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RACCOLTA NORMATIVA n. 1 Gennaio 2012

Newsletter copertine e indice giurrisprudenza · funzioni di coordinamento delle Sezioni regionali di controllo e della ... 30 novembre 2011 con l ... Osservatorio per la finanza

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RACCOLTA NORMATIVA

n. 1Gennaio 2012

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Newsletter SELF - Gennaio 2012 - N. 1Via IV Novembre, 57 – 56028 San Miniato (PI), tel. 0571/418873- fax 0571/1826507

email: [email protected], [email protected], www.self-entilocali.it, P.Iva 01905220503

PERSONALE E INCARICHI ESTERNI

Corte dei conti, Sez. Autonomie, Deliberazione n. 14/11

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Interpello n. 50 del 2011

PRIVACY E DIRITTO D’ACCESSO

Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 6996/11

PROCEDURA DI GARA, CONTRATTI E GOVERNO DEL TERRITORIO

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 6906/11

Avcp, Comunicato n. 69/11

SOCIETA’ PARTECIPATE E SERVIZI

Tar Piemonte, sez. I, sentenza n. 1336/11

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 6974/11

ORDINAMENTO E PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 6953/11

Dipartimento Funzione Pubblica, direttiva n. 14 del 22 dicembre 2011

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Deliberazione n. 14/AUT/2011/QMIG

 

C o r t e d e i C o n t i

S e z i o n e d e l l e A u t o n o m i e Adunanza 30 novembre 2011

Composta dai magistrati: Presidente Luigi GIAMPAOLINO Presidenti di Sezione Giuseppe Salvatore LAROSA, Mario Giulio Cesare SANCETTA Presidenti di Sezioni Regionali: Nicola MASTROPASQUA, Vittorio LOMAZZI, Franco

FRANCESCHETTI, Vittorio GIUSEPPONE, Mario FALCUCCI, Giorgio PUTTI, Raffaele DEL GROSSO, Ciro VALENTINO, Ennio COLASANTI, Enrica LATERZA, Enrica DEL VICARIO

Consiglieri: Andrea LIOTTA, Teresa BICA, Francesco PETRONIO, Carmela IAMELE, Alfredo GRASSELLI, Rinieri FERONE, Francesco UCCELLO, Adelisa CORSETTI, Graziella DE CASTELLI,

Visto il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n.

1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle

Sezioni riunite con la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000, dalle stesse modificato con le deliberazioni n. 2 del

3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, e da ultimo, ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre

2007, n. 244, dal Consiglio di Presidenza con la deliberazione n. 229 del 19 giugno 2008;

Vista la legge 4 marzo 2009, n. 15;

Visto il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.

102;

Vista la propria deliberazione n. 9 del 4 giugno 2009, recante “Modificazioni ed integrazioni degli

indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni regionali di controllo”;

Vista la propria deliberazione n. 3/INPR/2011 del 16 giugno 2011, con la quale è stata definita una linea

interpretativa coerente del complesso delle norme regolamentari che attribuiscono alla Sezione delle Autonomie

funzioni di coordinamento delle Sezioni regionali di controllo e della norma (art.17, co. 31, d.l. n. 78/2009) che

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intesta alle Sezioni riunite della Corte dei conti l’emanazione di deliberazioni di orientamento generale, cui si

conformano le Sezioni regionali di controllo;

Vista la deliberazione n. 208/2011 del 10 ottobre 2011, con la quale la Sezione regionale di controllo

della Corte dei conti per la Toscana ha sottoposto al Presidente della Corte dei conti la valutazione, ai sensi del

citato art. 17, co. 31, d.l. n. 78/2009, in ordine all’opportunità di rimettere alle Sezioni riunite della Corte dei conti

una questione di massima concernente un quesito formulato dal Comune di Campi Bisenzio (FI);

Vista la nota del Presidente della Corte dei conti di convocazione della Sezione delle Autonomie per

l’adunanza del 30 novembre 2011 con l’iscrizione, all’ordine del giorno, della questione proposta dalla Sezione

regionale di controllo per la Toscana con la deliberazione n. 208/2011;

Uditi, nell’adunanza del 30 novembre 2011, i relatori pres. Vittorio GIUSEPPONE e cons. Graziella DE

CASTELLI.

PREMESSO

Il Comune di Campi Bisenzio ha inoltrato alla Sezione regionale di controllo per la Toscana, tramite il

Consiglio delle autonomie locali, una richiesta di parere sull’interpretazione delle norme che stabiliscono limiti

alle assunzioni di personale degli enti locali (divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e

con qualsivoglia tipologia contrattuale agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al

40% delle spese correnti), con particolare riferimento alla qualità della partecipazione societaria da considerare ai

fini del computo della spesa di personale complessiva, dell’ente e delle sue partecipate; ai valori da considerare,

assoluti o rapportati alla percentuale di partecipazione e implicitamente alla modalità di calcolo; alle spese da

considerare, se solo quelle di personale o anche quelle correnti in toto.

Il quadro normativo di riferimento è stato più volte modificato, anche successivamente alla richiesta di

parere. Si tratta dell’art. 76, co. 7, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto

2008, n. 133, come sostituito dall’art. 14, co. 9, primo periodo, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con

modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; successivamente modificato dall’art. 1, co. 118, legge 13

dicembre 2010, n. 220; dall’art. 20, co. 9, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,

e dall’art. 4, co. 103, lett. a), legge 12 novembre 2011, n. 183.

In particolare, l’art. 76, co. 7, primo periodo, d.l. n. 112/2008, imponeva il “divieto agli enti nei quali

l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di

personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale”, mentre l’art. 76, co. 7, secondo periodo, d.l.

n. 112/2008, aggiunto dall’art. 20, co. 9, d.l. n. 98/2011, prevedeva che “Ai fini del computo della percentuale di

cui al periodo precedente si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale

o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono

funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero

che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura

pubblicistica. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica alle società quotate su mercati

regolamentari”. Peraltro, quest’ultima disposizione era stata preconizzata dall’art. 18, co. 2-bis, d.l., n. 112/2008,

secondo cui “Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del

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decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di

personale si applicano, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle società a

partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali

senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non

industriale nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto

di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica

amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo 1

della legge 30 dicembre 2004, n. 311”.

Sull’interpretazione di tali norme, come fissate nel perdurante percorso di modifica, sono state emesse

diverse pronunce di orientamento di questa Sezione e delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, alcune delle

quali richiamate dalla Sezione remittente e indicate anche in questa delibera.

I quesiti posti dal Comune di Campi Bisenzio, come articolati nella deliberazione della Sezione regionale

di controllo per la Regione Toscana, sono i seguenti:

1. se le società partecipate da considerare siano quelle in cui la percentuale di partecipazione è

compresa tra il 50 e il 100% o quelle in cui l’ente possiede un rappresentante nel consiglio di amministrazione;

2. se le spese sostenute dalle società partecipate vadano considerate in quota parte proporzionalmente

alla percentuale di partecipazione dell’ente o nel loro valore assoluto;

3. se le spese da considerare siano quelle correnti e del personale da sommarsi a quelle analoghe

dell’ente o solo quelle per il personale.

La Sezione remittente, considerata l’ammissibilità soggettiva ed oggettiva dei quesiti, nella deliberazione

n. 208/2011, dopo aver evidenziato che la norma aggiunta dal d.l. n. 98/2011 limita la previsione normativa alle

società destinatarie di affidamento diretto di servizi pubblici locali, a quelle che svolgono servizi privi di rilevanza

economica e a quelle che svolgono servizi a supporto di funzioni amministrative (società strumentali), escludendo

le società quotate in mercati regolamentati e le società che hanno ricevuto l’affidamento con procedura

competitiva, ha riportato alcune deliberazioni delle Sezioni Riunite emanate ai sensi dell’art. 17, co. 31, d.l. n.

78/2009, con enunciazione di principi interpretativi cui si conformano le Sezioni regionali.

La Sezione regionale di controllo Toscana ha richiamato, in particolare, la deliberazione n. 3/2011/QM,

con la quale le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno sostenuto che sussiste nell’ordinamento <<un

tendenziale principio inteso a rilevare unitariamente le voci contabili riferite alla spesa per personale tra ente

locale e soggetto a vario titolo partecipato al fine di rendere più trasparente la gestione delle risorse>> e la

deliberazione n. 27/2011/QM, con la quale le stesse Sezioni riunite hanno confermato la necessità <<di

scandagliare il bilancio secondo criteri che possono prescindere dalla imputazione formale ed attengono alla

effettiva qualità della spesa giacché il limite riferito esclusivamente ad elementi tratti dal bilancio dell’Ente può

non rivelarsi equo in quanto non tiene conto dei diversi modelli di governance e dei processi di esternalizzazione

che meriterebbe una più accurata valutazione>>.

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In ordine al quesito n. 1, la Sezione remittente ha prospettato un concetto allargato di controllo <<non

strettamente legato al quantum della partecipazione sociale, mutuandolo dalla regolamentazione in tema di

bilancio consolidato dettata dai principi contabili dell’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali.

Trattasi delle ipotesi in cui: a) l’ente locale ha, direttamente o indirettamente attraverso le entità controllate, il

possesso della maggioranza dei voti esercitabili nell’altra entità; b) l’ente locale ha il potere, assegnato o esercitato

all’interno della normativa di riferimento, di nominare o rimuovere la maggioranza dei membri del consiglio di

gestione o di altro organo direttivo equivalente dell’altra entità economica ed il controllo dell’altra entità è

detenuto da tale consiglio o organo; c) l’ente locale ha il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto

nelle sedute del consiglio di gestione o dell’organo direttivo equivalente ed il controllo dell’altra entità è detenuto

da quel consiglio o organo>>.

In ordine ai quesiti n. 2 e 3, la Sezione Toscana ha formulato soluzioni diverse sul metodo di calcolo delle

spese di personale, se in valore assoluto o in proporzione alla percentuale di partecipazione dell’ente, ed, inoltre,

ha prospettato, in chiave dubitativa, l’alternativa se il computo debba riguardare le sole spese di personale, con

incidenza sul numeratore del rapporto, o quelle correnti nel loro complesso, con impatto anche sul denominatore.

Dopo aver premesso che l’elaborazione di un calcolo corretto richiede la stesura di un bilancio

consolidato, la Sezione remittente ha svolto ulteriori osservazioni che si riportano di seguito.

Con riferimento alle società strumentali (o comunque alle partecipate che vivono esclusivamente di

risorse provenienti dall’ente locale), è opportuno sommare la spesa di personale senza eseguire operazioni sul

denominatore (spesa corrente), in quanto la spesa corrente della società è erogata dall’ente stesso (quale sua spesa

corrente). Così operando, questa spesa non viene computata due volte.

Con riguardo alle altre società – che utilizzano risorse provenienti dall’ente locale e da altri enti

pubblici – non si può prescindere dal valutare quanto l’ente eroghi in virtù di un contratto di servizio o per altro

titolo e sommare alla spesa (corrente) dell’ente la sola spesa corrente societaria che eccede l’importo di tale

contratto, rimodulata in proporzione alla partecipazione detenuta dall’ente; in relazione alla spesa di personale,

appare congruo sommare alla spesa dell’ente quella del personale della società in quota parte, in relazione alla

partecipazione detenuta. In tal modo, si evita di computare due volte la medesima spesa.

In alternativa a quest’ultima soluzione, la Sezione toscana ritiene opportuno seguire le indicazioni di cui

al punto 8 dei principi contabili internazionali, che impongono la strutturazione, all’interno di ciascuna società, di

una contabilità analitica per ciascuno degli enti-soci. Si tratta del c.d. metodo proporzionale che richiede di

sommare ogni singola voce dello stato patrimoniale e del conto economico della partecipante con le quote delle

corrispondenti voci dello stato patrimoniale e del conto economico dell’azienda sottoposta a controllo congiunto

(di più enti).

Considerando i profili di coordinamento della finanza pubblica sottesi alla questione in esame, la Sezione

regionale di controllo della Toscana ne ha sottoposto la valutazione al Presidente della Corte per l’esercizio dei

poteri conferitigli dall’art. 17, co. 31, d.l. n. 78/2009, al fine di individuare una interpretazione delle norme che

possa condurre ad una loro uniforme applicazione nel territorio nazionale.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione di massima prospettata concerne tre quesiti che fanno riferimento, il primo, alla qualità della

partecipazione azionaria dell’ente locale nelle società partecipate; il secondo, alle spese di personale da

considerare ai fini del calcolo, se in valore assoluto o proporzionalmente alla quota di partecipazione dell’ente; il

terzo, alla natura delle spese da considerare, se quelle di personale dell’ente e delle sue partecipate o anche le

spese correnti dell’ente e delle partecipate.

2. Occorre innanzitutto evidenziare che la questione, in origine prospettata per una decisione delle Sezioni

Riunite della Corte dei conti, è stata deferita a questa Sezione per l’individuazione di una linea interpretativa di

indirizzo, non vincolante, ai sensi della citata deliberazione n. 3/INPR/2011, al fine di valutarne gli effetti nei

diversi casi concreti che si presenteranno mentre, in caso di evidente contrasto tra le pronunce delle Sezioni

regionali, potrà pervenirsi ad una decisione delle Sezioni riunite, cui le Sezioni regionali devono conformarsi.

3. Riguardo al quesito 1, come rilevato dalla Sezione remittente, il legislatore ha definito la fattispecie

normativa circoscrivendola alle società a partecipazione pubblica locale, totale o di controllo, che sono titolari di

affidamento diretto, senza gara, di servizi pubblici locali, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare

esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei

confronti della pubblica amministrazione. Non sono ricomprese le società quotate su mercati regolamentari.

L’esclusione delle società che hanno ricevuto l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali con

procedura competitiva è basata sul presupposto che la gara può assicurare la presenza dei requisiti di economicità,

efficienza ed efficacia necessari all’attuazione del "buon andamento", posto dalla Costituzione con l’art. 97,

mediante il confronto competitivo sul mercato e la verifica della congruità dei costi, soprattutto in materia di

personale.

Quanto alla qualità della partecipazione, questa Sezione, come la Sezione remittente, ritiene che il concetto di

“partecipazione totalitaria o controllo”, richiamato dalla norma, debba riferirsi alle società partecipate al 100% da

un ente pubblico o da più enti pubblici congiuntamente, nonché alle società che presentano le caratteristiche di cui

all’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, codice civile.

Ai fini dell’applicazione della norma in esame, sono da considerare controllate le società nelle quali l’ente

locale possiede azioni che gli assicurano la maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie, oppure voti sufficienti

ad esercitare un’influenza dominante, con esclusione di quelle sulle quali tale influenza è esercitata attraverso altra

società, in base a particolari vincoli contrattuali (pur considerate controllate in base all’art. 2359, comma 1, n. 3,

c.c.). Come la Sezione remittente, anche la Sezione delle Autonomie ritiene di valorizzare il requisito,

espressamente previsto dalla legge, della partecipazione diretta dell’ente nelle società. Di conseguenza, si dovrà

tener conto anche delle società partecipate che hanno natura di holding, in quanto destinatarie di affidamento

diretto, mentre non rilevano gli altri affidamenti (di natura indiretta) posti in essere dalla holding rispetto alle

società del gruppo.

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In un’ottica di sistema, la considerazione congiunta della spesa di personale dell’ente locale con quella delle

società partecipate sussiste anche nei confronti di organismi (aziende speciali, fondazioni, etc.) contraddistinti da

livelli di autonomia contabile e finanziaria inferiori a quelli delle società. Il preciso riferimento normativo alle

società esclude tuttavia che possano esser considerate le spese di personale dei predetti organismi.

In conclusione, l’ambito soggettivo è circoscritto alle seguenti società:

a) partecipate in modo totalitario da un ente pubblico o da più enti pubblici congiuntamente, tenuto conto del

concetto univocamente accolto di società in house, come società che vive “prevalentemente” di risorse provenienti

dall’ente locale (o da più enti locali), caratterizzata da un valore della produzione costituito per non meno

dell’80% da corrispettivi dell’ente proprietario;

b) ovvero che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359, comma 1, nn. 1 e 2, del codice civile, purché

affidatarie dirette di servizi pubblici locali.

4. Con riferimento ai quesiti 2 e 3, che vengono esaminati congiuntamente, la sezione remittente, dopo aver

sottolineato l’importanza della redazione del bilancio consolidato, ne prospetta l’utilità ai fini di una

rappresentazione veritiera e corretta degli andamenti economici, finanziari e patrimoniali del "Comparto Ente

Locale".

La contabilità analitica, per centri di costo e di ricavo, tenuta dalle società partecipate pubbliche, consente di

rilevare, in sede di definizione del budget preventivo, gestionale e di rendiconto, i componenti di costo e di ricavo

trasfusi, al termine dell’esercizio, nel conto economico ricompreso nel bilancio finale d’esercizio, e fa individuare

le quote di competenza di ciascun ente, sia che pervengano dai singoli enti, che da corrispettivi derivanti

dall’applicazione di tariffe o elementi di varia natura.

Come rilevato dalla Sezione remittente, il criterio del consolidamento è, espressamente avallato dalle Sezioni

Riunite (con la delibera 25 gennaio 2011, n. 3, già citata) che citano la recente legislazione in materia (ad es., la

nuova formulazione della lett. h) dell’art. 2, co. 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42, come modificata dall’art. 2

della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di riforma della contabilità e finanza pubblica, che tra i principi e criteri

direttivi, previsti al fine di armonizzare i sistemi contabili, contempla per gli enti “l’adozione di un bilancio

consolidato con le proprie aziende, società o altri organismi controllati”).

A tale disciplina si aggiunge l’art. 152 del Tuel (d.lgs. n. 267/2000) secondo cui «il regolamento di

contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti ed

organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi», mentre al successivo art. 172 viene previsto che al

bilancio di previsione sono allegati diversi documenti, tra i quali, «le risultanze dei rendiconti o conti consolidati

delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l’esercizio di servizi

pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce». Anche l’art. 230 del Tuel,

al co. 6, precisa che: «Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato

patrimoniale per tutte le attività e passività interne ed esterne».

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Il recente d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, all’art. 11, prevede che le amministrazioni pubbliche (tra le quali

regioni, enti locali e loro enti strumentali) adottano comuni schemi di bilancio finanziari, economici e patrimoniali

e comuni schemi di bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e

partecipate ed altri organismi controllati.

In relazione all’adozione di tali schemi di bilancio, il successivo art. 36 prevede una sperimentazione

della durata di due esercizi finanziari. Le modalità di tale sperimentazione e gli schemi di bilancio consolidato,

compreso il principio contabile sul bilancio consolidato, sono definiti con apposito decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con la Conferenza

Unificata di cui al d.lgs. n. 281/1996.

Soltanto al termine del periodo di sperimentazione e con decorrenza 1° gennaio 2014, potranno essere

adottati da tutte le amministrazioni pubbliche di cui al d.lgs. n. 118/2011, gli schemi di bilancio consolidati con

l’applicazione del corrispondente principio contabile per la redazione del bilancio consolidato.

In assenza di una esplicita normativa che definisca le metodologie e le tecniche del consolidamento,

occorre fare riferimento, in relazione alle modalità di calcolo in argomento, ai principi generali che rispondano a

criteri di ragionevolezza e di valorizzazione delle finalità che il legislatore persegue con la norma in esame.

Ulteriore elemento valutativo riguarda la locuzione utilizzata dal legislatore che, ai fini del computo della

percentuale della spesa di personale, utilizza il termine “spese” e non quello di “costo” (elemento proprio del

bilancio societario), sollevando per l’interprete la questione della considerazione dei soli elementi del conto

economico della società che si traducano in effetti finanziari, con esclusione degli ammortamenti, degli

accantonamenti e dei fondi diversi che non presentano gli stessi effetti.

Al riguardo questa Sezione accoglie la tesi secondo la quale, acclarato l’obbligo societario di predisporre i

bilanci sulla base del principio di competenza economica di cui all’art. 2423 bis del codice civile, debba farsi

riferimento al dato ufficiale ricompreso nel conto economico della società stessa, senza alcuna detrazione a titolo

di accantonamenti o fondi diversi.

Con riferimento alle partecipate, i dati rilevanti ai fini del computo possono esser tratti dai questionari

allegati alle relazioni degli organi di revisione al rendiconto dell’ente locale, predisposte ai sensi dell’art. 1,

comma 166 e ss., l. 23 dicembre 2005, n. 266, trattandosi di dati certificati provenienti dalle contabilità degli enti,

verificati dagli organi di revisione.

La Sezione remittente prospetta varie modalità di calcolo delle spese di personale dell’ente e delle società

partecipate a seconda delle caratteristiche di queste ultime.

5. Nell’attuale periodo transitorio, in attesa che si completi la sperimentazione per la redazione del bilancio

consolidato, la Sezione delle autonomie ha individuato nei corrispettivi a carico dell’ente, desumibili dai

questionari delle Linee guida, lo strumento che consente di attribuire al medesimo le spese di personale della

società che possono essere associati alla prestazione dei servizi erogati a fronte di quel corrispettivo.

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Nel caso in cui la società partecipata percepisca, in luogo dei corrispettivi, ricavi derivanti da tariffa, è

possibile utilizzare tali ricavi, associati agli utenti di ciascun ente proprietari, da sommare ad eventuali

corrispettivi, se presenti.

A partire da questo approccio, la Sezione ha elaborato un metodo sintetico per calcolare la quota delle

spese di personale della società partecipata da sommare alle spese di personale degli enti proprietari.

Il metodo di calcolo si basa sulla seguente semplice proporzione: il valore della produzione della società

sta alle spese totali del personale della stessa come il corrispettivo sta alla quota del costo di personale attribuibile

all’ente, che è l'incognita da calcolare. Per risolvere tale proporzione, si moltiplicano le spese del personale per il

corrispettivo e si divide il risultato ottenuto per il valore della produzione. Questo criterio utilizza, ai fini del

calcolo, il costo del personale della società (voce B9 del conto economico) senza operare particolari depurazioni,

rispondendo all’esigenza sostanziale di individuare un indicatore sintetico della sostenibilità della spesa di

personale dell’ente.

Per il calcolo dell’incidenza previsto dall’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, la quota di spese del personale

della società partecipata, così individuata, va a sommarsi alle spese di personale dell’ente, e il totale si divide per

le spese correnti dell’ente.

In tal modo si agisce soltanto sul numeratore, come proposto dalla Sezione remittente per l’ipotesi della

società partecipata da unico ente pubblico, sicché il metodo ne rappresenta uno sviluppo, in quanto consente di

evitare eventuali imprecisioni dovute alla semplice somma di tutte le spese di personale delle società partecipate a

quelle dell’ente.

Questo calcolo va effettuato per ciascun organismo partecipato, che si tratti di società posseduta da uno o

più enti (punto 3, lett. a, della presente delibera), ovvero di società miste pubblico privato, controllate dall’ente a

norma dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, del codice civile (punto 3, lett. b).

Utilizzando questo metodo sono state sviluppate numerose simulazioni. Il risultato ottenuto è apparso

sempre in linea con quello ricavato seguendo modalità più complesse, in quanto ha mostrato scostamenti

marginali rispetto a quelli ottenuti con altre modalità ed ha escluso anche una maggiore penalizzazione per gli enti

locali.

In buona sostanza, i vantaggi del metodo proposto consistono nella relativa semplicità di applicazione a

tutti i casi di società partecipata, nel minor numero di elaborazioni ed operazioni da effettuare (da costi di

produzione a spese correnti, da costi del personale a spese del personale), nella riduzione delle operazioni di

calcolo e delle connesse possibilità di errore e nell’annullamento delle divergenze sui criteri di valutazione delle

poste contabili, che potrebbero rendere di difficile applicazione il precetto normativo (art.76, co. 7, d.lgs.

112/2008).

Si ripete che criterio proposto da questa Sezione va anche considerato nell’ottica della transitorietà delle

metodologie di calcolo prospettate dalla Sezione remittente, dalle amministrazioni coinvolte nell’applicazione

della norma e dalla dottrina, in attesa dell’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle

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Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, prefigurata dal d.lgs. n. 118/2011, il cui decreto attuativo per

l’avvio della fase sperimentale è in corso di emanazione.

P.Q.M.

la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per la Toscana con deliberazione n. 208/2011 a seguito di quesito formulato dal comune di Campi Bisenzio, enuncia i seguenti principi:

“Per la determinazione, ai sensi dell’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, della spesa del comparto “personale”, si considerano: a) le società partecipate in modo totalitario da un ente pubblico o da più enti pubblici congiuntamente, tenuto conto del concetto univocamente accolto di società in house, come società che vive “prevalentemente” di risorse provenienti dall’ente locale (o da più enti locali), caratterizzata da un valore della produzione costituito per non meno dell’80% da corrispettivi dell’ente proprietario; b) le società che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, c.c., purché affidatarie dirette di servizi pubblici locali”.

“Ai fini della determinazione della spesa del comparto personale dell’ente locale e delle società partecipate o controllate, di cui all’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, si assumono i dati che derivano dai documenti contabili delle società (bilancio di esercizio) e dai questionari allegati alle relazioni dei revisori degli enti locali al rendiconto degli enti, ai sensi dell’art. 1, co. 166 e ss. l. n. 266/2005, senza alcuna detrazione o rettifica, in assenza di specifiche norme che definiscono modalità e termini per il consolidamento dei conti, attualmente in fase di sperimentazione (art. 36, l. n. 118/2011).

“Ai fini del calcolo del rapporto di incidenza previsto dall’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, si agisce soltanto sul numeratore, ma le spese di personale della società partecipata da sommare a quelle dell’ente sono da proporzionare in base ai corrispettivi a carico dell’ente medesimo (o ai ricavi derivanti da tariffa, se presenti in luogo del corrispettivo stesso). Il calcolo va effettuato per ciascun organismo partecipato, che si tratti di società posseduta da uno o più enti, ovvero di società miste pubblico privato, controllate dall’ente a norma dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, c.c.

Dispone, a cura dell’Ufficio di Supporto, la trasmissione degli atti alla Sezione regionale di controllo per la Toscana, che renderà il parere richiesto tenendo conto dei suindicati principi di diritto, che costituiscono atto di indirizzo.

Così deliberato in Roma nell’adunanza del 30 novembre 2011.

I Relatori Il Presidente

F.to Vittorio Giuseppone F.to Luigi Giampaolino

F.to Graziella De Castelli

Depositata in Segreteria il 28 dicembre 2011

Il Dirigente

F.to Romeo Francesco RECCHIA

 

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INTERPELLO N. 50/2011

Roma, 28 dicembre 2011

Direzione generale per l’Attività Ispettiva

Prot. 37/0008386

Al Consiglio Nazionale delle Ricerche

Alla Agenzia del Territorio Oggetto: istanza di interpello ex art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – assunzioni ex L. n. 68/1999 –

base di computo.

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Agenzia del Territorio hanno formulato istanza di

interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione

delle disposizioni di cui alla L. n. 68/1999, concernenti le modalità di assunzione del personale

appartenente alle categorie protette e la corretta individuazione della base di computo di cui all’art.

4 della predetta Legge.

Più in particolare il CNR e l’Agenzia chiedono se sia o meno obbligatoria l’iscrizione alle

liste di collocamento del personale da assumere qualora siano svolte procedure concorsuali. Inoltre

il CNR chiede anche se dal computo di calcolo su cui conteggiare il contingente annuale da

assumere vadano esclusi, oltre i dirigenti amministrativi, anche i dirigenti di ricerca e i dirigenti

tecnologi.

Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale del Mercato del Lavoro, si

rappresenta quanto segue.

Quanto al primo quesito occorre anzitutto ricordare che, secondo l’art. 8 della L. n. 68/1999,

per le persone disabili “che risultano disoccupate e aspirano ad una occupazione conforme alle

proprie capacità lavorative”, sussiste l’obbligo di iscrizione nell’apposito elenco tenuto dagli Uffici

competenti; tale iscrizione, come si evince dal comma 1 dello stesso art. 8 – in cui si richiede la

compilazione di una scheda contenente, fra l’altro, le capacità lavorative, le abilità, le competenze,

le inclinazioni della persona nonché la natura e il grado della minorazione – è funzionale ad un

utile inserimento lavorativo.

Ai fini dell’avviamento al lavoro nel settore pubblico, va invece ricordato che, ai sensi

dell’art. 35, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 e ss. modifiche e integrazioni, “le assunzioni

obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui

alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di

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collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità

con le mansioni da svolgere”.

Inoltre l’art. 7, comma 4, del D.P.R. n. 333/2000 – “Regolamento di esecuzione per

l’attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 recante norme per il diritto al lavoro dei disabili” –

stabilisce ancora che “i datori di lavoro pubblici effettuano le assunzioni con chiamata nominativa

dei soggetti disabili solo nell’ambito delle convenzioni, stipulate ai sensi dell’articolo 11, della

legge n. 68 del 1999 (…)”.

Da quanto sopra si evince pertanto che l’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 8, comma 2,

della L. n. 68/1999 costituisce presupposto per accedere alla riserva dei posti nelle procedure

selettive e condizione per la chiamata numerica e nominativa (resta ferma la preferenza a parità di

merito e a parità di titoli di cui all’art. 5, comma 4, del D.P.R. n. 487/1994).

Sul punto va tuttavia chiarito che, ai soli fini della procedura di partecipazione alle

procedure selettive, l’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio non costituisce

condizione necessaria. In altri termini, la selezione attraverso concorso pubblico, è utile alla

individuazione dei soggetti con i quali l’Amministrazione potrà utilmente sottoscrivere un contratto

di lavoro; a seguito di tale selezione ed ai fini della sottoscrizione del contratto di lavoro occorrerà

tuttavia che il soggetto disabile sia iscritto alle liste di collocamento.

Quanto al secondo quesito – nel ricordare che l’art. 4 della L. n. 68/1999 prevede che, agli

effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, non sono computabili tra i

dipendenti, fra gli altri, “i dirigenti” – si evidenzia che dall’esame dell’art. 12 del Contratto

collettivo nazionale di lavoro del personale non dirigente del comparto delle istituzioni e degli enti

di ricerca e sperimentazione, relativo ai ricercatori e tecnologi, tali categorie sono da iscriversi

nell’area del personale non dirigente. In effetti dette figure professionali, per quanto “non

gerarchicamente subordinate alla dirigenza” perché dotate di autonomia gestionale, non rientrano

organicamente nella stessa, con la conseguenza che non possono essere scomputate ai fini del

calcolo della percentuale d’obbligo di cui alla L. n. 68/1999.

Resta ferma tuttavia l’esclusione di tali soggetti nelle ipotesi affrontate dalla risposta ad

interpello n. 24/2009 cui si fa rinvio.

IL DIRETTORE GENERALE

(f.to Paolo Pennesi)

DP

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N. 06996/2011REG.PROV.COLL.

N. 04830/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4830 del 2011, proposto da: D'Oria Giuseppe & Co. Srl in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e quale capogruppo mandataria di costituendo Rti , Apulia Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentate e difese dall'avv. Luigi Paccione, con domicilio eletto presso A. Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Provincia di Barletta Andria Trani, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Michele Didonna, con domicilio eletto presso Gennaro Ermanno Arbia in Roma, Circonvallazione Clodia 80; Provincia di Bari, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Saverio Profeta, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;

nei confronti di

Salvatore Matarrese Spa Capogruppo Mandataria Rti, Rti - Gruppo Massara Spa;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 00371/2011, resa tra le parti, concernente ISTANZA DI ACCESSO AI DOCUMENTI RELATIVI PROCEDURA DI AFFIDAMENTO LAVORI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Barletta Andria Trani e della Provincia di Bari;

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Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2011 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Paccione, Didonna e Profeta, per delega dell'Avv. Misserini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha presentato sia alla Provincia di Barletta- Andria-Trani che a quella di Bari istanza di accesso a documenti concernenti la gara per l’affidamento dei lavori di ammodernamento e allargamento del piano viabile della S.P. 168, compresa copia dell’offerta dell’aggiudicataria e delle giustificazioni da questa rese nel procedimento di verifica dell’anomalia.

Mentre la Provincia di Bari è rimasta inerte, la Provincia BAT ha accolto parzialmente l’istanza, negando l’accesso all’offerta dell’aggiudicataria in considerazione dell’ interesse dell’istante ad accedere agli atti concernenti la propria esclusione dalla gara.

Ha proposto ricorso l’interessata per violazione dell’art. 13 del d. lgs. n. 163 del 2006.

Il Tar ha respinto il ricorso, sul rilievo che sono escluse dal diritto d’accesso, ai sensi dell’art. 13, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 163 del 2006, le informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito dell’offerta ovvero a giustificazione della medesima, che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali e che l’interesse all’accesso della ricorrente deve ritenersi circoscritto agli atti con cui la propria offerta è stata esclusa in quanto ritenuta “inaffidabile nel suo complesso”.

Ha proposto appello l’interessata, assumendo la violazione dell’art. 13 d. lgs. n. 163 del 2006 in considerazione del proprio interesse a conoscere l’offerta della aggiudicataria per verificare l’applicazione omogenea dei criteri omogenei in sede di verifica della congruità delle offerte.

Si sono costituite la Provincia di Barletta – Andria – Trani e la Provincia di Bari per resistere al ricorso.

Alla camera di consiglio del 25 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di rito proposte dalla Provincia di Bari data l’infondatezza dell’appello.

L’art. 13, comma 5 lett. a) del d. lgs. n. 163 del 2006 costituisce un’ipotesi di speciale deroga rispetto alla disciplina di cui alla legge n. 241 del 1990, da applicare esclusivamente nei casi in cui l’accesso sia inibito in ragione della tutela di segreti tecnici o commerciali motivatamente evidenziati dall’offerente in sede di presentazione dell’offerta (Cons. St. Sez. VI, 30.7.2010 n. 5062, 19.10.2009, n. 6393).L’ampliamento del segreto trova un limite , tuttavia, ai sensi del comma 6, in vista della difesa in giudizio degli interessi del richiedente in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito del quale viene formulata l’istanza di accesso.

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Come già osservato (Cons. St. Sez. V, 9.12.2008, n. 6121), l’accesso eccezionalmente consentito è strettamente collegato alla sola esigenza di difesa in giudizio, presuppone un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una prova di resistenza, e non può prescindere dalle eventuali preclusioni processuali in cui sia incorso il richiedente.

Nella specie, assodato che l’aggiudicataria aveva vietato di esibire i rapporti di prova afferenti alla propria offerta tecnica in quanto coperti da segreto commerciale, non sussisteva , in effetti, un interesse dell’istante attinente alla difesa nel giudizio avverso l’aggiudicazione alla controinteressata, posto che la sua offerta era stata esclusa in quanto “inaffidabile nel suo complesso (art. 88 comma 7)”.

Negli stessi termini, peraltro, si è pronunciato lo stesso Tar barese (sent.1203/2011) riconoscendo la legittimità dell’esclusione dalla gara dell’A.T.I. D’Oria.

In mancanza, pertanto, di un interesse dell’istante da far valere in sede processuale, data la legittima esclusione della propria offerta, è da confermare la sentenza di primo grado nel senso dell’insussistenza di una effettiva utilità della documentazione richiesta tale da superare il divieto di divulgazione dell’offerta della controinteressata in relazione ai segreti commerciali ivi contenuti.

L’appello va pertanto respinto.

La peculiarità della controversia induce tuttavia il Collegio a disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

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L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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N. 06906/2011REG.PROV.COLL. N. 07230/2011 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7230 del 2011, proposto dalla

srl Easy Nite, in persona del legale rappresentante, rappresentata e

difesa dagli avvocati Federico Tedeschini e Gianmaria Covino, con

domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, largo

Messico, 7;

contro

La Federazione Italiana Pallacanestro - F.I.P.- Ufficio Forniture e

Contratti, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa

dagli avvocati Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, con

domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, viale delle

Milizie,106;

nei confronti di

La srl I Viaggi del Perigeo, in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dall'avvocato Francesca Nappi, con domicilio

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eletto presso lo studio del medesimo difensore in Roma, via Taro n.

25;

la Carlson Wagonlit Italia S.r.l., non costituita in questo grado di

giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III

QUA n. 6990/2011, resa tra le parti, concernente

AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA PER L'AFFIDAMENTO

DEI SERVIZI DI AGENZIA DI VIAGGIO

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana

Pallacanestro - F.I.P.- Ufficio Forniture e Contratti e della srl I Viaggi

del Perigeo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il

consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti

l’avvocato A. Manzi, per delega dell’avvocato Tedeschini, l’avvocato

Valori e l’avvocato Nappi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del

Lazio 4 agosto 2011 n. 6990, resa in forma semplificata, che ha

respinto il ricorso della odierna appellante avverso gli esiti della

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procedura negoziata di cottimo fiduciario espletata dalla Federazione

Italiana Pallacanestro per l’affidamento dei servizi di agenzia di

viaggio per il periodo 1° giugno 2011 - 31 maggio 2013. L’appellante,

seconda graduata a parità di punteggio con la società Carlson

Wagonlit Italia S.r.l., torna a reiterare in questo grado le censure già

inutilmente fatte valere dinanzi al giudice di primo grado, lamentando

la erroneità della gravata sentenza nella parte in cui dette censure ha

disatteso; conclude per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di

primo grado, e per l’annullamento degli atti in quella sede gravati, in

riforma integrale della impugnata sentenza.

2.Si è costituita in giudizio la intimata Federazione nonché la

controinteressata aggiudicataria per resistere al ricorso e per chiederne

la reiezione.

All’udienza del 6 dicembre 2001 la causa è stata trattenuta per la

sentenza.

3.Con il primo motivo l’appellante torna a prospettare la tesi

dell’anomalia dell’offerta della aggiudicataria Viaggi del Perigeo, ove

intesa nel senso che lo sconto del 30% offerto dalla concorrente in

relazione ai servizi di prenotazione alberghiera e di nolo delle

autovetture andasse riferito alla voce delle commissioni a suo favore e

non invece – come era da presumere - sul prezzo alla stessa praticato

dai fornitori dei distinti servizi. Lamenta che sul punto sia mancata la

necessaria chiarezza e si duole che l’Amministrazione appaltante non

abbia preliminarmente acclarato tale decisiva questione prima di

assegnare i punteggi alle offerte in gara e che altrettanto non abbia

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fatto il giudice di prime cure disattendendo senza congrua

motivazione il motivo di doglianza sul punto articolato.

La censura non merita condivisione.

Dalla documentazione acquisita agli atti si evince in modo inequivoco

che la percentuale di sconto offerta dall’aggiudicataria riguardasse

effettivamente la sua commissione, e non configura quindi un

risparmio sul prezzo. E’ stata d’altra parte la stessa stazione appaltante

a chiarire che la dicitura “ ristorno di commissione” utilizzata all’All. 4

lett. A della lex specialis dovesse intendersi riferita allo sconto sul

premio di commissione e non sul prezzo contrattuale dei servizi

offerti, sicchè non potevano sorgere dubbi di sorta in ordine alla

corretta interpretazione da dare alla espressione, che andava

sicuramente riferita alle commissioni di ritorno dei concorrenti e non

già agli sconti sui prezzi dei servizi ( come erroneamente ritenuto dalla

odierna appellante). Anche il contratto susseguente alla

aggiudicazione, secondo le precisazioni fornite dalla Federazione

appellata, avrebbe dovuto essere stipulato nel rispetto di tale

interpretazione autentica della lettera della lex specialis , di talchè per

un verso risulta tutelata la posizione della stazione appaltante e, per

altro verso, nessun vulnus alla par condicio competitorum può ritenersi

connesso ad una ipotetica ed insussistente cattiva interpretazione della

richiamata clausola di gara. In ogni caso, l’offerta dell’aggiudicataria,

così correttamente intesa, non avrebbe potuto considerarsi anomala e

quindi sostanzialmente inattendibile, atteso che –come correttamente

rilevato dai giudici di primo grado - per giurisprudenza costante, il

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giudizio di anomalia va riferito alla offerta complessivamente

considerata in tutte le sue componenti e non invece in relazione alle

singole voci che la compongono ( di recente, Cons. Stato, sez. V, 20

giugno 2011, n. 3675; sez. III, 7 marzo 2011 n. 1419).

4.Quanto alla seconda censura, afferente la pretesa violazione del

principio di rotazione di cui all’art. 125, comma 11, d.lgs. n. 163 del

2066, il Collegio osserva che anche tale doglianza non merita

condivisione.

Quello della rotazione dei soggetti da invitare nelle procedure

negoziate è indubbiamente un principio funzionale ad assicurare un

certo avvicendamento delle imprese affidatarie dei servizi con il

sistema selettivo del cottimo fiduciario, ma in quanto tale lo stesso

non ha, per le stazioni appaltanti, una valenza precettiva assoluta, di

guisa che la sua episodica mancata applicazione non vale ex se ad

inficiare gli esiti di una gara già espletata, una volta che questa si sia

conclusa con l’aggiudicazione in favore di un soggetto già in

precedenza invitato a simili selezioni ( ovvero già affidatario del

servizio). Tanto più quando sia rimasto comprovato, come nel caso

che ci occupa, che la gara si sia svolta nel rispetto del principio di

trasparenza e di parità di trattamento e si sia conclusa con

l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa per la stazione appaltante,

senza che nel giudizio comparativo tra le offerte abbia inciso la

pregressa esperienza specifica maturata dalla impresa aggiudicataria

nella veste di partner contrattuale della amministrazione

aggiudicatrice.

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5.Venendo da ultimo al terzo motivo d’appello, reiterativo di quello

contenuto nel ricorso per motivi aggiunti di primo grado, il Collegio

ritiene di confermare quanto osservato dai primi giudici in ordine alla

inammissibilità della censura per difetto di interesse. L’interesse

all’esame della censura, infatti, in quanto afferente al confronto tra

l’offerta della odierna appellante con la seconda graduata a parità di

punteggio ( Carson Wagonlit s.r.l) sarebbe maturato in capo

all’appellante soltanto in esito al favorevole scrutinio dei primi due

motivi di ricorso, dedotti in primo grado e riproposti in appello,

avverso l’aggiudicazione in favore della società “I Viaggi del Perigeo

srl”.

In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata

sentenza.

6.Le spese di lite di questo grado di giudizio seguono la regola della

soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 7230/11), come in

epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante a rivalere le parti appellate costituite

delle spese e competenze di questo grado di giudizio e liquida dette

spese in euro 2.000,00 ( duemila/00), oltre IVA e CAP come per

legge, in favore della Federazione Italiana Pallacanestro ed in euro

2.000,00 (duemila/00), oltre IVA e CAP come per legge, in favore

della società I Viaggi del Perigeo.

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Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità

amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre

2011 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

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Comunicato 14/12/2011, n. 69 - Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture Chiarimenti in ordine all’applicabilità dell’art. 70, commi 4 e 5 del D.P.R. n. 207/2010 all’attività di aggiornamento/ridimensionamento delle attestazioni effettuata a seguito delle verifiche di cui all’art. 40 comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006 a carico delle SOA

--- § --- Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Comunicato 14 dicembre 2011, n.69 Nello svolgimento dell’attività di vigilanza sul sistema di qualificazione di cui all’art. 6, comma 7, lettera m) del D. Lgs. n. 163/2006, l’Autorità ha riscontrato la sussistenza di alcuni profili problematici, riguardanti il comportamento di alcune SOA nell’adozione dei provvedimenti volti ad adeguare le attestazioni di qualificazione ai mutamenti dei requisiti facenti capo alle imprese, all’esito dei procedimenti di controllo ex art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006. Tali profili problematici sono stati rilevati, in particolare, in relazione all’attività di ridimensionamento delle attestazioni, ove le SOA intervengono con l’esercizio di una nuova attività di attestazione e il rilascio di un diverso attestato, avente l’effetto di riposizionare le imprese nel mercato dei lavori pubblici con l’eliminazione di una o più categorie e/o con la riduzione delle classifiche fino a quel momento possedute; minori problemi sono stati rilevati in relazione all’attività di decadenza posta in essere dalle SOA, al fine di annullare l’attestato dell’impresa non più in possesso dei previsti requisiti minimi, estromettendolo dalla realtà giuridica, senza l’emissione di una nuova attestazione. In particolare, in occasione di alcuni eventi riguardanti le imprese attestate, incidenti sul possesso dei requisiti di qualificazione, le SOA hanno comunicato il venir meno di alcuni requisiti o la sussistenza di intervenute variazioni all’interno delle compagini imprenditoriali con conseguente necessità di ridimensionare e/o variare le attestazioni, subordinando il rilascio della nuova attestazione al pagamento del corrispettivo ai sensi dell’art. 70, commi 4 e 5 del D.P.R. n. 207/2010 (ex art. 12 del D.P.R. n. 34/2000). Per la risoluzione della questione relativa all’applicabilità o meno delle disposizioni di cui all’art. 70, commi 4 e 5 del D.P.R. n. 207/2010 all’attività di ridimensionamento delle attestazioni all’esito dei procedimenti ex art. 40 comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, va osservato, come peraltro evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità in precedenti determinazioni, che le SOA svolgono una funzione pubblicistica di certificazione, che sfocia in una attestazione, consistente in un atto unilaterale con valore di atto pubblico, in quanto proiezione della funzione pubblica esercitata. Tali atti sono destinati altresì ad assumere una particolare efficacia probatoria, in quanto come disposto da ultimo dall’art. 60 del D.P.R. n. 207/2010 “Fatto salvo quanto stabilito agli articoli 61, comma 6, e 62, l'attestazione di qualificazione rilasciata a norma del presente titolo costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento di lavori pubblici”. Da tali considerazioni ne discende un duplice interesse pubblicistico sotteso all’attività di attestazione: da un lato quello di permettere alle imprese di accedere al mercato dei lavori pubblici solo se in possesso dei requisiti per la qualificazione come disciplinati dal D.P.R. n. 207/2010, che ha sostituito il previgente D.P.R. n. 34/2000 e dall’altro quello di permettere alle medesime imprese di continuare ad operare nel mercato solo se in possesso dei requisiti.

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A tali interessi corrispondono due distinte attività delle SOA, quella funzionale all’accesso al mercato delle imprese e quella funzionale all’estromissione dal mercato delle medesime imprese. Al riguardo va osservato che espressione di tale seconda funzione è la previsione di cui all’art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, laddove si prevede che “Le SOA hanno l’obbligo di comunicare all’Autorità l’avvio del procedimento di accertamento del possesso dei requisiti nei confronti delle imprese nonché il relativo esito. Le SOA hanno l'obbligo di dichiarare la decadenza dell’attestazione di qualificazione qualora accertino che la stessa sia stata rilasciata in carenza dei requisiti prescritti dal regolamento, ovvero che sia venuto meno il possesso dei predetti requisiti; in caso di inadempienza l'Autorità procede a dichiarare la decadenza dell’autorizzazione alla SOA all'esercizio dell'attività di attestazione”. Tale funzione, rivolta non già a consentire all’operatore di accedere al mercato, bensì, al contrario, a consentire al mercato di espungere quei soggetti per i quali l’attestazione non risulta espressione della reale capacità tecnica ed economica-finanziaria, risulta particolarmente connotata da profili strettamente pubblicistici ed il relativo potere esercitato dalle SOA è obbligatorio e privo di connotati di discrezionalità, risultando vincolato nell’an e nel quomodo. Espressione della medesima funzione è l’attività di aggiornamento/ridimensionamento, ovvero di riduzione della portata abilitante dell’attestazione, quale declinazione del potere di decadenza desumibile in via implicita dalla medesima disposizione dell’art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, di cui ne condivide natura e finalità e rispetto alla quale il privato si trova in posizione di soggezione. Se dunque l’attività prevista dall’art. 40 comma 9 ter del codice dei contratti è un’attività obbligatoria e vincolata, la cui fonte risiede unicamente negli obblighi di legge, la stessa non può rientrare nella disponibilità della SOA e non può risultare oggetto di contrattazione con l’operatore economico, mancando all’uopo la possibilità di prospettare un rapporto sinallagmatico tra prestazione della SOA e pagamento del corrispettivo da parte dell’operatore economico, che non avrebbe alcun interesse a vedersi ridurre la propria sfera di operatività nel mercato dei lavori pubblici. Alla luce di quanto esposto ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 70 commi 4 e 5 del D.P.R. n. 207/2010 alle attività di decadenza o ridimensionamento, poste in essere dalle SOA ad esito di un procedimento d’ufficio, tenuto conto che l’articolo 70, comma 4 nel prevedere che “Ogni attestazione di qualificazione o di suo rinnovo nonché tutte le attività integrative di revisione o di variazione, sono soggette al pagamento di un corrispettivo determinato, in rapporto all'importo complessivo ed al numero delle categorie generali o specializzate cui si richiede di essere qualificati….”, fa riferimento a quelle prestazioni delle SOA richieste dallo stesso operatore economico per partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici e che trovano la loro fonte nel contratto di attestazione. Sulla scorta di tali considerazioni si ritiene che le SOA non possono subordinare la pronuncia di decadenza e/o il rilascio dell’attestazione ridimensionata, disposti all’esito del procedimento di cui all’art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, al versamento di un corrispettivo da parte dell’impresa in applicazione di quanto previsto dall’art. 70, comma 5 del D.P.R. n. 207/2010. Il comportamento delle SOA volto a ritardare il perfezionamento del procedimento di controllo di cui all’art. 40, comma 9 ter del D. Lgs. n. 163/2006, consentendo la sopravvivenza dell’ultima attestazione risultante dal casellario informatico e la relativa possibile spendita della stessa nel mercato dei lavori pubblici, anche se non più adeguata alle reali capacità delle imprese, potrà essere valutato ai fini dell’applicazione delle sanzioni ex art. 73 del D.P.R. n. 207/2010.

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N. 01336/2011 REG.PROV.COLL. N. 00820/2011 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 820 del 2011, proposto da:

Societa' Consortile Per Azioni Sermetra e S.n.c. Euro P.A.,

rappresentata e difesa dagli avv. Proff. Carlo Emanuele Gallo,

Riccardo Villata, avv.ti Giorgio Tarabini, Andreina Degli Esposti,

con domicilio eletto presso Carlo Emanuele Gallo in Torino, via

Pietro Palmieri, 40;

contro

Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. Chiara Candiollo,

con domicilio eletto presso la stessa in Torino, piazza Castello, 165;

Consorzio Per il Sistema Informativo (Csi-Piemonte), rappresentato

e difeso dagli avv. Stefano Cresta, Maria Angela Laurino, Pietro Di

Benedetto, con domicilio eletto presso l’avv. Stefano Cresta in

Torino, via Bertola, 2;

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nei confronti di

Gestione Esazioni Convenzionate - Gec S.p.A. non costituita in

giudizio;

per l'annullamento

del Bando Gara Europea per il servizio di riscossione tassa auto della

Regione Piemonte e delle Entrate degli altri Enti locali piemontesi e

funzioni correlate indetta dal C.S.I. Piemonte, Consorzio Servizi

Informatici trasmesso alla Commissione della Comunità Europea in

data 23.5.2011 e pubblicato il successivo 25.5.2011;

dei Capitolati Speciali e degli altri atti e documenti che costituiscono

parte integrante ed essenziale, nonché di ogni atto di esso

presupposto o consequenziale

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Piemonte e di

Consorzio Per il Sistema Informativo (Csi-Piemonte);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott.

Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel

verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.1.Il C.S.I., Consorzio per il sistema informativo del Piemonte, su

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mandato della Regione Piemonte, indiceva una gara d’appalto

europea da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente

più vantaggiosa, intesa all’affidamento del servizio di accertamento e

riscossione della tassa automobilistica e di un serie di imposte

comunali quali l’ICI, la TARSU, il COSAP e la TOSAP.

E’ da premettere che la riscossione della tassa automobilistica nella

Regione Piemonte era stata affidata, conformemente a quanto

avviene – riferiscono le ricorrenti – nelle altre Regioni, alle agenzie

facente parti della Società consortile Sermetra ricorrente fino al

31.12.1999, ma da quella data la relativa convenzione non è stata più

rinnovata poiché la Regione Piemonte, avvalendosi dell’avvalimento

consentito in via residuale dal D.M. n. 418/1998 per permettere alle

Regioni di avvalersi delle competenze dell’ACI o di altro ente

pubblico idoneo, ha incaricato per la riscossione in parola, un

consorzio di imprese bancarie, tra cui l’odierna controinteressata

G.E.C. S.p.A., solo nei confronti della quale l’incarico è stato

prorogato fino ad oggi, poiché, come detto, la convenzione stipulata

con Sermetra è scaduta il 31.12.1999.

Caratteristica del servizio svolto dalla G.E.C è l’utilizzazione del

sistema di pagamento “off-line” costituito dal modulo MAV, da

pagare in banca o agli uffici postali e non già del sistema di

pagamento “on-line” proprio delle agenzie aderenti alla Sermetra o

delle delegazioni ACI. Siffatto sistema di riscossione è stato prescelto

dalla Regione Piemonte a partire dal 2004.

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L’art. l’art. 8.2., lett. h) delle Norme generali del Capitolato speciale

d’appalto (doc. 13 produzione ricorrenti) impone a pena di

esclusione ai partecipanti alla gara anche se riuniti in ATI o in

Consorzio, il possesso dell’iscrizione all’albo dei soggetti abilitati alle

attività di accertamento, liquidazione e riscossione delle entrate degli

enti locali, istituito con D.M. n. 289/2000 e contemplato dall’art. 53

del D.lgs. n. 446/1997 istitutivo dell’IRAP. La lett. l) dell’articolo

citato del Capitolato impone poi il possesso della certificazione di

qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO

9001.2008 rilasciata dai soggetti accreditati, per le attività di

liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi.

Analogamente dispone l’art. 8.3, lett. a) relativamente alle imprese

riunite in R.T.I., GEIE o Consorzio. Inoltre lo “schema di proposta

tecnica” allegato sub B) al Capitolato speciale d’appalto deve

prospettare l’attivazione di un sistema di riscossione interamente

basato su uno o più bollettini di pagamento pre – compilati (MAV).

La Semetra S.p.a società consortile e la Euro P.A. nell’interesse,

evidentemente, delle agenzie di pratiche auto loro aderenti, che sono

abilitate alla riscossione delle tasse automobilistiche ex art. 31, coma

42, L. n. 448/1998, insorgono avverso la gara in questione

impugnando gli articoli suindicati della lex specialis là dove esse

fanno carico alle imprese partecipanti alla gara di essere iscritte al

predetto Albo tenuto presso il Ministero delle Finanze anche

relativamente al servizio di riscossione della tassa automobilistica, il

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cui pagamento solitamente e prevalentemente si effettua con il

sistema “online” presso le agenzie ACI, di pratiche auto quali quelle

aderenti alla ricorrente e le tabaccherie all’uopo abilitate.

1.2. In vista della Camera di Consiglio del 28.7.2011 fissata per la

trattazione dell’incidente cautelare il C.S.I. e la Regione Piemonte

depositavano memoria di costituzione con la quale sollevavano in

limine litis diverse eccezioni di carenza di legittimazione ad agire

oltre che di difetto di interesse al ricorso in capo alle ricorrenti,

prevalentemente appuntate su: 1) la circostanza che le medesime non

avevano presentato domanda di partecipazione alla gara; 2) l’assenza,

nelle clausole capitolari impugnate, del carattere escludente dalla

procedura, atteso che le ricorrenti ben avrebbero potuto, per

parteciparvi, ricorrere all’istituto dell’avvalimento con impresa iscritta

al contestato Albo di cui all’art. 53, d.lgs. n. 446/1997; 3) l’omessa

impugnazione della deliberazione regionale n. 36/2001, con la quale

la Regione dava mandato al C.S.I. di individuare mediante gara il

soggetto ch avrebbe gestito la riscossione della tassa automobilistica.

Le ricorrenti hanno replicato e controdedotto a siffatte eccezioni,

oltre che corroborare nel merito le censure di cui al ricorso

introduttivo, con memoria prodotta il 15.11.2011.

1.3. Alla Camera di Consiglio del 28/7/2011 la Sezione accoglieva

con Ordinanza n. 512/2011 la domanda cautelare motivando

diffusamente la sussistenza del fumus boni iuris del ricorso.

Tale pronuncia interinale veniva confermata in appello dal Consiglio

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di Stato, Sez. V, con Ordinanza n. 4231/2011.

La stazione appaltante, la Regione e le ricorrenti producevano

memorie il 15.11.2011 e memorie di replica rispettivamente il

19.11.2011 e il 18.11.2011.

All’Udienza pubblica del 1.12.2011, udita la relazione dei procuratori

delle parti come indicati nel verbale e la Relazione del Primo

Referendario Alfonso Graziano, il ricorso è stato ritenuto in

decisione.

Esso è affidato a tre motivi che saranno illustrati in diritto in uno

con il loro distinto scrutinio.

DIRITTO

1.1. Deve preliminarmente il Collegio farsi carico di scrutinare le

suaccennate eccezioni di carenza di legittimazione ad agire a di

difetto di interesse al ricorso sollevate dalle parti resistenti.

1.2. Quanto alla prima, puntualizzata sull’omessa presentazione della

domanda di partecipazione alla gara da parte delle ricorrenti,

richiama al riguardo il Collegio il fin troppo noto e radicato

orientamento della giurisprudenza, condivisa dal Collegio (per tutte

Consiglio di Stato, Sez. IV, 4.6.2009, n. 3448 e Consiglio di Stato,

Sez. VI, 18.9.2009, n. 5626) secondo il quale in presenza di una

clausola della lex specialis che imponga, a pena di esclusione – come

nel caso di specie – il possesso di un requisito di partecipazione di

cui il concorrente sia privo, non necessita, al fine di radicare nel

medesimo la legittimazione al ricorso, la previa presentazione della

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domanda di partecipazione alla gara, la quale si risolverebbe in un

inutile formalismo poiché l’esclusione dalla procedura sarebbe certa.

L’eccezione è, dunque, infondata e va, pertanto disattesa.

1.3. Analoga sorte riserva il Collegio all’eccezione di carenza di

interesse a ricorrere in capo alle ricorrenti, stante l’assenza nelle

contestate clausole del carattere escludente dalla procedura, dal

momento che l’aspirante privo del dibattuto requisito di iscrizione

ben avrebbe potuto ricorrere all’istituto dell’avvalimento con impresa

all’uopo iscritta all’apposito Albo dei soggetti riscossori delle entrate

degli enti locali.

1.4. Per contro, osserva il Collegio che detto istituto sostanzia una

facoltà per le imprese partecipanti alle gare ed è inteso a favorire ed

ampliare le possibilità di partecipazione alle stesse, ma non vale a

privare del carattere escludente una clausola che imponga a pena di

esclusione un determinato requisito di partecipazione, sia ai

concorrenti singoli che a quelli riuniti in r.t.i. o consorzio.

Che, altrimenti, il ricorso all’avvalimento, lungi dall’assurgere a

strumento agevolativo della partecipazione alla gara, determinerebbe

una ingiustificata compressione della libertà di impresa e di iniziativa

economica, addirittura fungendo non da strumento per agevolare il

favor partecipationis, ma da congegno processuale necessario a

radicare l’interesse a ricorrere a fronte di una clausola escludente.

A parere del Collegio un simile risultato, che – ripetesi –

produrrebbe una compressione della libertà di iniziativa economica,

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snaturerebbe per ciò stesso l’istituto stesso dell’avvalimento, che è

sorto, invece, proprio per favorire la più ampia partecipazione alle

gare.

Valga inoltre evidenziare che le ricorrenti non potevano considerare

la possibilità di ricorrere al’avvalimento con un soggetto abilitato ex

art. 53, d.lgs. n. 446/1997 poiché la riscossione accanto alla tassa

automobilistica, anche dei tributi locali non era affatto un dato certo

in quanto, come meglio si dirà infra, al momento della scadenza dei

termini di presentazione delle offerte non vi era certezza

dell’adesione di enti locali alla convenzione stipulando con la

Regione.

Sarebbe stato conseguentemente arduo per le ricorrenti reperire un

soggetto riscossore delle entrate locali iscritto all’albo dell’art. 53,

d.lgs. n. 446/1997, disponibile a prestare loro in avvalimento i propri

requisiti a fronte di una gara che prospettava del tutto aleatoria ed

incerta l’attività di riscossione delle entrate degli enti locali, stante la

mancata formale adesione dei Comuni alla convenzione regionale al

momento della scadenza dei termini di presentazione delle offerte.

L’eccezione in disamina si appalesa pertanto infondata e va disattesa.

1.5. Secondo altra eccezione, per la quale l’iscrizione all’Albo ex art.

53 d.lgs. cit. è requisito essenziale che deve essere posseduto per la

riscossione coattiva della tassa automobilistica a mezzo

dell’ingiunzione fiscale, per cui le ricorrenti difetterebbero di

interesse a ricorrere indipendentemente dalla messa a gara dei tributi

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locali, va opposto che l’iscrizione in parola è condizione necessaria –

come meglio si spiegherà trattando il merito del ricorso – solo

allorché sia prevista esclusivamente la riscossione coattiva, ma non

quando la riscossione sia anche e prevalentemente quella volontaria,

come nel caso della riscossione della tassa automobilistica.

L’eccezione di difetto di interesse in scrutinio si profila pertanto

infondata e va disattesa.

1.6. Venendo all’ultima eccezione sollevata dalle resistenti, a stare alla

quale il gravame in epigrafe sarebbe inammissibile per l’omessa

impugnazione della Deliberazione regionale n. 36/2001 con cui la

Regione ha dato mandato al C.S.I. di indire la gara all’esame,

evidenzia il Collegio come detta deliberazione fosse priva di

attitudine e capacità lesiva immediata, sostanziando una atto

prodromico non avente effetti esterni, neanche anticipatori, idonei

ad incidere con carattere di immediatezza la sfera giuridica delle

ricorrenti, in assenza dell’atto applicativo costituito dal bando di gara

e dal disciplinare o capitolato recanti le concrete modalità di

svolgimento della procedura e i relativi requisiti, tra qui quello per cui

è causa. Nessun interesse avevano, dunque le ricorrenti, ad

impugnare quell’atto endoprocedimentale privo di affetti esterni e di

capacità lesiva attuale.

In tali casi è consolidato in giurisprudenza l’insegnamento secondo il

quale è inammissibile il ricorso proposto avverso l’atto prodromico e

l’impugnazione va rivolta avverso l’atto conclusivo della sequenza

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procedimentale (cfr., per tutte, T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III,

1.2.2011, n. 905, ID, 7.6.2010, n. 15699).

Né varrebbe obiettare che numerosi Comuni avessero già

formalmente aderito e fatto pervenire al C.S.I. numerose adesioni,

poiché a leggere tali pretese formali adesioni prodotte dal medesimo

e versate in atti, si constata che esse si risolvono in mere

manifestazioni di interesse “di questa amministrazione per il progetto

approvato da Regione Piemonte con D.G.R. n. 36-1688 del 7.3.2011

che ha contestualmente conferito a CSI Piemonte il mandato per

l’individuazione del concessionario per la riscossione della tassa auto

regionale ed entrate degli altri enti locali piemontesi”.

Parimenti non varrebbe obiettare che nessun interesse potrebbero

trarre le ricorrenti dall’accoglimento del ricorso in epigrafe poiché la

predetta deliberazione Regionale n. 36/2011 recava già la fissazione

dei requisiti tecnico – economici, atteso che da un lato la delibera

stessa si atteggiava comunque ad atto prodromico privo di lesività

attuale ed immediata in assenza dell’atto applicativo costituito dal

bando di gara e, dall’altro, poiché un’eventuale riedizione della gara

con gli stessi requisiti in applicazione della citata delibera regionale

configurerebbe il vizio di elusione del giudicato di cui alla presente

decisione.

Anche l’eccezione all’esame si profila dunque infondata e va respinta.

2.1. Approdando alla disamina del merito del gravame, va anticipato

che esso si riannoda alla vexata quaestio dei limiti che incontra la

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P.A. nell’introdurre nei bandi di gara requisiti di capacità tecnico –

economica più restrittivi.

Con il primo corposo motivo di ricorso le ricorrenti rubricano

violazione dell’art. 2. D.M. n. 418/1998 e dell’art. 53, d.lgs. n.

446/1997, eccesso di potere per sviamento e difetto assoluto di

motivazione.

Evidenziano in proposito come in Piemonte la riscossione della tassa

automobilistica costituisca un unicum nel panorama nazionale, in

contrasto con la disciplina legale ed effettuata dalla G.E.C. S.p.a.,

iscritta all’albo dei soggetti abilitati alle attività di accertamento

liquidazione e riscossione delle entrate locali di cui all’art. 53 del

d.lgs. n. 446/1997 ed è stata impropriamente individuata dalla

Regione mediante avvalimento ai sensi del D.M. n. 418/1998 per

consentire all’Ente territoriale di avvalersi delle competenze maturate

dall’A.C.I.

Ma Gec S.p.a, come avvertito in fatto, opera non mediante il sistema

“online”, proprio delle agenzie aderenti alla Società Consortile

Sermetra e Euro P.A. ricorrenti e delle delegazioni ACI, bensì

mediante il sistema “off line” caratterizzato dal pagamento in banca

o a mezzo posta mediante bollettino MAV, sistema diverso da quello

imposto dal legislatore nazionale e con esso confliggente.

2.2. Le odierne ricorrenti, che da anni operano istituzionalmente

riscuotendo volontariamente la tassa automobilistica mediante il

sistema “online”, si dolgono di non poter partecipare alla gara per cui

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è causa giacché l’art. 8.2,lett. h) e l’art. 8.3, lett. a) del Capitolato

Speciale, Norme generali, impongono a pena di esclusione, anche per

riscuotere la tassa auto, l’iscrizione all’Albo dei soggetti abilitati alle

attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali di

cui al D.M. n. 289/2000 attuativo dell’art. 53, d.lgs. n. 446/1997 sia

alle imprese singole che a quelle riunite in ATI o in consorzio.

Ma, ad avviso delle ricorrenti siffatta iscrizione è necessaria solo per

l’esercizio dell’attività di riscossione delle entrate locali, non certo per

la riscossione della tassa automobilistica, la quale è un tributo erariale

– come ammesso anche dalle resistenti nella memoria del 15.11.2011

– e come stabilito dalla Corte Costituzionale con sentt. n. 37/2004 e

n. 445/2005. Ragion per cui sarebbe illegittimo come invece

sostengono le resistenti, accorpare in un’unica procedura di gara

ambedue tali diverse tipologie di tributo.

Rimarcano a più riprese le ricorrenti, inoltre, che nell’ambito della

stessa riscossione della tassa automobilistica, la parte coattiva è

assolutamente incomparabile in termini di flussi di cassa con quella

volontaria ed assolutamente marginale come comprovano i bilanci di

esercizio della GEC S.p.A. (gestore uscente) che registrano proventi

di riscossione coattiva pari a soli € 830.983 a fronte invece di €

18.470.082 rivenienti invece dai “compensi tasse automobilistiche”,

ossia dalla riscossione volontaria (cfr. Doc. 16 di parte ricorrente,

Bilancio di esercizio della G.E.c. S.p.a. al 31.12.2010, in particolare la

nota integrativa, Sezione 2 - Ricavi, Composizione della voce 30,

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Commissioni attive).

Evidenziano ancora le deducenti che la riscossione del bollo auto è

attività diversa da quella di riscossione dei tributi locali perché

liberamente esercitabile, mediante convenzione con la Regione, dai

soggetti abilitati ex lege (quali le delegazioni ACI e le agenzie di

pratiche auto e, aggiungasi, le tabaccherie all’uopo autorizzate) o in

possesso dei requisiti di cui all’art. 2 del D.M. n. 418/1998.

In definitiva, diverse essendo la natura dei due tipi di tributo, le

modalità di riscossione (prevalentemente volontaria quella relativa al

bollo auto e coattiva quella inerente le entrate locali) e lo stesso

sistema legale di accertamento e riscossione delineato dal legislatore

nazionale, per le ricorrenti è illegittimo imporre, come fanno le

censurate suindicate norme capitolari, a pena di esclusione il

possesso del requisito dell’iscrizione al’albo di cui all’art. 53, d.gs. n.

446/1997 anche relativamente all’attività di riscossione della tassa

automobilistica, illegittimamente messa a gara unitamente a quella di

riscossione delle imposte ed entrate locali, con ciò dando corpo

all’imposizione di un requisito sproporzionato e in ultima analisi

determinando un’illegittima compressione della concorrenza.

2.3. Al secondo motivo di ricorso che parimenti denuncia la

violazione del D.M. n. 418/1997 (rectius, 1998) carenza assoluta di

motivazione e illogicità manifesta, è invece affidata la censura

dell’illegittima utilizzazione del sistema di riscossione della tassa

automobilistica mediante modulo MAV, come avviene

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singolarmente solo in Piemonte, e la collisione di siffatto sistema

“off line” con quello automatizzato e online che il legislatore

nazionale cha scolpito per la riscossione della tassa automobilistica.

Tale motivo è dedicato anche a confutare un’eccezione di tardività

del ricorso sollevata sull’assunto che siffatto sistema sarebbe

operante già dal 2004.

2.4. Ricostruiti e sintetizzati nei precisati termini il primo e il secondo

motivo di ricorso ritiene la Sezione che gli stessi si prestino a positiva

considerazione e vadano dunque accolti.

A scanso di equivoci e a confutazione di quanto infondatamente

supposto dalle resistenti nella memoria del 15.11.2011, il Tribunale è

ben conscio che ai fini della gara per cui è causa è comunque

richiesta e necessaria l’iscrizione all’albo dei riscossori delle entrate

locali di cui all’art. 53, d.lgs. cit.. Ma siffatta iscrizione può essere

imposta solo ai fini dell’accertamento, liquidazione e riscossione delle

entrate degli enti locali, non certo, come meglio si spiegherà infra, ai

fini della riscossione della tassa automobilistica, per la quale il

legislatore ha delineato tutt’altro e differente regime.

3.1. Principiando dallo scrutinio del primo e cruciale motivo di

gravame rimarca la Sezione come per la sola attività di riscossione,

previo accertamento e liquidazione delle entrate, anche non

tributarie, degli enti locali, è imposta ex lege l’iscrizione nell’albo di

cui al più volte citato art. 53, d.lgs. n. 446/1997 (T.A.R. Campania –

Napoli, Sez. I, 20.5.2004, n. 8867) addirittura senza possibilità di

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ricorrere all’istituto dell’avvalimento di un soggetto ivi iscritto

(T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 5.11.2010, n. 1865).

La richiesta a pena di esclusione di siffatta iscrizione anche

relativamente all’attività di riscossione della tassa automobilistica è,

tuttavia, oltre che contraria all’impianto delineato dal legislatore

statale con il D.M. 25.11.1998, n. 418 – come meglio si spiegherà

esaminando il secondo motivo di ricorso – anche gravatoria e

sproporzionata rispetto alle stesse esigenze pubbliche e agli interessi

curati dalla stazione appaltante, risolvendosi in ultima analisi in

un’indebita limitazione del novero dei partecipanti alla gara d’appalto

per cui è causa.

Al riguardo, invero, tenuto conto che la tassa automobilistica è un

tributo statale come precisato da Corte Cost., 23.12.2005, n. 455

(non da Corte Cost. 26.1.2004, n. 37 invocata dalle ricorrenti, la

quale non è pertinente poiché concerne altre imposte locali quali

quella sulla pubblicità, l’addizionale all’IRPEF, la TARSU e la

TOSAP) sia pure con gettito devoluto alle Regioni , alle quali sono

pure demandati i compiti di accertamento e riscossione e considerato

che la riscossione di detta tassa avviene di gran lunga su base

volontaria mentre affatto marginale è il flusso di cassa derivante da

riscossione coattiva (come comprova la nota integrativa al bilancio

della GEC S.p.A allegato dalle ricorrenti al doc. 16, Sez. 2 – Ricavi,

composizione della voce 30, Commissioni attive) si prospetta illogico

e sproporzionato imporre ai partecipanti ad una gara che vede come

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assolutamente dominante l’attività di riscossione della ridetta tassa

automobilistica il requisito dell’iscrizione al’albo ex art. 53, d.lgs. n.

446/1997 necessario per l’accertamento e la riscossione delle entrate

degli enti locali.

Tanto più ove si consideri che i requisiti finanziari richiesti dall’art. 6

del D.M. 11.9.2000, n. 289 per l’iscrizione nel predetto Albo tenuto

dal Ministero delle finanze appaiono considerevoli, essendo richiesto

un capitale sociale interamente versato pari a 2.583.00 Euro, poi

elevati alla ragguardevole somma di 10 milioni di Euro dall’art. 42,

comma 7 – septies del D.L. 207/2008, convertito con L. n. 14/2009.

3.2. Orbene, come già indicato in sede cautelare con l’Ordinanza

29.7.2011, n. 512, la giurisprudenza ha già sancito che l’iscrizione

all’albo istituito con DM n. 289 del 2000 istituito ai sensi dell’art. 53

del D.L.vo n. 446 del 1997 è requisito che appare sproporzionato ed

illogico; in quanto la funzione dell'albo di cui all'art. 53 d.lgs. cit. è

quella “di garantire l'affidabilità di soggetti privati incaricati di

ingerirsi in modo rilevante nelle attività amministrative e contabili

degli enti locali dedicate al reperimento delle entrate, e pertanto

l'iscrizione può essere considerata necessaria solo se sono attribuite a

soggetti terzi potestà tipicamente pubblicistiche, quali la

determinazione dell'ammontare del credito, la verifica dei

presupposti per la riscossione e l'utilizzo della procedura di

riscossione coattiva e non anche o prevalentemente la riscossione su

base volontaria.(T.A.R. Lombardia - Brescia, 17 ottobre 2005 , n.

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986).

Tale pronuncia, inoltre, ha anche evidenziato la natura facoltativa

dell’iscrizione all’albo in questione allorché vengano affidate a

soggetti terzi operazioni meramente contabili e l’iscrizione in

questione risulterebbe limitativa della concorrenza, precisandosi sul

punto che “L'obbligo di iscrizione all'albo ministeriale deve essere

escluso, malgrado il tenore letterale della norma, quando potrebbe

diventare una formalità inutile per la tutela degli interessi degli enti

locali e limitativa della concorrenza fra le imprese, per cui quando gli

enti locali affidano a soggetti esterni soltanto operazioni particolari

che (…)rimangono sotto il controllo degli uffici preposti a tali

procedure, il requisito dell'iscrizione appare sproporzionato”.

3.3. Rammenta certamente in linea generale il Collegio come le

stazioni appaltanti godano di ampi margini di autonomia nella

fissazione di requisiti tecnico – economici per la partecipazione alle

gare d’appalto, specie di servizi. Ma la discrezionalità

dell'Amministrazione in sede di predisposizione dei requisiti di

ammissione delle imprese alle gare d'appalto soggiace comunque al

triplice limite della necessità, idoneità ed adeguatezza, nei quali si

compendia la nozione di proporzionalità della previsione rispetto

allo scopo selettivo perseguito. In particolare, la necessaria libertà

valutativa di cui dispone la P.A. appaltante nell'ambito dell'esercizio

della discrezionalità tecnica che alla stessa compete in sede di

predisposizione della lex specialis di gara, deve pur sempre ritenersi

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limitata da riferimenti logici e giuridici che derivano dalla garanzia di

rispetto dei principi fondamentali altrettanto necessari

nell'espletamento delle procedure di gara, quali quelli della più ampia

partecipazione e del buon andamento dell'azione amministrativa.

Ciò, in quanto il potere discrezionale della P.A. di integrare, tramite il

bando di gara, per gli aspetti non oggetto di specifica ed esaustiva

regolamentazione, i requisiti di ammissione alle procedure ad

evidenza pubblica, deve in ogni caso raccordarsi con carattere di

proporzionalità ed adeguatezza alla tipologia e all'oggetto della

prestazione per la quale è stata indetta la gara e non deve, inoltre,

tradursi in un'indebita limitazione dell'accesso delle imprese

interessate presenti sul mercato (T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 2

maggio 2011, n. 3723).

Il Consiglio di Stato ha infatti precisato sul punto che detta

discrezionalità nella fissazione di requisiti più restrittivi fa comunque

salvo il limite della logicità e ragionevolezza di quanto richiesto e

della pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito, in modo

da non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei

potenziali concorrenti e da non precostituire situazioni di assoluto

privilegio in capo a taluni partecipanti alla gara (Consiglio di Stato,

Sez. V, sent. n. 5653 del 22/09/2009 e giurisprudenza in essa

richiamata; in terminis, T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 2 marzo 2009, n.

2113 e più di recente T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. III, 24 ottobre

2011 n. 572).

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Si è in tale ottica affermato che “l'amministrazione è legittimata ad

introdurre, nella lex specialis della gara d'appalto che intende indire,

disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire

la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente

qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di

capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia

eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della

concorrenza, specie se destinata a predeterminare, in linea di fatto, il

ventaglio dei possibili partecipanti (…) rientrando nella sua

discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara

d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo il

limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro

pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito”( Consiglio di

Stato, Sez. VI, 23 luglio 2008 , n. 3655; in termini anche T.A.R.

Liguria, Sez. II, 27 maggio 2009, n. 1238)

Nel caso all’esame della Sezione, dunque, per le ragioni dianzi

illustrate, appaiono travalicati principi della logicità, proporzionalità,

ragionevolezza, pertinenza e congruità a fronte dello scopo

perseguito oltre che il limite della restrizione della platea dei possibili

partecipanti alla procedura concorsuale.

Segnala al riguardo la Sezione che la giurisprudenza ha già giudicato

illegittimo l’accorpamento in un’unica gara di servizi tra loro

eterogenei, chiarendo che “Debbono ritenersi illegittimi quei bandi

di gara omnicomprensivi, che richiedono una svariata ed eterogenea

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fornitura di prodotti o servizi, quando vi sia la concreta impossibilità

per le imprese di formulare offerte consapevoli a cagione della

eccessiva diversità, della assoluta eterogeneità delle prestazioni,

dell'oggettiva indeterminatezza dell'oggetto del contratto”(TAR

Lazio – Roma, Sez. III Quater, 8 maggio 2009, n. 4924; in termini

anche T.A.R. Campania - Napoli, 20 marzo 2008 n. 1458; T.A.R.

Lombardia - Milano, Sez. III, 14 ottobre 2005, n. 3793; T.A.R. Lazio

- Latina, 19 maggio 2000, n. 361).

Nel caso di specie si è verificato proprio un illegittimo accorpamento

stante l’eterogeneità delle attività messe a gara in dipendenza

dell’assoluta diversità, sopra illustrata e meglio spiegata appresso,

delle due tipologie di tributo.

3.4. Con altra sub censura del primo motivo – e costituente il

secondo motivo del ricorso n. R.G. 830/2011 - le ricorrenti

lamentano che l’illegittimo accorpamento in un unico appalto di due

distinte attività, quella volta alla riscossione del bollo auto e quella

intesa al recupero delle entrate degli enti locali, emergerebbe anche

dalla circostanza che oggetto del contratto che l’aggiudicatario

dovrebbe concludere è anche destinato ad enti locali diversi, la

maggior parte dei quali nemmeno è stata coinvolta nel procedimento

di gara, ragion per cui le prestazioni ed essi destinate costituiscono

una mera potenzialità.

Né varrebbe in contrario quanto sostenuto alle resistenti, ossia che al

momento dell’indizione della gara 35 Enti locali avevano espresso la

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volontà di aderire alla convenzione proposta dalla Regione, in quanto

anche a voler concedere che detta espressione di volontà si traduca

in una effettiva adesione alla stipulanda convenzione e non invece in

una generica manifestazione di interessi, ciò che rileva è che al

momento della scadenza dei termini per la presentazione delle

offerte i concorrenti non erano in grado di conoscere quanti Comuni

avrebbero davvero stipulato la convenzione, discendendone

l’impossibilità di formulare una seria offerta.

3.5. Anche siffatta censura appare persuasiva e deve essere accolta.

Invero, da un lato la generica manifestazione di intenti espressa dai

35 Comuni Piemontesi, di aderire alla stipulanda convenzione con la

Regione, non suffragata dall’adesione formale ed effettiva all’atto

dell’indizione della gara e, dall’altro, la possibilità prevista dagli atti di

gara, che i Comuni interessati possono aderire alla convenzione fino

al 30 giugno 2016, connota di notevole aleatorietà ed

indeterminatezza l’oggetto della prestazione dell’aspirante

aggiudicatario.

Questi, infatti, non conoscendo l’esatto numero degli enti locali per i

quali dovrebbe riscuotere le relative entrate, non è posto in

condizione al momento della scadenza dei termini di presentazione

dell’offerta, di conoscere il bacino di utenza e gli importi da

riscuotere e conseguentemente non è assolutamente in grado di

formulare un’offerta meditata, seria ed attendibile, a tutto detrimento

degli interessi della stessa stazione appaltante ad individuare un

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operatore in condizioni di formulare offerte munite delle predette

qualità.

In definitiva tutto il primo motivo di ricorso è fondato e va quindi

accolto.

4.1. Con il secondo mezzo di gravame, come anticipato, le ricorrenti

lamentano che il sistema di riscossione della tassa automobilistica a

mezzo MAV e “off line” utilizzato nella Regione Piemonte

costituisce un unicum nel panorama nazionale ed è assolutamente

inconciliabile con quello delineato dal legislatore nazionale e

imperniato sulla riscossione mediante sistema “online” e procedura

telematica connotata da una elevato tasso di informatizzazione,

automazione e interconnessione e interscambio delle informazioni e

dei dati tra i vari soggetti abilitati coinvolti nel procedimento di

riscossione.

Rilevano ancora che la riscossione del bollo auto è attività diversa da

quella inerente i tributi locali e liberamente esercitabile dai soggetti

abilitati ex lege o in possesso dei requisiti di cui all’art. 2 del D.M. n.

418/1998, previa convenzione con la Regione.

4.2.1. Anche siffatta censura si profila persuasiva e merita di essere

accolta sulla scorta di una ricognizione del panorama normativo

vigente in tema di riscossione della tassa automobilistica che il

Collegio si appresta a compiere.

4.2.2. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di tardività

formulata dal C.S.I. avverso il motivo in analisi ed argomentata sul

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rilievo che “il sistema di riscossione che contempli le modalità di

pagamento tramite MAV è stato introdotto già a partire dal 2004”.

L’eccezione non merita consenso poiché oggetto del presente ricorso

è la gara indetta per l’aggiudicazione dei servizi per il futuro ed, in

particolare, è censurata l’illegittima determinazione di riservare la

quasi totalità del punteggio inerente l’offerta tecnica a modalità di

riscossione del bollo auto non contemplate dalla legge e dalle

convenzioni tipo che regolamentano la riscossione volontaria del

medesimo.

4.3. Venendo al merito del motivo, in chiave generale osserva il

Collegio che in materia di tasse automobilistiche, e in generale in

materia di tributi locali, come chiarito dalla Corte Costituzionale con

sent. 26.1.2004, n. 37, la Regione non gode di autonoma né residuale

potestà legislativa, tanto che la L. 24.12. 2003, n. 350 (Finanziaria per

il 2004) ha disposto che “nelle Regioni che hanno emanato

disposizioni legislative in tema di tassa automobilistica (…) in modo

non conforme ai poteri ad esse attribuiti dalla normativa statale,

l’applicazione della tassa opera a decorrere dalla data di entrata in

vigore di tali disposizioni legislative e fino al periodo di imposta

decorrente dal 1 gennaio 2007, sula base di quanto stabilito dalle

medesime disposizioni. In atri termini il Legislatore statale che in

materia gode di potestà legislativa esclusiva ai sensi degli artt. 117,

comma 2 e 119 Cost., ha stabilito con la riportata norma che le leggi

regionali in materia di tassa automobilistica, ove difformi dai disposti

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delle leggi statali, possono operare solo fino al 1.1.2007.

Ora, segnala il Collegio che in Piemonte vige la L. Reg. 23.9.2003,n.

23 (Disposizioni in materia di tasse automobilistiche), la quale deve

conformarsi ai principi contenuti tuttora nella legge statale di base in

materia, che è il D.P.R. 5.2.1953, n. 39 recante il Testo unico delle

leggi sulle tasse automobilistiche.

L’art. 17, comma 10 della L. 27.12.1997, n. 449 (Finanziaria per il

1998) ha disposto che a decorrere dal 1.1.1999 l’accertamento, la

riscossione, i rimborsi e l’applicazione delle sanzioni nonché il

contenzioso amministrativo relativi alle tasse automobilistiche – il cui

gettito era stato devoluto alle Regioni a statuto ordinario dall’art. 23

del d.lgs. n. 504/1992 – sono demandati alle Regioni a statuto

ordinario e svolti con le modalità stabilite con Decreto del Ministro

delle Finanze, di concerto con la Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. La stessa

citata norma ha poi stabilito che il Ministero della Finanze definisse

sia le modalità con cui le Regioni dovessero svolgere le funzioni

delegate, sia lo schema tipo di convenzione con la quale esse

“possono affidare a terzi, mediante procedure ad evidenza pubblica,

l’attività di controllo e riscossione delle tasse automobilistiche”.

In tale quadro di preminenza delle norme nazionali si iscrive il D.M.

25.12.1998, n. 418, Regolamento recante norme per il trasferimento

alle regioni a statuto ordinario delle funzioni in materia di

riscossione, accertamento, recupero, rimborsi e contenzioso relative

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alle tasse automobilistiche, il quale è dedicato a regolamentare il

processo di riscossione della tassa auto e scolpisce un sistema

fortemente informatizzato, automatizzato e imperniato

sull’interscambio dei flussi di dati tra i vari soggetti abilitati alla

riscossione, la Regione e il Ministero delle Finanze.

Dispone infatti l’art. 2 del D.M. cit., che “Il controllo e la riscossione

delle tasse automobilistiche sono effettuati direttamente dalle regioni,

anche ricorrendo all'istituto dell'avvalimento, o tramite concessionari

individuati dalle stesse secondo le modalità e le procedure di

evidenza pubblica. (…)

Prosegue poi la citata norma disponendo che “Ai fini

dell'affidamento delle attività di controllo e riscossione delle tasse

automobilistiche ai concessionari, in possesso del requisito di

onorabilità di cui all'articolo 25 del decreto legislativo 1° settembre

1993, n. 385, si tiene conto dei seguenti elementi:

a) capacità finanziaria, da valutare anche ai fini della garanzia

patrimoniale generale; …

c) disponibilità di adeguato sistema informatico idoneo anche al

collegamento con l'archivio delle tasse automobilistiche di cui

all'articolo 5”.

Il comma 3 dispone a sua volta, nell’ottica dell’informatizzazione,

che “Per assicurare il corretto adempimento dell'obbligo di

pagamento delle tasse automobilistiche i concessionari sono collegati

in via telematica con gli archivi delle tasse automobilistiche di cui

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all'articolo 5”.

Il comma 5 inoltre definisce i dati da riportare nell’attestazione del

pagamento effettuato dal contribuente precisando che “I

concessionari ed i soggetti abilitati alla riscossione rilasciano al

contribuente una attestazione recante l'indicazione dei dati

identificativi del veicolo, dell'importo e della data di versamento,

della regione competente e della data di scadenza della tassa pagata” .

L’insieme di tali dati non si rinviene nel pagamento mediante

bollettino MAV in banca o alle Poste.

L’Art. 5 di detto Decreto contempla poi, a sua volta, un articolato

sistema di interconnessione telematica ed archiviazione dei dati tra

Regioni, Ministero competente e soggetti abilitati alla riscossione. Si

stabilisce infatti che: “1. Le regioni a statuto ordinario ed il Ministero

delle finanze definiscono con protocollo d'intesa, ai sensi dell'articolo

6, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le

modalità di costituzione, gestione, aggiornamento e controllo degli

archivi regionali e dell'archivio nazionale delle tasse automobilistiche.

2. Con il protocollo d'intesa di cui al comma 1 sono individuate le

procedure per la definizione dei flussi informativi, delle modalità di

trasmissione dei dati e l'interconnessione tra gli archivi di cui al

comma 1. …4. L'aggiornamento degli archivi è effettuato con i dati

trasmessi in via telematica dal pubblico registro automobilistico, dalla

motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, dal Ministero

delle finanze, dalle regioni, nonché dai concessionari della

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riscossione, dai soggetti abilitati alla riscossione e dagli altri soggetti

aventi requisiti che consentono il collegamento con gli archivi in

forza di disposizioni di legge o regolamento, statale o regionale”.

Il comma 3 dell’art. 5 in esame, nell’ottica dell’informatizzazione,

dispone poi che: “Per assicurare il corretto adempimento dell'obbligo

di pagamento delle tasse automobilistiche i concessionari sono

collegati in via telematica con gli archivi delle tasse automobilistiche

di cui all'articolo 5.”

Degna di particolare nota è poi a parere del Collegio la disposizione

di cui al coma 4 dell’art. 2, secondo la quale “Il pagamento delle tasse

automobilistiche può essere effettuato anche tramite gli altri soggetti

previsti dagli atti normativi statali in materia di riscossione o previsti

dalle norme regionali che saranno emanate per disciplinare le

caratteristiche soggettive, le forme di garanzia e le convenzioni-tipo

con gli stessi”.

4.4. Orbene, da tutte le commentate disposizioni emerge che per la

riscossione della tassa automobilistica il legislatore statale ha

delineato un sistema connotato da un elevato tasso di

informatizzazione, interscambio ed interconnessione dei flussi dei

dati ed anche dalla possibilità che ai sensi dell’art. 2, comma 4, la

riscossione stessa venga affidata ai soggetti previsti dagli atti

normativi statali in materia di riscossione, ossia i concessionari

nazionali della riscossione delle imposte statali, quali Equitalia S.p.A..

Da tutto quanto illustrato discende che per la tassa automobilistica il

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sistema di riscossione “on-line” è quello tipizzato dal legislatore

mentre con esso si pone in contrasto il sistema “off-line” costituito

dal pagamento mediante utilizzazione del bollettino MAV in uso in

Piemonte. Tale sistema, infatti, non garantisce quell’interscambio di

dati ed informatizzazione che caratterizza il sistema online voluto dal

legislatore statale.

Del resto la rilevanza nell’ambito della gara all’esame, del sistema di

riscossione mediante MAV si profila assolutamente preponderante ai

fini della formulazione dell’offerta, in quanto gli altri sistemi

eventualmente proposti dai concorrenti vengono qualificati come

eventuali e idonei al più a consentire di ottenere un punteggio

aggiuntivo minimo.

4.5. In definitiva, l’accoglimento dei due scrutinati motivi comporta

l’accoglimento dell’intero ricorso con possibilità di assorbire il terzo

motivo incentrato sulla pretesa insufficienza del termine di

presentazione dell’offerta.

La delicatezza e la novità delle questioni affrontate è motivo di

integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione

Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe

proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti

impugnati nei sensi di cui in motivazione.

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Compensa integralmente le spese di lite tra le costituite parti.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità

amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 1

dicembre 2011 con l'intervento dei Magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Richard Goso, Primo Referendario

Alfonso Graziano, Primo Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

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N. 06974/2011REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 980 del 2011, proposto da: Itagas Ambiente s.r.l., Promoeco Sme s.r.l. e Servizi Energia Ambiente s.r.l. in proprio e quali componenti del raggruppamento Itagas Ambiente - Promoeco Sme – SEA, tutte rappresentate e difese dall'avv. Pietro Quinto, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro la Provincia di Roma, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna De Maio, domiciliata per legge in Roma, via 4 Novembre, 119/A; Multiservice s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Paola Chirulli, Giuseppe Inglese e Stefano Vinti, con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, via Emilia 88;

per la riforma della sentenza T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUATER n. 33046/2010, resa tra le parti, concernente GARA PER AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI VERIFICA SUGLI IMPIANTI TERMICI NEI COMUNI FACENTI PARTE DELLA PROVINCIA DI ROMA (RISARCIMENTO DANNI) Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Roma e della Multiservice s.p.a.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2011 il Consigliere Doris Durante; Uditi per le parti gli avvocati Quinto, Albanese, in sostituzione dell'Avv. De Maio, e Chirulli; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La Provincia di Roma nell’anno 2010 indiceva una procedura concorsuale per l’affidamento del “servizio di verifica degli impianti termici nei comuni della provincia con popolazione fino a 40.000 abitanti e iscrizione di un numero verde”. Partecipavano alla gara il Consorzio Thermoverifiche, l’a.t.i. costituenda tra Itagas Ambiente - PromoEco Sme – SEA, l’a.t.i. Lupi – SMAT e la Multiservice s.p.a., alla quale veniva aggiudicato il servizio con determina dirigenziale n. 5207 del 15 luglio 2010. 2.- Con ricorso al TAR Lazio, Itagas Ambiente - Promoeco Sme – SEA, in proprio e quali componenti della costituenda a.t.i., impugnavano l’aggiudicazione, assumendo l’illegittima ammissione alla gara della Multiservice s.p.a. per le preclusioni di cui all’art. 23 bis, co. 9 del d.l. n. 112 del 2008, delle preclusioni di cui all’art.13, comma 1 del d. l. n. 223 del 2006, nonché per anomalia dell’offerta. Chiedevano anche il risarcimento dei danni. 3.- Si costituivano in giudizio la Provincia di Roma e la Multiservice che contestavano in fatto e in diritto le doglianze delle ricorrenti.

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La Multiservice s.p.a. con ricorso incidentale deduceva l’illegittimità degli atti impugnati per la mancata esclusione del raggruppamento ricorrente, la cui mandante PromoEco SME sarebbe socio privato della Multiservizi s.p.a. di Enna che svolge attività strumentali e funzioni amministrative e, quindi, sarebbe strumento aziendale per portare in gara la Multiservizi in violazione delle preclusioni di cui al d.l. n. 223 del 2006. 4.- Il TAR del Lazio, con sentenza n. 33046 del 27 ottobre 2010, rigettava il ricorso principale, compresa la domanda di risarcimento danni; dichiarava improcedibile il ricorso incidentale, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. 5.- Itagas Ambiente - Promoeco Sme – SEA, con l’atto di appello qui in esame, hanno impugnato la succitata sentenza, chiedendone l’annullamento o la riforma per tutti i motivi esposti nel ricorso di primo grado, riproposti nell’atto di appello. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Roma che ha chiesto il rigetto dell’appello e la Multiservice s.p.a. che ha anche riproposto i motivi del ricorso incidentale di primo grado in ordine alla compagine societaria di PromEco SME che avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara del raggruppamento ricorrente. Le parti hanno depositato memorie difensive e alla pubblica udienza del 12 luglio 2011, il giudizio è stato assunto in decisione. 6.- L’appello è infondato e va rigettato. 7.- La sentenza appellata ha ritenuto determinante ai fini della decisione la qualificazione giuridica dell’affidamento controverso. Ad avviso della sentenza impugnata era determinante accertare se l’affidamento controverso avesse ad oggetto la gestione di un servizio pubblico locale o un appalto di servizi, il che avrebbe sottratto le imprese partecipanti al divieto di partecipazione alle gare di cui all’art. 23 bis, d.l. n. 112 del 2008, convertito nella l. n. 133 del 2008. Dalla qualificazione dell’affidamento come appalto di servizi la sentenza concludeva per l’inapplicabilità del divieto di cui all’art. 23 bis citato. Invero, la distinzione tra concessioni di servizi pubblici e appalti di servizi riferita all’oggetto della gara è ininfluente. Il divieto dell’art. 23bis, come si evince dal testo, si riferisce soggettivamente alle società che esercitano servizi pubblici locali ma si estende oggettivamente a tutte le attività d’impresa extraterritoriali. 8.- E’ invece dirimente la circostanza che la Multiservice al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, non aveva alcun rapporto in corso con altri enti locali, avendo risolto anticipatamente il contratto con la Provincia di Genova relativo alla verifica sugli impianti termici nella suddetta Provincia. La risoluzione anticipata veniva, infatti, accettata dalla Provincia di Genova con delibera del 31 marzo 2010. Né ha pregio la tesi prospettata dalle appellanti, secondo la quale l’effetto risolutivo non si sarebbe verificato perché subordinato alla condizione risolutiva del pagamento delle quote 2009 e 2010 non ancora versate e della restituzione del software, da effettuarsi entro 90 giorni dalla risoluzione, termine non rispettato dalla Multiservice che ne aveva chiesto la proroga. Le suddette prestazioni non costituiscono evento futuro e incerto cui subordinare l’efficacia del vincolo negoziale, trattandosi di prestazioni dovute in base al rapporto contrattuale risolto. Esse non implicano, pertanto, né sospensione dell’effetto risolutivo dell’accordo, né tanto meno attestano lo svolgimento di fatto dell’attività dedotta nel contratto oggetto di esplicita risoluzione consensuale, trovando ragione proprio nella cessazione del contratto.

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Sta di fatto, poi, che la Provincia di Genova, contestualmente alla risoluzione anticipata del contratto ha avviato la gestione del servizio in via diretta, il che smentisce in maniera incontestabile l’assunto delle appellanti. 9.- Le appellanti assumono, poi, che la Multiservice non poteva partecipare alla gara per il divieto dettato dall’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 conv. nella l. 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. Decreto Bersani), secondo il quale le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di servizi strumentali alle attività da esse svolte, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o affidanti e non possono svolgere prestazioni (lavori, servizi, forniture) a favore di altri soggetti pubblici o privati, né partecipare ad altre società o enti. Trattasi, come la giurisprudenza ha già affermato, di disposizione dal carattere eccezionale che deve, quindi, essere interpretata in stretta aderenza al suo dato letterale e senza possibilità alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti (Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2010, n. 1651; 7 luglio 2009, n. 4346; sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 215). Nel solco della chiara giurisprudenza citata, è evidente che tale norma non può applicarsi alla Multiservice in quanto essa società non presenta quei caratteri di strumentalità e funzionalità individuati dalla normativa citata ma opera nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese. Multiservice s.p.a. ha nel proprio capitale sociale una partecipazione minoritaria degli enti locali che non hanno alcuna influenza sulle decisioni societarie. Nello statuto di Multiservice non è indicata alcuna attività strumentale da prestarsi in favore di un ente pubblico specifico, ma una serie di attività di natura imprenditoriale diversificate sia per la natura che per i clienti destinatari. In particolare, dallo statuto risulta che la Multiservice ha come oggetto sociale attività quali “la prestazione di servizi tecnici integrati per le imprese e per enti pubblici e privati nei settori amministrativi, tecnologici, informatici e archivistici” e che essa opera in diverse sedi le diverse attività. Tanto trova poi conferma nella visura camerale e nel dossier Cerved prodotto in giudizio. Orbene, come evidenziato dalla giurisprudenza citata, l’enunciato dell’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 rende evidente che la qualificazione differenziale tra attività strumentale e gestione dei servizi pubblici deve essere riferita non all’oggetto della gara, bensì all’oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali che esercitano attività d’impresa di enti pubblici, essendo posto, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 328 del 2008, al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto che svolge attività amministrativa eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali essa possa godere in quanto pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, n. 1651 del 2010). La doglianza è in conseguenza infondata. 10.- Secondo il raggruppamento appellante la Multiservice andava esclusa, comunque, per l’anomalia della sua offerta, ingiustamente ritenuta congrua dall’amministrazione. A suo dire sarebbero infatti generiche le giustificazioni addotte in merito alla “disponibilità della sede e delle attrezzature, dei programmi di gestione del catasto impianti e della possibilità di ottimizzare le risorse in ragione della presenza in organico di personale qualificato”. Anche questa censura è priva di pregio. Invero, la valutazione di congruità operata dalla stazione appaltante in merito all’affidabilità dell’offerta risulta immune da censure, non essendosi limitata ad una presa d’atto delle favorevoli condizioni indicate dall’offerente, avendo, al contrario, effettuato un’adeguata considerazione delle specifiche circostanze rappresentate dall’interessata che, operando da lungo tempo nel settore delle verifiche di impianti termici, tra l’altro per la Provincia di Roma nel biennio 2006 – 2008, dispone

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di una sede operativa e attrezzata e può contare su pregressi accordi vantaggiosi con i fornitori che consentono di abbattere le spese iniziali e di beneficiare di economie di scala. D’altra parte, a ben vedere, è generica la doglianza dell’appellante che reitera la censura già esaminata puntualmente dal TAR che ha specificato, anche in relazione ai costi, le considerazioni che hanno convinto la stazione appaltante della congruità dell’offerta. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nell’importo indicato in dispositivo.

P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna Itagas Ambiente S.r.l., Sea - Servizi Energia Ambiente S.r.l. e PromoEco Sme S.r.l., in solido tra loro al pagamento delle spese di giudizio che liquida nella misura di euro 5.000,00 in favore della Provincia di Roma, e in euro 5.000,00 in favore della Multiservice S.p.a., oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati: Stefano Baccarini, Presidente Carlo Saltelli, Consigliere Francesca Quadri, Consigliere Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere Doris Durante, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 29/12/2011 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)  

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~LAR~J-~.-198

MOD.251

Direttiva del Ministro della pubblica amministrazione e della semplificazione

Presidenza del Consiglio dei Ministri

DFP 0061547 P­del 22/12/2011

III11 \I6299995

Alle amministrazioni pubbliche

di cui all'articolo 1, comma 2,

del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

Adempimenti urgenti per l'applicazione delle nuove disposizioni in materia di

certificati e dichiarazioni sostitutive di cui aWarticolo 15, della legge 12

novembre 2011, n. 183

1. 111 0 gennaio 2012 entrano in vigore le modifiche, introdotte con l'articolo 15, comma l,

della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante "Disposizioni per la formazione del

bilancio annuale e pluriennale dello stato (legge di stabilità 2012)", alla disciplina dei

certificati e delle dichiarazioni sostitutive contenuta nel "Testo unico delle disposizioni

legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa" di cui al decreto

del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Le disposizioni in parola sono

diretti a consentire una completa "decertificazione" nei rapporti fra P.A. e privati, in

specie l'acquisizione diretta dei dati presso le amministrazioni certificanti da parte delle

amministrazioni procedenti e, in alternativa, la produzione da parte degli interessati solo

di dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell'atto di notorietà.

Le nuove previsioni operano nel solco tracciato dal citato decreto del Presidente della

Repubblica n. 445 del 2000, in forza del quale le Pubbliche amministrazioni non possono

richiedere atti o certificati contenenti informazioni già in possesso della P.A.

Tali disposizioni devono essere osservate dalle Pubbliche amministrazioni e dai gestori di

pubblici servizi nei rapporti fra loro ein quelli con l'utenza ai sensi dell'articolo 2 del citato

decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.

Di seguito le principali novità introdotte con la nuova normativa:

a) le certificazioni rilasciate dalle P.A. in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide

e utilizzabili solo nei rapporti tra privati; nei rapporti con gli organi della Pubblica

amministrazione e i gestori di pubblici servizi, i certificati sono sempre sostituiti dalle

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MODULARI[jPC M.· 198

dichiarazioni sostitutive di certificazione o dall'atto di notorietà. Conseguentemente, a far

data dal 10 gennaio 2012, le amministrazioni e i gestori non possono più accettarli né

richiederli, tanto più in quanto tali comportamenti integrano, per espressa previsione,

violazione dei doveri d'ufficio ai sensi della nuova formulazione dell'articolo 74, comma

2, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;

b) sui certificati deve essere apposta, a pena di nullità, la dicitura: "il presente certificato

non può essere prodotto agli organi della Pubblica amministrazione o ai privati gestori di

pubblici servizi"; le amministrazioni e i gestori devono conseguentemente adottare le

misure organizzative necessarie per evitare che, dal 10 gennaio 2012, siano prodotte

certificazioni nulle per l'assenza della predetta dicitura. Inoltre, il rilascio di certificati che

ne siano privi costituisce violazione dei doveri d'ufficio a carico del responsabile, per

espressa previsione della lett. c-bis del comma 2 dell'articolo 74, del decreto del

Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, introdotta dal citato articolo 15 della legge n.

183 del 2011;

c) le amministrazioni certificanti sono tenute ad individuare un ufficio responsabile per

tutte le attività volte a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l'accesso

diretto agli stessi da parte delle amministrazioni procedenti; tale adempimento risulta

indispensabile, anche per consentire "idonei controlli, anche a campione", delle

dichiarazioni sostitutive, a norma dell'articolo 71 del decreto del Presidente della

Repubblica n. 445 del 2000. L'ufficio in questione è altresì responsabile della

predisposizione delle convenzioni per l'accesso ai dati di cui all'articolo 58 del Codice

dell'amministrazione digitale, approvato con decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

d) le amministrazioni certificanti, per il tramite dell'ufficio responsabile di cui alla

precedente lett. c), devono individuare e rendere note, attraverso la pubblicazione sul

proprio sito istituzionale, le misure organizzative adottate per l'efficiente, efficace e

tempestiva acquisizione d'ufficio dei dati e per l'effettuazione dei controlli medesimi,

nonché le modalità per la loro esecuzione;

e) la mancata risposta alle richieste di controllo entro trenta giorni costituisce violazione

dei doveri d'ufficio ed è presa in considerazione ai fini della misurazione e della

valutazione della performance individuale dei responsabili dell'omissione.

2." nuovo quadro normativo appena delineato impone di operare per assicurare le

certezze pubbliche attraverso l'acquisizione d'ufficio dei dati o dei documenti e gli

MOD.251

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IMODULARIO]L_PC M.-198

"idonei controlli, anche a campione," di cui agli articoli 71 e 72 del decreto del

Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (come modificato dall'articolo 15 della

legge n. 183 del 2011), sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive.

A tal fine, l'articolo 43, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del

2000, già prevede, invero, che "In tutti i casi in cui l'amministrazione procedente

acquisisce direttamente informazioni relative a stati, qualità personali e fatti presso

l'amministrazione competente .... le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri,

con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza".

Inoltre, l'articolo 58, comma 2, del decreto legislativo n. 82 del 2005 prevede che" ... al

fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio ed il controllo sulle dichiarazioni sostitutive

riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli articoli 46

e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le

amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica predispongono, sulla

base delle linee guida redatte da DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati

personali, apposite convenzioni aperte all'adesione di tutte le amministrazioni interessate

volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati da parte delle stesse amministrazioni

procedenti, senza oneri a loro carico. le convenzioni valgono anche quale autorizzazione

ai sensi dell'articolo 43, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica n.

445 del 2000.".

Le citate linee guida sono state adottate sin dal 22 aprile 2011 e sono consultabili sul

sito istituzionale di DigitPa (www.digitpa.gov.it).

Nelle more della predisposizione e della sottoscrizione delle convenzioni previste

dall'articolo 58, del decreto legislativo n. 82 del 2005, le amministrazioni titolari di

banche dati accessibili per via telematica devono comunque rispondere alle richieste di

informazioni ai sensi del citato articolo 43, del decreto del Presidente della Repubblica

n. 445 del 2000.

Per quanto non espressamente richiamato nella presente direttiva continuano ad

applicarsi le vigenti disposizioni che regolano la materia, tra cui quelle del decreto del

Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, come da ultimo modificate dall'articolo 15

della legge n. 183 del 2011, e quelle del decreto legislativo n. 82 del 2005.

MOD.251

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MODULARIOPC M.-l98

Il Dipartimento della funzione pubblica provvederà, anche tramite il proprio Ispettorato, a

monitorare l'attuazione e a seguire gli sviluppi applicativi delle disposizioni sopra citate.

MOD.251

'~,-;) r~ ~Roma, L'·. ....; 2011