che abitual-
mente vede protagonisti Messi,
Xavi e Iniesta con un campionato
di assai minore appeal? Oscar Gar-
cia la domanda se la sarà senz'al-
tro posta. Ma non si è lasciato
scoraggiare e dopo aver giocato
al fianco e accompagnato la cre-
scita di alcuni dei più formidabili
interpreti del calcio spagnolo si
è lasciato attrarre dalle sirene del
Maccabi Tel Aviv. Decisiva la tele-
fonata di un amico di vecchia da-
ta: a cercarlo, la scorsa estate, il
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n. 8 | agosto 2013 pagine ebraiche
DOSSIER /Sport
Israele, la nuova frontiera
Pensate a un pugile. I nomi che viverranno in mente probabilmentesaranno quelli di Alì, Foreman,Marciano, Tyson. Ora pensate aun pugile ebreo. Se non siete ad-detti ai lavori, l’elenco rimarrà unapagina bianca. Maxi Rosenbloom,Benny Leonard o Barney Rossnon vi diranno niente, forse qual-cosa vi suggerirà Ted Kid Lewis(al secolo Gershon Mendeloff ). Ingenerale il binomio pugilato –ebraismo non suona propriamenteusuale. Eppure dai primi del No-vecento agli anni Quaranta del se-colo scorso, molti ebrei si cimen-tavano nella nobile arte con eccel-lenti risultati: furono decine i pugili,cresciuti nei quartieri ebraici diNew York, San Francisco, Phila-delphia che si affermarono a livellomondiale, fregiandosi del titolo dicampioni. Il ring per molti era ilsimbolo del riscatto sociale, la pos-sibilità per affermarsi in un mondoche altrimenti li ignorava o peggiodiscriminava. Non è un caso se a incrociare iguantoni spesso si trovassero levarie componenti dell’immigrazio-ne americana dell’epoca: ebrei, ita-liani, irlandesi su tutti. Poi, dopola Seconda Guerra Mondiale, mag-giori possibilità si aprirono a quellafetta di società che prima faticavaad emergere. E la tradizione pu-gilistica cambiò i suoi protagonisti,rimanendo orfana di boxeur di li-
vello provenienti dalla realtà ebrai-ca. A distanza di decenni da quel-l’età dell’oro, una piccola finestrasi è riaperta in questi ultimi annigrazie a due atleti con una storiadi immigrazione alle spalle. YuriForeman e Dimitri Salita, rispetti-vamente di origine bielorussa eucraina, hanno riportato alla lucel’intreccio tra guantoni ed ebrai-smo. Entrambi ebrei ortodossi, en-trambi classe 1982 nonché forma-tisi nelle palestre di New York da
adolescenti, entrambi hanno ridatosmalto a una tradizione. Foreman,passaporto israeliano, conosciutoanche come “il pugile rabbino” –ha intrapreso gli studi per ottenereil titolo e presto dovrebbe conclu-dere il suo percorso – è arrivatofino in cima, vincendo nel 2009 iltitolo dei pesi superwelter. Salita,soprannominato “la Stella di Da-vid”, ha al suo attivo 35 incontrida professionista, di cui 33 vinti e17 per ko.
Di Shabbat non combattono. Con-siderano l’ebraismo, il rispetto dellemitzvot, un punto saldo delle lorovite, un aiuto per mantenere l’equi-librio nella solitudine del ring. “Sevolete combattere contro di me –ha dichiarato Salita – dovreteaspettare che il sole sia calato e incielo siano apparse le stelle”.Quando sei di fronte all’avversario,al suono della campanella, tutto èletteralmente nelle tue mani e laconcentrazione diventa indispen-
sabile. Una concentrazione che,almeno secondo Salita e Foreman,è possibile raggiungere grazie allapreghiera. Basta una disattenzioneper mettere a rischio l’interomatch, guardia alta, occhi fissisull’avversario, movimento di gam-be. Il pugilato non fa sconti. Pren-dendola con ironia si potrebbe ci-tare il pugile inglese Alan Minterche disse: “Certo ci sono stati in-cidenti e morti nella boxe, maniente di serio”. Chi ha fame, chi
Dimitri e Yuri indossano i guantoniPugili, studenti di yeshiva, aspiranti rabbini. Salita e Foreman sul ring per vincere i pregiudizi
La riscoperta delle radici ebraiche,il viaggio in Israele, l’acquisizionedell'Hapoel di Gerusalemme e orauna convocazione - informale -per vestire la maglia con la stelladi David. Amar’e Stoudemire, stel-la Nba in forze ai New YorkKnicks, si è guadagnato in un paiod’anni l’attenzione dei media edell’opinione pubblica. Ultima sug-gestione, poco praticabile ma co-munque affascinante, la propostadi un tifoso d’eccezione: il presi-dente Shimon Peres, in occasionedi un incontro con il campione,ha lanciato l’idea di convocareStoudemire nella nazionale di pal-
lacanestro. Un rinforzo che sicu-ramente farebbe gola al coach ArikShivek ma difficilmente il giocatorepotrà far parte della selezione chepartirà a settembre per gli Europeidi Slovenia. Impossibile però to-gliere questa pazza idea dalla testadei tifosi che infatti sognano di ve-
der scendere in campo per la par-tita inaugurale del torneo il lungodi Lake Wales, che nel 2010 rivelò– a sorpresa – le sue origini ebrai-che alla stampa. Israele ha avuto comunque un ruo-lo preminente nella sua vita anchein queste ultime settimane. Il gio-
catore non solo ha accompagnatola selezione canadese in veste diaiuto-allenatore per le Maccabiadidi luglio (tenutesi proprio in Israe-le) ma è anche diventato uno deiproprietari dell'Hapoel Gerusalem-me, squadra di media classifica del-la Ligat ha’Al (l'equivalente dellanostra Serie A). Un’avventura cheStoudemire ha commentato sul-l'immancabile Twitter sottolinean-do l'entusiasmo di far parte dellacordata “che risolleverà le sorti del-l’Hapoel Gerusalemme”. Scelta in-teressante anche in considerazionedella storia non proprio gloriosadella squadra della capitale ma che
Amar’e sceglie Gerusalemme L'asso Nba Stoudemire investe in Israele per ragioni (in parte) affettive
neo dirigente gialloblu Jordi
Cruyff, figlio del leggendario Jo-
jan ed ex calciatore blaugrana a
sua volta. “Oscar, ho un'idea. Ti va
di mettere assieme un Barcellona
settato all'israeliana?”.
Questo in linea di massima il con-
tenuto della chiamata. Sfida re-
cepita e attuata, al netto di alcu-
ne difficoltà, con discreto succes-
so. Dopo un lungo periodo di di-
giuno (dieci anni dall'ultimo tito-
lo) il Maccabi si è riappropriato
del suo passato di gloria conqui-
stando il campionato e portando,
oltre al titolo (il ventesimo della
serie) calcio spumeggiante in
campo e passione sugli spalti.
Un'impresa significativa anche
perché, sul fazzoletto verde, non
sono scesi propriamente gli alter
ego dei vari Messi e compagnia
calciante. Un debutto di successo
che è valso a Garcia un contratto
importante in Inghilterra, in pri-
ma divisione (la nostra Serie B)
con il Brigton & Hove. Compagine
semisconosciuta ma ambiziosa:
l'obiettivo è una salvezza tran-
quilla.
E Cruyff? È rimasto al suo posto
e ha tirato fuori dal cilindro un'al-
tra carta a sorpresa: Paulo Sousa.
L'ex centrocampista di Juventus
e Inter, dopo tre anni vissuti in
panchina come viceallenatore
della nazionale portoghese (2005-
2008), si è un po' perso per strada
ed è in cerca di rilancio e visibili-
tà. L'impresa è ardua: non far
rimpiangere Garcia. Il giorno della
presentazione le idee sono appar-
se subito chiare: “La società è mo-
tivata, io lo sono almeno altret-
tanto. Possiamo fare bene”. E i ti-
fosi iniziano a sognare mettendo
a fuoco il primo obiettivo di sta-
gione: l'accesso alla fase a gironi
della Champion's League, un pal-
coscenico che Sousa ha più volte
calcato tracciando parabole e tra-
iettorie degne dei grandissimi.
Lothar Matthaus, Oscar Garcia,
Jordi Cruyff, Paulo Sousa. Biogra-
fie e motivazioni molto diverse.
Ma comunque, da qualsiasi parte
li si guardi, sono nomi di prestigio
in grado di portare lustro e scin-
tille a un movimento che punta
al salto di qualità. Sarà sufficiente
per emergere?
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ha la capacità di stringere i denti,oltre alla tecnica, emerge più fa-cilmente. Forse per questo nel cor-so della storia ebrei, italiani, poiafroamericani e ispanici hanno se-gnato la storia di questo sport. Unesempio di caparbietà è proprioForeman – cognome evocativo mache nulla ha a che fare con il Fo-reman che sfidò Alì nell’epico in-contro in Zaire “The Rumble inthe Jungle” – che nel 2010 fu co-stretto a cedere lo scettro di cam-pione all’aggressivo pugile porto-ricano Miguel Cotto. Era unmatch che il 30enne bielorusso(naturalizzato israeliano) aveva stu-diato a fondo: lasciare i primiround a Cotto, far sfogare la suairruenza giocando soprattutto in
difesa, danzando sul ring per evi-tare il corpo a corpo. Al terzoround qualcosa va storto, il ginoc-chio destro di Foreman cede. Ladifficoltà del passato si ripresenta-no irruenti nel presente: quella èla gamba che a dodici anni Yuri siruppe andando in bicicletta, è la
gamba che il padre, non potendopagare assistenza sanitaria o me-dici, cercò di salvare e tutelare conun bendaggio fatto in casa. È il suopunto debole da sempre, un doloreche lo accompagna ma a cui il pu-gile ormai è abituato. Nonostantela lesione del legamento, Foreman
resiste sul ring altri tre round.Combatte su una gamba sola finoa che il giudice non sospende lagara. “Non è più il campione mada oggi è un vero combattente”,commentano i giornali il giornodopo l’incontro.“La boxe è un business molto duro
e di solito è lo sport di chi è in dif-ficoltà, lo sport degli affamati, unapossibile via di uscita. Non pochi ebrei, all'inizio del se-colo, rispettavano queste condi-zioni. In fondo era la minoranzapiù numerosa”, commentava inuna recente intervista Salita, natoad Odessa ma cresciuto a NewYork. Con una progressiva inte-grazione, la componente ebraicanewyorkese riuscì in gran parte aliberarsi da questo stato di neces-sità concentrandosi sulle sfide edu-cative. “Ma per me la boxe – con-cludeva Salita – è l'unico modo difarcela. In questo sono come tantialtri immigrati”.
Daniel Reichel
segna un ulteriore passo di avvici-namento verso un paese che am-mette di amare senza riserve. Que-sta la frase più significativa dellafamosa conferenza stampa del2010: “Da sempre so di essereebreo da parte di mia madre equesto fatto ha giocato un ruolosottile ma importante nel mio svi-luppo”. Due metri e otto, fisico possentee un passato difficile alle spalle,Amar'e ha voluto approfondiregradualmente questo aspetto. Unviaggio interiore che lo ha portato,in quell’anno, a visitare Israele. Se-guito dalla stampa locale e da mi-gliaia di appassionati, le sue fotocon la kippah – a Gerusalemme ein altri contesti – hanno fatto bellamostra sulle pagine sportive deidiversi quotidiani nazionali. Cu-riosità, interesse ma anche la spe-
ranza di vederlo giocare in patria.Possibilità ancora remota, comedetto, tenuto conto della fame ago-nistica di Stoudemire che vuoleancora confrontarsi a grandi livellinella Nba dopo le ultime stagioniin chiaro scuro. Senza dimenticareun contratto multimilionario checerto non incentiva a dire addioalla Nba.Nominato miglior matricola del-l’anno nel 2003, convocato più vol-te nella selezione All-star, il riccopalmares di Stoudemire vanta an-che una medaglia di bronzo alleOlimpiadi di Atene del 2004 (inrealtà un pessimo risultato di squa-dra per un team abituato a domi-nare su tutti i fronti). Gli anni ce-stisticamente migliori li vive conal fianco il fenomeno canadeseSteve Nash: con il playmaker l’in-tesa è perfetta e i Phoenix Suns
viaggiano a lungo in prima classearrivando alla finale della WesternConference. Nell'occasione devo-
no però alzare bandiera bianca difronte ai campioni in carica, i LosAngeles Lakers di Kobe Bryant.
Chiuso il capitolo Suns, inizia l’av-ventura a New York, la città piùebraica degli Stati Uniti. E forse,scherza, “è per questo che sonoqua”.Scherzava ma non troppo perchéproprio in quei giorni prende unvolo El-Al. “Un’avventura alla sco-perta di una parte fondamentaledella mia identità, un progetto checoltivavo da una vita e che final-mente si realizza”, scriverà nuova-mente su Twitter. E ancora, neigiorni del relax: “Sono in Israeleper visitare luoghi straordinari, im-parare qualche parole di ebraico,approfondire le mie origini e ripo-sarmi in vista della nuova stagioneagonistica”. Ora il suo rapporto con Israele siarricchisce di un altro tassello. Ela curva dell’Hapoel inizia a so-gnare.
u Dimitri Salita u Yuri Foreman
u Nell'immagine a sinistra Lothar
Matthaus, ex allenatore del
Maccabi Netanya. Al centro Oscar
Garcia, fresco di titolo con il
Maccabi Tel Aviv. A destra il suo
sostituto, l'ex centrocampista di
Inter e Juventus Paulo Sousa.