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In questo articolo vengono descritte tre meridiane andate perdute e di cui si conserva solo la memoria attraverso tre immagini. Una di esse si trovava a Montecassino e altre due nel chiostro dei Cosmati nel monastero di S. Scolastica a Subiaco.
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Nicola Severino
Roccasecca 2013
Tre meridiane, sconosciute e scomparse, a Montecassino e a Subiaco
Da alcune rare foto dei primi anni del ‘900 si evince che nei due monasteri sono esistiti almeno tre orologi solari, uno a Montecassino e due a Subiaco, nel Monastero di Santa Scolastica. Per la prima volta vengono ricordati in questo articolo.
Introduzione. Cenni storici
Frequento la celebre abbazia di
Montecassino dal 1990, cioè al tempo in cui
iniziò la mia passione per la storia della
gnomonica e degli orologi solari. Cocente fu
la delusione, nella mia prima visita, nello
scoprire che nessuna traccia di meridiane e
orologi solari erano presenti nel luogo in cui
San Benedetto aveva istituito uno dei
massimi cenobi benedettini per la
consacrazione e diffusione della sua Regola.
Eppure, furono proprio i monaci del
medioevo e più precisamente quei santi
amanuensi che ricopiavano gli antichi codici
su pergamena, tramandando ai posteri le
Sacre Scritture e, insieme, la scienza
dell’antichità e del loro tempo, a studiare e
costruire le meridiane canoniche e gli
orologi dei monasteri.
La stessa Regola di San Benedetto, prevede
un’accurata misura del tempo affinché essa
fosse rispettata in tutti i suoi canoni nelle
singole ore del giorno. L’abate Sallier nel
XVIII secolo ci ha descritto abbastanza bene
come questo tempo era misurato ed
impiegato dai monaci nel medioevo, ma non
come funzionano le meridiane cosiddette
“canoniche”. Tuttavia, siccome questo
argomento specifico esula dal nostra
articolo, ne darò qui solo un breve accenno1.
Nell’antichità classica e presso i Romani, il
tempo era misurato principalmente da
clessidre ad acqua, a sabbia e dagli orologi
solari. Di questi ultimi ve n’era una
produzione imponente, nella varietà
artistica, stilistica e di concezione
gnomonica. Vitruvio, nella sua Architettura
ne dà il primo ed unico esempio,
tramandandoci un elenco che comprende
1 Per una completa e approfondita analisi della misura
del tempo presso i monaci del medioevo, si veda: N.
Severino, Le meridiane canoniche e il computo delle
ore canoniche dei monaci del medioevo, in Rivista
Cistercense dell'Abbazia di Casamari, n. 14, 1997 pp.
41-71.
nomi ancora oggi di difficile interpretazione.
Per fortuna, molti di quegli antichi esemplari
sono stati riscoperti negli scavi archeologici
ad iniziare dalla metà del XVIII secolo, così
che i vari confronti con le antiche descrizioni
hanno permesso di identificarne una buona
parte.
Questi segnatempo indicavano le ore
cosiddette temporarie, altrimenti dette anche
antiche, giudaiche, ad indicare il fatto che esse
furono utilizzate da diverse popolazioni ad
iniziare dagli Egizi fino ai filosofi ellenici e
quindi trasmesse ai Romani. Durante i secoli
“bui” del medioevo questa antica tradizione
venne tenuta in vita dai monaci, ad iniziare
dal Venerabile Beda verso la metà dell’VIII
secolo. Ma già dalla Palestina del IV secolo,
arrivano testimonianze dell’uso di orologi
solari fissi che indicano momenti legati a
particolari uffici religiosi quotidiani. Così,
l’esigenza di scandire ogni giorno con la
dovuta precisione gli Uffici della Regola
benedettina, portò alla realizzazione di
meridiane “canoniche” che si basavano però
sul computo delle antiche ore Temporarie.
Vicino a queste, furono evidenziati, con tratti
incisi sulla faccia dell’orologio solare, alcuni
momenti legati agli Uffici, a seconda delle
esigenze delle varie comunità monastiche
che si erano insediate in Europa.
Una tradizione gnomonica consolidata, che è
andata sempre più rafforzandosi con gli
studi scientifici che i monaci effettuavano in
ogni epoca. I maggiori scienziati erano
religiosi e la storia ecclesiastica ci offre
illustri esempi di personaggi che hanno
contribuito in modo evidente allo sviluppo
di tutta la conoscenza umana, fino anche ai
nostri giorni. Anche solo restando nel
ristretto campo della nostra gnomonica,
troviamo che dal medioevo ad almeno il
XVIII secolo, i maggiori cultori e divulgatori
di questa antica disciplina furono
Francescani, Benedettini, maggiormente
Gesuiti ed Olivetani, ma anche Domenicani,
Vallambrosiani, ecc. L’autore per eccellenza
della gnomonica italiana ed internazionale è,
e resta, il famoso gesuita tedesco Cristoforo
Clavio, che nel 1581 pubblicò in latino il più
corposo volume, distinto in otto libri, sulla
teoria e pratica degli orologi solari. Un’opera
che ancora nel XVIII secolo, veniva descritta
dalla Cyclopaedia come “intricata e che
nessuno ha mai letto per intero”.
Il XVI secolo è uno dei più rigogliosi e
innovativi per questa disciplina.
L’invenzione, la realizzazione e la diffusione
pubblica degli orologi solari, forgiati in tutte
le forme possibili ed immaginabili,
costituisce un fermento culturale, artistico e
commerciale molto importante. La necessità,
sempre più sentita, di misurare con
precisione e comodità il tempo non solo
attraverso i grandi orologi pubblici
meccanici delle piazze, a cui erano associati
anche i grandi orologi murali che ad iniziare
dalla fine del XV secolo facevano la loro
comparsa sui muri dei grandi edifici delle
città europee, ma anche personalmente e in
luoghi isolati, aveva indotto lo studio e la
fabbrica di piccoli orologi solari
trasportabili. Questi, insieme a tutta una
serie di piccoli strumenti scientifici quali i
quadranti e gli astrolabi, ebbero una tale
popolarità e diffusione commerciale da
promuovere nella società una proficua
attività artigianale di botteghe. Artisti
specializzati nell’intaglio di vari materiali,
specialmente legno ed avorio, si
prodigarono nella costruzione degli
strumenti che geni come George Brentel,
George Hartmann, Pietro Apiano e vari altri
autori, tra cui i nostri italiani Stefano
Buonsignori, Egnazio Danti, Camillo e
Girolamo Della Volpaia, giusto per citarne
qualcuno e tralasciandone centinaia,
realizzarono con perizia artistica senza pari.
Due scuole distinte, quindi: una teorica che
sfornava studi di ricapitolazione del sapere
gnomonico e innovazioni teorico-pratiche,
l’altra artigianale che realizzava ad arte i
modelli proposti degli orologi solari. Il fatto
curioso che Oddi Muzio nel 1638
pubblicasse un libro con la descrizione,
rarissima, della teoria e fabbrica di un
orologio solare da farsi sullo “scalvo di uno
zoccolo”, la dice lunga sulla produzione,
curiosa e interessante, cui erano arrivati i
teorici della gnomonica e gli artigiani che
obbedivano alle regole commerciali. Giusto
per curiosità, faccio osservare che questa
tradizione di costruire orologi solari che
fossero al tempo stesso curiosi oggetti da
attrarre l’attenzione degli altri, e necessari
segnatempo comodamente portatili, era già
molto in voga anche nell’antica Roma.
Al I secolo d.C. risale, infatti, uno degli
oggetti più incredibili della gnomonica,
denominato “prosciutto di Portici”. Un
orologio solare portatile d’altezza, forgiato
in bronzo nella perfetta forma di un
prosciutto, con cotenna e coda per gnomone,
scoperto a Portici (Napoli) nel XVIII secolo,
durante le prime campagne di scavi
archeologici. Tale oggetto fu responsabile di
diverse contese culturali tra gli eruditi
ercolanensi e gli studiosi francesi
dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert che
ne diedero una descrizione sommaria ed
errata.
Ma la moda in voga nel XVI secolo di
costruire orologi solari in tutte le forme per
la necessità di conoscere il tempo in città e
fuori città, si trasformò, nel XVII secolo,
quando gli orologi meccanici iniziavano a
soppiantare quelli solari per produzione e
precisione, nella moda delle “recreations
mathematiques et physiques” in cui la
gnomonica passò dal ruolo di scienza
necessaria alla richiesta del fabbisogno della
produzione dei segnatempo, a quella di
divagazione scientifica curiosa. Un classico
esempio di questo passaggio resta
l’incredibile, inedito e forse inutile orologio
solare, complesso e multiplo, realizzato da
Francesco Hall nel giardino regale di Londra
nella metà del XVII secolo. Un complesso
dalla strana forma di albero piramidale in
cui erano compresi più di un centinaio di
orologi solari di tutte le forme possibili.
Esso, purtroppo, fu distrutto pochi anni
dopo la sua realizzazione e a sua
testimonianza ci rimane solo un completo e
particolare disegno, con una dettagliata
descrizione, pubblicata dall’autore stesso.
La gnomonica come scienza di culto nelle
comunità monastiche
Dal XVI secolo, come si è visto, i religiosi
sono i principali protagonisti dello sviluppo
e divulgazione della scienza gnomonica. I
gesuiti Cristoforo Clavio e Athanasius
Kircher li considero i due maggiori nomi,
rispettivamente del XVI e del XVII secolo,
legati a questa disciplina. Ma molti altri
autori ebbero una meritata popolarità dal
‘500 al ‘700. Tra questi mi piace ricordare il
certosino Giovanni Battista Vimercati, con il
suo Dialogo de gli horologi solari (Venezia,
1557); Valentino Pini, canonico regolare
della Congregazione del Salvatore, autore
del celebre Fabrica de gl’horologi solari
(Venezia, 1593), Gerolamo Ruscelli (1538-
1604), abate di S. Pietro di Perugia, definito
“scientiis omnibus instructissimus”, il quale fu
diverse volte presidente della congregazione
Cassinese. L’abate camaldolese Clemente
Mattei che visse nei monasteri di Faenza e
San Gregorio a Roma nel XVII secolo, autore
di un manoscritto inedito di gnomonica.
“Nella Congregazione di Monteoliveto due
trattatisti si passarono idealmente il testimone
mantenendo viva la tradizione per questi studi
lungo tutto il XVII secolo. Il primo, Ippolito Salò
(morto nel 1626), riminese, ideò un metodo per la
costruzione degli orologi solari sui muri…che
descrisse nel suo trattato Tabulae
gnomonicae…(…)….raccolse idealmente la sua
eredità il confratello Angelo Maria Colomboni da
Gubbio (1622-1673), ritenuto un eccellente
miniatore…Il suo libro, più di seicentocinquanta
pagine, si intitola Pratica Gnomonica…”2.
La Congregazione di Monteoliveto, vanta
forse il maggior numero di monaci i cui
studi divennero celebri e popolari non solo
nelle comunità monastiche, ma anche tra i
cultori laici delle scienze. Infatti sono ben sei
i nomi eccelsi di scrittori olivetani della
gnomonica: Ruscelli, Mattei, Salò,
Colomboni, Giorgio Benedettoni (1741-1809)
che scrisse la Pratica di agrimensura
stereometria e gnomonica, pubblicata a Lucca
nel 1778, e Ferdinando Mexia (1757-1810),
quest’ultimo noto per la meridiana multipla
e forse quella del chiostro della certosa di
San Martino a Napoli3 e della linea
meridiana di S. Michele in Bosco a Bologna.
Montecassino
Sulla base della conoscenza di una così
grande, importante e profonda tradizione
gnomonica sviluppatasi nell’ambiente
religioso, si può immaginare la delusione
che ho provato quando nel 1990 visitai per la
prima volta, sotto questo aspetto, l’abbazia
di Montecassino. Uno “storico locale” mi
indicò una splendida meridiana “a terra”,
proprio all’ingresso dell’abbazia. Quando
giunsi sul posto mi resi conto che si trattava
di una moderna e normale “rosa dei venti”,
scambiata da altri per una meridiana. Invano
2 Mauro Mazzuccotelli, Cultura scientifica e tecnica
del monachesimo in Italia, ed. Abbazia San Benedetto
Saregno, 1999, vol. 1, pagg. 71-78 3 Sugli orologi solari cella Certosa di S. Martino si
vedano gli articoli di N. Severino sul sito web
www.nicolaseverino.it Un importante e specifico
articolo di N. Severino sulla Linea Meridiana costruita
da Rocco Bovi nel Settecento nella stanza del Quarto
del Priore della Certosa di S. Martino a Napoli, sarà
pubblicato su Gnomonica Italiana, n. 23, Marzo 2011.
cercai tracce di orologi solari nei vari
chiostri, in adiacenza della chiesa, nei resti
archeologici collocati nel museo e nelle
gallerie e cappelle del monastero. Nulla.
Seppure qualcosa fosse esistito prima, il
bombardamento del 1944 avrebbe cancellato
tutto.
Le uniche testimonianze a ricordare che in
quel santo luogo un tempo era passata la
gloriosa arte della gnomonica, erano ancora
una volta i libri. Grazie alla gentile
collaborazione e infinita pazienza del
bibliotecario Don Gregorio, che non finirò
mai di ringraziare, ebbi la possibilità di
toccare con mano, osservare, analizzare e
descrivere ciò che si era salvato delle opere
di gnomonica. Poco tempo fa ho scoperto
che il fratello di Jacques Ozanam, uno dei
più grandi matematici ed autori francesi di
gnomonica, visitò l’abbazia a cavallo tra il
XVII e XVIII secolo ed aveva lasciato la sua
firma su uno dei libri che avevo consultato.
Nelle “Cinquecentine” ho potuto vedere e
consultare il famoso libro di Cristoforo
Clavio, Gnomonices Libri Octo, stampato a
Roma nel 1581, ma anche le opere di
Valentino Pini, Giovanni Galluccio, Federico
Commandino e via dicendo.
La gnomonica riviveva, in quelle possenti
mura riedificate dopo la distruzione, nei libri
salvati dall’opera distruttrice degli alleati
proprio dai diretti responsabili del conflitto:
i tedeschi i quali, spronati dall’abate
Diamare, si prodigarono nel preservare il
loro “Monumenta Germaniae Historica” e tutto
il possibile dell’archivio di preziosissimi
codici e manoscritti cassinesi. E’ solo grazie a
questa opera salvatrice se oggi abbiamo
ancora la possibilità di poter sfogliare i
codici, i manoscritti e studiare le radici della
nostra storia.
La meridiana mai realizzata della Loggia
del Paradiso
Quando sono arrivato per la prima volta
all’abbazia, non ho trovato alcuna traccia di
meridiane ed orologi solari, se non nei libri
delle biblioteca. Tra i reperti antichi, tardo
romani e altomedievali, si conservano, nella
galleria dell’antico ingresso, alcuni
frammenti di calendario di difficile
interpretazione. Niente di più. Nel maggio
2010, ho avuto notizie di un progetto di
orologio solare da parte dell’architetto
Giovanni Battista Contini per il progetto di
restauro del chiostro della Loggia del
Paradiso4. La prevista costruzione della
sopraelevazione del portico è visibile nel
disegno del Contini (fine Seicento) che
mostra un rialzo sulla parte destra, in stile
barocco e molto ben fatto, che ospita a sua
volta un orologio solare verticale.
4 Hellmut Hager, Giov. Batt. Contini e la Loggia del
Paradiso della Abbazia di Montecassino,
"Commentari, rivista di critica e storia dell'arte"
1970, XXI. Devo alla cortesia dell’ing. Arturo
Gallozzi, al quale va tutta la mia gratitudine, la
conoscenza di questo documento e le immagini
gentilmente concesse. I disegni sono conservati
nell’Archivio di Montecassino
Fig. 1
La meridiana rappresentata nel disegno è molto simile nella forma a come sarebbe stata
realmente se fosse stata realizzata. Nella fig. 2, è possibile ammirare il dettaglio di questa
meridiana nel disegno manoscritto di Contini.
Fig. 2. La ipotetica meridiana di Contini sulla Loggia del Paradiso.
Nonostante le dimensioni rimpicciolite, si
riesce a capire perfettamente la natura della
meridiana. Essa è declinante ad Ovest di
circa 30°. Mostra un ortostilo perpendicolare
al piano verticale e senza alcun dubbio
almeno dieci linee orarie astronomiche
correttamente orientate in funzione della
declinazione gnomonica del quadro. Da
notare, curiosamente, che l’autore scambia le
posizioni dei solstizi mettendo il simbolo del
Cancro, per il solstizio estivo, a sinistra in
alto, e quello del Capricorno, per il solstizio
invernale, in basso a destra. Ciò che è valido
in un orologio orizzontale, ed invertito in
quelli verticali.
Al di la di queste rarissime testimonianze,
personalmente non riesco a credere che in
una comunità monastica tanto importante
non siano stati utilizzati, nei secoli scorsi,
orologi solari ad acqua e solari. Durante il
medioevo e fino agli ultimi secoli,
certamente furono utilizzate meridiane
canoniche, prima che l’orologio meccanico,
anteriormente al XIV secolo, iniziasse a far
sentire la voce delle sue campane in modo
preciso e stabile. Certamente vennero
utilizzati anche altri tipi di strumenti per la
misurazione del tempo, come clessidre ad
acqua, a sabbia, orologi idraulici, a candela,
piccoli osservatori astronomici, linee
meridiane pavimentali, quadranti di ogni
genere, orologi solari portatili, astrolabi e,
finalmente, orologi solari murali.
L’orologio meccanico astronomico
scomparso
Ma un tale complesso monastico, ancor
prima delle meridiane solari murali, non
poteva essere sprovvisto di adeguato
orologio meccanico da torre, specie in un
periodo in cui tali strumenti si erano ormai
perfezionati e diffusi più di ogni altro
segnatempo. A tal proposito ci viene ancora
una volta in aiuto Andrea Caravita5 il quale,
riportando la descrizione dell’abbazia di
Montecassino fatta dal cronista D. Onorato
de’ Medici, del 1610, negli “Annali
Cassinensi”, ci offre una preziosa
testimonianza di uno strumento orologico
che doveva essere di gran pregio. Esso
doveva trovarsi su un muro di un chiostro
nei pressi dell’antico refettorio e delle cucine
da cui:
“Uscito fuori si trova l’Horologio, che batte, et
rebatte, mostra li punti della Luna, li segni
celesti, et Litera Domenicale”. Cioè un
5 Andrea Caravita, op. cit. pag. 430.
orologio meccanico di quelli costituiti da un
quadrante (o mostra) molto grande, al cui
centro era posta una sola grande lancia, e
che era formato da diversi quadranti
sovrapposti, azionati da ingranaggi regolati
sui movimenti celesti in modo da indicare
diverse informazioni astronomiche, come
l’ingresso del Sole nei diversi segni
zodiacali, il moto della Luna, la Lettera
Domenicale6 utile per il computo
ecclesiastico, ecc. Un’abbazia come
Montecassino, quindi, non si sottraeva al
progresso tecnologico e l’uso di un siffatto
orologio meccanico astronomico-
calendariale, e il passo predetto lo dimostra
senza alcun dubbio. E’ davvero un gran
peccato che sia andata perduta ogni
memoria di simili monumenti storici.
La meridiana murale del Chiostro del
Priore
Ultima testimonianza di cui sono venuto a
conoscenza, in modo del tutto casuale, della
presenza di orologi solari nell’abbazia di
Montecassino mi è stata offerta da una
cartolina antica che mostra il Chiostro del
Priore in un periodo compreso tra il 1905 e il
1915. La foto non ha una risoluzione tale da
mostrare dettagli, ma il quadro di intonaco,
qualche lievissima traccia che permette di
riconoscere forse un assostilo, qualche linea
oraria astronomica, almeno due curve di
declinazione dei solstizi e la sua posizione
sul muro del chiostro, sono elementi che
riconducono inevitabilmente a stabilire con
una certa sicurezza che si doveva trattare di
un orologio solare verticale. Il muro del
chiostro sul quale era posto, declina dal Sud
verso Est di circa 10 gradi o meno. E ciò che
è possibile riconoscere ad occhio della
meridiana nella foto, rispecchia appieno le
6 Questa serve a trovare in quali giorni dell'anno
cadono le domeniche, quando si abbia a disposizione
un calendario perpetuo. Quindi viene utilizzata per il
calcolo della data della Pasqua.
caratteristiche di un tracciato orario e
l’andamento delle curve di declinazione di
un orologio solare murale verticale,
declinante di circa 10 gradi ad Est. Di questa
meridiana sembra che sia andata perduta
ogni memoria e non è dato sapere se essa
scomparve prima del primo conflitto
mondiale o a seguito del bombardamento
del secondo conflitto. Fatto sta che essa
dimostra come l’abbazia, in ogni tempo sia
sempre stata dotata dei suoi segnatempo,
meccanici o solari, affinché l’osservanza
degli Uffici della Regola e le azioni
quotidiane della comunità monastica fossero
seguite sempre con la dovuta puntualità.
Fig. 3
Il Chiostro del Priore in una foto fatta tra il 1905 e il 1915. Tra le due finestre sopra l’arcata si
nota il quadrato di intonaco che ospitava un orologio solare murale. Si distingue appena un
assostilo, e ancor meno qualche linea oraria forse astronomica o forse italica e le due curve di
declinazione dei solstizi. E’ probabile che vi fossero indicate anche il resto delle curve di
declinazione dell’ingresso del sole nei restanti segni zodiacali delle quali sembra appena di
scorgerne l’andamento, così come anche il corpo del calendario eliodromico (cioè tutto il quadro
delle linee orarie compreso tra le curve dei solstizi) che sembra essere leggermente inclinato verso
sinistra, appunto di una quantità pari all’incirca 10 o 15 gradi di declinazione gnomonica del piano
del muro.
Foto per gentile concessione di Arturo Gallozzi.
Dall’analisi della foto, si riesce a distinguere
con certezza il punto in alto in cui poteva
essere impiantato l’ortostilo o assostilo e una
flebile traccia dell’ombra da esso proiettata,
che si protende attorno alla linea oraria
astronomica delle 9,30-10, nei pressi della
linea equinoziale, assunto che il quadro
declini circa 15 gradi verso Ovest; ciò è
verificato anche dal sul corretto parallelismo
rispetto alla linea d’ombra, a destra della
seconda finestra accanto alla meridiana,
prodotta dall’elemento orizzontale del
cornicione tetto soprastante il muro di
destra.
La meridiana dimenticata di Subiaco,
sorella di quella di Montecassino.
La meridiana del chiostro del Priore di
Montecassino può essere collegata ad
un’altra simile un tempo presente nel
chiostro dei Cosmati nel monastero
benedettino di Santa Scolastica a Subiaco.
Entrambe scoperte da chi scrive e divulgate
per la prima volta in questo articolo. Di
queste meridiane si era persa
completamente la memoria ed ogni ricordo
svanito nel tempo. Le immagini qui
proposte non offrono, a chi non abbia
l’occhio allenato a riconoscere meridiane
murali anche dove appena si scorge qualche
traccia, in modo facile lo spunto per essere
riconosciute da tutti ad un semplice
sguardo. E’ forse per questo motivo che esse
non sono state fino ad oggi identificate da
alcun autore che non sia stato un esperto nel
campo della gnomonica.
Se la cartolina che mostra il chiostro del
Priore di Montecassino esibisce un quadro di
intonaco che solo chi si occupa di gnomonica
potrebbe identificare con una meridiana,
diversamente, nel caso di Subiaco, alcune
foto mostrano dettagli che non lasciano
dubbi sull’identificazione di un orologio
solare verticale murale, fino a mostrare
anche caratteristiche tipologiche della stessa
con la forma dello gnomone e delle linee
orarie.
Tra il 2010 e il 2012 ho provato a chiedere ad
alcuni monaci anziani di Subiaco se
ricordassero qualcosa in merito a questa
meridiana, ma nessuno sapeva nulla. La
meridiana svanita nel nulla, riappare nella
sua bellezza in una foto del 1915.
Non è facile dire con certezza se essa sia
esistita anche in tempi più antichi. Ma
l’osservazione di un dettaglio importante
potrebbe giocare a favore di una risposta
positiva. In una cartolina del 1903, non si
riesce bene a distinguere se la meridiana
c’era o meno, mentre in un’altra foto
cartolina, probabilmente di poco posteriore,
si vede il disegno dell’ovale e di un ortostilo,
abbastanza corto. L’impressione che se ne
ha, è quella di intravedere nell’andamento
del tracciato orario, la classica forma delle
linee delle ore Italiche, la cui presenza
sarebbe oltremodo giustificata dalla
presenza dell’ortostilo corto a forma di
freccia. Nel XIX secolo, meridiane ad ore
Italiche il cui tracciato orario era sviluppato
in un ovale orizzontale, erano molto comuni.
La foto del 1915, invece, mostra molto
chiaramente l’esistenza sul quadro
dell’orologio di due gnomoni, uno
ortogonale al muro (ortostilo), che è
probabilmente l’originale rimasto in sede e,
poco più sopra di questo, una placca
triangolare che forma il cosiddetto
“gnomone a triangolo stilare”. Però in
questa foto, si vede il classico tracciato delle
linee orarie astronomiche e non quelle
Italiche! Siccome nella foto del 1903
sembrano distinguersi abbastanza
chiaramente alcune delle linee orarie
Italiche, specie quelle più lontane dal
tramonto del Sole, e siccome non si vede
alcun triangolo stilare oltre al piccolo
ortostilo, deve concludersi che l’antica
meridiana ad ore Italiche fu cancellata (o
forse mantenuta), sostituita o incorporata
nella nuova meridiana ad ore astronomiche
che si vede nella foto del 1915. Questo
passaggio ritengo che sia avvenuto tra il
1913 e il 1914, quando il monaco Giacomo
Tascone, fondò un osservatorio
meteorologico, di cui alcuni reperti di fisica e
astronomia (insieme ad un orologio solare
orizzontale denominato Tascone) scampati
alla seconda guerra mondiale sono
conservati ancora oggi nel locale museo
dell’abbazia. La fondazione dell’osservatorio
meteorologico, ma probabilmente anche
astronomico, portò quell’innovazione
scientifica nel monastero per la quale si
avverti l’esigenza di trasformare l’antica ed
ormai inusuale meridiana ad ore Italiche, nel
moderno sistema in uso nel mondo civile e
religioso delle ore astronomiche.
Una cronologia perfetta, quindi, dimostrata
anche dalle foto, sebbene alcune poco nitide:
una meridiana ad ore Italiche era presente
nel chiostro dei Cosmati probabilmente dal
XVIII secolo; nel 1913, con la fondazione
dell’Osservatorio Meteorologico essa fu
modificata probabilmente dallo stesso
monaco Tascone, o rifatta nuova con
l’aggiunta dello stilo polare a piastra
triangolare, secondo i canoni della
gnomonica di inizio ‘900 e, stando al passo
con i tempi, adeguando la comunità
monastica al nuovo sistema delle ore
astronomiche che aveva soppiantato le
antiche ore Italiche a Roma e nello Stato
Pontificio già dalla metà dell’800. L’esistenza
di una meridiana ad ore Italiche nel chiostro
dei Cosmati del monastero di Santa
Scolastica a Subiaco è, a mio parere, solo una
traccia che testimonia una attività
gnomonica ben più ampia in un periodo, tra
il XVI e il XVIII secolo, in cui monasteri di
questa portata dovevano essere ben più
adeguatamente forniti di strumenti per la
misura del tempo. E’ ovvio, infatti, che
dovessero esistere almeno un orologio solare
per ciascuno dei chiostri presenti a Santa
Scolastica, oltre che ai normali orologi
meccanici a campana. Nel vicino monastero
di San Francesco, a Subiaco, nel 1989 ho
visto e fotografato ben due meridiane ad ore
Italiche nel chiostro, forse oggi non più
esistenti dato lo stato rovinoso in cui
versavano già all’epoca, quasi irriconoscibili.
E’ ovvio, quindi, supporre che in un
monastero tra i più importanti d’Europa,
come quello benedettino di Subiaco, l’arte di
misurare il tempo a mezzo delle ombre del
sole fosse ben più ricca che la flebile
testimonianza di cui sto tracciando il
ricordo.
Come in questo caso, anche nel chiostro del
Priore è molto probabile che la meridiana
esistente dal XVI secolo, batteva le ore
Italiche “ad usum campanae”, accoppiata al
vicino orologio meccanico, sempre nello
stesso chiostro. Purtroppo, però, per essa
non ho trovato una immagine da cui si possa
evincere qualche dettaglio sulla forma e
sulla tipologia del tracciato orario.
Due meridiane benedettine, quindi,
dimenticate da tutti e riportate in vita in
queste pagine dal vostro autore per la prima
volta, sperando che la loro storia, cancellata
dal tempo e dalle guerre, possa essere
almeno conservata nella memoria
documentale.
Il chiostro dei Cosmati nel 1903. Sul muro destro non si distingue molto, ma qualcosa c’è…
In questa foto non datata, e probabilmente anteriore al 1913, si distingue sul muro destro, in alto, la meridiana con un
piccolo ortostilo a punta di freccia il tracciato orario non si distingue quasi per niente.
In questa foto del 1915, la meridiana compare con i due elementi associabili a due gnomoni, ortostilo e
base di un probabile triangolo stilare in metallo andato perduto.
L’elemento superiore, però, si mostra più in dettaglio nella foto successiva in cui non è possibile
stabilire con precisione se trattasi realmente della base di un triangolo stilare o qualcosa di diverso.
Sotto la meridiana sembra osservarsi un altro riquadro. E’ probabile che un tempo vi era un’altra
meridiana ed insieme indicavano due sistemi orari diversi: o l’ora italica normale e da campanile, o
l’ora Italia e quella astronomica.
In questa foto si distinguono diverse linee orarie astronomiche convergenti vero il centro dell’orologio e
punto di impianto dell’assostilo. Il tracciato orario è formato da linee delle ore astronomiche intere, più
lunghe, e delle mezzore, più corte.
Una nuova foto chiarisce meglio la situazione
La foto sopra, scattata non datata, e dovrebbe risalire al primo decennio del ‘900; mostra con una maggiore nitidezza
ciò che esisteva nel chiostro dei Cosmati. Si tratta di una meridiana ad ore astronomiche intere e con le mezzore, più
corte, come dicevo prima, senza curve diurne, scorniciata da un ovale e dotata di una base non bene identificabile nel
punto di convergenza delle linee orarie (centro dell’orologio) che potrebbe far pensare ad un precedente impianto
stilare (triangolo gnomonico) e di un ortostilo che denuncia chiaramente di essere una aggiunta posteriore all’antico
orologio. Risulta, infatti, chiaramente visibile come esso sia diverso da quello antico, se si confronta questa immagine
con quella di pag. 10, color seppia. In più, si nota sul bordo superiore dell’ovale una lunga scritta di cui la parte destra
recitava sicuramente “Subiaco, lat... ecc.”. Queste modifiche sono state sicuramente apportate quando si decise di
intonacare il muro al di sotto della meridiana, approfittando anche dei ponteggi costruiti per tali lavori.
La stessa foto, mostra un secondo orologio solare, confermando ciò che prima avevo ipotizzato essere un’altra
meridiana. Questa, sicuramente molto antica, risalente almeno al XVII secolo. La qualità dell’immagine mostra pochi
dettagli, sufficienti tuttavia per poter dire che si tratta di una meridiana ad ore Italiche di cui si intravedono tre o
quattro linee pomeridiane nella zona destra del quadro e la linea di costruzione orizzontale che passa per il piccolo
ortostilo che si vede bene nella foto a sinistra. L’orologio doveva avere dei bei colori ed era dotato di scorniciatura del
quadro. E’ chiaro che quando venne adottato definitivamente il sistema orario “alla francese” delle ore astronomiche,
dopo il 1850, si avvertì l’esigenza di realizzare al di sopra di questa meridiana ad ore Italiche, un’altro orologio solare
che indicasse il nuovo sistema in uso.