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Nel primo articolo del Terzo Statuto Costituzionale del Regno d’Italia, promulgato da Napoleone il 5 giugno 1805, si legge: «È specialmente assegnato un capitale di dieci milioni in beni nazionali per l’acquisto dei palazzi posti ne’ contorni di Brescia e di Bologna, pei fondi necessari alla formazione dei parchi di Monza e dei boschi di Ticino» 1 . Lo Statuto certifica dunque la data di nascita del Parco che quest’anno compie duecento anni.

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Nel primo articolo del Terzo Statuto Costituzionale del Regnod’Italia, promulgato da Napoleone il 5 giugno 1805, si legge: «È specialmente assegnato un capitale di dieci milioni in beninazionali per l’acquisto dei palazzi posti ne’ contorni di Brescia e di Bologna, pei fondi necessari alla formazione dei parchi di Monza e dei boschi di Ticino»1. Lo Statuto certifica dunque la data di nascita del Parco che quest’anno compie duecento anni.

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1805-2005. Il bicentenariodel Parco di Monza

di Rosanna Pavoni

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Fu Eugenio di Beauharnais, figlio di Giuseppina e Viceré d’Italia dal 7 giugno 1805,

che volle con determinazione la creazione di un parco destinato esclusivamen-

te alla caccia, secondo i modelli francesi che circondano i numerosi castelli rea-

li. Eugenio nell’agosto 1805 prende alloggio nella Villa progettata da Giuseppe Pierma-

rini per l’Arciduca Ferdinando d’Austra, figlio di Maria Teresa, quando era Governato-

re della Lombardia, eleggendola fra le sue residenze preferite e già il primo luglio di quel-

l’anno l’Intendente generale ai Beni della Corona scrive a Luigi Canonica, architetto di

Corte e allievo del Piermarini, che «Sua altezza il viceré si è degnata di manifestarmi es-

sere sua intenzione di avere un Parco nei contorni di Monza. Affinché si possa formare

un’idea dei luoghi e del modo di formare un tal Parco è necessario avere sott’occhio la

pianta dei terreni […]; volendo sua altezza gio-

vedì prossimo fare una gita a Monza […] vor-

rebbesi in tale circostanza avere sott’occhio il

disegno accennato per le osservazioni e le mi-

sure»2. Nell’arco di pochissimi giorni, Canoni-

ca riceve da Eugenio precise indicazioni che pre-

vedono soprattutto che sia iniziata la costru-

zione del muro di recinzione; nel 1807 si prov-

vede all’ultimo ampliamento acquisendo i fon-

di di San Giorgio e già nel 1808 è documenta-

to l’arrivo di 23 cervi dalla Baviera ospitati nel

provvisorio recinto del Bosco Bello.

Il Parco Reale di Monza nasce dunque come te-

nuta di caccia. Il muro che lo circonda, i recin-

ti e le griglie lignee lungo il fiume Lambro, non

permettono agli animali importati o allevati di

uscire dall’area. Su questa nuova funzione si mo-

difica la struttura precedente e anche le costru-

zioni che già vi esistevano assumono nuovi si-

gnificati: lo stesso Canonica, nella relazione al-

legata al progetto per i giardini e parco annes-

si alla Reale Villa di Monza, scrive che “sicco-

me nell’area del Parco esistono diversi edifici,

questi si potranno in parte demolire ed in par-

te adattare tanto per alloggio di persone che

avranno ispezione nel parco, quanto per rico-

vero degli animali.”3 È questo il caso, per esem-

pio, della Villa Mirabello, storica residenza del-

la famiglia Durini progettata nel 1675 dall’ar-

chitetto Gerolamo Quadrio e fatta restaurare e

ingrandire in forme neoclassiche alla metà del

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Uno scorcio del parco di Monza.

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Veduta aerea della VillaReale di Monza e del suo grande parco.

A fronte in altoRicostruzionedell’aspetto originariodel parco e della Reggiadi Monza, secondo ilprogetto del Canonica.

In basso“Veduta della Villa Augusta” (Villa Mirabellino) in un’incisione diGaspare Galliari del 1808.

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XVIII secolo dal cardinale Angelo Maria Durini. Grande mecenate e intellettuale, egli

ne fece una “villa di delizie” e cenacolo di letterati, luogo di ritrovi musicali e di squisita

ospitalità. Nel 1776, proprio un anno prima dell’inizio dei lavori della Villa Reale, il car-

dinale fa costruire dall’architetto Giulio Galliori la seconda villa detta Mirabellino, pen-

sata per diventare la residenza dei numerosi ospiti: posta di fronte al Mirabello e a que-

sta collegata da un viale di carpini, si viene così a completare una preziosa scenografia

per quello spazio teatrale che farà di questa proprietà il luogo di villeggiatura preferito

dal Durini. Con il nuovo progetto e con il nuovo uso del parco, Villa Mirabello e Mira-

bellino, rimaste inutilizzate dopo la morte del Cardinale, diventano la prima “fabbrica-

to ad uso delle persone addette alla caccia, alla custodia e alla cura del Parco” (come si

legge nella relazione del Canonica prima citata) e la seconda casino di caccia con un sa-

lone affrescato con scene venatorie, residenza particolarmente amata dalla Principessa

Augusta Amalia di Baviera, moglie del Beauharnais, che la fece abbellire con l’“annesso

giardino con vaga collinetta dalla quale l’aspetto del parco e del paese ne diventa anco-

ra più bello”4.

Ugualmente, le cascine si trasformano in allevamenti di animali selvatici e in luoghi di re-

sidenza per i cacciatori o stalle per i cavalli. Cascine in parte già esistenti che vengono “tra-

vestite” o costruite ex novo con forme idealizzate e alla moda: è questo il caso della casci-

na San Fedele in stile neogotico, arricchita e decorata con materiali di recupero provenienti

dalla demolita chiesa di Santa Maria di Brera a Milano, o la cascina Fontana impreziosita

con eleganti archi ogivali, ricordata anche da Cesare Cantù nella sua “Illustrazione del Lom-

bardo Veneto”5.

Completato nel suo disegno iniziale, il Parco viene descritto da Ercole Silva – patrizio mi-

lanese, appassionato partecipe del dibattito sull’utilità pubblica dei giardini – nel 1813

con parole di sincera ammirazione: “un parco magnifico ed esteso” a completamento del-

la “grandiosa regale residenza”; e, ancora, ne viene sottolineata l’amenità complessiva del

paesaggio circostante: “Tutto il tratto del paese all’intorno ed una gran parte de’ colli del-

la vicina Brianza ed un anfiteatro di monti in lontananza concorrono a dare l’ultima ma-

no di perfezione all’amenità del quadro”.

Un primo “cambio” di destinazione d’uso di questa area è elaborato dallo stesso Canonica

nel secondo decennio dell’Ottocento su richiesta dell’arciduca Ranieri. L’Imperiale Reale

Parco di Monza è suddiviso in varie colonie destinate sia all’attività delle cacce, sia all’atti-

vità agricola metafora ideologica del buon governo contemporaneo. Nell’arco di pochi an-

ni, il territorio del Parco, definitivamente formato, “è quindi percepito come una porzio-

ne di territorio idealizzato, un esempio di “bel paese”, … non più un giardino, ma un mo-

dello esemplare da imitare per le attività agricole volte all’innovazione e alla sperimenta-

zione di nuove colture, opzioni che finiscono per suggerire l’appellativo di tenuta agricola

modello”6.

Con l’apertura al pubblico, il Parco assume ancora una volta una nuova fisionomia: si

offre al godimento estetico di un pubblico vasto, cittadino e no, che porta nuovi riti le-

gati al tempo libero e all’idea salutista della bontà del passeggiare: a fine Ottocento

«l’ingresso al Regio Parco è sempre libero al pubblico e vi si può accedere per cinque por-

te», dopo che in periodo asburgico (come apprendiamo dalle guide di Monza), nel

1857, sebbene fosse rimasto “aperto per oltre quarant’anni a sollievo e decoro dei citta-

dini monzesi e di tanti forestieri qui tratti a contemplare le delizie di questi sovrani ri-

trovi” venne chiuso poiché Massimiliano d’Austria intendeva trasformare l’intera pro-

prietà ancora una volta in riserva di caccia. Nel 1864, con i Savoia, venne concesso alla

popolazione monzese l’uso pubblico, con orari e in giornate prestabiliti, di una piccola

parte, quella più vicina alla città, dei Giardini Reali, di quei giardini cioè che erano stati

disegnati dallo stesso Piermarini unendo “all’idea rigorosamente geometrica che presie-

de alla composizione dei giardini alle spalle, ai lati e sul fronte dell’edificio (…) quella

di una natura non progettata … secondo nuove leggi di imitazione della spontaneità del

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La villa Mirabellino in un’incisione tratta da un disegno di CarloSanquirico.

Cascina San Fedele.Incisione del 1827 di Federico Lose.

“Le Lac”, incisione di Federico Lose da“Promenade dans le parc imperial et royalet les jardins de Monza”1827.

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paesaggio naturale”.7 In questo elaborato disegno rientra dunque, sul lato a nord est del

palazzo, in uno spazio limitato del giardino, un piccolo episodio di parco “all’inglese”,

ancora oggi uno dei luoghi più amati e frequentati dell’intero parco. Nel 1920 l’Opera

Nazionale Combattenti, a cui il Parco era stato donato dai Savoia dopo il regicidio di Um-

berto I, ne cede la concessione ai Comuni di Monza e di Milano: e qui comincia la sto-

ria moderna di questo luogo che vede progressivamente cambiare la propria fisionomia,

il proprio ruolo, il proprio rapporto con il pubblico. Nel 1922 vi viene costruito il pri-

mo nucleo dell’Autodromo che apre la stagione dei nuovi insediamenti e delle nuove co-

struzioni, come l’Ippodromo che va a occupare e ad annullare il cannocchiale prospet-

tico che legava il Mirabello al Mirabellino, il Golf Club, e dopo il 1950 si vanno ad ag-

giungere la pista di Hockey, il Polo Club, il centro di controllo della Rai, la Fondazione

Seveso, le attrezzature per l’allevamento dei cavalli e dei cani, il campeggio, la piscina e

l’ampliamento del percorso di Golf. Importante è anche la creazione nel 1964 del Rose-

to di Monza, collocato sul lato nord della corte d’ingresso della Villa Reale, originaria-

mente luogo anch’esso di giardini8.

Oggi il Parco cerca una sua rinnovata dimensione, a dimostrazione della sua mai sopita

vitalità e capacità di passare attraverso differenti modi di essere inteso e di essere usato.

Iniziati alcuni restauri sugli edifici e le cascine storiche e sulle aree verdi – come il viale di

carpini tra le due ville Durini dopo la totale demolizione del galoppatoio e la Villa Mira-

bello – oggi si vuole restituire al Parco anche l’originaria vocazione a essere luogo di go-

dimento estetico: in occasione del duecentesimo anniversario l’Amministrazione Civica

di Monza ha inaugurato il progetto di portare l’arte contemporanea negli spazi e tra i mo-

numenti arborei che attraversano il Parco e che lo arricchiscono di sculture e di installa-

zioni di arte contemporanea all’interno del rinato asse visivo che collega il Mirabello al

Mirabellino. La prima tappa di questo percorso è stata l’esposizione temporanea in col-

laborazione con la Fondazione Pietro Rossini di Briosco (uno dei centri della Brianza

che vede il Parco come sua cerniera, icona e riferimento territoriale).

Il progetto è quindi proseguito con la collocazione permanente dell’opera di Giancarlo

Neri “Lo Scrittore” nel grande prato prospiciente l’edificio che nelle litografie del San-

quirico era adibito a “Fagianaia”, oggi un elegante ristorante: si tratta di una installazione

composta da un tavolo e una sedia fuori scala (circa una decina di metri di altezza) che,

pur nel brevissimo periodo trascorso da quando è stata inaugurata, è già diventata meta

di passeggiate e punto di orientamento in un paesaggio che è ancora in grado di ricevere

e ospitare nuovi inserimenti e di valorizzarli con le sue prospettive uniche e irripetibili.

Note

1 Citato in G. Pasciuti, F. Repishti, “Significati, mirabilia e memorabilia del Parco Reale di Monza” inR. Pavoni , M. D’Elia (a cura di) Arte contemporanea al Parco di Monza. Itinerari all’interno della Col-lezione Rossini, Cologno Monzese 2005 p.19. Rimando a questo testo per una lettura critica dell’usoe del significato del Parco nel corso del tempo.2 Ivi p. 19.3 Allegati alla relazione si trovano i rilievi di 14 cascine e 5 mulini già esistenti all’epoca. Il documentoè integralmente riportato nel fondamentale saggio di Annalisa Maniglio Calcagno, La nascita del Par-co e il suo sviluppo in F. De Giacomi (a cura di), Il Parco reale di Monza, Associazione Pro Monza, Mi-lano 1989 n. 36.4 E. Silva, Dell’arte de’ giardini inglesi, edizione consultata a cura di G. Venturi, Milano 1976; da pa-gina 261 a pagina 267 il Silva descrive i giardini e il Parco di Monza e a queste pagine si rimanda an-che per le citazioni riportate nel testo.5 La costruzione di nuove cascine procederà anche con la Restaurazione e fino agli anni Cinquanta,e già nella raccolta di litografie eseguite da Carlo Sanquirico nel 1830 “Vedute principali della I.R. Vil-la di Monza” compaiono la Cascina Costa Bassa, già ospedale dei cavalli, e la Casalta Nuova.6 G. Pasciuti, F. Repishti, op. cit. p. 26.7 A. Maniglio Calcagno op. cit. p. 58.8 Il Roseto fu voluto e realizzato da Niso Fumagalli, industriale monzese e fondatore dell’Associazio-ne Italiana della Rosa. Dal 1965 vi viene annualmente ospitato un concorso internazionale tra i piùcelebri in questo ambito. Per una più approfondita conoscenza del Roseto e del Concorso si può vi-sitare il sito dell’Associazione Italiana della Rosa: www.airosa.it

A fronteLe Grigne viste dal prato compreso tra le ville Mirabello e Mirabellino.

Veduta generale della villa Mirabellinodal giardino. SP

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Le foto che illustrano l’articolo sono tratte dal volume “Il Parco Reale di Monza” edito dall’Associazione Pro Monzae stampato da Amilcare Pizzi.