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anno V, n. 1 gennaio-aprile 2010 Nerbini Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P . - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Firenze 1

Nerbini - Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze

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anno V, n. 1 gennaio-aprile 2010

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Nerbini

Editoriale Le diverse morti della vita 3

Aurelio Fischetti

L’evoluzione della normativa in materia di cantieri edili: 5

dal D.P.R. 164/56 al D.Lgs. 106/2009

Alessandro Matteucci

Il Ponte Amerigo Vespucci: breve storia di un progetto 10

Marco Gori, Niccolò Mortani

La piazza riscoperta: progettazione partecipata e metodologia 17

del paesaggio sonoro per Piazza della Vittoria

Sergio Luzzi, Rossella Natale, Beatrice Gentili

“L’intervista” - a cura di Lio Fitti

A un architetto italiano la nuova Eco Town di Jingwu, a Tianjin, Cina 28

Lio Fitti

Michelangelo: dall’effimero al non finito 36

Massimo Ruffilli

Mauro Staccioli e l’Antica Fornace Ugo Poggi nell’Impruneta 39

Gian Luigi Corinto

“Ingegneri in Toscana tra passato e futuro” - rubrica a cura di Franco Nuti

Progettazione architettonica e innovazione tecnologica 42

nell’archeologia industriale

Serena Miceli

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sommario

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Quadrimestrale d’informazione dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze

Via della Scala 91 – 50123 FirenzeTel. 055/213704 – Fax 055/2381138e-mail: [email protected]: www.ordineingegneri.fi.it

Anno V, n. 1gennaio-aprile 2010

Direttore responsabile:Cinzia De Salvia

Direttore editoriale:Aurelio Fischetti([email protected])

Comitato di redazione:Franco NutiEnrica SuffrediniMarco Masi

Consulenti:Giampaolo di Cocco – teorico arte-architetturaMarco Dezzi Bardeschi – ingegnere e architetto

Segreteria di redazione:Eleonora Nesi([email protected])

Progetto grafico:Paolo Bulletti e Federico Cagnucci([email protected])

Pubblicità:Lisa Silvestri

Stampa:Tecnostampa – Loreto (AN)

Autorizzazione del Tribunale di Firenzen. 5493 del 31.5.2006

Progettando Ing viene distribuito gratuitamente agli iscrittidell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze.

Realizzazione editoriale: Prohemio editoriale srl, Firenze

© 2010 – Edizioni NerbiniVia G.B. Vico, 11 – 50136 FirenzeTel. 055/200.1085e-mail: [email protected]

ISSN 2035-7125ISBN 978-88-6434-151-4

Istruzioni per gli autoriI testi devono pervenire alla Direzione su sup-porto informatico di corredo a quello cartaceo.È possibile indirizzare al Direttore via e-mail: [email protected], fotografie ecc. saranno pubblicatespazio permettendo. L’invio dell’iconografia susupporto informatico è comunque indispensabile.Salvo casi eccezionali gli originali non verrannorestituiti.

Gli articoli firmati esprimono solo l’opinionedell’autore e non impegnano l’Ordinee/o la direzione e/o l’editore della rivista.

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 20 settembre 2010

Le viaduc de MillauIl viaggio da parigi al sud della Francia si imbotti-gliava a Millau, in Linguadoca, nella profonda valledel fiume Tarn. Nel 1987 la decisione di completare la A75 conun grande viadotto che scavalca la vallata. Vince la gara il progetto dell’ing. Michel Virlogeux(1946) e dello studio Foster. Lo stato affida i lavori in concessione, ad un con-sorzio guidato dal gruppo francese eiffage, le cuiradici si trovano nell’impresa eiffel, che finanzia ilavori senza costi per lo stato e che, in cambio, logestirà per 75 anni. I lavori iniziano nel dicembre 2001 ed in tre anniesatti, come da contratto, il viadotto è aperto altraffico. Chirac lo inaugura il 14 dicembre 2004.Una linea retta lunga 2.460 metri, sorretta da 7sottili piloni strallati. Sei campate da 342 metriciascuna, superate con una travata in acciaio dalprofilo aerodinamico, per una carreggiata a 6corsie. Il pilone più alto (343 metri) supera latorre eiffel. Ventidue (11+11) stralli per pilone che portanociascuno un carico max di 1200 ton. 85.000 mcdi calcestruzzo ad alta resistenza e 36.000 tond’acciaio. Il viadotto ha una pendenza del 3% ed una curva-tura di raggio 20 km.dalla sua progettazione alla sua realizzazione, 600uomini hanno lavorato sospesi nel cielo, comefunamboli, dotati delle più moderne tecnologie,per costruire, con la precisione del millimetro,questo gigante d’acciaio e calcestruzzo armato.Quanto è costato? Meno di 400 milioni di euro.Come da noi l’albergo per il G8 della Maddalena.

(Fausto Giovannardi)

“Non più soltanto quanto grande, quanto resi-stente, quanto potente, ma quali finalità, qualinecessità, quali vantaggi, quali competenze, qualicontrolli. Queste sono le basi su cui ravvivareappunto l’impegno morale che il nostro senso diresponsabilità ci impone di fronte alla società.”

Andrea Chiarugi (1992 XXXVII Congresso CNI)

SToRIA dI CopeRTINA

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editoriale

Aurelio Fischetti

onathan Safran Foer, il trentatreenne scrittore americano autore di fama mondialeper il suo romanzo Ogni cosa è illuminata, ci dimostra che dietro ogni storia, cosìcome in fondo a ogni personaggio, si nasconde una realtà ben più grande e intima

di quanto si mostri dalle prime battute. Ognuno ha un segreto, una lacrima trattenuta, undolore che non è riuscito a superare e ad affrontare.Il tutto è raccontato nello stile del realismo magico.A volte, infatti, leggendo romanzi che possono essere ricondotti a questa corrente, si resta ini-zialmente stupiti, incantati e increduli di fronte alla quasi assurdità del fenomeno magicodescritto, ma poi, a mano a mano che l’autore aumenta i particolari realistici e incrementa laloro meticolosità, si incomincia a credere realmente in questi fenomeni, che da assurdi eimpossibili diventano incredibilmente reali.È così che riescono a tornare alla mente le tante esperienze vissute che ci hanno magicamen-te fatto morire durante il corso della nostra vita professionale.I tanti concorsi persi, oppure vinti, ma che poi la committenza pubblica realizza dando l’in-carico al suo interno e modificando il progetto: come togliere il bambino appena nato dalgrembo della madre. In Francia, come nei paesi anglosassoni nei concorsi danno e fanno fare l’opera, mentre danoi si pensa a rubare l’idea.I progetti bocciati o modificati dalle commissioni edilizie o persino dal singolo capo ufficio(molto spesso questo è un mancato libero professionista e quindi un progettista frustrato),sono all’origine di queste morti.

della vitale diverse morti

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Le banche non aiutano a esercitare la professione, con la loro osti-lità a finanziare le iniziative artistiche e/o gli studi tecnici profes-sionali (anche qui si nota spesso la presenza di frustrazione nei sog-getti che decidono, scaturita dalla propria rinuncia all’attivitàimprenditoriale prima di entrare in banca).I clienti privati, spesso lontani dalla sensibilità espressa nei proget-ti, misurano la qualità solo attraverso il livello di costo della pre-stazione o, ancora, dalla popolarità del professionista.A dar corpo a tutto ciò non manca il professionista che cerca dimettere in cattiva luce l’opera di altri, utilizzando argomentazioniscaturite della propria ignoranza, magari solo per “servire” coluiche lo ha incaricato. E infine aggiungiamo l’“assordante silenzio” dei colleghi, sullequestioni che ci riguardano e che continuiamo a pubblicare.Tutte queste realtà, vergognosamente legittimate, o tristementesubite, durante la nostra vita hanno ucciso più volte le ambizioni,le speranze, l’amore per il lavoro, i principi di sana appartenenza auna società civile, e restano nascoste nei nostri ricordi in attesa diun’etica che non verrà mai rispettata.Cercare i motivi di queste morti è, come immaginabile, compitoassai triste perché ci porta a ricordare con un po’ di rammarico levarie esperienze ingannevoli che ci hanno fatto sperare, o persinosognare, di realizzare qualcosa di “importante”.Le diverse morti della vita fanno parte della nostra storia e giaccio-no in un campo di girasoli, proprio come nella storia raccontatadal giovane Jonathan.

Leggendo i romanzi del realismomagico si resta incantati e increduli per l’assurdità dei fenomeni descritti…poi, diventano incredibilmentereali e fanno tornare alla menteesperienze di morte nel corsodella nostra vita professionale

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egli ultimi anni l’evoluzione della normativa in materia di igiene e sicurezza dellavoro ha avuto una accelerazione derivante dalle direttive “sociali” della UnioneEuropea, che, nel tentativo di uniformare il comportamento degli Stati membri

su questi argomenti, hanno profondamente inciso, anche in Italia, sulla normativa esi-stente.In particolare nel settore edile vi è stato un duplice intervento, sia con una norma “genera-le”, il Decreto legislativo 626/94, che con una norma specifica: il D.Lgs. 494/96. Da questoprimo intervento negli anni ’94-’96 vi sono stati interventi correttivi successivi, fino al rior-dino complessivo di questi ultimi due anni che hanno portato alla stesura del cosiddetto“Testo Unico” della sicurezza sul lavoro.Con la nuova normativa di origine comunitaria si è inciso sugli aspetti organizzativi e gestio-nali della sicurezza nei cantieri, responsabilizzando il committente, creando delle figure tec-niche specifiche per il coordinamento degli aspetti relativi alla sicurezza del lavoro all’inter-no del cantiere (i coordinatori in materia di sicurezza e salute durante la progettazione ed ese-cuzione dell’opera), attribuendo alle imprese e ai loro datori di lavoro nuove competenzeanche sugli aspetti organizzativi e di coordinamento dei subappaltatori e dei lavoratori auto-nomi.

attualità

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Ing. Alessandro

MatteucciU.F. TAV e Grandi Opere −

Dipartimento di Prevenzione

Azienda ASL 10 Firenze

dal D.P.R. 164/56 al D.Lgs. 106/2009

l’evoluzione della normativain materia di cantieri edili:

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Il ciclo di interventi sulla normativa sidovrebbe essere chiuso con il D.Lgs. 106 del2009 che ha apportato significative modifi-che al Testo Unico emesso appena un annoprima. Del resto era evidente a tutti la neces-sità di modificare la norma che presentavatutti i difetti di una operazione necessaria,ma avvenuta con tempi troppo stretti peressere organica e completa.Anche con l’ulteriore decreto di modifica,pur avendo risolto alcuni aspetti che richie-devano un intervento urgente del legislatore,risulta che siano rimaste ancora incertezzeapplicative evidenti.Veniamo ad analizzare le luci e le ombre deltesto modificato dal D.Lgs. 106/2009.Per quanto riguarda il campo di applicazio-ne è stato chiarito che semplici interventi suimpianti sono esclusi dall’applicazione delTitolo IV, vedi il testo dell’art. 88 c.2 letterag-bis («Le disposizioni del presente Caponon si applicano ai lavori relativi a impiantielettrici, reti informatiche, gas, acqua, con-dizionamento e riscaldamento che non com-portino lavori edili o di ingegneria civile dicui all’Allegato X»).Nella definizione di impresa affidataria èstato inserito un paragrafo che, in caso diconsorzio, prevede di identificarla nell’im-presa consorziata assegnataria dei lavorioggetto del contratto di appalto, individuatadal consorzio nell’atto di assegnazione dei

lavori comunicato al committente. È statainoltre introdotta la definizione di Impresaesecutrice: «impresa che esegue un’opera oparte di essa impegnando proprie risorseumane e materiali» (art. 89 c.1 lettera i-bis).Nella definizione del responsabile dei lavorivi è stato un ritorno all’antico, nel senso cheil legislatore ha ripristinato la situazione pre-vista dal D.Lgs. 494/96, nel quale il respon-sabile dei lavori doveva essere nominato dalCommittente e non vi era l’automatismo diidentificazione con Progettista dell’opera e/oDirettore dei lavori introdotto con il D.Lgs.81/08.Per quanto riguarda i compiti del commit-tente nella verifica della idoneità tecnico-professionale sono stati introdotti requisitispecifici per impresa affidataria, esecutrice elavoratore autonomo (Allegato XVII − Ido-neità tecnico-professionale).La nomina del Coordinatore in fase di pro-gettazione deve essere fatta quando è previ-sto l’intervento, anche non contemporaneo,di più imprese esecutrici (art. 90 c.3). Per ilavori privati vi è la limitazione del comma11 dello stesso articolo che prevede per que-sta tipologia di lavori, nel caso non sia previ-sto il permesso a costruire e l’importo deilavori sia inferiore a 100.000 euro, di noneffettuare la nomina. Le funzioni del CSPsaranno effettuate dal CSE, per il quale valela condizione generale di nomina in caso di

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la nuova normativa di originecomunitaria incide sugli aspettiorganizzativi e gestionali della sicurezza nei cantieri: si responsabilizza il committente, si attribuiscono alle imprese e ai lorodatori di lavoro nuove competenze

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presenza prevista di più imprese esecutrici(vedi art. 90 c.4).Rimangono inalterati i momenti di nominadei coordinatori: il CSP al momento dell’af-fidamento dell’incarico di progettazione, ilCSE prima dell’affidamento dei lavori.Il comma 11 ha sollevato alcune perplessità,in particolare con la sua applicazione vieneviolato il principio generale di base delladirettiva comunitaria che prevede la proget-tazione della sicurezza in contemporanea alprogetto vero e proprio dell’opera, mentrenei casi previsti dal comma 11 sarà il CSE adover redigere il Piano, quando la progetta-zione è ormai conclusa. La soluzione indica-ta dalla Circolare Min. Lav. 30 del 2009, cheprevede la nomina del CSE al momento del-l’incarico di progettazione, sembra una“toppa” che va contro il testo dell’art. 90 c.4che prevede la nomina del CSE al momentodell’affidamento dei lavori all’impresa.Veniamo ai datori di lavoro: redigono ilpiano operativo di sicurezza di cui all’art. 89,comma 1, lettera h). L’obbligo di redigere ilPOS non si applica alle mere forniture dimateriali o attrezzature. In tali casi trovanocomunque applicazione le disposizioni dicui all’articolo 26 del presente decreto (fracui il DUVRI). Rimane il dubbio interpre-tativo per una corretta definizione delle atti-vità che in cantiere si possano definire comemere forniture di materiali o attrezzature: lafornitura del calcestruzzo sembra essere con-

divisa come “mera fornitura” di materiale,mentre tutte le forniture di attrezzature connolo a caldo sono da considerarsi come fasilavorative vere e proprie e pertanto degne diun POS da parte dell’impresa che le forni-sce. Sempre sulle imprese all’art 97 è stato intro-dotto il comma 3-bis in base al quale l’im-presa affidataria deve corrispondere alleimprese esecutrici, senza alcun ribasso, glioneri della sicurezza in relazione ai lavoriaffidati in subappalto.Per il Capo I del Titolo IV segnalo infineuna modifica all’art. 95 (Obblighi del dato-re di lavoro): le imprese devono curare lamanutenzione, il controllo prima dell’entra-ta in servizio e il controllo periodico degliapprestamenti, delle attrezzature di lavoro,degli impianti e dei dispositivi al fine di eli-

attualità

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il comma 11 ha sollevato alcuneperplessità: con la sua applicazioneviene violato il principio generale di base della direttiva comunitariache prevede la progettazione della sicurezza in contemporanea al progetto vero e proprio

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minare i difetti che possono pregiudicare lasicurezza e la salute dei lavoratori. L’aggiun-ta di “apprestamenti e attrezzature di lavoro”è di non poco conto e comporta ancheimplicitamente una maggiore attenzioneanche per il CSE; infatti questo, in baseall’art. 92, segnala al committente o alresponsabile dei lavori, previa contestazionescritta alle imprese e ai lavoratori autonomiinteressati, anche le inosservanze alle dispo-sizioni dell’art 95 e quindi deve esercitareuna azione di controllo anche sulla correttaesecuzione delle operazioni sopra citate daparte del datore di lavoro. Conseguentemen-te con questa modifica a mio parere vengo-no di fatto ampliati i compiti del CSE.Con la definizione del Testo Unico si è inter-venuti anche sugli aspetti più tecnici con-nessi all’applicazione della sicurezza ai pro-cessi di lavorazione nei cantieri edili, trattatiin precedenza dal D.P.R. 164/56. L’occasio-ne era ghiotta: si tratta di una normativavecchia di oltre 50 anni e in alcuni casi risen-tiva dell’età e non teneva conto dell’evolu-zione tecnologica sopravvenuta soprattuttonegli ultimi anni.In realtà anche in questo caso si sono elimi-nati alcuni elementi anacronistici, ma se nesono lasciati molti altri. Vediamo anche inquesto caso di fare una rapida disamina deipro e dei contro.Nell’Allegato XVIII − Viabilità nei cantieri,ponteggi e trasporto dei materiali – sono statiinseriti con il D.Lgs. 106/09 alcuni nuoviparagrafi per ovviare a un problema che erastato introdotto con il D.Lgs. 81/08, checonsiste nel fatto di avere escluso dall’appli-cazione del Titolo II sui luoghi di lavoro icantieri edili. Con tale esclusione non risul-tava più applicabile ai cantieri edili la parterelativa alle caratteristiche delle vie di esodo,alle uscite di emergenza e all’illuminazione

di emergenza. Il legislatore è intervenutocon i paragrafi da 1.6 a 1.9 prevedendo alcu-ni requisiti in merito a tali aspetti, anche peri cantieri edili.Analogo intervento riparatore è stato effet-tuato per quanto riguarda la distanza rispet-to alle linee elettriche con conduttori nudi.In tale caso si è previsto di potersi riferireall’Allegato IX che alla tabella 1 prevededistanze di sicurezza da parti attive di lineeelettriche in funzione della tensione di eser-cizio della linea. Il D.Lgs. 81/08 parlavainfatti di distanza di sicurezza, ma non defi-niva nessun valore specifico.

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con l’Allegato XXII – Contenuti minimi del Pi.M.U.S –il documento che in precedenza poteva essere redatto dal capocantiere deve essere a firma della personacompetente di cui al comma 1 dell’articolo 136: un problema aperto è l’identificazione di questo soggetto,delle sue competenze e/o la sua qualifica professionale

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Con l’Allegato XXII − Contenuti minimi delPi.M.U.S. – sono state date alcune notazio-ni sui contenuti del disegno esecutivo delponteggio dal quale devono risultare genera-lità e firma del progettista, salvo i casi di cuial comma 1, lettera g) dell’articolo 132,sovraccarichi massimi per metro quadrato diimpalcato, indicazione degli appoggi e degliancoraggi. Il documento che in precedenzapoteva essere redatto dal capocantiere, con ilD.Lgs. 106/09 deve essere a firma della per-sona competente di cui al comma 1 dell’ar-ticolo 136. Un problema aperto risulta esse-re proprio l’identificazione di questo sogget-to e l’individuazione di quali debbano esserele sue competenze e/o la sua qualifica profes-sionale.L’Articolo 118, Splateamento e sbancamento,contiene una nuova specificazione sull’appli-cabilità della condizione relativa alle paretidel fronte di attacco (le pareti dei fronti diattacco devono avere una inclinazione o untracciato tali, in relazione alla natura del ter-reno, da impedire franamenti), infatti, oltrea trattare del caso di lavorazioni senza l’ausi-lio di escavatori meccanici, precisa che deveessere previsto espressamente l’accesso dilavoratori. Precisazione scontata, in quantola situazione di rischio per i lavoratori si pre-senta chiaramente solo se questi devonoaccedere allo scavo.All’articolo 119, Pozzi, scavi e cunicoli, è statointrodotto il comma 7-bis che introducel’applicazione nell’esecuzione di pozzi, scavi ecunicoli del paragrafo 3.4. dell’AllegatoXVIII che dà alcune indicazioni per l’effet-tuazione del sollevamento di materiale dagliscavi.La specificazione introdotta dal D.Lgs.106/09 all’art 125, Disposizione dei montan-ti, affronta due diversi aspetti: in primoluogo afferma che, nel caso di ponteggi inlegname (infatti l’articolo fa parte dellasezione IV, Ponteggi in legname ed altre opereprovvisionali), correnti e tavola fermapiededevono essere applicati dalla parte internadei montanti; in secondo luogo si affermache la protezione dell’ultimo impalcato è peri soli lavoratori che vi operano, quindi non

per i lavoratori che sono sul tetto, per i qualisi dovrà provvedere con diversa protezione.La possibilità di omettere la realizzazione delsottoponte (art. 128) è estesa anche alle torridi carico, oltre che ai ponti sospesi e ai pontia sbalzo e per i ponteggi quando vengano ese-guiti lavori di manutenzione e di riparazionedi durata non superiore a cinque giorni.Con l’art. 137 il controllo periodico o dopoviolente perturbazioni atmosferiche o pro-lungata interruzione di lavoro delle condi-zioni del ponteggio viene affidato al preposto,mentre nella versione inziale del D.Lgs.81/08 si individuava un responsabile di can-tiere che non corrisponde ad alcuna dellefigure esplicitamente previste dal testo nor-mativo.L’Articolo 138, Norme particolari, con lamodifica introdotta dal D.Lgs. 106/09riporta, per i ponteggi, a 20 cm la distanzamassima ammessa fra le tavole del piano dicalpestio e la muratura.Per quanto riguarda i ponti su cavalletti defi-niti dall’art. 139, questi devono essere con-formi ai requisiti specifici indicati nel punto2.2.2. dell’Allegato XVIII.Rimane del tutto anacronistica ancora lapossibilità di utilizzo di attrezzature (scale) eapprestamenti (ponteggi, ponti a sbalzoecc.) realizzati in legname, mentre sono nor-mate solo in parte altre soluzioni tecnologi-che oggigiorno molto utilizzate, quali le cas-seforme rampanti. Complessivamente si può parlare di un inter-vento dovuto, in quanto erano necessarialcune precisazioni e chiarimenti che peròsolo in parte sono stati inseriti con il nuovotesto normativo, mentre la struttura del testorisente di un effetto “taglia e cuci” e non sidimostra un documento organico e benstrutturato: c’è ancora molto di antico e l’in-tenzione dichiarata di lasciare a normativepiù snelle la definizione di gran parte dei det-tagli tecnici è stata solo in parte perseguita.È auspicabile un confronto continuo suicontenuti della norma e, attraverso gli stru-menti previsti dal testo legislativo stesso(vedi l’articolo sull’interpello), pervenire aun’interpretazione condivisa degli aspettipiù controversi e discutibili.

attualità

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il documentoera necessario,si può parlaredi un interven -to dovuto, ma la struttura del testorisente di uneffetto “taglia e cuci” e non èorganica: c’èancora molto di antico e l’intenzionedichiarata di lasciare anormative piùsnelle ladefinizione di gran partedei dettaglitecnici è statasolo in parteperseguita

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n occasione dei lavori di manutenzione straordinaria del ponte Amerigo Vespucci èstata svolta una ricerca storica per ritrovare il progetto originale e analizzarne lecaratteristiche tecniche e strutturali. Il progetto è conservato presso l’Archivio Stori-

co del Comune di Firenze, in Via dell’Oriuolo 33.

Nel 1896, per la prima volta, negli uffici del Comune di Firenze si cominciò a parlare delprogetto di un ponte in grado di collegare il quartiere della Stazione con l’antico quartiereartigiano di San Frediano. Tuttavia fu solo nel 1949 che l’idea prese corpo, quando, con unaspesa di 17 milioni di lire, venne collocato fra le vie Melegnano e San Onofrio lo smontatoponte Bailey1 già di San Niccolò. La celebrazione del cinquecentenario della nascita del gran-de navigatore fiorentino Amerigo Vespucci (1454 - 1512), la cui famiglia abitò per genera-zioni il palazzo posto nel vicino Borgo Ognissanti, parve a Palazzo Vecchio il momento favo-revole per la realizzazione definitiva dell’importante opera di scavalcamento del fiume Arnoa valle della pescaia di Santa Rosa e per un doveroso omaggio al valoroso concittadino “tro-vatore delle Indie nuove”. Nel frattempo il 13 luglio 1951 la Giunta Comunale del Comu-ne di Firenze, a seguito del cedimento della pila centrale del ponte provvisorio di ferro, deli-berò la seguente ordinanza: «Visti i rapporti della Rep. VIII Urbanistica Lavori e Servizi Pub-

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Ing. Marco Gori Direzione Nuove Infrastrutture e Mobilità

Comune di Firenze

Ing. Niccolò MortaniDirezione Nuove Infrastrutture e Mobilità

Comune di Firenze

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1 Il Bailey è un tipo di ponte costi-tuito da elementi modulari in accia-io e prende il nome dal suo ideato-re, l’ingegnere britannico DonaldBailey. Tale tipologia di attraversa-mento venne prodotta per la primavolta durante la seconda guerramondiale per sostituire i pontidistrutti a seguito delle operazionibelliche. Il modello è molto versati-le: il ponte può essere costruito suuna o più campate e i suoi elementistrutturali possono essere utilizzatianche per la costruzione di pileintermedie e a supporto di ponteggitemporanei. A Firenze l’esercitoalleato decise la costruzione di dueponti Bailey sull’Arno in luogo deidistrutti ponte San Niccolò (cono-sciuto all’epoca con il nome di“ponte di ferro”) e ponte alla Carraia, fatti saltare in aria dallemine tedesche nell’agosto del 1944.

Fig. 1 − Il Ponte Amerigo Vespucci.

il Ponte Amerigo Vespucci:

breve storia di un progetto

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Fig. 2 − Progetto: le sagome dei ponti di Firenze

blici, in data 23 giugno 1951 e 28 giugno 1951, con i quali si riferisce che le condizioni sta-tiche del ponte provvisorio sull’Arno esistente all’altezza di via Melegnano, non offrono piùsicure garanzie di stabilità, in quanto una delle pile centrali a sostegno delle travature di ferrodel ponte è stata profondamente scalzata dalle piene invernali, tanto da rimanere sospesa sol-tanto sui pali, considerando che, allo scopo di evitare disastrose conseguenze all’incolumitàpubblica, è stato predisposto per l’immediata chiusura al transito dei veicoli sul ponte stesso[…], delibera di approvare la spesa per i lavori urgenti di consolidamento delle pile del ponteprovvisorio sull’Arno in lire 4.700.000». Il giorno 1° dicembre 1952 l’Amministrazione Comunale approvò il testo del bando delConcorso per un ponte sull’Arno a Firenze col quale lasciava «la più ampia libertà ai progetti-sti d’inventare forme architettoniche e strutturali e di proporre l’impiego di quei sistemicostruttivi che essi ritengano più idonei». Il Consiglio Comunale dichiarò, nel medesimobando, di volersi però mantenere «fedele alle più nobili tradizioni artistiche della città, cheha visto avvicendarsi nei secoli le forme architettoniche più ardite, quale espressione di aspi-razioni ideali alla bellezza, di concrete evoluzioni tecniche e di valide necessità funzionali».La scadenza per la consegna degli elaborati, fissata originariamente per il 30 maggio 1953,venne poi spostata al 18 luglio di quell’anno. L’11 agosto venne nominata la Commissionegiudicatrice, composta dal Sindaco, Ing. Livio Zoli, dal Prof. Piero Bargellini, assessore ailavori e servizi pubblici, dall’Arch. Lando Bartoli, assessore alle belle arti, dall’Arch. PaoloTincolini, consigliere comunale, dal Prof. Alfredo Barbacci, della Soprintendenza ai monu-

attualità

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la realizzazione definitiva del Ponte Vespucci avvenne in concomitanza con la celebrazione del cinquecentenariodella nascita del grande navigatore fiorentino Amerigo(1454 - 1512), e fu un doveroso omaggio al valorosoconcittadino “trovatore delle Indie nuove”

Fig. 3 − Il ponte provvisoriotipo Bailey a valle della pescaia di Santa Rosa sul fiume Arno nel 1950

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menti, dall’Ing. Luigi Nervi, dal Prof. Arch.Giovanni Muzio, dall’Ing. Alessandro Giun-toli, ingegnere capo del Comune, dal Prof.Giovanni Poggi, dall’Ing. Piero Ciullini, del-l’Ordine degli Ingegneri, e dall’Arch. Leo-nardo Lusanna, dell’Ordine degli Architetti.Al concorso vennero presentati undici pro-getti fra i quali la Commissione giudicatrice,il 3 febbraio 1954, ne scelse quattro daammettere a un concorso di secondo gradoal fine di valutare i progetti esecutivi da cuitrarre ulteriori elementi di giudizio. La sca-denza del nuovo concorso venne fissata peril 5 giugno 1954 e i progetti prescelti per

questa fase furono: Trave MDS 1953 del-l’Arch. Piero Sampaolesi e dell’Ing. DonatoLetterio, P.P.F. dell’Arch. Marcello d’Olivo edell’Ing. Silvano Zorzi, Strutture 53 del-l’Arch. Giovanni Michelucci e del Prof. Ing.Carlo Cestelli Guidi ed, infine, il Precom-presso degli Arch. Enzo Gori, GiuseppeGiorgio Gori, Ernesto Nelli e dal Prof. Ing.Riccardo Morandi. Il 29 luglio 1954 si concluse il concorso disecondo grado e vinse il progetto Precompres-so 4. Al vincitore dell’appalto, venne tutta viaimposta dalla Commissione una variante:l’abbassamento della sporgenza delle pile allivello del piano stradale anziché a quellodella ringhiera, come previsto originaria-mente. Il 17 gennaio 1955, infine, giunse lanotizia che il Consiglio Superiore dei LavoriPubblici aveva dato il via libera per l’appro-vazione del progetto. I lavori vennero affida-ti all’Impresa di Costruzioni dei Fratelli Gio-vannetti di Roma per un importo totale dicirca 317.000.000 di Lire (attualizzato al2010, circa 4,5 milioni di Euro). Il nuovo ponte si rivelò assolutamente inno-vativo sia per la linea, sia per le soluzionistrutturali, sia per le tecniche costruttive e,perfino, per l’organizzazione del cantiere.Lungo 166 metri circa, con tre luci di 50, 56e 50 metri circa e largo 22,50 metri: una

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il bando del Concorso per un pontesull’Arno a Firenze, raccomandava di mantenere la fedeltà «alle più nobilitradizioni artistiche della città, che havisto avvicendarsi nei secoli le formearchitettoniche più ardite, qualeespressione di aspirazioni ideali alla bellezza, di concrete evoluzionitecniche e di valide necessità funzionali»

Fig. 4 − Disegno prospettico delfunzionamento statico dei telai

precompressi del ponte Amerigo Vespucci

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Fig. 5 − Sezione longitudinaleparziale del ponte AmerigoVespucci

linea tesa e radente (con una monta di appe-na 1.40 metri) che poggia su due pile caverivestite in pietra forte delle cave di Riscag-gio. Le tre campate vennero realizzate, comeindicava il motto del progetto per la presen-tazione al concorso, in cemento armato pre-compresso.Gli elaborati progettuali originali rivelanocome l’idea fondamentale alla base dell’ope-ra sia quella di sfalsare sulle pile i telai incemento armato precompresso di cui è for-mata la struttura portante, come due pettiniincastrati fra loro. Come spiegò lo stessoMorandi: «Con il sistema a telaio, le travidel ponte risultano incredibilmente sottili,se realizzate in cemento armato precompres-so. Ma ciò si paga trasferendo gli sforzi

lungo le zampe dei telai che fanno da pile, equindi, se si affiancassero i telai, le pile risul-terebbero molto larghe […]. Sovrapponen-do trasversalmente i telai, mediante il lorosfalsamento, lo spessore della pila può ridur-si a metà, per cui la leggerezza del ponte con-corda con quella della pila». I lavori iniziarono il 1° luglio 1955 con lacostruzione delle fondazioni; per le pilefurono realizzati due grandi cassoni in gradodi essere infissi nel terreno dell’alveo, invirtù dei loro bordi taglienti, al progrediredello scavo al loro interno. Raggiunta la pro-fondità di tre metri, all’interno dei cassonivennero battuti, sino allo strato geologicopiù solido, una serie di pali in cementoarmato. A questo punto i cassoni vennero

attualità

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il ponte sirivelòassolutamenteinnovativo siaper la linea,per lesoluzionistrutturali, per letecnichecostruttive e perfino perl’organizzazio-ne delcantiere, lungo166 metricirca, con treluci di 50, 56e 50 metricirca e largo22,50 metri:una linea tesae radente chepoggia su duepile caveFig. 6 − I lavori di

realizzazione dellepile attraverso loscavo dei cassoni

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Fig. 7 − Una fase dellarealizzazione delle campate

laterali sulle centine ricavate dal ponte Bailey

riempiti con calcestruzzo gettato in opera, in modo tale da formare uno zoccolo di fondazio-ne sul quale successivamente edificare le pile del ponte, mentre la parte superiore dei casso-ni, realizzata a protezione dello scavo, venne demolita. Durante tale fase dei lavori l’ex ponteBailey di San Niccolò, i cui pezzi dal 1949 erano stati “a nuova vita restituiti”, rimase anco-ra in funzione come ponte di servizio. Una volta terminata la costruzione delle pile e dellespalle, iniziò la fase dal punto di vista tecnico sicuramente più interessante: la realizzazionedelle tre campate del ponte. Le solide travate metalliche del Bailey furono gradualmenteabbassate, in modo da costituire una vera e propria centina sulla quale disporre in fila i conciprefabbricati del telaio contrappesato a cavi post-tesi. Una volta affiancati questi ultimi in fileparallele, i 18 trefoli di acciaio di diametro pari a 7 mm passanti per ciascun elemento pre-fabbricato, vennero tesati facendo registrare uno sforzo al martinetto idraulico pari a 480atm. Dopo alcune settimane, una volta esaurite le inevitabili perdite, gli stessi cavi venneronuovamente tesi e definitivamente inglobati all’interno della struttura attraverso un idoneogetto di malta cementizia. Ciascuna campata, appoggiata alla pila mediante l’inedita dispo-sizione “a pettine”, venne poi ancorata a essa attraverso una serie di cavi direttamente fissatialla fondazione.

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il risultato finale fu tale che nemmeno i più tenaci detrattoridell’inserimento di architetture moderne nei centri storiciebbero le ragioni per protestare: il configurarsi come un semplice nastro sul fiume non turba, oggi come cinquant’anni fa, il delicato equilibrio dei lungarni

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Fig. 9 − La fase di tesatura e bloccaggio dei trefoli

Il risultato finale fu tale che nemmeno i piùtenaci detrattori dell’inserimento di architet-ture moderne nei centri storici ebbero leragioni per protestare. Il rapido slancio delponte venne raggiunto anche attraverso lascelta della curva sghemba, che, infilandosisotto il ponte stesso, otticamente lo fecesembrare ancora più leggero in prossimitàdella chiave. Proprio il fatto di configurarsicome un semplice nastro sul fiume non haaffatto turbato, oggi come cinquant’annifa, il delicato equilibrio esistente sui lungar-ni. La ricerca dei paramenti murari e del det-taglio fu ugualmente raffinata: alcune diffi-coltà sorsero nel reperimento della pietraforte per il rivestimento delle pile. Si scelseinfine quella di una piccola cava che si affac-ciava sull’Arno a Riscaggio, tra Pontassieve eSant’Ellero. Stratificata in filari orizzontali,venne rimontata sulle pile rispettandol’orientamento originale, ricordando nelrisultato finale il rivestimento delle facciatedi Palazzo Vecchio. Gli speroni a profiloidrodinamico presentano invece i paramentimurari di pietra forte lavorata alla martellinafine, riproponendo così la pietra forte scal-pellinata delle pile del Ponte Vecchio. Il

lineare parapetto in ferro a sbalzo e sezionerettangolare rievoca la ringhiera del ninfeodi Palazzo Pitti, la pavimentazione in bloc-chetti di porfido quella presente in numero-se strade del rione di San Frediano. La pro-gettazione del ponte arrivò sino all’impiantodi illuminazione: una specie di nastro lumi-noso posto sulla mezzeria della carreggiata,di dimensioni contenute e a sezione trape-zoidale, in grado di sottolineare, al giungeredella notte, la fuga dell’opera.

attualità

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Fig. 8 − La disposizione dei concicostituenti i telai precompressi

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Fig. 10 − La disposizione “a pettine” delle travi

in c.a.p.Le due estremità del ponte vennero adorna-te da due “pale” in granito e bronzo con glistemmi delle nazioni dell’America Latina, aricordare i viaggi di Amerigo Vespucci e asottolineare il legame che unisce quella partedel nuovo mondo con la civiltà europea esoprattutto con la città di Firenze. Il 23 giugno 1957 il ponte, terminato, conun impegno di 40.000 giornate lavorative,venne collaudato e il giorno 28 dello stessomese inaugurato con una solenne cerimoniaalla quale parteciparono il Presidente dellaRepubblica Giovanni Gronchi, il Presidentedel Consiglio, il romagnolo Adone Zoli, ilCardinale Elia Dalla Costa e i rappresentan-ti diplomatici di alcuni dei maggiori Stati

dell’America Latina. La solenne cerimoniarientrava nelle iniziative del Prof. Giorgio LaPira – vero artefice della realizzazione delponte – per l’amicizia con i popoli del terzomondo. La partecipazione del popolo fuenorme: solo alle 23 circa, con un ritardo diquasi un’ora sul previsto, il Presidente Gron-chi riuscì a guadagnare l’imbocco del ponte,fendendo quella che i giornali definirono«l’impressionante calca che il servizio d’ordi-ne si era trovato nell’impossibilità di argina-re» e che aveva preso possesso del ponteprima del dovuto.Il popolo fiorentino, come giustamenteosservò l’Arch. Bruno Zevi, sentì subito chequesto ponte «perfettamente appropriato alpaesaggio urbano, agile, asciutto, schivod’orpelli decorativi, nervosamente librato frale due sponde, modernissimo, riflette un lin-guaggio che, dal Rinascimento, è il costumequalificante dell’arte fiorentina».

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dati tecnici e informazioni a carattere generale

Periodo di costruzione 1° luglio 1955 – 28 giugno 1957

Progettisti Prof. Ing. Riccardo Morandi (1902 - 1989)Prof. Arch. Giuseppe Giorgio Gori (1906 - 1969)Prof. Arch. Enzo Gori (1909 - 1956)Arch. Ernesto Nelli

Impresa costruttrice Impresa S.A. Fratelli Giovannetti (Roma – Firenze)

Importo dei lavori 317.000.000 di Lire (circa 4.500.000 di Euro al 2010)

Ente proprietario Comune di Firenze

Ubicazione Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Firenze, tra Lungarno Vespucci e Lungarno Soderini

Via servita strada urbana aperta al traffico veicolare

Ostacolo superato fiume Arno

Materiali acciaio, calcestruzzo, c.a.p.

Schema statico ponte a travata continua su più appoggi a via superiore

Tipologia impalcato impalcato a travata contrappesata realizzato in cemento armato precompresso con soletta collaborante

Luci tre campate di 54.30 metri per una lunghezza totale di 116.10 metri

Altezza massima 9.50 metri

Larghezza impalcato 22.50 metri circa

il 28 giugno del 1957all’inaugurazione del ponte,nell’ambito delle iniziative di Giorgio La Pira per l’amiciziacon i popoli del terzo mondo,parteciparono il Presidentedella Repubblica, il Presidentedel Consiglio, e i rappresentantidiplomatici di alcuni deimaggiori Stati dell’AmericaLatina: la partecipazione del popolo fu enorme

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IntroduzioneL’architettura degli spazi urbani afferisce al concetto più ampio di architettura del paesaggio.Di fatti ogni intervento umano, in qualsiasi scala urbana, dovrebbe essere progettato tenen-do conto del paesaggio di cui sarà parte integrante. Il paesaggio è continuamente in evoluzione e si evolve anche il modo in cui lo si percepisce.La progettazione degli spazi urbani oggi non può prescindere dalla concezione multisenso-riale del paesaggio (percepito in tutti i suoi molteplici aspetti e non solo in quelli esclusiva-mente visuali [1]) né dalla consapevolezza che lo spazio pensato, o ripensato, appartiene allepersone che lo utilizzano e che rappresentano la parte attiva del progetto stesso.Così la progettazione deve coinvolgere direttamente gli utenti del luogo, in un processo dipartecipazione e comunicazione, al fine di qualificare il luogo attraverso il contributo diconoscenza di esso che viene portato da chi lo abita o lo frequenta. Questo processo di pro-gettazione concorre alla crescita del senso di appartenenza al luogo e rafforza il concetto di“comunità”.

attualità

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Sergio Luzzi

e Rossella Natale Vie En.Ro.Se. Ingegneria s.r.l

Beatrice GentiliPolitecnica Ingegneria e Architettura

progettazione partecipata e metodologia del paesaggio sonoro

per Piazza della Vittoria

la progettazione degli spazi urbani oggi non puòprescindere dalla concezione multisensoriale del paesaggio,né dalla consapevolezza che lo spazio pensato, o ripensato, appartiene alle persone che lo utilizzano e che rappresentano la parte attiva del progetto

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La trasformazione reale della città, intesacome sviluppo e concentrazione stratificata diambiente costruito (da intendersi come quel-la parte di ambiente naturale trasformata dal-l’intervento umano), spesso non viaggia dipari passo con l’evolversi delle sue qualità per-cettive. Di certo si può però affermare che lapercezione dei suoi spazi è sempre più attualedella città stessa. Nel secolo ventesimo le cittàhanno subito trasformazioni sul piano dellasensorialità nettamente più interessanti diquelle che si sono collocate solo sul pianoconcretamente urbanistico. Ha senso parlarequindi, di qualità sensoriali dello spaziocostruito, qualità che vanno oltre il predomi-nio del canale visivo per comprendere unasensorialità multicanale, cioè una multisenso-rialità sempre più diffusa [2]. I più importanti sound designers e sociologidella musica hanno notato come negli ulti-mi anni si sia incrementata la sensibilitàpubblica e privata verso la progettazionesonora degli spazi pubblici. È sempre piùdiffusa la convinzione che una progettazioneconsapevole, misurata e funzionale possafare del suono un vettore di benessere e di“utilità” sociali e individuali. I fruitori, tantonelle vesti di committenti quanto in quelledi utenti, chiedono sempre più che ladimensione sonora sia trattata con gli stessilivelli di attenzione e rigore che vengonoimpiegati per la progettazione degli spazi edegli oggetti che fanno parte del nostro quo-tidiano, essendo componente decisivarispettivamente del comfort e della funzio-nalità di essi.Ormai è comprovato da numerosi studi dipsico-acustica che il rumore mette a duraprova anche il nostro senso del sociale [3], èdunque arrivato il momento che le città, omeglio che i cittadini, si riapproprino deglispazi urbani, con la loro intrinseca caratteri-stica di luoghi gradevoli [4].

Il paesaggio sonoro delle

aree quiete nell’ambito

della progettazione acusticaIl rumore ambientale nei contesti urbanizza-ti può essere definito come quell’insieme diemissioni acustiche prodotto in massimaparte dalle attività umane e percepito comedisturbante dai frequentatori degli spaziurbani antropizzati, ovvero presente comevero e proprio inquinante nei cosiddettiambienti di vita (case, scuole, parchi, spaziaperti). All’interno della pianificazione del control-lo dell’inquinamento acustico delle areeurbane, particolare importanza rivestono learee quiete, introdotte dalla Direttiva2002/49/CE. Si tratta di porzioni di terri-torio che devono essere tutelate dal rumoree allo stesso tempo rese gradevoli per con-sentirne la fruizione ottimale da parte deicittadini [5].Tali aree sono tanto più preziose quanto piùsi trovano in contesti di forte urbanizzazionee circondate da sorgenti infrastrutturalisignificative.È il caso delle piazze collocate in ambitiurbani densamente popolati che spesso siidentificano come oasi all’interno del caoscittadino [6].In sede di analisi propedeutica al risanamen-to e di conseguente pianificazione degliinterventi, è perciò possibile considerarealcuni aspetti di evidenza legati alla percezio-ne soggettiva dei suoni presenti in uno sce-nario urbano, come utili e, talvolta necessa-rie, integrazioni della loro entità misurata; lastessa cosa può dirsi del clima acustico, inte-so come complesso, armonico e disarmoni-co, di suoni che caratterizzano il paesaggiosonoro di un’area.Nel contesto più ampio di applicazione delsistema per l’analisi di rilevanza degli inqui-nanti proposto da Kim [7], anche per ilrumore ambientale si può derivare una retedi relazioni causa-effetto, utilizzabile nei duesensi, come rappresentato in figura 1, doveciascun ramo del grafo di collegamento puòessere letto in entrambi i sensi.

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ha senso parlare di qualitàsensoriali dello spazio costruito,qualità che vanno oltre il predominio del canale visivo per comprendere una sensorialitàmulticanale, una multisensorialitàsempre più diffusa

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Fig. 3 − Percezione del rumore come un grave problema

Fig. 2 − Livelli di rumorein 14 capitali europee

Fig. 1 − Casual web perl’analisi di rilevanza del

disturbo da rumore

Una conferma della bontà di questo approc-cio, basato sull’evidenza, cioè sull’importan-za relativa della percezione rispetto all’entitàmisurata di un inquinante ubiquitario comeil rumore ambientale, si ricava anche dal-l’analisi delle informazioni raccolte dal Wor-king Group Noise di EUROCITIES (il net-work delle principali città europee) median-te un questionario somministrato agli am -ministratori delle città nel 2008. Da questaanalisi emerge come la percezione del rumo-re quale fattore disturbante non sia distri-buita in modo omogeneo, a parità di livellimisurati; in altre parole, la risposta all’espo-sizione è diversa, a parità di livelli di esposi-zione, al variare del contesto.Dal confronto dei dati relativi ai livelli diesposizione al rumore misurati e le relativerisposte all’esposizione raccolte attraverso ilquestionario [8] è possibile notare quantodiversa sia la considerazione del rumorecome un grave problema in aree urbaneomologhe di città aventi praticamente livelliidentici di clima acustico.Nelle figure 2 e 3 sono rappresentate: la cor-relazione con l’esposizione a determinatilivelli di rumore e la percezione del disturboin diverse città europee, nonché, nelle stessecittà, la percezione generale del rumorecome problema grave.

Muovendo da questo approccio, anche IlPiano d’Azione di Firenze [9] è stato svilup-pato secondo criteri di progettazione inte-grata che hanno portato alla redazione diuno strumento di pianificazione basato sumacroaree territoriali, ognuna delle qualicaratterizzata al suo interno dalla presenza diAree Critiche e Aree Quiete. Le aree scelte, su cui si sono svolte indaginimodellistiche di tipo quantitativo e che sonostate investigate secondo i criteri dei sound -scapes, sono le seguenti:– verde scolastico (definito come “Area verde

annessa ad uno o più edifici scolastici”);– giardini (definiti come “Aree verdi inferio-

re a 25.000 mq con arredi oppure com-prese tra 300 mq e 25.000 mq anche seprive di arredo”);

– parchi (definiti come “Aree verdi di esten-sione superiore a 25.000 mq”) e percorsidi collegamento fra parchi e aree verdi;

– piazze.

attualità

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Fig. 4 − Immagini relative all’analisi acustica di una potenziale area quieta (i giardini della Fortezza da Basso), estratte dal Pianod’Azione strategico dell’agglomerato di Firenze

In un approccio unico, accanto alle indaginidi tipo “tradizionale”, in alcuni casi campio-ne sono state svolte indagini di tipo qualita-tivo (effettuate con il metodo dei sound -walks), in vista di un risanamento orientatoall’utente finale e alle sue aspettative. Sonostate quindi messe in relazione le caratteristi-che fisiche del suono con quelle relative allapercezione dell’utente, utilizzando l’elabora-zione di interviste e questionari elaborati, inparallelo ad appropriati indicatori numericidi tipo principalmente acustico.L’analisi sui paesaggi sonori delle aree quieteè orientata ad una mirata progettazione disistemi e strategie di risanamento, con iseguenti obiettivi di qualità:– massimizzazione della superficie fruibile; – massimizzazione del numero di fruitori;– massimizzazione dell’indice di gradimento

dell’area.

Ogni area o sub-area è stata investigata appli-cando una procedura che identificasse, rico-noscesse, caratterizzasse e localizzasse tutti itipi di suono che contribuiscono al variegatoclima acustico dell’area.

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Piazza della Vittoria: analisi

storica e analisi delle criticità La scelta strategica di riprogettare alcunepiazze della città di Firenze, tenendo contodel loro paesaggio sonoro e dell’opinione dichi le “vive”, è dettata dalla considerazioneche le piazze, luoghi spesso preferiti dai cit-tadini per l’incontro, la socializzazione, iltempo libero, il riposo, in molti casi si trova-no nell’immediata prossimità di infrastrut-ture viarie anche ad elevati flussi di traffico.Perciò sono aree destinate, in base alla nor-mativa vigente, a interventi di risanamentoacustico, che stante la molteplicità, e talvol-ta l’incongruenza, dei piani di manutenzio-ne e degli strumenti di pianificazione urba-nistica, raramente tengono conto degliaspetti legati alla fruizione e, men che meno,alla percezione di chi le frequenta.Lo studio di fattibilità per il progetto diriqualificazione di Piazza della Vittoria èstato svolto su incarico dell’Associazione“Amici del Dante” e ha rappresentato unabuona occasione per avviare questo nuovoprocesso di progettazione per la riscopertadella piazza.Piazza della Vittoria, posta nel luogo dovedoveva sorgere una stazione ferroviaria,secondo il progetto presentato al Comune diFirenze dall’architetto Giuseppe Poggi nel1856, è una piazza particolarmente amata efrequentata. La presenza delle piante di pinole fa assumere l’aspetto di un giardino [10].In questa piazza (più precisamente, nel-l’adiacente via Puccinotti), si trova il palazzodel Liceo Ginnasio Dante, in via della Cer-

naia, la casa di cura Villa Maria Teresa che siaffaccia sulla piazza. In essa confluiscono: viaFratelli Ruffini, via Francesco Puccinotti, viadella Cernaia, via Giuseppe Cesare Abba.Da molti anni a questa parte la piazza è unimportante punto di ritrovo per i giovani delquartiere e questo ha portato a renderla unimportante motivo di aggregazione per legenerazioni di “piazzaioli” (come loroamano definirsi) che vi si sono susseguite.Attualmente infatti, per quanto dal punto divista dell’arredo urbano la piazza versi in unacondizione di notevole degrado, è molto fre-quentata dagli studenti del liceo Dante, che

attualità

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la progettazione partecipatacostringe i progettisti a rivedereil proprio rapporto con gli utentifinali e a mettere in campo piùdiscipline, si ricollega alle formedi democrazia diretta per cuiogni abitante dovrebbe poterpartecipare alla costruzione e alla trasformazione del suo ambiente di vita

Fig. 5 − Inquadramentoterritoriale di piazza della

Vittoria e accessibilità al sito

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attendono in piazza il suono della campanel-la di ingresso a scuola, ma anche dai ragazziche vi si recano per giocare a pallone, daglianziani che leggono il giornale e dallemamme con i bambini. Alla citata condizio-ne di degrado legato alla carenza o assenza dimanutenzione del verde, si aggiungono lascarsa pulizia e la mancanza di adeguateattrezzature e servizi. Attualmente non èattrezzata né per i ragazzi né per i bambini,e l’unico elemento di arredo urbano presen-te sono alcune panchine posizionate nellazona centrale lastricata. A questo si aggiungel’utilizzo improprio della piazza come par-cheggio da parte dei residenti della zona,durante i giorni di pulizia delle strade (e nonsolo), ciò impedendo al verde delle aiuole dicrescere e rinvigorirsi.

Progettazione partecipata

e analisi del paesaggio

sonoro nel progetto

di riqualificazione di Piazza

della Vittoria «Se è vero che gli Architetti sono gli espertidei sistemi costruttivi è anche vero che gliutenti delle varie costruzioni sono a lorovolta gli esperti dei propri bisogni. E quindisoltanto loro sono in grado di guidare il pro-cesso di crescita che si attua anche attraversogli spazi di vita creati nelle Architetture.»

Giancarlo De Carlo

Architetti come Giancarlo De Carlo sannobene che, anche senza avviare in tutti i pro-getti un processo di partecipazione, per svi-luppare un buon progetto è necessario cono-scere il luogo e interagire − se non fisicamen-te, almeno mentalmente − con chi lo abita.Nell’esperienza di Piazza della Vittoria èstata data grande importanza alla conversa-zione sociale, intendendo la partecipazionecome lo strumento che poteva non solomigliorare il progetto, ma anche creare e rin-saldare il “capitale sociale” della piazza, attra-verso il processo di coinvolgimento dellepersone. La progettazione partecipata parteda un approccio che costringe i progettisti arivedere il proprio rapporto con gli utentifinali e a mettere in campo più discipline. Laprogettazione partecipata si ricollega allediverse forme di democrazia diretta all’inter-no delle quali ogni abitante dovrebbe poterpartecipare alla costruzione e alla trasforma-zione del suo ambiente di vita. La proposta di riqualificazione della piazzaimplica quindi l’animazione del percorsoprogettuale, cioè il coinvolgimento, fin dal-l’inizio, delle persone, ovvero dei direttiinteressati, di chi di fatto la vive, ma nonsolo; implica l’ascolto, la fiducia degli abi-tanti nella capacità dei progettisti di trasfor-mare in meglio una realtà che attualmente èpercepita come in stato di degrado. Tuttoquesto ha richiesto e richiederà un lavorolungo e complesso, un lavoro che quasi sem-pre continua anche dopo che l’opera è statarealizzata, continuando a coinvolgere le per-sone che vi hanno partecipato.

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Fig. 6 – Piazza della Vittoria –stato attuale

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Fig. 8 − Analisi del paesaggiosonoro

L’operazione preliminare consiste nell’indi-viduazione e suddivisione della piazza insubaree per funzione, tipologia di arredo,omogeneità di funzione e di eventi sonoricorrelati. Per cui sono state individuate 5sub-aree:– area 1 corrispondente all’ampia zona cen-

trale lastricata;– area 2 in cui di mattina sostano gli allievi

del Dante prima e dopo le lezioni, e doveè presente il chiosco del giornalaio;

– area 3 destinata per lo più alla sosta per lalettura, dove sono collocate le poche pan-chine presenti nella piazza;

– area 4 di transito dei passanti e di passeg-gio con animali domestici;

– area 5 caratterizzata dalla presenza delchiosco del fioraio.

Nell’area della piazza sono state eseguiteregistrazioni audio per studiare gli attualieventi sonori localizzati per ogni sub-area eper diversi periodi della giornata:– I periodo (dalle ore 8:00 alle ore 11:00),

in cui gli eventi caratterizzanti sono ilsostare degli studenti nella piazza, prima

Fig. 7 − Analisi dei livelli di gradimento delle sub-aree (il colore e la dimensione dellefrecce indica il livello di gradimento) − Alcuni e esempi di idee per la piazza prodottidagli studenti del Liceo Ginnasio Dante

L’approccio alla progettazione partecipata diPiazza della Vittoria ha visto il coinvolgi-mento di tutti gli abitanti della piazza.È stata condotta infatti una campagna diascolto per le seguenti categorie di utenza:– studenti del liceo;– attività commerciali che prospettano sulla

piazza;– anziani;– residenti;– mamme con i propri bambini;– giovani.

Ognuno, attraverso un’intervista, ha messo inevidenza le problematiche a proposito dellapiazza ed ha espresso le proprie esigenze. Inol-tre, in collaborazione con il Liceo GinnasioDante, è stato proposto a un campione signi-ficativo di studenti un piccolo quesito a rispo-sta aperta (una pagina bianca…) dove poterdescrivere, anche graficamente, come avreb-bero desiderato la loro piazza.

attualità

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nella piazza di Dante i fruitorisono avvolti in una “calda”atmosfera sonora che facilita la conversazione,stimola l’incontro e fortifica lasocializzazione…

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dell’ingresso a scuola, le persone che vi transitano, in modo più o meno veloce, quelle chevi sostano.

– II periodo (dalle ore 12:00 alle ore 14:00), in cui l’evento caratterizzante è l’uscita deiragazzi del liceo dalle lezioni.

– III periodo (dalle ore 16:00 alle ore 18:00), in cui gli eventi caratterizzanti sono i ragazziche giocano a pallone e i nonni che accompagnano i bambini a giocare in piazza.

Per gli stessi periodi e per tutte le sub-aree individuate sono state effettuate rilevazioni fono-metriche puntuali, in bande di terzi di ottava. Il microfono è stato posizionato a 1,5 m dalsuolo.Dai dati del Piano d’Azione Strategico dell’agglomerato di Firenze [9] sono state ricavate lamappatura acustica dei livelli equivalenti di rumore (vedi la figura 8) relativi al periodo diur-no e un’analisi qualitativa delle tipologie di sorgenti sonore prevalenti.

La piazza riscoperta: le “piazze nella piazza”La metodologia adottata per lo studio di Piazza della Vittoria si pone in netta contrapposi-zione alla linea di riprogettazione delle piazze e di altre aree quiete urbane, collocate in con-testi rumorosi, che vede la costruzione di vere e proprie barriere fisiche per proteggere dalrumore gli spazi interni. La trasformazione della piazza in un qualcosa di simile a una “gab-bia insonorizzata” riesce a preservare o indurre la quiete, ma non è garanzia di sensazionipositive da parte di chi esce di casa per recarsi in un “luogo aperto”, magari l’unico presentenel suo quartiere.La proposta progettuale di Piazza della Vittoria introduce sistemi alternativi che mirano arestituirle, in modo attivo e, in tutti i sensi, “aperto”, la sua connotazione di area piacevole e,nei limiti del possibile e del gradevole, quieta. La suddivisione in sub-aree, qui adottata, aiutala fruizione delle diverse categorie di utenti con esigenze diversificate tra loro, senza criteri dirigidità, perché si mantiene la comunicazione attraverso un percorso comune dal tracciatosinuoso.

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Fig. 9 − Mappatura acustica diPiazza della Vittoria e itineraridelle passeggiate sonore per le

registrazioni binaurali

nella piazza dei ragazzi finalmente il quartiere scopreun “perimetro gommato” da regalare ai fanatici del gioco del pallone, nelle sue molteplici varianti…

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Fig. 11 – Render progettuale della piazza del Dante

I quattro settori in cui è organizzata la piazza, a seconda delle categorie di utenza individua-te (bambini, ragazzi, studenti del liceo e anziani), conformano quasi delle “piazze nella piaz-za” e sono contraddistinti non solo funzionalmente, ma anche acusticamente. Si creano così:“La piazza del Dante”, dedicata agli studenti del liceo; “La piazza del gioco”, con installazio-ni di giochi che stimolano anche nei più piccoli il fenomeno della percezione sonora; “Lapiazza dei ragazzi che giocano a calcio” e “La piazza del suono”, dove ci si può fermare e rilas-sare, godendo di un paesaggio sonoro studiato appositamente per la lettura e il relax.

La piazza del Dante:è pensata per il rifugio e la raccolta degli studenti del Liceo e per la sosta dei molteplici ediversi clienti del Bar Marcello che vivono la Piazza nell’arco di tutta la giornata.La forma introversa delle panchine circolari, raccolte intorno a un “focolare sonoro” (scultu-ra sonora “Sphera”, prodotta da Architettura Sonora, B&C Speakers) [11] rende l’area pro-tetta per mascheramento dal fastidio quasi permanente prodotto dal rumore di fondo, deri-vante dal liminare flusso stradale. I fruitori sono così avvolti in una “calda” atmosfera sono-ra che, facilitando la conversazione, stimola l’incontro e fortifica la socializzazione.

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chi trova ristoro nella piazza del suono viene allietato dallecomposizioni che sono emesse, come una specie di “doccia sonora”da avveniristici strumenti acustici sospesi tra le fronde degli alberi

Fig. 10 – Proposta progettuale per la Piazzadella Vittoria; planimetria con inserimentourbano e render della piazza

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Fig.13 – Render progettualedella piazza del suono

La piazza dei ragazzi:rende possibile e compatibile l’attività chegià coinvolge parecchi adolescenti (e non)che nelle ore pomeridiane spontaneamenteoccupano la piazza trasformandola in unimprovvisato campo da calcio.Scavato sotto il livello del manto erboso erivestito di materiali fonoassorbenti, acustica-mente lontano per gli utenti desiderosi diriposo e silenzio, finalmente il quartiere sco-pre un “perimetro gommato” da regalare aifanatici del gioco del pallone, nelle sue molte-plici varianti (calcetto, pallavolo, basket…).

La piazza del suono:si configura come luogo dello stare, pensatoper chi ricerca un’oasi tranquilla nella frene-sia urbana.Saggiamente collocata in prossimità dellaCasa di Cura di Via della Cernaia, la piazzadel suono è connotata da lunghe panchinedi forma estroversa che sinuosamente asse-condano le complesse ed irregolari inflessio-ni dei pini. Chi trova ristoro in questa porzione di piaz-za viene allietato dalle composizioni chesono emesse, come una specie di “docciasonora”, da avveniristici strumenti acusticisospesi tra le fronde degli alberi (sculturasonora “SNAIL/DROP”, prodotta da Archi-tettura Sonora, B&C Speakers) [11].

La piazza del gioco:è destinata ai bambini, che al momento nonhanno uno spazio dedicato all’interno dellapiazza. Il suono, le sue alterazioni, la musicadella natura sono qui espedienti per disegna-re dei veri e propri percorsi didattici. Il bam-bino gioca, attratto da affascinanti e miste-riosi strumenti musicali che lo educano alleleggi dell’acustica e della propagazione sono-ra in modo divertente.In questa zona si trova un campo da bocce,dove anche i nonni, intenti nel loro riscoper-to ruolo di babysitter, possono unirsi all’at-mosfera ludica.

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Fig. 12 – Render progettuali della piazza dei ragazzi

la piazza del gioco non èdestinata solo ai bambini! C’è anche un campo da bocce,dove anche i nonni, intenti nel loro riscoperto ruolo di babysitter, possono unirsiall’atmosfera ludica

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Fig. 14 – Render progettualidella piazza del gioco

Bibliografia

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[10] C. FRANCO, Le piazze di Firenze, Newton Compton, Roma, 2007.

[11] www.architetturasonora.com.

Tornando agli aspetti generali, si può direche anche il problema dell’utilizzo dellapiazza come parcheggio sarà risolto, rialzan-do le aiuole di circa 50 cm, in modo daimpedire fisicamente alle auto di occuparle.A questa misura tecnica se ne dovrebbeaggiungere una procedurale per consentire airesidenti, nei giorni della pulizia delle strade,la fruizione gratuita del vicino parcheggiodel Parterre.

Conclusioni Lo studio presentato in questo articolo è untentativo per far sì che la città si riappropriin modo corretto e funzionale dei proprispazi urbani pubblici. Gli interventi sullearee quiete devono essere trasversali e toc-care i layouts, le architetture, gli arredi,secondo una filosofia che non può prescin-dere dagli utenti e da un loro benessere chederiva da molti fattori, oggettivi e soggetti-vi: dalla visuale del verde al paesaggio sono-ro, allo svolgimento compatibile delle atti-vità preferite.Così il paesaggio, nella sua definizione piùampia, viene progettato e pensato per esseresempre più vicino alla nostra realtà. La progettazione partecipata e la progetta-zione acustica devono essere incluse in unpiù generale approccio di management inte-grato della progettazione urbana. La meto-dologia basata sulle campagne d’ascolto esullo studio dei soundscapes può costituireuna buona soluzione per la progettazionedelle aree quiete, considerando non solo ivincoli di risanamento quantitativo impostidalla normativa, ma anche il comfort acusti-co dei luoghi.

L’intenzione degli autori è quella di spostarel’attenzione di progettisti e architetti delpaesaggio urbano verso un approccio di pia-nificazione partecipata, teso alla riqualifica-zione degli spazi, alla valorizzazione deglielementi sonori come veicolo per la socializ-zazione, nonché a rendere gli spazi sonoriurbani elementi centrali della qualità socialeed estetica delle nostre città.L’esperienza di Piazza della Vittoria puòessere solo l’inizio.

attualità

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la nuova Eco Town di Jingwu, a Tianjin, Cina

a un architettoitaliano

l comune di Nanhe, che si trova nel distretto di XiQing all’interno della municipa-lità di Tianjin, città di oltre 10 milioni di abitanti, nei prossimi dieci anni si fonde-rà con Pechino e con altri centri sulla costa in una mega città da 100 milioni di abi-

tanti. Dallo scorso luglio Pechino e Tianjin sono collegate da un treno che viaggiando a oltre350 km orari collega i 180 km che dividono le due città in soli 27 minuti. Il treno è statorealizzato in tre anni.Nel 2008 sono stati invitati cinque studi da tutto il mondo a partecipare a un concorso diidee; uno cinese, uno americano, uno spagnolo, uno italiano e uno australiano e il primoagosto 2008 è stata annunciata ufficialmente la vittoria del progetto italiano di Joseph diPasquale e della AM progetti di Milano.

intervista all’architetto Joseph di PasqualeAM progetti – MilanoStudio internazionale di architettura e urban design

i

L’intervista

rubrica a cura di Lio Fitti

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Alla cerimonia in cui erano presenti i massimi esponenti politici del distretto, l’arch. diPasquale, il prof. Xu dell’Università Tsinghua di Pechino e l’addetto all’innovazione tecnolo-gia e scientifica dell’ambasciata d’Italia a Pechino, dott. Giuseppe Rao, è stato firmato il con-tratto che prevede la collaborazione tra lo studio italiano AM e l’Istituto di Disegno Urbanodella prestigiosa Università Tsinghua di Pechino nella persona del prof. Xu, che svilupperà idisegni urbanistici di dettaglio che modificheranno il piano regolatore di Tianjin per l’inse-rimento della nuova città.Il bando di concorso richiedeva di elaborare un piano urbanistico per un’area di 5 km qua-drati che comprendesse edifici residenziali per 75.000 persone, edifici commerciali, scolasti-ci, di divertimento, ospedalieri e terziari. Il progetto di concorso ha previsto anche l’inseri-mento di un parco scientifico, data la prossimità dell’area con la zona universitaria piùimportante dell’intera Tianjin.Il bando prevedeva anche la progettazione di un edificio landmark come simbolo dell’interacittà.In Cina si prevede che nei prossimi dieci anni 400 milioni di persone si trasferiranno dallacampagna alla città. Questo dato spinge i politici a prevenire gli eventi e a trasformare areeoggi poco abitate, ai margini delle grandi città (in questo caso di Tianjin), in aree più densa-mente popolate. A Nanhe, infatti, attualmente vivono circa 7000 persone; per esse verranno costruite nuovecase in sostituzione delle vecchie: un nuovo aggregato urbano di 75.000 persone appunto.

nel 2008 cinque studi, da tutto il mondo (uno americano, uno spagnolo, uno italiano, uno cinese e uno australiano)hanno pertecipato a un concorso di idee: il primo agosto2008 è stata annunciata ufficialmente la vittoria del progettoitaliano di Joseph di Pasquale e della AM progetti di Milano

Fig. 1 − La piazza del distrettoamericano.Questo spazio urbano ha la forma della famosa TimesSquare di New York e derivadall’incrocio tra una delle direttrici est-ovest e la diagonale a nord.L’attraversamento èsemplificato evitandol’intersezione funzionale tra la strada diagonale con le altre, attraverso una galleria. Questa soluzionetrasforma l’incrocio a 6 stradein un normale incrocio a 4 strade.I due edificiopposti sono gli edificiprincipali del quartiereAmerica; hanno la forma di due fette di formaggio e i due angoli sono statitagliati per avere due superficipiatte per schermi video.

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l’intervista

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Architetto di Pasquale, a cosa si è ispiratonel progettare una città nuova?Il progetto della città si ispira agli studi urba-nistici che Leonardo da Vinci elaborò perMilano alla fine del XV secolo, e alla strut-tura urbanistica della città proibita a Pechi-no, utilizzando le ormai necessarie tecnolo-gie di sostenibilità energetica e ambientalerendendo questa nuova città una vera e pro-pria Eco-Town.La piccola città di Nanhe, che presto si chia-merà Nanhe Jingwu, in onore del grandecampione di kung-fu lì vissuto negli anniVenti, è la sede di una delle più importantiscuole di questa antica arte marziale di tutta laCina, un vero e proprio collegio dove ragazzie ragazze tra i 6 e i 18 anni provenienti datutto il Paese vivono studiando le normalimaterie scolastiche e praticando il kung-fu. Il parco centrale è delimitato da otto torriKung Fu che nella loro forma riprendono lagestualità tipica di un atleta nell’atto di pra-ticare questa disciplina.

E l’edificio landmark?Il progetto dell’edificio simbolo nasce dallatradizione locale del Double seventh festival,una ricorrenza in cui si ricorda la leggenda diun contadino e di una fata il cui amore è osta-colato da un fiume che li dividerà per semprema che solo una volta all’anno (appunto il set-timo giorno del settimo mese lunare) hannola possibilità di incontrarsi. L’edificio è, infat-ti, composto da due torri che rappresentano idue personaggi uniti in un abbraccio ma divi-si da un fiume che lo attraversa da parte aparte. Per la sua forma e per le sue superficisfaccettate è stato già soprannominato dia-mond mansion, cioè “edificio diamante “.

Cosa ne pensa del fatto che in Cina si fac-ciano progetti su città intere, mentre in Ita-lia si fa molta fatica solo ad avere un pianoregolatore (Pgt) che non cambi ogni pochianni?Quando ho visitato il sito era anche la primavolta che venivo in Cina. La mia impressio-ne della Cina è di un Paese molto accoglien-te, di persone istintivamente gentili, maanche consapevoli delle problematiche cuiandranno incontro nei prossimi anni diforte sviluppo, dal punto di vista sia econo-mico che politico. Persone che conoscono i limiti del loro siste-ma centrale e monolitico, ma vedono anchel’esempio negativo di una eccessiva moltipli-cazione del potere decisionale che spessonelle nostre democrazie occidentali (e speciein Italia) si risolve in una assenza di fatto didecisioni. Tanto per darvi un’idea: a maggio è statoindetto il concorso, il 18 luglio c’è stata lapresentazione, il primo agosto c’è stata lacomunicazione ufficiale della vittoria sulquotidiano locale, il 28 agosto è stato firma-to il contratto per il disegno di dettaglio edentro l’anno si prevede di modificare ilpiano regolatore e di iniziare la costruzionedella città. Certo qui non ci sono commis-sioni edilizie, consigli comunali, assessoriall’urbanistica, né associazioni ambientaliste.Basta la decisione di un solo leader politico,ma dalla mia esperienza anche in Italia lecose si fanno (quando si fanno) solo quandoc’è un politico che rischia in prima personae si prende a cuore la cosa, che la condividee la porta avanti, magari però con tempiforse un “tantino” più lunghi!

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Fig. 2 − La piazza del Municipio.Questa piazza fronteggia il municipio esistente.L’edificio ha una diversa angolazione rispetto alla griglia ortogonale della città. Sul prolungamento ideale il municipio si ricollegadirettamente con la piazza centrale triangolare al centro del parco.Questo collega visivamente l’edificio esistente con il futuro centro del parco.Il collegamento attraverserà molte strade garantendo il livellopedonale superiore posizionato a 12 metri di altezza dal suolo e unendoinsieme le colline artificiali lungo il nuovo parco del municipio con la piazza del municipio e il parco centrale.

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Fig. 3 − La Prospettiva del Parco Scientifico.La Prospettiva del Parco Scientifico è stata progettataper organizzare visivamente gli edifici del parco.Questa strada sarà pedonale e passerà attraverso duedoppi filari di alberi. La strada, su entrambi i lati, saràdivisa dal centro ricerche, da due laghi; il centro saràraggiungibile per mezzo di un passaggio pedonale cheattraversa l’acqua.

Ma tornando al concept urbano e a Leonardoda Vinci che ne ha influenzato il progetto? Come ho detto, il concept della città di Jingwuprende vita da uno schizzo di Leonardo daVinci del XVI secolo, relativo a una propostadi progetto urbano per la città di Milano.In questo schizzo, Leonardo aveva pensatodi disporre su livelli differenti i canali d’ac-qua della città e la circolazione pedonale. Illivello inferiore era destinato al commercio eai trasporti, quello superiore ai pedoni e svi-luppato sotto ampie gallerie. Questi duelivelli erano strettamente integrati con gliedifici e con il tessuto urbano.L’idea di base, percepita nel progetto dellacittà di Jingwu, è quella di utilizzare il con-cetto di livelli urbani, mantenendo sopraele-vato quello pedonale e del verde, come nelprogetto di Leonardo.Il livello sottostante è quello della strada edella circolazione dei veicoli, come siamoabituati a vedere nelle città contemporanee.Gli attraversamenti e gli interscambi tra idue livelli sono frequenti e creano l’opportu-nità di sviluppare diversi piani destinati anegozi e a uffici.Anche il disegno della città è influenzato dalconcept multilivello. Il livello pedonale supe-riore si sviluppa all’interno della corte degliedifici e il livello della strada si sviluppanello spazio urbano esterno.La differenza tra lo spazio delle corti internee lo spazio esterno della strada somiglia alladifferenza tra la calma della meditazione e lavelocità frenetica della vita metropolitana.Come nella tradizione orientale, la corteinterna è una sorta di spazio più intimo eprivato rispetto alla strada.Gli edifici e le infrastrutture esistenti sonostati perfettamente integrati con la strutturadella nuova città.Il municipio esistente è stato collocato al ter-mine di un piccolo parco chiamato “parcodel municipio”, direttamente collegato alparco centrale.

La filosofia della percezione urbana adotta-ta sembra sia basata sulla relazione visivatra il tessuto urbano e gli edifici principali.È così?Sì. Il progetto della struttura della città è basa-to sul sistema di assi della città proibita diPechino, collegati da un fiume artificiale, ispi-rato alla leggenda locale del Doppio Settimo.Nel mezzo della città, è stato individuatol’asse est-ovest che corrisponde al centrocittà.Unendo insieme i tre laghi naturali esistenti,un grande lago artificiale a forma di fiume,evidenzia vagamente l’asse, che rimane qual-cosa di molto astratto.La strade principali attraversano il parcocentrale attraversando ponti che lo dividonoin una successione di corti verdi lungo l’asse.L’asse è centrato nel landmark building che èposizionato su entrambe le rive del fiume,un’architettura simbolica ispirata all’imma-gine dell’abbraccio tra Niu Lang e Zhi Nu, idue personaggi leggendari divisi per sempredal fiume.

D’accordo, ma non Le pare che gli stili e icriteri architettonici siano poco rispettosidella filosofia “eco-town”? No. L’organizzazione generale dell’architet-tura è ispirata alla relazione gerarchica tradifferenti architetture, presente nella cittàproibita di Pechino: l’asse centrale della cittàè l’elemento di organizzazione dell’architet-tura ed esiste una relazione gerarchica tratutti gli edifici della città e le loro distanzedall’asse principale.Nella parte superiore si trova il landmarkbuilding, che è l’unico edificio posizionatosull’asse.

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l’intervista

l’edificio landmark, una fusione tra presente e passato: una formainnovativa affonda le radici nella tradizione locale del Doubleseventh festival, in cui si ricorda la leggenda dell’amore impossibile di un contadino e di una fata

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Questo edificio domina tutti gli altri neldistretto Asia: le otto torri Kung Fu postelungo i due lati degli assi, lo stadio, il centroricerche, il parco divertimenti e le infrastrut-ture del parco.Anche l’altezza delle torri segue questa gerar-chia e lo skyline della città riflette chiaramen-te la struttura urbana.

Ci può descrivere il layout delle funzioniurbane?Gli edifici della città svolgono funzione resi-denziale, commerciale, di intrattenimento edivertimento, di istruzione e di ricerca, diuffici privati e pubblici, sportiva.La maggior parte degli edifici hanno unadestinazione d’uso ibrida. Questo mira a evi-tare che si creino aree della città con una sin-gola funzione, ad esempio quella residenzia-le o di uffici, che diventano completamentespopolate in certe ore del giorno.L’uso ibrido riproduce la tipica atmosferaurbana.Zone con una maggiore specificità funziona-le sono ottenute incrementando la percen-tuale di determinate funzioni all’internodegli edifici o nei dintorni.

Qual è il concept architettonico del land -mark building?Al posto dei soliti grattacieli è stato creatoun edificio dalla forma inattesa, che rimane

indelebilmente impresso nella memoria deituristi in visita in città e ne diventa un segnodistintivo.L’intenzione di conferire all’edificio unaforma ricca di simbolismi ha condotto a unaforma geometrica centrale invece della bana-le silhouette sviluppata in altezza, tipica deigrattacieli.I simboli più noti concentrano visivamentedegli elementi chiari e semplici all’interno diun quadrato, in una composizione efficace.Questa stessa regola viene seguita nella scrit-tura cinese per i caratteri del kung-fu, cheseguono idealmente una griglia quadrata.Una composizione centrale è più efficace intermini di significati simbolici.La struttura è composta da due edifici curviuniti nella parte superiore e alla base, chedanzano e si abbracciano. I due edifici sonoposizionati sui due lati opposti del canaleartificiale e simboleggiano Niu Lang e ZhiNu, i due personaggi della leggenda delDoppio Settimo, separati per sempre da unfiume.L’edificio ha due tipi di facciate: il primotipo è rappresentato dalle due facciate piatte,est e ovest, con una forma che ricorda i ramidell’albero parlante che nella leggenda parla-va con il giovane mandriano Niu Lang.Il secondo tipo è un anello di vetro multi-sfaccettato che circonda l’edificio e il forocentrale.

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Fig. 4 - La piazza centrale pedonale.Questa piazza è la più importante della eco-towndi Jingwu. Il landmark building è la principalepresenza architettonica e tutti gli edifici, dedicati a mostre, mercato e altre finalità culturali, sononei pressi di questa piazza. Alle 7.17 del 4 aprile e dell’8 settembre, la posizione del sole al mattinosarà esattamente al centro del foro del landmarkbuilding, guardandolo dal centro della piazzacentrale; questi possono essere i giorni delle grandicelebrazioni per la eco town di Jingwu.

la differenza tra lo spaziodelle cortiinterne e lo spazioesterno della stradarichiama la differenza tra la calmadella medita -zione e la frenesiadella vitametropolitana

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identificano l’accesso alle varie aree, incre-mentando il livello di servizio agli utenti.Questo consente una distribuzione organicae capillare dei veicoli.Fondamentalmente, il sistema si basa sullatradizione delle cinquanta centurie negli inse-diamenti umani, che utilizzano una grigliaquadrata per dividere lo spazio al fine didistribuire e organizzare le attività e gli edifici.Alla griglia di base sono state applicate alcu-ne accortezze progettuali per rendere l’espe-rienza percepita della città più interessante,attraverso l’introduzione di inattese variazio-ni geometriche al di fuori della griglia, chealtrimenti risulterebbe noiosa e prevedibile.Il primo espediente progettuale adottato è direndere curvilinee le due direttrici est-ovest;

Fig. 5 − Il centro della città di Jingwu.Il quartiere dedicato al tempo libero si svilupperàattorno al lago, sul lato orientale del parco.Le rive del lago sono state sviluppate alternandole facciate degli edifici con i canali interni che saranno attraversati dai ponti pedonali;questa soluzione ricreerà l’atmosfera veneziana tra strade pedonali e canali d’acqua. Molti bar,locali e discoteche si affacceranno sul lago,producendo un magnifico paesaggio notturno.

La forma dell’edificio somiglia a un taglio didiamante.Il landmark building ha 35 piani ed è alto170 metri. Le funzioni assolte sono molte-plici: uffici, hotel e residenziale.

E per quanto riguarda il traffico, cosa pre-vede il masterplan?Il masterplan divide l’area urbana in treampie strisce secondo l’asse est-ovest: le duestrisce esterne, influenzate dal tessuto urba-no, e quella centrale, che risente l’influenzadegli edifici amministrativi e pubblici checontornano il parco centrale. La direzione principale di accesso alla nuovacittà è quella nord-sud. Quattro strade prin-cipali costituiscono il punto di accesso dallarete di strade esterne: due sono posizionatesulla strada principale, collegando l’autostra-da e il centro-città di Tianjin con l’estremosettentrionale, e due si trovano lungo l’anel-lo pianificato all’estremo sud.Le strade nord-sud collegano questi quattropunti e le tre strisce urbane attraversano tuttii quartieri della città oltrepassando il parcocentrale.La rete delle strade interne è suddivisa in tretipologie:– strade primarie urbane;– strade secondarie di quartiere;– strade locali.Le due strade principali est-ovest attraversa-no le due strade di accesso nord-ovest edistribuiscono tutto il traffico alle stradesecondarie.Le strade locali distribuiscono il trafficodalle strade secondarie agli isolati.La gerarchia di strade proposta divide le com-ponenti del flusso del traffico, smistando iflussi passanti rispetto ai flussi interni. In que-sto senso le strade urbane primarie garanti-scono che i flussi in entrata in città non subi-scano rallentamenti, mentre le secondarie

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l’intervista

strade su tre livelli, due serviti da una fitta rete di piste ciclabili e passaggi pedonali, il primo riservatoesclusivamente alle automobili: i flussinon si incontrano e non si intralciano,la viabilità è confortevole per tutti

Fig. 6 − Le tre corti verdi proibite.La parte occidentale del parco è stata concepita come una successione di tre cortidivise da ponti pedonali.Nel punto di intersezione tra i ponti e l’asse principale est-ovest si trovano treedifici, ognuno dei quali costituito da quattro torri dotate di ascensori, unite alla sommità da corridoi di vetro che conferiscono alla costruzione la forma di un portale con 4 direzioni. Le tre corti verdi, quindi, sono idealmente connesseda tre grandi portali con ascensore. In lontananza, in fondo all’asse, il landmarkbuilding è una presenza discreta che domina lo spazio delle corti. Le otto torriHanzì sottolineano i due lati della prospettiva.

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la strada a sud, che corrisponde con una esi-stente, è già leggermente curvilinea nellametà a est.La nuova strada principale est-ovest è stataprogettata mantenendo la direzione rettili-nea nella metà a ovest, parallela alla porzio-ne di quella esistente, e diventando netta-mente curva nella metà a est.La prospettiva curva che questo espedienteprovoca sulla percezione della strada è moltoemozionante e conferisce alle viste della cittàuna maggiore dinamicità.Un altro espediente progettuale adottato pervariare il tema della griglia è l’introduzionedi due strade diagonali con due scopi princi-pali: creare differenti angolazioni negli edifi-ci e unire visivamente gli angoli più lontanidella città con il centro.La combinazione di questi due elementi pro -duce molti punti-chiave interessanti nellarete stradale.

Mentre per l’spetto ciclopedonale?Nonostante il concept della città garantisca latotale circolazione ciclopedonale sul livellosuperiore, anche il livello sottostante è statoattrezzato per poter essere fruito da biciclet-te e pedoni.Per assicurare le migliori condizioni di vitae permettere una circolazione pedonaleconfortevole tra i vari settori, è stata previ-sta una rete ininterrotta di piste ciclabililungo le strade pedonali del secondo e delterzo livello.Le strade del primo livello non sono statedotate di piste ciclopedonali, per garantireuna separazione netta con il flusso dei gran-di veicoli: questo previene il verificarsi disituazioni critiche di interferenza tra i diffe-renti flussi.Inoltre, l’intera area sarà dotata di pistepedonali a quota 12 metri dalla strada allivello superiore. Questa rete consente unaconnessione capillare tra i differenti isolati egli attraversamenti delle principali arterie.

Sembra che il fiume artificiale dispostolungo l’asse est-ovest, ottenuto dall’unionedei tre laghi naturali, sia la spina struttura-le e paesaggistica del parco. È così?Sì. La metafora utilizzata per il concept pae-saggistico è quella della leggenda del festivaldel Doppio Settimo.Il fiume, nella leggenda, era l’elemento chedivideva per sempre i due personaggi. Ogniconnessione tra nord e sud deve passare sulfiume attraversando uno dei sette ponti dellacittà.Inoltre il parco è diviso in due sezioni lungol’asse est-ovest: queste sezioni differisconoper il modo con cui si rapportano agli edifi-ci della città.Nella parte occidentale l’intersezione tra ilverde e gli edifici è più omogenea e gradua-le. Il campo verde diventa progressivamentetetto degli edifici e altri edifici emergono dalverde come isole costruite su un mare dierba.L’acqua dei fiumi si insinua nello spessoredegli edifici con ampi canali.Questa parte è più regolare, caratterizzata daforme quadrate e costituita da tre ampi cortiverdi delimitate agli angoli dalle otto torriKung Fu.Ogni corte è attraversata da un ponte strada-le che utilizza le torri Hanzì come portegiganti di accesso a questa parte del parco eda un ponte pedonale che ha sull’asse prin-cipale del parco una porta ascensore per rag-giungere il livello inferiore del parco.La parte orientale del parco è caratterizzatada una netta distinzione tra le aree verdi e ivolumi costruiti.I confini della città e quelli del parco si fron-teggiano. Un netto contrasto tra le altezzedegli edifici e il mare verde è la caratteristicaprincipale che contraddistingue questa partedel parco.

Le attività previste all’interno del parco incosa consistono?Le attività all’interno del parco sono semprecollegate allo sport, al divertimento alla cul-tura e all’intrattenimento.Un’ampia piazza triangolare ubicata al cen-tro del parco è il luogo per gli eventi pubbli-ci, le celebrazioni del festival e altri eventitemporanei.Questo spazio è dominato dall’imponentepresenza del landmark building a est e dalla

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per l’energia la soluzione è il geotermico:una centrale energetica centralizzata per ciascun isolato fornisce l’energiatermica e, se il livello dell’acqua nel sottosuolo lo consentirà, essa potrà essere utilizzata per effettuare lo scambio termico

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Project leaderArch. Joseph di pasquale

Am progetti srl Milan Italy

Creative design group:Joseph di pasquale, Alessandro Tonassi, Nazareno Cerquaglia

Engineering and sustainabilitypolitechnic of Milan

Ma Jun (John)

Design development groupAM Progetti srl Milan: Joseph di pasquale, Carlo Caserini, paola Sacchi, paolo

Carrara, Michele di pasquale, dario Sacchi, Alessandro Tonassi, Nazareno

Cerquaglia, Alessandro pasqualotto, Stefania de paola

AM project Beijing: Ma Jun (John), Zhang Hong Ge (Mary)

Rendergraph srl, Milan: Mario Gallelli, Alberto Ferrari

Light design conceptHabits studio, Milan: enzo Rifino

design Group

TitoloInternational Competition of planning of Nan He Town in district Xi Qing, Tianjin

Organizzatoripeople’s government of Nan He Town, district Xi Qing, Tianjin

Tianjin Jin Te investment consultation Limited company

Classifica1. A.M. progetti (Italy)

2. Shanghai Tongji Urban planning & design Institute (China Shanghai)

3. ANS International Architecture design & Consult Ltd (Australia)

4. Spain RTA-office Architecture design (Spain)

5. SToA Achitecture planning(China) Ltd

6. INA (Japan)

Riferimenti del concorso

Fig. 7 − I sette ponti.Altri punti chiave della città saranno i sette ponti, quattro per i veicoli a motore e tre pedonali.L’esperienza di guidare su questi ponti, venendodalle strade della città, produce all’improvvisoampie e inattese prospettive sul parco, dandol’impressione di un lungo salto oltre lo stesso,per terminare di nuovo nel tessuto urbano,sull’altro lato.

valle delle corti contornata dalle otto torriKung Fu a ovest.L’esperienza naturalistica del parco è stataprogettata per incentrarsi su stimoli visivi,acustici e olfattivi.Le essenze arboree saranno scelte ponendoattenzione alla possibilità di sottolineare lasuccessione delle stagioni in termini di colo-ri e odori. Rosso e giallo per l’autunno, bian-co e nero per l’inverno, fiori colorati per laprimavera, verde profondo e ombroso perl’estate. I campi verdi sono stati divisi geometrica-mente, da nord a sud, in strisce che sarannotrattate utilizzando diversi tipi di erba e difiori.Intere strisce di fiori saranno intervallate astrisce di erba.Saranno utilizzate anche specie spontanee erurali, per evitare che il parco produca uneffetto finto di “cartolina “.

Qual è l’unità di base per lo sviluppo delconcept di sostenibilità?L’isolato. Sì, ogni isolato è stato progettatoper ottenere il livello massimo di autosuffi-cienza in termini di produzione di energia,di risparmio energetico e di acqua.L’idea di base è quella di utilizzare la fontegeotermica per fornire acqua calda per ilriscaldamento e per il sistema di climatizza-zione in inverno e in estate.Una centrale energetica centralizzata per cia-scun isolato fornisce l’energia termica. Se illivello dell’acqua nel sottosuolo lo permette-rà, potrebbe essere utilizzata l’acqua del sot-tosuolo per effettuare lo scambio termico,utilizzando solo il terreno.L’acqua verrà conservata e stoccata in ampibacini a cielo aperto che avranno anche unafunzione decorativa nei giardini interni agliisolati.

Un sistema a parte garantirà la distribuzionedell’acqua non potabile (scarichi di toilette,irrigazione, ecc.).Ogni isolato conterrà tutti i servizi necessariin modo da evitare che i residenti debbanoutilizzare l’auto per la maggior parte dellenecessità quotidiane.Il livello superiore, totalmente dedicato altraffico ciclopedonale, disincentiverà l’utiliz-zo dell’automobile anche per raggiungere iservizi dislocati nel raggio di 1 km (circa cin-que isolati). Infine la struttura della cittàconsente di raggiungere ogni isolato senzamai attraversare la rete stradale.

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l’intervista

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uando nacque, nel 1536, a Firenze, Bernardo delle Girandole, il Buontalenti, genia-le realizzatore di scenografie e inventore di apparati per gli spettacoli di corte,Michelangelo aveva già cinquant’anni, viveva a Roma e a Firenze non ritornò che

dopo la sua morte. Tuttavia la sua fama era già ben conosciuta e universale, tanto che ilBuontalenti, quando concepì la celebre grotta con i giochi d’acqua del giardino di Boboli,pensò di abbellirla con le quattro statue non finite dei Prigioni dello stesso Michelangelo.Queste restano a tutt’oggi a testimonianza dell’immensa influenza che il Buonarroti ebbe sulmanierismo, il barocco e tutte le arti che ne derivano.I Prigioni, in particolare, sono stati annoverati come il simbolo del superamento del platoni-smo del primo umanesimo rinascimentale, verso una concezione artistica “moderna” del-l’opera aperta, del non finito, tanto che il Novecento li ha anche descritti e ammirati comegli archetipi della più spregiudicata arte informale.

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prof. Arch.

Massimo RuffilliPresidente del corso di laurea in

Disegno Industriale presso

l’Università di Firenze

Michelangelo: dall’effimero al non finito

q

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Tutto ciò per sostenere, come già all’epoca della Firenze del Cinquecento l’arte dell’effimerofosse presente molto prima di influenzare fastosamente i secoli Diciassettesimo e Diciottesi-mo e le grandi stagioni del Manierismo e del Barocco.Michelangelo era già stato profondamente colpito da questo tipo di arte effimera quando avevaaccompagnato il papa Leone X, Giovanni, figlio di Lorenzo il Magnifico, nel suo ingresso trion-fale a Firenze nel novembre del 1515. L’entusiasmo dei fiorentini per l’elezione di Giovanni de’Medici a Sommo Pontefice era esploso fino dalla prima sera dell’elezione, quando la fumatabianca del conclave aveva proclamato il nuovo Papa. Era il 15 marzo 1513.I corrieri a cavallo e i fuochi che si accendevano di chiesa in chiesa, di castello in castello, contutti i tipi di fiaccole fino ai ballatoi del Palazzo della Signoria, illuminarono quella storicanotte. La pazzia pervase tutti i cittadini di Firenze. Per tre giorni le campane non cessaronomai di suonare e i fuochi d’artificio scoppiavano dappertutto. In via Larga, dalle finestre delPalazzo Medici, furono gettati al popolo «più che dieci migliaia di ducati» e in tutta la città«furono poste botti piene di vino bianco e vermiglio e chi voleva andava con fiaschi e mez-zine e lo portava via».Il Papa Leone X, il figlio di Lorenzo Il Magnifico, che i fiorentini inizialmente avevanosoprannominato beffardamente “il Cardinalino” era stato l’amico del Buonarroti fin dalla suainfanzia e ora, finalmente, faceva il suo ingresso trionfale a Firenze come Sommo Pontefice.Fin dal mese di ottobre, migliaia di artisti e artigiani, come ci descrive Piero Bargellini nellaSplendida Storia di Firenze, lavoravano agli ordini dei “festaioli” che preparavano gli “appa-recchiamenti” per l’accoglienza del nuovo Papa.

cultura

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i Prigioni di Michelangelo, simbolo del superamento del platonismo del primo umanesimo rinascimentale, versouna concezione artistica “moderna” dell’opera aperta, del non finito: il Novecento li ha descritti e ammirati come gli archetipi della più spregiudicata arte informale

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Vale la pena di ricordare quell’incredibilepercorso di arte effimera che accompagnò ilcorteo papale in una Firenze fatta di archi-tetture posticce, di sculture in finto marmo,in finto bronzo, in finto oro.Il corteo entrò in città a Porta Romana dovefu allestita una architettura con quattrocolonne argentate, nicchie e statue di Baccioda Montelupo.In piazza San Felice, dopo via Romana, fueretto un primo arco di Trionfo con colonnee statue allegoriche. Baccio Bandinelli inSanta Maria Novella aveva realizzato benquaranta colonne con statue che rappresen-tavano le beatitudini.Un altro arco di trionfo sorse all’imbocco delponte a Santa Trinita. In piazza Santa Trini-ta ben ventidue colonne messe in cerchioformarono una specie di tempio, con arazzie drappi preziosamente lavorati.In piazza della Signoria, quattro archi ditrionfo con otto colonne da ogni lato, infinto marmo, furono messi in opera daAntonio da Sangallo il Vecchio.Ancora ventisette colonne, unite da festonirobbiani accompagnavano il corteo, lungol’attuale via Calzaioli fino al Duomo.Qui, Jacopo Sansovino, coprì la facciataincompiuta di Santa Maria del Fiore conuna bellissima architettura in legno, sullaquale Andrea del Sarto dipinse splendidescene a chiaroscuro.Luca Landucci la descriveva così: «E dissesiche gli’era fatta a modello, detta facciata, per-ché piaceva a ognuno, tanto pareva superba esignorile».Leone X sostò a lungo ad ammirare la faccia-ta effimera di Santa Maria del Fiore e fu allo-ra che cominciò a coltivare l’idea di realizza-re una grande facciata nella chiesa della suafamiglia de’ Medici per terminare l’opera delBrunelleschi in San Lorenzo.Così nel suo passaggio da Firenze, Leone Xaveva pensato come poter completare il “non

finito” brunelleschiano a San Lorenzo ordi-nando a Michelangelo di terminare l’opera.Il Buonarroti avrebbe dovuto realizzare lafacciata della Chiesa di San Lorenzo ecostruire una sacrestia nuova per le tombedella famiglia nonché una nuova biblioteca,la Laurenziana, appunto.Alla realizzazione della facciata di SanLorenzo contribuirono, nel tempo, oltrequello del grande Michelangelo, molti altriprogetti, da Giuliano di San Gallo al Sanso-vino, fino allo stesso Buontalenti e in segui-to al Nigetti. Tuttavia la facciata restòun’opera incompiuta, un altro “non finito”michelangiolesco. Non finita ma non “noniniziata” perché, come si sa, Michelangelo necominciò la costruzione realizzando le primecolonne dell’impianto basamentale.Così Michelangelo non portò a compimen-to la facciata di San Lorenzo, ma introdussequesto concetto del non finito che restò ilsolo, dopo la morte di Raffaello nel 1519, adaffermare, per tutto il secolo, la dignità e lacentralità dell’azione dell’uomo che si signi-fica oltre ogni razionalità, fino alla puraenergia spirituale nel “non finito” dei Prigio-ni e delle statue della pietà scolpite e sbozza-te nel marmo durante l’ultimo periodo dellasua lunga esistenza.Il Cinquecento era stato, inoltre, il secolodelle grandi scoperte geografiche promossedai maggiori Stati, come il Portogallo e laSpagna, culminato con la scoperta dell’Ame-rica a opera di Cristoforo Colombo e diAmerigo Vespucci e con la circumnavigazio-ne dell’Africa compiuta da Vasco De Gama.L’industria della lana e della seta si spostòcosì verso i mercati della Francia e dell’In-ghilterra e iniziò la decadenza economica diVenezia e Firenze nel commercio conl’Oriente e con gli Stati Europei. Tuttaviada Roma, con la volta della Cappella Sisti-na e il Giudizio Universale, l’imponentearchitettura della nuova basilica di San Pie-tro con la grande cupola, il linguaggio arti-stico di Michelangelo si irradierà a diffusio-ne universale e resterà, per i secoli a venire,alla base di ogni espressione figurativa co -nosciuta.L’impianto architettonico della facciata diSan Lorenzo, capolavoro d’architetturamichelangiolesca, verrà interpretato e ripre-so dal Maderno per la realizzazione definiti-va dalla facciata di San Pietro a Roma.

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Michelangelo non portò a compimentola facciata di San Lorenzo, in nomedell’affermazione di quel concetto del non finito, rivendicazione della dignità e della centralitàdell’azione dell’uomo che si significaoltre ogni razionalità, fino alla puraenergia spirituale…

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re poggi con la croce e tre pigne sono nello stemma del Comune di Impruneta (inpinetis, tra i pini); tre poggi con un pino sono invece lo stemma dell’Antica fornacedi terrecotte Ugo Poggi, la cui attività risale al 1500. La sua anima è il fuoco, la

sostanza è l’argilla cavata dal cuore della terra che sostiene la vita degli uomini. L’essenza dellacampagna toscana è il paesaggio, costruito dallo spirito di generazioni di contadini e artigia-ni che in simbiosi con la natura hanno disegnato scenari incantati, piantando olivi, vigne,cipressi, boschi, costruendo case che integrano funzione ed estetica dell’ambiente toscano.L’architettura del paesaggio sposa l’attività dei progettisti a quella di artigiani e artisti, e laToscana di oggi appare intatta proprio perché l’equilibrio dei suoi panorami è quello interio-re delle professioni artistiche.Nel fuoco del forno si cuoce il pane, nel fuoco della fornace si cuoce la terra stessa per pro-durre lavori in terracotta da usare quotidianamente ma nobilitati come opere d’arte. La sto-ria della fornace Ugo Poggi si declina con quella delle famiglie Poggi e Vanni, che oltre unsecolo fa hanno ridato impulso alla produzione di mattoni, tegole, docce, conche, orci daolio, oggetti consueti nella cultura degli artigiani toscani. Quattro generazioni per arrivarealla contemporaneità.Nel fine settimana tra il 12 e il 13 settembre 2009, l’Antica fornace di Terrecotte Poggi hacelebrato il novantesimo anniversario di attività, nei locali della sede di Impruneta, non lon-tano dalla città di Firenze, con una serie di eventi tra i quali l’inaugurazione di un’operamonumentale commissionata allo scultore Mauro Staccioli.

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l’essenza della campagnatoscana è il paesaggio,costruito dallo spirito di generazioni di contadini e artigiani che in simbiosi con la natura hannodisegnato scenari incantati,piantando olivi, vigne, cipressi,boschi, costruendo case che integrano funzione ed estetica

prof. Gian Luigi

CorintoDipartimento di Studi sullo

sviluppo economico Università

degli Studi di Macerata

Mauro Staccioli e l’Antica Fornace Ugo Poggi

nell’Impruneta

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Gli occhi dello scultore volterrano, dopo il paesaggio toscano, hanno guardato molte partidel mondo, le sue mani hanno sempre inteso la scultura come segno, segni che gli artigianitrasformano in oggetti materiali, inventandosi il modo di vincere qualsiasi difficoltà tecnica.La terracotta è difficile da lavorare, perché è sempre in pericolo di disintegrazione estetica,perché teme gli accidenti naturali e soprattutto perché il progetto della forma definitiva devetenere conto allo stesso modo di fatti estetici e di fatti pratici.Le forme pensate da Staccioli per la fornace di Poggi sono due, il cerchio e il cono, entram-be realizzabili come sculture monumentali. Il committente ha scelto di proposito di realizza-re quella che presenta le maggiori difficoltà tecniche, proprio per mettere alla prova la bra-vura degli artigiani che con la terracotta riescono a realizzare qualsiasi cosa. Da Poggi quin-di sarà allestita una forma di anello alta sette metri.Il Maestro Staccioli dice: «La forma dell’anello è quella che si adatta meglio al paesaggio, per-ché permette a chi guarda di vedere sia la forma sia il paesaggio che sta dentro». La sfida delloscultore e della fornace è tecnica oltre che artistica, perché il cerchio sarà composto da concidi coccio, pezzi di tubo a sezione triangolare (con il lato esterno a faccia curva) che rivestono

il Maestro Staccioli dice: «La forma dell’anello èquella che si adatta meglio al paesaggio, perchépermette a chi guarda di vedere sia la forma sia il paesaggio che sta dentro»

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una struttura portante di acciaio cor-ten,calcolata dall’ingegnere Pereira.La difficoltà per gli artigiani sta nel fatto chei conci sono preparati “freschi” per poi esserecotti. Il singolo pezzo va incontro a due suc-cessive riduzioni di dimensione, una quandola terra fresca si “ritira” per asciugarsi, l’altroquando si “ritira” durante la cottura. Per fareil lavoro definitivo e chiudere il cerchio –senza lasciare spazi – la bravura artigianaledeve essere inarrivabile.L’altra forma proposta è quella di un grandecono, alto tre metri con base di un metro didiametro, con il colmo aperto da un foro, dadove far uscire una “canneggiola”, una diquelle canne fini che crescono spontanee interra di Toscana. Una specie di vaso di terra-cotta rovesciato al cui colmo fa capolino unapianta selvatica, tipica delle nostre campa-gne. Le forme del paesaggio toscano sono leforme della tradizione culturale dei mestieriartigiani e contadini, e Staccioli le nobilitafacendone puro pensiero.L’ispirazione e la poetica sono le stesse dellascultura-installazione, alta quindici metri,che Mauro Staccioli ha posizionato al centro

della rotatoria nord di San Casciano in Valdi Pesa. È la sua visione della campagnatoscana, fatta di segni essenziali: il tripode diacciaio cor-ten è il semplice treppiede dicanne che si usa negli orti per sostenere ipomodori o i piselli rampicanti, è lo stollointorno al quale si costruivano i pagliai difieno. Intorno, nel cerchio della rotonda, vitie aceri, ulivi e salici rendono viva l’animastessa del paesaggio agricolo toscano.Mauro Staccioli ha gli occhi pazienti e acutidegli uomini antichi, di chi è in grado diasciugare la rappresentazione degli oggettifino a pura forma, senza tradirne la funzionee al contempo produrre pensiero astratto.

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è una visione della campagnatoscana, fatta di segni essenziali: il tripode di acciaio cor-ten è il semplice treppiede di canne che si usa negli orti per sostenere i pomodori o i piselli rampicanti, è lo stollo intorno al quale si costruivano i pagliai di fieno

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Fig. 1 − Plastico di progetto

PremessaL’attività di recupero dell’esistente pone il progettista di fronte a scelte complesse poiché sitrova a operare su un oggetto reale caratterizzato da una storia e da un legame con il territo-rio. Da qui nasce una considerevole responsabilità poiché il rischio è quello di compromet-tere irreversibilmente una costruzione di pregio oppure di attuare un intervento peggiorati-vo o squilibrato. Si presenta, quindi, la necessità di seguire un metodo che attinga dal pre-sente e dalla storia per arrivare a una proposta coerente e compatibile.Questo è ciò che è stato fatto nella proposta di recupero di un complesso manifatturierosituato a Compiobbi, nel comune di Fiesole, in provincia di Firenze. Nel progetto tipologi-co che si è andati a realizzare, infatti, si è proceduto a un’analisi della zona, della sua storia,così da comprenderne l’evoluzione nel tempo, e del contesto in cui si inserisce il lotto. Inseguito si è intervenuti mediante aggiunte e sottrazioni di volumi perseguendo il principiodella leggibilità; infatti i criteri che hanno guidato la progettazione sono stati contraddistin-ti dalla scelta di mantenere, per quanto possibile, l’esistente e renderlo fruibile attraverso una

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Ing. Serena Miceli Ingegneri in Toscanatra passato e futuro

rubrica a cura di Franco Nuti professore ordinario

di Architettura Tecnica

presso la Facoltà di Ingegneria

di Firenze

Il contributo è frutto degli studi e delle proposte progettuali elaboratidall’ing. Miceli per la sua Tesi di Laurea Specialistica in IngegneriaEdile Progetto architettonico e strut-turale dell’ex area Petrelli - Chelazzi a Compiobbi (Fi), presentata nell’Anno Accademico 2008/2009,presso la Facoltà di Ingegneria di Firenze (relatori: Prof. Ing. F. Nuti, Prof. Ing. M. Orlando,Prof. Ing. P. Spinelli; correlatori:Ing. E. Cagnacci, Ing. E. Colonna).

progettazione architettonicae innovazione tecnologica

nell’archeologia industriale

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Fig. 3 − Le Moline Nuove [40]

nuova funzione, che è insieme culturale ecommerciale. Alla progettazione architetto-nica si sono poi affiancate indicazioni dicarattere strutturale così da poter dare credi-bilità all’ipotesi di intervento.Infine, dopo un’esperienza di laboratoriofatta presso il Dipartimento di IngegneriaCivile dell’Università degli Studi di Firenze,si è scelto di usare una tecnologia ancora infase di studio che prevede l’utilizzo di travidi vetro armate con barre di FRP.Qui di seguito si illustreranno le tappe fon-damentali della metodologia intrapresa.

Analisi dello stato attuale:

l’ex fabbrica Petrelli -

ChelazziLa prima fase di lavoro ha visto un’indaginesullo stato attuale del complesso e del terri-torio circostante; premessa, questa, fonda-mentale per sviluppare l’intervento. L’area presa in esame si trova tra la strada sta-tale SS67 e il fiume Arno, da un lato, e laferrovia, dall’altro; questi tre elementi rap-presentano i confini ineludibili entro cui illotto si sviluppa. Il complesso risulta essere un’area produttivaframmentata in attività e proprietà diverse(carrozzeria, laboratorio di bigiotteria, ecc.). Dal lato della strada, invece, si presenta conun fronte compatto, caratterizzato da diver-se altezze, filari di mattoni rossi e lesene chesi ripetono con cadenza: queste peculiaritàtrasmettono ai passanti un senso di unitarie-tà dell’opera. All’interno dell’area si trovanonove blocchi, di cui sette sono capannoni inmuratura (caratterizzati da tetti a due faldesostenuti da capriate metalliche o con voltaa botte) e due sono edifici pluriplano in ce -mento armato.Quest’area, insieme a un’altra presente sullato opposto della strada statale, costituiva uncomplesso produttivo (la cosiddetta areaChelazzi) che, fondandosi sulla lavorazionedella sansa dalla quale si estraeva l’olio, rap-presentava per la città un importante luogo dilavoro. Per questo, l’intero complesso si trovain posizione strategica, vicino alla stazioneferroviaria, così da permettere l’arrivo dellamateria prima necessaria alla fabbrica. Attual-mente il complesso al di là della strada è statorecuperato, ristrutturato e adibito a residenze. In realtà tutta l’area di Compiobbi, Vallina edEllera vede la presenza di edifici di archeolo-gia industriale: la fabbrica era la più impor-tante risorsa di lavoro per gli abitanti dei paesivicini (come le Moline Nuove e la fabbricaCalamai a Ellera e l’Etruria a Compiobbi).

ingegneriin toscana

Fig. 2 − Schema di lavoro

i criteri guida della progettazionesono: la scelta di mante nerel’esisten te, per quanto possibile, e renderlo fruibileattraverso una nuova funzioneche è insiemeculturale e commerciale

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Fig. 5 − La fabbricaEtruria [26]

Fig. 6 − Pianta del luogoin cui si evidenziano i

centri abitati principali,la ferrovia, il fiume el’area presa in esame

Fig. 4 − La fabbricaCalamai [40]

Figg. 7, 8, 9 − Foto dell’ ex area Chelazzi - Petrelli scattata dal paese di Compiobbi; foto della ferrovia scattata dall’ultimopiano dell’edificio, che verrà successivamente adibito a museo[27]; foto della strada statale – via Aretina

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Figg. 12, 13, 14, 15, 16, 17,18, 19 − Rilievo fotograficodello stato attuale

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Fig. 10 − Estratto dal Piano Regolatore Regionale – in evidenza l’area in esame (in rosso) e l’area recentementeristrutturata (in blu)

Fig. 11 − Foto dell’area Chelazzi parte ristrutturata – pontedi collegamento tra l’ex fabbrica e la stazione della ferrovia

1 2 3

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Fig. 22 − Fotoinserimento con disegnodella fabbrica Petrelli [26]

Fig. 21 − Foto degli anni ’30-’32 del Signor Tucci che mostra la costruzione della fabbrica Petrelli [26]

Dopo la chiusura delle due fabbriche allafine degli anni ’70, a seguito di gravi inci-denti sul lavoro, nel 1984 l’area viene frazio-nata e venduta a diversi proprietari (a que-st’anno risale la prima stesura del progetto diriqualificazione). A questa stesura ne seguirà un’altra definiti-va (i lavori avverranno tra il 1987 e il 1988)e successivamente verranno realizzati piccolicambiamenti a discrezione dei singoli pro-prietari, difficili da documentare.

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Fig. 20 − Foto del 1938di un operaio della

fabbrica di saponi delSignor Petrelli [26]

dopol’inquadramentodel lotto e l’analisi dello statoattuale era necessariofare un’indaginestorica: la ricostruzione,particolarmentedifficile per le pochetestimonianze a disposizione, è stata resapossibile dalla presenzadell’Archivio Del Tempo Che Passa,custode della memoria storica del paese

L’importanza della storiaDopo l’inquadramento del lotto e l’analisidello stato attuale dell’intero complesso si èfatta un’indagine storica, che è risultata di dif-ficile ricostruzione poiché sono poche le testi-monianze giunte. In particolare, non essen-doci libri che descrivessero la zona specifica,ci si è affidati al ricordo degli abitanti piùanziani. Dalle testimonianze di questi ultimisi evince come nella memoria comune si rie-vochi principalmente l’oleificio Chelazzi nellaparte al di là della strada statale. La zonadescritta nel lavoro, invece, pur avendo avutoper un determinato periodo lo stesso proprie-tario (Chelazzi) ed essere stata parte integran-te di questo complesso, risulta nei racconticome un elemento staccato e diverso. Si èquindi potuti procedere a una ricostruzionestorica grazie al prezioso aiuto del Signor Ber-linghiero Buonarroti, che ha creato un archi-vio sul paese (Archivio Del Tempo Che Passa);ai proprietari dell’area (come il Signor Rober-to Vicentini) e al Signor Franco Colvagi, unodegli abitanti che ha lavorato nella fabbrica.Si è così potuto appurare come un tempoquest’area fosse costituita da campi (da cui ilnome “Campacci”), e come dagli anni ’30 ilSignor Petrelli l’avesse trasformata in unafabbrica di sapone e mattonelle per il riscal-damento ottenuti mediante la lavorazionedella sansa.Contemporaneamente, nello stabilimentoviciniori, il Signor Chelazzi realizzava oliodal cosiddetto “nocciolino” e, negli anni ’60,egli acquistò l’area Petrelli (da qui il nomePetrelli - Chelazzi).

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Figg. 27 e 28 – Progettodi riqualificazione a cura

dello studio “ArchitecturesFrancis Soler” per una

riqualificazione della SS67 [27]

Fig. 25 − Foto della ciminieradel 1992 [27]

Fig. 26 − Volantino degli anni ’70 [26]

Fig. 24 − Pianta piano terra della fabbrica Chelazzi

Fig. 23 − Foto del 1975 [26]

Tra le trasformazioni più importanti si ricor-da la più eclatante: la demolizione dellaciminiera. Simbolo dell’area, la si potevascorgere in lontananza, ma, intorno al 1992,fu distrutta, prima in parte e poi totalmente,per permettere una migliore viabilità aicamion e ai mezzi che servivano la carrozze-ria o rifornivano i laboratori presenti.

Nel futuro la zona sarà soggetta a un’opera diriqualificazione che vedrà, oltre ai recuperi divecchi edifici e alla costruzione di nuovi, an -che la realizzazione di due ponti per la SS 67.

Proposta progettuale:Criteri progettuali e modalità di inter-vento per il recupero dell’area

Il progetto di recupero non è stato di facileesecuzione: difficile capire cosa poter valo-rizzare e cosa togliere dell’esistente. In questo caso le modalità di interventopotevano essere le seguenti: 1. la demolizione e una successiva ricostru-

zione slegata dalla memoria storica;2. il mascheramento del complesso con arti-

fici stilistici;3. l’integrazione dell’esistente con soluzioni

innovative.Non presentando l’ambiente elementi di ele-vata qualità architettonica, lo si sarebbepotuto demolire e ricostruire senza andare adistruggere elementi di pregio (modalità diintervento numero 1). Ciononostante si è ri -

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Fig. 29 − Pianta e memoria – In evidenza la ciminiera (in celeste), il museo (in rosso) e la biblioteca (in verde)

Fig. 31 − Logo dell’ArchivioDel Tempo Che Passa [26]

Fig. 30 − Plastico diprogetto

tenuto di non dover snaturare il luogo,ormai forse tra i pochi ancora non trasfor-mati del tutto (le fabbriche dei paesi limitro-fi sono state tutte distrutte, a eccezione dellaMolina Nuova), cercando di riqualificare ilcomplesso (modalità di intervento numero3). Anzi, poiché, dalle testimonianze e dalleinterviste che sono state fatte, il paese sem-bra che stia dimenticando la propria storia, èsembrato necessario che l’area non perdessela sua identità. Ogni intervento è statodichiarato così da mostrare i cambiamentirispetto all’originale, che aveva già subitodelle trasformazioni nel tempo. A tal fine sono stati messi in evidenza volu-mi che erano andati persi e sottratti spazitirandone fuori altri: tutto denunciato, cosìche non si perdesse la sensazione di ciò cheil luogo è stato nel passato.

La memoria è quindi stata il primo motoredella progettazione, non solo nell’organizza-zione dei volumi, ma anche nella scelta dellafunzione. Nel progetto, infatti, si conserva laconnotazione dell’area come spazio produt-tivo, si sviluppano gli ambienti, così da per-mettere la lavorazione artigianale, e si intro-duce la vendita al pubblico. Per evidenziarel’importanza del ricordo, è stata prevista larealizzazione di una piccola biblioteca cheaccolga l’Archivio Del Tempo Che Passa, cosìda permettere la consultazione di questofondo prezioso; di un museo dell’olio e dellasansa; di una ciminiera che rievochi quelladistrutta. L’idea di allestire una sala dellamemoria, nella parte recentemente ristruttu-rata al di là della strada, era stata del restoventilata, come si evince dai racconti deitestimoni, ma non realizzata.

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Fig. 32 − Pianta piano terra

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Fig. 34 − Schizzi di progetto dei volumi aggiunti (in rosso) e sottratti (in celeste)

Secondo motore del lavoro è stato la ricercaper l’individuazione delle tipologie presenti;per la formulazione di un’idea compatibilecon l’esistente; per la progettazione di unanuova distribuzione degli spazi interni.Terzo principio è la denuncia dell’interventosullo stato attuale, per cui gli elementiaggiunti sono dichiarati e riconoscibili. Ciòviene applicato non solo all’esterno, comenel caso del fronte su via Aretina, nel qualesi evidenziano i profili preesistenti rispettoalle parti aggiunte o nuove, ma anche per lestrutture interne. Infatti, in quest’ultimocaso, strutture metalliche si inserisconoall’interno del capannone originario, così darealizzare un piano ulteriore.Tutto ciò lo si è fatto per rispettare i criteribasilari del recupero dell’esistente, che sono:1. la leggibilità dell’opera;2. la reversibilità dell’intervento;3. la trasformabilità nel tempo.L’aggiunta, la sottrazione e la trasformazionesono state i cardini del progetto e si possonoleggere sia nelle piante che nelle sezioni. L’aggiunta è stata utilizzata per recuperarevolumi preesistenti (ad esempio, la ricostru-zione, in chiave moderna, della ciminiera oil recupero di volumi presenti nei rilievi del1987-88) o per collegare fronti opposti. Lasottrazione, invece, è servita per eliminareelementi di degrado come le tettoie o pertogliere volumi (ad esempio, per creare per-corsi pedonali o realizzare terrazze, oppureper ovviare al problema dei parcheggi crean-do un passaggio carrabile).La trasformazione è stata usata per modifica-re gli spazi interni, cambiare le distribuzioni,separare i diversi ambienti, oppure crearenuovi spazi.

Combinando queste modalità, gli edificirisultano trasformati e valorizzati nelle loropeculiarità. Infatti, se da un lato sono statieliminati elementi di degrado, dall’altro, conpochi accorgimenti, sono stati evidenziatiquelli più interessanti.Esempio ne è la facciata lungo la via Aretina,che risulta essere elemento unificante del-l’intero complesso. Per questo si è ritenutoimportante mantenere tale peculiarità e la siè enfatizzata grazie a un rivestimento in mat-toni che nasconde le aperture esistenti attra-verso l’utilizzo di frangisole. Pertanto la sen-sazione dell’osservatore esterno che passavelocemente lungo la via sarà di un murocontinuo. Sopra questa base di mattoni siinnalzano pareti verdi che riparano terrazze,frangisole metallici che schermano lucernarie volumi rivestiti in lamiera. Le due parti,vecchia e nuova, appaiono come parti “dia-loganti” tra loro, come due mani che si strin-gono e si compenetrano rimanendo nel con-tempo distinte. Infatti la parte nuova con isuoi materiali diversi si contrappone alla sta-ticità del muro esistente.

ingegneriin toscana

Fig. 33 − Sezione dello stato attuale, dello stato di progetto,dello stato sovrapposto e schema delle strutture

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Fig. 37 − Pianta con sezionidell’Autorità di Bacinoin corrispondenzadelle quali vi sono le indicazioniriguardanti le quote di allagamento [39]

Figg. 35 e 36 − Foto delfiume Arno che attraversa

Compiobbi [39]

A fianco dei criteri e delle ipotesi progettua-li, si sono dovuti considerare aspetti tecnici epratici, come quello di creare degli interven-ti fattibili, non troppo stravaganti da dovermettere in discussione la preservazione del-l’esistente; così si è cercato un compromessotra progettazione e fattibilità.Per esempio, per poter realizzare un pianoall’interno dei capannoni, si è inserita unastruttura mista acciaio calcestruzzo indi-pendente tale da creare un “effetto matrio-ska”, oppure si è scelto di conservare le ca -priate per non minare la stabilità dell’inte-ro blocco.Altro aspetto di cui si è dovuto tener contoè quello relativo alla posizione dell’area: ilrischio di allagamento è elevato poiché essasi trova nei pressi del fiume Arno. A tal pro-posito si è dovuto, ancor prima di iniziare aprogettare, conoscere la quota di allagamen-to e, di conseguenza, sono stati rialzati tuttii piani terra degli edifici. I criteri sopra esposti hanno orientato l’inte-ro iter progettuale, che ha messo a confron-to lo stato attuale dei singoli capannoni for-manti il complesso e la trasformazione pro-posta sotto il profilo della forma, della fun-zione e della struttura.

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l’ambiente non presentava elementi di elevata qualitàarchitettonica, lo si poteva demolire e ricostruire senzadistruggere elementi di pregio, ma distruggere avrebbe significatoprivare di un simbolo la memoriastorica di queste terre…

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Fig. 43 − Prospetto lato Strada Statale

Figg. 41 e 42 − Sezione eparticolare della facciata

Figg. 38 e 39 − Vista del plastico –Pianta delle coperture

Fig. 40 − Visste del plastico

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Memoria e innovazione

tecnologicaLa ricostruzione della ciminiera, pur se concaratteristiche e materiali diversi dall’originale,è sembrata fin dall’inizio un passaggio impre-scindibile del progetto. Essa infatti rappresen-ta il simbolo della fabbrica, la sua storia e nellostesso tempo un elemento di arricchimento edi stimolo della progettazione stessa. Inizialmente pensata solo come elementosimbolico del ricordo storico, successivamen-te è diventata un elemento unificante il pro-getto: si trasforma in un vano scala ascensoreche collega a tre quote diverse differenti livel-li del complesso e termina con un belvedere,rendendola un punto panoramico, come unfaro nella notte visibile da lontano. La cimi-niera è costituita da tre parti diverse:1.un nucleo cilindrico in acciaio, contenen-

te l’ascensore;2.una scala elicoidale metallica che sale a

sbalzo attorno all’ascensore;3.un involucro di vetro, costituito da pan-

nelli curvi e costole verticali inclinate, cheri pro duce la forma della ciminiera renden-dola elemento centrale attraverso l’uso delve tro strutturale: novità tecnologica cherappre senta una vera e propria sfida pro-gettuale.

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Fig. 45 − Estratto dalle tavolestoriche [28]

Fig. 48 − Pianta piano primo

Fig. 49 − Pianta delle coperture

Fig. 50 − Sezione della ciminiera

Ad ispirare la scelta di un materiale così par-ticolare è stata l’attività di tirocinio svoltapresso il Dipartimento di Ingegneria Civilenel laboratorio di Strutture dell’Universitàdi Firenze. Infatti, nell’ottobre del 2008, alconvegno su “Le frontiere del vetro struttu-rale in Italia” al quale hanno partecipatodiverse Università italiane, il gruppo di ricer-ca di Firenze ha sviluppato il tema della fac-ciata proponendo una soluzione innovativain cui i montanti sono costituiti da elemen-ti portanti in vetro strutturale rinforzato. Molte sono ancora le ricerche da fare enumerosi i problemi di questa tecnologiache vede il vetro, un materiale intrinseca-mente fragile, caratterizzato da una scarsaresistenza a trazione, come elemento portan-te strutturale.

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Fig. 44 − Foto della ciminiera [26]

Fig. 46 − Pianta schematica della ciminiera. Inevidenza le diverse parti che la compongono: la

superficie vetrata (in rosso); il collegamento con ilnucleo (in verde); la scala elicoidale (in celeste);

l’ascensore cilindrico (in blu)

Fig. 47 − Schizzo di progetto

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Fig. 51 − Prospetto montanti di facciata –In evidenza il particolare A

Fig. 52 − Sezione B-B del particolare A

Nell’ambito di questa ricerca il team diFirenze ha sviluppato una nuova tipologia ditrave. Questa consiste in una parte a vetrocon tre lastre di uguale spessore assemblateper laminazione (la lastra interna ha altezzaminore rispetto alle due esterne, in modo dapermettere l’alloggiamento della barra) e inun rinforzo realizzato tramite barre in FRP(o in altri materiali) incollate con resine alvetro. La novità della proposta consiste nellaparticolare geometria messa a punto per l’al-loggiamento delle barre di FRP, che consen-te l’uso di barre a sezione circolare rese ade-renti al vetro su tre lati, e nell’uso di adesivistrutturali bicomponenti.Impegnativo è stato il collegamento tra lastruttura in vetro e il nucleo in acciaio, poi-ché generalmente facciate con montanti divetro sono collegate a strutture in cementoarmato, a parti di edificio, e non si presenta-no come una struttura a sé stante. Pertantosi è pensato di far partire, dal cilindro, conun passo di due gradini, profili a doppio Tterminanti con piastre che sostengono imontanti di vetro e crociere per il collega-mento diretto alle lastre curve di facciata.Un ultimo collegamento lo si ha, poi, traqueste ultime e i montanti attraverso unapiastra che abbraccia la trave di vetro e ter-mina con una crociera metallica, alla quale siagganciano i fissaggi (rotule) per la sospen-sione delle vetrate.

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l’aggiunta, la sottrazione e la trasformazione sono state i cardini del progetto: l’aggiunta per recuperare i volumi, la sottrazione per eliminareelementi di degrado, la trasformazione per modificarespazi o crearne di nuovi, cambiarele distribuzioni, separare ambienti

Fig. 54 − Sezione A-A del particolare A

Fig. 53 − Prospetto particolare A – Collegamentotra i montanti e le lastre di facciata

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Fig. 56 − Trave di vetroarmata [15]

Fig. 55 − Prospetto particolare B.Collegamento tra i montanti e le lastre di facciata

ConclusioniLa multidisciplinarietà dell’approccio risultala chiave di lettura dell’intero lavoro, che,dando delle indicazioni di carattere metodo-logico, mostra le possibilità di valorizzazionedel complesso.Innanzitutto se ne è recuperata l’unitarietàche inizialmente lo contraddistingueva inquanto centro industriale, e che si era anda-ta perdendo nel frazionamento di proprietàe attività. Successivamente, si è data la giustacollocazione alla memoria storica del luogo edi ciò che ha significato per il paese di Com-piobbi. Inoltre si è prevista anche una rica-duta economica significativa attraverso laproposta di attività commerciali di qualitàche si rifanno alla tradizione locale. Infine siè stabilito un nuovo rapporto con il territo-rio circostante inteso come paesaggio, inparticolare con il fiume Arno, valorizzato danuovi punti panoramici come la ciminiera ole terrazze alle diverse altezze. Un ruolo a parte è poi ricoperto dalla cimi-niera simbolo che riunisce in sé il passato (illavoro) e il futuro (per la tecnologia in via disperimentazione del vetro strutturale impie-gato) e che può divenire segno architettoni-co dell’intero paese.

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un passaggioimprescindibiledel progetto è la ricostru -zione dellaciminiera: essarappresenta il simbolodella fabbrica,la sua storiae, nello stessotempo, un elementodi arricchi -mento e di stimolodella progetta -zione

Fig. 54 − Prospetto montanti di facciata – In evidenza il particolare B

Fig. 57 − Sezione A-Adel particolare B

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Bibliografia

Manuali

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[4] AA.VV., La progettazione di biblioteche, musei e centri congressuali, Quaderni del Manualedi progettazione edilizia, Milano, Hoepli, 2007.

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Testi consultati

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Articoli

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Tesi di laurea

[23] E. CAGNACCI, Manufatti innovativi in vetro strutturale impegnati a flessione. Studio di applicabilità per una passerella pedonale, tesi discussa alla Facoltà di Ingegneria, Corsodi laurea in Ingegneria Civile, Università degli Studi di Firenze, A.A. 2003-2004,relatori: Prof. C. Borri e Prof. P. Spinelli; correlatore: Ing. L. Lani.

[24] S. MICELI, La veranda come strumento architettonico per il controllo della luce e dell’energia, tesi discussa alla Facoltà di Ingegneria, Corso di laurea in Scienzedell’Ingegneria Edile, Università degli Studi di Firenze, A.A. 2006-2007, relatori: Prof. C. Balocco, Arch. M. Lungani.

[25] M.L. PECORA, Elementi portanti in vetro strutturale rinforzati con barre in FRP:proposta di progetto per la facciata della Banca del Valdarno, tesi discussa alla Facoltà di Ingegneria, Corso di laurea Magistrale in Ingegneria Civile, Università degli Studi di Firenze A.A. 2007-2008, relatori: Prof. Ing. P. Spinelli, Prof. Ing. M. Orlando;correlatore: Ing. E. Cagnacci.

Referenze grafiche e fotografiche

[26] B. BUONARROTI (a cura di), Archivio Del Tempo Che Passa.

[27] R. VICENTINI, Archivio personale.

[28] F. LAZZERI, Archivio tecnico.

Normativa

[29] D. M. 9 gennaio 1996, Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione e il collaudodelle opere in cemento armato normale e precompresso e per le strutture metalliche.

[30] CNR 10011/88, Costruzioni di acciaio: istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo, la manutenzione.

[31] CNR DT 200/2004, Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e il controllo di interventi di consolidamento statico mediante l’utilizzo di Compositi Fibrorinforzati -Materiali, strutture di c.a. e di c.a.p., strutture murarie.

[32] CNR DT 203/2006, Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e il controllo di strutture di calcestruzzo armato con barre di materiale composito fibrorinforzato.

[33] Eurocodice 1, Basi di calcolo e azioni sulle strutture.

[34] Norme tecniche per le costruzioni 14/1/2008.

[35] UNI EN 1288-1, Vetro per edilizia, Determinazione della resistenza a flessione del vetro. Principi fondamentali delle prove sul vetro.

[36] UNI EN 1288-2, Vetro per edilizia, Determinazione della resistenza a flessione delvetro. Prova con doppi anelli concentrici su provini piani, su grandi superfici sollecitate.

[37] UNI EN 1288-3, Vetro per edilizia, Determinazione della resistenza a flessione del vetro. Prova con provino supportato in due punti (flessione in quattro punti).

[38] UNI EN 1288-5, Vetro per edilizia, Determinazione della resistenza a flessione delvetro. Prova con doppi anelli concentrici su provini piani, su piccole superfici sollecitate.

Siti Internet

[39] www.adbarno.it

[40] www.compiobbi.it

[41] www.comune.fiesole.fi.it

[42] www.delo.de

[43] www.dgtarchitettura.com

[44] www.europaconcorsi.com

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[46] www.glasstec-online.com

[47] www.google.it

[48] www.hbm.com

[49] www.kone.com

[50] www.italmole.com

[51] www.metropolisitalia.it

[52] www.mpmspa.com

[53] www.museodellolivo.com

[54] www.museum.it

[55] www.oppo.it

[56] www.pilkington.com

[57] www.rickmather.com

[58] www.rimatex.it

[59] www.saintgobain.com

[60] www.sireg.it

[61] www.steebitalia.com

[62] www.vetrostrutturale.it

[63] www.jeannouvel.com