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www.ipasvife.it Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVII n. 2 - Giugno 2016 La rete delle cure palliative nella provincia di Ferrara pag. 28 Il ruolo dell’infermiere impegnato con Emergency pag. 10 Responsabilità infermieristica nella sorveglianza della tubercolosi pag. 4 Infermiere libero professionista: “Guida alla creazione del tuo Business Plan” pag. 32 NOI SIAMO PRONTI!

NOI SIAMO PRONTI! - Ipasvi Ferrara · deve rilasciare delega al ritirante, ... nel processo assistenziale. ... - Il Nursing nel neonato stomizzato per enterocolite

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Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

La rete delle cure palliativenella provincia di Ferrara

pag. 28

Il ruolo dell’infermiere impegnatocon Emergency

pag. 10

Responsabilità infermieristica nellasorveglianza della tubercolosi

pag. 4

Infermiere libero professionista:“Guida alla creazione del tuo

Business Plan” pag. 32

NOI SIAMO PRONTI!

Per contattarciOrari di apertura al pubblico:Lunedì e Giovedì 15.30 - 18.00Martedì 09.00 - 12.00Venerdì 09.00 - 11.00

Tel. 0532-64302 Fax 0532-67140

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Sito internet: www.ipasvife.it

Collegio Provinciale IPASVI di Ferraravia del Naviglio 33/a44123 Ferrara

Il Collegio è disponibile per iscrizioni, trasferimentiad altro Collegio, cancellazioni, rilascio di Certifi-cati d’iscrizione e variazioni di residenza.

Sommario

L’ISCRIZIONE ALL’ALBO È “AUTOCERTIFICABILE”

Il Certificato d’iscrizione, viene rilasciato in temporeale dalla Segreteria del Collegio e quindi può es-sere ritirato immediatamente dal richiedente, pre-sentandosi presso la sede del Collegio; per ragioniburocratiche legate alla normativa sulla privacy, se ilrichiedente è impossibilitato al ritiro presso la sede,deve rilasciare delega al ritirante, oppure può richie-dere l'invio presso il proprio domicilio tramite racco-mandata con ricevuta di ritorno, rifondendo il Colle-gio per il costo sostenuto.

È possibile inoltre, proporre al Collegio, quesitiinerenti la professione.

Chi desidera ricevere NEWS sugli eventi organiz-zati dal Collegio può inviare la propria mail all’in-dirizzo: [email protected]

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INFERMIERE COLLEGIOPeriodico del Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara - anno XX VII n. 2

Direzione, Redazione, Amministrazione:via del Naviglio 33/a - Ferrara

Tel. 0532 64302 - Fax 0532 67140 - E-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Sandro Arnofi

Stampa: Cartografica Artigianavia Béla Bartòk 20/22 - 44124 Ferrara

Rivista chiusa in tipografia il 20 giugno 2016Poste Italiane S.p.A. - spedizione in Abbonamento Postale - DL. 353/2003

(conv. in L. 27/02 /2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Ferrara

Redazione e progetto grafico: Commissione Comunicazione/Rivista Loredana Gamberoni, Gloria Gianesini, Cristiano Mainardi,

Andrea Menegatti, Barbara Sofritti, Simone Vincenzi

EDITORIALE DEL PRESIDENTE

GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’INFERMIERE

- Una giornata di festa: 12 maggio 2016. Giornata internazionale dell’infermiere. La salute mi aveva abbandonato. Gli infermieri mai.

ARTICOLI ORIGINALI- Responsabilità infermieristica nel percorso disorveglianza della Tubercolosi sul territorio Ferrarese.

- INFERMIERE-PAZIENTE: relazione e comunicazionenel processo assistenziale.

- Il ruolo dell’infermiere impegnato con Emergency:analisi delle esperienze in missione.

- Il Nursing nel neonato stomizzato per enterocolitenecrotizzante: predisposizione di una scheda di sorveglianza per il monitoraggio della stomia.

APPROFONDIMENTI

- Emilia Romagna, parere medico-legale: infermieri emedici in team per l'emergenza.

CURE PALLIATIVE

- Progetto di riorganizzazione della Rete delle Cure Palliative della Provincia di Ferrara.

LIBERA PROFESSIONE

- INFERMIERE LIBERO PROFESSIONISTA: “Guida allacreazione del tuo business plan”.

NORME PER GLI AUTORI

3EDITORIALE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

Di recente i Presidenti dei Collegidella nostra Regione hanno incon-trato il Presidente S. Bonaccini el’assessore S. Venturi. La sanità sista concentrando in pochi grandicentri e la regione assume un ruolosempre più strategico, di conse-guenza la professione infermieristi-ca che conta 30.000 persone inEmilia Romagna ha la necessità diinstaurare un dialogo con la princi-pale Istituzione Regionale. Abbiamoincontrato una buona disponibilitàal confronto per i temi che per noisono importanti come i nuovi mo-delli di organizzazione della sanità,gli orari di lavoro alla luce delle re-centi norme europee, l’attività degliinfermieri e loro potenzialità.L’ultimo punto comprende le tema-tiche dell’infermiere sul territorio, laformazione ed i nuovi bisogni for-mativi alla luce della società checambia. Nel precedente numero della rivistaè stata trattata la nostra idea di cre-scita professionale attraverso unaproposta che ha fatto parlare tutto ilpaese. Gli Infermieri sono pronti edoffrono le loro potenzialità con unpercorso di sviluppo delle compe-tenze avanzate e specialistiche cheproprio nel territorio potrebberotrovare il maggiore sviluppo. Di recente una paziente compli-mentandosi con la coordinatricedel reparto dove era stata ricovera-ta ha sostenuto che la medicina cu-ra le malattie e l’infermieristica cu-ra le persone. Una definizione mol-to bella e coerente con la formazio-ne ricevuta dagli Infermieri e chepuò permettere di far fronte agli in-numerevoli bisogni ed attività cheservono ai pazienti per migliorarele loro condizioni di vita. Le condi-zioni delle persone non derivanosolo dalla presenza di servizi sani-tari evoluti ma anche dal contestosociale. L’Infermiere deve averegrande attenzione ai bisogni dellapersona prima che sfocino in ma-lattie e pertanto diventino “clienti”del Servizio Sanitario. Occorre formare i futuri Infermieriverso nuovi orizzonti, verso unanuova sanità, predisporre organiz-zazioni orientate alla prevenzione e

sperimentare nuovi modelli territo-riali. So bene che il modello suggeritoda IPASVI per lo sviluppo dellecompetenze avanzate ha la neces-sità di norme nazionali e contrat-tuali che definiscano bene l’ambitooperativo del nuovo Infermiere. Capisco che le aziende sanitariepotranno o meno cogliere l‘oppor-tunità di questo sviluppo professio-nale per cambiare, nel frattempo sitrasformano continuamente alla ri-cerca di una migliore efficienza.Questa volta potrebbero cambiareper dare una risposta più appro-priata ai cittadini. Naturalmente ènecessario che la remunerazionedel personale sia migliorata altri-menti sarebbe mortificante aggiun-gere competenze e responsabilitàsenza nessun riconoscimento eco-nomico; nonostante tutte le diffi-coltà, qualche azienda sanitaria in-traprendente potrebbe tentarequalche sperimentazione locale. È certo che in Italia la speranza divita si è ridotta ed è dimunita an-che la popolazione infatti lo scorsoanno ha avuto un numero di de-cessi da record. Questo fenomeno,largamente annunciato è correlatoal peggioramento delle condizionisociali delle persone e non al peg-gioramento delle cure sanitarie. La crisi economica è sicuramenteuna causa, l’inquinamento e gli stili

Il Presidente del Collegio IPASVIdi Ferrara Sandro Arnofi

di vita sono stati senza dubbio al-trettanto incisivi da determinare untracollo in un solo anno. Non è da-to a sapere in che misura dipendadalla crisi o dal resto. Sicuramentele condizioni sociali di vita sonostate determinanti. Sono aumenta-te le disuguaglianze tra le personeed anche l’indifferenza per i piu de-boli come i malati, le persone fragi-li, i disabili, i bambini e gli anziani. Le cronache ci consegnano con al-larmante frequenza casi di trascura-tezza e violenza nei confronti dipersone fragili in strutture socio sa-nitarie oppure sociali, molte voltequasi sconosciute al sistema pub-blico e talvolta per questo non con-trollate a dovere. Per fortuna inmolti casi non sono coinvolti infer-mieri ma non importa. Emerge chemolte attività alla persona sono te-nute da lavoratori non qualificati eprivi di strumenti per gestire i pa-zienti con patologie croniche. Percontenere i costi, nel gioco dei sub-appalti di servizio, vengono assunteanche persone non qualificate chenon riescono ad avere comporta-menti professionali e tantomenoterapeutici. Chi può avere un ruolo di orienta-mento del personale, di gestionedei comportamenti critici e delleconflittualità se non l’Infermiere? Lapresenza dell’Infermiere nel territo-rio e nelle strutture sociali e sociosanitarie deve essere utile ancheper orientare il personale riguardo icomportamenti da assumere conl’ospite, prevenire e gestire le con-flittualità ed impedire l’indiscrimi-nato ricorso alla contenzione far-macologica e fisica che per altromai si dovrebbe effettuare in strut-ture per autosufficienti. Una maggiore diffusione degli In-fermieri proprio per la preparazio-ne conseguita oltre a svolgere leconsuete prestazioni assitenzialipuò essere determinante per con-trastare l’ageismo, una forma dirazzismo che si sviluppa contro glianziani nei periodi di crisi e degra-do dei valori di solidarietà umana. Vista la disponibilità delle istituzionichiederemo di confrontarci, noi sia-mo pronti!

L’editoriale del Presidente

4GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’INFERMIERE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

Una giornata di festa: 12 maggio 2016 Giornata internazionale dell’infermiere

La salute mi aveva abbandonato. Gli infermieri mai.

Il 12 maggio è diventato l’oc-casione per far sì che la profes-sione infermieristica “parli unpo’ di sé” con i pazienti negliospedali, con gli utenti dei ser-vizi territoriali, con gli anziani,con i disabili e le loro famiglie,con la comunità,con gli altriprofessionisti della sanità, con igiovani che devono scegliereun lavoro, con tutti coloro – in-somma – che nel corso dellapropria vita hanno incontrato oincontreranno “un infermiere”.E’ dal 1980 che la FederazioneNazionale Ipasvi ha deciso disostenere in prima persona l’i-niziativa della celebrazione diquesta giornata con l’intentodi richiamare l’attenzione del-l’opinione pubblica sui valori dicui è portatrice la professioneinfermieristica: “una professio-ne che trova il suo significatopiù originale e autentico nelservizio all'uomo”; ed è dal1992 che la stessa sostiene laGiornata internazionale dell’In-fermiere anche con la diffusio-ne di manifesti che sottolinea-no l’impegno degli infermieriitaliani sui temi della solidarietàe dell’alleanza con i pazienti ele loro famiglie. Gli slogan pro-posti in oltre un decennio riba-discono tutti la scelta di stare“dalla parte del cittadino”.

Lo slogan del 2016 è

La salute mi avevaabbandonato. Gli infermieri mai.

ll Collegio IPASVI di Ferraraquest’anno ha voluto celebrarequesta giornata partecipandodomenica 8 maggio alla Cam-minata non competitiva orga-nizzata dal gruppo sportivoANFFAS (Anffas è una associa-zione di promozione sociale,presente a Ferrara, che si oc-cupa della tutela delle personecon disabilità intellettiva e/orelazionale. E’ una Onlus co-stantemente impegnata perrealizzare le condizioni di pari -opportunità e soprattutto permigliorare la qualità della vitadelle persone disabili).Lo scopo della partecipazione èquello di stare nella comunitàferrarese, farsi conoscere e co-noscere le persone di cui ciprendiamo cura come infer-mieri nei loro contesti di vita edi svago, senza barriere rappre-sentate dall’ufficialità come adesempio l’organizzazione di unconvegno celebrativo o dallacontrapposizione rappresentatadal doversi difendere dallamancanza di fiducia che scatu-risce dopo la pubblicazionegiornalistica di notizie di mal-trattamenti ad anziani e disabiliin cui sono coinvolti infermieri.Il Collegio IPASVI ha sceltosemplicemente di esserci e dipresentarsi alle persone e alleassociazioni sportive, alle scuo-le presenti attraverso i cartello-ni commemorativi della giorna-ta (foto 1,2,3,4) partecipandoalla comminata e donando all’associazione sportiva ANFFAS

un defibrillatore (foto.5,6,7),perché la sicurezza in ogni mo-mento della vita è un valorefondante della professione .E’ un modo semplice ed im-mediate per dire: Noi ci sia-moPerché farsi conoscere è diven-tato ora e sempre un tema im-portante affrontato a volte consufficienza da noi infermieriperché diciamo “vuoi che lagente non sappia chi è e checosa fa un infermiere? Ebbenesi, anche nel 2016 alcune infor-mazioni che noi diamo perscontato restano solo patrimo-nio della nostra famiglia profes-sionale ad esempio che gli in-fermieri hanno un collegio èun’informazione che pochi an-cora possiedono e questo cispinge a volere tentare di af-frontare la questione nella co-munità.Ecco, questo è il motivo che ciha spinto a partecipare ad unanormale giornata di svago.Grazie a tutti coloro che hannopartecipato!

5GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’INFERMIERE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

anno XXVII n. 2 - Giugno 20166 GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’INFERMIERE

7ARTICOLI ORIGINALI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

«Responsabilità infermieristiche nelpercorso di sorveglianza della

Tubercolosi sul territorio Ferrarese»Questo articolo è un estratto del lavoro di tesi redatto da Stefania Ferro, Relatore Dr. Mirco Orsatti, Correlatore Dr. Roberto Mantovani

IntroduzioneL’idea di sviluppare questo elabora-to nasce dalla volontà di approfon-dire, a seguito di un’esperienza ditirocinio svolta presso l’ambulato-rio pneumologico dell’Azienda Sa-nitaria Territoriale, il percorso diSorveglianza e Prevenzione dellaTubercolosi sul territorio ferraresecon lo scopo di evidenziare le com-petenze e le responsabilità infer-mieristiche nell’identificazione pre-coce di nuovi casi di malattia, nelmonitoraggio e nella verifica del-l’efficacia terapeutica nei pazientitrattati e nella prevenzione delladiffusione della patologia nei sog-getti potenzialmente a rischio dicontagio.Da un punto di vista epidemiologi-co il flusso informativo ufficiale cuisi fa riferimento per il monitoraggiodell’andamento della malattia a li-vello globale è il “Global Tuberculo-sis Report 2014” dell’OMS, chemette in evidenza quanto la tuber-colosi rimanga un rilevante proble-ma di salute pubblica a livellomondiale; dal documento emergecome nel 2013 abbiano sviluppatola malattia 9 milioni di persone,con una netta prevalenza nella re-gione del sud-est asiatico. In Italia l’attuale situazione epide-miologica è caratterizzata da unabassa incidenza nella popolazionegenerale, corrispondente a 5.7 ca-si/100.000 abitanti. Per la regione Emilia Romagna idati ufficiali più aggiornati si riferi-scono all’anno 2012 e riportano483 casi notificati, corrispondentiad un tasso di incidenza di 10,8 ca-si su 100,000 abitanti. Il numero dicasi riportati ed i tassi di incidenzamostrano una significativa variabi-lità nell’ambito del territorio regio-nale dove Ferrara occupa una posi-zione intermedia riportando 34 ca-si notificati, pari ad un’incidenza di

9,5 casi su 100,000 abitanti.Da un punto di vista eziologico latubercolosi è una malattia infettivaprovocata da un batterio apparte-nente alla famiglia delle Miycobac-teriaceae, il MycobacteriumTuber-culosis, detto anche Bacillo di Kochdal nome del medico microbiologoche lo scoprì nel 1882. Il serbatoio naturale del bacillo tu-bercolare è l’uomo e la trasmissio-ne avviene quasi esclusivamenteper via respiratoria, ovvero attraver-so l’inalazione di goccioline di flug-ge disperse con la tosse o con lostarnuto da un soggetto malato adun soggetto sano. La trasmissione tuttavia non è sem-plicissima, devono infatti ricorrerealcune condizioni essenziali: il sog-getto malato dev’essere affetto daTubercolosi Polmonare Bacillifera,deve inoltre essere presente unacarica batterica elevata e devonoessere rispettati specifici determi-nanti spazio-temporali di esposizio-ne. Tra le persone a più alto rischio dicontrarre l’infezione tubercolare visono: tutti i soggetti a stretto con-tatto con gli ammalati di tubercolo-si bacillifera in fase contagiosa, glianziani ed i bambini, i pazienti interapia con farmaci immunosop-pressori, le persone con deficit im-munitario, le persone che vivono inambienti chiusi, affollati e pocoarieggiati ed il personale sanitario.Da un punto di vista patogeneticol’infezione da micobatterio tuber-colare ha inizio nel momento in cuiil micobatterio stesso raggiunge glialveoli polmonari attraverso l’inala-zione, dando luogo a due diverseprogressioni della patologia: svilup-po di ipersensibilità, in cui predo-minano i fenomeni necrotici e col-liquativi e di conseguenza i dannitissutali che daranno luogo poi allapatologia clinicamente conclamata

oppure la reazione immunitariacellulo-mediata, volta alla circoscri-zione del processo ed alla resisten-za dell’infezione che darà luogo al-lo sviluppo dell’infezione tuberco-lare latente (LTBI).La prima (forma attiva) può nellefasi iniziali essere asintomatica esuccessivamente manifestarsi contosse prolungata con o senza pro-duzione di espettorato, emottisi,febbricola, brividi, sudorazione not-turna, dolore al petto, inappetenza,pallore, calo ponderale ed astenia.L’infezione tubercolare latente èuna condizione in cui il soggetto ègeneralmente asintomatico.La diagnosi di tubercolosi bacillife-ra in forma attiva viene effettuataattraverso l’anamnesi, la clinica,l’indagine radiologica del toracee/o l’eventuale tomografia compu-terizzata a conferma della diagnosistessa. In ogni caso il Gold Stan-dard si ottiene solamente dimo-strando la presenza dell’agente pa-togeno (BK) nell’escreato. Per l’infezione tubercolare latente,le linee guida del Ministero dellaSalute indicano il test di intrader-moreazione secondo Mantoux co-me test di riferimento per scoprirese il soggetto è entrato o meno incontatto con il bacillo tubercolare. A conferma del test, soprattutto persoggetti precedentemente vaccinatied in funzione dell’applicabilità omeno della terapia per l’infezionetubercolare latente può essere ef-fettuato il Quantiferon test dotatodi maggior specificità. L’indagineradiologica viene eseguita perescludere la presenza di una tuber-colosi attiva.La diagnosi tempestiva ed il tratta-mento efficace sono i cardini fon-damentali su cui si basa il controllodella Tubercolosi. Il trattamento hainfatti un duplice scopo, perseguirela guarigione del soggetto ammala-

anno XXVII n. 2 - Giugno 20168 ARTICOLI ORIGINALI

to e ridurre il numero delle fontipresenti nella collettività, rendendoil paziente non contagioso nel piùbreve tempo possibile. Un trattamento mal condotto, oltread avere conseguenze negative sulsingolo individuo, favorisce la pre-senza di fonti di contagio e l’acqui-sizione di farmacoresistenza.Per un trattamento efficace sonoindispensabili quindi la prescrizio-ne di uno schema terapeutico cor-retto, con l’impiego di farmaci inassociazione per un periodo ditempo sufficientemente lungo, conposologia idonea e l’assunzione re-golare dei farmaci prescritti da par-te del paziente per tutta la duratadel trattamento.Secondo quanto previsto dall’OMS,nei casi di primo accertamento, inpopolazioni a probabile bassa resi-stenza all’Isoniazide, in cui è previ-sta la somministrazione di quattrofarmaci in associazione per duemesi, nella cosiddetta “Fase di At-tacco” (Isoniazide, Rifampicina,Etambutolo e Pirazinamide), pro-lungabile di quattro settimane inpresenza d’esame colturale dell’e-screato positivo. Ottenuta la negati-vizzazione dell’escreato, la terapiacon Isoniazide e Rifampicina vieneproseguita generalmente per altriquattro mesi (“Fase di Manteni-mento”).

Organizzazione Assistenziale sulTerritorio e Flussi InformativiIl Sistema Regionale di Sorveglian-za della malattia tubercolare deli-nea un Flusso Informativo specificoche stabilisce l’obbligatoria segna-lazione, da parte di MMG, PLS, Me-dici di strutture pubbliche o Privatee Responsabili di Laboratori di Mi-crobiologia e Anatomia Patologicadi ogni caso, sospetto o accertatodi malattia tubercolare al DSP (ser-vizio di Igiene e Sanità PubblicaTerritoriale) entro 48 ore dall’accer-tamento. Al Dipartimento di Sanità Pubblicaspetta il compito di condurre/av-viare, con la massima tempestività,l’inchiesta epidemiologica basatasulla storia clinica, delle condizionisocio-culturali e dell’individuazionedei contatti. La gestione clinica e terapeuticadel paziente con tubercolosi pol-monare in fase attiva fino a questo

momento affidata alle U.O di Ma-lattie Infettive dell’ospedale di rife-rimento, a dimissione avvenuta,verrà presa in carico dall’Ambulato-rio Pneumotisiologico Territoriale/Regionale di riferimento, dal DH diMalattie Infettive nei casi con pato-logie infettive concomitanti (HIVpositivi ad esempio) oppure daiCentri di riferimento per TB Com-plesse (MDR-TB, XDR-TB) secondodue percorsi differenti: uno dedica-to alla gestione del caso indice el’altro dedicato alla gestione deicontatti. I risultati ottenuti verranno poi co-municati al Servizio di Igiene e Sa-nità Pubblica del Dipartimento diSanità Pubblica il quale provvederàall’invio dei dati in Regione.

Ambulatorio Pneumotisio-logico TerritorialeL’ambulatorio Pneumotisiologico diriferimento della Provincia di Ferra-ra fa parte del Gruppo di Coordina-mento per la Sorveglianza ed ilControllo della Tubercolosi istituitodalla regione Emilia Romagna edha sede presso la Casa della SaluteTerra e Fiumi di Copparo (Ferrara).Nella realtà ferrarese l’AmbulatorioPneumotisiologico Territoriale, al-l’interno del quale si concentra lamaggior parte dell’attività infermie-ristica è dislocato in due diversesedi a seconda che si tratti di ge-stione di caso indice (quindi pressola Casa della Salute Terra e Fiumi diCopparo - (FE) o di contatto di TB(presso la Casa della Salute Citta-della S. Rocco di C.so Giovecca -Ferrara). Al primo ambulatorio vengono affi-dati i pazienti con tubercolosi unavolta dimessi dalle UO di MalattieInfettive (che nel caso di tubercolo-si polmonare avviene dopo la ne-gativizzazione di tre espettoraticonsecutivi all’esame micrscopicoraccolti in tre momenti diversi) e lapresa in carico del paziente avvienegeneralmente previo contatto te-lefonico tra le due UO. L’attività infermieristica prevede:• valutazione anamnestica del pa-ziente/mediazione linguistica;

• erogazione diretta e gratuita deifarmaci antitubercolari (secondospecifici criteri di esenzione permalattia tubercolare stabiliti dalMinistero della Salute). Al pazien-

te verrà fornita l’esatta quantitàdi farmaci prevista fino al control-lo successivo avendo cura di nonlasciare il paziente sprovvisto;

• programmazione a titolo gratuitodelle visite di controllo mensili,delle indagini radiologiche, ema-tochimiche e microbiologiche;

• DOT (Directly Observed Therapy)ovvero il controllo e la verificadella corretta assunzione dellaterapia antitubercolare, fonda-mentale poichè determina l’effi-cacia del trattamento. In questosenso l’infermiere “indagherà”sulla presenza o meno di indica-tori relativi agli effetti collateralinoti della terapia in modo tale daavere un riscontro della correttaassunzione;

• compilazione e invio della modu-listica INPS relativa alle esenzioniper patologia e agli indennizzieconomici.

All’Ambulatorio Pneumotisiologicoubicato presso la Casa della SaluteCittadella S.Rocco di Ferrara è affi-data invece la gestione dei contattidi caso indice di TB come pure ditutti i soggetti inviati dal Servizio diIgiene e Sanità Pubblica risultatipositivi allo screening tubercolinicoe che necessitino quindi di un ap-profondimento clinico-diagnosticoin funzione della presenza o menodi un’infezione tubercolare latente(profughi, ma anche semplicemen-te viaggiatori per cui venga richie-sto lo screening).L’attività infermieristica in questoambulatorio si basa pertanto su:• valutazione anamnestica/media-zione linguistica;

• valutazione e attuazione di unpercorso clinico/piano terapeuti-co adeguato – che vedremo es-sere variabile a seconda delle ca-ratteristiche del paziente;

• erogazione diretta e gratuita del-la terapia per LTBI. In particolarenei bambini di età <5 anni per iquali è consigliata la profilassièresponsabilità dello stesso infer-miere richiedere il farmaco gale-nico alla farmacia comunale di ri-ferimento, provvedere al ritiro ealla distribuzione della fornitura;

• programmazione delle visite dicontrollo periodiche, delle indagi-ni radiologiche, ematochimiche emicrobiologiche. È sicuramentequesto uno degli aspetti più im-

9ARTICOLI ORIGINALI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

pegnativi dell’attività infermieri-stica che comporta spesso unareperibilità telefonica costante euna continua ricerca fatta di sol-leciti e richiami, nonchè di verifi-ca dell’assunzione della terapia,nei confronti di questa tipologiadi paziente che per ragioni spes-so di natura culturale tende asottovalutare la patologia.

In entrambe i casi, quindi sia nellagestione del caso affetto da tuber-colosi che nella gestione dei con-tatti è fondamentale che l’infermie-re sia in grado di instaurare un rap-porto di fiducia con il paziente vol-to a migliorarne l’aderenza al trat-tamento.Sulla base della durata dell’esposi-zione verranno prese in considera-zione in qualità di “contatti”, le per-sone che abbiano condiviso lostesso spazio aereo ristretto con ilcaso indice, di norma nei tre mesiantecedenti la comparsa di segni esintomi della patologia; verrannodistinti pertanto: contatti stretti, re-golari e occasionali.

Studio: Strumenti e MetodiLa Tubercolosi è considerata, da ol-tre trent’anni, una malattia rara inItalia, poiché l’incidenza complessi-va è stabilmente inferiore ai 10 casiper 100.000 abitanti, come indica illimite stabilito dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità per definire iPaesi a bassa endemia (20 casi per100.000 abitanti).In realtà il quadro epidemiologicoattuale dimostra come la MalattiaTubercolare non sia mai scomparsae potrebbe riemergere progressiva-mente per varie condizioni favore-voli, tra cui:- l’aumento della popolazione an-ziana e immunodepressa;

- l’aumento della popolazione pro-veniente da Paesi ad elevata en-demia;

- il diffondersi delle resistenze edei ceppi multifarmacoresistenti;

- l’accentuarsi della crisi economi-co-finanziaria, del disagio socialee della povertà.

In particolare si notano, negli ultimianni, trend in aumento nella popo-lazione giovane adulta, sia a livelloNazionale che nella Regione EmiliaRomagna con cluster epidemici,quindi eventi caratterizzati dallacomparsa di alcuni casi di infezione

tubercolare che condividono uno opiù fattori di rischio (come adesempio asili, scuole o comunità)che hanno fortificato e dimostratoil riemergere di una malattia consi-derata “antica”. Tutti i contatti individuati vengonosottoposti al test di intradermorea-zione secondo Mantoux; per coloroche risultassero cutipositivi(>5mm) sarà necessario eseguireuna radiografia del torace perescludere la presenza di segni pol-monari di tubercolosi attiva; in al-cuni soggetti, come i bambini dietà inferiore ai 5 anni, anziani, im-munodepressi o con infezione daHIV, è opportuno eseguire la radio-grafia del torace indipendentemen-te dal risultato del test tubercolini-co, poiché il rilievo del test non èsufficiente per escludere la presen-za di una tubercolosi attiva. Nel caso l’RX torace risultasse posi-tivo proseguirà l’iter diagnostico edinizierà tempestivamente la terapiaper tubercolosi attiva; nel caso l’RXrisultasse negativo verrà valutatal’opportunità di iniziare la terapiaper infezione tubercolare latente,tenendo conto dell’entità dell’espo-sizione, dell’età, del tempo trascor-so dall’eventuale vaccinazione conBCG (l’immunità si attenua general-mente trascorsi 10-15 anni dallavaccinazione). Nei soggetti HIV po-sitivi la chemioterapia va eseguitasempre, anche se vaccinati. In funzione della possibilità di po-ter intraprendere o meno la che-mioprofilassi (età del paziente,condizioni cliniche, compliance), ilMedico Specialista Pneumologovaluterà la prescrizione di un’inda-gine di laboratorio ulteriore rispet-to al TST, il Quantiferon-TB o QFT,al fine di diagnosticare tempestiva-mente una eventuale TBLI. Per icontatti che risultassero invece cu-tinegativi (<5mm) sarà necessarioripetere il test di intradermoreazio-ne dopo due mesi, iniziando co-munque la terapia chemioprofilatti-ca nei bambini di età inferiore ai 5anni e nei soggetti HIV positivi. A distanza di due mesi verrà ripetu-to il test di intradermoreazione se-condo Mantoux a tutti i contatti ri-sultati negativi al primo controlloper evidenziarne o escluderne unpotenziale viraggio. Coloro che ma-nifestassero un viraggio della Man-

toux (>5mm) dovranno sottoporsiad una radiografia del torace; qua-lora questa risultasse positiva ini-zieranno tempestivamente la tera-pia farmacologica per tubercolosiattiva; qualora risultasse negativainizieranno comunque la terapiaper l’infezione tubercolare latenteo la proseguiranno per altri quattromesi se si tratta di bambini di etàinferiore ai 5 anni. Ai contatti cheverranno confermati cutinegativi alcontrollo dopo due mesi verrà indi-cato di sospendere la chemiotera-pia preventiva e di effettuare lavaccinazione con BCG per i bambi-ni di età inferiore ai 5 anni.

Casistica sul Territorio FerrareseDall’analisi della casistica sul terri-torio ferrarese nel biennio 2013-2014 sono emersi:27 casi di tuber-colosi notificati nel 2013 e 29 casinotificati nel 2014, con una distri-buzione variabile nei tre distrettiterritoriali ferraresi, una maggiorprevalenza nel distretto centronord rispetto al sud est e all’ovest,con una prevalenza nei due annidella popolazione straniera rispettoa quella italiana, in particolar mododi nazionalità africana e dell’est Eu-ropa nel 2013 e quasi esclusiva-mente africana nel 2014. Dallo studio ne è emersa una mag-giore localizzazione polmonare ri-spetto alla extrapolmonare conun’inversione della prevalenza del-la tubercolosi polmonare bacilliferarispetto alla non bacillifera. Tra le tubercolosi extrapolmonari lepiù diffuse si sono rivelate nelbiennio considerato le linfonodali,le pleuriche e le meningo encefalititubercolari.Dallo studio è emerso inoltre co-me, nella maggior parte dei casi,sia stato possibile individuare edesaminare i contatti di tubercolosiattiva esposti a rischio di contagioin tutti e tre i distretti territoriali di-mostrando una maggiore sensibi-lizzazione nel distretto sud est eun’aumentata difficoltà nel distret-to centro nord da attribuirsi alla ca-sistica nettamente superiore, allapoca sensibilizzazione della popo-lazione e ai trasferimenti logistici. Dall’analisi dei risultati ottenutiemerge una netta prevalenza deisoggetti risultanti negativi per TBattiva/ITBL (74,3% - 73%), una

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percentuale ridotta di contatti stret-ti con TB attiva (3% - 5%) e unapercentuale intermedia (intorno al22%) di soggetti con ITBL o co-munque in terapia per ITBL poichèdi età <5anni.

Analisi di un caso clinicoTra tutti i casi di tubercolosi notifi-cati in questo biennio ho deciso diestrapolare un caso clinico che, amio avviso, racchiude la comples-sità assistenziale dell’intero percor-so di sorveglianza della patologiatubercolare, evidenziandone gliaspetti critici. Si tratta di un pazien-te maschio, di 32 anni, di naziona-lità italiana, residente in Sicilia madomiciliato a Ferrara per motivi distudio, la cui segnalazione al dspperviene in data 19/05/2014 condiagnosi di tb polmonare bacillife-ra. Dall’anamnesi clinica è emersoche la prima comparsa dei sintomirisaliva al settembre dell’anno an-tecedente (faringodinia…), trattatiinizialmente con diverse combina-zioni di antibiotici a largo spettroper sospetto reflusso gastrico. Acausa del progressivo peggioraredella sintomatologia viene succes-sivamente richiesta la consulenzadi diverse figure professionali, ese-gue un tampone faringeo e spiro-metria, in occasione della qualeviene consigliata l’esecuzione diuna tc torace siamo a maggio2014.A causa dei lunghi tempi di attesaprevisti per l’esecuzione dell’inda-gine radiologica il paziente si recain aereo in Sicilia, nel suo paese diorigine, dove permarrà per una de-cina di giorni durante i quali si sot-toporrà all’indagine, ritornerà poi aFerrara sempre in aereo e, una vol-ta mostrato il referto al medico cu-rante, verrà immediatamente indi-rizzato al PS e ricoverato pressol’UO di malattie infettive dell’Azien-da Ospedaliera Universitaria di Fer-rara.Durante il ricovero verrà conferma-ta la diagnosi di tubercolosi polmo-nare bacillifera, inizierà la terapiaantitubercolare con i quattro far-maci antitubercolari in associazio-ne e, date le buone condizioni disalute e la negativizzazione di treespettorati consecutivi, verrà di-messo in data 24 giugno 2014. A questo punto il paziente viene

preso in carico dall’UO pneumoti-siologica territoriale, proseguirà l’i-ter diagnostico terapeutico dimo-strando sempre un buono stato disalute ed un’ottima aderenza altrattamento.All’attenzione dell’ambulatoriopneumotisiologico territoriale per-vengono anche i 7 contatti strettiemersi dall’inchiesta epidemiologi-ca su un totale di 225 contatti tuttiquesti vennero presi in considera-zione poichè conviventi con il casoindice, 4 al domicilio ferrarese e 3al domicilio siciliano nel periodoantecedente al ricovero presso lastruttura ospedaliera di Ferrara. icontatti individuati risultano inizial-mente negativi al primo tst esegui-to nel luglio 2014, negativi i refertiradiologici. al richiamo dopo 10settimane per la seconda mantouxnon si presentano tutti i contatti:tra quelli che ripetono il test solouno di loro (madre) mostra un vi-raggio della stessa; l’indagine ra-diologica risulta essere positiva.viene pertanto ricoverata immedia-tamente presso l’UO di malattie in-fettive dell’Azienda OspedalieraUniversitaria S. Anna di Cona dimo-strando l’esistenza di un focolaio diinfezione; ad oggi, in terapia antitu-bercolare, è seguita dal centropneumologico territoriale di resi-denza (Alcamo). La ricerca degli altri contatti da rie-saminare non è stata delle piùsemplici poiché più volte gli inte-ressati non si presentavano al con-trollo e quando si presentavanoerano sprovvisti di referti, tra questiuno dei conviventi mostra un virag-gio della seconda mantoux alla fi-ne di novembre 2014; l’indagineradiologica risulta però essere ne-gativa: inizia pertanto la terapia perl’infezione tubercolare latente ilgiorno 01/12/2014… si presenta aicontrolli mensili, sospenderà la te-rapia il 27/03/2015 per un innalza-mento delle transaminasi di oltretre volte il valore soglia (epatotos-sicità).

Obiettivi per migliorare l’AssistenzaDal documento “Stop alla Tuberco-losi” emergono obiettivi prioritarivolti alla promozione di un migliorcontrollo della tubercolosi nel no-stro paese. Tra questi ho creduto

opportuno evidenziare:- miglioramento del sistema nazio-nale di sorveglianza che si riflettea livello regionale nella notificada parte dei laboratori, nella sor-veglianza della farmacoresistenzae nel monitoraggio dell’esito ditrattamento;

- programmi e implementazioni dilinee guida aggiornate relativesoprattutto alla gestione dei con-tatti del caso indice ed alla sorve-glianza della tubercolosi negli im-migrati provenienti da paesi adelevata endemia;

- attivazione di programmi di edu-cazione sanitaria e di formazionedegli operatori sanitari del setto-re ai diversi livelli;

- miglioramento e promozionedella ricerca, poichè gli strumentiattualmente disponibili possonocontrollare la tubercolosi, ma ilmiglioramento e l’eliminazionedella malattia dipendono dallosviluppo di nuovi sistemi diagno-stici, terapie farmacologiche evaccini.

In funzione di questi aspetti, adat-tandoli alla realtà di Ferrara, è statopossibile attraverso l’osservazionedi quanto emerso da questo stu-dio, stilare quelli che si sono rivela-ti i punti potenzialmente migliora-bili al fine di ottimizzare l’attività disorveglianza di questa patologia. È emersa innanzi tutto una diffusadisinformazione per cui sarebbe op-portuno sensibilizzare maggiormen-te la popolazione sulla patologia.

ConclusioniA conferma dell’attualità dell’argo-mento trattato si è tenuto, il 31marzo 2015 alla sala estense diFerrara, un convegno regionale sul-la tubercolosi, in occasione di que-sta giornata si è ricordata l’impor-tanza della figura dell’infermierenella gestione di questa tipologiadi paziente sia da un punto di vistaclinico che organizzativo sottoli-neando come buona parte delleattività citate, a carico di questi ser-vizi, viene svolta in autonomia dal-l’infermiere dedicato che deve di-mostrare non solo le proprie com-petenze e abilità nelle pratiche or-ganizzative e assistenziali ma so-prattutto deve dimostrarsi unprofondo conoscitore della temati-ca trattata.

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INFERMIERE-PAZIENTE:relazione e comunicazione nel processo assistenziale

Questo articolo è estratto dal Lavoro di Tesi redatto da: Alessandro Chiarini, Relatrice: Dott.ssa Susanna Ponti

In ambito infermieristico che im-portanza ha saper comunicarecorrettamente? L’infermiere haquesta capacità? É una capacitàinnata o può e deve essere ap-presa? Può instaurarsi una rela-zione assistenziale appropriatasenza una corretta comunica-zione? La tesi qui sostenuta vuo-le evidenziare quanto l’infermie-re non possa prescindere dalsaper comunicare pena il falli-mento della relazione, con con-seguenze negative sia nel sod-disfacimento dei bisogni dell’as-sistito sia nell’ impossibilità divivere in maniera significativala propria professionalità daparte dell’infermiere.

I fondamenti teorici della comunicazioneSecondo la terminologia di CharlesMorris ripresa poi da Rudolf Carnaplo studio della comunicazione uma-na si può dividere in tre settori: lasintassi, la semantica e la pragmati-ca. La prima si occupa della trasmissio-ne dell’informazione, la seconda delsignificato dei fenomeni e la terza dicome la comunicazione influenzi ilcomportamento. Tutt’e tre questediscipline fanno parte della Semioti-ca, scienza che studia i segni, le lorocorrelazioni e i loro significati.La Semiotica, dal Greco (semeion -segno), considera il fatto che talesegno sia in generale qualcosa cherinvia a qualcos’altro e quindi studiai fenomeni di significazione e di co-municazione.Per significazione si intende “ognirelazione che lega qualcosa di ma-terialmente presente a qualcos’altrodi assente: la luce rossa lampeg-giante all’esterno di una diagnosticaradiologica significa “stop”. Ogni vol-ta che si mette in pratica una rela-zione di significazione si attiva unprocesso di comunicazione: la luceè rossa quindi mi arresto davanti al-

la porta. Tutto ciò si manifesta conun comportamento: non entro nellastanza.La Sintassi: si occupa delle regoleinerenti la trasmissione di un mes-saggio, i cui oggetti di studio sonorispettivamente: il mittente, il desti-natario (o ricevente), il canale di tra-smissione, il messaggio stesso, il co-dice, il feedback; la conoscenza diognuno di essi è imprescindibile aifini di una corretta comunicazione-comprensione di un messaggio equindi di una proficua relazione in-fermiere-paziente.La Semantica: si occupa del signifi-cato sia del codice che del contenu-to, si occupa perciò della relazionetra significante e significato. Il siste-ma semantico è rappresentato datutte le conoscenze relative ad unconcetto, ad esempio: la parola “Ti-gre”ci dice che è un animale, un feli-no, quadrupede, carnivoro, che rug-gisce, ecc…, ma il linguaggio umanoè un codice arbitrario e l’arbitrarietàsi riferisce al rapporto tra i segni edil loro significato. Per esempio nellaparola “Tigre” non c’è nulla che ab-bia rapporto con il suo significato(non ci sono artigli, baffi, striature,ma solo un suono al quale si so-vrappone un significato) quindi undanno al sistema semantico provocaerrori in tutti i compiti che necessita-no di accedere al concetto stesso.La Pragmatica: La pragmatica èquella parte della semiotica che stu-dia gli effetti comportamentali dellacomunicazione. La sua peculiaritàsta nel fatto di identificare cinqueassiomi che determinano la relazio-ne mediante il processo comunicati-vo e sono:1. non si può NON comunicare;2. livello di contenuto livello di rela-

zione;3. la punteggiatura nella sequenza

di eventi;4. comunicazione numerica ed

analogica;5. interazione simmetrica e com-

plementare. Il Primo assioma sottolinea il fatto

che un comportamento non ha unsuo contrario, cioè non esiste unnon-comportamento. Poiché uncomportamento veicola sempre unmessaggio, chi si isola, chi evitaogni contatto, chi non risponde aglistimoli comunicativi in realtà sta co-municando di non voler comunica-re. La comunicazione utilizza degli stru-menti, primo fra tutti il linguaggioverbale ma anche i linguaggi para-verbale e non verbale che garanti-scono la trasmissione del messag-gio e ne supportano la comprensio-ne. Nella pratica infermieristica, do-ve ogni gesto è intriso di significatisia per l’infermiere che osserva unpaziente che per i pazienti che ci os-servano, esser consapevoli del pri-mo assioma ci permette di com-prendere che noi comunichiamosempre, non solo a parole, ma an-che e soprattutto con il nostro com-portamento. Entrare in una stanza di tutta frettaper cambiare una fleboclisi senzadire nulla, nemmeno una parola,con lo sguardo basso o peggio sen-za mai guardare i pazienti, significaad esempio comunicare la nostraindisponibilità ad interagire con loroin quel momento con il rischio checiò venga percepito come frettolo-sità e superficialità nel fare quell’at-tività, anziché comunicare attenzio-ne e professionalità, con conse-guenze relazionali spesso negative.

Relazione e comunicazione in ambito assistenzialeDentro ciascun messaggio, troviamouna componente di notizia (l’infor-mazione) e una componente di co-mando (il comportamento) ed ènecessario definire il rapporto cheintercorre tra l’aspetto di notizia equello di comando. Per analogia adotteremo ciò chesuccede in una calcolatrice: percompiere una operazione la calcola-trice ha bisogno di un contenuto (ildato numerico, 5 e 3 ad esempio) edi sapere come combinarli tra loro,

1. Morris Charles, ”Faundations of the theory of signes”, in International Encyclopedia of United Sience,1938; 2. Carnap Rudolf, “Introduction to semantics”, Cambridge, Harvard University Press,1942.

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cioè che operazione fare, il coman-do, il quale a sua volta rappresentaun codice che dice alla macchinacome trattare i dati (la relazione).La comunicazione umana ha duemoduli di comunicazione, uno nu-merico, attraverso cui si riferisce adun oggetto in maniera simbolica, euno analogico, attraverso una rap-presentazione dell’oggetto stesso. Il modulo numerico corrisponde allinguaggio verbale, ha una semanti-ca limitata e può esprimere un nu-mero limitato di concetti. Possiedeuna sintassi definita e quindi la ca-pacità di esprimere funzioni logichein maniera non ambigua. Questo modulo rappresenta il “Cosadiciamo”. Il modulo analogico inve-ce è rappresentato da tutto ciò cheè linguaggio paraverbale e non ver-bale con semantica illimitata e sin-tassi ambigua: ogni cosa può volerdire se stessa o il suo contrario erappresenta il “Come lo diciamo”. Se nella pratica infermieristica ci tro-viamo a dare informazioni ad un pa-ziente riguardo alla preparazione cuiattenersi per un indagine diagnosti-ca in maniera superficiale, senzaguardarlo, interrompendoci per par-lare con il vicino di letto, apparente-mente distratti, anche se il contenu-to del nostro messaggio fosse sicu-ramente esatto, ma il “come”gliel’abbiamo comunicato potrebbeindurre quel paziente non aderirealle indicazioni date in modo inap-propriato. Ciò comporterà il rischioche l’esame non dia l’esito per cuiera stato prescritto, con conseguen-te danno al paziente (ad es. ritardonella diagnosi) e all’organizzazione(ad es.dispendio di risorse per la ri-petizione dell’esame). Rischio cheper altro potrebbe minare pesante-mente la credibilità professionaledell’operatore compromettendo l’al-leanza terapeutica che sta alla basedella relazione fiduciaria tra infer-miere e assistito. L’infermiere non può quindi prescin-dere dal fatto che “ogni comunica-zione ha un aspetto di relazione euno di contenuto dove è il primo aclassificare il secondo attraverso unafunzione di metacomunicazione.”

Assistenza patient-centred ecomunicazione “La responsabilità dell’infermiereconsiste nell’assistere, nel curare enel prendersi cura della personanel rispetto della vita, della salute,della libertà e della dignità dell’in-dividuo” (art. 3 Codice Deontologi-co 2009).La complessità dell’attività infermie-ristica è insita nella sua triplice com-posizione, tecnica relazionale ededucativa, ma il rischio continuo cui

essa si espone oggi è rappresentatoda un predominio della tecnica sugliaspetti educativo-relazionali, a causadel rapido e continuo progresso del-le conoscenze scientifiche che necostituiscono il fondamento. L’ assi-stenza infermieristica non può pre-scindere dal realizzarsi attraverso lacostruzione di relazioni tra utente eoperatore che si qualificano inquanto relazioni d’aiuto, laddove,grazie ad una comunicazione tera-peutica, consentono alla personaassistita di acquisire e mantenerecapacità necessarie ad una gestioneottimale della propria vita con lamalattia. Stewart afferma che la comunicazio-ne è “ un processo fisico-mentale lacui funzione è quella di esprimere aparole il pensiero che si vuole dire”(Phycology of comunication, 1968),attraverso di essa non si trasmetto-no solamente informazioni, ma sicostruiscono relazioni.In ragione di tutto questo il profes-sionista infermiere deve svilupparequalità relazionali e comunicative ditipo professionale quali la fiducia,l’empatia, la reciprocità, l’interesse,che non possono esser lasciate alfare istintivo o peggio al caso, manecessitano di studio e conoscenza. Deve inoltre conoscere quali siano ifattori che regolano la comunicazio-ne favorendola od ostacolandola,considerando favorenti elementiquali l’organizzazione dei modelli, isistemi rappresentazionali, il rappor-to, lo scopo, il contenuto, il tempo,ed ostacolanti le limitazioni nelle ca-pacità del ricevente, le fonti di di-strazione presenti nella situazione,le ipotesi non verificate, l’incompati-bilità di opinioni, l’interferenza dimeccanismi inconsci o parzialmenteconsci, l’esposizione confusa e l’as-senza di canali di comunicazioneadeguata. Non tenere in giusta considerazionequesti fattori fa incorrere il profes-sionista in errori grossolani che pos-sono compromettere tutto il proces-so assistenziale.

La specificità della comunica-zione infermieristicaUna capacità comunicativo-relazio-nale di tipo professionale permetteall’infermiere di instaurare una rela-zione d’aiuto che diventa relazioneterapeutica proprio grazie ad unacomunicazione d’aiuto efficace chesi esplica mediante tecniche quali ilricalco, l’ascolto, il riaffermare, ecc. L’ascolto che adotta il professionistaè un ascolto attivo che tiene in con-siderazione il lato comunicativo del-l’ascolto, cioè quell’aspetto dell’a-scoltare costituito dall’ascolto di chiparla e dall’ascolto di chi ascolta.

Il primo inerisce il come farsi ascol-tare, il secondo invece consente ilcomprendere una prospettiva diver-sa dalla propria.Nell’ intraprendere una relazioned’aiuto dobbiamo anche sottolinea-re l’importanza che assume per l’in-fermiere la comunicazione tattilenel rapporto col paziente. Esiste un duplice aspetto del tocco,quello tecnico che si esplica nel pra-ticare manovre specificatamentetecniche come quelle usate per lecure igieniche o per l’ ispezione dia-gnostica ed un tocco relazionaleche apre invece le porte ad unmondo emotivo che comprende in-finiti aspetti di relazione, in rianima-zione può essere di supporto alla vi-ta, in geriatria può dare risposta adun bisogno di sicurezza, in psichia-tria può rappresentare la chiaved’accesso alla comunicazione verba-le e così via.

ConclusioniConcludendo possiamo asserire cheesiste una comunicazione istintiva,lasciata al caso che porta in ambitosanitario a relazioni superficiali po-co efficaci, e una comunicazioneprofessionale, che necessita di stu-dio, ricerca e conoscenza, la qualecostituisce terreno fertile per lo svi-luppo della relazione d’aiuto su cuisi fonda il processo assistenziale, eche contribuisce in modo significati-vo al valore della professione infer-mieristica. Il saper comunicare dell’ infermiereaumenta la compliance del pazien-te, con evidenti ricadute sia sul sog-getto stesso (potenziamento del-l’empowerment individuale) chesull’organizzazione (ad esempio ri-duzione dei tempi di ricovero concontenimento dei costi di degenza emigliore gestione del rischio clinico)e per questo per ogni professionistala capacità di comunicare dovrebbediventare un’arte e coltivare que-st’arte dovrebbe diventare un dove-re della comunità infermieristicaverso i pazienti e verso la societàtutta.

Bibliografia1. Giovanna Artioli e Giovanna Ameducci: “Narrare la

malattia” - Ed. Carrocci Faber, Luglio 20072. Laura Cunico: “La comunicazione nell’assistenza

al paziente” - Ed. McGraw-Hill -Gennaio 20023. Corli S., Zanetti E. “I sensi e la cura nella pratica

del nursing” - Rivista Medical Humanities, n° 17(pg 73-81)

4. Ley P.: “Communicating with patients. Improvingcommunications, satisfaction and compliance.” -Ed Chapman and Hall, London – 1988.

6. Giuliana Masera: “Prendersi cura dell’altro” - Ed.Il pensiero scientifico - Aprile 2006

7. Montagu A.: “Il linguaggio della pelle” - Ed.Garzanti – 1989.

8. S.J. Sundeen,G. Stuart, E. Desalvo, S. Parrino: “L’in-terazione infermiere-paziente” - Ed. Ambrosiana -1981.

9. Urli N.: “L’ambiguità del corpo nelle cure infer-mieristiche”- Ed Ambrosiana - 1999

10.P. Watzlawick, D. D. Bravin: “Pragmatica della co-municazione umana” - Ed. Astrolabio, 1978.

13ARTICOLI ORIGINALI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

Il ruolo dell’infermiere impegnato con Emergency: analisi delle esperienze in missione

di Alessandro De Quarto, Infermiere NHS FOUNDATION TRUST e Marianna Pirani, Infermiera AUSL Bologna

INTRODUZIONEL’aiuto umanitario rappresenta unaforma di soccorso ed assistenza divario genere - logistica, sanitaria - ri-volta a popolazioni in condizioni disvantaggio, vittime di eventi cata-strofici naturali (uragani, terremoti)o causati dall’uomo (guerre, conflittipolitici, crisi economiche) allo sco-po di salvaguardare la vita umana,prevenire o contenere la sofferenza,assicurare la dignità. La professione infermieristica puòdare un enorme contributo in que-st’ambito, per questo l’infermiererappresenta una tra le figure più ri-chieste all’interno delle missioniumanitarie. Emergency è un’associazione uma-nitaria italiana indipendente e neu-trale, riconosciuta come Organizza-zione Non Governativa (ONG) enon a scopo di lucro (ONLUS), fon-data il 15 Maggio 1994 a Milano dalmedico italiano Gino Strada e dasua moglie Teresa Sarti, prima presi-dente dell’associazione, con la col-laborazione di Carlo Garbanati, cheha occupato il ruolo di vice presi-dente fino al 2009.Lo scopo di Emergency è quello dioffrire cure medico-chirurgiche gra-tuite e di elevata qualità alle vittimedelle guerre, delle mine antiuomo edella povertà. L’associazione si propone di “pro-muovere una cultura di pace e disolidarietà, anche attraverso il coor-dinamento e l’attività dei volontarisul territorio; promuovere l’afferma-zione dei diritti umani anche attra-verso iniziative tese alla loro effetti-va attuazione; intervenire nelle zonedi guerra con iniziative umanitariein favore delle vittime, in particolarecivili, dei conflitti armati, dei feriti edi tutti coloro che soffrono altreconseguenze sociali dei conflitti odella povertà quali fame, malnutri-zione, malattie, assenza di cure me-diche e di istruzione; portare soc-corso alle vittime di calamità natu-rali” (Statuto di Emergency, 2009).

L’associazione è guidata da principiquali uguaglianza di tutti gli esseriumani, umanità, neutralità, impar-zialità, indipendenza, responsabilità,non discriminazione e trasparenza.

OBIETTIVIL’obiettivo primario dello studio èdescrivere la figura dell’infermiereimpegnato con Emergency in unamissione umanitaria, analizzandonele motivazioni ed aspettative iniziali,le competenze possedute al mo-mento della partenza, quelle neces-sarie per l’espletamento delle atti-vità quotidiane e quelle eventual-mente maturate proprio grazie all’e-sperienza in missione, da un puntodi vista intellettivo, gestuale e rela-zionale. Ci si è inoltre proposti di descrivereil ruolo dell’infermiere di Emergencyin termini di principali attività svoltedurante la giornata, funzioni rico-perte all’interno dell’equipe, valuta-te alla luce del tipo di incarico affi-dato (infermiere di corsia, focalpoint), e di evidenziare le possibilidifferenze di autonomia tra gli infer-mieri operanti all’interno di ospeda-li italiani e quelli impegnati in strut-ture afferenti alle missioni umanita-rie. Un obiettivo secondario è individua-re e descrivere le competenze co-gnitive, tecniche e relazionali di cuiun infermiere ha maggiormente bi-sogno per collaborare con Emer-gency.

MATERIALI E METODIDisegno di studio

Lo studio è di tipo osservazionaledescrittivo.StrumentiLo strumento di raccolta dati è rap-presentato da un questionario costi-tuito da una prima parte per deli-neare la composizione del campio-ne, ovvero una scheda contenentedati anagrafici (sesso, età, titolo distudio e relativo anno di consegui-mento, realtà lavorativa di prove-nienza, anno, luogo, durata e ruoloaffidato durante la/e missione/i) euna seconda parte costituita da 19quesiti a risposta aperta, finalizzatiad esplorare cinque principali ambi-ti, quali “Motivazione e aspettativeriguardo la missione“, “Ruolo“, “Au-tonomia“, “Competenze intellettivee tecnico gestuali“, “Competenzerelazionali“.Campione e metodiIl campione è composto da otto in-fermieri divisi equamente tra uomi-ni e donne, di età media poco su-periore a 30 anni; sei sono in pos-sesso di Laurea in Infermieristica,due di Diploma Universitario e duedi ulteriore specializzazione; sette sitrovavano in missione al momentodella raccolta dati e hanno parteci-pato all’indagine facendo riferimen-to all’esperienza in corso, il restanteinfermiere, non trovandosi in quelmomento in missione, ha fatto rife-rimento ad esperienze pregresse. Ladurata media della missione è risul-tata leggermente superiore ai settemesi.Raccolta e analisi dei datiDopo un contatto preliminare conEmergency volto a valutare la fatti-bilità del progetto, sono state chie-ste ed ottenute le autorizzazioni ne-cessarie allo svolgimento dell’inda-gine; insieme a Paolo Busoni - il re-sponsabile per i progetti di tesi ri-guardanti l’ONG, che si ringraziadella collaborazione -. Si sono coin-volti gli infermieri impegnati in mis-sione in Sudan, nel periodo com-preso tra luglio e agosto 2014. Nel-l’eventualità di raccogliere adesioni

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anche tra gli infermieri internaziona-li, provenienti quindi da diversi Pae-si Europei, il questionario è statotradotto in inglese.Il questionario è stato poi recapitatoa mano da Paolo Busoni stesso alSalam Center, Centro Cardiochirur-gico di Emergency a Karthoum, do-ve è stato compilato direttamentedagli infermieri impegnati in quellamissione in quei mesi; ciò ha per-messo di ricevere delle risposte di-rette dal campo da parte di sette in-fermieri, mentre stavano prestandoservizio.È stata inoltre condotta un’unica in-tervista ad un infermiere intervistatoa Bologna a settembre 2014. La sua esperienza si differenzia daquella degli altri infermieri in quan-to non ha mai partecipato ad unamissione nel Centro Salam di Car-diochirurgia, ma ha lavorato princi-palmente in Afghanistan nel repartodi Rianimazione nell’ospedale di La-shkar-gah, nel quale si curano prin-cipalmente vittime di guerra. Le dimensione ridotte del campio-ne, oltre alla natura del fenomenoda indagare, hanno portato a deci-dere di utilizzare un metodo di ana-lisi qualitativa dei dati piuttosto chequantitativa.

RISULTATIPer quanto riguarda la prima di-mensione analizzata dallo studio,“Motivazione e aspettative“, èemerso che gli infermieri partonoper provare nuove esperienze lavo-rative in contesti di povertà e guerracome quelli in cui è impegnataEmergency; la maggior parte degliintervistati, infatti, ha affermato diaver deciso di partire per offrire aiu-to a chi veramente ne ha bisogno.

C’è anche chi ha affermato di avereffettuato per la prima volta questascelta con l’intenzione di maturareun’esperienza lavorativa all’estero eha poi scoperto che la dimensione“umanitaria”, ovvero la possibilità diassistere persone in gravi condizionidi svantaggio, si era rivelata “perfet-ta per sé”. Alla base della scelta di affrontareun’ esperienza del genere vi è in-nanzitutto la condivisione dei valoripropri dell’associazione, quali l’u-guaglianza, il diritto a ricevereun’assistenza sanitaria di elevataqualità, la neutralità, la salvaguardiadella vita umana, la giustizia chespinge questi professionisti ad im-pegnarsi in una missione umanita-ria. Sullo stesso piano risultano esserela ricerca di nuovi stimoli e di nuoveesperienze e sicuramente di metter-si in gioco all’interno di rapporti in-terpersonali che solamente unamissione vissuta a stretto contattocon altre persone può garantire; lemotivazioni includono anche il desi-derio di mettersi alla prova per valu-tare fino a che punto ci si può spin-gere, in termini di limiti personali dasuperare.Analizzando le aspettative che uninfermiere nutre alla partenza, è ne-cessario fare una distinzione tra co-loro che avevano già partecipato aduna missione e chi, invece, era allaprima esperienza: il primo gruppodi infermieri ha riferito di sapere giàcosa aspettarsi, sia da un punto divista lavorativo, che di impattoemotivo, mentre il secondo gruppoha affermato che, grazie alle infor-mazioni fornite e garantite da Emer-gency le aspettative erano state tut-to sommato rispettate, tranne per i

ritmi lavorativi.In riferimento alla dimensione del“Ruolo“, l‘infermiere che collaboracon Emergency può ricoprire diversiprofili: infermiere internazionale(impegnato in contesti di reparto,ambulatorio, PS), infermiere inter-nazionale di Cardiochirurgia o di-partimento Cardiovascolare, infer-miere internazionale di sala opera-toria/strumentista, infermiere inter-nazionale pediatrico. All’interno delcampione intervistato era rappre-sentato il primo profilo, in particola-re con l’incarico di infermiere di re-parto (n. = 5) e infermiere di tera-pia intensiva (n.= 2), dunque èquesto il ruolo che si è potuto de-scrivere nel presente studio.All’infermiere internazionale spetta-no due funzioni principali, una dinatura prettamente assistenziale edoperativa – garantire le cure allepersone ricoverate, anche ricopren-do una funzione di referente/coor-dinatore delle attività nell’ambitodel proprio turno –, una coincidentecon la formazione del personale na-zionale, attraverso la supervisionediretta e/o attraverso appositi corsi. La strategia di apprendimento soli-tamente utilizzata è il cosiddetto“BedsideTeaching“, la spiegazionedi manovre infermieristiche diretta-mente al letto del paziente.Alla figura dell’infermiere “sempli-ce”, si affiancano poi altre figure in-fermieristiche, laddove al professio-nista vengono affidati incarichi o re-sponsabilità particolari, ad esempio“head nurse“, “medical coordina-tor“, responsabile della farmacia, re-sponsabile della manutenzione del-le attrezzature. Per quanto riguarda la composizio-ne dell’equipe lavorativa e i rispetti-vi ruoli, tutte le risposte hanno deli-neato un gruppo multietnico e mul-tiprofessionale, che, già va detto,non lavora insieme dall’inizio alla fi-ne della missione; in relazione allescadenze delle singole missioni, in-fatti vi è un continuo ricambio di fi-gure coinvolte.Per concludere l’analisi sul ruolo so-no stati presi in considerazione lagiornata lavorativa, le principali atti-vità e i ritmi. È emerso che la gior-nata lavorativa risulta particolar-mente diversa da quella alla qualesiamo abituati in un contesto ospe-daliero italiano, essendo strutturatain due turni della durata di 12 oreciascuno, turno di giorno (dalle

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08.00 alle 20.00, con un’ora di pau-sa pranzo) e turno di notte (dalle20.00 alle 8.00). Inoltre, si lavora 6giorni su 7 ed è prevista una reperi-bilità h24 e 7 giorni su 7. Le risposte ricevute in merito alleattività assistenziali più frequentidelineano alcune differenze seppurminime tra gli ospedali di Karthoum(Sudan) e Lashkar-gah (Afghani-sthan), date le differenze di conte-sto; infatti in territori di guerra, co-me la regione Afghana i ritmi lavo-rativi non sono frenetici e non c’èuna vera e propria routine, ma piut-tosto una certa imprevedibilità. Possono alternarsi giornate di relati-va tranquillità, in cui si registranopochi ingressi in un tempo ragione-vole, ed altre giornate in cui l’afflus-so al Pronto Soccorso, che consentela presa in carico di 3 pazienti pervolta, è anche di 10 - 15 malati inbreve tempo. Anche in Sudan i ritmilavorativi non sono frenetici, mal’attività è maggiormente routinaria:il piano delle attività del mattino èsimile a quello di una Rianimazioneo Terapia Intensiva italiana, con unbriefing iniziale, preparazione del-l’unità del paziente, cure igieniche,medicazioni, accettazione di nuovipazienti provenienti dall’esterno eaccoglienza di quelli inviati dalla sa-la operatoria, visita medica, sommi-nistrazione della terapia; il turno dinotte si differenzia maggiormentepresentando attività come estuba-zione, rimozione della sedazione erimozione dei drenaggi.Riguardo all’“Autonomia“, comples-sivamente essa viene percepita co-me maggiore nel contesto dellamissione rispetto a quello ospeda-liero italiano: tutti i partecipantihanno riferito di avere completa au-tonomia sia nella formazione deicolleghi infermieri nazionali – l’in-fermiere ha carta bianca, decidendoil metodo di apprendimento da uti-lizzare il metodo di supervisione –,e di gestione di pratiche infermieri-stiche/gestione dell’ospedale stes-so. In particolare, la maggioranza delcampione afferma che tutta l’orga-nizzazione è nelle mani dell’infer-miere internazionale, che ha quindiuna responsabilità enorme dal pun-to di vista organizzativo, aspetto checostituisce una grossa differenzacon ciò che succede in Italia.Questo comporta nel singolo pro-fessionista un certo livello di

“stress”, dato dalla consapevolezzadi costituire per gli altri il punto diriferimento in caso di bisogno. Sono state poi indagate le “Compe-tenze intellettive e tecnico gestua-li“ che caratterizzano la figura del-l’infermiere impegnato in missione,includendo sia quelle necessarieper poter svolgere efficacemente ilproprio ruolo che dunque devonoessere possedute dall’interessatogià prima della partenza, sia quellesviluppate in seguito e grazie all’e-sperienza del lavoro in missione.In primo luogo è stato chiesto agliintervistati di indicare quali cono-scenze sia di natura teorica che dinatura pratica fossero risultate piùimportanti: la quasi totalità degli in-fermieri ha risposto che le cono-scenze acquisite durante le espe-rienze lavorative in Italia hanno co-stituito un bagaglio che è risultatoessere necessario e per certi versiabbondantemente sufficiente peraffrontare le situazioni trovate inmissione. Tuttavia ne è scaturito che più chele conoscenze teorico - pratiche ap-prese grazie al percorso formativorisultano essere molto utili le com-petenze strettamente legate all’e-sperienza lavorativa maturata in Ita-lia in Terapia Intensiva, in quanto ri-specchiano per molti le manovre in-fermieristiche svolte in missione. Particolare importanza riveste l’a-spetto linguistico: a questo proposi-to tutti gli infermieri hanno rispostoche sarebbe servita una conoscenzamolto più approfondita della linguainglese, sia per favorire la comuni-cazione e la collaborazione tra imembri dell’equipe, che per facilita-re la comunicazione con i pazienti,in quanto le persone del luogo nonparlano nessun’altra lingua se non

quella locale, tanto da rendere ne-cessaria la presenza del mediatoree dell’interprete. È stato anche chiesto di indicarequali competenze il campione sen-tiva di aver maturato grazie alla col-laborazione con Emergency. Ogniinfermiere ha affermato di aver vis-suto un’esperienza di crescita e diarricchimento in termini di compe-tenze e qualità personali, aver ac-quistato una maggiore consapevo-lezza dell’importanza del lavoro diéquipe e maggior capacità di lavo-rare con professionisti provenientida altri Paesi, di far fronte a proble-mi di tipo logistico - organizzativo inreparto; capacità di formare altriprofessionisti, con l’obiettivi di ren-derli autonomi nella gestione del-l’assistenza infermieristica, di lavora-re in condizioni di scarsità di risorse,valorizzandole ed evitando inutilisprechi; di esercitare la professionein contesti di emergenza, in partico-lare nel gestire attraverso il triagel’afflusso massivo di pazienti giuntiin ospedale, capacità di relazionarsicon persone con una cultura eduna lingua diversa dalla propria.Infine, per quanto riguarda l’ultimadimensione indagata, le “Compe-tenze relazionali“, tutti gli infermie-ri intervistati concordano nell’affer-mare che la comunicazione in unambiente e in un contesto comequello di una missione umanitariarisulta essere molto difficile a causadei problemi linguistici.Assume dunque notevole rilevanzal’utilizzo del linguaggio non verbalenella comunicazione tra paziente edinfermiere, in quanto è grazie ad es-so che si riescono a superare gliostacoli comunicativi. Le difficoltà linguistiche sono statecitate da tutti come le uniche ri-

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scontrate all’interno della relazionecon la persona assistita, al contrario,il rapporto con i pazienti risulta es-sere uno dei aspetti più positivi ditutta l’esperienza vissuta dagli infer-mieri. Anche il rapporto fra colleghi risultaessere uno degli aspetti più interes-santi della missione. Come affermaun’ infermiera “lavorare con colle-ghi provenienti da Paesi, lingua escuole di pensiero professionale di-versi è uno tra gli stimoli più belli; ilconfronto continuo rappresentamotivo di crescita e maturazioneprofessionale“. La presenza di diverse culture, rap-presentate sia dalle persone assisti-te che dal personale nazionale edinternazionale è un elemento fon-damentale che richiede integrazio-ne, a tal proposito è emerso che ènecessario un costante impegnoper comprendere mentalità e abitu-dini lavorative diverse dalle proprie,sviluppando “un’apertura mentale“e mantenendo alta la volontà di“conoscere e rispettare l’altro“, nellaconsapevolezza, che “le diversitànella maggior parte dei casi diven-tano una risorsa“.

CONCLUSIONIAnalizzando i dati estrapolati daquesta ricerca si può asserire che lafigura dell’infermiere impegnato inmissione con Emergency ha dellecaratteristiche ben precise.Chi parte è spinto da motivazioniforti, che vanno dalla condivisionedei valori di Emergency, al desideriodi essere di aiuto a persone in con-dizioni di grande bisogno e svantag-gio, alla ricerca di nuovi stimoli per-sonali, di mettersi alla prova, comeprofessionisti e come persone. I ruoli, le responsabilità ed i compitiaffidati all’infermiere in missionesono molteplici e variano a secondadel contesto e dell’obiettivo del pro-getto. Indipendentemente dalle peculia-rità che caratterizzano la missionestessa, è possibile individuare dueprincipali funzioni comuni e trasver-sali, che costituiscono il ruolo del-l’infermiere: una funzione formativa,di istruzione teorico e pratico delpersonale locale, assicurandosi che,a missione conclusa, sarà in gradodi continuare il lavoro iniziato insie-me; una funzione gestionale, inquanto è responsabile del correttofunzionamento del reparto in tutti i

suoi aspetti, governando aspettipratici ed organizzativi del progetto. Questo secondo aspetto riveste par-ticolare importanza quando la mis-sione ha luogo all’interno di una zo-na di guerra, qui infatti l’infermiereè responsabile al tempo stesso dicoordinare ambulatori, reparti,pronto soccorso e saper far fronte amaxi-emergenze che in contesti diguerra sono purtroppo spesso pre-senti.L’infermiere di Emergency lavora incontesti totalmente diversi rispettoa quelli di un ospedale occidentale,questo ha forti ripercussioni in ter-mini di livelli di autonomia, che so-no sicuramente più elevati rispettoa quelli dell’infermiere che opera inItalia, sia nelle attività di formazionedel personale locale, che nelle atti-vità assistenziali.La formazione ricevuta risulta esse-re in molti casi sufficiente per af-frontare una missione umanitaria,particolare rilevanza rivestono le co-noscenze relative alle discipline del-l’infermieristica applicata all’area cri-tica ed all’anestesiologia, e le com-petenze apprese e affinate durantel’esperienza lavorativa in reparti co-me Terapia Intensiva e Rianimazio-ne. Tuttavia, nonostante le conoscenzeacquisite durante le varie esperien-ze lavorative siano fondamentali,l’infermiere di Emergency imparamolto durante le missioni stesse,soprattutto per quanto riguarda l’u-so di nuovi presidi e il lavoro incondizioni di scarsità di risorse, inquesti casi sono molto preziose lespiegazioni degli infermieri naziona-li.Oltre ad una buona preparazioneed esperienza professionale in areacritica, le competenze che un infer-miere deve possedere per potersvolgere al meglio il proprio lavorocon Emergency, sono costituite dal-la capacità di far fronte allo stress,di ambientamento e di adattamen-to, di lavorare di equipe, unite alla

tolleranza e alla flessibilità, alla ca-pacità interpersonale di vivere e la-vorare insieme a persone di diversenazionalità. Queste capacità sono indispensabiliper affrontare le situazioni che lamissione propone, situazioni com-pletamente diverse da quelle a cuiun professionista italiano è abitua-to, non solo dal punto di vista lavo-rativo (organizzazione, logistica, di-sponibilità di risorse) ma anche esoprattutto umano (di grave po-vertà, sofferenza, guerra, ingiustiziasociale). Infine sono emerse anchequalità come lo spirito di sacrificio –la collaborazione con Emergency ri-chiede la disponibilità ad adattarsi aritmi lavorativi pesanti e a grossi ca-richi di lavoro – e soprattutto l’uma-nità che l’infermiere deve possede-re per poter svolgere un lavoro cosìdelicato in stretto contatto con di-verse culture.Particolare importanza riveste l’a-spetto della comunicazione, inquanto in contesti come questi essaè resa più difficoltosa dalle diversitàlinguistiche e culturali; per questo,nei rapporti con i pazienti, è previ-sta la figura del mediatore o del tra-duttore, mentre per ovviare a pro-blematiche di comunicazione all’in-terno dell’equipe professionale,composta da varie figure di nazio-nalità diversa, l’inglese, è la linguada usare in tutte le conversazioni,anche fra connazionali.La collaborazione con Emergency siè dunque rivelata un’occasione dicrescita, non solo personale, ma an-che professionale.

Bibliografia1. Emergency, 20 anni di EMERGENCY, n. 70, numero

speciale, marzo 2014.2. Emergency, Code Of Conduct On Humanitarian As-

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8. Tjoflåt1 MSc & B. Karlsen, Challenges in sharingknowledge: reflections from the perspective of anexpatriate nurse working in a South Sudanese ho-spital. Int Nurs Rev. 2012 Dec;59(4):489-93.

Sitografiawww.emergency.itwww.ilsole24ore.comhttp://www.nursesofemergency.net

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Il Nursing nel neonato stomizzato per enterocolite necrotizzante: predisposizione di una scheda di sorveglianza per il monitoraggio della stomia

di Giulia Merlanti, Tesi di laurea in Infermieristica - Relatore: Silvia Fanaro - Correlatore: Piera Paola Trovato

ENTEROCOLITE NECROTIZZAN-TE E STOMIAL’enterocolite necrotizzante, detta an-che NEC, è la più comune e deva-stante patologia che colpisce, trannerare eccezioni, i neonati prematuri edè caratterizzata da necrosi mucosa otrasmurale dell’intestino. Generalmente si localizza nell’ultimotratto ileale e al colon ascendente,ma può coinvolgere nelle forme piùgravi (pancolite) anche gran partedell’intestino. Si presenta come unasindrome grastrointestinale e sistemi-ca che comprende sintomi variabili ese caratterizzata da una prognosi al-trettanto variabile, dal recupero senzasequele fino a un quadro grave diperitonite e sepsi che provoca lamorte del neonato (fig. 1).La sua fisiopatologia non è ancoradel tutto chiarita, ma la maggior par-te degli studiosi concordano sul fattoche la malattia sia il risultato finale diun processo multifattoriale in un sog-getto predisposto. La via finale è unacascata infiammatoria che si scatenanei neonati che presentano determi-nati fattori di rischio, (quali prematu-rità e basso peso, insulto ipossico/ischemico intestinale, inizio dell’ali-mentazione enterale, patogeni inte-stinali) che portano alla necrosi dellaparete intestinale. È una patologia che colpisce tipica-mente i prematuri, soprattutto di pe-so inferiore a 1500 gr, in quanto piùsuscettibili poichè non hanno potutocompletare lo sviluppo di organi eapparati all’interno dell’utero mater-no. I neonati con enterocolite necrotiz-zante sono pazienti critici e per que-sto vengono ricoverati nei reparti di

terapia intensiva neonatale, dove so-no sostenuti nelle loro funzioni vitalida apparecchiature che consentonodi stabilizzare le condizioni del neo-nato, in particolare garantire ventila-zione polmonare e ossigenazioneadeguata e prevenire il raffredda-mento, i traumi, le infezioni.L’approccio a questi pazienti ad altorischio richiede un’attenta osservazio-ne onde prevenire le complicanzeprecoci e/o tardive che possono in-sorgere, valutando la capacità respi-ratoria, circolatoria, metabolica eneurologica, soprattutto attraverso ilmonitoraggio e la stabilizzazione deiparametri vitali. In particolare si stimache la NEC affligga dall’1 al 7% deipazienti ricoverati in TIN e l’incidenzae la mortalità aumentino al decresce-re dell’età gestazionale e del pesoneonatale.L’approccio terapeutico iniziale è di ti-po medico: è fondamentale sospen-dere l’alimentazione enterale e de-comprimere lo stomaco con un son-dino naso-gastrico a caduta, sommi-nistrare nutrizione per via parenteraletotale, sostenere la funzionalità respi-ratoria, infondere soluzioni di colloidi,cristalloidi e amine vasoattive per so-stenere il circolo, antibiotici per limi-tare l’invasione e la traslocazione bat-terica e correggere le alterazioniematologiche e/o elettrolitiche chepotrebbero essere presenti. Devono essere sospesi tutti i farmaciche possono costituire possibili fatto-ri di rischio. Per le frequenti alterazioni della ca-scata coagulativa è inoltre necessarioricorrere frequentemente a trasfusio-ni di plasma.Nel 20-60% dei casi si rende neces-saria la terapia chirurgica, che deveessere riservata ai soli casi in cui laterapia medica sia fallita e ci si trovidi fronte ad una perforazione intesti-nale. L’esistenza di pneumoperitoneodimostrato ecograficamente o radio-logicamente è l’unica indicazione as-soluta al trattamento chirurgico (fig.2).In questi pazienti, quasi sempre incondizioni generali scadenti per lostato settico, dopo aver rimosso lacausa infiammatoria addominale,non è consigliabile l’immediato ripri-stino della continuità intestinale conun’anastomosi diretta per cui si prov-

vede al confezionamento di una sto-mia per “mettere a riposo” l’intestinoe permetterne la guarigione. Una vol-ta risolta la problematica patologicaprincipale, la stomia non ha più moti-vo di essere e può quindi venire ri-mossa. Questa procedura prende il nome diricanalizzazione e serve a riportare al-la normalità il transito intestinale cheera stato deviato dalla stomia. Per stomia si intende l’abboccamen-to di un viscere cavo alla cute per ot-tenere una comunicazione con l’am-biente esterno per permettere l’elimi-nazione degli effluenti oppure intro-durre sostanze a fini nutrizionali o te-rapeutici. Si può classificare dal punto di vistatemporale in temporanea o definitivae il suo nome deriva dal tratto di in-testino che il chirurgo utilizza per rea-lizzarla (digiunostomia, ileostomia,colostomia... fig. 3).La stomia può presentare numerosecomplicanze, che possono essere ri-solte con opportuna terapia medicao con un reintervento chirurgico. Lecomplicanze possono essere precocise insorgono nell’immediato post-

Fig. 1 - Necrosi intestinale in cor-so di NEC

Fig. 2 - Presenza di gas nella venaporta e pneumoperitoneo confalce d’aria subdiaframmatica inortostatismo

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operatorio fino a 15 giorni successiviall’intervento; tardive se insorgononel post operatorio tardivo, che coin-cide con il 15 giorno dal confeziona-mento della stomia.Al fine di prevenire l’insorgenza diqueste complicanze è opportunoeseguire un corretto stoma-care, chesi identifica con l’insieme degli inter-venti che consentono di ottenere unagiusta pulizia e apparecchiatura dellastomia (fig. 4).La scelta dei materiali e le modalitàdi effettuazione dell’igiene, il tipo didispositivo e l’utilizzo di accessori perl’apparecchiatura dello stoma sono infunzione al tipo ed alla sede in cui èstata confezionata, alla sua morfolo-gia ed alla quantità degli effluenti. Il dispositivo di raccolta è un sistemaprovvisto di una parte adesiva chia-mata placca che consente la sua ade-sione alla cute addominale e unasacca che raccoglie le feci che fluisco-no dalla stomia. I dispositivi possonoessere monopezzo o a due pezzi consacche a fondo aperto o a fondochiuso. Gli obiettivi specifici dello stoma-caresono:• mantenere l’integrità della cute pe-ristomale;

• favorire e mantenere la permanen-za in situ del presidio;

• promuovere lo stato di benessere esicurezza.

LA PREOCCUPAZIONE DEI GE-NITORI: L’infermiere come edu-catore terapeutico e figura disupporto emotivoL’infermiere, che si prende cura delneonato garantendo lo stoma-care el’assistenza di base, deve essere unriferimento per la famiglia: queste si-tuazioni così delicate hanno un forteimpatto psicologico sui genitori, chesi sentono impotenti di fronte allamalattia, ma ancora di più nel trovar-si a dover gestire un bambino porta-tore di stomia. Infatti quest’ultimaviene percepita come una pesante al-terazione dello schema corporeo chesuscita una forte preoccupazione etalora comportamenti di rifiuto. Sia il profilo professionale dell’infer-miere, il D.M 739/1994, sia il Codice

Deontologico riconoscono all’assi-stenza infermieristica, oltre alla natu-ra tecnica e relazionale, anche quellaeducativa e formativa[1].Attraverso l’educazione terapeutica,che si identifica come il “processoeducativo che si propone di aiutare lapersona malata (con la sua famiglia enell’ambiente che lo circonda) ad ac-quisire e mantenere la capacità di ge-stire, in modo ottimale, la propria vitaconvivendo con la malattia”, l’infer-miere deve instaurare un rapporto difiducia con i genitori e coinvolgerli viavia sempre di più nel processo di cu-re, fornendo indicazioni sulle moda-lità di alimentazione, sulle cure igie-niche e sulla modalità di sommini-strazione di farmaci, favorendo l’ac-cettazione della patologia e facendoacquisire nozioni e capacità per af-frontare la situazione il più serena-mente possibile. Ciò è molto impor-

tante anche perchè in alcuni casi ibambini vengono dimessi e ricanaliz-zati a distanza di tempo, per cui i ge-nitori devono essere capaci di sapergestire il proprio bambino stomizzatoa domicilio. L’educazione terapeutica si può sud-dividere in due fasi principali:• l’informazione, che è un processopassivo e consiste nel trasferimen-to di un insieme di notizie, racco-mandazioni e istruzioni da un sog-getto emittente ad un ricevente. Lacomunicazione può essere vista co-me uno “strumento terapeutico”,attraverso il quale medici e infer-mieri contengono le paure e le an-gosce dei genitori. Tutte le figureprofessionali che operano in TINsono impegnate in questo impor-tante percorso di comunicazioneallo scopo di facilitare l’avvicina-mento madre-neonato[2].

• La formazione, che prevede mo-menti di affiancamento ed adde-stramento dei famigliari, che con-sentano loro di acquisire tutte leconoscenze e competenze neces-sarie per gestire in prima persona illoro piccolo.

Le caratteristiche della relazione tera-peutica includono l’ascolto attivo, la

fiducia, il rispetto, la genuinità, l’em-patia e la risposta ai problemi dellapersona[3] per fornire un’assistenzapersonalizzata finalizzata al raggiungi-mento dell’autonomia nella cura daparte dei genitori, dando informazio-ni e insegnando nuove abilità, in col-laborazione con gli altri professionistidell’equipe (chirurgo, psicologo, fisio-terapista...) che ruotano intorno alpaziente. Infatti bisogna tenere inconsiderazione il fatto che il neonato-bambino non è in grado di provvede-re a sé stesso ma è dipendente da al-tri, normalmente i genitori, con i qua-li costituisce un’unità bambino-geni-tore, motivo per cui è importante chequesti assumano competenze teori-che e soprattutto pratiche fino al rag-giungimento dell’autonomia. Qualora l’accoglienza e la comunica-zione non fossero fornite adeguata-mente, la madre di un neonato rico-verato in TIN rischia facilmente disentirsi incapace e inadeguata, dele-gando al personale medico ed infer-mieristico l’intera “care” del figlio.L’obiettivo primario è la presa in cari-co dell’intero sistema, ragione per cuii genitori devono essere coinvolti findai primi momenti nell’assistenzaerogata, rendendoli partecipi via viasempre di più delle tecniche assisten-ziali messe in atto, ovvero portarli al-l’accettazione e al coinvolgimento emetterli nelle condizioni di prendereparte attiva ai processi di cura delpiccolo per rispondere ai suoi biso-gni. Ciò consente di ridurre l’ansia e ilsenso di impotenza e di frustrazionedei familiari ed evita iniziative perso-nali non utili e talvolta dannose. Inizialmente, i genitori verranno coin-volti nelle attività assistenziali di base,come l’alimentazione, l’igiene e ilsupporto emozionale. Con il passaredei giorni, si stabilisce un rapporto dicollaborazione, facendo diventare lafamiglia una parte attiva nel processoassistenziale, in cui l’infermiere ha ilcompito di insegnare, guidare e su-pervisionare lo svolgimento delle atti-vità. Durante questi momenti, l’infermieredeve individuare precocemente ledifficoltà e le problematiche che i ge-nitori manifestano oltre a valutare illivello di accettazione.Una volta che la famiglia è diventataesperta, l’infermiere riveste il ruolo diconsulente a cui potersi rivolgere perqualsiasi dubbio.L’infermiere deve inoltre fornire ai ge-nitori delle istruzioni scritte sullo “sto-ma care” e un numero adeguato dipresidi, oltre ad indicare dove poterreperire tutto il necessario per la ge-stione della stomia, rassicurandoliche una volta a casa potranno rivol-gersi all’ unità operativa o all’ ambu-latorio per qualsiasi problema. I geni-tori, tornando a casa, hanno bisogno

Fig. 3 - Neonato stomizzato

Fig. 4: Presidi per l’igiene dellostoma

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di sentirsi tranquilli e sicuri di potercontare sulla competenza e sulla vali-dità delle informazioni ricevute, conla certezza di saper sempre a chi ri-volgersi in caso di bisogno.Dopo la dimissione, il rapporto con ilbambino ed i suoi genitori deve esse-re, perciò, continuo sia tramite con-tatti telefonici, sia tramite controlliperiodici ambulatoriali per poter aiu-tare la famiglia a non interrompere ilsuo sviluppo armonico.L’assistenza infermieristica si devefondare su due concetti importanti:• la professionalità, ovvero la “perfet-ta conoscenza della materia”, ragio-ne per cui l’infermiere è tenuto adavere solide basi teoriche, aggior-nandosi con la formazione conti-nua, con l’analisi critica delle pro-prie esperienze e con il confrontocon altre realtà sanitarie;

• la sensibilità e l’umanità, intese co-me la volontà e la disponibilità adinstaurare un rapporto di fiducia edempatia con la persona assistita, e,soprattutto quando ci si approcciacon i neonati-bambini, con la fami-glia.

Si configura perciò una relazione as-sistenziale complessa, che non siesaurisce nella mera esecuzione de-gli atti tecnici, ma persegue l’obiettivodi umanizzare l’assistenza, vista nelsenso più complesso del “curare” edel “prendersi cura”.

I CASI ANALIZZATIHo preso in esame i casi di 3 neonatiprematuri, ricoverati presso la terapiaintensiva neonatale dell’AziendaOspedaliero Universitaria di Ferrara.Questi neonati sono stati accomunatidalla stessa patologia, la NEC, che hareso necessario il confezionamentodi una stomia.

CASO 1: Nato a 28 settimane gesta-zionali, è stato operato in 3a giornatadi vita per riscontro di segni clinici eradiologici suggestivi di enterocolitenecrotizzante, con conseguente con-fezionamento di una ileostomia. Ildecorso post-operatorio è stato buo-no ma dopo alcuni giorni si sono evi-denziati segni clinici e radiologici diuna sub-occlusione intestinale percui è stato nuovamente operato e glisono state confezionate due stomieileali separate. Il decorso post-opera-torio è stato regolare e una volta cheil bambino ha raggiunto il peso di 3kg circa è stato ricanalizzato e non hapresentato problemi. Le complicanzeche ha avuto sono state il prolasso ela dermatite peristomale.

CASO 2: Nata a 24 settimane gesta-zionali, in 6 giornata di vita è stataalimentata per via enterale. Tuttavial’alimentazione si è rivelata fin da su-

bito mal tollerata e la bambina hacominciato a presentare alvo sfatto esangue rosso vivo nelle feci associatia peggioramento clinico ed addomegloboso e dolente alla palpazione. Èstata operata nel sospetto di esiti diNEC e le è stata confezionata unadoppia ileostomia. Il decorso postoperatorio è stato regolare, eccettoper il prolasso della stomia esclusa,inizialmente durante le crisi di piantoe successivamente anche a riposo. Èstata ricanalizzata e non ha presenta-to problemi.

CASO 3: Nata a 23 settimane gesta-zionali, dalla 7a giornata di vita è stataalimentata per via enterale ma l’ali-mentazione è stata subito mal tolle-rata e la bambina ha cominciato apresentare addome globoso, ristagnogastrico e feci ematiche. È stata ope-rata per sospetta NEC e le è stataconfezionata una doppia ileo-stomia.Dopo diversi giorni le sue condizionisi sono stabilizzate. A causa del fisio-logico accrescimento, le anse sonoprolassate, rimanendo comunqueben riducibili e rosee. È stata ricana-lizzata e non ha presentato problemi.

LA SCHEDA INFERMIERISTICADI SORVEGLIANZA DEL PAZIEN-TE STOMIZZATO: Migliorarel’assistenza a partire dalla do-cumentazioneCon il termine “Documento” si inten-de tutto ciò che vale a provare, a di-mostrare, a confermare un fatto o larealtà di qualcosa. In ambito sanitariola documentazione è uno strumentoirrinunciabile, contenuto all’internodella cartella clinica, che ne costitui-sce la struttura unificante.La documentazione infermieristicacostituisce il supporto necessario pergarantire la continuità, la congruità el’appropriatezza del processo assi-stenziale. Non è quindi, semplice-mente, un mezzo di integrazione del-la memoria dell’infermiere, ma è, piùestensivamente, la banca-dati di rife-rimento per la pianificazione dell’in-tervento infermieristico su una datapersona. Ciò significa che la docu-mentazione infermieristica testimonial’organizzazione dei servizi assisten-ziali svolti nei confronti del ricoverato[4]: è lo strumento che consente di“tenere traccia” nella cartella clinicadelle informazioni circa lo stato di sa-lute dell’assistito e dell’attività dia-gnostico-terapeutica eseguita.Spesso, le prestazioni sanitarie sono“inadeguatamente documentate”, tra-lasciando molti dati che, invece, rive-stono notevole importanza. Ciò va adiscapito sia dell’assistito che delprofessionista, il quale, se coinvoltoin un procedimento giudiziario, risul-ta scarsamente difendibile.

Consultando le cartelle ai fini dell’a-nalisi dei casi precedentemente trat-tati ho riscontrato una carenza nelladocumentazione infermieristica perquanto concerne la gestione dellastomia. Non essendo presente una scheda disorveglianza specifica, spesso le infor-mazioni riportate in cartella sono ri-sultate insufficienti: nel foglio di sor-veglianza attualmente in uso mancauna voce dedicata al monitoraggiodella stomia e lo spazio per le anno-tazioni è molto ridotto. Ne consegueche le informazioni vengano riportatein modo poco esaustivo, non essen-do sempre ben documentate le sosti-tuzioni dei presidi e l’aspetto dellastomia giorno per giorno. Mi sono confrontata con il coordina-tore infermieristico del reparto di Chi-rurgia Pediatrica dell’Azienda Ospe-daliero-Universitaria di Parma, dalcolloquio è emerso che anche all’in-terno della loro Unità Operativa nonesiste uno strumento di registrazionecirca la gestione della stomia nelbambino.Anche nel caso di paziente adulto, èemersa dall’incontro con l’enterosto-mista di questa Azienda la mancanzadi un documento utile alla rilevazio-ne giornaliera dei dati. Tuttavia l’aspetto della stomia e laquantità e qualità degli effluentiemessi sono indicatori molto impor-tanti del benessere del paziente, epossono rappresentare campanelli diallarme di complicanze potenziali. Per questo motivo ritengo utile stan-dardizzare il controllo della stomia at-traverso uno strumento di facile uti-lizzo e di veloce compilazione. Ho pensato utile formulare una miapersonale proposta di “Scheda infer-mieristica di sorveglianza del pazien-te stomizzato” da inserire nella cartel-la clinica di ogni paziente stomizzato,da compilare quotidianamente, apartire dal giorno del confeziona-mento della stomia, fino alla ricana-lizzazione. Lo strumento è diviso in due sezioni:in una prima parte vengono raccoltidati sul paziente e sull’intervento cheha subito, quindi la patologia di basee il tipo di stomia che è stata confe-zionata. Inoltre viene richiesto di an-notare le caratteristiche della stomia,della giunzione muco-cutanea e dellacute peristomale (fig. 5).La seconda parte è dedicata allo sto-ma-care, vi è quindi la possibilità disegnalare quali presidi vengono uti-lizzati per l’apparecchiatura, oppuredi segnalare quando la sacca vienesvuotata, mettendo in evidenza le ca-ratteristiche e la quantità degli ef-fluenti (fig. 6).Ogni attività e osservazione fatta de-ve essere annotata con una crocettao con un dato, segnalando il turno e

anno XXVII n. 2 - Giugno 201620 ARTICOLI ORIGINALI

l’orario in cui viene eseguita. La scheda di sorveglianza va compila-ta ogni volta che la stomia viene os-servata o i presidi vengono sostitui-ti/svuotati e permette di eseguire piùrilevazioni nello stesso giorno e nellostesso turno.Questo strumento deve costituire unsupporto e un riferimento al perso-nale infermieristico per garantire lacontinuità assistenziale.I punti di for-za di tale strumento sono molteplici:• ottimizzazione nella reperibilità del-le informazioni;

• garantire la raccolta sistematica ecompleta delle informazioni neces-sarie per l’erogazione dell’assisten-

za infermieristica;• maggiore controllo e aumento del-la tracciabilità delle attività svolte;

• strumento di integrazione e di co-municazione tra i membri dell’e-quipe assistenziale

• strumento informativo e gestionaleper genitori e familiari che si trova-no nella condizione di assistenza;

• offrire le garanzie necessarie per lacontinuità delle cure infermieristi-che nel possibile percorso assisten-ziale ospedaliero e/o territoriale;

• miglioramento nell’individuazioneprecoce e nella gestione delle com-plicanze.

Penso sarebbe utile testare lo stru-

mento nella pratica clinica per verifi-carne la reale utilità ed eventualmen-te utilizzare questo spunto come ba-se di partenza per arricchire la docu-mentazione esistente.

Bibliografia1. Cecilia Deiana, Gennaro Rocco, Annalisa Silvestro,

Guida all’esercizio della professione di infermiere,C.G Edizioni Medico Scientifiche, 2014.

2. La comunicazione ai genitori dei neonati ricoveratiin TIN e neonatologia, istruzione operativa I-021,Dipartimento riproduzione e accrescimento, U.ONeonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Azien-da Ospedaliero-Universitaria di Ferrara.

3. Piera Baiguera, Mauro Bergamelli, Stella Calatafimi,Eva Contrini, Danila Maculotti, Silvano Mazzucchel-li, Andrea Pasinetti, Patrizia Roda, Simona Rossi,Assistenza infermieristica alle persone portatrici distomie intestinali ed urinarie, ASL Brescia, 2010.

4. Daniele Rodriguez e Anna Aprile, Medicina legaleper infermieri, Carrocci Faber, 2014.

Fig. 5: Scheda infermieristica di sorveglianza del paziente stomizzato, pagina 1

Fig. 6: Scheda infermieristica di sorveglianza del paziente stomizzato, pagina 2

21APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

Emilia Romagna, parere medico-legale: infermieri e medici in team per l'emergenzaDalla newsletter della Federazione Nazionale IPASVI del 15 gennaio 2016 riportiamo la sintesi ed il testo integrale del parere

medico legale richiesto dall’Assessorato regionale sanità in materia di competenze infermieristiche nel 118

“Solo attraverso un meccanismo dicollaborazione tra medico ed infer-miere, nonché altri professionistisanitari, l‘organizzazione ha indub-bi benefici, nel caso specifico riferi-to al sistema di emergenza-urgen-za”. Questo in sintesi il contenuto del“Parere medico legale procedureinfermieristiche del sistema emer-genza territoriale 118”, inviato dallaRegione Emilia Romagna alle Dire-zioni sanitarie delle aziende. Nel parere - in cui trovano riscontroalcuni dei temi trattati dai presi-denti dei Collegi Ipasvi della Regio-ne in occasione dell’incontro del22 dicembre 2015 con il Presiden-te della Regione Stefano Bonaccinie l’Assessore Sergio Venturi si rico-noscono anche all’infermiere ambi-ti specifici di autonomia.La questione, lo ricordiamo, era na-ta a ottobre 2015 dopo una denun-cia alla Procura della Repubblica eprovvedimenti disciplinari di alcuniOmCeo della Regione verso mediciche avevano redatto procedure eistruzioni operative per regolarel'intervento di infermieri sulle am-bulanze del 118, attribuendo alpersonale infermieristico compiti didiagnosi, prescrizione e sommini-strazione di farmaci giudicato dagliordini accusatori “soggetti a con-trollo del medico”.I Collegi Ipasvi dell’Emilia Romagnaavevano subito preso posizione erichiesto l’intervento della Regionerifiutando il concetto di “attribuzio-ne di quell’“atto medico” non me-glio identificato e definito a cui sifa spesso strumentalmente riferi-mento”, ma chiarendo che si tratta-va “di una procedura operata dagliinfermieri impegnati nel Servizio diEmergenza che garantiscono unaprofessionalità e una risposta allacomunità, certificata da una co-stante e impegnativa formazionespecialista secondo protocolli vali-dati dalla letteratura internaziona-le”. “Nessuno ha agito in autonomia o

secondo scelte non lecite – aveva-no a suo tempo dichiarato i presi-denti Ipasvi –: ciò che è stato fattofa parte di un’organizzazione ragio-nata, concordata e sottoscritta datutte le componenti professionalicoinvolte nell’emergenza-urgenza.Chi ha agito, medici e infermieri, loha fatto n base a precise linee diindirizzo validate, nell’interesse pri-mario del cittadino e dell’efficienzadei servizi, che caratterizza l’eccel-lenza nel settore sanitario propriadella Regione Emilia Romagna”.

Ora il parere medico-legale dellaRegione lo conferma e i presidentiIpasvi dell’Emilia Romagna espri-mono soddisfazione per il Docu-mento e in particolare apprezzano,oltre alle sue conclusioni, che si ri-percorra l’evoluzione normativadell’infermiere, incardinandola aiprovvedimenti della Regione, dallalegge 42/99 alla Direttiva2013/55/UE.

“Ci compiace il fatto – hanno di-chiarato – che il gruppo di espertiabbia condiviso il documento Sl-MEU-lRC 2015 in tema di tratta-mento con farmaci o con manovredi emergenza da parte degli Infer-mieri dell’Emergenza Territoriale,che ha, tra l’altro, ricevuto anchel’endorsement degli infermieri tra-mite le proprie società scientifiched’area”.

In attesa che tali interventi venga-no estesi ad altri ambiti di interes-se che saranno oggetto di analisi e

studio, i Presidenti si impegnano apresidiare che le Direzioni acquisi-scano tali indicazioni per tradurlein operatività.

Ora si esprime la Regione in modochiaro ed inequivocabile. Sia in modo diretto “solo organiz-zando le attività di soccorso extrao-spedalieri attraverso la collabora-zione fra medici ed infermieri èpossibile garantire adeguati livelliassistenziali”. Sia attraverso il parere medico-le-gale richiesto: “la posizione di ga-ranzia che consiste nella situazionetipica della titolarità di un obbligopenalmente rilevante non è propriasolo del medico ma attiene a tutti iprofessionisti della salute” e “il la-voro di equipe rappresenta quantoil sistema Nazionale richiede (…)per erogare prestazioni sempre piùcomplesse e di alta specializzazio-ne” ed ancora “l’infermiere lungidall’essere un mero produttore diattività esecutive impartitegli (…) èconcepito come professionista cheagisce all’interno del gruppo di la-voro, detentore di una autonomianella partecipazione” e quindi “indefinitiva si condivide quanto con-tenuto nel documento SIMEU-IRC2015 in tema di trattamento confarmaci o con manovre di emer-genza da parte degli infermieri del-l’emergenza urgenza, considerandoche è garantita la possibilità di con-tatto telematico fra infermieri 118 emedici del dipartimento di Emer-genza Urgenza, per condividere si-tuazioni e segno che richiedanol’effettuazioni tempestiva di parti-colari manovre o terapie salvavita,senza che questo comporti diagno-si e con il rigoroso rispetto di criteridefiniti e condivisi con il personalemedico, ogni qualvolta sia necessa-rio, nell’esclusivo interesse della tu-tela della salute della persona assi-stita”.

IN ALLEGATO IL PARERE MEDICO-LEGALE

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23APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

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25APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

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27APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

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29APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

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31CURE PALLIATIVE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

Progetto di riorganizzazione della Rete delle Cure Palliative

della Provincia di Ferraraapplicazione DGR 560/2015 a cura di Andrea Menegatti

Introduzione alla delibera re-gionaleLa rete delle cure palliative rap-presenta per le professioni sani-tarie uno scenario di enormecomplessità,ma proprio perquesto anche di sfide e di inno-vazione perché nelle cure pal-liative, ma non solo, vengonomessi in discussione i paradigmisu cui le professioni hanno fon-dato e per alcuni versi ancoratenacemente fondano la propriaidentità professionale e cioè chei nostri saperi disgiunti sonoinadeguati a gestire la comples-sità dei pazienti, poiché le sin-gole discipline non bastano perrisolvere una realtà complessacome è appunto quella del pa-ziente che necessita e richiedecure palliative; oggi nessun pro-fessionista può dire di essere ingrado da solo di gestire la com-plessità clinica dei pazienti. Il documento redatto dalla Re-gione indica chiaramente che lacomplessità clinica si affrontacon l’integrazione dei saperi edelle competenze, integrazioneche parte da un sapere discipli-nare certo, appropriato e quindispecialistico accettato da tutti icomponenti della rete per inte-grarsi nel rispondere al bisognodell’altro,il malato e la sua fami-glia. La cultura dell’integrazioneporta a dire che nessuno, nem-meno il professionista più capa-ce, è oggi in grado da SOLO digestire la patologia cronica.La complessità clinica necessitapoi di una rete organizzativadove sono i percorsi e cioè i pa-zienti a definire i servizi più con-soni nelle varie fasi della malat-tia,ecco quindi la rete delle curepalliative e la loro necessità dicoordinamento.Il documento regionale è unasfida per tutte le professioni sa-nitarie che va affrontata con laconsapevolezza che il cambio diparadigma richiede nuove mo-dalità organizzative,la rete ed ilsuo coordinamento, nuovi ap-

procci clinico assistenziali, i per-corsi e nuove figure, i case ma-nager, dove nuovo non è la rivi-sitazione del vecchio come ap-plicazione del detto gattoparde-sco ”fare che tutto cambi perchénulla cambi”.La Commissione Rivista pubbli-cando la sintesi della deliberaregionale intende proseguiresuccessivamente con l’intervistadei colleghi che sono a vario ti-tolo presenti nel coordinamentoper conoscere e far conoscere laloro esperienza.Nei prossimi numeri quindi siproseguirà sul tema dando voceai protagonisti.

Applicazione DGR 560/2015Secondo la legge 38 del 2010 checostituisce la normativa di riferimen-to per questo ambito, le cure pallia-tive sono un insieme di interventi eprestazioni rivolte alle persone af-fette da una patologia ad anda-mento cronico ed evolutivo, per lequali non esistono terapie efficaciai fini della stabilizzazione dellamalattia o di un prolungamentodella vita; la normativa inoltreestende l’attenzione anche al nucleofamiliare del malato.Secondo poi la Delibera della Giun-ta della Regione Emilia-Romagna560 del 2015, le cure palliative sonorivolte a malati di qualunque età enon sono prerogativa della fase ter-minale della malattia. Possono infat-ti affiancarsi alle cure attive fin dallefasi precoci della malattia cronico-degenerativa, controllare i sintomidurante le diverse traiettorie dellamalattia, prevenendo o attenuandogli effetti del declino funzionale.Per soddisfare i bisogni dei malati edelle famiglie è necessario garantireil passaggio graduale dalle cure atti-ve alle cure palliative, attraverso lacondivisione degli obiettivi di cura,evitando così i rischi di una dolorosapercezione di abbandono.Per erogare tale tipologia di cura ènecessario la sviluppo di una Retelocale di cure palliative (RLCP) cheè una aggregazione funzionale eintegrata delle attività di cure pallia-

tive erogate in ospedale, in ambula-torio, a domicilio, in Hospice.Ha come ambito di competenza, dinorma, il territorio dell’azienda USL;laddove sul territorio insista ancheuna Azienda Ospedaliera la retesarà unica.

I NODI DELLA RETE

Nodo OspedaleAll’interno delle strutture ospedalie-re (sia pubbliche che private accre-ditate) le cure palliative dovrannoessere erogate da consulenti specia-listi in cure palliative per pazienticon bisogni complessi nella faseavanzata di malattia e nel fine vita.Dovrà inoltre essere garantito a tuttii pazienti l’approccio palliativo attra-verso la formazione del personaledelle diverse Unità Operative.

Nodo AmbulatorioL’ambulatorio è dedicato a pazientiaffetti da malattie progressive in gra-do di accedere autonomamente alservizio; l’attività è garantita da me-dici specialisti palliativisti (ai sensidel DM 28/3/2013) che operanonei nodi della rete di cure palliative.Presso l’ambulatorio è possibile l’av-vio precoce di cure palliative garan-tendo un graduale passaggio dallafase di cura attiva alle cure palliative.Gli ambulatori di cure palliativerientrano a tutti gli effetti tra le at-tività di specialistica ambulatoria-le, erogata dalle aziende sanitarie.Ha l’obiettivo di prendere in caricoprecocemente il paziente

Nodo HospiceGarantisce le cure palliative in regimeresidenziale a malati, che non posso-no essere assistiti temporaneamenteo in via continuativa al proprio domi-cilio, attraverso equipe dedicate especificatamente formate. Il malato ela sua famiglia in hospice possonotrovare sollievo nei momenti di diffi-cile gestione della malattia per motiviclinici, psicologici, sociali.L’equipe multiprofessionale attraver-so la valutazione multidimensio-nale redige il Piano Assistenziale In-dividuale (PAI) e adotta quale stru-mento di condivisione professio-

anno XXVII n. 2 - Giugno 201632 CURE PALLIATIVE

nale le riunioni periodiche d’equi-pe e la cartella integrata.

Nodo DomicilioLe cure palliative domiciliari sonoerogate dall’Unità di Cure PalliativeDomiciliari (UCPD).L’equipe dell’UCPD è composta daMedico di Medicina Generale(MMG), da Infermiere e MedicoPalliativista dedicati e dalle figureprofessionali necessarie a rispondereai bisogni del paziente e della sua fa-miglia attraverso l’attuazione del PAI.L’UCPD si integra nel modello orga-nizzativo ADI e garantisce sia il livel-lo base che quello specialistico.

LIVELLO BASE prevede un fortecoinvolgimento del MMG che restail responsabile terapeutico del casoma che può contare sulla consulen-za del medico palliativista e su unèquipe infermieristica dedicata especificatamente formata.L’equipe con competenze di curepalliative di base deve garantire l’ot-timale controllo dei sintomi, un’ade-guata comunicazione, il supportosociale, psicologico e spirituale almalato e alla sua famiglia.

LIVELLO SPECIALISTICO, a cui acce-de il paziente quando aumenta lacomplessità clinica ed assistenziale,resta attivo il coinvolgimento delMMG e la responsabilità terapeuticapassa al medico specialista, l’equipeinfermieristica è sempre la stessadel livello base.

ORGANIZZAZIONE DELL’UCPD

Gli interventi dell’équipe dell’unità dicure palliative domiciliari sarannoprogrammati 7 giorni su 7 garan-tendo la pronta disponibilità me-dica sulle 24 ore anche attraversola collaborazione dei medici di con-tinuità assistenziale opportunamen-te formati.Gli infermieri che compongonol’UCPD sono dedicati, intendendoper dedicati infermieri specificata-mente formati e che dedicano il lo-

ro tempo-lavoro alle cure palliative.Nelle aree geografiche di piccole di-mensioni, in cui non è possibileun’organizzazione con infermieriesclusivamente dedicati per il lorotempo-lavoro, questi possono utiliz-zare parte del tempo anche per se-guire pazienti non in cure palliative.L’UCPD sia nel livello base che nel li-vello specialistico deve garantire lafunzione di case manager infermie-ristico per coordinare i diversi inter-venti, supportare l’integrazione deidiversi apporti professionali e favori-re la continuità assistenziale in tuttele fasi del progetto di cura.

Accesso alla reteNella rete locale di cure palliative ègarantito l’accesso e la continuitàdelle cure attraverso un unico puntodi governo dell’accesso alla rete,strumento fondamentale per rag-giungere sia l’obiettivo dell’accessoequo sia l’obiettivo della continuità.

Il punto di accesso• accoglie la domanda assistenzialedi cure palliative pervenuta daMMG, dai professionisti delle unitàoperative ospedaliere, delle strut-ture residenziali e dell’ADI;

• attiva il percorso di valutazionemultidimensionale e multiprofes-sionale per individuare e affidare ilpaziente al setting assistenzialepiù idoneo.

La funzione di Unità Valutativa diCure Palliative sarà affidata alleequipe specialistiche dedicate del-la RLCP.L’equipe a cui sarà affidato il pazien-te definirà e attuerà il PAI (Piano As-sistenziale Individuale) ed indivi-duerà il responsabile del caso (casemanager).

CRONOPROGRAMMA2015/2016 PER APPLICAZIONEDGR 560/2015 IN PROVINCIADI FERRARA

1) Riassetto provinciale della Retedelle Cure Palliative (settem-bre/ottobre 2015).

• Condivisione e attivazione dellaRete Provinciale delle Cure Pal-liative.

• Individuazione di un Coordina-tore Provinciale.

• Forte integrazione fra strutturapubblica e volontariato.

2) Formalizzazione della Rete Lo-cale di Cure Palliative (RLCP)nei diversi distretti: (Ottobre2015).

• Unità di Cure Palliative di basee specialistiche.

• Individuazione dei Punti Unicidi Accesso Distrettuale.

• Individuazione della figura delCase Manager Distrettuale del-le Cure Palliative.

3) Programmazione della forma-zione integrata di equipe otto-bre/dicembre 2015 (realizza-zione anno 2016).

4) Attivazione di una reperibilitàtelefonica del palliativista incollaborazione con il volonta-riato nei diversi distretti (per iMMG e MCA) per garantirel’assistenza 7 giorni su 7 e h.24 (novembre 2015).

5) Potenziamento delle consulen-ze specialistiche domiciliari (ot-

33CURE PALLIATIVE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

tobre 2015).

6) Attivazione della Rete delle Cu-re Palliative nel Distretto Sud-Est (ottobre 2015).

7) Attivazione della Rete delle Cu-re Palliative nel Distretto Cen-tro-Nord (gennaio 2016).

8) Attivazione della Rete delle Cu-re Palliative nel Distretto Ovest(marzo 2016).

9) Apertura di un Ambulatorio diCure Palliative Casa della Salu-te di Copparo (agostro 2015).

10) Apertura di un Ambulatorio diCure Palliative Casa della Salu-te in collaborazione con il vo-lontariato nel Distretto Ovest(gennaio 2016).

11) Progettazione di un HospiceCasa della Salute di Copparo(gennaio 2016).

12) Condivisione ed utilizzo di unsistema informatico/informati-vo per il monitoraggio dell’atti-vità (indicatori) da valutare conICT (gennaio/marzo 2016).

COORDINAMENTO PROVIN-CIALE DELLA RETE DELLE CU-RE PALLIATIVE

Viene istituito il nuovo Coordina-mento RCP e individuato il Coordi-natore. L’obiettivo è quello di gestirein modo unitario il sistema di rete edi garantire ai malati e alle loro fa-miglie continuità assistenziale attra-verso i singoli nodi della rete localedi cure palliative. Il Coordinamento è composto da:• Coordinatore Provinciale della ReteCure Palliative: palliativista Hospicedi Codigoro (FE)• Referente medico dell’ADI: Medicodel DCP (Dipartimento Cure Pri-marie).

• Referente infermieristico dell’ADI:Coordinatore Infermieristico DCP• Referente della MG: MMG Distret-to Sud Est.

• Medico referente di CA: MCA Di-stretto Centro Nord.

• Referente Case Manager: Infermie-re Case Manager Distretto Sud ESt.

• Referenti degli Hospice: HospiceCodigoro - Hospice ADO.

• Referente medico DCP cure pallia-tive: Medico DCP.

• Referente per l’Oncologia AziendaOsp. Universitaria Ferrara: oncolo-go palliativista AUOSPFE.

• Referente per Neurologia di Ferra-ra: Direttore U.O. Neurologia AUO-SPFE.

• Rappresentanti volontariato: ADO

- ANT - ANF.• Referente amministrativo: DCP.Coordinatore dei Direttori di Distret-to: facilitatore.RAD DCP: facilitatore.

Il coordinamento della rete delle cu-re palliative si riunisce almeno unavolta ogni 6 mesi con redazione diun verbale degli incontri. Incontri ag-giuntivi possono essere programma-ti in base alle necessità.

CRITERI D’INCLUSIONE PER LARETE LOCALE CURE PALLIATI-VE DOMICILIARE (PAZIENTISEGUITI DALLA RETE)

1) Pazienti oncologici e non, sensi-bili alla terapia specifica ma su-scettibili di cure palliative domici-

liari.• karnosky < 50%.• sensibili alla terapia specifica ma

sintomatici.2) Pazienti oncologici e non, in fase

terminale.• karnosky < 50% per compromis-

sione di almeno un organo vitale• non sensibili alla terapia specifica.3) pazienti oncologici e non, in fine

vita.• karnosky < 30 per compromis-

sione irreversibile di almeno unorgano vitale.

• non sensibili alla terapia specifica.

PROPOSTE ORGANIZZATIVENODO DOMICILIO

Equipe Sud Est: individuazione case manager infer-

La rete cure palliative a Ferrara oggi

Distribuzione territoriale delle diverse strutture della rete all’internodella provincia di Ferrara

anno XXVII n. 2 - Giugno 201634 CURE PALLIATIVE

mieristico per punto unico di ac-cessoGatti Monican. Infermieri dedicati: per territorio Codigoron. 3 infermieri - Palliativista: GulminiLoretta/ADOper territorio Portomaggioren. 2 infermieri - Palliativista: GulminiLoretta/ADO

Equipe Centro Nord: individuazione case manager infermie-ristico per punto unico di accessoMontanari Caterinan. Infermieri dedicati:per territorio Ferraran. 5 infermieri - Palliativista: ADO/Pi-va Ericper territorio Copparon. 2 infermieri - Palliativista: PivaEric/ADO

Equipe Ovest:individuazione case manager infer-mieristico per punto unico di ac-cessoGulinati Lucian. Infermieri dedicati:per territorio Bondenon. 1 infermiere - Palliativista: Medicostrutturato/ANTper territorio Centon. 2 infermieri - Palliativista: Medicostrutturato/ANT

PROPOSTE ORGANIZZATIVENODO OSPEDALE

ObiettiviCreare riferimenti specifici all’internodei reparti di medicina e specialisticiper la interfaccia con la RCP (retecure palliative).Definire le figure specialistiche di ri-

ferimento per la gestione delle CP.Definire le modalità operative per lagestione dei pazienti candidati a CP

Personale

Referente infermieristico di UOogni UO di Medicina e di Specialisti-ca deve identificare fra il propriopersonale infermieristico una o piùunità che svolgano funzione Infer-miere referente CP.Il referente deve svolgere funzioni dicerniera fra i medici della UO ed la RCP,e di monitoraggio delle CP erogate.

Referente infermieristico RCPRappresenta l’interfaccia con l’IRfUOper la organizzazione delle consu-lenze CP e per la continuità terapeu-ticaal momento della dimissione .

Specialista CPÈ il medico consulente per le CP, efa parte della RCP.Viene attivato dall’IRfUO, nei casicandidati dal Medico di UO.Opera in ospedale, per la valutazio-ne dei pazienti segnalati, la stesuradel programma di CP e la eventualepresa in carico. Provvede, insiemeall’infermiere referente RCP, alla de-finizione ed organizzazione del set-ting di continuità terapeutica.

Nodo Ospedale: modalità organiz-zative

PROPOSTE ORGANIZZATIVENODO AMBULATORIO

Apertura di un Ambulatorio di CurePalliative presso la Casa della Salutedi Copparo (FE).Apertura di un Ambulatorio di CurePalliative in collaborazione con il vo-lontariato nel Distretto Ovest.Conferma degli altri ambulatori giàattivi.

PROPOSTE ORGANIZZATIVENODO HOSPICE

Progettazione di un Hospice Casadella Salute di Copparo (FE).Conferma degli altri Hospice già atti-vi.

35LIBERA PROFESSIONE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

INFERMIERE LIBERO PROFESSIONISTA:“Guida alla creazione del tuo businnes plan”

a cura della Commissione OrientamentoSandro Arnofi, Paola Caponcelli, Loredana Gamberoni, Michela Lonardi, Giulia Forlani

IntroduzioneOggi intraprendere la liberaprofessione per i giovani neo-laureati è sia una scelta cheuna necessità in relazione al-l’andamento del mercato dellavoro professionale che vedepresente “un paradosso” leaziende necessitano di profes-sionisti, oggi presenti sul mer-cato, ma le leggi di conteni-mento della spesa ne rendonodifficile l’assunzione, creando“sacche di disoccupazione” o diprecariato diffuso, diversificatetra le varie parti d’Italia.È un fenomeno questo pococonosciuto dalla professioneinfermieristica italiana, al qualesi stanno cercando vari tipi dirimedi non ultimo incentivare illibero mercato dell’assistenzainfermieristica, stante anche icomplessi bisogni a cui la sa-nità pubblica e privata nonsempre riesce a dare risposta,bisogni dei cittadini con pluri-patologia cronica,assistiti spes-so al proprio domicilio dai fa-miliari o da care giver a paga-mento (assistenti domiciliari).Per intraprendere la libera pro-fessione oltre alle competenzetecniche specifiche occorronocapacità imprenditoriali che siraccolgono sotto lo slogan ”di-venta imprenditore di te stes-so”.Con questa guida costruita peri neo laureati la commissioneorientamento del Collegio Ipa-svi di Ferrara vuole dare uncontributo pratico alla costru-zione di questa capacità im-prenditoriale insieme ad altreiniziative che verranno messein essere nel corso del manda-to.

Che cosa è un businessplan?Il business plan (BS) è un docu-mento che sintetizza i contenuti e

le caratteristiche di un progetto im-prenditoriale (apertura di uno stu-dio infermieristico libero professio-nale). Viene utilizzato sia per lapianificazione e gestione dello stu-dio ché per la comunicazioneesterna verso i potenziali clienti.

Come si articola?Per costruire un BS occorre Indica-re in modo chiaro i servizi che in-tendi sviluppare e quindi indicarequali sono i tuoi potenziali clientinonchè l’area geografica di riferi-mento.È molto importante essere chiari emai ambigui in queste descrizioniche spiegano chi sei, cosa fai e inche settore lavorerai. Successiva-mente presenterai te stesso (concurriculum) ed il tuo studio (sede,orari, indicazioni stradali nonchémezzi pubblici per raggiungerlo,non dimenticarti di indicare la pre-senza di parcheggio).

PER PREPARARE UN BUSINESS PLAN OCCORRE PRIORITARIAMENTE EFFETTUARE

Analisi del mercato (ma-croambiente di riferimento)L’analisi del mercato prevede l’ac-quisizione ed una prima elabora-zione di tutte le informazioni ne-cessarie per inquadrare megliol’ambiente in cui il nuovo studioprofessionale andrà a collocarsi ead operare.In particolare, tale ricerca è finaliz-zata alla raccolta di specifiche infor-mazioni riguardanti il macro-am-biente relativo sia alla popolazionedi riferimento che ai servizi già esi-stenti, in particolare possono esse-re utili i dati demografici, reperibilipresso i servizi demografici del Co-mune interessato, che fornisconoinformazioni in merito all’età dellapopolazione residente, i dati epi-demiologici, reperibili semprepresso i comuni o nei siti ASL, cheindicano le patologie prevalenti da

cui puoi ricavare quali sono i biso-gni di assistenza infermieristica chepuoi soddisfare. È necessaria unamappa dei servizi pubblici o pri-vati accreditati del territorio, lefarmacie presenti (per la possibi-lità di utilizzarle come fonte pubbli-citaria o di collaborazione), l’elen-co dei MMG e/o dei PdS (pediatridi libera scelta), loro sede ecc…,(per la necessità di farsi conosceree stabilire collaborazioni), elenco distudi di altre professioni sanitariees fisioterapisti o logopedisti (perfare rete) infine è molto importan-te conoscere le liste di attesa pertrattamenti, reperibili sui siti dellaRegione e delle ASL.

Analisi della clientelaI dati di cui sopra ti permettono difare un’analisi della possibile clien-tela del tuo studio professionale.Per arrivare alla creazione di seg-menti che rappresentino in modofedele il tuo pubblico di riferimen-to, è importante sondare: • Se il bisogno di assistenza infer-

mieristica è un bisogno che ri-sente della stagionalità o di unparametro demografico e quin-di occorre conoscere:

1. la loro consistenza numerica,ad esempio degli anziani ultra-settantacinquenni perchè è daquesti che provengono i mag-giori bisogni di assistenza infer-mieristica,allo scopo di perveni-re ad una stima della domandapotenziale;

2. il loro comportamento e capa-cità d’acquisto e dunque comegestiscono normalmente l’ac-quisto di servizi infermieristicisimili a quelli che vorresti pro-porre;

3. le loro motivazioni d’acquisto,che spesso non si limitano allasoddisfazione del bisogno prin-cipale collegato alla fruizione diun determinato servizio, ma sicollegano a fattori emotivi e alleloro scelte di vita (qui è impor-tante anche la rete familiare);

4. da chi si fanno influenzare nella

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scelta (familiari,amici, MMG, far-macie ecc);

5. cosa pensano dei servizi giàesistenti sul mercato, concor-renti ai tuoi.

L’obiettivo tendenziale, è quello diarrivare all’individuazione del tar-get individuale, a conoscere cosìbene i consumatori da trattarli nonpiù a gruppi omogenei, ma “unoad uno”.

Analisi della concorrenzaÈ importante l’analisi della concor-renza per rilevare la presenza di al-tri studi professionali (quali equanti ed i servizi erogati l’informa-zione si può reperire dalla segrete-ria del Collegio Provinciale IPASVIdella provincia di riferimento).L’analisi della concorrenza è unaspetto fondamentale del busi-ness plan poichè ti obbliga a riflet-tere sulle possibilità che hai di ven-dere o meno il tuo servizio. Infatti,un’eccessiva concorrenza limita lapossibilità che hai di fare profittinel tempo, poichè la concorrenzavende già i prodotti che tu vuoi ini-ziare a vendere, oppure ti aiuta asegmentare l’offerta (in servizi noncoperti dalla concorrenza ad esem-pio servizi molto specialistici percerte tipologie di pazienti).Questi dati ti permetteranno di fareun swot analisys che in sintesi èun’analisi dei punti di forza e debo-lezza dello studio stante l’analisidel mercato,della clientela e deiconcorrenti effettuata.L’acronimo SWOT, tipico della ter-minologia marketing (SWOT analy-sis), riassume i passaggi fonda-mentali per fare questa chiarezzainiziale:S = (stengths) punti di forza delloStudioW = (weaknesses) punti di debo-lezza dello StudioO = (opportunities) opportunitàpresenti nel mercato

T = (threats) minacce possibili daaffrontareAttraverso la matrice di SWOT aquattro quadranti, si lavorerà sullaconsapevolezza, chiarezza e defini-zione degli elementi utili per unastrategia di marketing partendo dalproprio Studio professionale.

Piano di marketingPoiché lo Studio professionale nonvende prodotti come un’azienda, leregole da seguire saranno decisa-mente più semplici e veloci rispet-to a quanto accade in ambito com-merciale. Occorre comunque cono-scere alcune regole fondamentalinel marketing adattandole alle con-crete esigenze e alla realefattibilità per uno Studio di piccoledimensioni. Il piano marketing serve per defini-re il segmento di mercato a cui sirivolge lo studio professionale,gliobiettivi che si pone, i costi ed i ri-cavi, gli investimenti necessari e la

redditività che vuol raggiungerenonché i vantaggi competitivi chevuoi conseguire.Questo serve a costruire,mantenereed incrementare la notorietà e re-putazione del professionista.

Consigli generali nel co-struire un piano di marke-ting1. Essere proattivo, proporti degli

obiettivi chiari, precisi, raggiun-gibili e misurabili così quandofarai il tuo report di attività po-trai dire se gli obiettivi li hai rag-giunti oppure no, (oltre agliobiettivi economici che sonofondanti per la vita e la soprav-vivenza di uno studio professio-nale).Nel piano devi definire mis-sion,vision e valori che vuoiperseguire con l’apertura del-lo studio;

2. Concentrarsi sui vantaggi peril cliente,servizi offerti,garan-zia di preparazione e compe-tenza,sicurezza delle presta-zioni (uso del materiale mo-nouso è garanzia di sicurezzaper i clienti)(devi rispondere al-la domanda:perché il cliente de-ve scegliere il mio studio e nonun altro?,in che cosa faccio ladifferenza?);

3. Definire il target per la campa-gna promozionale (vedi pubbli-cità).

4. Costruire la tua immagine.5. Avviare il progetto.

Scheda tipo Analisi della concorrenza

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Piano economico

La pubblicità

anno XXVII n. 2 - Giugno 201638 LIBERA PROFESSIONE

Il piano degli investimenti

Il conto economico previsionale

39LIBERA PROFESSIONE anno XXVII n. 2 - Giugno 2016

Sintesi

APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI SUL BUSINESS PLAN• Guida al Business plan (AIFI, IBAN, PriceWaterhouse Coopers) del 2002 con allegato un esempio di business plan; Sito web: www.ai-fi.it/IT/Pubblicazioni/Guide.htm

• Documento di supporto alla presentazione dell’idea imprenditoriale (allegato D all’iniziativa - Il talento delle idee Iniziativa per il so-stegno alla nascita e alla crescita di nuove realtà imprenditoriali proposto da Unicredit e Confindustria Giovani) del 2009; Sito web:www.unicreditgroup.eu/it/events/Event0515.htm

• Il Business Plan: Guida pratica alla stesura di un business plan per uno spin-off accademico (Technology Transfer Office del politecni-co di Milano), del 2008; Sito web: www.ricerca.polimi.it/index.php?id=188

• Business plan: cosa occorre sapere (Start Cup Milano Lombardia) del 2009; Sito web: www.startcupml.net/pagine/Regolamento.aspx• Creare la propria Azienda – Idea di Business e Business Plan del 2009, a cura di Incubatore di imprese – TIS innovation Park Sito Web:http://www.tis.bz.it/aree/incubatore-dimprese/downloads

La rivista Infermiere-Collegio pubblica articoli originali dinatura scientifica, comunicazione di esperienze professio-nali, comunicazione di eventi congressuali e scientifici, let-tere e richieste aventi carattere di interesse generale incampo Infermieristico, Medico e Sociale e comunque atti-nenti la Professione Infermieristica.I lavori possono pervenire su supporto cartaceo ed even-tualmente elettronico e dovranno avere queste caratteristi-che:• lettere, lettere aperte: devono essere dattiloscritte in sin-gola copia e contenere generalità, titoli professionali eistituzione di appartenenza degli Autori, nonché recapitotelefonico e indirizzo completo dell’Autore referente.

• articoli scientifici, comunicazioni professionali: devonopervenire in copia dattiloscritta o su corrispondente di-schetto (in formato PDF o Word) etichettato con nomedegli Autori e titolo dell’opera; il testo degli articoli nondovrà superare le 15 cartelle dattiloscritte di 30 righe,ognuna con 60 battute spazio 2, più un massimo di 5 ta-

belle numerate o fotografie, entrambe in originale.Gli articoli dovranno essere corredati da un riassunto in ita-liano contenuto in 150 parole, nonché da: nome, cognomedell’autore, qualifica professionale, nome dell’ente di ap-partenenza, recapito postale e telefonico. La bibliografia deve essere limitata all’essenziale, i riferi-menti bibliografici vanno indicati con numeri progressiviposti tra parentesi ed inseriti nel corpo del testo.Illustrazioni, fotografie e tabelle devono essere allegate insingoli fogli o in formato elettronico nel dischetto, ordinatenumericamente (Tab. 1; Fig. 1) ed avere qualità elevata diriproduzione grafica.Gli Autori rimangono responsabili dell’autenticità e veridi-cità del contenuto dei lavori inviati, dei riferimenti esposti,dell’originalità delle illustrazioni e tabelle, ecc…Tutti i lavori devono essere inviati in busta chiusa con lette-ra di accompagnamento che autorizza la pubblicazione.I materiali inviati non verranno comunque restituiti salvoespliciti accordi.

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