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1 Sentenza n. 1928/2014 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO SEZIONE I CIVILE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Composta da: Dottor Umberto Scotti Presidente Dott.ssa Gabriella Ratti Giudice Relatore Dottor Guglielmo Rende Giudice ha pronunciato la seguente: SENTENZA Nella causa iscritta nel R.G.C. al n. 26521\2012, promossa da: Basic Trademark s.a. e Basic Italia s.p.a., rappresentate e difese dall’Avv. D. Sindico; PARTE ATTRICE Contro Nike Italy s.r.l. e Adamante s.r.l., rappresentate e difese dagli Avv.ti A. Masetti Zannini da Concina, M. Bucarelli, R. Cartella e F. Bellan; http://bit.ly/1vn9g3z

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Sentenza n. 1928/2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO

SEZIONE I CIVILE

SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Composta da:

Dottor Umberto Scotti Presidente

Dott.ssa Gabriella Ratti Giudice Relatore

Dottor Guglielmo Rende Giudice

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Nella causa iscritta nel R.G.C. al n. 26521\2012, promossa da:

Basic Trademark s.a. e Basic Italia s.p.a., rappresentate e difese dall’Avv. D. Sindico;

PARTE ATTRICE

Contro

Nike Italy s.r.l. e Adamante s.r.l., rappresentate e difese dagli Avv.ti A. Masetti Zannini da

Concina, M. Bucarelli, R. Cartella e F. Bellan;

http://bit.ly/1vn9g3z

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PARTE CONVENUTA

Conclusioni delle parti

Parte attrice

Voglia l’Ill.mo Tribunale di Torino

In via istruttoria

Ordinare alle convenute l’esibizione delle scritture contabili, di tutti i documenti ad essa

collegati, in particolare, a titolo esemplificativo e non esaustivo, dei libri IVA, de libro carico e

scarico di magazzino, del libro inventari e di tutte le fatture di acquisto e di vendita, delle bolle

doganali di esportazione/importazione dei prodotti per cui è causa, il tutto a decorrere dalla

data di inizio della produzione e vendita e fino alla data di adozione del provvedimento di

esibizione; dei contratti di produzione e/o vendita dei prodotti per cui è causa perfezionati nello

stesso periodo; nonché del listino prezzi dei prodotti di cui è causa nel periodo di

contraffazione fino alla data di adozione del provvedimento; nonché, infine, ogni altro

documento che il Giudice o il CTU ritenga opportuno e utile al fine di valutare l’utile lorodo del

contraffattore;

disporre in subordine all’esibizione, la comunicazione, anche in fotocopia, dei documenti

summenzionati;

disporre CTU contabile su tali documenti, e su ogni alto documento ritenuto utile al

raggiungimento dello scopo, al fine di accertare il fatturato realizzato e l’utile loro ottenuto

dalle convenute dalla distribuzione e vendita di tali articoli;

nel merito

accertare e dichiarare che i marchi NIKE PRO COMBAT E NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG

costituiscono contraffazione del marchio attoreo KOMBAT per i prodotti per cui è causa;

accertare e dichiarare che l’uso di cui al precedente paragrafo costituisce atto di concorrenza

sleale ai sensi di cui all’art. 2598 comma 1 c.c.;

e per l’effetto

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inibire in via definitiva l’uso, anche nella comunicazione promozionale e pubblicitaria, nonché la

produzione, importazione e commercializzazione dei prodotti con apposti i marchi di cui è

causa;

ordinare il ritiro dal commercio di tali prodotti;

ordinare il sequestro dei suddetti prodotti presso la sede delle convenuta nonché sull’intero

territorio nazionale presso i rivenditori, magazzini, depositi e spedizionieri utilizzati,

autorizzando le parti attrici ad assistere alle operazioni personalmente e/o a mezzo di propri

delegati, tecnici di fiducia e legali;

condannare le convenute, pro-quota secondo le accertare responsabilità, al risarcimento dei

danni subiti e subendi dalla società attrice quale conseguenza di tali illeciti comportamenti, ai

sensi e per gli effetti e secondo le modalità ed i criteri previsti dall’art. 125 c.p.i.,

preferibilmente tramite la restituzione degli utili lordi delle convenute ex art. 125, 3° comma,

occorrendo anche in via equitativa;

disporre l’imposizione di una congrua penale, cumulabile, per ogni cliente a cui vengano

venduti i prodotti oggetto dell’inibitoria (prudentemente stimata in euro 5.000,00 per ogni

violazione) per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della decisione (prudentemente stimata in

euro 5.000,00) e per ogni singolo prodotto venduto (prudentemente stimata in euro 50,00);

ordinare la pubblicazione della sentenza di merito su due giornali a tiratura nazionale, uno dei

quali, preferibilmente, LA GAZZETTA DELLO SPORT in caratteri doppi del normale e in

grassetto, a spese delle convenute e a cura di parte attrice, nonché per la durata di 60 giorni

sulla prima pagina del web istituzionale della società NIKE (versione italiana) e dei siti in

italiano del Gruppo Basic;

disporre ogni altro provvedimento ritenuto utile o necessario per il raggiungimento degli scopi

indicati.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre iva e cpa come per legge.

Parte convenuta

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis

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Rigettare tutte le domande e richieste ex adverso avanzate in quanto infondate in fatto ed in

diritto per i motivi supra evidenziati;

revocare l’ordinanza 22 agosto 2012 emessa dal G.D. dott.ssa Contini nel procedimento di cui

al R.G. 19531/12, nonché la successiva ordinanza Collegiale 5-17 ottobre 2012 resa da

codesto Ill.mo Tribunale nel procedimento di cui al R.G. 25500/12;

con riserva di ulteriormente produrre e dedurre nei termini stabiliti dalla legge.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari, anche relativi alle due precedenti fasi cautelari.

In ogni caso, si insta affinché codesto Ill.mo Tribunale voglia disporre l’acquisizione del

fascicolo d’ufficio relativo alle entrambe le fasi cautelari.

Materia del contendere e motivi della decisione

1) La presente controversia - preceduta da un procedimento cautelare sviluppatosi attraverso

l’ordinanza 22.8.12 del G.D. e l’ordinanza 5.10.12 del Collegio in sede di reclamo con le quali

sono state accolte le richieste inibitorie ed ancillari delle odierne attrici – è stata introdotta da

Basic Trademark s.a. e Basic Italia s.p.a. per ottenere l’accoglimento delle domande anche

risarcitorie riportate in epigrafe.

Le attrici - che fanno parte del Gruppo Basic, leader di mercato nel settore della produzione e

commercializzazione di abbigliamento, calzature ed altri accessori per lo sport ed il tempo

libero, - hanno esposto che Basic Trademark s.a. è titolare di varie registrazioni nazionali,

internazionali e comunitarie (Kappa, OMINI, consistente in “Figurina di uomo e di donna

seduti schiena contro schiena” e domanda di registrazione italiana KOMBAT), tutti segni

utilizzati per contraddistinguere i prodotti del Gruppo Basic e licenziate in Italia a Basic Italia

s.p.a..

Nel presente controversia rileva il segno “KOMBAT”, oggetto di domanda di registrazione

italiana per le classi 18 e 25 del 7 maggio 2012 (poi concessa in corso di causa con il n.

1518432), ma ideato ed utilizzato dal 1996 unitamente ad altri marchi per contraddistinguere

articoli di abbigliamento tecnico-sportivo ampiamente diffusi in tutto il mondo e dal 2000

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anche per contraddistinguere una maglia innovativa e dotata di peculiari caratteristiche di

elasticità e leggerezza ed indossata dalla nazionale italiana di calcio.

Le attrici lamentano che Nike Italy s.r.l. distribuisca in Italia articoli di abbigliamento sportivo

contraddistinti dal marchio “NIKE PRO COMBAT” (veduti presso il Nike Store di Torino, gestito

dalla Adamante s.r.l.) e precisa di aver rintracciato due marchi comunitari, limitati alla classe

25, di cui è titolare Nike International Ltd (NIKE PRO COMBAT, depositato in data 28.1.2009 e

registrato in data 10.11.2009 e NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG, depositato in data

21.5.2012).

2) Nike Italy s.r.l. e Adamante s.r.l. si sono costituite in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le

domande attoree e la revoca delle ordinanze cautelari 22.8.12 e 5.10.12.

Le convenute contrastano le richieste attoree sotto plurimi profili:

assenza di capacità distintiva del marchio di fatto KOMBAT, sia per la sua relazione concettuale

con i prodotti commercializzati, sia per le concrete modalità di utilizzo del segno da parte delle

attrici (utilizzato come marchio di secondo livello, in abbinamento a propri altri noti marchi ed

inizialmente solo sulle etichette e non sul prodotto), sia perché, al momento della

presentazione delle domande cautelari, la locuzione “Kombat” era utilizzata da moltissime

aziende (anche di primaria importanza) del settore;

assenza di rischio di confusione o di associazione atteso che, al più, “KOMBAT” sarebbe un

marchio molto debole e che, comunque, Nike usa la parola “Combat” all’interno di propri

marchi complessi - NIKE PRO COMBAT e NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG - marchi in cui

viene in dato rilievo primario al proprio segno celebre marchio denominativo NIKE

3) Dopo il deposito delle memorie istruttorie, la causa è stata mandata a p.c. e trattenuta a

decisione all’udienza del 30.10.13 previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per

il deposito degli scritti conclusivi.

All’udienza del 30.10.13 parte convenuta ha chiesto la discussione orale davanti al Collegio ex

art. 275 c.p.c., istanza poi ritualmente rinnovata in sede di memoria di replica.

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All’udienza del 28.2.14 fissata dal Presidente della Sezione le parti hanno illustrato oralmente

le rispettive difese ed il Collegio ha riservato la decisione.

4) Sul marchio di fatto KOMBAT

Risulta dagli atti che Basic ha incominciato ad usare la locuzione Kombat nel 1996

apponendola sulle etichette delle taglie della maglie Juventus contrassegnate dai propri celebri

marchi KAPPA e OMINI1 e, partire dal 1997, per identificare maglie di squadre di calcio nei

cataloghi di vendita al pubblico2, nelle schede tecniche3 e nelle fatture4.

A partire dal 2000, il marchio KOMBAT è stato riportato su etichette separate delle maglie

delle squadre di calcio sponsorizzate dal gruppo Basic ed è stato utilizzato anche nella

pubblicità, al fine di identificare la maglia indossata dalla nazionale di calcio agli Europei del

2000 e ai mondiali del 2002.

Rilevano, in particolare, le pubblicità “KOMBAT 2000 la nuova maglia delle nazionali italiane di

calcio debutta agli europei 2000”, “”Vinci subito una delle 5.000 maglie originali KOMBAT 2002

con i CD-Rom Gioca Mondiali”, “Due finali europee. Un’Olimpiade da giocare. L’Italia riscopre

l’amore per l’Italia. KOMBAT 2000. Il nuovo orgoglio”5 e, con riferimento alla maglia indossata

dalla nazionale italiana di calcio, la menzione del segno KOMBAT su riviste sportive (Il Guerin

Sportivo e la Gazzetta dello Sport) e sul quotidiano inglese “The Times”, laddove di legge

“Kappa is to market 250,000 elasticated shirts on the market at 70 Euros (about £ 43) each,

under the brand name KOMBAT”6.

Quanto meno dal 2000, pertanto, Basic ha utilizzato il lemma Kombat in modo autonomo

rispetto ad altri propri noti marchi e ciò esclude la fondatezza della difesa delle convenute

1 Doc. 11 Basic. 2 Doc. 8 Basic e, in particolare, i cataloghi collezioni Juventus 98/99 e primavera 99, ove il segno Kombat identifica le maglie della squadra di calcio Juventus; il catalogo Champion League 97/98, ove il segno Kombat identifica maglie di squadre di calcio diverse, italiane e straniere, quali Palermo, Barcellona, Manchester, Sud Africa e altre. 3 Doc. 15 e 16 Basic., concernente schede tecniche di maglie da calcio di squadre straniere e italiane, quali Siena e Roma, Cagliari e Sampdoria, denominate Mombat 2002, 2004, 2005, 2006, 2006, 2007, 2008, 2009, 2011, 2012 e 2013. 4 Doc. 8/B Basic, dove il marchio Kombat viene utilizzato per identificare l’articolo di abbigliamento oggetto di acquisto. 5 Doc. 8/C Basic 6 Doc. n. 8 Basic.

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quando sostengono che la rilevanza percettiva del lemma in discorso sarebbe stata “affogata”

dalla compresenza di altri propri marchi, oltre che dagli stemmi e colori delle squadre di calcio.

Parimenti infondato è il rilievo di Nike e Adamante quando sottolineano, ai fini di escluderne

l’uso come marchio, la circostanza che la parola KOMBAT è stata inizialmente posizionata

solo sulle etichette.

Dal 2010, infatti, il marchio KOMBAT viene apposto anche direttamente sulle maglie e

comunque non è seriamente contestabile che un segno possa svolgere la sua funzione

distintiva e individualizzante anche ove non venga applicato direttamente sul prodotto ma solo

sulle confezioni o sulle etichette del prodotto stesso.

D’altra parte, come è noto, per verificare l’uso effettivo di un segno come marchio occorre

prendere in considerazione tutti gli elementi che possono provare le circostanze e la realtà del

suo sfruttamento commerciale e, segnatamente, gli usi considerati giustificati nel settore

economico interessato per le merci e i servizi contrassegnati dal marchio, la natura di tali

merci o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio e

– nel caso – parte attrice ha fornito una spiegazione convincente e non ex averso contrastata

dell’iniziale utilizzo sulle etichette del segno KOMBAT.

Infatti, come è emerso in sede di reclamo “il marchio non avrebbe potuto essere apposto

direttamente sulle maglie delle squadre di calcio sponsorizzate dal Gruppo Basic (squadre di

calcio quali, nel corso degli anni Iuventus, Roma, Sampdoria, Palermo, Siena) che riportavano

già il marchio Kappa, marchio istituzionale del Gruppo e utilizzato per la sponsorizzazione

tecnica delle squadre, ossia per identificare il produttore dell’abbigliamento fornito; e questo in

quanto secondo i regolamenti FIGC, UEFA e FIFA un marchio doveva essere apposto

sull’esterno della maglie e degli articoli forniti dalla squadre come abbigliamento da gara e da

allenamento, secondo regole e dimensioni precise. Parimenti le maglie in vendita per il

pubblico riportano solo il medesimo marchio Kappa in quanto costituiscono la riproduzione di

quelle utilizzate dalle squadre di calcio sponsorizzate”7.

Peraltro, come si è già sopra delineato, il marchio Kombat è stato oggetto specifico di diffuse

ed autonome campagne pubblicitarie.

7 Pag. 8 dell’Ordinanza Collegiale emessa in sede di reclamo.

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Da ultimo e a conferma di quanto sopra, va ancora aggiunto che come è emerso in fase di

reclamo cautelare - ed il Collegio concorda pienamente - “la notorietà generale del marchio è

altresì confermata dagli esiti dell’indagine di mercato commissionata dalle reclamate tra i tifosi

di calcio delle società di serie A” (compresi i tifosi di squadre non sponsorizzate) e dalla quale

risulta che ”il marchio è conosciuto dal 35% del campione di tifosi intervistati, tra chi dichiara

apertamente di conoscerlo (29%) e chi lo ha sentito nominare (6%); il 41% di quelli che

dichiarano di conoscere il marchio lo ricollega a Kappa”.

Le emergenze di cui sopra non sono, ad avviso del Collegio, inficiate dalle risultanze degli

esiti dell’indagine di mercato prodotta in giudizio da Nike e Adamante, laddove – nonostante

sia stato considerato un spettro molto ampio (e quindi poco attendibile) di consumatore di

riferimento (qualsiasi cittadino, non si sa se sportivo o meno, di età compresa tra i 15 e i 50

anni e qualsiasi persona che lavora in un negozio che tratta non meglio specificati articoli

sportivi) - il 9% di tutti i “poteziali” sportivi conosce il marchio KOMBAT.

A partire dal 2000, il marchio di fatto KOMBAT – per l’ampiezza dei prodotti da esso

contraddistinti sul mercato8, l’estensione dell’uso, gli investimenti pubblicitari9 e la menzione

di esso su giornali, anche stranieri - ha dunque più che raggiunto, su tutto il territorio

nazionale, quel gradiente di notorietà necessario perché si possa parlare di marchio di fatto.

5) La capacità distintiva della parola KOMBAT.

Parte convenuta - che pure dimostra (come meglio infra) di attribuire capacità distintiva alla

parola COMBAT usata per contraddistinguere capi di abbigliamento tecnico e sportivo avendo

Nike registrato i marchi “NIKE PRO COMBAT”e “NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG” – sostiene

poi che il termine Kombat sarebbe evocativo del concetto di combattimento anche sportivo e

comunque meramente descrittivo delle caratteristiche performanti del prodotto.

Il punto è già stato adeguatamente approfondito nelle ordinanze cautelari con considerazioni

totalmente condivise dal Collegio che – avuto riguardo alle norme di riferimento sulla

distintività dei segni (art. 13 c.p.i. e corrispondenti disposizioni comunitarie) richiamate anche

8 Il fatturato realizzato da Basic Italia per la vendita dei prodotti sui quali è stato utilizzato il marchio Kombat è pari a 58.630.775 euro, cfr. doc. n. 8/B di Basic. 9 Pari a euro 1.919.431.

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da parte convenuta – rileva preliminarmente che “non possono costituire oggetto di

registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo”, ed in

particolare,“quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o

da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono

servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza

geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o delle prestazioni del servizio o altre

caratteristiche del prodotto o del servizio”.

La ratio del divieto, come è noto, è quella di assicurare “che segni descrittivi di una o più

caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta una registrazione come marchio

possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori economici che offrono simili prodotti

o servizi”10 e, di conseguenza, non sono descrittive quelle parole o insieme di parole che - pur

senza essere neologismi o di fantasia - hanno un proprio valore semantico, capace di

comunicare al pubblico uno specifico messaggio.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, infatti, sono

descrittivi - e quindi inidonei a svolgere la funzione sostanziale del marchio (che è quella di

essere percepito dai consumatori come indicatore di provenienza e come indicatore

dell’esistenza di una esclusiva sull’uso da parte del titolare) – solo quei segni che, “in un uso

normale dal punto di vista del consumatore”, possono servire a designare direttamente o

tramite la menzione di una della sue caratteristiche essenziali, i beni o i servizi che

contraddistinguono.

Nel caso di specie, però, il temine KOMBAT non è parola divenuta di uso comune nel

linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio nel settore dell’abbigliamento sportivo e

neppure è divenuta denominazione generica o sinonimo di magliette sportive (anche

performanti) o termine che possa servire a designarne la specie, la quantità, la provenienza

geografica e l’epoca di fabbricazione del prodotto.

Neppure può ritenersi, poi, che il segno KOMBAT richiami la destinazione, la qualità e le

caratteristiche del prodotto che contraddistingue (e cioè resistenza, capacità traspirante e

leggerezza) perché, come è stato osservato in sede cautelare, non vi è alcun legame tra il

concetto di combattimento anche sportivo evocato dal segno di parte attrice e il prodotto cui è 10 Cosi, Corte di Giustizia 10.3.2011

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associato, ossia magliette in dotazione a sport di squadra, come calcio e basket, “la cui

caratteristica peculiare e propria non è certo quella di consistere in contrasti di tipo fisico tra i

giocatori”.

Consapevole di ciò, parte convenuta sostiene che il termine “combattimento” è riferibile non

solo a sport da combattimento in senso stretto ma anche a tutte quelle discipline che

“implichino per l’atleta combattivo la necessità non solo di coltivare la preparazione fisica e

uno spirito adeguati, ma anche di affrontare le sfide disponendo di un equipaggiamento tecnico

costituito da prodotti che consentano di ottimizzare le prestazioni in campo”.

In realtà, da quanto risulta dalle definizioni dei migliori dizionari della lingua italiana (cfr., per

es., “lo Zingarelli”, edito da Zanichelli), la parola in discorso non ha affatto assunto questa

estensione, ma –soprattutto - questa dilatazione di significato non è stata assunta “in un uso

normale da parte del consumatore”. E la riprova di ciò la si riscontra nel fatto che, come

documentato da parte attrice, anche nei giornali interamente dedicati allo sport, è del tutto

assente il termine “combattimento” per commentare e parlare degli avvenimenti agonistici in

generale.

Si deve dunque escludere che la parola combattimento evocata dal segno attoreo sia in

qualche modo descrittiva o semanticamente riferibile al prodotto contraddistinto dal marchio o

alle sue caratteristiche strutturarli o funzionali.

6) Parte convenuta sostiene poi che la eventuale capacità distintiva del segno KOMBAT sarebbe

fortemente diluita dal fatto che, nel 2012, al momento della presentazione del ricorso

cautelare, le locuzione Kombat e Combat erano utilizzate anche da altri operatori.

Ora, in linea generale va osservato che non sussistono – ma neppure Nike ed Adamante lo

sostengono - i presupposti per ritenere intervenuta la volgarizzazione del marchio KOMBAT ai

sensi dell’art. 13, comma 4 c.p.i. Come si è già detto al precedente punto 5), il termine

KOMBAT non ha assunto nel comune modo di sentire la valenza di uso linguistico diffuso per

descrivere un certo bene o sue caratteristiche (di talché, ogni volta che ci si riferisce alle

magliette sportive delle squadre il consumatore di riferimento usa il termine KOMBAT) e la

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circostanza che vi sia uno sporadico utilizzo del lemma attoreo da parte di alcuni operatori non

determina volgarizzazione ma, eventualmente, contraffazione del marchio.

Ma neppure sussiste, ad avviso del Collegio, un indebolimento della capacità distintiva del

segno.

Infatti, posto che le attrici rivendicano l’uso del segno oggetto di giudizio nel settore degli

articoli di abbigliamento tecnico-sportivi non da combattimento, gli unici usi documentati che

potrebbero avere una qualche importanza sono quelli delle magliette/pantaloncini denominati

Combat di Adidas11 [che però risultano espressamente indicati e venduti a marchio

PERFORMANCE e non a marchio Combat], del giubbotto da alpinismo denominato

Combat_shirt, venduto a marchio Polartec e delle giacche da motocicletta denominate

Motocombat e Combat della Spidi.

Si tratta, all’evidenza, di usi non certo massicci e pertanto - quand’anche si dovesse

considerare che i termini Combat/Kombat sono stati usati come marchio - tali emergenze

risultano del tutto inidonee a diluire l’identità del marchio attoreo. Nel caso di specie, peraltro,

non risulta neppure provata una qualunque consistenza temporale dell’utilizzo di

Combat/Kombat in epoca antecedente o concomitante al consolidamento del segno di Basic.

Si deve quindi escludere che gli sporadici usi dei termini Kombat/Combat documentati da parte

convenuta siano idonei a disperdere la capacità distintiva del segno.

Nulla aggiunge poi, ai fini che qui rilevano, la registrazione del marchio MORTAL KOMBAT della

Warner Bros, risalente al 1993 e richiamata da parte convenuta per corroborare il prospettato

annacquamento del segno attoreo: parte attrice, infatti, all’udienza di discussione ha riferito

della stipulazione di un accordo tra Basic e la titolare del segno anteriore e tale circostanza

può ritenersi provata atteso che, nonostante l’opposizione della titolare del segno MORTAL

KOMBAT avverso la domanda di registrazione del segno oggetto di causa, la registrazione di

Basic è stata concessa (Registrazione n. 1518432 ).

11 E non la scarpa Adidas da wrestling (sport da combattimento), peraltro anch’essa venduta a marchio Performance. Analoghe considerazioni possono farsi per Puma (che designa Puma Doshu Combat un paio di calzature verosimilmente destinate ad essere utilizzate in discipline marziali, quali l’Aikido) e per la Sphinx, che produce un pantaloncino per il pugilato Sphinx Kombat. Per analoghi motivi, sono del tutto inconferenti il pantaloncino da donna Combat a marchio Mango e il pantalone lungo Kombat leather della linea mare Parah, capi non riconducibili a quelli attorei.

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7) La contraffazione.

E’ documentato in atti che Nike ha registrato i marchi NIKE PRO COMBAT (depositato in data

28.1.2009 e registrato in data 10.11.2009) e NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG (depositato in

data 21.5.2012) ed è documentato e pacifico che Adamante ha commercializzato magliette

sportive a marchio NIKE PRO COMBAT.

Le convenute - che pure non contestano l’assoluta identità fonetica e la quasi integrale identità

grafica del termini KOMBAT e COMBAT a confronto – sostengono che i marchi non sono

confondibili in quanto, da un lato, il termine COMBAT non viene usato autonomamente ma

contestualmente ed in aggiunta al marchio istituzionale NIKE, di indiscussa dominanza visiva e

commerciale e, dall’altro, in quanto i termini PRO COMBAT e PRO COMBAT HYPERSTRONG si

sostanziano in una specificazione volta a comunicare al consumatore determinate

caratteristiche qualitative del prodotto.

Nessuna di queste difese risulta fondata.

Si è già detto che il segno KOMBAT è un segno “forte”, per nulla evocativo dei prodotti che

contraddistingue e delle loro caratteristiche strutturali, capace di comunicare al pubblico uno

specifico messaggio e quindi dotato di capacità distintiva.

E’ quindi evidente che il termine COMBAT inserito nei segni delle convenute ed usato per

contraddistinguere gli stessi prodotti, aggiunge al segno NIKE un qualche messaggio

peculiare e caratterizzante: diversamente, infatti, non vi sarebbe stata alcune ragione per

chiederne la registrazione come marchio, sia pure in combinazione con i termini “pro” ed

Hyperstrong”. Questi ultimi, in quanto intrinsecamente privi di ogni distintività, non hanno

però alcuna propria valenza differenziatrice: il primo, infatti, esprime il concetto di “per” o “a

favore” di qualcosa cui deve essere associato ed il secondo rientra pienamente nella categoria

dei vocaboli elogiativi (tipo “super”, extra”, “oro” ed analoghi).

Il confronto tra i segni deve quindi essere operato tra KOMBAT da un lato e NIKE COMBAT

dall’altro e, in questo contesto, l’abbinamento di COMBAT con il segno forte e celebre NIKE

non vale ad escludere il rischio di confusione anche per associazione.

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Come è noto, infatti, la lettera b) dell’art. 20 c.p.i. considera una segno identico o simile al

marchio anteriore, “se a causa della identità o somiglianza dei segni e dell’identità o affinità dei

prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può

consistere anche in un rischio di associazione tra i due segni” ed è altrettanto noto che il

rischio di confondibilità sotto il profilo del rischio di associazione consiste nella possibilità che il

pubblico sia indotto in errore circa la riferibilità del prodotto alla stessa azienda ovvero ad

aziende collegate anche solo da rapporti contrattuali.

Il dato letterale della norma considerata non comprende però solo il caso in cui i beni o servizi

del marchio successivo possono venir collegati all’azienda titolare del bene anteriore, ma anche

quello in cui i beni o servizi del marchio anteriore rischiano di essere collegati dai consumatori

al titolare del marchio successivo e la fattispecie può verificarsi particolarmente quando, come

nel caso, la forza e la notorietà generale dell’impresa titolare del secondo marchio può indurre

il consumatore a credere che i prodotti Basic a marchio KOMBAT siano in qualche modo

riconducibili a Nike.

In altre parole, ritiene il Collegio che l’incontestata notorietà del marchio NIKE non elida ma

aggravi il rischio di confusione tra KOMBAT e COMBAT, in quanto – attesa la sostanziale

identità delle parole Combat/Kombat – il consumatore viene indotto a pensare che anche

quando il segno KOMBAT compare da solo i prodotti contrassegnati sono da ricondurre a Nike.

Diversamente opinando si finirebbe con l’attribuite al titolare di un marchio notorio il potere di

distruggere o diluire i marchi altrui, utilizzandoli indebitamente ma con il solo accorgimento di

impiegarli in associazione con il proprio segno distintivo, molto affermato sul mercato e

fortemente distintivo e riconoscibile.

Si tratta, in sostanza, di quel fenomeno che la giurisprudenza statunitense definisce “reverse

confusion” e che si verifica quando - per la notorietà di chi adotta un segno identico/simile a

un marchio anteriore – i consumatori vengono indotti a credere che i prodotti o servizi del

titolare del marchio provengano o siano collegati all’azienda leader sul mercato.

Deve inoltre essere considerato che, nell’attuale contesto normativo, viene tutelata non solo la

funzione del marchio quale indicatore di origine del prodotto o del servizio ma anche la sua

funzione attrattiva e pubblicitaria.

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Il marchio, infatti, è anche strumento di strategia commerciale utilizzato, in particolare, a

scopi pubblicitari o per acquisire una reputazione al fine di rendere fedele il consumatore e la

Corte di Giustizia ha esplicitamente precisato che tutti i marchi e non solo i marchi che godono

di notorietà possono avere funzioni diverse da quelle dell’indicazione di origine.12

Il marchio riceve quindi tutela contro ogni forma di parassitismo e di appropriazione non

autorizzata e, anche in questa prospettiva e proprio a causa della notorietà del marchio Nike,

l’uso di COMBAT nel segno delle convenute diluisce il segno KOMBAT e finisce per vanificare

anche gli investimenti pubblicitari di Basic per lanciare e sostenere il proprio segno anteriore.

8) Atteso quanto sopra esposto, deve essere dichiarato che i Marchi NIKE PRO COMBAT e

NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG costituiscono contraffazione del marchio attoreo KOMBAT

per i prodotti per cui è causa e, conseguentemente, deve essere inibito in via definitiva a Nike

Italy s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore, e Adamante s.r.l., in persona del

legale rappresentate pro tempore, l’uso anche nella comunicazione promozionale e

pubblicitaria, nonché la produzione, l’importazione e commercializzazione dei prodotti con

apposti i marchi di cui è causa.

Deve inoltre essere ordinato il ritiro dal commercio di tutti i prodotti a marchio NIKE PRO

COMBAT o NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG e deve essere confermata la penale, già

disposta in sede cautelare, di euro 100,00 per ogni singolo prodotto venduto e di euro

3.000,00 per ogni diversa violazione dell’inibitoria.

Si ritiene invece di non dover disporre la pubblicazione della presente sentenza, trattandosi di

un provvedimento già emanato nell’ordinanza 22.8.12 e non risultando violazioni delle

prescrizioni cautelari.

9) La causa deve inoltre essere rimessa sul ruolo, con separata ordinanza, per l’istruttoria

necessaria ai fini delle richieste risarcitorie formulate da parte attrice.

10) La regolamentazione delle spese di giudizio viene riservata alla sentenza definitiva.

12 Corte di Giustizia 22.9.2011, punti 39 e 40.

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11) La presente sentenza deve essere comunicata, a cura della Cancelleria, all’Ufficio Italiano

Brevetti e Marchi ai sensi dell’art. 122, comma 8 c.p.i..

P.Q.M.

IL TRIBUNALE, non definitivamente pronunciando nel procedimento iscritto nel R.G.C. al n.

26521\2012, così provvede:

Dichiara che i marchi NIKE PRO COMBAT e NIKE PRO COMBAT HYPERSTRONG costituiscono

contraffazione del marchio attoreo KOMBAT per i prodotti per cui è causa;

Inibisce in via definitiva a Nike Italy s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore,

e Adamante s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, l’uso anche nella

comunicazione promozionale e pubblicitaria, nonché la produzione, l’importazione e

commercializzazione dei prodotti con apposti i marchi di cui è causa;

Ordina il ritiro dal commercio di tutti i prodotti a marchio NIKE PRO COMBAT o NIKE PRO

COMBAT HYPERSTRONG;

Fissa una penale di euro 100,00 per ogni singolo prodotto venduto e di euro 3.000,00 per

ogni diversa violazione dell’inibitoria;

Dispone che a cura della Cancelleria la presente sentenza venga trasmessa all’Ufficio Italiano

Brevetti e Marchi ai sensi dell’art. 122 comma 8 c.p.i.;

Rimette la causa sul ruolo con separata ordinanza, per l’istruttoria necessaria ai fini delle

domande risarcitorie formulate da parte attrice.

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Così deciso dalla I sezione civile del Tribunale di Torino, nella camera di consiglio del

28.2.2014.

Il Giudice estensore Il Presidente

Dott.ssa Gabriella Ratti Dottor Umberto Scotti

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