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Narrare a scuola di religione 2014 Laboratorio di costruzione di sceneggiature per narrazioni bibliche nella scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado Sceneggiature esemplificative di racconti biblici Laboratorio condotto da Luciano Gottardi Raccolta delle stesure di racconto

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Narrare a scuola di religione 2014

Laboratorio di costruzione di sceneggiature

per narrazioni bibliche nella scuola primaria

e secondaria di primo e secondo grado

Sceneggiature esemplificative di racconti biblici

Laboratorio condotto da

Luciano Gottardi

Raccolta delle stesure di racconto

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PARABOLE DEL REGNO

Il seminatore Mt 13, 3-9 Lc 8, 4-8 Mc 4, 1-9

Il seme che cresce da solo Mc 4, 26-29

Il buon grano e la zizzania Mt 13, 24-30

Il granello di senape Mt 13, 31-32 Lc 13, 18-19 Mc 4, 30-32

Il lievito Mt 13, 33 Lc 13, 20-21

Il tesoro e la perla Mt 13, 44-45

La rete Mt 13, 47-50

ALTRE PARABOLE

La pecorella smarrita Mt 18, 12-14

I talenti Mt 25, 14-30 Lc 15, 4-7 e 19, 11-

27

La dracma perduta Lc 15, 8-10

Le due case Lc 6, 46-49

Il padre misericordioso Mt 7, 24-27 Lc 15, 11-32

Il servo crudele Mt 18, 23-35

La lampada Lc 8, 16-18

Gli operai nella vigna Mt 20, 1-16 Mc 4, 21-25

I due figli Mt 21, 28-32 e 5, 14-

16

I vignaioli omicidi Mt 21, 33-46

Il buon samaritano Lc 10, 29-37 Mc 12, 1-12

L’amico importuno Lc 11, 5-8 e 20, 9-12

Non accumulate tesori Lc 12, 16-21

Il banchetto nuziale Mt 22, 1-14 e 6, 19-

21

Lc 14, 15-24

L’amministratore astuto Lc 16,1-8

Il fico Mt 24, 32-36 e 21,

18-32

L’uomo ricco e il povero

Lazzaro

Lc 16, 19-31 e 21,

29-33 e 13, 6-9

Il giudice e la vedova Mt 13, 28-32 Lc 18, 1-8

Il fariseo e il pubblicano Lc 18, 9-14

Il servo fedele Mt 24, 45-51 Lc 12, 41-48

Le vergini Mt 25, 1-13

L’arrivo del padrone Lc 12, 35-38 e 13,

25-27

Mc 13, 33-37

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TITOLO IL PUBBLICANO E IL FARISEO

Riferimenti biblici Luca 18, 9-14

Classi SP

Tecnica di narrazione Drammatizzazione

Personaggi Fariseo

Pubblicano

Uomo della Palestina che va a pagare le tasse

Bambino curioso

Gesu’

Materiali usati

Tematiche proposte Parabola

Valore della preghiera

Coerenza

PRIMA SCENA

Pubblicano e Uomo della Palestina

Pubblicano Sì mi dica, quanti campi ha lei? Quante case? Figli? Mogli? Pecore? Asini? E dica la

verità eh!

Uomo Eh, emh sì, io …ho… una moglie,…3 figli… 5 pecore, 2 asini e …ah sì, ho 5 campi.

Vivo in una casa con una stanza, come tutti del resto nel mio paese e quest’anno ho

raccolto meno grano e ancor meno olive.. sa con la crisi che c’è…

Pubblicano Beh, beh, non importa se hai raccolto di meno, mi devi dare 10 sicli! Anzo, 12! Sì,

forse sono pochi.. arrotondiamo a 15! Ahaaah ma hai anche due asini!! Allora 20!

Uomo Ma non si può! 20 sono troppi! Come campo io e la mia famiglia!?

Pubblicano Vuoi forse … darmene trenta?...

Uomo No.. no.. 20 vanno bene! (e glieli consegna in un sacco)

Pubblicano E ora ti saluto, vai vai… devo fare i conti io….. (rivolto al pubblico) Avete visto,

bambini? Dovete sapere che io di lavoro faccio il raccogli-soldi. Si, si! Avete capito

bene, faccio il raccogli-soldi. Ma non soldi da terra, non li raccolgo come i funghi…

no! Li chiedo agli uomini e alle donne della Palestina. E non li tengo io, no, no, no,

no! Non sia mai! Li consegno tutti a quelli che ci dominano, ai romani!

E i romani, dovete sapere, sono dei capi molto esigenti e vogliono soldi da tutti gli

abitanti. ma non possono essere da per tutto così pagano me e altri come me che li

raccolgono per loro. E noi dobbiamo consegnarli tutti, tutti, tutti... Anche se a volte

io sono furbo, ve l’ho detto vero che sono furbo…. e se i romani mi dicono di

chiedere a uno 20 sicli, io gliene chiedo 30! Così 20 li do ai romani e 10 li tengo io!

Devo pagarmi la piscina, la palestra, la beautyfarm, la biblioteca, il tablet, il

computer… ah no! Queste cose non c’erano al mio tempo… (Esce di scena)

SECONDA SCENA

Bambino e Fariseo

Bambino Zio Dan, spiegami perché hai questo mantello con le frange così lunghe!!

Fariseo Vedi Daniele, queste frange vogliono dire che io prego tanto, e più prego, più le

frange si allungano!

Bambino E quella scatolina che porti sulla fronte, cosa contiene?

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Fariseo Noi farisei teniamo sulla fronte la parola di dio, come fanno tanti ebrei che vogliono

ricordarsi sempre le parole di Jahwè .

Bambino Vuoi dire che piano piano entrano nella mente a forza di sentirle?

Fariseo Si, come le tabelline a scuola!! A proposito le sai tu le tabelline?

Bambino Certo! Be, sì quasi tutte.. non mi ricordo bene quella dell’8...

Fariseo Così come devi studiare le tabelline, devi ricordare le parole di Dio, perché sono

importanti!

Bambino Ma tu come fai a sapere tutte queste cose?

Fariseo Perché io collaboro molto con gli scribi, che sono gli unici a saper scrivere qui in

Palestina.

Bambino Oh guarda! Quel bambino ha bisogno di aiuto!

Fariseo Lascia perdere, non ti impicciare, vedrai che si arrangerà!

Bambino Ma come, tu dici a parole che bisogna voler bene agli altri e quando uno è in

difficoltà non lo aiuti?!

Fariseo Tz tz piccolezze… cose poco importanti!!

Bambino E voi bambini cosa ne pensate?

Fariseo Sai, noi quando preghiamo, lo facciamo in piazza. Tutti devono vedere che noi siamo

osservanti della legge come aveva detto Mosè.. devono vedere che sono dimagrito

perché ho digiunato per essere più vicino a Dio…

Bambino Una volta mi ricordo che ti avevo visto di sabato che non hai raccolto da terra la

borsa pesante di una signora

Fariseo Non sia mai! Nessun lavoro di sabato, solo riposo!

Bambino Anche se uno si fa male? Anche se io mi sbuccio un ginocchio?

Fariseo Beh se ti riposi non puoi sbucciarti un ginocchio..

Bambino Vabbè ho capito.. hai sempre ragione tu! E ora dove vai?

Fariseo Vado alla sinagoga per pregare, vieni con me?

Bambino Ok vengo a vederti pregare!

(escono di scena)

TERZA SCENA

in sinagoga Bambino, Fariseo, Pubblicano e Gesù

Bambino (sottovoce rivolto ai bambini) Sono proprio fortunato ad essere qui con questo

signore, altrimenti mica potevo entrare fin qua! E’ vero che ho già 12 anni e posso

ascoltare, ma sono in un posto d’onore! Sono in prima fila!!

Fariseo (prega) Oh Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini ladri, ingiusti, che

non rispettano nessuno e neppure come quel pubblicano che è là in fondo alla

sinagoga. Digiuno due volte alla settimana e pago un decimo di tutto quello che

possiedo.

Bambino Vorrei tanto sapere cosa dice a Dio quel signore in fondo alla sinagoga, sono curioso,

perché lo vedo con la faccia triste… (il bambino si avvicina al pubblicano e ascolta

la preghiera)

Pubblicano Oh, Dio, abbi pietà di me che sono un peccatore. Invece di fare atti di amore, ne ho

fatti tanti di non amore! Ho capito che ho sbagliato! Voglio cambiare! Dio aiutami!

Scusami!!

Gesù (entra in scena)

Bambino (abbraccia gesu’ e lo saluta con entusiasmo) Ciao, Gesù!! Che gioia vederti!!

Gesù Ciao caro ragazzo. È un po’ che ti guardo. Stavi pregando?

Bambino A dir la verità ero curioso di sentire le preghiere dei grandi, tu che ne dici?

Gesù Sai, ho sentito anch’io… e ti dico che il pubblicano, quello che raccoglie i soldi per i

romani, e che ha detto che vuole cambiare e fare atti di amore, tornerà a casa

giustificato cioè perdonato, mentre il fariseo, che sa tante cose ma spesso non le

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mette in pratica e si crede tanto importante, no! Perché chi si esalta sarà umiliato e

chi si umilia sarà esaltato!

Bambino Grazie Gesù! Le tue parole sono sempre vere!!! Quante cose ho imparato oggi!!

Credevo che il migliore fosse il fariseo e il peggiore fosse il pubblicano ma tu Gesù

capisci il cuore delle persone, bravo Gesù !!!

Realizzato da:

Maria Piamarta (Rovereto) [email protected]

Rosaria Gelmini (Mori)

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TITOLO LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO

Riferimenti biblici Lc 10, 29 - 37

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione in prima persona

Personaggi Ciuchino

Materiali usati Sagome in cartoncino

Tematiche proposte Parabola

Aiutare il prossimo

NARRATORE (Ciuchino)

Ciao bambini,

come vedete sono un bel ciuchino, infatti il mio padrone mi cura e mi accudisce tutti i giorni.

Quando entra nella stalla con la biada, CHE PROFUMO, CHE BONTÀ!

Ma quando si tratta di lavorare... il mio padrone mi comanda a bacchetta anche se c’è sempre una

carota vicino... CHE PROFUMO, CHE BONTÀ!

Adesso vi racconto cosa mi è successo l’altro giorno sulla strada verso Gerico. Sapete, andare a

Gerico è sempre comodo perché è tutta discesa! Il problema è al ritorno!! È tutta salita!!

Sono partito col mio padrone Tobia che mi ha caricato di mercanzia: spezie, grano e datteri. CHE

PROFUMO, CHE BONTÀ!

Doveva essere un viaggio come tutti gli altri e invece... si è dimostrato una dolorosa avventura a

lieto fine! Infatti quando la strada è diventata un sentiero tra due muri di montagne, stretto stretto

con le pareti rocciose che mi soffocavano da una parte e dall’altra, cominciavo a essere nervoso,

perché sentivo dietro i miei passi un rumore sospetto. Chi poteva essere? Quelli erano luoghi

frequentati da malviventi e briganti! Ma il mio padrone era tranquillo, così pensavo che non ci fosse

alcun problema. Alla faccia del mio padrone e della sua tranquillità! Eravamo inseguiti da tre

malfattori che in sella ai loro cavalli stavano raggiungendoci!

Aiuto! Che botte! Che dolore! Il mio padrone è rimasto quasi svenuto sulla strada e io sono riuscito

in quel momento a nascondermi tra le rocce. Ero molto leggero perché i briganti si erano portati via

tutto il mio carico. Da quella postazione vedevo tutto quello che succedeva: per un po’ ci fu

silenzio, nessuno passava per aiutare il mio padrone.

Finalmente ho sentito dei passi! Qualcuno stava arrivando sulla strada e avrebbe aiutato il mio

padrone! (pieno di speranza) Ecco... è un signore molto distinto, un levita un maestro della legge,

lui sa leggere, conosce le regole, insegna che bisogna aiutare le persone in difficoltà, lui conosce la

Bibbia, si fermerà di sicuro!

Ma... ma come... no!! Non si è fermato, ma perché? Vorrei tanto uscire dal mio nascondiglio e

cantargliene quattro a quello là! Ma non me la sento di farmi vedere.

Povero il mio padrone, ancora da solo...

Ma ecco, un altro passo! Molto più veloce, questo qui ha fretta! Ma chi sarà? Potrà fermarsi ad

aiutarlo? Sì, sono sicuro, ora lo vedo! Si fermerà perché è un sacerdote del tempio, che conosce le

parole dei profeti, conosce la storia di Abramo, Isacco, Giacobbe, entra nel tempio per pregare

davanti all’arca dell’alleanza e, sapete bambini, dentro l’arca dell’alleanza ha visto le tavole della

legge, i dieci comandamenti scolpiti nella roccia e tra i comandamenti c’è quello di non uccidere,

che vuol dire anche non lasciare uno sulla strada mezzo morto come il mio padrone! Sì , si fermerà

di sicuro... Ma... come... nemmeno lui lo aiuta?

Uffa, che gente!! Non c’è più religione a questo mondo!!

Ho proprio le orecchie basse! Ho bisogno di una carota, CHE PROFUMO, CHE BONTÀ! Ma qui

non c’è nulla da mangiare...

Ma chi passa ora? Ecco, ci mancava anche questo! Sta arrivando un sa –ma –ri –ta –no! Oh no! Il

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mio padrone le buscherà ancora! Ai samaritani non pare vero arrabbiarsi con i giudei! Ma... che fa?

Perché si ferma? Ma perché toglie dalla borsa del suo cavallo la borraccia del vino? Vuole

ubriacarsi?

Oh cosa vedo!! No! Il vino gli serve per disinfettare le ferite del mio padrone Tobia, come noi

usiamo il Bialcol. Allora, non vuole fargli male!? E ora cosa fa? Non ci posso credere! Ha preso

l’olio e massaggia le spalle del mio padrone dove ha preso le bastonate!

E adesso? Ma è proprio in gamba questo samaritano, è il migliore fin’ora... e io che ho pensato male

di questo uomo buono! Ha messo il mio padrone sul suo cavallo e dice che vuole portarlo in una

locanda dove lo cureranno dalle ferite!

Ma allora esco anch’io!!! Che gioia, prevedo già biada, carote e acqua! CHE PROFUMO, CHE

BONTÀ!

Realizzato da:

Maria Piamarta (Rovereto) [email protected]

Rosaria Gelmini (Mori)

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TITOLO IL RICCO E IL POVERO … IN QUESTO E NELL’ ALTRO

MONDO

Riferimenti biblici Lc. 16, 19 -31.

Classi SSPG/SSSG

Tecnica di narrazione Drammatizzazione

Personaggi Narratore (Abramo)

Uomo Qualunque

Epulone

Lazzaro

Materiali usati Scenografia:

Prima Scena: una sedia che rappresenta una panchna in un parco.

Un giornale

Seconda Scena: una sedia, un tavolo ricoperto da una tovaglia con il

disegno della Terra al centro, pane e acqua, giornale.

Terza Scena: una sedia, una tovaglia con linea obliqua con in alto

l’immagine delle nuvole e in basso l’immagine delle fiamme, pane

e un bicchiere d’acqua, uno sgabello alto, uno sgabello basso, un

giornale.

Vestiti :

Narratore: jeans e maglietta

Uomo Qualunque:jeans/maglietta e pantofole

Epulone: pantaloni/camicia e cravatta

Lazzaro: pantaloni e maglietta stracciata

Tematiche proposte Parabola del ricco e del povero

Narratore C'era un uomo ricco sfondato e c'era un povero mendicante e straccione; c'erano

vestiti di porpora e di bisso e c'era una coperta di piaghe; c'era un'infinita abbuffata e

c'era una brama di briciole avanzate.

PRIMA SCENA

Uomo (seduto sulla sedia e con il giornale aperto in modo da non vedersi) Ogni giorno

leggere il giornale diventa un’avventura. Uccisioni, furti, sbarchi di clandestini,

rapimenti e soprattutto ingiustizie sociali. Abbiamo superato il XX secolo e ancora ci

dividiamo in nord e sud, ricchi e poveri. Il mondo va proprio alla rovescia... Sentite

questa: “Povero pezzente trovato morto tra i cartoni. Forse morto per la fame e per il

freddo”. (chiude il giornale, si alza e si presenta al pubblico) Salve! Sono un Uomo

Qualunque, uno come voi, con le mie idee, i miei hobby e con tanti grilli per la testa.

Uno che prima di dormire legge il giornale con la speranza di aver azzeccato il terno

al lotto e che legge le notizie, l’oroscopo e il gossip. In poche parole quello che fa

abitualmente Qualunque Uomo. Certo però leggere ai nostri giorni che un

pover’uomo muore di stenti mi lascia senza parole. Ma vai a sapere chi era! Sapete

che vi dico? Non ci voglio pensare e me ne vado a letto. Dopo una giornata di lavoro

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il meritato riposo ci sta proprio bene (si siede di nuovo, stende le gambe, si

stiracchia, sbadiglia e si addormenta).

Narratore (entra rivolgendosi al pubblico e parla piano) Ecco. Questo è un Uomo Qualunque,

un uomo che si preoccupa di come va il mondo, ma poi preferisce dimenticare. È un

superficiale, uno che vive solo di ciò che legge senza entrare in ciò che legge. Ora

dorme. Lo ha turbato un fatto di cronaca (prende il giornale) Si, si, proprio questo:

“Un povero uomo muore di stenti...” (resta sulla scena sul lato di Lazzaro)

SECONDA SCENA

In questo mondo

Epulone (seduto sullo sgabello alto. Vicino a Epulone pane e acqua)

Lazzaro (seduto sullo sgabello basso)

Epulone (guardando verso il basso) Ehi baluba … dico a Te. Perché stai tutti i giorni fuori dal

mio negozio ad accattonare? Dico a Te, pezzente!

Lazzaro (guardando verso l’alto) Buongiorno signore. Sono povero, malato, chiedo qualche

spicciolo per vivere. Sono come i passeri del cielo. Mi accontento di briciole.

Epulone Sei proprio un pezzente. Di dove sei?

Lazzaro Di un piccolo paesino del Sud... Pensi, signore, è talmente piccolo che non compare

neanche sulle carte geografiche.

Epulone Dovevo immaginarlo. Sei un povero, sei del Sud, sei un baluba! Perché non lavori

invece di venire qui tutti i giorni ad asfissiare l’aria dinanzi al mio Supermercato?

Lazzaro Vorrei lavorare, ma c’è crisi e nessuno me ne da. Me lo dia Lei, signore, anche un

lavoro umile che mi tolga dalla strada. Io vivo sotto il ponte della ferrovia, vivo con

l’elemosina della gente, la mia casa è di cartone (ride).

Epulone Cos’hai da ridere Baluba? Vivi come le bestie e questo ti fa ridere?

Lazzaro Rido perché quando la mia casa si bagna o si sporca posso cambiarla. Non ho

bisogno né di pittori che la imbianchino, né di muratori che la ristrutturino (sospira e

tende la mano). Vi prego signore datemi un poco del vostro pane !

Epulone Mai e poi mai. Sei un pezzente scansafatiche. Questo pane è per i miei cani.

Lazzaro Oh si i vostri cani... Loro hanno pietà per me, non hanno timore, loro non mi

disprezzano perché sono del Sud o perché sono un povero, loro sono felici per una

mia carezza. Si accucciano vicino a me e se trovo qualcosa di buono tra i rifiuti la

divido con loro.

Epulone Ecco perché puzzano! Lo sai cosa significa pezzente? Dovresti saperlo se vieni dal

Sud!

Lazzaro Certo che lo so, signore! Deriva da “pezzire” cioè chiedere. Ma chiedo senza

obbligare nessuno. Mangio quel poco per vivere. E voi signore sapete cosa significa

il vostro nome?

Epulone Il pezzente è anche saputello! Avanti dimmi! Erudiscimi, straccione, ultimo degli

ultimi.

Lazzaro Non voglio offendervi, ma la sera prima di dormire accendo una candela e leggo i

giornali che le persone gettano e imparo cose nuove. Mi diverto a sognare e a

sentirmi come tutti gli altri.

Epulone Non m’interessano i tuoi sogni... Dimmi cosa significa il mio nome?

Lazzaro Epulone significa “banchettatore”.

Epulone (sarcastico) Ghiottone in poche parole! Hai ragione. Io vivo per mangiare. Tu invece

mangi per vivere. Sono ricco e mi posso permettere ogni cosa. Trascorro il mio

tempo a contare i profitti giornalieri, a divertirmi con i miei amici tra feste e cene di

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lusso. Cose che tu puoi solo sognare leggendo tra le righe di giornali della

spazzatura.

Lazzaro Datemi un poco di acqua... Mi sento venir meno... Dal Cielo sarete ripagato se farete

un’opera buona.

Epulone Dal Cielo? Il mio Paradiso è qui sulla terra. Mai berrai la mia acqua. Mai! Neanche

una goccia! Stasera berrò champagne alla tua salute e mangerò ostriche alla salute

del cielo (ride).

Lazzaro Grazie lo stesso, signore. Vado nella mia casa di cartone. Oggi sono molto stanco.

Non ho mangiato nulla e le forze vengono meno. A domani signore, se Dio vuole. E

si diverta.

Narratore (apre il giornale) Il giorno dopo Lazzaro fu trovato morto nella sua casa di cartone e

il ricco Epulone terminò la sua esistenza per una scorpacciata di ostriche non

freschissime. Ma vediamo cosa accadde laddove la giustizia non è la giustizia del

nostro mondo.

SCENA TERZA

Nell’altro mondo

Lazzaro (seduto sullo sgabello alto. Pane e acqua dalla parte di Lazzaro)

Epulone (seduto sullo sgabello basso)

Abramo (vicino a Lazzaro)

(Lazzaro e Abramo parlano tra loro)

Epulone (da sotto) Ehi lassù c’è qualcuno? Ehiiiiiiiii! Un goccio d’acqua vi prego! Ehiiiiiiiiiii!

Lazzaro Signore cosa fa lì sotto?

Epulone Che ci fai tu lì? Hai preso il mio posto? Ti prego Lazzaro vieni e portami da bere. Si

soffoca qui, mi manca l’aria.

Lazzaro Signore non posso, mi dispiace! Vorrei, ma non posso.

Abramo Epulone, hai meritato la giusta condanna. Tu nella vita hai avuto tanta ricchezza

materiale. Lazzaro era povero di tutto e ora gioisce del premio eterno.

Epulone Ti prego, padre Abramo, manda Lazzaro ad ammonire la mia famiglia a non essere

come me. Ti prego. Troppo grande la pena che si soffre.

Abramo A nessuno è dato di lasciare questa esistenza ultraterrena. Lazzaro perderebbe parte

della sua felicità. La tua famiglia ha il modo per ravvedersi, Dio entrerà nella loro

vita solo se lo vorranno. Niente è impossibile a Dio.

Epulone Nessuno prenda esempio da me. Perdonami Lazzaro... Perdonami. (abbassa il capo e

piange con le mani sul volto)

(Lazzaro e Abramo si allontanano dalla scena)

Narratore (rivolto al pubblico) Lazzaro perdonò Epulone come aveva sempre fatto. Non

sappiamo se Epulone abbia mai perdonato se stesso. Una cosa sola è certa: “la

giustizia divina è ben superiore a quella terrena”. Shhhhhhhhhh … Uomo Qualunque

si sta svegliando...

Uomo Ho deciso! non leggerò più il giornale. Ho fatto un sogno stranissimo. Un ricco, un

povero, nuvole, fiamme, sgabelli... No, no, no! O cambiano le notizie o basta giornali

in questa casa. Sono un Uomo Qualunque, ma voglio vivere come un qualunque

uomo! Non posso prendermi i problemi degli altri. (rivolto al pubblico) Voi la

pensate come me, vero? Fate bene! State fuori da tutto. Almeno farete sogni

tranquilli (esce di scena).

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Narratore È solo un Uomo Qualunque, troppo meschino per assumersi delle responsabilità.

Non dategli retta. Dovete essere Uomini, Uomini veri, Uomini che vivono e

insegnano con i fatti la vera giustizia. Una giustizia che non ha colori, non ha punti

cardinali, non ha né ricchi né poveri. Una giustizia che è pane e acqua per tutti, che

non privi l’uomo della sua dignità e che soprattutto non riempia più i giornali con

drammatici fatti di cronaca (esce dalla scena).

Realizzato da:

Massimo Mezzacapo ([email protected])

Docente Itinerante SPPG Rovereto Sud A.S. 2013/2014

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TITOLO LA PARABOLA DELLA MONETA PERDUTA

Riferimenti biblici Lc 15,8-10

Classi

Tecnica di narrazione Narrazione in prima persona

Personaggi La Moneta

Materiali usati Una moneta grande di cartone

Tematiche proposte Parabole della misericordia

NARRATORE (Moneta)

Ciao bambini!

Io sono una piccola moneta; non sono né d'oro né d'argento... mi chiamo DRACMA.

Ora mi trovo in casa, sul tappeto della mia padrona insieme ad altre 9 monete, ma io sono nel posto

d'onore. Intorno a noi ci sono tante donne che ridono, mangiano, bevono e sono contente. Come mai

c'è tanta gioia? E perchè sono al centro dell'attenzione? Ora ve lo racconto.

Io appartenevo alla mia padrona che mi aveva risparmiato con tanta cura e tanta attenzione insieme

alle altre 9 mie compagne. Questa mattina ci stava contando tutte quante, perché per lei noi siamo

tutte importanti e lei tiene tanto ad ognuna di noi.

Dovevamo esserci tutte e 10, ma io, birichina, volevo esplorare il mondo e mi sono lasciata

scivolare dalle sue mani. Un piccolo volo e mi sono ritrovata a rotolare allegramente sul pavimento,

finché un muro ha arrestato la mia corsa.

Io, color bronzo, mi sono mimetizzata molto bene con la terra del pavimento. Sentivo e vedevo la

donna disperata cercarmi dappertutto!

Ha acceso la lampada, ha spostato il tappeto e le anfore, ma poi, non trovandomi, ha pure preso la

scopa e si è messa a spazzare.

Io me ne stavo tranquilla nel mio nascondiglio aspettando il momento giusto per uscire dalla casa.

Ma, ahimè, la mia avventura si è conclusa troppo presto!

La mia padrona mi ha visto, mi ha raccolto e mi ha riposto con cura e attenzione insieme alle altre.

Ed eccoci qui: io, le mie 9 compagne, la nostra padrona, le sue amiche e le vicine di casa.

Ed io ho capito quanto è stata grande la gioia della mia padrona per avermi ritrovata.

Non pensavo di essere così preziosa e importante per lei!

La mia storia è scritta nel Vangelo; l'ha raccontata Gesù.

L'insegnante, dopo il racconto, legge la parabola dal Vangelo di Luca (Lc15, 8-10).

Gesù conclude questa storia dicendo:” Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un

solo peccatore che si converte”.

Realizzato da:

Claudia Martinelli [email protected]

Maria Grazia Resmini [email protected]

Elena Filippi

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TITOLO LA PARABOLA DELLA PECORA SMARRITA

Riferimenti biblici Lc 15,1-7e Mt 18,12-14

Classi

Tecnica di narrazione Narrazione in prima persona

Personaggi Pecora Bianchina

Materiali usati Disegni fissati l'un con l'altro a formare come una pellicola e

arrotolati su due bastoni. I disegni vengono fatti scorrere all'interno

di uno schermo.

Tematiche proposte Parabole della misericordia

NARRATORE (Pecora)

Ciao, bambini! Oggi sono venuta a trovarvi e a raccontarvi quello che mi è successo proprio ieri,

perché voglio farvi conoscere il mio caro pastore e farvi vedere quanto è grande la sua tenerezza e

la sua bontà.

Mi chiamo Bianchina e sono una delle cento pecorelle del mio caro e buon pastore. Secondo voi

sono tante o poche cento pecore? Sono tante? No, vi dico che sono poche. Perché? Eh, perché nella

terra di Gesù i pastori avevano tante pecore: migliaia e migliaia. Pensate che Abramo, che era un

pastore della Palestina, ne aveva così tante da aver bisogno di ben trecentodiciotto uomini che lo

aiutassero a custodire e guidare il suo grande gregge! Invece il mio pastore ne ha appena cento e

vuole bene a tutte quante. Gli siamo così care che ci ha dato un nome a tutte! Una si chiama Neretta

perché è tutta nera, come il carbone; un’altra l’ha chiamata Ricciutella, perché ha una lana piena di

riccioli belli, belli.

Come vi ho già detto, io mi chiamo... (far dire il nome ai bambini). Sapete perché? Perché ho la

lana fine fine e bianca. Bianca come la neve. Sono proprio bella, forse anche la più bella di tutte,

ma sono anche un po’ capricciosa.

Spesso mi capita di sentire, di nascosto, le mie compagne che parlano di me. “Cosa crede di essere

quella là? La regina del gregge?” E non mi vogliono con loro. Allora io sto sempre vicino al mio

pastore che mi vuole tanto bene e gli piace mangiare con me accanto e, qualche volta, mi da un po’

del suo pane.

Ieri mattina il pastore è uscito dal suo recinto perché, nel paese di Gesù, i pastori non hanno una

casa: hanno un recinto, dove tengono le pecore la notte perché non vengano rubate dai ladri o

mangiate dai lupi. Allora il mio pastore ha aperto il cancelletto del recinto e ci ha fatto uscire tutte

quante chiamandoci per nome. Poi si è messo davanti, con il suo bastone, e ha iniziato a cantare.

Cantava e camminava; su, su per la collina, attraverso i prati, finché ha trovato un bel posto

pianeggiante dove c’era tanta bella erba verde. Allora si è fermato lì e noi pecorelle ci siamo sparse

a brucare tutto intorno belando: beh... beh...

Io sono stata per un po’ vicino al pastore, poi, però, me ne sono andata; ma non volevo stare con le

altre: “Tutte brutte, quelle lì. Sono brutte e antipatiche, non mi piacciono. Io voglio stare da sola!”

Ho visto un bel cespuglio pieno di foglie tenere e mi sono avvicinata per brucarle; poi ce n’era un

altro più avanti e sono andata. Poi un altro, sempre più avanti, e vai, vai.. mi sono allontanata molto

dal gregge.

Intanto il mio pastore guardava tutte le mie compagne e non pensava che io, stupidella, ero andata

così lontano!

E’ arrivata la sera. Io ero distante, molto distante: ero scesa in fondo ad una valle, ero risalita sul

pendio di fronte, poi ancora discesa. Quando mi sono accorta che il sole era tramontato il mio cuore

ha cominciato a battere forte, forte: puff... puff... puff. Avevo sentito raccontare la storia dei lupi che

la notte escono a mangiare le pecore e degli sciacalli, che sono dei cani selvatici e feroci, i quali se

trovano una pecora se la mangiano in quattro bocconi!

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Allora che fare? Ho cominciato a camminare piano, piano, per non fare nessun rumore, ma ad un

tratto: (coinvolgere i bambini chiedendo loro cosa può aver sentito Bianchina) uuuuh! Uuuuh!

“Oh, povera me! Che cosa ho sentito? È l’ululato del lupo! Si, questo è l’ululato di un lupo, lontano,

lontano ma è un lupo! E adesso? No!! Anche l’abbaiare dello sciacallo!” Bambini, che paura che

avevo!!

Intanto, fattosi sera, il pastore ha lanciato un fischio, che noi pecorelle conosciamo benissimo, e

tutte: beh, beh! Si sono raccolte intorno a lui. Il pastore si è messo davanti con il suo bastone e

cantando si è avviato sulla strada del ritorno con tutte le pecore dietro. Quando è arrivato si è messo

sul cancelletto del recinto e ha fatto entrare le pecorelle, contandole una per una: “Una, due, tre,

quattro, avanti Neretta, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, venti, trenta, quaranta, su

Ricciutella, cinquanta... sessanta... settanta... ottanta... novanta... novantottto, novantanove... ne

manca una”. Ha chiuso il recinto e ha guardato le pecore: “Ho capito! È quella stupidella di

Bianchina. Oh, povero me! È rimasta lassù e il lupo me la divora certamente”. (chiedere ai bambini

cosa potrà fare il pastore ora) “No, no! Io vado subito a cercarla, anche se fa buio”.

Le mie compagne stavano zitte, zitte, non osavano neppure belare. Il pastore ha preso il suo bastone

e il cappellone ed è andato dagli altri pastori, che avevano il recinto vicino al nostro, ad avvertirli:

“Fatemi un po’ la guardia anche al mio gregge, per favore”. E poi è partito velocemente.

Cosa avranno pensato le mie compagne? Sono sicura che dicevano: “Ehm, quella smorfiosa! Non

vuol mai stare con noi, e adesso la pagherà, una volta per tutte. Non vuole mai la nostra compagnia,

perché si sente la più bella. Ecco ora vedrà a cosa le serve la sua bellezza!” E ancora: “Mi

rincrescerebbe se il lupo se la dovesse mangiare. Si, mi rincrescerebbe, ma dopo tutto se l’è

meritato, se l’è proprio voluta”. Il pastore correva veloce e, ogni tanto, lanciava un fischio e tendeva

l’orecchio se sentisse un belato.

Io mi ero nascosta: mi sono infilata dentro a un cespuglio di rovo, che mi aveva strappato la mia

bella lana bianca e mi aveva punta dappertutto. Me ne stavo lì quieta, quasi senza respirare, per

paura che si avvicinasse un lupo o uno sciacallo. Ad un tratto mi è parso di sentire il fischio del

pastore e ho teso l’orecchio: il fischio si è ripetuto ancora una volta. Allora ho pensato: “Oh, è

proprio il pastore, il mio buon pastore che viene a cercarmi!”. Ho aspettato un attimo e il fischio si è

ripetuto, più vicino. Ho fatto subito un belato piccolo, piccolo e il pastore un altro fischio; io un

altro belato e il pastore un fischio. Si avvicinava! Si avvicinava: “Eccolo, eccolo, che arriva! Che

gioia, che gioia, sentirlo arrivare!” Ma, ho pensato: (cosa potrà aver pensato la povera Bianchina?)

“Adesso, però, me le suona. Adesso me le dà. Ohhh, meglio le botte del pastore che i denti del lupo

e dello sciacallo”.

Invece, bambini, quale sorpresa!!! Il pastore, pungendosi le mani, ha allargato i rami del rovo, e mi

ha detto: “Povera Bianchina, come ti sei ridotta! Ma guarda quanta paura devi aver avuto! Ti sei

tutta punta? Vieni, vieni, sarai proprio stanca; vieni che ti prendo e ti metto sulle mie spalle”. Mi

prende e mi mette sulle spalle e via, cantando! Come ero felice!!! E dicevo tra me e me: “Com’è

buono, com’è buono!” Poi, però, ho pensato: “Adesso mi sgriderà quando saremo a casa, davanti a

tutte le altre. Me le avesse date subito là, al cespuglio, piuttosto che in presenza di tutte le altre.

Pazienza, meglio le botte davanti alle mie compagne che i denti del lupo o dello sciacallo”.

Le pecorelle dormivano con un occhio solo e stavano aspettando. Ad un certo punto hanno sentito la

voce del pastore che cantava: “Arriva e canta! Vuol dire che l’ha trovata!” Allora hanno chiuso tutte

e due gli occhi e hanno fatto finta di dormire tranquille, tranquille, pensando: “Adesso, almeno, un

bel castigo glielo darà, no?”

Il pastore, arrivato al recinto, mi ha appoggiato a terra accarezzandomi e mi ha detto: “Va’,

Bianchina, va’ a fare la nanna. Chissà come sei stanca, poverina! Dormi tranquilla”.

Le altre non hanno aperto neppure un occhio e hanno continuato a ruminare, come se dormissero

tranquillamente. Il pastore, invece, ha preso due bei fiaschi del suo buon vino, quello che teneva con

cura per le grandi occasioni, ed è andato dai suoi amici pastori dicendo: “Facciamo festa! Avevo

perduto la mia pecorella e l’ho ritrovata”.

Allora che ne dite? Conoscete qualcuno che assomiglia al mio pastore? Mah… non so se c'è

qualcuno come lui! Però se c’è mi piacerebbe proprio conoscerlo!!!

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Realizzato da:

Claudia Martinelli [email protected]

Maria Grazia Resmini [email protected]

Elena Filippi

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TITOLO LA PARABOLA DEL PADRE BUONO

Riferimenti biblici Lc 15,11-32

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione in prima persona

Personaggi La veste del figlio

Materiali usati Una tunica in miniatura, sorretta da una bottiglia

Tematiche proposte Parabole della misericordia

NARRATORE (veste del figlio)

Buon giorno a tutti!

Mi presento: sono una vecchia, sporca e strappata tunica. Sono indossata da un giovane ragazzo

che si trova in viaggio verso la sua casa.

Un tempo non ero così brutta, anzi…. Ero di buona fattura perché il mio padrone è figlio di un

uomo ricco.

Volete sapere cosa mi è successo? Ora vi racconto la mia storia.

Il mio padrone si chiama Ben; viveva in una bella casa insieme a suo padre e il fratello maggiore.

Suo padre possiede tanti campi, bestiame e molti servi. Un giorno il mio giovane padrone, stufo di

obbedire al padre e di aiutare il fratello nei campi, decise di andarsene da quella casa. Andò dal

padre e gli chiese la sua parte di eredità.

Voi sapete che cosa è un’eredità? (risposte dei bambini)

Il padre divise le sue ricchezze in due parti uguali e ne diede una al mio padrone.

L’indomani Ben preparò i bagagli, m’indossò e, felice, partì per la sua grande avventura: una vita

fatta di divertimenti, feste, tanti amici e... niente lavoro! Si sentiva libero e, finalmente, poteva fare

tutto quello che voleva.

All’inizio tutto andò bene. Io ero la sua tunica preferita per le grandi feste notturne nei locali più

belli della nuova città. Durante il giorno stavo chiusa nel baule, ma alla sera, bambini miei, non

sapete che cosa ho visto e sentito! Balli, canti, cene e giochi fino all’alba! Ho conosciuto tante

tuniche simpatiche perché il mio padrone, avendo tanti soldi, pagava per tutti e quindi c’era sempre

tanta compagnia.

I giorni passavano e i soldi diminuivano, finché una sera il mio padrone, già pronto per uscire, si

accorse che la sacca dei soldi era completamente vuota. Non poteva rinunciare a quella festa! Per

questo prese le sue cose: tuniche, sandali, mantelli e li vendette. Con il ricavato si divertì per

l’ultima volta.

Il giorno dopo... Cosa avrà fatto, bambini, Ben? (varie risposte)

Avete ragione: nessuno dei tanti amici lo aiutò e lui rimase solo, senza nulla; e per di più in quella

regione arrivò anche una carestia (sapete cos’è?). Io ero l’unica cosa che gli era rimasta.

E qui incominciarono i guai anche per me. Il mio padrone chiedeva l’elemosina seduto per terra,

dormiva per strada, cercava inutilmente lavoro... Capirete, bambini, io sono si di stoffa resistente e

pregiata, ma giorno dopo giorno, mi sono consumata, strappata e sporcata. Finché mi sono anche

infangata perché Ben aveva trovato lavoro come guardiano dei maiali. Aveva così fame che avrebbe

voluto mangiare il loro cibo. Si, avete proprio capito: eravamo proprio conciati male!

Un giorno sentii Ben mormorare: “Tutti i servi in casa di mio Padre hanno cibo in abbondanza e io

qui muoio di fame! Ho deciso: tornerò a casa e dirò a mio Padre che ho peccato contro il cielo e

contro di lui, non sono neanche degno di essere chiamato ancora figlio. Devo essere trattato come

l’ultimo dei suoi servi!“ Si, era proprio deciso: lasciò quel paese e si mise in cammino sulla via di

casa. Ed eccoci qui: siamo quasi arrivati alla meta.

Ecco, si vede la casa. Ma... ma... Chi ci sta venendo incontro? E’ il Padre? Il Padre di Ben? Ma, no.

Non ci credo!

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Voi cosa dite? È lui o non è lui? Si, è proprio lui! Affretta il passo e... ci abbraccia, ci stringe, ci

coccola! Quanto amore sto vedendo e sentendo! Ben inizia il suo discorso. Cosa aveva deciso di

dire a suo Padre, vi ricordate? (risposte dei bambini)

Il Padre, contento, ordina: “Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al

dito e i calzari ai piedi. Prendete il vitello più grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,

perché questo mio figlio era come morto ed è tornato in vita, era perduto e l’ho ritrovato”.

Ohi, ohi! Cosa hanno sentito le mie orecchie? Il vestito più bello? E io che fine farò?

Un servo porta Ben in un angolo della stanza grande, mi sfila dal suo corpo e mi lancia fuori dalla

porta. Ecco ormai non servo più. Ben è ritornato ad essere il figlio amato, come prima. Cosa vuoi

che mi indossi ancora? Il suo guardaroba è pieno di nuove e pregiate tuniche!

E la festa inizia. Tanta musica, canti, danze e cibo in abbondanza. Quanto mi mancava tutto ciò!

Vorrei sbirciare dalla porta, ma non riesco. Questa festa non è come quelle precedenti, in quella città

lontana. Questa è speciale!

Manca ancora qualcuno a festeggiare il ritorno di Ben: suo fratello. Eccolo che arriva dai campi. Io,

dalla mia posizione, vedo e sento tutto. S’incuriosisce e chiama un servo per sapere cosa sta

succedendo. Appena scopre il motivo di tanta gioia si arrabbia molto e decide di non entrare in casa.

Quanta pazienza ha questo Padre! Esce dalla sala a convincere il figlio a partecipare alla festa.

Quest’ultimo risponde: “Ecco, io ti servo da tanti anni, non ho mai trasgredito a un tuo comando e

tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha

speso i tuoi soldi è tornato, per lui hai ammazzato il vitello più grasso”.

Il Padre, paziente, gli risponde: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo! Ma

bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era come morto ed è tornato in vita, era

perduto ed è stato ritrovato”.

Qui finisce la mia storia. Io chiusa in un baule e il giovane Ben di nuovo a casa con quel

meraviglioso Padre che ama i suoi figli di un amore infinito e misericordioso.

Sapete cosa vuol dire “misericordioso”? Posso tradurlo così: molto, molto, molto buono, che

perdona sempre.

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Claudia Martinelli [email protected]

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Elena Filippi

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IL DECALOGO

I. NON AVRAI ALTRO DIO

FUORI DI ME

Il vitello d’oro Es 32,1-35

Il serpente Gn 3, 1-15

Dio e mammona Mt 6,24-34

Le tentazioni nel deserto Lc 4,1-13

II. NON DIRE IL NOME DI DIO

INVANO

Lamenti del popolo ???

Il fariseo e il pubblicano Lc 18,10-14

Signore, Signore… Mt 7,1-21

III. RICORDATI DI SANTIFICARE

LE FESTE

Guarigione nel giorno di sabato Lc 14,1-6

Il sacrificio di Isacco Gn 22,1-19

IV. ONORA TUO PADRE

E TUA MADRE

Gesù al Tempio Lc 2,41-50

Tobia ???

Noè e i figli Gn 9,18-26

V. NON UCCIDERE

Caino e Abele Gn 4,1-26

Elia e i profeti di Baal 1 Re 18,1-46

La vigna di Nabot 1 Re 21-29

Davide e Uria 2 Sam. 11; 12,1-24

I vignaioli omicidi Mt 21,33-44

La strage degli innocenti Mt 2, 16-18

VI. NON COMMETTERE

ATTI IMPURI L’adultera Gv 8,1-11

VII. NON RUBARE Zaccheo Lc 19, 1-10

Matteo-Levi Mc 2,13-17

VIII. NON DIRE

FALSA TESTIMONIANZA

Le due madri e Salomone 1 Re 3,16-28

La vigna di Nabot 1 Re 21-29

Re Erode e i re Magi Mt 2,3-8

IX. NON DESIDERARE

LA DONNA D'ALTRI

Davide e Uria 2 Sam. 11; 12,1-24

X. NON DESIDERARE

LA ROBA D'ALTRI

La vigna di Nabot 1 Re 21-29

Operai nella vigna Mt 20, 1-6

Anania e Saffira At 5,1-11

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TITOLO LA VIGNA DI Nabot

Riferimenti biblici 1 Re 21,1-29

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione e drammatizzazione

Personaggi Narratore

Re Acab

Gezabele

Nabot

1° Testimone

2° Testimone

Profeta Elìa

Materiali usati

Tematiche proposte Decalogo: “Non desiderare la roba d’altri”, “Non dire falsa

testimonianza”, “Non uccidere”

Narratore Tutti noi abbiamo certamente molti desideri. Se ci appartenesse la casa più bella del

paese? Se tutto andasse come vorremmo noi? Allora saremmo felici? Re Acab, no!

Tanto tempo fa vivevano in israele il re Acab e la regina Gezabele. Tutto il paese era

stato riempito di idoli e i comandamenti del signore erano stati dimenticati. Accanto

al palazzo di re Acab c’era il campo di Nabot: un uomo onesto, che temeva Dio.

Acab Com’è bello il campo di Nabot! E quella vigna… mmmh… com’è tenuta con cura:

non una foglia secca sui rami, non un grappolo poco maturo o uno troppo maturo!

Sai che cosa penso di fare, Gezabele? Chiederò a Nabot se mi vende il suo campo!

Narratore Acab uscì dalla reggia per recarsi da Nabot, mentre Gezabele rimase a riordinare le

statuette di alcuni idoli sugli scaffali.

Acab Buongiorno, Nabot! Vorrei proporti un affare: vendimi la tua vigna, in cambio ti

ricoprirò di denaro o, se preferisci, ti darò una vigna migliore, molto più grande!

Nabot Mi dispiace, ma la terra è di Dio e l’ho ricevuta da lui per esserne un buon

amministratore. Poi, tu conosci la legge, da noi i terreni non si vendono perché

passano in eredità dai padri ai figli! Non ho nessuna intenzione di disobbedire alla

legge di Dio!

Narratore Re Acab se ne tornò a palazzo deluso ed arrabbiato: come poteva un uomo

contraddire il re d’Israele? Se ne andò in camera sua, non volle mangiare. Gezabele,

la moglie, gli chiese come mai si comportasse così. Il re le raccontò ciò che era

accaduto.

Gezabele Ma perché te la prendi in questo modo? Sei o non sei il re d’Israele? Lascia fare a

me: ci penso io a farti avere la vigna di quel Nabot. Ora riposati…

Narratore Gezabele non perse tempo e stese il suo piano: avrebbe bandito una giornata di

digiuno in cui tutti riconoscessero pubblicamente di avere peccato di fronte al

Signore. Nabot, che apparteneva ad una delle famiglie più importanti, avrebbe

dovuto sedere ai primi posti, così non sarebbe passato inosservato…

Gezabele Il piano è pronto. Nabot si siederà ben in vista. Adesso mi servirebbero due persone

bugiarde e di pochi scrupoli che accusino Nabot di aver maledetto Dio ed il re.

Scriverò delle lettere alle persone più importanti della città e vi apporrò il sigillo

reale.

Narratore La mattina seguente il piano si svolse come previsto: venne proclamato il giorno di

digiuno e Nabot venne accusato da due uomini bugiardi di aver maledetto Dio ed il

re.

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1° testimone (indicando Nabot) Ti ho visto venerare le statuette di Baal e di Asera!

Nabot Ma che dici? Non ti conosco nemmeno! E poi… quando mai sarebbe successo?

2° testimone Non cercare di difenderti, è stato il mese scorso! E volevi pure convincere me ad

adorare gli idoli!

1° testimone E come se non bastasse ieri sera te ne andavi in giro maledicendo il re solo perché ti

aveva proposto un affare, che era per giunta onesto e vantaggioso per te!

Nabot Ma questo è un complotto! Vi supplico, mi conoscete tutti, qualcuno mi difenda… io

appartengo solo al Signore e solo a lui rendo grazie! Sono un uomo onesto, mai ho

osato maledire il re!

Acab Silenzio! Io sono il re! Ho sentito abbastanza: che Nabot sia condotto fuori dalla città

e ucciso a sassate!

Narratore Il povero Nabot venne portato fuori dalla città dove fu eseguita la condanna del re.

Gezabele si avvicinò ad Acab e gli disse:

Gezabele Acab, ormai Nabot è morto! Puoi andare a prenderti la vigna che Nabot ha rifiutato

di venderti. Come sai, la legge stabilisce che i beni dei condannati a morte per un

grave reato contro lo stato, sono proprietà del re!

Narratore Ma la storia non finisce qui… mentre Acab si stava godendo il tramonto dorato nella

vigna di Nabot, vide arrivare una sua vecchia conoscenza: il profeta Elìa, mandato da

Dio.

Acab Mi hai trovato, nemico mio!”

Elìa Si, ti ho trovato, perché tu non hai fatto altro che andare contro la volontà di Dio! Il

Signore mi manda a dirti che, a causa di ciò che tu e Gezabele avete fatto al suo

servo Nabot, la vostra dinastia è finita e la vostra famiglia ha finito di regnare su

Israele.

Narratore Queste parole colpirono il re, gli dispiaceva essersi comportato così. Acab tornò a

Dio, per questo Dio lo perdonò.

Realizzato da:

Isangela Dubini

Rita Spinielli [email protected]

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TITOLO LA VIGNA DI NABOT

Riferimenti biblici 1 Re 21,1-29

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione

Personaggi Narratore

Materiali usati

Tematiche proposte Decalogo: “Non desiderare la roba d’altri”, “Non dire falsa

testimonianza”, “Non uccidere”

NARRATORE

Tutti noi abbiamo certamente molti desideri. Se ci appartenesse la casa più bella del paese? Se tutto

andasse come vorremmo noi? Allora saremmo felici? Re Acab, no! Tanto tempo fa vivevano in

Israele il re Acab e la regina Gezabele. Tutto il Paese era stato riempito di idoli e i comandamenti

del Signore erano stati dimenticati. Accanto al palazzo di re Acab c’era il campo di Nabot: un uomo

onesto, che temeva Dio.

Un giorno re Acab, guardando il campo di Nabot pensò: “Com’è bello il campo di Nabot! E quella

vigna… mmmh… com’è tenuta con cura: non una foglia secca sui rami, non un grappolo poco

maturo o uno troppo maturo! Sai che cosa penso di fare, Gezabele? Chiederò a Nabot se mi vende il

suo campo!”.

Acab uscì dalla reggia per recarsi da Nabot, mentre Gezabele rimase a riordinare le statuette di

alcuni idoli sugli scaffali. Quando giunse da Nabot, Acab gli disse: “Buongiorno, Nabot! Vorrei

proporti un affare: vendimi la tua vigna, in cambio ti ricoprirò di denaro o, se preferisci, ti darò una

vigna migliore, molto più grande!”. Nabot lo ascoltò con attenzione, ma replicò: “Mi dispiace, ma

la terra è di Dio e l’ho ricevuta da lui per esserne un buon amministratore. Poi, tu conosci la Legge;

da noi i terreni non si vendono perché passano in eredità dai padri ai figli! Non ho nessuna

intenzione di disobbedire alla Legge di Dio!”

Re Acab se ne tornò a palazzo deluso ed arrabbiato: come poteva un uomo contraddire il re

d’Israele? Se ne andò in camera sua, non volle mangiare. Gezabele, la moglie gli chiese come mai si

comportasse così. Il re le raccontò ciò che era accaduto. La donna gli chiese: “Ma perché te la

prendi in questo modo? Sei o non sei il re d’Israele? Lascia fare a me: ci penso io a farti avere la

vigna di quel Nabot. Ora riposati…”

Gezabele non perse tempo e stese il suo piano. Avrebbe bandito una giornata di digiuno in cui tutti

riconoscessero pubblicamente di avere peccato di fronte al Signore. Nabot, che apparteneva ad una

delle famiglie più importanti, avrebbe dovuto sedere ai primi posti, così non sarebbe passato

inosservato…

“Il piano è pronto” pensò Gezabele. “Nabot si siederà ben in vista. Adesso mi servono due persone

bugiarde e di pochi scrupoli che accusino Nabot di aver maledetto Dio ed il re. Scriverò delle lettere

alle persone più importanti della città e vi apporrò il sigillo reale.”

La mattina seguente il piano si svolse come previsto: venne proclamato il giorno di digiuno e Nabot

venne accusato da due uomini bugiardi di aver maledetto Dio ed il re.

Si alzò il primo testimone e, indicando Nabot, disse: “Ti ho visto venerare le statuette di Baal e di

Asera”. Nabot cercò di difendersi immediatamente dicendo: “Ma che dici? Non ti conosco

nemmeno! E poi… quando mai sarebbe successo?”. Non aveva ancora finito di parlare, che si alzò

un altro uomo esclamando: “Non cercare di difenderti, è stato il mese scorso! E volevi convincere

anche me ad adorare gli idoli! E come se non bastasse ieri sera te ne andavi in giro maledicendo il

re solo perché ti aveva proposto un affare, che era per giunta onesto e vantaggioso per te!”.

Nabot era disperato: “Ma questo è un complotto! Vi supplico” disse quasi tra le lacrime “mi

conoscete tutti, qualcuno mi difenda… io appartengo solo al Signore e solo a lui rendo grazie! Sono

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un uomo onesto, mai ho osato maledire il re!”.

Acab, che se ne era rimasto in disparte ad ascoltare si alzò deciso esclamando: “Silenzio! Io sono il

re! Ho sentito abbastanza: che Nabot sia condotto fuori dalla città e ucciso a sassate!”.

Il povero Nabot venne portato fuori dalla città dove fu eseguita la condanna del re. Gezabele si

avvicinò ad Acab e gli disse: “Acab, ormai Nabot è morto! Puoi andare a prenderti la vigna che

Nabot ha rifiutato di venderti. Tu sai cosa stabilisce la Legge: i beni dei condannati a morte per un

grave reato contro lo Stato diventano proprietà del re!”

Ma la storia non finisce qui… Mentre Acab si stava godendo il tramonto dorato nella vigna di

Nabot, vide arrivare una sua vecchia conoscenza: il profeta Elìa, mandato da Dio. Acab ebbe paura

e disse: “Mi hai trovato, nemico mio!”. Il profeta Elìa gli rispose: “Sì, ti ho trovato, perché tu non

hai fatto altro che andare contro la volontà di Dio! Il Signore mi manda a dirti che, a causa di ciò

che tu e Gezabele avete fatto al suo servo Nabot, la vostra dinastia è finita e la vostra famiglia ha

finito di regnare su Israele.”

Queste parole colpirono il re. Gli dispiaceva essersi comportato così. Acab tornò a Dio, per questo

Dio lo perdonò.

Realizzato da:

Isangela Dubini

Rita Spinielli [email protected]

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TITOLO DAVIDE E URÌA

Riferimenti biblici 2 Sam. 11; 12,1-24

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione in prima persona

Personaggi Salomone

Materiali usati

Tematiche proposte Decalogo: “Non desiderare la donna d’altri”, “Non uccidere”

NARRATORE/SALOMONE

Sono Salomone, il Re d’Israele. Una cosa solo ho chiesto al Signore: il dono della saggezza. Non

l’oro, il potere o le vittorie in battaglia, ma la saggezza.

Quanto siamo diversi, mio padre ed io…

Mio padre, il grande re Davide, ha conquistato, dominato, si è fatto temere; è stato un uomo di

guerra.

Anche la mia nascita è legata ad una conquista, ad un dominio, alla guerra, alla morte…

Ecco com’è andata.

Una sera di primavera, di tanti anni fa, mio padre, il re Davide, andò a passeggiare sul terrazzo della

reggia. Il sole stava tramontando e papà guardava la città di Gerusalemme. Molti uomini erano

lontani a combattere e quella sera, dal terrazzo, mio padre vedeva solo anziani seduti davanti alle

porte di casa e giovani serve che portavano l’acqua.

All’improvviso il suo sguardo fu attirato da una giovane donna che faceva il bagno nel suo giardino,

sola.

Papà sapeva che avrebbe dovuto distogliere lo sguardo, ma non lo fece. Continuò a guardarla

perché era bellissima e se ne innamorò a prima vista.

Chiamò uno dei suoi servi e gli chiese: “Gioele, sai dirmi chi è quella donna?” “Certo, maestà”

rispose il servo “è Betsabea, la moglie di Urìa l’Hittita. Suo marito sta combattendo con il tuo

esercito al comando del generale Ioab!”

Mio padre fissava la ragazza in continuazione: era in assoluto la donna più bella che lui avesse mai

visto! Fu a questo punto che disse al servo: “Vai a prenderla e portala da me!” Il servo obbedì, andò

da Betsabea e la portò da papà. Nessuno osava opporsi ai desideri del re e così, mentre suo marito

era lontano, nel deserto, a combattere con l’esercito, Betsabea si unì a mio padre.

Papà sapeva di aver agito male, ma decise che ciò che era successo sarebbe rimasto segreto per

sempre. E sarebbe andata così se non fosse accaduto quel che è accaduto…

Dunque… dove ero rimasto?

Ah, sì! Poco tempo dopo Betsabea tornò da papà a dirgli che aspettava un bambino e che quel

bambino era suo figlio.

Papà era combattuto: certo gli piaceva l’idea di avere un figlio da Betsabea, ma come avrebbe

potuto evitare lo scandalo? Passeggiava nervosamente in giardino pensando al da farsi e pensa che

ti ripensa esclamò: “Trovato! Farò tornare a casa Urìa, lo convincerò a stare qui per un po’, starà

con sua moglie e così crederà che il bambino sia suo. Nessuno saprà mai quello che ho fatto!”

Così mio padre mandò un messaggio al generale Ioab, chiedendo che Urìa fosse mandato a

Gerusalemme. Urìa si precipitò a rapporto a palazzo reale dove incontrò il re, mio padre, che gli

chiese come stesse procedendo la battaglia e come si stessero comportando il generale Ioab e i

soldati. Urìa fece il proprio rapporto, quando fu congedato era buio e si mise a dormire sui gradini

del palazzo.

Mio padre lo chiamò e gli disse: “Urìa! Torna a casa da tua moglie. Hai combattuto bene, hai

affrontato un lungo viaggio e meriti un po’ di riposo!” Ma Urìa, che era un soldato valoroso e un

uomo giusto, obiettò: “Come posso riposare al caldo, quando i miei compagni dormono all’aperto e

affrontano il nemico? Come posso andare a mangiare, a bere e a dormire con mia moglie, quando

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loro sono lontani dalle loro case e dalle loro mogli? Non lo farò mai! Non sarebbe giusto!”

Mio padre provò persino ad ingannare Urìa: la sera successiva fece preparare un banchetto in suo

onore e lo fece ubriacare, ma neppure questo funzionò. Urìa non tornò a casa e rimase a dormire coi

servi.

Allora papà prese la sua decisione: consegnò ad Urìa un messaggio da portare al generale Ioab.

Urìa galoppò fino all’accampamento e consegnò il messaggio del re a Ioab.

Ioab congedò Urìa, poi lesse il messaggio: “Mettete Urìa in prima linea, dove la battaglia è più

violenta. Poi lasciatelo solo, in modo che sia colpito a morte!”

Ioab obbedì all’ordine. Mandò Urìa sotto le mura della città nemica e il valoroso soldato morì

colpito da una freccia.

Quando Betsabea apprese la notizia, ne rimase afflitta a lungo.

Il piano di mio padre sembrava funzionare…

Papà fu paziente, attese un po’, poi sposò Betsabea e nacque il bambino.

Nessuno sapeva che cosa aveva fatto papà. Nessuno tranne… Dio!

In passato Dio aveva benedetto papà, aveva eletto la sua discendenza, gli aveva mandato Natan a

dirglielo. Per questo papà era felice ogni volta che vedeva arrivare Natan, perché Natan era un

uomo di Dio, un profeta e quando arrivava era perché Dio l’aveva mandato.

Quel giorno Natan fu annunciato a papà con queste parole: “Maestà, Natan chiede di poterti

parlare!”

“Fatelo entrare!” disse papà. E quando se lo vide davanti gli disse: “Benvenuto, amico mio! Di che

cosa vuoi parlarmi?”

“Maestà” rispose Natan “in una città vivevano due uomini: uno ricco ed uno povero. Il ricco aveva

molte pecore e molti buoi, mentre il povero aveva una sola pecorella. Aveva risparmiato molto per

poterla comprare e, una volta che l’aveva avuta, l’aveva allevata con cura. La faceva stare in casa

coi suoi figli, le dava il suo pane, la faceva bere nella sua tazza, la coccolava: per lui era come una

figlia. Un giorno arrivò a casa del ricco un ospite inatteso. Per preparargli il pranzo, l’uomo ricco si

guardò bene dal prendere una delle sue pecore o uno dei suoi buoi: rubò la pecorella del povero, la

uccise e la cucinò per il suo ospite.”

Poi Natan si interruppe. Papà, che aveva il senso di giustizia, scattò in piedi ed esclamò:

“Quell’uomo merita la morte!”

Non fece a tempo a finire la frase che Natan, guardandolo dritto negli occhi, gli disse: “Quell’uomo

ricco, mio re, sei tu!”

Papà restò lì ritto in piedi come pietrificato, mentre Natan incalzava: “Ascolta ciò che ti dice il

Signore Dio di Israele: Io ti ho scelto perché fossi re d’Israele, ti ho dato mogli, terre e l’intero

regno. Questo non ti bastava? Per avere Betsabea hai fatto combattere Urìa l’Hittita, suo marito, in

prima fila dove la morte era certa. E così è stato: Urìa è morto! Ma quella morte, ora, pende sul tuo

capo!”

Papà, il grande re Davide, l’uomo di guerra e di conquiste, chinò il capo desolato, non osando

nemmeno guardare il profeta Natan, e cominciò a piangere come un bambino: “È vero” confessò

“ho peccato contro Dio! Dimmi Natan, quale sarà la mia punizione?”

Natan rispose serenamente, ma triste in volto: “Il Signore ti ha perdonato, tu non morirai. Ma si

ammalerà il bambino e morirà!”

Fu così che mio fratello morì quando era ancora piccolo e mamma e papà ne furono affranti.

Dopo un anno nacqui io. Appena nato, papà mi portò da Natan e gli disse: “Si chiama Salomone, è

figlio mio e di Betsabea. Vogliamo che tu lo benedica e che cresca conoscendo Dio!” Natan mi

prese in braccio, sorrise, poi disse a papà: “Crescerà in forza e saggezza, sarà molto amato da Dio,

diventerà re! Hai la mia benedizione, piccolo Salomone! pregherò per te!”

Ecco: è andata così. Per questo io sarò un uomo di pace…

Realizzato da:

Ins. Isangela Dubini

Rita Spinielli [email protected]

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TITOLO LA DIVINA COMMEDIA

Riferimenti biblici Es. 20, 2 – 6

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione e drammatizzazione

I dialoghi sono talvolta in “simil-romanesco”

Personaggi Narratore /Burattinaio

Dio

Adamo

Eva

Diavolo/serpente

Mela

Materiali usati Scena molto semplice: un fondale nero con sopra raffigurata la

Terra.

Sulla destra il Teatrino dei burattini con 2 personaggi appoggiati sul

Boccascena : Pulcinella e il diavolo. Tra i 2 burattini una bellissima

Mela.

Sedie bianche, quella del diavolo rossa.

Una luce “segui persona” o faretto.

Costumi : jeans, t-shirt personalizzate (con i nomi e/o simboli del

personaggio interpretato)

Tematiche proposte Decalogo: Primo e Secondo Comandamento

Narratore (con una Bibbia in mano) Carissimi ragazzi quella che sto per raccontare non è una

favola, ma una storia che in qualche modo ci vede tutti protagonisti.

(inizia a leggere) Dal Libro della Genesi “ In principio Dio creò il Cielo e la Terra...

Dio Chi mi nomina? Non sapete che il mio nome è impronunciabile? Parlate del Principio

vero? (rivolto al pubblico sperando in una risposta) Avevo progettato tutto secondo

i canoni. Nei primi 3 giorni ho creato e negli altri 3 giorni ho abbellito ciò che già

avevo pensato e realizzato. Poi ho fatto gli uomini (indica il pubblico) Mi aspettavo

gratitudine e invece...

Narratore Ti sei mai pentito?

Dio Pentirmi? No... Forse ho sofferto come dice qualche Teologo, ma pentito mai. Essere

Dio non è cosa di tutti i giorni. Avrei potuto distruggere tutto, ma a tutto c’è rimedio,

come dite voi! ( indicando il pubblico e poi si siede)

Narratore Andiamo per ordine. (riprende a raccontare) Dopo aver creato tutto, Dio prese del

fango e fece l’Uomo. Poi effuse lo spirito dentro di lui. E l’Uomo di fango divenne

un Uomo vero e a quest’uomo Dio ordinò di dare il nome ad ogni cosa (narratore si

siede).

Adamo (entrando in scena) … non fu facile, ero stato fatto da pochissimi minuti, i neuroni e

i muscoli (fa vedere i muscoli) si erano appena svegliati e subito ho dovuto lavorare

(sbuffando). Poi, non avendo trovato una simile a me, come se Lui non lo sapesse

(indicando Dio), ho sentito calarmi le palpebre e Lui, come un abile chirurgo, mi ha

tolto una costola, l’osso più vicino al cuore, e ha creato la donna. Colei che mi

avrebbe dovuto dare gioie, seguire nel bene … e invece? Dolori e angustie. Vi

rendete conto? Io, Uomo Intelligente tratto dal fango, e Lei, dalla mia parte più

nobile. (si siede toccandosi il cuore).

Eva (entra in scena) Solo dal cuore potevo uscire! Un certo Signor Talmud, uomo colto

ed ebreo, sai come mi ha descritta? “La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non

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dai suoi piedi perché debba essere pestata, né dalla testa per sentirsi superiore, ma dal

fianco per essere uguale, un poco più basso del braccio per essere protetta e dal lato

del cuore per essere amata”. Sono stata moglie e madre (sospirando).

Adamo Non parliamo dei nostri figli! Bell’esempio!

Dio (serio) Non divagate! Non cambiate discorso! Ero il vostro Dio e mi avete rinnegato.

Io vi ho scelti, Io vi ho amati per primo, dovevate incidere il mio consiglio nel vostro

cuore e nella vostra mente. Ma le mie parole le avete sparse come sabbia al vento.

(si siede)

Narratore (rivolto ad Adamo ed Eva) Perché lo avete deluso?

Adamo Siamo stati ingannati, raggirati! Noi creature intelligenti siamo stati confusi da un

Boa Costrictor. Lo dice il nome stesso: CO STRI CTOR. Ci ha costretti!

Eva Tu saresti l’uomo nobile e intelligente? Tu sei un ignorante. Si dice Boa Constrictor.

Non peggiorà la situazione. Zitto e ascolta.

Adamo (si siede)

Eva (con tono di chi racconta) Era trascorso qualche giorno da quando Dio ci aveva

parlato, ma quel pomeriggio faceva molto caldo, non si respirava, una giornata afosa

e il serpente stava lì, si crogiolava al sole, con i suoi occhi melensi, come di uno che

vuole attaccare bottone. Adamo era assorto nei suoi 1000 pensieri... Chissà che

pensieri poteva avè uno creato da poco! E allora (restano in piedi Eva e il diavolo)

Diavolo Csssalve. Che fai? Che pensi? Che dici? (con tono eccessivamente mieloso)

Eva Calmo, calmo!!! Troppe domande! Sono stata creata da poco... non conosco tante

parole. A proposito ma com'è che tu parli?

Diavolo (fa finta di non capire) Cssss cosa vi ha detto Dio? Csssss... È proprio un tipo

strano... Dice di essere l’unico e vero Dio, crea tutto e poi vi vieta di mangiare...

cssssssssss...

Eva Ma che dici!? Se vede che strisci e non poi sentì quello che dicono quelli che

camminano! Noi possiamo mangiare ogni cosa.

Dio (da seduto) Io sono il vostro unico Dio, non lui. Io sono Parola, lui solo parole.

Troppe e inutili parole.

Eva (rivolta al pubblico) Non potevamo mangiare solo dell’albero al centro del giardino

(rivolgendosi a Dio) Certo pure Tu! Non era meglio una bella fontana al centro di un

giardino? Fu un attimo e il serpente mi porse la mela. Si, proprio quella (indica la

mela tra i 2 burattini ) e io non ho saputo resistere. Ho preferito togliere una D dal

nome di Dio.

Adamo (interrompendo) E io, per non essere meno di una donna, ho fatto lo stesso Si è

scatenata l’ira di Dio. Ho tentato di spiegare, di mettere una toppa, ma niente... Non

c’è stato niente da fare. Le urla si sentivano fino in Paradiso.

Eva Lo vedi che solo dal fango potevi venì? Noi stavamo in Paradiso!!!

Dio Avete pagato le conseguenze, non potevate stare più con me. Anzi, per chiarire una

volta per tutte, non vi ho cacciati Io, ma voi vi siete auto-cacciati.

Adamo Stà a vedè mò che ce semo dati na zappata sui piedi!

Eva Sta 'bono Adà. Non peggiorà le cose, che già stamo colle pezze. Solo una cosa non

m’è stata mai chiara. Perché tutti pensano che fosse una mela? Scrittori, pittori,

scultori ci raffigurano sempre co sta mela in mano... Ma chi ve l’ha detto che era una

mela? Che ne sapete!!!

Mela (viene illuminata) Salve. Sono la Mela, il frutto proibito. Sapete perché sono stata

scelta io? Perché io sono un falso-frutto. Di me voi mangiate il non-frutto Il mio

vero frutto è la parte interna, quello che chiamate torsolo. Molti illustri personaggi

dicono che fui io il frutto delle origini. Il proverbio dice: Una mela al giorno leva il

medico di torno. Ma in principio io levai l’uomo di torno a Dio! ( resta illuminata)

Narratore (rivolto a Dio) Tutti furono puniti?

Dio Si, tutti. Il serpente ancora striscia, Adamo lavora, Eva soffre nel dare la vita. Poi

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misi un angelo a guardia del Paradiso. Poco più tardi, a un uomo di nome Mosè, dissi

di accettare le mie Regole per il mio Popolo. La mia Parola fu incisa su tavole di

pietra perché nessuno dimenticasse che Io sono l’unico e vero Dio.

Narratore (legge dalla Bibbia Es 20, 2-6)

“Io sono il Signore Iddio tuo, che ti ho tratto fuori del paese di Egitto, della

condizione di servitù. Non avrai altro Dio oltre me. Non farti scultura alcuna, ne

immagine alcuna di cosa che sia in cielo di sopra, né di cosa che sia in terra di sotto,

né di cosa che sia nell’acque di sotto alla terra. Non adorar quelle cose, e non

servir loro; poiché io, il Signore Iddio tuo, sono un Dio geloso, che visito l’iniquità

de’ padri sopra i figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di coloro che

m’odiano. Ed uso benignità in mille generazioni verso coloro che mi amano e

osservano i miei comandamenti”.

Dio Ho creato l’uomo per la fedeltà, ma l’uomo non ha resistito a lungo. Il denaro, il

corpo, il cibo, le bevande, gli idoli, il successo, la tecnica, la proprietà, gli affari, il

potere, la cultura, l’affermazione di sé non sono Dio. Uno solo è il Signore: Io. Colui

che vi ha dato tutte queste cose, l’intelligenza per capire, la volontà per volere e la

libertà per scegliere. Ho creato l’uomo simile a me, ma non si può servire allo stesso

modo Verità ed Errore. Ogni uomo può creare un proprio mondo, ma perde la grazia

e perde Me, il suo Unico Dio.

(tutti sono seduti eccetto il Narratore)

Narratore (rivolto ai ragazzi) Triste storia! Vedete ragazzi cosa accade a non mantenere una

Fede e una Parola data? Per chi crede, Dio è al primo posto, anche quando qualcosa

non ci piace. Le 10 Parole non c’impongono nulla, ci esortano a non sbagliare. È Dio

che ci indica il modo per vincere l’antico serpente. O con Dio o contro Dio. Non

esistono vie di mezzo. O liberi verso la Terra Promessa o schiavi in esilio. Ma che

succede? (trambusto di sedie)

(Tutti gl’interpreti si alzano e si siedono dando le spalle al pubblico e guardano il

teatrino che viene illuminato)

Burattinaio Venghino Signore e Signori ad assistere alla storia più vecchia del mondo, l’eterna

lotta tra il Bene e il Male. Vedremo Pulcinella sconfiggere il suo antico nemico, il

diavolo. Nel grande Teatro della vita possiamo essere interpreti o burattini. Liberi di

agire nel bene o mossi per mano di altri. (Pulcinella bastona il diavolo)

(si spegne la luce).

Realizzato da:

Massimo Mezzacapo ( [email protected])

Docente Itinerante SPPG Rovereto Sud A.S. 2013/2014

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TITOLO IL TESORO

Riferimenti biblici Mt: 13,44

Classi SSPG/SSSG

Tecnica di narrazione Narrazione

Personaggi Narratore

Materiali usati Bottiglia con mappa del tesoro

Tematiche proposte Parabola del Tesoro Nascosto

NARRATORE

La primavera era entrata da pochi giorni e il tepore del primo sole mi portò a passeggiare lungo il

mare con il mio cane Jack. L’aria frizzante mi accarezzava il volto e ciò che i miei occhi

osservavano non era spettacolo di tutti i giorni. L’acqua sembrava brillare di tanti piccoli cristalli. Il

lungo inverno ormai era un debole ricordo. Jack improvvisamente cominciò a saltare nell’acqua e

ad abbaiare. Incuriosito mi avvicinai. A pochi centimetri da me una bottiglia galleggiava proprio

vicino ai miei piedi. Una bottiglia come tante, ma subito il mio sguardo si fissò a ciò che conteneva.

Un foglio arrotolato, come quei messaggi che gl’innamorati sono soliti affidare al mare con la

speranza di poterli un giorno ritrovare. La curiosità mi portò ad aprirla e con grande sorpresa scoprii

che conteneva un messaggio cifrato, forse un indecifrabile percorso che portava alla scoperta di un

tesoro. Non era un foglio antico, ma senz’altro mi suggeriva un cammino verso l’ignoto, verso un

qualcosa che avrebbe potuto cambiare la vita di un docente di Religione.

Cominciai a fantasticare. Se avessi trovato un forziere pieno di soldi tutto sarebbe cambiato. Una

casa grande, la macchina nuova, un viaggio, i piccoli debiti sarebbero svaniti , una vita senza più

timore del futuro.

Ero felice, tanta ricchezza tra le mani... Per quel momento solo virtuale, ma che ben presto sarebbe

stata mia. Anche Jack percepiva la mia contentezza e saltava scodinzolando come non mai.

Rientrato in casa mi misi subito a studiare la mappa. Riposi la bottiglia in un posto d’onore mentre

il mio cervello cominciava a vulcanizzare mille modi per decifrare lo strano codice.

Una sola frase, brevi parole: Thesaurus est in corde. Il latino studiato a scuola mi aiutò a tradurre,

ma non riuscivo a capire il nesso con la mia ricerca. Cosa c’entra il cuore con un tesoro nascosto?

La cosa più strana erano le diverse abbreviazioni e i tanti numeri... Sembrava una combinazione

segreta.

Non mi persi d’animo e comincia a studiare lo strano ed indecifrabile codice. Prima tappa tutto a

tavolino. Seconda tappa viaggio vero verso ciò che avrebbe cambiato la mia vita.

Rimasi diverse ore a guardare quei monosillabi e quei numeri, era ormai sera, ma non riuscivo a

decifrare nulla.

Pr 3:27 Pr 6:6 Pr 15:4 Mt 13:44 Thesaurus est in corde. Gli unici indizi.

Non volevo cedere alla disfatta, in fondo non sarebbe stato facile per nessuno! Possibile che tutti gli

studi fatti non mi portassero a nulla? Guardai i miei libri con aria di sfida quasi a dire: non siete

serviti a nulla! Ma improvvisamente gli occhi si fermarono sulla Bibbia. Un lampo di genio! Non

era un messaggio in codice, ma passi della Sacra Scrittura. Cominciai la ricerca. Erano soprattutto

il libro dei Proverbi e il Vangelo di Matteo.

(inizia il viaggio introspettivo)

Pr 3,27: Non dire al tuo prossimo:“Va, ripassa domani” se hai ciò che ti chiede.

Questo è troppo, esclamai. Io non sono egoista. Certo non mi piace dare con facilità, ma questo non

posso accettarlo. Chi sei Tu per giudicarmi? Continuai.

Pr 6,6: Va’ dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio.

La cosa diventava più complicata. A chi è rivolto l’epiteto di pigro? Certo qualcuno mi considera un

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pantofolaio. Certo non amo lo sforzo, né fare oltre le mie forze, ma quella parola mi pesava proprio.

Pensai che colui che aveva scritto quella mappa non poteva conoscermi, né pensare che sarei stato

io a trovarla. Volli andare avanti.

Pr 15,4: Una parola buona è un albero di vita, quella malevola una ferita al cuore.

Ancora! Questa mappa metteva in luce alcuni aspetti del mio carattere. Certo non perdono con

facilità, ma sono fatto così! Sono un timido e devo difendermi!

Ben presto mi accorsi che il viaggio era già iniziato e mi avrebbe portato a scoprire qualcosa di

veramente interessante. Continuai il mio cammino nel Testo Sacro.

La Bibbia è l’unico libro che si fa attraversare. Non è solo un girare pagina, ma è un entrare nella

storia. Ognuno può esserne protagonista a pieno titolo. Effettivamente l’uomo di oggi si crogiola su

tre grandi mancanze: l’egoismo, la pigrizia e il rancore.

Mt 13,44: In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in

un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e

compra quel campo”.

Una domanda interiore mi lacerava dentro: Cosa sono disposto a dare per ottenere il Regno dei

Cieli? Solo in quel momento capii che il mio viaggio non era da iniziare, ma era già iniziato. Mi ha

portato dinanzi a una scelta e devo scegliere. Cosa posso dare? Ormai mi trovo coinvolto in questa

strana Caccia al Tesoro. Non avrei stretto ori e gioielli, ne avrei potuto realizzare i miei sogni. Tutto

svanito con poche ma incisive parole.

Jack mi guardava, sembrava intuisse il velo di tristezza che solcava i miei occhi. Io non posso dare

nulla! Esclamai. Io non ho nulla! Sono solo pigro, qualche volta non condivido e non sempre sono

pronto ad offrire un sorriso a chi mi ha offeso. Ecco le uniche cose che posso dare. Se rinuncio

anche a queste mie forze sarò nudo, privato di tutto. La Bibbia cadde dalle mie mani. Non riuscivo

più a pensare. Non volevo pensare. Tutti credono che un prof. / ins. di Religione sia diverso dagli

altri docenti. Non è così! Siamo di carne ed ossa come tutti, con i nostri pregi e i nostri difetti.

Raccolsi la Bibbia. Si era aperta su una pagina che mi riportò il sorriso e la speranza .

Mt 6, 19–21: Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri

scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri

non scassinano né rubano. Perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore.

Solo in quel momento capii il vero senso della mappa. Essere ricchi in Dio è il vero tesoro. Essere

ricchi, spogliando se stessi, è possedere già il Regno dei Cieli. Possedere nulla per possedere tutto

significa sentirsi ricchi.

Il Regno dei Cieli è quindi l’impegno della Fede che mi obbliga ad uscire dalla tiepidezza e dalla

pigrizia. Il Regno dei Cieli è segno di Speranza che m’ incammina verso la conoscenza dell’altro

facendomi uscire dall’egoismo. Il Regno dei Cieli è vincolo di Carità, l’unico dono che è condiviso

e partecipato solo se donato e che, donato, non avrà mai fine. Solo così riuscii a dare un significato

alla mia ricerca. Non ho dovuto viaggiare per trovare il mio tesoro. Il mio Tesoro lo avevo dentro

nel mio cuore e pensai subito di condividerlo.

Il giorno seguente tornammo sulla spiaggia. Jack correva spensierato. Tra le mani stringevo la

preziosa bottiglia, conteneva la mappa arricchita con l’ultimo passo che mi aveva aperto sia gli

occhi che il cuore: Mt 6,19-21. La guardai ancora una volta e poi l’affidai al mare. Il sole scendeva

all’orizzonte, l’acqua era un brulichio di colori dorati. La bottiglia riprese il suo viaggio. Mi piace

pensare che domani uno di voi la troverà e, come me, andrà alla ricerca del suo Tesoro.

Realizzato da:

Massimo Mezzacapo ([email protected])

Docente Itinerante SPPG Rovereto Sud A.S. 2013/2014

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LA DONNA

Eva Gen 2,22-23; 3,1-6.12-16;

Sara e Agar Gen 16ss

Tamar Gen 38ss

Dalila Gdc 16ss

Maddalena Lc 8; 24

(Annunciatrici risurrezione Maria di Magdala,

Giovanna e Maria di Giacomo)

Ester tutto il libro

Debora

Susanna Dn 13

Maria Mt 2; Gv 2; Lc 2

Elisabetta Lc 2

L'adultera 1 Gv 8

Samaritana al pozzo Gv 4

Giuditta tutto il libro

Noemi e Rut Libro di Rut

Marta e Maria Lc 10,38

Madre dei Maccabei Mac 7

Lidia At 7

Anna e Samuele 1Sam 1;2

Vedova di Nain Lc 7,11-17

L'emorroissa Mc 5,25-43

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TITOLO L'ADULTERA

Riferimenti biblici Gv 8,2-11

Classi SP e SSPG

Tecnica di narrazione Narrazione ed animazione di oggetti

Personaggi Narratore/animatore

Materiali usati Uno scriba (Ananas)

Il gruppo dei farisei (tre peperoni, uno giallo, uno rosso, uno verde)

La donna adultera (una zucchina sporca)

Gesù (una melanzana, con la base tagliata per farla stare in piedi se

necessario)

Folla (dei pomodorini a grappolo)

Tematiche proposte Riabilitazione della donna da parte di Gesù

Nota: per questo racconto non è stato elaborato un testo completo ma un canovaccio con il

racconto dal punto di vista degli scribi/farisei. Si parte con una introduzione narrata e poi si

continua con il discorso diretto, animando i personaggi/frutta.

1. Narratore racconta l'antefatto del v. 6: gli scribi e i farisei vogliono mettere alla prova Gesú e

accusarlo

2. Il narratore descrive il luogo (il tempio), l'ora in cui si svolge il racconto (il mattino) e narra

che Gesù sta insegnando ad una grande folla

3. I farisei e gli scribi portano una donna e la pongono al centro

4. Emettono il capo d'accusa e la definiscono "adultera" (è una donna di serie B)

5. Citano la legge di Mosé e chiedono il giudizio di Gesú (prima domanda)

6. Gesù scrive per terra e gli scribi/farisei insistono (seconda domanda)

7. Gesú non risponde e gli scribi/farisei si arrabbiano

8. Gli scribi/farisei insistono (terza domanda)

9. Gesú si alza e invita a lapidarla partendo da chi non ha colpe

10. Gesú scrive per terra

11. Gli scribi/farisei se ne vanno a partire dai più anziani

12. Gesù rimane solo con la donna, si alza e l'aiuta ad alzarsi, la pulisce dalla terra e le parla con

tenerezza

13. Gesù: “Nessuno ti ha condannato? Sei rimasta sola”

14. Gesù le dice di non peccare piú e di vivere il suo essere donna con dignità e fierezza.

15. Gesú guarda andar via la donna che mentre si allontana si gira alcune volte in segno di

ringraziamento.

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L'ACQUA

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TITOLO LA MEMORIA DELL'ACQUA

Riferimenti biblici Gen 1,6; 6,5; 9,17; 21,14; 24,15-21;-29,1-14; 37,24

Es 2,1-10; 7,14-24;14,21-22

1Re 17,33-6

Mt 3,4-7.13-17; 4,18-22; 8,23-27; 14,22-27

Gv 4,1-26 13,5; 19,28.34

Classi SP

Tecnica di narrazione Narrazione in prima persona

Personaggi Goccia d'acqua

Materiali usati Una goccia di cartone

Tematiche proposte L'acqua nella Bibbia

GOCCIA D'ACQUA

Non c'era niente, zero – chiudete gli occhi, tutto nero!

“Sia la luce” tuonò una voce, e poi acqua, tanta acqua, acqua da tutte le parti: l'asciutto, il cielo,

piante, animali, sole, luna, stelle, stelline, acciughe, triglie, cozze... e ancora squali, uccelli,

formiche, somari, buoi, capre, pecore. E chi signoreggia su tutto?

L'uomo e la donna, naturalmente.

E il settimo giorno? Tutti a riposo.

Ecco, la mia storia inizia qui!

Mi chiamo Majim, sono una gocciolina d'acqua e voglio raccontarvi una storia di lunga memoria.

Ma l'acqua non ha memoria!

Ne ha, ne ha, eccome se ne ha. Ma adesso, se siete pronti, venite con me.

Stavo sonnecchiando su di una candida nuvoletta bianca quando mi accorsi che, accanto a me, le

mie amiche farfugliavano cose strane.

Dicono che ci sarà un gran lavoro da fare.

Come?

Sì, sì! Pare che sulla terra gli uomini non si stiano comportando bene – non erano il capolavoro

della creazione? – e il Creatore – vi ricordate che siamo tutti opera sua, vero? – insomma, pare

abbia deciso di far capire a questi capolavori come comportarsi.

Ha scelto un uomo di nome Noè e gli ha detto di costruire una barca – o arca, non ho capito bene –

comunque qualcosa di grande, molto grande e far salire tanti animali, a coppie però.

La storia mi incuriosiva ma non riuscivo a crederci. E mentre ero presa dai miei pensieri ecco che

stavo cadendo – giù, sempre più giù, ci siamo date da fare per ben 40 giorni. Soltanto Noè e la sua

comesichiama – insomma avete capito, la barca, dico bene? – erano asciutti.

E poi, un bel giorno – roba da non crederci – un grande arco di mille colori, era bellissimo! E

quante capriole tutte assieme.

Ricordo una scritta: ALLEANZA. Mi sono chiesta tante volte: cosa vuol dire?

Il mio lungo viaggio continuò fino a un posto di nome Ur. Lì viveva un uomo di nome Abram che si

fidò del Creatore. Lui e sua moglie Sarai ebbero un bel bambino di nome Isacco – lui sì che la

scampò bella!

Ma andiamo con ordine, vi racconto la storia.

Me ne stavo tranquilla tranquilla in un otre, dormicchiando, quando sentii uno scossone.

Cosa succede ancora? Certo che non si può stare mai tranquilli!

Comunque, era Abramo – il suo nome era cambiato. Dimenticavo di dirvi che il Creatore si diverte

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a cambiare i nomi.

Beh, c'era Abramo che rovesciava l'acqua in una piccola otre. Io per la paura mi divisi in due, una

parte di me restò lì e l'altra metà andò con Agar e suo figlio. Ho poi saputo che hanno fatto fortuna!

Sono testimone di molte cose e di molti incontri: ricordo che Rebecca fu scelta come sposa di

Isacco mentre era al pozzo per attingere l'acqua. E ricordo che ero in un altro pozzo quando

Giacobbe vide per la prima volta Rachele. Ricordo anche un'altra vicenda dal triste inizio, quando i

fratelli decisero di lasciare Giuseppe in una cisterna senz'acqua. Io ero in quella cisterna – ero

nascosta – e mi aggrappai alla sua borraccia per curiosità e arrivammo in Egitto dove diventò viceré

e accolse, e perdonò, i suoi fratelli.

In Egitto, sapete, c'è un grande fiume. Lì si che si stava bene! Io stavo tutto il giorno a fare su e giù

tra le piantine acquatiche, quando un bel giorno vidi arrivare una cesta con dentro un bel bambino,

paffutello e piccolino. Gran fortuna ebbe ad essere trovato dalla figlia del faraone. Lo chiamo Mosè

dicendo: ”L'ho salvato dalle acque”.

Visse in Egitto da gran signore, ma dovette fuggire e poi ritornare per sfidare il faraone. Fu proprio

in quella circostanza che ci fece diventare tutte rosse, e non per la vergogna! E poi condusse il suo

popolo fuori da quella terra. Che divertimento fu quel giorno: il mare si divise e noi tutte insieme

formammo un gran passaggio. Non eravamo mai state così in alto. Che emozione provai!

Attraversai anche il deserto con un uomo di nome Giosuè, forte e coraggioso, non so come feci a

sopravvivere vista la gran sete che c'era in giro. Ma alla fine arrivammo – fu dura!

Tante avventure anche lì, ma quella più sensazionale fu la volta in cui ero nella borraccia di un certo

Davide – mi piaceva stare lì – e ascoltavo meravigliose preghiere accompagnate da dolce musica.

Che relax! Beh, alla fine non immaginavo di stare in una borraccia regale... e lo era, perché Davide

fu consacrato re ed il regno riunì attorno a sé.

Ma il povero re tante lacrime versò per il gran dolore che provò. Io però non lo abbandonai, era

troppo divertente stare con lui. Un bel giorno chiamò suo figlio e gli disse: “Io vado. Tu sii forte e

mostrati uomo”!

Io iniziai a sentirmi stanca e mi addormentai. Mi ritrovai nel torrente Cherit, ad oriente del

Giordano, quando ad un certo punto arrivò un uomo che aveva tanta sete e cominciò a bere e – cosa

strana – i corvi gli portavano da mangiare. Che strano personaggio, pensai. Sapete, era un profeta

di quelli che raccontano alla gente le cose che ascoltano da Dio... avete capito? Insomma, lui ha

difeso Dio con tutte le sue forze. “Dio è uno” diceva sempre. Ad un certo puntò sparì su un carro di

fuoco.

Ci fu poi Isaia, un uomo che non aveva peli sulla lingua perché non sopportava l'ipocrisia e la

falsità. Al tempo mi sentivo vecchia e stanca e così mi divisi in due parti: quella più vecchia si

fermò a riposare mentre quella più giovane continuò il cammino.

Ero giovane di nuovo però sapevo già tante cose.

Mi trovai in un grande fiume – seppi dopo che si chiamava Giordano. Lì accadde una cosa

strabiliante: nel fiume c'era un uomo piuttosto strano; vestiva una tunica di peli di cammello e una

cintura di pelle attorno ai fianchi. Tanta gente andava da lui a farsi battezzare con l'acqua.

Un bel giorno arrivò un tale di nome Gesù per farsi battezzare. Lo strano uomo, il suo nome era

Giovanni, non era d'accordo – chissà perché! – ma alla fine gli diede retta. Appena Gesù uscì

dall'acqua si aprirono i cieli e vedemmo scendere una colomba, e tanta luce. Udimmo una voce che

diceva “Questo è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento”.

Dunque, Gesù era suo figlio e quella luce e quel calore erano il suo Spirito, l'Amore.

Adesso iniziavo a capire. Tutte le avventure che avevo vissuto erano servite a farmi capire che la

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mia metà vecchia – speriamo non si arrabbi – ed io eravamo parte di un unica storia che continua e

continuerà anche quando io sarò diventata vecchia e mi dividerò di nuovo!

Ma torniamo a noi, sono sicura che ne vedrò ancora delle belle.

Una delle prime cosa che fece Gesù fu quella di farsi una bella passeggiata lungo il mare di Galilea.

Lì vide quattro pescatori e disse loro di andare con lui. Loro immediatamente lo seguirono, lo

avrebbero fatto tutti, era troppo forte!

Vestiti con tuniche di tela e coi loro sandali di cuoio percorsero tutta la Galilea. La fama di Gesù si

diffuse e tutti andavano da Lui.

Un bel giorno, salito su una barca con i suoi discepoli, ci fu una grande tempesta – che paura, se ci

penso ancora tremo.

La barca era coperta dalle onde ma Lui dormiva – pensate che tipo.

Quando si svegliò disse: “Perché avete paura?”

Vorrei vedere te, pensai. Poi si alzò, sgridò i venti e il mare e tutto si calmò!

Incredibile. Gli avevano ubbidito! Eravamo tutti stupiti!

Ma che ridere quella volta che fece lo scherzo di camminare sulle acque e lo scambiarono per un

fantasma. Me lo sentivo che ne avrei viste delle belle.

Un'altra volta saliva affaticato e accaldato dal Giordano alla Samaria. Stanco, si sedette e fece una

strana cosa – come se tutto il resto fosse normale: prima chiese da bere ad una donna e poi disse che

Lui era la sorgente da cui bere... Vallo a capire! Le disse anche che lui era il Messia. Boh!

Pensate che un giorno, mentre mangiava con i suoi amici – mi pare fosse prima di una festa, la

Pasqua – si alzò da tavola, versò dell'acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi dei suoi

discepoli. Che Uomo!

Alla fine venne arrestato, alcuni dicevano che fosse un rivoluzionario. Che dispiacere, ma io non lo

abbandonai.

Fu consegnato al governatore Pilato. Lui ha provato a liberarlo ma non ha avuto il coraggio di

scegliere e alla fine, presa dell'acqua, si lavò le mani. Bel tipo!

Tanto soffrì Gesù da quel momento! Deriso, torturato e alla fine crocifisso.

“Ho sete” disse. Gli diedero da bere acqua e aceto... ricordo che si fece tutto buio, era la fine di qualcosa.

Povero Gesù! Io piangevo, piangevo e alla fine decisi di andare alla sua bocca per dargli un po' di

sollievo. Non volevo che morisse: non poteva finire tutto così, mi dicevo. Mi bevve e non ricordo cosa

accadde... uscii dal suo costato e mi sentivo diversa, come se tutto l'amore di Dio fosse racchiuso in me,

in una piccola goccia d'acqua.

Realizzato da:

Adele Libonati [email protected]