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Periodico del Gruppo Ospedaliero ARS MEDICA Settembre 2008 N° 11 NOINSIEME MEDICINA DELLO SPORT La traumatologia sportiva - pag. 6 Euro 2008, un campionato speciale - pag. 8 Cadel Evans alle Olimpiadi di Pechino - pag. 12 Ars Medica Clinic, supporto tecnico di Challenger Lugano 2008 - pag. 16 Interviste a Fabrizio Bullo, Luís Horna e Igor Mijatovic - pag. 19 Patologie dello sport: nuove prospettive del trattamento chirurgico - pag. 24 FOCUS ON La medicina preventiva personalizzata - pag. 28 NEWS Il programma di raccolta di cellule staminali del sangue - pag. 32 Cancro al seno: la nuova campagna di prevenzione - pag. 34

Noi Insieme Numero 11

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Periodico del Gruppo Ospedaliero Ars MEdica

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Periodico del Gruppo Ospedaliero ARS MEDICA

Settembre 2008 N° 11

NOINSIEMEMEDICINA DELLO SPORTLa traumatologia sportiva - pag. 6

Euro 2008, un campionato speciale - pag. 8

Cadel Evans alle Olimpiadi di Pechino - pag. 12

Ars Medica Clinic, supporto tecnico di Challenger Lugano 2008 - pag. 16

Interviste a Fabrizio Bullo, Luís Horna e Igor Mijatovic - pag. 19

Patologie dello sport: nuove prospettive del

trattamento chirurgico - pag. 24

FOCUS ONLa medicina preventiva

personalizzata - pag. 28

NEWSIl programma di raccolta

di cellule staminali del sangue - pag. 32

Cancro al seno: la nuova campagnadi prevenzione - pag. 34

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Non poteva essere altrimenti: dopo un’estate all’insegna dei grandi appuntamenti sportivi, è allo sport che NOIINSIEME dedica questo numero. Grandi appuntamenti - primi tra tutti gli Europei di calcio e le Olimpiadi di Pechino - a cui il Gruppo Ospe-

daliero Ars Medica, come leggerete nelle prossime pagine, ha potuto indirettamente dare il proprio contributo mettendo al loro servizio le sue strutture e i suoi specialisti. Appuntamenti capaci di catalizzare l’attenzione internazionale, ma anche eventi sportivi di tutto rispetto che si svolgono a pochi passi da casa nostra, come il torno tennistico Challenger Lugano. All’unisono si leggono e si sentono echi e commenti positivi su preparazione, svolgimen-to e chiusura impeccabili dei Giochi, in cui il livello agonistico è sicuramente di estrema competizione: gli sportivi, allenati e seguiti con programmi scientifi camente testati, si spingono a frontiere di record inimmaginabili ancora pochi anni or sono. I risultati ottenuti nelle varie discipline a Pechino ne sono la prova. Per Euro 2008 invece, Svizzera e Austria si sono guadagnate gli allori per la perfetta organizzazione: con un certosino lavoro pre-paratorio, sono state create le miglior condizioni per lo svolgimento di questa fantastica manifestazione sportiva.

Abbiamo più di un motivo di orgoglio: il contributo del Dr. Togninalli al recupero di un cam-pione perché potesse partecipare ai Giochi Olimpici; la scelta del Dr. Mona e della Clinica Sant’Anna come “Offi cial Medical Centre” per le squadre di Euro 2008 residenti in Ticino; la partecipazione del team di fi sioterapia dell’Ars Medica Clinic al torneo Challenger Lugano in qualità di sponsor tecnico. Incarichi che rappresentano complimenti espliciti alle nostre cliniche, ai nostri specialisti, alla nostra organizzazione, alla nostra esperienza e compe-tenza. Complimenti che desidero a mia volta trasmettere a tutto il nostro staff medico, al nostro personale paramedico e a tutta la squadra dirigenziale, organizzativa e logistica per aver reso questo riconoscimento possibile.

Anch’io sono un appassionato di sport; in particolare ho la passione per la montagna, che condivido con uno dei nostri medici specialisti, il Dr. Tiziano Zünd, chirurgo ortopedico. In lui vedo l’incarnazione della guida alpina: nel fi sico, nell’agilità, nella misura e nella tena-cia, consapevole che le forze dei due – montagna e alpinista – sono impari. La montagna va avvicinata con prudenza e rispetto, qualità che non mancano al Dr. Zünd. Siamo ono-rati di annoverarlo fra il nostro staff medico: un professionista riconosciuto dagli ambienti e un ardito alpinista guida.

Con la modestia dovuta all’esperienza, allo stato di allenamento e disponibilità di tempo, mi diverto sulle montagne nostre e della vicina Italia settentrionale: Monte Rosa, Orobica e Dolomiti del Brenta, Dolomiti Ampezzane. La magnifi ca vista che mi si apre davanti dall’al-to di una cima mi ripaga di tutte le fatiche fatte per conquistarla: con una guida!

Fulcieri S. Kistler

EDITORIALE

Dr. oec. publ. Fulcieri S. Kistler,Presidente del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Ospedaliero Ars Medica,nella foto in veste di scalatore

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EditoreGRUPPO OSPEDALIEROARS MEDICA

Direttore responsabileJEROME PUGINIER

Coordinatrice e Responsabile di redazioneLOREDANA NANO

Progetto grafi coREZZONICO DESIGN

Fotografi eMAURO FERMARIELLOwww.fermariello.com

Contributi redazionali di: FRANCESCO BORELLA, DANIELE MONA, PAOLO TIRABOSCHI, DANILO TOGNINALLI

PubblicitàGRUPPO OSPEDALIERO ARS [email protected]

SOMMARIOMEDICINA DELLO SPORT

Introduzione alla sports medicine, o traumatologia dello sport pag. 6

Euro 2008, un campionato specialeper il Dr. Mona e la Clinica Sant’Anna pag. 8

Cadel Evans, recupero incredibile per Pechino 2008 pag. 12

Ars Medica Clinic, supporto tecnicodi Challenger Lugano 2008 pag. 16

Interviste a Fabrizio Bullo, Luís Hornae Igor Mijatovic pag. 19

Patologie dello sport: nuove prospettivedel trattamento chirurgico pag. 24

FOCUS ON

La medicina preventiva personalizzata pag. 28

NEWS

Il programma di raccolta di cellulestaminali del sangue pag. 32

Cancro al seno: la nuova campagnadi prevenzione pag. 34

NOINSIEME

Settembre 2008 N° 11

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Dr. Togninalli, in cosa consiste esattamente la “sports medicine”?

Nell’ambito dell’ortopedia, il termine “sports medicine” signifi ca traumatologia dello sport, un particolare campo della medicina che include tutte le sottospecialità della chirurgia ortopedica e traumatologica al servizio di pazienti attivi a livello sportivo e tem-poraneamente fermi per infortuni o lesioni da sovraccarico. Gli interventi in traumatologia dello sport sono eseguiti, nella mag-gior parte dei casi, con l’ausilio di tecniche operatorie di tipo mini-invasivo o artroscopico.

Oltre ai frequenti traumi, lo specialista in traumatologia dello sport è pure confrontato con la presa a carico di ex-atleti, ancora attivi sportivamente, che già a partire dai 40 - 45 anni presentano di-sturbi articolari (l’artrosi ad esempio) dovuti ai traumi subiti in pas-sato. Per questi atleti non più giovanissimi ma ancora desiderosi di praticare sport, vi sono possibilità di trattamento molto interessanti, come particolari protesi dell’anca e del ginocchio introdotte con tecniche mini-invasive, riducendo quindi sensibilmente i tempi di ricovero e di recupero. Specifi ci protocolli riabilitativi permettono poi di ritornare alla pratica sportiva rapidamente e in tutta sicurezza.

Quali caratteristiche deve possedere un centro di traumatologia dello sport?

Tutta la struttura e il team di un centro di traumatologia dello sport devono essere orientati all’ottenimento di un risultato funzionale (cioè il rientro allo sport di competizione) in tempi brevi.

MEDICINA DELLO SPORT

Alcune domande allo specialista per

defi nire meglio il particolare campo

della medicina che più da vicino inte-

ressa il mondo dello sport e degli sportivi.

Introduzione alla sports medicine,o traumatologia dello sport

Il Dr. med. Danilo Togninalli, specialista FMH in chirurgia ortopedica e traumatologica, e in medicina dello sport SSMS

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Devono essere riunite, nonché rese rapidamente disponibili, tutte le opportunità diagno-stiche tradizionali e di punta, quali ad esempio la risonanza magnetica nucleare.

Un centro di traumatologia dello sport deve anche essere in grado di rendere consape-vole l’atleta sui possibili problemi legati al gesto atletico, o i gesti atletici, che stanno alla base della disciplina da lui praticata, “istruendolo” quindi su quelle nozioni di biomecca-nica sportiva che lo riguardano direttamente.

Il trattamento deve essere instaurato rapidamente e deve prendere in considerazione tutte le modalità terapeutiche conservative e chirurgiche più aggiornate.

I giovani sportivi di élite che subiscono un grave infortunio presentano inoltre un grande bisogno in termini di rassicurazioni sulla possibilità di rientrare in competizione, perché un atleta che deve abbandonare la sua disciplina e il suo gruppo di amici sportivi per diversi mesi affronta una situazione molto diffi cile anche dal punto di vista psicologico: ecco perché un centro di sports medicine che presenti anche esteriormente dei chiari riferimenti al mondo dello sport ha un vantaggio importante per aiutare i suoi pazienti anche da questo particolare punto di vista.

Quali sono state le tappe della sua formazione in traumatologia dello sport?

Ho deciso di intraprendere gli studi di medicina dopo esser stato costretto ad abbonda-re l’atletica leggera - sport che praticavo con passione - a causa di un infortunio, all’età di 17 anni. Fin dall’inizio il mio intento è stato quello di specializzarmi in medicina dello sport. Ho avuto molto presto la fortuna e il privilegio di praticare un prolungato periodo di formazione alla clinica Rennbahn di Basilea, dove il Dr. Segesser e il Dr. Jenoure se-guivano all’epoca sportivi di altissimo livello (ricordo calciatori di Bundesliga, della na-zionale svizzera di calcio, tennisti ATP internazionali, addirittura atleti della ex-Germania dell’est). Il funzionamento e l’effi cacia di quella struttura completamente orientata allo sport mi hanno molto impressionato.

Ho realizzato che nella pratica quotidiana il 90% dell’attività di medicina dello sport è rappresentato dalla traumatologia e ho quindi intrapreso la specializzazione di chirurgia ortopedica e traumatologica, sub-specializzandomi in seguito in medicina dello sport.

Nei miei anni di formazione, oltre al curriculum ortopedico e traumatologico “tradizionale”, ho continuato ad approfondire le conoscenze in traumatologia dello sport in diversi centri spe-cializzati (Basilea, Ginevra e San Gallo). Recentemente ho potuto approfondire le mie cono-scenze in chirurgia della spalla grazie a diversi corsi e visite in centri europei ed americani.

Subito dopo il mio rientro in Ticino ho partecipato insieme ad altri colleghi alla fondazio-ne dell’unico centro di medicina dello sport riconosciuto da Swiss Olympic nella Svizzera italiana. Trattandosi però essenzialmente di un centro a carattere internistico e non chi-rurgico, ho spostato la mia attività all’Ars Medica Clinic, dove l’accento è chiaramente traumatologico e riabilitativo, e dove ho trovato ottime possibilità di lavoro e sviluppo.

In tutti questi anni sono sempre stato vicino al mondo dello sport, facendo parte per al-cuni anni del comitato della Società Svizzera di Medicina dello Sport (SSMS), e seguendo numerosi sportivi di discipline diverse, squadre di calcio, squadre regionali e nazionali di atletica leggera, ginnastica artistica, sci, e semplici appassionati dello sport desiderosi di tornare alle loro attività fi siche dopo un infortunio.

MEDICINA DELLO SPORT

“La sports medicine è un

particolare campo della

medicina che include tutte le

sottospecialità della chirurgia

ortopedica e traumatologica

al servizio di pazienti

attivi a livello sportivo e

temporaneamente fermi

per infortuni o lesioni da

sovraccarico.”

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La vittoria della Spagna il 29 giugno scorso allo stadio di Vien-na ha segnato la fi ne dei campionati europei di calcio ospitati quest’anno da Svizzera e Austria. Un europeo che si è concluso

presto per la squadra elvetica, eliminata insieme alla Repubblica Ceca dopo aver giocato le prime tre partite della fase iniziale del campionato. Un campionato che, nonostante come sia andata per la nostra nazionale, ci ha comunque regalato tre settimane di gran-di emozioni e di grande sport, e di grandi gioie anche, indipenden-temente da chi fosse a gioire al termine di ogni partita, se italiani, francesi o spagnoli. Il tutto sempre nel clima di un’atmosfera che per tutta la durata della manifestazione si è mantenuta pacifi ca - senza quegli incidenti o tafferugli che troppo spesso riempiono le pagine di cronaca in occasione di piccoli o grandi eventi sportivi – all’inse-gna di quella convivialità e fratellanza dei popoli di cui la Svizzera può andare fi era.

Anche il Ticino ha avuto occasione di dare prova della propria ospi-talità: due delle squadre partecipanti, la Svezia e la Germania, han-no infatti risieduto nel nostro Cantone, i tedeschi ad Ascona e gli svedesi a Lugano, dove il 6 giugno scorso si è tenuta la celebrazione della loro festa nazionale e a cui è stata invitata a partecipare anche la direzione della Clinica Sant’Anna.

Certo, il tempo poco clemente non ha permesso alle due formazioni di poter godere appieno del bellissimo panorama ticinese, ma han-no comunque potuto benefi ciare del prezioso supporto tecnico pre-stato dal Dr. Daniele Mona, specialista FMH in chirurgia e medicina dello sport SSMS, e dalla Clinica Sant’Anna, selezionati dall’organiz-zatore svizzero di Euro 2008 in qualità di “Offi cial Medical Centre” per le due squadre residenti in Ticino. Una scelta che, visto il curricu-lum che il Dr. Mona può vantare in materia di medicina dello sport, sembra tutt’altro che casuale. Una carriera lunga e ricchissima di incarichi prestigiosi: “Negli anni ’80 lavoravo come capoclinica di chirurgia all’ospedale di Uster. Fu in quel periodo che mi chiesero di diventare medico della squadra di hockey dell’Ambrì Piotta”, rac-conta il dottore. “In seguito, nel 1986, sono diventato anche medico della nazionale svizzera di hockey. Da allora gli incarichi in qualità di medico sportivo sono giunti sempre più numerosi. Per dieci anni sono stato membro del Comitato Svizzero di Medicina Sportiva e

Euro 2008,un campionato speciale

per il Dr. Mona e la Clinica Sant’Anna

La Uefa ha scelto il Dr. Daniele Mona e la Clinica Sant’Anna per supportare nel corso degli europei di calcio le squadre residenti in Ticino, Svezia e Germania, in qualità di “Offi cial Medical Centre”: per il Dr. Mona è stato l’ennesimo incarico prestigioso nel corso della sua lunga carriera di medico sportivo; per la Clinica Sant’Anna, un’ulteriore prova degna di una struttura medica d’eccellenza

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sono tuttora loro referente per i corsi di formazione in medicina del-lo sport”. Ma non solo: capomedico della Federazione Svizzera di Hockey e medico della nazionale di sci acrobatico, il Dr. Mona van-ta anche numerose presenze alle Olimpiadi come membro della Swiss Olimpic Medical Team, incarico che lo ha portato nel 1988 a Calgary, nel 1992 ad Albertville, nel 2002 a Salt Lake City e nel 2006 a Torino. Il prossimo impegno “olimpionico” sarà nel 2010, alle in-vernali di Vancouver.

Ma qual è il suo sport preferito, dottore?

Quello che mi appassiona molto è lo sport in alta montagna, sia d’esta-te che d’inverno. Io stesso sono molto attivo nel praticare alpinismo e sci. Sono sempre molto legato anche all’hockey, è lo sport che mi più affascina, per il suo dinamismo, la sua velocità d’azione, non solo per-ché è lo sport “di famiglia”. Mi piace molto assistere dal vivo alle partite di disco su ghiaccio, anche se si tratta di campionati minori.

E il calcio?

Come medico, ho avuto molti pazienti calciatori, probabilmente per la conoscenza che hanno di me a livello svizzero. Come spettato-re, diciamo che non posso defi nirmi “un tifoso della domenica”. Mi piace il calcio di alto livello, quello giocato con tecnica, fantasia. In questo senso, anche se mi spiace per come è andata per la nostra nazionale, sono contento che a vincere Euro 2008 sia stata la Spa-gna, una squadra che va dritta all’attacco, che osa, che gioca con inventiva e intuito.

Quali sono le cose per le quali è grato di aver ricevuto tanti incarichi in qualità di medico sportivo?

Sicuramente i viaggi nei diversi angoli del mondo che questa at-tività mi ha permesso di fare, soprattutto grazie alle Olimpiadi e all’hockey, di cui seguo due campionati mondiali ogni anno. E poi, le bellissime partite a cui ho potuto assistere, i grandissimi atleti che ho potuto conoscere, l’onore che mi veniva fatto ogni volta che mi veniva da loro chiesto un parere.

L’incontro per lei più speciale?

Quello con Katarina Witt, un’atleta splendida, forse una delle più grandi pattinatrici artistiche di tutti i tempi.

Qual è stato il suo ruolo durante Euro 2008?

È stato fondamentalmente quello di fare da tramite tra la struttu-ra designata come “Offi cial Medical Centre”, la Clinica Sant’Anna di Sorengo, e i medici di squadra stranieri per facilitare e rendere più fl uido l’approccio tra le due parti, facendo quindi in modo che le formazioni qui residenti potessero avere un accesso immediato ai nostri servizi diagnostico-terapeutici. Fortunatamente, non c’è stato nessun infortunio tanto grave da richiedere interventi chirurgici, ab-biamo dovuto intervenire solo dal punto di vista diagnostico, coin-volgendo quindi soprattutto il reparto di radiologia.

C’è stato molto da fare?

Paradossalmente, abbiamo avuto più da fare prima dell’inizio del campionato. La nazionale svizzera era infatti qui in Ticino per gli allenamenti fino a pochi giorni prima dell’inizio di Euro 2008. La Clinica Sant’Anna ed io li abbiamo supportati nella preparazione al campionato per quanto riguarda gli esami che la Uefa richiedeva ad ogni atleta: in collaborazione con i me-

Il Dr. med. Daniele Mona, specialista FMH chirurgia e medicina dello sport SSMS

“Si è creata una bella

collaborazione con i medici

di squadra stranieri”

racconta il Dr. Mona,

“ho avuto riscontri molto

positivi, non solo nei miei

confronti ma anche in quelli

della Clinica Sant’Anna:

si sono complimentati

per l’accoglienza e la

disponibilità dei collaboratori,

per la facilità di accesso alle

nostre strutture mediche”

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dici di squadra abbiamo dovuto allestire per ogni giocatore una cartella clinica contenente esami radiologici, analisi di laboratorio approfondite, un esame cardiologico, insomma, tutta una serie di controlli vari.

Alloggiavano qui vicino, e la clinica è sempre stata a loro disposizio-ne, mentre venivano da me in studio per le visite più approfondite.

E nella fase agonistica del campionato, con Svezia e Germania?

Hanno approfittato in particolare della nostra diagnostica per im-magini, effettuando soprattutto risonanze magnetiche e sonografie. Si è creata una bella collaborazione con i medici di squadra, prima svizzeri e poi svedesi e tedeschi. Ho avuto riscontri molto positi-vi, non solo nei miei confronti ma anche nei confronti della Clinica Sant’Anna: si sono complimentati per l’accoglienza e la disponibi-lità dei collaboratori, per la facilità di accesso delle nostre strutture mediche. Il medico germanico ha addirittura affermato che nem-meno in Germania gli era mai capitato di poter far effettuare a un suo giocatore una risonanza magnetica alla spalla nel giro di soli 45 minuti…tempo del viaggio da Ascona a Lugano compreso!

Secondo lei è cambiata la traumatologia del calcio negli ultimi anni?

Bè, gli aspetti fondamentali della traumatologia calcistica sono pur sempre legati al fatto che le lesioni più frequenti avvengono natu-ralmente negli arti inferiori, a contrario dell’hockey, che comporta i problemi maggiori a carico del capo, delle spalle e delle braccia.

Con la velocizzazione del gioco abbiamo a che fare non solo con traumi acuti ma anche con problemi da sovraccarico, come la tendinite.

Il ricordo vissuto durante Euro 2008 che sicuramente conserverà?

La marea di maglie arancioni per le strade di Basilea la sera in cui si è giocata Olanda – Russia, l’atmosfera di festa creata da questo “esercito” di tulipani era splendida: si percepiva perfettamente in loro quello spirito, quella gioia che può unire le persone quando condividono la stessa passione sportiva.

Il CT della nazionale svedese Lars Lagerbäck (secondo da sinistra) con la direzione del Gruppo Ospedaliero Ars Medica: Ermanno Sarra, Amministratore Delegato, Jérôme Puginier, Direttore Marketing e Comunicazione, e Giorgio Pellanda, Managing Director.

Gli svedesi hanno celebrato

a Lugano il 6 giugno scorso

la loro festa nazionale, a cui

è stata invitata a partecipare

anche la direzione della

Clinica Sant’Anna

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Sono molto orgoglioso del fatto che la Svizzera abbia saputo organizzare una manifestazione tanto prestigiosa e im-portante in maniera così impeccabile. È stato tutto perfetto, non c’è stato nessu-no scontro o tafferuglio, nessun ritardo, tutto si è svolto nella più assoluta sicu-rezza, ed il mio collega in Austria mi ha riferito di avere avuto anche lì la stessa impressione.

Abbiamo dato una vera dimostrazione di efficienza svizzera!

E quali saranno ora i suoi prossimi appuntamenti?

Nel 2009 sarò ai campionati mondia-li di hockey e a quelli di ciclismo. Poi sarò in Giappone con lo sci acrobatico. Finirò in bellezza nel 2010 a Vancouver per le olimpiadi, dopo di che…la me-dicina sportiva la praticherò solo come funzionario!

Da sinistra: la principessa Birgitta di Svezia, il capitano della nazionale svedese Fredrik Ljungberg e l’ambasciatore Per Thöresson

“Fortunatamente, non c’è stato nessun

infortunio tanto grave da richiedere interventi

chirurgici, abbiamo dovuto intervenire solo dal

punto di vista diagnostico, coinvolgendo quindi

soprattutto il reparto di radiologia”

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Cadel Evans,recupero incredibile per Pechino 2008

Il ciclista australiano Cadel Evans mentre

gareggia alle Olimpiadi di Pechino 2008

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Il grave infortunio subìto a sole due settimane dalla compe-tizione olimpica sembrava aver precluso la partecipazione

del ciclista ai Giochi di Pechino. Evans ha invece potuto portare a termine sia la gara su strada che quella su

cronometro grazie a delle capacità di recupero da vero fuoriclasse e ad un programma riabilitativo ad hoc.

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Atleti eccezionali hanno capacità di recupero eccezionali: un’affermazione che può apparire scontata. Quando però a 13 giorni da una competizione olimpica come la corsa di ciclismo individuale su strada succede che ci si infortuni gravemente

un ginocchio, il problema diventa molto delicato.

È quanto è successo a Cadel Evans il giorno dell’arrivo dell’ultima tappa del Tour de France 2008 dove, come è noto, ha ottenuto il secondo posto. Scivolando su un pavi-mento bagnato a causa sicuramente dell’enorme stanchezza accumulata in seguito ai 3600 km corsi nelle 3 settimane precedenti, il ciclista australiano ha subìto una distorsione del ginocchio destro.

È subito comparso un importante gonfiore e l’atleta ha fin dall’inizio fatto fatica a camminare. Il controllo clinico eseguito due giorni dopo ha rivelato un importante versamento (sangue nel ginocchio) e un’instabilità legamentare. Per alleviare al più presto i disturbi e ritrovare una mobilità sufficiente, è stata praticata una punzione per “svuotare” il ginocchio. La diagnosi è stata precisata con una risonanza magneti-ca nucleare. Il referto che già si sospettava è stato purtroppo confermato dall’esame radiologico: Evans presentava una rottura del legamento crociato anteriore e una le-sione parziale del legamento collaterale esterno. A dieci giorni dall’avvio della gara su strada delle Olimpiadi di Pechino e sedici dalla gara individuale a cronometro tutto sembrava perso, e vi erano importanti incognite anche sul futuro sportivo in generale del campione.

Il ciclista presentava in quel momento un ginocchio dolente, necessitava di stampelle e accusava una forte sensazione di insicurezza e instabilità già semplicemente cam-minando. L’unico aspetto “positivo” era l’assenza di lesioni ai menischi, che avrebbero imposto un intervento chirurgico immediatamente.

Oltre alla situazione medica non confortante, intorno all’atleta è venuta a crearsi una situazione di stress non indifferente: cosa annunciare alla stampa e ai media che già facevano svariate ipotesi sull’accaduto? Un ritiro immediato? Rendere nota la diagnosi precisa? O era meglio attendere qualche giorno? Era necessario ricostruire con un intervento e stabilizzare al più presto il ginocchio leso? O tentare la via del recupero?

Questi i quesiti che l’atleta e il suo staff si ponevano in quelle ore.

Il ciclismo è un’attività estremamente impegnativa, probabilmente una delle discipline più dure nel mondo dello sport. Dal punto di vista biomeccanico però, le sollecitazioni cui sono sottoposte le articolazioni delle ginocchia sono relativamente ridotte. Non vi sono – a differenza dello sci, del tennis o del calcio - sollecitazioni di torsioni, cambi di direzione, impatti. Il legamento crociato anteriore è tutto sommato poco sollecitato nella pedalata: fu questo il ragionamento di base sul quale si costruì la strategia dei

Evans nella fase iniziale del piano di rieducazione, monitorato dal Dr. Mark Fisher, medico della squadra australiana, dal Dr. Togninalli – autore di questo testo – e da Shayne Bannan, team manager.

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È stato impostato un piano di rieducazione specifi co,

coadiuvato da un protocollo di fi sioterapia intensivo per

i giorni seguenti che veniva adattato praticamente di ora

in ora alle condizioni del ginocchio. La data della partenza

per Pechino era fi ssata di lì a 3-4 giorni. Il team manager

e il medico della nazionale australiana erano sul posto e

facevano parte del gruppo di rieducazione.

giorni seguenti. Con l’atleta e il suo staff si era deciso di non informare i media per al-cuni giorni ancora. Ciò avrebbe lasciato il tempo di valutare la reazione del ginocchio e dell’atleta all’introduzione di un preciso protocollo riabilitativo. Sebbene le probabili-tà di riuscire a partecipare alle gare olimpiche fossero minime, si è deciso di tentare il tutto per tutto per riprendere subito l’allenamento in bici. È stato impostato un piano di rieducazione specifico, coadiuvato da un protocollo di fisioterapia intensivo per i giorni seguenti che veniva adattato praticamente di ora in ora alle condizioni del ginocchio. La data della partenza per Pechino era fissata di lì a 3-4 giorni. Il team manager e il medico della nazionale australiana erano sul posto e facevano parte del gruppo di rieducazione. I media australiani che sospettavano il ritiro del campione erano sem-pre in attesa di nuove.

Cadel Evans iniziò la rieducazione in sella su rulli il giorno seguente la risonanza magne-tica. Si trattava realmente di riapprendere a pedalare con un ginocchio leso e privo della stabilità data dal legamento crociato anteriore. Le prime pedalate erano in effetti titubanti, ma l’atleta ha saputo ritrovare una pedalata più naturale in tempi sorprendentemente rapidi. Il ginocchio era ancora leggermente gonfi o ed è stato necessario sottometterlo ad una seconda punzione. Lo stesso giorno l’atleta ha provato a pedalare su strada.

Il giorno successivo sarebbe stato cruciale. Si doveva infatti valutare se Evans sarebbe stato in grado di pedalare su strada in sicurezza oppure se ciò era potenzialmente troppo pericoloso per il ginocchio. Abbiamo previsto tutta una serie di test su strada con ripresa della pedalata inizialmente in pianura, poi a ritmi più sostenuti e infi ne su salite con pendenze incrementali. L’atleta si è comportato in maniera incredibile e le sue sensazioni erano buone. Lamentava solo lievi disturbi ma il ginocchio non tendeva al rigonfi amento. Le prospettive di partenza per Pechino non apparivano più come mera fantasia.

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In accordo con l’allenatore personale di Evans venne effettuato all’indomani un test biomeccanico con misure della forza di pedalata. Queste mostravano una differenza significativa a sfavore ovviamente dell’arto leso, ma non tale da precludere la par-tecipazione agli allenamenti successivi. In pratica, dopo tre sedute di rieducazione specifica in bicicletta, il paziente era nuovamente capace di pedalare in modo quasi normale e ha potuto partecipare al primo allenamento-test con i compagni della na-zionale australiana.

I risultati sono stati tali che Evans ha deciso di voler tentare l’avventura olimpica: se non quello di correre per un titolo o una medaglia, il suo obiettivo era almeno quello di dare ai compagni - in qualità di leader della squadra australiana - il suo soste-gno nella gara su strada. La decisione presa è stata dapprima quella di partecipare unicamente alla gara su strada (dove ha raggiunto il quindicesimo posto). Ma visti i progressi praticamente quotidiani in riabilitazione ha deciso in un secondo tempo di prendere parte anche alla gara a cronometro, dove ha ottenuto un incredibile sesto posto a meno di 15 secondi dalla medaglia di bronzo!

Considerando le particolari circostanze di questo recupero - ottenuto in una gara di livello mondiale circa due settimane dopo una grave lesione articolare del ginocchio, da un atleta che presentava ancora importanti difficoltà semplicemente per cammi-nare - possiamo renderci conto dell’efficacia e della specificità del lavoro riabilitativo svolto. Quest’ultimo è stato in effetti costruito su misura per Evans, finalizzato unica-mente alla pedalata e adattato praticamente di ora in ora.

Recuperi eccezionali come questo sono comunque possibili solo in un individuo in-telligente, dotato di capacità di concentrazione, motivazione e gestione dello stress fuori dal comune, un grande campione insomma, coadiuvato da un intero team di specialisti (fisioterapisti, riabilitatori, allenatori, team manager, medici).

Al ritorno dalle Olimpiadi il lavoro riabilitativo non è chiaramente terminato. Il paziente è stato infatti portato “artificialmente” a essere capace di pedalare in relativa sicurez-za per un unico obiettivo, quello olimpico. Occorreranno ora importanti verifiche per valutare lo stato della pedalata e del suo ginocchio, che al ritorno da Pechino era in effetti ancora leggermente infiammato. Soprattutto però dovrà essere introdotto tutto il programma di rieducazione e fisioterapia su strada, tralasciato completamente fino ad ora per ovvi motivi di tempo. Il rischio maggiore per il ciclista è infatti quello di su-bire una nuova distorsione o accusare un cedimento anche solo camminando su un terreno irregolare.

L’atleta dovrà dunque svolgere un programma di due – tre mesi di completamento della rieducazione funzionale con l’obiettivo di recupero al 100% per la ripresa della preparazione in bici per la stagione 2008-2009.

MEDICINA DELLO SPORT

Recuperi eccezionali

come questo sono

comunque possibili

solo in un individuo

intelligente, dotato

di capacità di

concentrazione,

motivazione e gestione

dello stress fuori dal

comune, un grande

campione insomma.

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Sono state molte quest’anno le novità che hanno reso speciale la decima

edizione del torneo tennistico “Challen-ger Lugano”, appuntamento riconosciu-to come più importante della categoria a livello nazionale e tra i primi 10 al mondo, già premiato dall’Atp nel 2004 con il Best Challenger Award. Il decimo anniversa-rio della manifestazione tennistica è sta-to festeggiato con l’inaugurazione della nuova veste architettonica, il futuristico “Villaggio del Challenger” allestito all’in-terno del Tennis Club Lido di Lugano, e con eventi di intrattenimento animati da protagonisti del mondo dello spettacolo di fama internazionale. Ma anche e so-prattutto con un regalo speciale offerto a tutti gli sfi danti: un servizio di fi siote-rapia prestato da un team dedicato di professionisti attivo presso l’Ars Medica

Ars Medica Clinic,supporto tecnicodi ChallengerLugano 2008

Grazie al team dell’Ars

Medica i partecipanti

hanno avuto a disposizione

uno speciale servizio di

fi sioterapia per la prima volta

nella storia del torneo.

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Clinic, struttura scelta dagli organizzatori non solo per garantire un adeguato supporto tecnico ai giocatori, ma anche in nome della lunga esperienza che la clinica vanta nel trattamento di sportivi attivi a vari livelli, da quello amatoriale ai più alti livelli agonistici e professionali.

Dal 29 giugno al 6 luglio scorsi, la squadra di fi sioterapia dell’Ars Medica - capitanata dal responsabile del reparto, Antonio Zerrillo, e formata da Veronique Vidal, Floriana Bonzini e Simon Rodriguez - è stata presente sul luogo di svolgimento del Challenger pren-dendosi in carico tutte le necessità dei giocatori sia per quanto riguarda la preparazione pre-partita che per il consecutivo recu-pero. Ma non solo: oltre alla competenza e all’esperienza dei suoi fi sioterapisti, i partecipanti del torneo si sono visti mettere a di-sposizione dalla clinica di Gravesano anche la sua struttura, dove hanno potuto approfi ttare delle attrezzature fi tness e fi sioterapiche più avanzate.

All’interno di una cornice sicuramente impagabile, quella del Lido di Lugano, a battersi sui campi di terra battuta abbiamo visto atleti di grande qualità, tutti passati sotto le mani dei nostri fi sioterapi-sti: l’azzurro Potito Starace, il campione olimpico in carica Nicolas Massu, il francese Olivier Patience, che si era aggiudicato la vit-toria nel 2006, l’argentino Guillermo Cañas, numero 8 della clas-sifi ca Atp nel 2005, lo slovacco Dominik Hrbaty, sotto i cui i colpi in passato sono caduti campioni del calibro di Sampras, Agassi, Nadal e lo stesso Federer, battuto dallo slovacco per ben due volte. A vincere su tutti è stato però il peruviano Luís Horna, che aveva già fi rmato il doppio del Roland Garros insieme a Cuevas e che a Lugano si è meritatamente portato a casa il trofeo di vincitore battendo il francese Nicolas Devilder.

Massaggi locali e globali, trattamenti articolari, stretching musco-lare, mobilizzazioni neurodinamiche e tecniche di rilassamento

MEDICINA DELLO SPORT

L’Ars Medica Clinic è stata

scelta dagli organizzatori

del torneo non solo per

garantire un adeguato

supporto tecnico ai

giocatori, ma anche in nome

della lunga esperienza

che la clinica vanta nel

trattamento di sportivi

attivi a vari livelli, da quello

amatoriale ai più alti livelli

agonistici e professionali

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MEDICINA DELLO SPORT

per un totale di oltre un centinaio di trat-tamenti fi sioterapici prestati dal team dell’Ars Medica Clinic ai partecipanti del-la competizione tennistica. Trattamenti apprezzatissimi anche dallo stesso Hor-na, che alla vigilia della fi nale ha ricevuto un massaggio di quasi due ore conse-cutive, consentendogli di recuperare le energie ridotte dalla stanchezza e dalla fatica accumulate nel corso di un’inten-sissima settimana….e portandolo dritto alla vittoria!

Nella foto sotto, i fi sioterapistidell’Ars Medica Clinic presenti al torneo.

Da sinistra in senso orario:Floriana Bonzini, Véronique Vidal,

Antonio Zerrillo e Simon Rodriguez

La squadra di fi sioterapia

dell’Ars Medica è stata

presente sul luogo di

svolgimento del Challenger

prendendosi in carico tutte

le necessità dei giocatori

sia per quanto riguarda la

preparazione pre-partita

che per il consecutivo

recupero

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Per Luís Horna il Challenger è stato particolarmente lungo quest’anno: la sua iscrizione al torneo è giunta troppo tardi perché gli potesse essere assegnata una wild card, ed il peruviano ha potuto avere accesso al tabellone principale solo passando dalle qualifi cazioni. Ma la determinazione ed il talento lo hanno portato a stringere nelle mani la coppia di campione di questa deci-

ma edizione della competizione luganese. Nel primo turno si è dovuto confrontare con Werner Eschauer, vincitore lo scorso anno di entrambi i Challenger ticinesi di Chiasso e Lugano. Ma il rendimento dell’austriaco era di gran lunga minore a quello del 2007, e si è fatto sconfi ggere da Horna senza opporre troppa resistenza. Il futuro vincitore ha potuto quindi continuare il suo percorso, eliminando successivamente Villagran, Starace e Crivoi, fi no alla fi nale col francese Devilder.

Il tennista, originario di Lima, classe 1980, vanta una carriera junior eccezionale, con la partecipazione nel 1997 alla fi nale del Roland Garros e la vittoria della fi nale del doppio ai French Open e a Wimbledon quello stesso anno, arrivando in testa alla classifi ca Atp junior nel 1998. Attualmente numero 74 in classifi ca, nel 2007 ha conquistato il suo terzo titolo Atp vincendo la fi nale di doppio insieme all’ita-liano Potito Starace a Kitzbuhel. Lo incontriamo subito dopo la fi nale, visibilmente stanco ma felice del traguardo, per raccogliere le sue impressioni sul torneo appena concluso.

Luís, che cosa ha trovato di particolare in questo Challenger?

Senza dubbio, la cosa più particolare è il luogo che lo ospita: Lugano è una città bella, vivi-bile, e mi sono trovato molto bene anche con le persone che vi ho trovato. Il torneo è stato faticoso, ma sempre e comunque accompagnato da un’atmosfera piacevole. E poi, dopo aver vinto, sarebbe comunque diffi cile trovare qualcosa che non mi sia piaciuto!

Quest’anno per la prima volta, l’Ars Medica Clinic con il suo reparto di fi sioterapia è stata coinvolta dagli organizzatori del torneo in qualità di sponsor tecnico. Ha tratto dei benefi ci da questo speciale servizio fi sioterapico?

Sì, senza alcun dubbio. Dopo aver giocato le prime due partite il mio fi sico ha iniziato natu-ralmente ad accusare la stanchezza. Aver avuto dei fi sioterapisti a sostenermi per recupe-rare le energie è stato un aiuto importantissimo, direi anzi fondamentale .

C’è stato qualcosa in questa edizione della manifestazione che ha differenziato questo Challenger dagli altri, non solo quelli luganesi degli anni scorsi ma anche quelli a cui ha partecipato in altre città del mondo?

Beh, sicuramente il servizio di fi sioterapia offerto dai professionisti dell’Ars Medica Clinic è stato una bellissima sorpresa. Nei tornei maggiori viene sempre organizzato un servizio di questo tipo, ma nei Challenger è molto raro che venga offerta questa opportunità.

Il trattamento fi sioterapico le è stato più utile nella fase preparatoria o nel recupero post-partita?

Io ne traggo maggiori benefi ci quando devo recuperare le forze spese sul campo. Di solito abbiamo un programma fi sioterapico che ci viene prescritto per la preparazione al torneo, ma è poterne benefi ciare in fase di recupero che fa la vera differenza.

Quindi, potremmo dire che l’Ars Medica Clinic l’ha aiutata a vincere?

Assolutamente! Sono stati i fi sioterapisti dell’Ars Medica Clinic a rimettermi a nuovo prima della fi nale!

Intervista a Luís Horna vincitoredi Challenger Lugano

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MEDICINA DELLO SPORT

Intervista a Igor Mijatovic giovane promessa dell’AC BellinzonaDopo un infortunio sul campo di calcio, il giovane attaccante

è stato operato all’Ars Medica Clinic dal Dr. med. Danilo

Togninalli per la ricostruzione del legamento crociato anteriore

del ginocchio destro

Igor Mijatovic con la maglia del Bellinzona

Il calcio è la sua passione da quando aveva 5 anni. Dopo aver giocato nel Biasca per 9 anni, Igor Mijatovic è stato chiamato a giocare nel 2006 dall’AC Bellinzona, squadra in cui è tuttora attivo nella formazione under 16. Un infortunio ed il conseguente intervento

chirurgico lo hanno costretto ad alcuni mesi di stop, dopo i quali Igor conta di rientrare sul campo in forma perfettamente smagliante.

Igor, vuoi raccontarci come è avvenuto l’infortunio?

È successo durante una partita amichevole: ho avuto un contrasto con l’avversario, che mi ha atterrato provocandomi un urto sul ginocchio destro. L’impatto è stato visibilmente duro, per cui l’allenatore mi ha subito fatto rientrare a bordo campo.

Ti sei reso conto immediatamente della gravità dell’incidente?

No, perché il ginocchio non mi ha fatto male sin da subito, ed ha iniziato a gonfi arsi solo dopo, una volta rientrato in spogliatoio a fi ne partita. La radiografi a che ho fatto poco dopo in ospedale non ha evidenziato nessuna frattura. Il mio medico di famiglia ha comunque ritenuto opportuno farmi visitare da uno specialista, ed è così che sono arrivato nello stu-dio del Dr. Togninalli. Dalla risonanza magnetica che il dottore mi ha prescritto abbiamo saputo che il legamento crociato anteriore del ginocchio era rotto.

Che ricordi hai dell’intervento?

La mattina dell’operazione ero preoccupatissimo, era la prima volta in vita mia che mi sottoponevo ad un intervento chirurgico. La mia agitazione naturalmente si aggiungeva anche alla preoccupazione di cosa avrebbe comportato quest’infortunio per il mio futuro di calciatore, sebbene il Dr. Togninalli mi avesse già tranquillizzato durante le precedenti visite in studio, dicendomi che le tecniche oggi a disposizione nel campo della chirurgia ortopedica permettono nella stragrande maggioranza dei casi di tornare perfettamente in forma, come prima dell’infortunio.

In sala operatoria poi mi hanno messo a mio agio, mi sentivo sicuro. Sono stato sveglio per tutta la durata dell’operazione, con il dottore che mi spiegava passo dopo passo le sue “manovre”.

Quando conti di poter tornare sui campi di calcio?

Mi sto sforzando per seguire perfettamente il mio programma di riabilitazione…voglio tornare a giocare il più presto possibile, assolutamente!

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Doversi riprendere da un infortunio per tornare in forma e riprendere a giocare a calcio – sport che per Fabrizio Bullo non è solo una grande passione, ma anche un mestiere - è una sfida che il centrocampista del Locarno ha già dovuto af-

frontare in passato. Il primo incidente sul campo risale a tre anni fa, quando si ruppe il legamento crociato del ginocchio sinistro. “Ora invece è toccato al destro. Sono stati due incidenti molto simili nella dinamica” racconta Fabrizio, operato per la seconda volta nel settembre dello scorso anno. “Il dolore dopo l’impatto non è stato eccessivo. Ho provato a rialzarmi per rientrare in campo, ma sentivo che il ginocchio non regge-va più. Non ho neanche avuto bisogno di aspettare l’esito della risonanza magnetica per capire che aveva ceduto il crociato.”

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Intervista a Fabrizio Bullo centrocampista

della FC LocarnoFabrizio Bullo ha già dovuto subire due infortuni gravi

sul campo da calcio. Entrambe le volte, si è affi dato

all’esperienza e alla competenza del Dr. med. Daniele Mona

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Quanto sei stato lontano dai campi da gioco a causa di questi due infortuni?

Sei mesi, entrambe le volte. Ed entrambe le volte sono stati sei mesi duri... bisogna reagire, saperla prendere nel modo giusto. E naturalmente, seguire scrupolosamente il program-ma di riabilitazione.

Cosa ti mancava di più in quel periodo?

L’assenza dell’allenamento, del gioco. Mi mancava molto anche il senso di appartenenza alla squadra, lo spogliatoio...cioè vivermi il pre ed il post partita con i compagni. Certo, seguivo gli allenamenti e le partite, ma dalla tribuna ti senti solo uno spettatore.

Hai mai temuto in quei mesi di lontananza dal campo di non tornare più quello di prima, di non riprenderti in maniera ottimale?

Fortunatamente no, perché non fa parte del mio carattere. Prima di essere operato per la prima volta mi sono documentato a dovere, anche grazie al Dr. Mona. So che è un inter-vento che richiede una fase post-operatoria lunga e molta pazienza, ma che con le nuove tecniche chirurgiche si può tornare come prima.

Chi ti è stato più vicino in questi mesi?

Bé, è sicuramente fondamentale mettersi innanzitutto nelle mani giuste, di un dottore che ti infonda fi ducia, che non ti “commiseri”. Il Dr. Mona è stato importantissimo da questo punto di vista, è una fi gura carismatica, un uomo pragmatico, uno che ti trasmette sicurez-za. Poi naturalmente è molto importante anche il fi sioterapista, che ti segue tutti i giorni per più ore al giorno, così come è indispensabile che il luogo dove fai la fi sioterapia ti piaccia, che non ti annoi.

Secondo te, quale atteggiamento dovrebbe tenere la società nei confronti dell’atleta assente per infortunio?

La società ha un ruolo importante in quel periodo. Se hanno fi ducia nel calciatore gli rinno-vano comunque il contratto, cosa che succede anche nelle più grandi squadre, e che è un fattore di motivazione fondamentale a riprendersi il più presto possibile. Fiducia che io non ho avuto la prima volta. È andata diversamente questa volta, per fortuna.

Parliamo del tuo futuro… cosa pensi di fare una volta che avrai appeso le scarpette al muro?

Ho iniziato a frequentare una scuola per sportivi d’élite in cui mi trovo davvero bene. Credo che mi sarà d’aiuto quando dovrò iniziare a lavorare… fuori dal campo!

MEDICINA DELLO SPORT

È sicuramente

fondamentale mettersi

nelle mani giuste, di un

dottore che ti infonda

fi ducia, che non ti

“commiseri”.

Il Dr. Mona è stato

importantissimo da

questo punto di vista, è

una fi gura carismatica,

un uomo pragmatico,

uno che ti trasmette

sicurezza.

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Le lesioni traumatiche incontrate nello sportivo sono essenzialmente di due tipi: vi sono le lesioni acute, conseguenti ad un unico trauma, e le lesioni cosiddette “mi-crotraumatiche”, risultanti da una serie di ripetuti traumi minimi e che si manifestano

come patologie da sovraccarico; di entrambi i tipi di lesioni traumatiche si occupa la traumatologia dello sport, o “sports medicine” per usare il termine anglosassone.

Nella prima tipologia si annoverano tutti quegli eventi traumatici generalmente unici e relativamente violenti che causano un arresto immediato dell’attività, quali ad esempio la lussazione della spalla dopo una caduta in mountain bike, una frattura della tibia in un calciatore, la distorsione della caviglia in un giocatore di basket.

Tra le lesioni microtraumatiche troviamo invece patologie che, a seguito di eventi di moderata intensità ma ripetuti nel tempo, superano la soglia di resistenza dei tessuti: esempi classici sono la tendinopatia achillea dopo aver giocato a tennis, la lesione di un menisco dopo una lunga discesa in montagna, la lesione del labbro nella spalla dopo un’impegnativa seduta di allenamento di pallavolo.

La presa a carico di queste lesioni richiede una diagnosi accurata: questa può essere sin da subito chiara, è il caso ad esempio di una frattura della caviglia, come può rive-larsi talvolta più complicata, ed è il caso ad esempio di una lesione parziale della cuffi a dei rotatori apparsa gradualmente in un giocatore di golf.

La conoscenza approfondita della biomeccanica dello sport, del grado di preparazio-ne fi sica e tecnica dell’atleta, la valutazione dell’intensità dell’allenamento o l’eventuale presenza di imperfezioni nell’esecuzione di un movimento sono elementi molto utili per capire la genesi di queste lesioni.

Oltre all’anamnesi viene eseguito un esame clinico specialistico, e se necessario il bilan-cio viene completato con una valutazione radiologica che parte dalla radiografi a (spes-

LE LESIONI PRINCIPALI E L’ITER DIAGNOSTICO

Nuove prospettive

nel trattamento chirurgicodi patologie dello sport

MEDICINA DELLO SPORT

di Danilo Togninalli, specialista FMH chirurgia ortopedica e medicina sportiva SSMS.

Nell’immagine a lato, il Dr. Togninalli esegue un intervento della spalla

in artroscopia all’Ars Medica Clinic.

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so suffi ciente), all’ ecografi a, fi no alla TAC o alla risonanza magnetica. Solo in alcuni casi il bilancio viene ulteriormente completato da una analisi del movimento dell’atleta.

L’iter diagnostico può complicarsi quando ci si trova di fronte ad un cosiddetto “distur-bo funzionale”, ovvero disturbi che nell’atleta compaiono durante l’attività sportiva, ma che non si evidenziano in nessuna lesione strutturale durante l’iter diagnostico, e che non vengono generalmente rilevati né dalla radiografi a, né dall’ecografi a o dalla risonanza magnetica. Proprio nei casi dove la diagnosi non è inizialmente chiara e dove la causa potrebbe essere di tipo funzionale viene formulata un’ipotesi diagnostica: si ipotizza cioè che la patologia sia dovuta ad una cattiva gestione del movimento (per esempio un difetto in una fase dello swing del golf) o del carico di lavoro (eccessivo allenamento) e si imposta il trattamento in modo da correggere la possibile causa del disturbo. Una volta trovata e corretta la disfunzione, i sintomi si risolvono confermando l’ipotesi iniziale.

La risoluzione di problemi funzionali nello sportivo di élite richiede una conoscenza appro-fondita della biomeccanica dello sport e della scienza dell’allenamento, oltre naturalmente ad una buona collaborazione tra il medico, il fi sioterapista sportivo e l’allenatore.

PARTICOLARITÀ DEL TRATTAMENTO DELLO SPORTIVO

Nel limite del possibile si cerca di instaurare un trattamento di tipo conservativo-funzio-nale, che permetta cioè di tornare alla pratica sportiva grazie all’adattamento dell’at-tività fi sica o alla riabilitazione fi sioterapica. Quando il trattamento conservativo non è adatto o si rivela insuffi ciente, diventa allora necessaria la terapia chirurgica.

La traumatologia dello sport presenta la particolarità di occuparsi frequentemente di pazienti-atleti di livello agonistico, estremamente motivati per ritornare alla loro discipli-na: i tempi di recupero devono essere brevi e il risultato funzionale eccellente.

MEDICINA DELLO SPORT

Il campo chirurgico fondamentale in traumatologia

dello sport è l’artroscopia, particolare tecnica

operatoria che permette di intervenire praticamente

in tutte le articolazioni tramite dei semplici fori.

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La pressione del mondo sportivo per ottenere un risultato eccellen-te in tempi brevi, se possibile brevissimi, ha portato allo sviluppo di tecniche chirurgiche sempre meno invasive.

Il campo chirurgico fondamentale in traumatologia dello sport è l’artroscopia, particolare tecnica operatoria che permette di in-tervenire praticamente in tutte le articolazioni tramite dei semplici fori. L’affi namento delle tecniche, l’apparizione continua di nuovi strumenti sempre più precisi, facili da utilizzare e poco traumatici, consente di eseguire interventi a cielo chiuso che solo alcuni anni fa richiedevano incisioni o accessi chirurgici anche molto estesi.

I CAMPI DELL’ARTROSCOPIA DELLO SPORT

Gli esempi di novità più recenti riguardano l’artroscopia della spal-la, dell’anca, del gomito e della caviglia.

Con l’artroscopia della spalla è ora possibile trattare una gran par-te delle instabilità in modo effi cace. Strumenti di fi ssazione più re-sistenti come particolari ancore riassorbibili consentono di realiz-zare, dopo l’intervento, programmi riabilitativi più aggressivi, con un recupero funzionale relativamente rapido. Lo stesso vale per la riparazione dei tendini della cuffi a dei rotatori, lesione frequente in sport come il tennis e il golf. Anche in questi casi la rieducazione dopo l’intervento è divenuta più rapida e meno dolorosa rispetto al passato grazie alle nuove tecniche di fi ssazione.

In presenza di un’anca dolorosa, frequente in discipline come il calcio e l’hockey, vengono eseguiti interventi artroscopici di cura di “impingement” e da poco di ricostruzione del labbro aceta-bolare (struttura legamentare sovente sollecitata in maniera esasperata). Questi interventi dell’anca richiedevano fino ad al-cuni anni fa accessi chirurgici di 10-15 cm con disinserzione e refissazione di importanti tendini, comportando quindi ulteriori ripercussioni negative sulle capacità di recupero funzionale e di ripresa dello sport.

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Gli esempi di novità

più recenti riguardano

l’artroscopia della spalla,

dell’anca, del gomito e

della caviglia.

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L’artroscopia della caviglia permette di liberare l’articolazione da fastidiose aderenze o cicatrici che possono limitare lo sportivo dopo distorsioni o fratture.

Recentemente sono state descritte anche tecniche artroscopiche per la cura chirurgica di epi-condiliti (gomito del tennista) e lesioni cartilaginee del gomito.

Anche le tecniche utilizzate negli interventi “classici” effettuati da anni con tecnica artroscopica, come la ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio, si affi nano continua-mente. Nell’intento di avvicinarsi sempre più all’aspetto e al funzionamento naturale del lega-mento, nuovi sistemi di ricostruzione che usano due fascicoli invece di uno solo dovrebbero permettere di migliorare ulteriormente la stabilità rotatoria (importantissima in discipline come lo sci, il calcio, l’hockey) di un ginocchio operato.

Affi nché una nuova tecnica chirurgica possa portare a un risultato tangibile per lo sportivo, occorre che anche i protocolli riabilitativi siano adattati e ottimizzati alle novità chirurgiche. Vi è un importante e interessante lavoro di affi namento delle tecniche fi sioterapiche e riabilitative per la ripresa dell’attività competitiva. Fondamentale è che tutta l’équipe che ruota attorno all’atleta – il medico, il fi sioterapista sportivo e l’allenatore – nonché naturalmente l’atleta stes-so, collaborino ed interagiscano per ottimizzare il ritorno allo sport.

Novità tecniche nel settore dell’ortopedia più tradizionale come la protetica (anca e ginocchio), generalmente riservato a pazienti più anziani, permettono ora uno stile di vita più attivo, addi-rittura sportivo. Sono state in effetti sviluppate protesi dell’anca e del ginocchio più conservative e più adatte a pazienti giovani e attivi, impiantate con tecniche poco invasive, riducendo note-volmente quindi la morbidità postoperatoria e i tempi di recupero.

La traumatologia dello sport come le altre discipline mediche è in continua evoluzione. Il mon-do dello sport – che impone spesso ad atleti, allenatori e manager un’enorme pressione per il rientro rapido alla competizione – ha in un certo senso “costretto” la medicina a trovare soluzioni effi caci, rapide e sicure per raggiungere l’obiettivo sportivo.

Se da un certo punto di vista questa tendenza può sembrare estrema o esagerata, è importante considerare che il vantaggio per lo sportivo di élite viene automaticamente trasferito sul paziente “normale”, lo sportivo amatoriale. Esattamente come nel mondo dell’industria automobilistica, le nuove soluzioni tecnologiche scaturite dalle corse vengono riportate dopo qualche anno sulle vetture di serie, con un evidente benefi cio per tutti.

Altro aspetto sicuramente fondamentale riguarda naturalmente la struttura che prende a carico l’atleta infortunato: una struttura che si occupa di sportivi sia di élite che amatoriali deve in primo luogo offrire all’atleta-paziente una buona disponibilità di competenze intellettuali e tecniche, nonché un’infrastruttura adeguata per eseguire interventi e programmi riabilitativi. È molto im-portante offrire un contatto agile con gli “attori esterni” del mondo sportivo come i fi sioterapisti, gli allenatori ed i dirigenti e coltivare scambi di esperienze e collaborazioni con altri centri di interesse per incrementare le proprie competenze.

Il buon funzionamento e la buona coordinazione di tutta la rete di protagonisti dell’universo dello sportivo costituiscono la base per ottenere risultati effi caci nella “sports medicine”.

Il mondo dello sport – che

impone spesso ad atleti,

allenatori e manager

un’enorme pressione

per il rientro rapido alla

competizione – ha in un

certo senso “costretto”

la medicina a trovare

soluzioni effi caci, rapide

e sicure per raggiungere

l’obiettivo sportivo.

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Abituati come siamo ad un concetto abbastanza limitato della prevenzione – spesso circoscritto alle “solite” indagini radiologiche e visite di controllo - l’idea stessa di concepire una medicina unicamente a scopo preventivo, e per giunta personalizza-

ta in base alle caratteristiche di un singolo paziente, sembra quasi una visione futuristica.

Eppure esiste già, anche se forse ancora non in Svizzera, una corrente medica che si basa sulla prevenzione, intesa come la scoperta precoce e la diagnosi preclinica di tutto l’ambito fi siopatologico dell’essere umano.

Per la diagnosi abbiamo a nostra disposizione un ventaglio di mezzi talmente sofi sticati da essere quasi inimmaginabili fi no a poco tempo fa: la diagnostica per immagini, gli esami di laboratorio biologici e la genomica, per citare solo quelli più importanti.

Ciò che pochi anni addietro era da considerarsi caccia riservata dei laboratori di ricerca scientifi ca, sta ormai divenendo di dominio pubblico, soprattutto grazie alla divulgazio-ne giornalistica: quello che alcuni medici, comunque sempre più numerosi, già pratica-no da decenni, comincia a diventare oggigiorno quasi un’ovvietà, ovvero il concetto e la pratica di una medicina sempre più psicosomatica, olistica e biologica.

In altri tempi, e in altri luoghi, si sviluppò e si pratica tuttora una medicina integrativa del corpo e della mente, in un’ottica di prevenzione che fa appoggio anche sulla collabora-zione del paziente: un esempio su tutti è rappresentato dalla Medicina Tradizionale Ci-nese (MTC), oggi perfettamente integrata alla medicina accademica in molte università ed ospedali, non solo cinesi ma anche occidentali. Ma non solo: anche medicine come quella tibetana e quella ayurvedica originaria dell’India fanno parte dell’”arsenale” tera-peutico di molti centri di cura.

Approcci tradizionali che hanno sempre preconizzato la prevenzione ed il mantenimen-to della salute come responsabilità e priorità per il medico, tant’è vero che in caso di malattia del paziente, il medico - tenuto responsabile dell’evoluzione patologica del suo assistito – era obbligato ad assumersi i costi del trattamento!

In Occidente, all’origine, anche la nostra medicina ippocratica era essenzialmente psi-cosomatica, con accenni pure al concetto omeopatico (similia similibus curantur), così come lo fu la medicina alchemica di Paracelso. Fu solo a partire dalla medicina speri-mentale di Claude Bernard e dalle scoperte di Pasteur che la tendenza a concepire e

La medicina preventiva personalizzata

FOCUS ON

di Dr. med. Francesco BorellaMedicina BiologicaBarcellona, Spagna

Predire e prevenire

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praticare una medicina essenzialmente sintomatica si è fatta strada ed è diventata il paradigma che s’inculca tuttora nelle scuole della medicina accademica.

Tuttavia, sotto l’impulso della medicina naturopatica, da parecchi decenni le cose stanno cambiando, seppur molto gradualmente. Con l’avvento della medicina orto-molecolare (Linus Pauling), la nutrizione e la micronutrizione sono ora all’ordine del giorno in tutti i centri di ricerca scientifica.

Parallelamente, si sta sviluppando in ambito universitario una medicina biologica scien-tifi ca, basata su casistiche importanti di persone sane (per es. lo studio SU.VI.MAX) e/o ammalate (per es. l’Etude de LYON, Prof. Renaud) che rivelano l’importanza della preven-zione primaria e secondaria a livello individuale.

Non è più un segreto per nessuno che la nostra alimentazione, sempre più sintetica, manipolata e snaturata, può essere fattore di predisposizione fi siopatologica; e come, al contrario, un’alimentazione sana e biologica ci può aiutare a prevenire le più comuni malattie degenerative (malattie cardiovascolari, diabete, ecc.).

I defi cit e le carenze di certi nutrienti come il magnesio, il calcio, lo iodio o il ferro, per citarne solo alcuni, sono più frequenti di quanto uno possa immaginare, specialmente in certi gruppi a rischio della popolazione: bambini, adolescenti, sportivi, donne in età fertile o in menopausa, anziani, ecc.

Bisogna d’altronde ricordare la drammatica incidenza del sovrappeso e dell’obesità nella popolazione in generale, in evidente relazione con il livello di vita e l’alimentazione di pessima qualità (fast-food). Negli USA si calcola che almeno il 40%, se non addirittura il 50% della popolazione, soffre di soprappeso sin dall’infanzia. In Europa, in particolare in Italia, la situazione è di poco migliore.

Dopo secoli di denutrizione, purtroppo ancora vigente in molte parti svantaggiate del mondo, noi favoriti del primo mondo stiamo generando un terreno di malnutrizione cronica, a cavallo fra defi cit ed eccessi, ambedue le situazioni fattori di degenerazio-ne fi siopatologica. Se in aggiunta a questa situazione nutrizionale poco promettente ricerchiamo le nostre predisposizioni genetiche (ereditarie), avremo un panorama ab-bastanza scuro delle nostre possibili tendenze fi siopatologiche future…

FOCUS ON

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FOCUS ON

Come si potrebbe dunque evitare questa situazione di “emergenza” nel senso letterale della parola?

Per cominciare, cercando ad esempio di informarci e di conoscere il nostro terreno indi-viduale, utilizzando a tal fi ne tutte le risorse della medicina preventiva personalizzata.

La domanda che viene spontanea successivamente riguarda invece gli strumenti dia-gnostici a nostra disposizione: riprendiamo i tre poli d’informazione preventiva già men-zionati in precedenza: l’immagine, la biologia e la genetica.

La diagnostica per immagini si perfeziona ogni giorno e già oggi offre un vero e proprio arsenale di strumenti sofi sticati, dalla classica radiologia sempre meno ionizzante alla TAC, la RM, l’ecografi a classica ed angiografi ca, la mammografi a e le nuovissime tecni-che virtuali (colonoscopia, ecc.) che permettono l’elaborazione di immagini in 3-D.

In secondo luogo, l’apporto del laboratorio alla medicina biologica è sempre più completo ed è da ritenersi imprescindibile sia come strumento diagnostico sia per il seguito ed il controllo di un trattamento: il sangue, l’urina e la saliva non mentono, anche quando il paziente occulta la verità. La misura e lo studio di diversi parametri biologici ci offrono una miniera d’informazioni complementari che diffi cilmente possiamo estrapolare solo dall’anamnesi e dall’esame clinico: se ricerchiamo per esempio gli acidi grassi o le pro-teine del sangue (che prese isolatamente non hanno signifi cato alcuno) e le mettiamo in relazione fra di loro, otteniamo allora una visone panoramica sotto forma di profi li o di bilanci, ricchissimi d’informazioni e di percezioni diagnostiche e prognostiche.

Possiamo altresì studiare lo statuto degli anti-ossidanti, ovvero fare un bilancio dello stress ossidante di una persona e della sua età biologica nell’ambito di un check up generale o più specifi camente nel corso di una cura di rigenerazione (il cosiddetto “anti-aging”).

Abbiamo anche la possibilità di ricercare fattori di rischio specifi ci (cardiovascolare, dia-betico, degenerativo, osteoporotico, di sbilancio ormonale, ecc.) ed ottenere così dei criteri imprescindibili per la prevenzione primaria e secondaria.

Queste esplorazioni biologiche dimostrano di essere sempre più utili praticamente in tutti i campi della medicina: interna, ginecologica, geriatrica, endocrinologica, cancero-logica, neuropsichiatrica, sportiva, ecc.

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La diagnosi ormonale, in particolare per la ginecologia come per l‘andrologia e la cancerologia, si ottiene grazie alla saliva, dove si dosa la forma attiva degli ormoni in caso di problemi del ciclo me-struale, al momento della perimenopausa oppure quando siamo di fronte ad una situazione d’impregnazione estrogenica (contrac-cezione, trattamenti sostitutivi estroprogestinici o antiestrogenici). Altro campo d’indagine, lo statuto dei neurotrasmettitori per tutti i problemi neuropsichiatrici (ansia, depressione, problemi di con-dotta alimentare, fi bromialgia, ecc.)

Se abbiniamo per esempio un profi lo proteico con una tipifi cazio-ne o un profi lo linfocitario, avremo un’istantanea della biologia attuale del paziente, utilissima tanto nei terreni immunodepressi come nelle patologie autoimmuni.

In sintesi, questi esami biologici, facili da realizzare sul sangue, l’urina o la saliva, si rivelano essere un complemento indispen-sabile nell’ambito della medicina preventiva personalizzata.

Se a ciò aggiungiamo la biologia all’immagine, avremo una vi-sione d’insieme del paziente, sia egli venuto a consulto per un checkup di depistaggio o per il seguito di un trattamento. Aven-do inoltre a disposizione la sua scheda genetica, prodotta dallo studio genomico che si realizza una sola volta nella vita, avremo allora una panoramica del suo stato attuale e delle sue predi-sposizioni fisiopatologiche, dandoci così tutti gli strumenti neces-sari ad un diagnostico preventivo personalizzato o una prognosi nel decorso di un trattamento specifico.

Potremo dunque concepire per il paziente una strategia da se-guire ed assicurarci, mediante un’informazione pedagogica, la sua collaborazione nella gestione della propria salute.

Per la diagnosi abbiamo a nostra disposizione

un ventaglio di mezzi talmente sofi sticati da

essere quasi inimmaginabili fi no a poco tempo

fa: la diagnostica per immagini, gli esami di

laboratorio biologici e la genomica, per citare

solo quelli più importanti.

FOCUS ON

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Dopo Basilea e Ginevra, il Ticino è stato designato dalla SBSC (Swiss Foundation Blood Stem Cells) il terzo centro di raccolta di cellule staminali da cordone ombe-licale per il trapianto allogenico (ovvero per fini solidaristici o di ricerca scientifi-

ca). L’incarico di procedere all’organizzazione della raccolta nel nostro cantone è stato affidato al Servizio Trasfusionale CRS della Svizzera Italiana.

Il programma è stato abbracciato anche dalla Clinica Sant’Anna, nel cui reparto di maternità il servizio di raccolta sarà presto disponibile tramite la collaborazione diretta con il Servizio Trasfusionale, nonché grazie ad un’adeguata informazione ed istruzio-ne del personale infermieristico e dei medici ginecologi attivi presso la struttura.

Abbiamo fatto alcune domande a Paolo Tiraboschi, responsabile del programma presso il Servizio Trasfusionale, per capire perché è importante prendere in considera-zione la donazione del cordone ombelicale.

Iniziamo con la domanda fondamentale: perché è importante donare il cordone ombelicale?

Perché il sangue contenuto nel cordone ombelicale è ricco di cellule staminali ema-topoietiche (tradotto in modo molto semplice, sono cellule progenitrici che hanno la capacità di dare origine ai globuli bianchi, ai globuli rossi e alle piastrine), che pos-sono quindi essere utilizzate per la cura di gravi malattie con oggettive possibilità di miglioramento e guarigione.

In fondo, si può essere d’aiuto semplicemente dando il consenso a raccogliere del sangue che sarebbe altrimenti eliminato. E allora ci si potrebbe chiedere, perché no?

Per la cura di quali patologie possono essere preziose le cellule staminali ricavate dalla donazione del cordone?

Attualmente i pazienti che possono realmente trarre beneficio da un trapianto di cellu-le staminali ematopoietiche sono quelli che soffrono di malattie del sangue: pensiamo ad esempio alle leucemie, ai linfomi, all’aplasia midollare (insufficiente produzione di cellule da parte del midollo) o alle malattie ereditarie delle cellule del sangue.

Le cellule staminali ricavate dal sangue del cordone ombelicale vengono utilizzate so-prattutto per i bambini, con risultati molto incoraggianti (per alcune patologie particolari le guarigioni arrivano addirittura al 60% dei casi trattati). Le si utilizzano specialmente sui bambini perché il numero di cellule raccolte con una singola donazione è spesso insufficiente per trattare un adulto, mentre ben si adatta alla cura del bambino.

NEWS

Il programma di raccolta di cellule staminali alla Clinica Sant’Anna

Anche alla Clinica Sant’Anna di Sorengo le partorienti

potranno presto decidere di donare il cordone ombelicale per

il prelievo delle cellule staminali.

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NEWS

Cosa deve fare la mamma interessata alla donazione?

Deve semplicemente comunicarlo al proprio medico ginecologo. Fatto questo, direttamente nello studio medico riceverà una busta con-tenete del materiale informativo e un modulo di consenso alla donazione. Modulo che, una volta compilato e fi rmato, deve essere invia-to al Servizio Trasfusionale CRS della Svizzera Italiana a Lugano, mediante l’apposita busta allegata. Da questo momento la procedura prende avvio e la madre o i genitori non devo-no più preoccuparsi di nulla. Saranno lo studio medico o il personale del Servizio trasfusionale a prendere contatto per i passi successivi.

Come avviene la procedura?

Il prelievo avviene subito dopo il parto, dopo che il bambino é stato staccato dal cordone ombelicale. Viene effettuato dal medico o dal-la levatrice, pungendo il cordone ombelicale e facendo defluire il sangue in una sacca appo-sita per la raccolta.

Si può senz’altro affermare che non si tratta as-solutamente di una procedura complicata: in fondo consiste nel fare un prelievo di sangue come da una qualsiasi altra vena, solo che la vena punta è quella del cordone ombelicale.

La donazione del cordone può comportare dei rischi per la salute della mamma o del bambino?

Assolutamente no. Questa procedura non è in nessun modo pericolosa o dolorosa né per il bambino né per la madre; è una domanda sicu-ramente legittima, ma è importante sapere sen-za alcuna ombra di dubbio che la donazione del cordone non può arrecare alcun danno, proprio perché avviene quando il bambino é nato e non è più attaccato al cordone ombelicale.

Altre informazioni di cui le mamme dovreb-bero essere a conoscenza?

Per completare l’informazione alle mamme va comunque detto che purtroppo non tutte le donazioni potranno arrivare al termine della procedura ed essere immesse nella banca pubblica. Questo principalmente per tre mo-tivi: non sempre si riesce a raccogliere un vo-lume sufficiente di sangue; anche qualora il volume di sangue raccolto fosse sufficiente, il numero di cellule contenuto può talvolta non essere abbastanza; infine, non sempre si ri-esce ad effettuare tutta la procedura entro i limiti di tempo imposti, perché vi sono delle fasce orarie entro le quali il centro di raccolta per la lavorazione e congelamento finale a Basilea non è operativo.

Il programma Swiss Foundation Blood Stem

Cells è stato abbracciato anche dalla Clinica

Sant’Anna, nel cui reparto di maternità il

servizio di raccolta sarà presto disponibile.

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Il carcinoma mammario è oggi ancora drammaticamente diffuso, con un caso ogni 9-10 donne: è questo il primo dato utile a capire l’estrema importanza che la prevenzione riveste. Com’è or-mai divenuta tradizione da qualche anno a questa parte, anche quest’anno la Clinica Sant’Anna

ospiterà una delle giornate di sensibilizzazione alla prevenzione del carcinoma mammario: il 18 ottobre 2008 le donne che si annunceranno al numero telefonico della Lega ticinese contro il cancro (091.820.64.20) potranno prenotarsi per avere una visita senologica gratuita da parte di un ginecologo. L’obiettivo è soprattutto quello di sensibilizzare la popolazione femminile a recarsi regolarmente ai controlli ginecologici, e ad imparare ed esercitare l’autopalpazione del seno, avvertendo il proprio medico o ginecologo nel caso di ogni minimo dubbio. È questo infatti l’unico modo per ottenere una diagnosi sempre più precoce e migliorare quindi anche la prognosi.

Senologia: la nuova campagna di sensibilizzazione

NEWS

Anche quest’anno

la Clinica Sant’Anna

apre le sue porte

alla campagna di

prevenzione del

cancro al seno

promossa dalla

Lega Ticinese

contro il Cancro

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