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NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO A CURA DI DR. MARCO FERRI DR. STEFANO ENRICO DR. EUGENIO FRANZERO

NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

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Page 1: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

NOZIONI

DI

PRIMO SOCCORSO

A CURA DI

DR. MARCO FERRI

DR. STEFANO ENRICO

DR. EUGENIO FRANZERO

Page 2: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Sommario

1 – Introduzione

2 – Valutazione

2.1 Valutazione primaria

2.2 Valutazione secondaria

3 – Tecniche di rianimazione cardiopolmonare

3.1 Sostegno dell’attività respiratoria

3.2 Sostegno dell’attività cardiaca

4 – Emorragie e shock

4.1 Emorragie esterne

4.2 Emorragie interne

4.3 Shock

5 – Lesioni traumatiche dei tessuti molli

5.1 Classificazione

5.2 Trattamento

5.3 Terapia d'urgenza delle ferite

5.4 Lesioni ai tessuti molli del collo

5.5 Lesioni ai tessuti molli della testa

6 - Lesioni traumatiche ostreoarticolari

6.1 Quadro clinico

6.2 Terapia d'urgenza

6.3 Trattamento per distretti

7 – Trauma cranico

8 – Trauma della colonna vertebrale

9 – Traumi del torace

10 – Traumi dell'addome

11 – Ustioni

12 – Lesioni da elettricità

13 - Urgenze ambientali

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Cap. 1 - INTRODUZIONE

Precauzioni generali.

Chiunque operi in qualità di soccorritore è inevitabilmente esposto al rischio di entrare in

contatto con materiale biologico potenzialmente in grado di trasmettere gravi malattie, in primis

l’infezione da HIV ( AIDS) e l’epatite virale di tipo B o C. Appare pertanto indispensabile che tali

soggetti, a protezione della propria incolumità, seguano scrupolosamente le raccomandazioni proposte

dal Ministero della Sanità nelle cosiddette “Linee guida di comportamento per il controllo

dell’infezione da HIV”.

Le “precauzioni universali” da adottare in tutti i contesti assistenziali, prima di venire a contatto

con sangue ed altri materiali biologici, sono di particolare interesse per i soccorritori. Esse vanno

applicate al sangue e ad altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo

evidenziabile, mentre non sono necessarie - in quanto il rischio di trasmissione di HIV è estremamente

basso se non inesistente - in caso di contatto con altri materiali non contaminati da sangue ( saliva,

urina, feci, sudore, lacrime, vomito, secrezioni nasali.

Tutti gli operatori sanitari devono quindi usare di routine idonee misure di barriera per

prevenire l’esposizione cutanea e mucosa nei casi in cui si preveda il contatto con il sangue o altri

liquidi biologici.

I guanti devono essere indossati prima di venire a contatto con il sangue, la cute o le mucose non intatte

degli infortunati, e devono essere sostituiti ad ogni paziente. Mascherine ed occhiali protettivi o

coprifaccia devono essere indossati durante l’esecuzione di procedure che possono determinare

l’emissione di goccioline di sangue o altri liquidi biologici, per prevenire l’esposizione delle mucose

della bocca, del naso e degli occhi. Camici e grembiuli devono essere indossati durante l’esecuzione di

procedure che possono determinare schizzi di sangue o altri liquidi biologici. Le mani devono essere

lavate accuratamente ed immediatamente se si verifica una contaminazione, e dopo la rimozione dei

guanti.

Per prevenire punture accidentali con aghi, questi ultimi non devono essere reincappucciati, o

volontariamente piegati o rotti, rimossi dalle siringhe o altrimenti manipolati. Dopo l’uso gli aghi, le

lame di bisturi ed altri oggetti taglienti devono essere riposti in appositi contenitori resistenti alla

puntura.

Anche se non è provata l’implicazione della saliva nella trasmissione del virus HIV, per

minimizzare la necessità di respirazione bocca a bocca in situazioni di emergenza, è necessario che

siano disponibili boccagli, borse di rianimazione ed altre idonee apparecchiature di ventilazione.

I soccorritori che sono portatori di lesioni essudative o dermatiti secernenti, se sono disponibili

altre persone, devono evitare di prestare attività di assistenza diretta al malato o manipolare

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apparecchiature usate per la cura del paziente.

Approccio al paziente.

Il primo passo nell’opera di soccorso consiste in un corretto approccio al paziente e nella

valutazione, il più completa possibile, dell’evento.

La valutazione del paziente consiste nella raccolta delle informazioni necessarie per stabilire

quale tipo di assistenza debba essere prestata. E’ bene ricordarsi, comunque, che nel corso di tale

procedura il compito principale del soccorritore sarà quello di identificare e correggere ogni condizione

che possa minacciare la vita dell’infortunato

La valutazione del paziente è una procedura sistematica, che deve sempre essere effettuata

nella maniera più completa possibile. Il soggetto traumatizzato, ad esempio, andrà valutato in modo da

determinare la natura e l’entità delle lesioni che presenta, senza dimenticare di rilevare - quando

possibile - l’eventuale presenza di patologie preesistenti, che possono essere esse stesse la causa

dell’incidente o ne possono amplificare gli effetti.

La raccolta delle informazioni non si conclude dopo la valutazione iniziale: il controllo delle

condizioni del paziente va infatti ripetuto più volte, in quanto esse tendono a modificarsi col passare del

tempo, ed è di vitale importanza saper cogliere ogni peggioramento, che può far variare radicalmente le

priorità di assistenza.

I compiti del soccorritore consisteranno quindi:

1. - nell’identificare e cercare di correggere in primo luogo i disturbi che minacciano la

sopravvivenza immediata.

2. - in un secondo tempo, nel cercare di identificare qualsiasi lesione o condizione patologica

sia presente, fornendo un’assistenza di base nel tentativo di stabilizzare le condizioni del

paziente e, se possibile, di migliorarle.

3. - infine, nel cercare di mantenere stabili le condizioni del paziente e nel continuare la

valutazione (monitoraggio) fino all’approdo ad una struttura di soccorso adeguata.

All’arrivo sul luogo dell’incidente, il soccorritore dovrà quindi cercare di raccogliere

rapidamente informazioni:

- osservando il luogo dell’intervento e la sua pericolosità, che comporterebbe il portare via

l’infortunato il più presto possibile.

- ascoltando il paziente - se cosciente e se risponde alla domande - e gli eventuali testimoni.

- valutando la dinamica dell’incidente, che permetterà di sospettare particolari tipi di lesione ad

Page 5: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

essa correlate (es.: fratture in caso di caduta dall'alto o di traumi contusivi - ustioni in caso di

esposizione a vapore, materiali caldi, sostanze chimiche…)

- valutando la presenza di evidenti deformazioni o lesioni (posizione anomala del corpo o degli

arti, presenza di sangue o di ferite evidenti...).

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Cap. 2 - VALUTAZIONE DEL PAZIENTE

2.1 - VALUTAZIONE PRIMARIA

Il CONTROLLO PRIMARIO costituisce la procedura da attuare nell’intento di rilevare la

presenza di problemi che possono minacciare la sopravvivenza immediata del paziente. Non appena

questi vengono identificati, è necessario procedere immediatamente a risolverli al fine di evitare il

decesso.

L’effettuazione di un primo controllo non richiede l’utilizzo di alcun particolare strumento ed

attrezzatura, ed è ben codificata secondo i criteri A B C della rianimazione.

A - Airway

Per fase A (corrispondente all’inglese AIRWAY = VIE AEREE) si intende il controllare e

l’assicurare la pervietà delle vie respiratorie.

Durante questa fase si valuterà per prima cosa la facoltà di risposta agli stimoli, cioè il livello

di coscienza del paziente. In un paziente NON cosciente, in posizione supina, ovvero sdraiato sul dorso

(che è la posizione in cui va sempre messo il soggetto, in quanto è l’unica che permette di effettuare in

maniera corretta le manovre di rianimazione) il rilassamento dei muscoli della lingua ne provoca la

caduta all’indietro, con conseguente immediata ostruzione delle vie aeree. Un paziente privo di

coscienza sdraiato sul dorso è quindi SEMPRE da considerare come un paziente in cui l’aria non può

arrivare ai polmoni, se non mettiamo in atto opportuni provvedimenti immediati.

Si inizia dapprima con un semplice stimolo verbale, ponendo al paziente domande semplici: il

suo nome, la data di nascita, se ricorda cos’è successo… In caso di mancata risposta, uno stimolo

tattile, come toccare il soggetto su una spalla o comunque una sede lontana dalle lesioni visibili, servirà

a richiamarne l’attenzione, se non è incosciente. Ancora, la risposta ad uno stimolo doloroso può essere

evocata pizzicando il margine libero del muscolo trapezio alla spalla, oppure la mano tra il I e il II dito,

nella parte carnosa.

Particolare cura, specialmente nei traumi da caduta ed in quelli che coinvolgono testa, collo e

tronco, andrà posta nel mantenere un corretto posizionamento della colonna vertebrale, non

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potendosi escludere in questi casi fratture al momento non evidenti.

In alcuni casi può essere necessario cambiare la posizione del paziente, specialmente se

rinvenuto in posizione prona, per valutare bene la pervietà delle vie aeree e per poter proseguire con le

manovre di soccorso: il paziente va quindi portato in posizione supina, sdraiato sul dorso.

Per fare ciò, la manovra più semplice consiste in una manovra di rotazione, durante la quale la testa, il

collo ed il tronco vanno mossi come se fossero un blocco unico, così da ridurre la possibilità di

aggravare eventuali lesioni spinali.

Quando da solo, il soccorritore deve inginocchiarsi dietro il paziente, lasciando abbastanza

spazio affinché nella rotazione esso non gli venga addosso. Le gambe vanno raddrizzate lentamente ed

il braccio più vicino al suolo va portato in alto sopra la testa. Una mano va quindi messa in modo da

afferrare saldamente da dietro – a livello della nuca - la testa ed il collo. L’altra mano va invece messa

sotto l’ascella libera del paziente, che viene quindi ruotato su di un fianco e poi sulla schiena, sempre

mantenendo testa e collo in asse con la colonna vertebrale.

La manovra di rotazione riesce meglio ed è più sicura se effettuata da due o più soccorritori, di

cui uno si deve dedicare a bloccare testa e collo ed a controllare il riposizionamento del soggetto. La

manovra di rotazione effettuata da un solo soccorritore deve essere eseguita solo quando si rendono

necessarie immediate misure di rianimazione e non è disponibile personale qualificato.

Se, al momento della prima valutazione, il paziente non risponde agli stimoli, ovvero è in stato

di incoscienza, la prima cosa da fare consiste nell’assicurare la pervietà delle vie aeree, che in

posizione supina vengono ostruite dalla caduta all’indietro della base della lingua.

Nei casi in cui non si sospetta una lesione della colonna vertebrale cervicale, la manovra più

semplice ed efficace consiste nell’iperestensione del capo e sollevamento della mandibola: posti a

fianco della vittima, si utilizza la mano più vicina al suo torace (la destra se si è alla destra del soggetto)

per sostenere e spingere in avanti e verso l’alto la mandibola, facendo forza con le dita sulla parte ossea

di essa.

Nei casi in cui, in base al tipo di trauma (trauma che coinvolge capo e collo, caduta dall’alto,

impatto ad alta velocità…) si sospetti la possibilità di una lesione della colonna vertebrale, NON si

deve assolutamente iperestendere il capo per evitare di sollecitare la colonna cervicale, e la pervietà

delle vie aeree si deve ottenere con la manovra di protrusione della mandibola. A paziente supino, il

soccorritore deve inginocchiarsi dietro la sua testa e, immobilizzando capo e collo con gli avambracci e

le ultime dita delle mani, deve spingere in avanti e verso l’alto la mandibola, facendo forza con gli

indici sugli angoli laterali dell’osso, senza innalzare o ruotare la testa.

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B - Breathing

Per fase B (corrispondente all’inglese BREATHING = RESPIRAZIONE) si intende il

controllare e l’assicurare la funzione respiratoria, consentendo così l’ossigenazione del sangue a

livello polmonare. Se assente la funzione spontanea, sarà compito del soccorritore mantenere una

buona ventilazione facendo ricorso alle tecniche di respirazione artificiale.

Come ogni fase della rianimazione cardiopolmonare, il primo momento deve consistere nella

valutazione dell’attività respiratoria spontanea del paziente: ponendosi a fianco della vittima, con

la testa vicino al suo volto e guardando verso il suo torace, bisogna contemporaneamente Guardare,

Ascoltare e Sentire (GAS):

- Guardare il torace e l’addome, al fine di rilevare i movimenti che indicano l’attività

respiratoria spontanea. E’ utile ricordare che nell’uomo, che ha una respirazione

prevalentemente diaframmatici, sono più evidenti i movimenti a livello della parte

bassa del torace e dell’addome; nella donna, la cui respirazione è prevalentemente

toracica, sono più evidenti i movimenti a livello della parte superiore del torace.

- Ascoltare attentamente per rilevare i suoni prodotti durante la respirazione dai

movimenti dell’aria nelle vie aeree del paziente.

- Sentire, mettendo il volto vicino alla bocca della vittima, per rilevare la presenza

dell’aria espirata da naso e bocca.

Questa valutazione, effettuata correttamente per dieci secondi, permette di rilevare la presenza

di un respiro difficoltoso (dispnea) o assente (apnea).

Se il paziente non respira, bisogna immediatamente intraprendere le procedure di

rianimazione respiratoria, in quanto rapidamente, nel giro di 4 – 5 minuti, si possono instaurare

l’ arresto cardiaco e la morte clinica del paziente, ovvero l’arresto delle funzioni vitali. Nel volgere di

5 minuti dalla morte clinica (cioè dall’arresto cardiocircolatorio) iniziano i danni cerebrali irreversibili,

e nel giro di 10 minuti si arriva alla cosiddetta morte biologica del soggetto.

Se invece il paziente respira in maniera adeguata e le vie aeree sono sicuramente pervie, si può

procedere con il terzo punto della valutazione primaria.

C - Circulation

Per fase C (corrispondente all’inglese CIRCUOLATION = CIRCOLAZIONE) si intende il

controllare e sostenere un’adeguata funzione cardiocircolatoria.

Page 9: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Anche in questa fase, la presenza di attività cardiaca e di una adeguata circolazione sanguigna

va ricercata e valutata per dieci secondi, rilevando il battito di un polso centrale, ovvero la pulsazione

a livello dei grossi vasi del collo (polso carotideo).

Il polso carotideo è facilmente rilevabile dal soccorritore che sta al capo della vittima e si

occupa di immobilizzare la testa di mantenerne la posizione che consente la pervietà delle vie aeree.

Localizzata la cartilagine tiroidea sporgente al centro del collo (il cosiddetto “pomo di Adamo”), si

posizionano su di esso la punta dell’indice e del medio, che vengono fatte poi scorrere lateralmente –

verso il lato del collo più vicino al soccorritore – fino all’incavo che si crea con i muscoli situati lungo

il lato del collo: qui, con una minima pressione, è possibile sentire il polso carotideo. E’ opportuno

sentire il polso dal lato del paziente a fianco del soccorritore e non dal lato opposto, e solo da un lato

per volta, in quanto comprimendo entrambe le arterie carotidi c’è il rischio di interrompere l’afflusso di

sangue al cervello. E’ bene infine annotare la regolarità e la forza del battito, e se possibile la frequenza

del polso.

Se non si rileva nel giro di 10 secondi un’attività cardiocircolatoria apprezzabile, bisogna subito

passare alle manovre di rianimazione cardiopolmonare.

Se invece è presente il polso carotideo in assenza di attività respiratoria, bisogna proseguire con

le tecniche di respirazione artificiale, controllando periodicamente il polso, in quanto l’attività cardiaca

può interrompersi anche in caso di ventilazione assistita.

Se infine il paziente, oltre a respirare spontaneamente in maniera efficace, presenta un polso

carotideo regolare, si può proseguire con il momento successivo della fase C del controllo primario,

che consiste nel ricercare e provvedere al controllo di ogni emorragia profusa, potenzialmente

pericolosa per la vita del paziente.

La ricerca dei punti di emorragia deve essere accurata, ma deve essere fatta con molta

attenzione, tenendo sempre a mente che il paziente può avere lesioni vertebro-spinali o altre lesioni

gravi che ne impediscono od ostacolano lo spostamento.

Innanzitutto, in caso di emorragia esterna è opportuno valutare, anche solo grossolanamente, la

quantità di sangue visibile nell’ambiente, per farsi un’idea delle possibili perdite subite dalla vittima.

Bisogna sempre tener presente che le ferite sanguinano possono essere molto evidenti, ma non sempre

sono così gravi da mettere a repentaglio la vita del paziente, mentre ci possono essere lesioni di organi

interni tali da provocare importanti emorragie, potenzialmente mortali e non così facilmente

evidenziabili. Si ricorda a questo proposito che non solo le emorragie che si sviluppano a livello del

cavo addominale o del cavo toracico sono difficilmente apprezzabili ad un esame esterno, ma che

anche in occasione di frattura di ossa molto vascolarizzate, come il bacino od il femore, l’emorragia

che ne consegue può essere tale da provocare uno stato di shock (la perdita di sangue è valutabile

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intorno ad 1,5 litri nelle fratture di femore e a 2 – 2,5 litri o anche di più nelle fratture di bacino!).

Il soccorritore dovrà prendere provvedimenti immediati in caso di ferite in cui il sangue stia

zampillando (emorragia di tipo arterioso) o fluendo liberamente, tenendo presente che la compressione

diretta in corrispondenza della ferita è spesso il metodo migliore per controllare un’emorragia esterna.

Nei casi in cui vi sia un sanguinamento profuso, è importante monitorizzarne l’andamento,

ricordandosi di tenere sempre sotto controllo l’attività respiratoria. Nel caso invece di un’emorragia

lenta, ma che perduri da parecchio tempo, bisogna considerare che la perdita ematica, anche se

quantitativamente importante, può essere tenuta sotto controllo dai meccanismi di compenso

dell’organismo, ma che qualsiasi ulteriore emorragia può essere pericolosa per la vita, portando il

paziente verso una fase di shock non più compensato.

Dopo aver completato il primo controllo, cercando di correggere tutti i fattori che possono

minacciare la vita del paziente a mano a mano che vengono riscontrati, e ripartendo tutte le volte da

capo con il controllo primario fino ad essere sicuri che le vie aeree siano pervie, che vi sia una buona

attività respiratoria, che il polso carotideo – indice dell’attività cardiaca – sia presente e che si sia

arrestata qualsiasi evidente abbondante emorragia, si potrà procedere al trasporto del paziente in

ambiente idoneo alla fase successiva della valutazione, cioè alla cosiddetta VALUTAZIONE

SECONDARIA .

2.2 – VALUTAZIONE SECONDARIA

L’obiettivo della VALUTAZIONE SECONDARIA consiste nello scoprire disturbi medici e

problemi collegati alle lesioni che, pur non costituendo una minaccia immediata alla sopravvivenza,

possono diventarlo o comunque possono causare gravi disagi se non vengono trattati. Ovviamente, se il

paziente presenta una lesione traumatica tale da minacciarne la sopravvivenza, si rende necessario il

trasporto immediato ad un centro di soccorso immediato dove verranno prestate le cure necessarie a

garantire la sopravvivenza e verrà poi iniziata la valutazione secondaria.

E’ opportuno a questo punto riesaminare il luogo dell’ intervento di soccorso, valutando se sia

sicuro sia per il paziente sia per il soccorritore, se siano stati tralasciati o dimenticati particolari della

dinamica dell’incidente degni di nota, o se vi siano altre vittime con lesioni di minor entità che hanno

bisogno di cure.

Page 11: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

La valutazione secondaria prevede in primo luogo il colloquio con il paziente – se cosciente –

e con eventuali testimoni dell’evento.

Bisogna cercare di rilevare i principali sintomi accusati dalla vittima, chiedendo quali siano i

più importanti, verificando se il paziente soffre e localizzando la zona dolente – la maggior parte degli

infortunati sarà infatti in grado di indicare le parti del corpo dolenti – ed indagando sulla presenza di

intorpidimenti, formicolio, bruciore o altre sensazioni insolite a carico degli arti, possibili indici di

lesioni spinali se conseguenti a traumi della colonna vertebrale, che sconsigliano di muovere il

paziente più del necessario durante il resto della valutazione.

Nel caso di lesioni, è opportuno informarsi sulla dinamica dell’incidente: ogni volta che ci

troviamo di fronte ad un paziente disteso bisogna cercare di sapere se si è messo spontaneamente in

quella posizione, se vi è stato messo da altri, se è caduto o se ha perso i sensi e vi si è ritrovato alla

ripresa della coscienza.

Ancora, bisogna indagare sulla presenza di malattie concomitanti, che possono influire sulla

prognosi, o sull’eventuale assunzione di farmaci. Se le medicine assunte dal paziente sono presenti sul

luogo dell’infortunio, è importante raccogliere tutti i contenitori – specie se la vittima è incosciente - e

portarli in ospedale. Se possibile, informarsi anche se il paziente riferisce allergie a qualche medicinale.

Il colloquio non deve essere condotto come una parte isolata del controllo secondario, ma n va

effettuato contemporaneamente all’esame obiettivo ed ella rilevazione dei parametri vitali.

• Per prima cosa, bisogna dare rapidamente un’occhiata generale alla vittima, al fine di

rilevare subito qualsiasi cosa sembri insolita nelle sue condizioni, quali la presenza di ferite

evidenti, ustioni, fratture ed ogni deformazione o tumefazione evidente, ulcere o chiazze

sulla pelle, tracce di sangue.

• Bisogna quindi valutare il livello di coscienza, monitorandolo fino all’arrivo del personale

di soccorso e soprattutto cercando di cogliere ogni possibile peggioramento.

Per fornire una semplice scala di valutazione, il paziente si può presentare:

o Vigile e cosciente di quello che sta succedendo, orientato sia nel tempo che nello

spazio (sa quindi facilmente rispondere a domande quali “Che giorno è?”, “Dove

siamo?”…).

o Con risposta agli stimoli verbali: il soggetto risponde, magari in maniera confusa,

alle domande che gli vengono poste, oppure esegue ordini semplici quali “Apri la

bocca”, Apri gli occhi”,”Tira fuori la lingua”…

o Con risposta solo agli stimoli dolorosi: Il soggetto reagisce a stimoli dolorosi quali

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il pizzicamento della spalla o della mano.

o Non cosciente: il paziente NON risponde agli stimoli.

• Tenendo sempre presente che anche i pazienti che sembrano stabili possono peggiorare

improvvisamente, mentre si procede con la valutazione bisogna sempre prestare attenzione

ad eventuali cambiamenti, e soprattutto all’insorgenza di perdita di coscienza, di nuove

emorragie o di ripresa di emorragie che sembravano sotto controllo, di sintomi ch e possono

precedere uno stato di shock come irrequietezza, ansia, sudorazione abbondante, pallore

cutaneo.

• La determinazione dei parametri vitali (polso, respirazione, pressione del sangue e

temperatura corporea) richiede poco più di un minuto ed è di grande importanza per

valutare la gravità delle condizioni della vittima di un trauma. Solitamente la prima

valutazione dei parametri vitali viene eseguita al termine della valutazione primaria e va poi

ripetuta più volte, fino all’arrivo in ospedale del paziente, al fine di monitorare le variazioni

e riconoscere prontamente un eventuale peggioramento.

o Polso: per “polso” si intende la percezione del battito cardiaco a livello di un’arteria

periferica palpabile, provocato dalla dilatazione – o pulsazione – del vaso al

passaggio del sangue. Normalmente, in un paziente cosciente viene valutato il polso

radiale, che si rileva palpando l’arteria radiale all’altezza del polso, 2-3 cm a monte

della base del I dito. Se non si può o non si riesce a valutare il polso radiale da un

lato, bisogna provare dall’altra parte. Se anche così non è possibile rilavare il battito,

e come regola in caso di grosso trauma o do soggetto non cosciente, si valuta il polso

carotideo, come spiegato in precedenza.

� Il primo fattore da valutare consiste nella frequenza del polso: si tratta cioè

di determinare il numero di battiti al minuto.

La frequenza del polso – e quindi la frequenza cardiaca – varia da individuo

ad individuo, ed è influenzata dall’età, dal sesso, dalle condizioni e

dall’attività fisica, da farmaci e da altri fattori estrinseci.

In un adulto normale, a riposo, essa è compresa solitamente tra i 60 e gli

80 battiti al minuto; se supera i 100 si parla di tachicardia, sotto i 60 di

bradicardia.

� Il ritmo del polso si riferisce alla regolarità delle pulsazioni: il polso può

quindi presentarsi ritmico o aritmico, qualora gli intervalli tra le pulsazioni

Page 13: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

non siano costanti.

� La forza del polso è data dalla pressione del sangue sulle pareti del vaso.

o Respiro: un atto respiratorio completo è costituito da una fase di inspirazione, in cui

l’aria viene immessa nei polmoni, e da una fase di espirazione, in cui viene espulsa.

� La frequenza respiratoria rappresenta il numero di atti eseguiti in un minuto,

ed è normalmente compresa tra 12 e 20 atti al minuto nell’adulto a riposo.

Valori superiori ai 28 atti respiratori al minuto o inferiori a 10 sono da

considerare indice di grave compromissione respiratoria, che richiede un

intervento medico non appena possibile.

� Il ritmo si riferisce alla regolarità o meno con cui si susseguono gli atti

respiratori.

� La profondità si riferisce invece alla quantità di aria che viene inspirata ed

espirata, distinguendosi quindi un respiro superficiale, poco efficace, da un

profondo.

o Pressione sanguigna: la pressione va misurata non appena siano state completate al

rilevazione del polso e del respiro. Bisogna tener presente che, non conoscendo

quale sia la pressione normale di un soggetto, un’unica determinazione della

pressione può essere poco significativa: sarà quindi necessario effettuare ripetute

misurazioni della pressione mentre si presta assistenza e si provvede al trasporto del

paziente, in quanto le variazioni della pressione sono un indice molto importante

dell’andamento clinico. Si distingue una pressione massima, o sistolica,

corrispondente alla fase di contrazione del cuore, nella quale il sangue viene spinto

in circolo, ed un pressione minima o diastolica, corrispondente alla fase di

rilasciamento cardiaco. Si parla di ipertensione arteriosa quando i valori sono

superiori a 160/100 mmHg e di ipotensione quando la P massima è inferiore a 100

mmHg ( i millimetri di mercurio – mmHg – si riferiscono all’unità di misura dello

sfigmomanometro, lo strumento che serve a misurare la pressione sanguigna).

Per misurare la pressione sanguigna mediante auscultazione è necessario avere

sfigmomanometro e stetoscopio. Il bracciale dello sfigmomanometro va applicato al

braccio, circa 3 cm sopra la piega del gomito, dopo essersi assicurati che il braccio

non presenti lesioni manifeste o sospette. Non ci devono essere vestiti tra la cute del

paziente ed il bracciale, e l’eventuale manica arrotolata non deve stringere il braccio

(meglio togliere maglie e camicie, se possibile, o tagliare gli abiti, se necessario).

Page 14: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Il paziente deve essere seduto o sdraiato, con il braccio alla stessa altezza del cuore.

Gli auricolari dello stetoscopio vanno posti, puntati in avanti, nelle orecchie, ed il

diaframma dello strumento va appoggiato al livello della piega del gomito. Il

bracciale dello sfigmomanometro viene quindi gonfiato fino a 20 – 30 mmHg oltre il

valore in cui si avverte la scomparsa delle pulsazioni. Facendo defluire quindi

lentamente l’aria dalla valvola si arriva ad un valore di pressione al quale la

pulsazione sarà nuovamente avvertibile: quello corrisponde alla pressione massima.

Sgonfiando ancora il bracciale, ad un certo punto i suoni delle pulsazioni si

trasformano in colpi attutiti e soffocati, fino a scomparire: a quel valore corrisponde

alla pressione minima.

o Temperatura corporea: Non è necessario misurare con un termometro la

temperatura orale o ascellare del paziente; spesso è sufficiente valutarne la

cosiddetta “temperatura relativa”, tastando semplicemente la fronte col dorso della

mano. Facendo questo, si può anche rilevare se la cute del paziente si presenta secca

oppure umida e sudata.

L’ESAME OBIETTIVO eseguito nel corso della valutazione secondaria deve essere

sistematico, condotto dalla testa ai piedi. È opportuno che il soccorritore, mentre esegue l'esame

obiettivo, indossi tutte le attrezzature protettive necessarie per evitare la contaminazione con il sangue

del paziente.

L'esame deve cominciare con il controllo della regione cervicale, in modo da identificare subito

possibili lesioni spinali, da non aggravare con movimenti incongrui, o gravi lesioni della trachea o della

laringe che possono provocare l'ostruzione delle vie aeree.

La valutazione non dovrà essere effettuata fase per fase in tutti i pazienti: dovrà invece essere

incentrata sul principale sintomo manifestato dal paziente, sulla natura dell'incidente e sulla gravità

delle condizioni. Nell'approccio adottato sarà quindi opportuno usare buon senso.

È importante fare attenzione a non infettare eventuali ferite e a non aggravare le lesioni

esistenti. Se l'emorragia si è fermata, non bisogna tirare i vestiti o la pelle intorno alla ferita, ne

tantomeno tentare di ispezionarla, pena la ripresa del sanguinamento. Vanno scostati e rimossi solo i

capi di vestiario che interferiscono, senza tentare di sfilare i vestiti dagli arti del paziente, ma piuttosto

tagliandoli.

Page 15: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Vediamo quindi come condurre l'esame obiettivo regione per regione

- COLLO : la prima cosa da fare consiste nel controllare il rachide cervicale al fine di rilevare

eventuali deformazioni o zone dolenti alla palpazione. L'esplorazione inizia con la valutazione della

parte posteriore del collo, e viene effettuata infilando delicatamente le mani con i palmi rivolti verso

l'alto sotto i lati del collo del paziente, facendo scorrere le dita lungo l'area della colonna cervicale. Si

deve controllare la parte posteriore del collo dalle spalle alla base del cranio, esercitando con le dita una

moderata pressione. Se si evidenziano segni che indicano una possibile lesione vertebrale, bisogna

interrompere momentaneamente l'esame, immobilizzare temporaneamente testa e collo (se possibile

con un apposito collare) e riprendere poi la visita trattando paziente come se fosse portatore di una

lesione vertebro-spinale finché non sia possibile escluderne radiologicamente la presenza.

Si ispeziona quindi la parte antero-laterale del collo, cercando i segni di eventuali lesioni, quali

tumefazioni o deviazioni della laringe (pomo d'Adamo), ferite, ecchimosi evidenti.

- TESTA: si controlla dapprima tastando delicatamente con le dita il cuoio capelluto per

individuare tagli, e mattoni, tumefazioni ed altri segni di lesione. In caso si sospettino lesioni vertebrali,

particolare attenzione dovrà essere riposta nell'esaminare la zona della nuca senza muovere il collo del

paziente. Con la palpazione, bisogna stare attenti anche a rilevare qualsiasi affossamento o

deformazione che potrebbe indicare la presenza di una lesione cranica. È opportuno inoltre controllare

le zone facciali e palpare delicatamente fronte, zigomi, mascelle e mandibola per cercare di identificare

eventuali segni di frattura.

Si controllano quindi gli occhi del paziente: in caso di presenza di tagli, ustioni o altre lesioni

delle palpebre bisogna presumere che sia presente anche una lesione oculare e praticare le cure del

caso. Ad occhi aperti, vanno valutate inoltre le dimensioni, la simmetricità e la reattività delle pupille

allo stimolo luminoso.

Vanno poi ispezionati il naso ed orecchie - sempre senza ruotare la testa del paziente -

ricercando la presenza di lesioni, sangue o scolo di liquido trasparente, il c.d. liquido cerebro spinale,

da ritenere sempre indice di frattura della base cranica. Va infine riesaminata attentamente la bocca,

cercando e controllando qualsiasi cosa possa essere sfuggita al primo controllo ed in grado di causare

ostruzione alle vie aeree, quali corpi estranei, denti rotti, protesi dentarie, sangue o vomito.

- TORACE : l’ispezione è finalizzata alla rilevazione di lesioni evidenti, quali tagli, ematomi,

ferite penetranti, presenza di oggetti conficcati e di fratture.

È bene ricordarsi che, in un paziente traumatizzato grave od incosciente, l’ispezione richiede di

Page 16: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

spogliare il paziente, eventualmente tagliando gli abiti per rimuoverli. Bisognerà quindi comprimere

delicatamente il torace per evidenziare eventuali fratture, tastando le clavicole, lo sterno, i lati della

cassa toracica ed infine le scapole, infilando delicatamente le mani sotto il paziente.

Si controlla poi che il torace si espanda in maniera uniforme, appoggiando i palmi delle mani

alle basi ed ai lati di esso, cercando di rilevare eventuali movimenti abnormi, e si ascoltano con lo

stetoscopio i rumori che indicano un corretto ingresso di aria nei polmoni.

- ADDOME : anche qui l'esame ha lo scopo di rilevare la presenza di lesioni, quali tagli,

ematomi, ferite penetranti ed oggetti conficcati. È importante valutare se il paziente cerca di proteggere

l'addome flettendo di arti inferiori e quindi procedere alla palpazione delicata di tutto l'addome in modo

da rilevare l'esistenza di zone particolarmente dolenti o di masse evidenziabili.

- PELVI : anche qui, si ricerca dapprima la presenza di lesioni evidenti, poi si procede ad

esercitare con le mani una leggera compressione delle anche, rilevando qualsiasi risposta dolorosa e

deformazione.

- REGIONE INGUINO-GENITALE : la zona non va generalmente scoperta a meno che non

si sia ragionevolmente sicuri della presenza di una lesione, che può consistere in una ferita, in

un’ustione, nella presenza di oggetti conficcati o nei segni di lesione spinale.

- ARTI INFERIORI : per esaminare gli arti inferiori ed i piedi può essere necessario scostare o

tagliare i vestiti: le lesioni vengono osservate meglio ed i danni ridotti al minimo, se i gambali dei

panta-loni vengono tagliati ed allontanati dal punto della lesione.

Bisogna ispezionare ogni arto, uno alla volta, dall'anca al piede, cercando segni di lesione (quali

deformità, tumefazioni, ferite ed emorragie, protrusioni ossee) evitando inizialmente di muovere o

sollevare gli arti del paziente. Dopo aver controllato visivamente gli arti, bisogna palparli delicatamente

alla ricerca di zone di iperestesia, in corrispondenza di possibili focolai di frattura. È quindi opportuno

controllare se la circolazione in corrispondenza degli arti è compromessa o addirittura interrotta,

valutando la presenza del polso distale di ogni piede, che va ricercato palpando il dorso del piede

appena a lato del tendine dell'alluce.

Infine, va controllata la funzionalità nervosa e la presenza di eventuali paralisi, valutando prima

la sensibilità tattile, semplicemente toccando in diversi punti i piedi e poi la funzione muscolare,

facendo flettere ed estendere i piedi.

- SCHIENA : è l'ultima parte del corpo che va esaminata. Dopo essersi accertato che non vi

siano segni di lesioni craniche, cervicali, alla colonna vertebrale ed agli arti, il soccorritore deve ruotare

Page 17: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

delicatamente il paziente verso di sé tenendolo come se fosse un blocco unico, per poterne ispezionare

e palpare la superficie della schiena alla ricerca di lesioni evidenti e di eventuali punti di emorragia. Si

ricorda che questa manovra è più opportunamente eseguita da almeno due soccorritori che lavorino in

coppia, di cui uno sarà impegnato nel mantenere la testa ed il collo sempre in asse con la colonna

vertebrale, soprattutto in caso di pazienti privi di coscienza.

Page 18: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 3 - TECNICHE DI RIANIMAZIONE

CARDIOPOLMONARE

Esistono diverse condizioni che possono causare un rapido decesso, tra cui l'arresto

respiratorio , spesso accompagnato dall'arresto dell'attività cardiaca. Il ripristino della corretta attività

respiratoria ha quindi la precedenza su tutte le altre misure di assistenza di pronto soccorso.

Le tecniche utilizzate per mantenere in vita un paziente con un disturbo che ne minaccia la

sopravvivenza vanno sotto nome di tecniche di base per la rianimazione. Le procedure utilizzate non

fanno uso di farmaci né di stimolatori elettrici, come avviene invece con le tecniche avanzate di

rianimazione. Applicare le corrette misure di rianimazione può contribuire a rendere stazionarie o

migliorare le condizioni del paziente durante l'assistenza ed il trasporto in ospedale, garantendo così le

più alte possibilità di sopravvivenza.

3.1 - Sostegno dell’attività respiratoria.

Come già detto, il ripristino di una corretta respirazione è la prima misura di assistenza che deve

essere adottata.

La respirazione consiste nel processo che porta l'ossigeno dell'atmosfera ai polmoni, dove

viene poi immesso nel flusso ematico. Sempre durante il processo respiratorio, l'anidride carbonica

passa dal sangue ai polmoni, e da qui viene poi espulsa nell'atmosfera. La funzione respiratoria, inoltre,

non può essere separata dalla circolazione sanguigna. Non è sufficiente, infatti, ricevere ossigeno a

livello di scambio dei polmoni: l'ossigeno deve anche essere trasportato dal sangue alle cellule.

Contemporaneamente, l'anidride carbonica, prodotta nei tessuti dell'organismo, deve essere trasportata

verso i polmoni per essere poi eliminata. Respirazione e circolazione sono quindi processi strettamente

collegati, la cui insufficienza porta a morte dell'individuo.

Si distingue quindi una fase di morte clinica, che corrisponde al momento in cui la respirazione

e l'attività cardiaca si arrestano, ed una di morte biologica, che corrisponde al momento in cui le

cellule cerebrali del paziente vanno incontro a danni irreversibili: mentre le prime lesioni cerebrali si

hanno nel giro di 4-6 minuti alla morte clinica, alla morte biologica si arriva nell’arco di dieci minuti

Page 19: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

dall'arresto cardio-circolatorio.

L’atto respiratorio è, normalmente, una funzione automatica. Anche se è possibile, per brevi

periodi di tempo, controllare la frequenza e l'ampiezza del respiro, per la maggior parte del tempo

questa è involontaria, e viene controllata dai centri del sistema nervoso centrale preposti alla

respirazione e sensibili al livello di anidride carbonica e di ossigeno presenti nel sangue. Normalmente,

il processo respiratorio si ripete da 12 a 20 volte al minuto in un individuo adulto a riposo, e ad ogni

atto respiratorio viene inspirata, e poi espirata, una quantità di aria pari a circa mezzo litro (500 cc.).

Si parla quindi di insufficienza respiratoria per indicare sia l'interruzione della normale

respirazione, sia la riduzione della funzione respiratoria fino al punto in cui l'apporto di ossigeno non è

più sufficiente a mantenere in vita il paziente. Quando la funzione si interrompe completamente, si ha

la condizione dell'arresto respiratorio.

Nel prestare soccorso d'un infortunato, sarà quindi importante saper riconoscere i segni di una

respirazione normale. Bisogna perciò controllare che vi siano i movimenti di sollevamento ed

abbassamento del torace che solitamente accompagnano la respirazione, e che questi movimenti siano

equilibrati da entrambi i lati. Si ricorda, a questo proposito, che i movimenti respiratori sono più

evidenti a livello del torace nella donna, mentre nell'uomo possono essere più evidenti a livello

dell'addome in quanto la respirazione è prevalentemente di tipo diaframmatico. Si ascoltano poi i suoni

prodotti dall'aria che entra ed esce dalle vie aeree, e si deve sentire con la mano o sul viso il movimento

dell'aria che entra ed esce dal naso del paziente. All'ispezione visiva è importante inoltre controllare la

colorazione della pelle che deve essere rosea e non bluastra o grigia. Nel rilevare poi i segni vitali, si

valuteranno la frequenza e l'ampiezza degli atti respiratori

La posizione migliore per attuare le procedure per la valutazione delle vie respiratorie e per

effettuare eventualmente la respirazione artificiale del paziente è quella supina.

Se, per raggiungere tale posizione, il paziente deve essere spostato, si dovranno adottare tutti gli

accorgimenti necessari per proteggere il collo e la colonna vertebrale, per evitare ogni possibile

aggravamento di lesioni o fratture potenzialmente presenti. Si ricorda, questo proposito, che la manovra

di rotazione è la manovra più semplice per spostare il paziente da una posizione prona ad una posizione

supina. Questa manovra è inoltre più facile e meno rischiosa se è effettuata da due o più soccorritori,

uno dei quali si deve occupare di bloccare la testa ed il collo del paziente, mantenendoli allineati al

rachide ed in leggera trazione.

Pervietà delle vie aeree

La prima cosa da fare, durante la valutazione primaria dell'infortunato, consiste nel controllare

Page 20: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

ed assicurare la pervietà delle vie respiratorie del paziente.

A parte la possibile presenza di corpi estranei, la causa più comune di ostruzione delle vie

respiratorie è la lingua: mentre la testa si flette in avanti, la lingua può facilmente scivolare indietro

causando un'ostruzione delle prime vie aeree. Inoltre, se il paziente é privo di coscienza, la muscolatura

della mandibola e del pavimento della bocca si rilassa, aumentando ulteriormente il rischio di

ostruzione delle prime vie aeree da parte della base della lingua.

La pervietà delle vie respiratorie, può essere quindi spesso ho ottenuta semplicemente attuando

le corrette manovre che impediscono l'ostruzione delle vie aeree da parte della lingua.

Nel trattare un paziente traumatizzato, specialmente in casi di trauma al volto, al collo, o

comunque sopra la linea della clavicola, o in caso di perdite di coscienza, l'unica procedura attuabile,

che garantisca una buona pervietà delle vie aeree senza rischio di aggravare una possibile lesione

spinale, è la manovra di protrusione della mandibola. Messo supino il paziente, ci si inginocchia dietro

la sua testa, appoggiando i gomiti alla stessa superficie su cui è disteso. Ci si piega quindi in avanti e si

posiziona una mano su ogni lato del mento del paziente in corrispondenza degli angoli laterali della

mandibola. Si immobilizza quindi la testa tra gli avambracci, e si spinge in avanti verso l'alto la

mandibola, esercitando gran parte della pressione con indice e medio. La testa del paziente non va

assolutamente ruotata né innalzata. Può inoltre essere necessario abbassare leggermente il labbro

inferiore del paziente con il pollice onde permettere un migliore afflusso di aria.

Le altre manovre che garantiscano la pervietà delle vie respiratorie comprendono un movimento

di iperestensione della testa, e vanno quindi assolutamente vietate in caso di traumi con possibili lesioni

alla testa, al collo o alla colonna vertebrale. Sono quindi manovre molto utili impazienti privi di sensi,

ma che non abbiano subito traumi, e sono altresì attuabili in paziente traumatizzati, ma che sicuramente

non presentano lesioni al capo o al collo.

La semplice manovra di iperestensione del capo consiste nel cambiarne la posizione in maniera

tale che non sia troppo flesso sul torace. Se il paziente è disteso a terra, spingere semplicemente in

maniera delicata verso il basso la testa utilizzando il palmo della mano sarà sufficiente a iperestendere

il capo. Eventuali cuscini o oggetti posizionati sotto la testa del paziente vanno rimossi, così da

prevenire una eccessiva flessione in avanti.

All’iperestensione della testa, è possibile e molto utile associare la manovra di sollevamento del

mento, che viene effettuata con la punta delle dita della mano libera. Le dita vengono infatti utilizzate

per spingere in avanti e verso l'alto il mento del paziente e sostenere la mandibola. È importante,

durante questa manovra, non comprimere i tessuti molli presenti a livello del pavimento della bocca,

cioè sotto la mandibola. La bocca del paziente non deve essere chiusa: per ottenere l'adeguata apertura,

sarà necessario a volte utilizzare il pollice per spingere indietro il labbro inferiore.

Page 21: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Respirazione artificiale.

La respirazione artificiale viene definita rianimazione polmonare. Questa consiste

nell'immettere artificialmente aria nei polmoni del paziente, al fine di consentire i normali scambi

gassosi, ovvero di permettere all'ossigeno di entrare in circolo e di eliminare l'anidride carbonica. È

utile ricordare che, ad ogni atto respiratorio, il nostro organismo utilizza soltanto ¼ dell'ossigeno

presente nell'aria inspirata; nell'aria espirata, quindi, la percentuale di ossigeno è ancora di circa il 16%,

più che sufficiente a garantire l'ossigenazione del paziente. È utile e raccomandabile, al fine di evitare

il contatto con materiale biologico potenzialmente infetto, praticare la respirazione artificiale

utilizzando una maschera con valvola unidirezionale, oppure un respiratore tipo pallone ambu.

Respirazione bocca a bocca.

Questa tecnica può essere eseguita da una persona senza alcuna attrezzatura particolare; si tratta

della tecnica di rianimazione di base più utile ed è abbastanza semplice, per il soccorritore, valutarne i

risultati. E’ importante eseguire la respirazione bocca a bocca utilizzando contemporaneamente le

manovre prima descritte per mantenere la pervietà delle vie aeree.

Una volta iniziato il sostegno respiratorio, questa procedura dovrà essere proseguita fino a

quando l’infortunato riprenderà la respirazione spontanea, oppure fino a quando verrà affidato ad un

altro soccorritore qualificato. Se, monitorando le funzioni vitali durante la rianimazione polmonare,

viene rilevato l’arresto cardiaco, si dovrà immediatamente iniziare la rianimazione cardio-respiratoria,

ovvero la respirazione artificiale associata al sostegno della funzione cardiaca.

Per quanto riguarda la respirazione artificiale su di un paziente adulto, la frequenza ottimale è di

12 atti respiratori al minuto ovvero 1 ogni 5 secondi: per stabilire questa frequenza, è utile contare

“mille-uno, mille-due, mille-tre, mille-quattro, mille-cinque…”. Mentre il respiro medio di un adulto a

riposo provoca il movimento di circa 500 cc. di aria, per ottenere una ventilazione artificiale efficace

sarà necessario somministrare al paziente circa il doppio di questa quantità.

Vediamo ora, punto per punto, come applicare le manovre di rianimazione polmonare:

1. nell’approccio con il paziente bisogna innanzitutto stabilire se è in grado di

rispondere agli stimoli: se non lo è, è opportuno chiedere aiuto ad un altro

soccorritore.

2. Il paziente va posizionato in maniera adeguata e bisogna assicurarsi che le vie

Page 22: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

respiratorie siano pervie. Se necessario, occorre rimuovere vomito, sangue o

corpi estranei che ostruiscono le vie respiratorie.

3. Bisogna quindi determinare se il paziente respira e se la respirazione è adeguata:

saranno sufficienti per fare questo 10 secondi, dopo di che, se è il caso, si

procede con le manovre di rianimazione polmonare.

4. In caso non vi sia pericolo di lesioni spinali, il paziente va mantenuto nella

condizione ottimale di iperestensione della testa. Inginocchiati a fianco del

paziente, si utilizzano il pollice e l’indice della mano che viene usata per tenergli

la fronte per tappargli in naso. Si ricorda ancora che è meno rischioso, per la

possibile trasmissione di malattie infettive, impiegare una mascherina facciale

con valvola unidirezionale.

5. A questo punto bisogna fare un ampio respiro e poi posizionare la bocca

sull’estremità superiore della maschera, quando disponibile, o in corrispondenza

della bocca del paziente, in modo che vi sia una stretta aderenza tra le labbra del

soccorritore e la bocca del soggetto. Ricordarsi di tenere tappato il naso!

6. Si soffia quindi nella bocca del paziente fino a quando il torace si solleva e si

avverte la resistenza opposta dai polmoni che si espandono. E’ opportuno

fermarsi nell’insufflazione quando si nota il sollevamento del torace del paziente

in modo da non fornire una ventilazione eccessiva. Se il primo tentativo di

respirazione artificiale non riesce, è bene riposizionare la testa del paziente e

quindi riprovare.

7. Si stacca quindi la bocca da quella del paziente per consentirgli di espirare

passivamente. Si riprende quindi da capo il ciclo.

8. Se il paziente non inizia a respirare spontaneamente dopo due respirazioni,

bisogna controllare il polso carotideo: se il cuore pulsa ma il paziente ancora non

respira si continua nella maniera sopra descritta con la respirazione artificiale; se

invece l'attività cardiaca risulta assente, bisogna immediatamente procedere con

le manovre di rianimazione cardio-polmonare associate.

È abbastanza facile verificare che la ventilazione artificiale praticata sia efficace: il torace si

solleva e si abbassa in corrispondenza dell'immissione ed emissione di aria, e sarà inoltre possibile

udire ed avvertire sulla guancia l'aria che lascia i polmoni del paziente.

I problemi più comuni riscontrati applicando la tecnica di respirazione bocca a bocca

comprendono:

- la mancanza di una perfetta aderenza alla bocca del paziente

- la mancata chiusura del naso che permette la fuga di aria

Page 23: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

- la mancata pervietà delle vie respiratorie, sia per la presenza di un'ostruzione da

corpi estranei, sia per una manovra di iperestensione della testa non corretta o di un

posizionamento non preciso del capo.

Durante le procedure di respirazione artificiale, facilmente può entrare dell'aria delle vie

digestive del paziente, provocando quindi la dilatazione dello stomaco: questo può significare che le

vie respiratorie sono bloccate, con la conseguente deviazione dell'aria delle vie digestive, oppure che

l'aria viene insufflata in quantità eccessiva o troppo violentemente.

Un leggero rigonfiamento gastrico non desta normalmente preoccupazione, ma se è importante

può causare due gravi problemi. In primo luogo, lo stomaco pieno d'aria riduce il volume polmonare e

quindi riduce l'efficacia della ventilazione. In secondo luogo, è molto probabile che si verifichi

rigurgito o vomito, aggravando l'ostruzione delle vie respiratorie o provocando l'aspirazione del vomito

di polmoni del paziente, con conseguente possibile insorgenza di una grave polmonite.

Il modo migliore per evitare la dilatazione gastrica è quello di posizionare accuratamente la

testa del paziente, al fine di evitare le deviazioni dell'aria nelle vie digestive, e di non effettuare

ventilazioni troppo violente o troppo veloci e limitarne il volume: per questo è opportuno osservare il

sollevamento del torace ad ogni ventilazione.

È importante non attuare nessun tentativo per fare uscire l'aria dello stomaco a meno che non

siano immediatamente disponibili dispositivi di aspirazione, proprio per evitare la possibile

inondazione delle vie aeree da parte del vomito. Se si nota quindi l'insorgenza della dilatazione

gastrica, bisogna in primo luogo cercare di riposizionare la testa del paziente in modo da aumentare la

pervietà delle vie aeree. Se c'è l'oggettivo pericolo che il paziente si metta a vomitare, è opportuno

girarlo su di un fianco.

Respirazione bocca a naso

A volte, per fortuna raramente, la respirazione artificiale con la tecnica bocca a bocca non è

applicabile, sia per la configurazione atomica del soggetto (il mento può essere molto sfuggente

specialmente in un paziente senza denti), sia per la possibile presenza, in un paziente traumatizzato, di

lesioni gravi alla bocca o alla mandibola. In questi casi sarà da utilizzare la tecnica di respirazione

bocca a naso. Tenendo una mano sulla fronte del paziente per tenere la testa iperestesa e quindi

mantenere pervie le vie respiratorie, l'altra mano verrà utilizzata per chiudere la bocca del paziente.

La bocca del soccorritore dovrà quindi aderire perfettamente al naso del paziente, nel quale

verranno praticate le insufflazioni; durante questa fase la bocca del paziente dovrà quindi essere chiusa.

Quando viene invece fatto effettuare al paziente l’espirazione passiva, bisognerà a staccarsi dal naso di

aprirgli leggermente le labbra, per favorire la fuoriuscita dell'aria.

Page 24: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Respirazione bocca a maschera.

L’aria utilizzata proviene sempre dai polmoni del soccorritore, ma si utilizza una mascherina

dotata di un boccaglio con una valvola unidirezionale, che permette il passaggio di aria solo verso la

vittima e protegge il soccorritore dal contatto con la saliva. La maschera è inoltre dotata di un bordo

morbido, che aderisce in maniera ottimale al volto della vittima.

Respirazione con pallone Ambu.

Il pallone di Ambu è un particolare dispositivo che permette di ottimizzare le manovre di

ventilazione. Ad una maschera facciale come quella descritta prima si applica un pallone

autoespansibile. Comprimendo il pallone, si invia aria alla vittima; rilasciandolo, questo si espande

aspirando aria dall’ambiente, aria che contiene una percentuale di ossigeno maggiore dell’aria già

espirata dal soccorritore (circa il 21% contro il 16%).

L’aria può essere ulteriormente arricchita applicando al pallone una sorgente di ossigeno

(bombola) si arriva così ad una percentuale vicino al 45 – 50%. Se poi si applica un secondo pallone

(reservoir), si può giungere a dare al paziente ossigeno praticamente puro (più del 90%)

Ostruzione delle vie respiratorie

La pervietà delle vie aeree, nel paziente traumatizzato, può essere minacciata in diverse

circostanze.

Una frequente causa di ostruzione è la lesione diretta dei tessuti, che può essere presente in caso

di ferite trapassanti o di lesioni da schiacciamento che coinvolgono la regione del collo o del volto.

Ancora, in caso di immissione di aria molto calda nelle vie aeree, come avviene negli incendi, o in

caso di ingestione accidentale o volontarie di veleni o di sostanze caustiche o corrosive, può verificarsi

il rigonfiamento dei tessuti della faringe e delle prime vie aeree, con conseguente ostacolo al transito di

aria.

Infine, tra le cause di ostruzione meccanica bisogna considerare la presenza di corpi estranei.

Spesso, si tratta di alimenti introdotti accidentalmente nelle vie respiratorie. Nel soggetto traumatizzato,

invece, si tratta più frequentemente di protesi dentarie, denti rotti, vomito o sangue che si accumula in

gola.

In caso di incidente, il meccanismo che ha prodotto la lesione e l'esame del luogo in cui si è

verificato l'evento possono dare qualche informazione par valutare la gravità della ostruzione delle vie

respiratorie.

Il paziente cosciente cercherà probabilmente di indicare la bocca o si terrà il collo cercando di

segnalare un problema alle vie respiratorie. È importante, in questo caso, domandare al paziente se può

Page 25: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

parlare e quindi invitarlo a tossire: una tosse forte e potente indica infatti un passaggio sufficiente di

aria. L'azione della tosse, inoltre, è spesso sufficiente a sbloccare le vie respiratorie e ad espellere il

corpo estraneo.

Nei casi in cui il paziente presenti una parziale ostruzione delle vie respiratorie, ma non possa

tossire, o la tosse sia molto debole, esso va considerato e trattato come se fosse presente una ostruzione

completa delle vie respiratorie, in quanto questa situazione può instaurarsi rapidamente.

Il paziente non cosciente con un'ostruzione completa delle vie aeree non presenterà alcun

segno di respirazione, ovvero movimenti ritmici del torace e passaggio di aria attraverso il naso e la

bocca. Poiché, nella maggior parte dei casi, l'ostruzione è causata dalla caduta indietro della lingua, la

prima cosa da fare sarà di assicurarsi delle vie aeree siano libere, attuando le manovre descritte in

precedenza (iperestensione del capo; ispezione del cavo orale).

Le tecniche utilizzate per liberare le vie aeree variano a seconda che il paziente sia cosciente

oppure privo di coscienza.

Compressioni manuali sull'addome ( manovra di Heimlich).

Le compressioni addominali vengono impiegate per fare uscire dei polmoni bruscamente una

notevole quantità di aria, sufficiente in genere a rimuovere l'oggetto causa dell'ostruzione.

È importante ricordarsi di non utilizzare mai le compressioni addominali su donne in gravidanza

o su neonati o bambini molto piccoli. La procedura cambia a seconda che il paziente sia cosciente e

quindi in grado di rimanere in piedi o seduto, oppure sia incosciente e quindi coricato in posizione

supina.

Con il paziente cosciente, in piedi o seduto, si procede nel seguente modo:

1) il soccorritore si mette alle spalle del paziente e passa un braccio sotto le

ascelle, intorno alla parte bassa del torace.

2) Si stringe quindi la mano a pugno e la si porta all'altezza della zona epigastrica,

ovvero nella zona sopra l'ombelico.

3) Con l'altra mano, passata sotto l'ascella opposta, si afferra il pugno della prima

mano e si esercita una decisa pressione verso l'interno e verso l'alto, in

direzione del diaframma del soggetto, con un movimento rapido ed uniforme.

Questo farà sì che il pugno comprima l’addome del paziente, provocando

l'innalzamento del diaframma e la fuoriuscita dell'aria dei polmoni. La manovra

va ripetuta per cinque volte.

Con il paziente in posizione supina va effettuato in maniera diversa:

Page 26: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

1) il soccorritore si inginocchia e si posiziona a cavalcioni del paziente a livello

delle cosce, rivolto verso il torace del soggetto.

2) Si posiziona la base del palmo di una mano nella zona epigastrica del paziente,

leggermente al di sopra dell'ombelico.

3) Si appoggia quindi la mano libera sopra la mano già posizionata e si tendono le

braccia fino ad irrigidirle a livello delle spalle e dei gomiti. Le spalle dovranno

essere quindi quasi perpendicolari all'addome del paziente.

4) Si esercita quindi una serie di compressioni premendo le mani in profondità e

verso l'alto in direzione del diaframma del paziente. Questa sequenza va

ripetuta cinque volte.

Compressioni manuali sul torace.

La compressione del torace viene utilizzata in sostituzione di quella addominale quando si tratti

una paziente gravida oppure quando la persona è di dimensioni tali da non consentire al soccorritore

posto dietro di essa di circondarne la vita con le braccia. Anche in questo caso la metodica è differente

a seconda che sia applicata ad un paziente cosciente in piedi o seduto oppure ad un paziente incosciente

o comunque in posizione supina.

Nel primo caso, analogamente a quanto descritto in precedenza, il soccorritore si posiziona alle

spalle del paziente e gli infila le braccia sotto le ascelle in modo da circondare il torace. La mano stretta

a pugno va posizionata sullo sterno del paziente sulla linea mediana del torace. Si afferra quindi il

pugno chiuso con l'altra mano e si esercitano in rapida sequenza delle compressioni dirette

posteriormente.

In caso il paziente sia privo di sensi, una volta posizionatolo in posizione supina, il soccorritore

deve inginocchiarsi a fianco di esso a livello del torace, con le ginocchia rivolte verso di lui. Si

appoggia il palmo di una mano sulla linea mediana dello sterno, a 2-3 dita di distanza dall'estremità

inferiore; l'altra mano va quindi posizionata sopra la prima e, anche in questo caso, si distendono le

braccia e il soccorritore si sporge in avanti fino a che le spalle non siano perfettamente perpendicolari

alla linea mediana del torace del paziente. Si pratica quindi una serie di compressioni distinte verso il

basso applicando una forza sufficiente a comprimere la cavità toracica. (è la stessa posizione che

vedremo utilizzare per fare il massaggio cardiaco)

Colpi sulle spalle.

Violenti colpi dati a mano aperta sulle spalle possono favorire l’espulsione del corpo estraneo

che occlude le vie respiratorie. Ovviamente, questa manovra si può eseguire solo nel paziente

Page 27: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

cosciente, non sdraiato. In un primo momento, quindi, si alterneranno 5 manovre di Heimlich a 5 colpi

sulle spalle, fino ad espulsione del corpo estraneo o alla perdita di coscienza da parte del paziente.

Rimozione diretta di un corpo estraneo con le dita.

Se l'oggetto che occlude le vie aeree è in parte o completamente sbloccato, può essere tentata la

rimozione manuale. È importante in questo caso indossare sempre guanti di protezione e, soprattutto,

fare attenzione a non spingere l'oggetto ancora più in profondità nella gola. In ogni caso, se non si

riesce a vedere l'oggetto, è bene e evitare di usare le dita alla cieca o delle sonde per trovarlo. In caso il

paziente sia privo di coscienza, si può ottenere una buona apertura della bocca mediante la tecnica di

sollevamento della lingua e della mandibola: in questo caso sia la lingua che la mandibola vanno

afferrate tra il pollice e le dita della mano, eventualmente aiutandosi con un fazzoletto od una garza per

evitare che scivolino, e vanno sollevate per allontanare la lingua dal retro della faringe. A questo punto,

è possibile inserire l'indice della mano libera nella bocca, e passarlo lungo la parete interna della

guancia verso la base della lingua. Utilizzando quindi il dito come se fosse un uncino, si cercherà

quindi di smuovere l'oggetto per spingerlo nella bocca, da dove può poi essere rimosso. È bene

ricordarsi che un paziente cosciente, durante queste manovre, presenta dei riflessi faringei che possono

provocare il vomito, e che questo a sua volta può essere aspirato nei polmoni ed essere causa di

ulteriore ostruzione.

Schema di comportamento da adottare in caso di ostruzione delle vie aeree da corpo estraneo secondo

i criteri BLS (Basic Life Support):

In caso si intervenga su un paziente adulto e cosciente bisognerà:

1. determinare in primo luogo se è presente un'ostruzione completa delle vie aeree

e controllare se il paziente quindi può parlare o può produrre una tosse violenta

ed efficace.

2. In caso ciò non avvenga, applicare 5 compressioni addominali (Heimlich) in

rapida successione.

3. Se anche in questo caso non si ha avuto successo, alternare alle compressioni

addominali 5 colpi sulle spalle, e ripetere la sequenza fino a quando il corpo

estraneo ostruente non verrà espulso oppure il paziente arriverà a perdere

coscienza.

In caso di intervento sul paziente adulto che perde coscienza all'arrivo dei soccorsi, sia

Page 28: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

spontaneamente, sia perché le tecniche eseguite non hanno avuto efficacia, si procederà come segue:

1. utilizzando la manovra di sollevamento della mandibola e della lingua si apre la

bocca e si attua la tecnica di rimozione dei corpi estranei con le dita ad uncino.

2. Si inizia quindi la respirazione artificiale (2 ventilazioni).

3. Se questa non ottiene risultati desiderati, si passerà a praticare 15 compressioni

toraciche a paziente supino.

4. Si ripete quindi la manovra di sollevamento di lingua e mandibola e la rimozione

di eventuali corpi estranei con le dita.

5. Si tenta quindi nuovamente di praticare la respirazione artificiale (2 ventilazioni)

6. Si prosegue alternando 15 compressioni toraciche a 2 ventilazioni, sempre

precedute da un tentativo di rimozione manuale dei corpi estranei, fino ad

ottenere il risultato desiderato. A volte, ciò può non avvenire, ed

indipendentemente dalla volontà del soccorritore il paziente va incontro a morte.

Qualora non si riesca a sbloccare l'ostruzione, è indispensabile l'immediato trasporto del

paziente presso una struttura medica. È opportuno continuare comunque nei tentativi di rimozione

dell'ostacolo, in quanto la possibilità di successo possono aumentare col tempo mentre i muscoli del

paziente progressivamente si rilassano. È bene inoltre ricordarsi di controllare l’attività cardiaca, in

quanto facilmente all'arresto respiratorio segue l'arresto cardiaco, e può rendersi necessaria una

rianimazione di tipo cardio- polmonare.

Si ricorda che le compressioni toraciche in questa fase non hanno lo scopo di far circolare il

sangue, ma unicamente di far uscire l’aria dai polmoni per smuovere l’ostacolo: è perfettamente inutile

infatti far circolare del sangue che non è ossigenato, in quanto non arriva aria nei polmoni!

3.2 - Sostegno dell’attività cardiaca (rianimazione cardiopolmonare).

Esiste uno stretto rapporto tra la funzione del cuore, dei polmoni e del cervello.

Nel paziente in arresto respiratorio, di solito il cuore continua a pompare sangue per alcuni

minuti, ma il sangue che raggiunge il cervello non contiene più abbastanza ossigeno per alimentarne le

cellule. Viene così ad essere alterato il funzionamento dei centri del sistema nervoso centrale che

governano l’attività cardiaca, con conseguente alterazione del ritmo e quindi arresto cardiaco. Senza un

adeguato apporto di sangue ossigenato, inoltre, il cervello andrà incontro a danni irreversibili.

Page 29: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

D’altra parte, in caso di arresto cardiaco, quasi immediatamente si arresta anche l’attività

respiratoria. Il sangue non arriva più ai polmoni e non si ossigena, né tantomeno circola nei tessuti

dell’organismo: senza un corretto apporto di ossigeno, anche il cervello subisce quindi dei danni

irreversibili.

In entrambi i casi, dalla morte clinica, condizione non ancora irreversibile caratterizzata

appunto dall’arresto dell’attività cardiorespiratoria, si passerà pertanto in pochi minuti alla morte

biologica, caratterizzata questa da danni irreversibili delle cellule cerebrali.

Le tecniche di rianimazione cardiopolmonare (RCP) associano il sostegno della ventilazione,

come già visto, al sostegno dell’attività cardiocircolatoria. Lo scopo delle manovre è di garantire una

buona ossigenazione del sangue a livello polmonare, insieme alla circolazione di esso nei tessuti

dell’organismo, anche in assenza dell’effetto di pompa del cuore. Il sangue viene infatti fatto circolare

dal soccorritore mediante l’applicazione di compressioni esterne sul torace del paziente.

L’azione pompante prodotta dal massaggio cardiaco esterno ha un’efficacia pari soltanto ad un

terzo di quella della normale attività cardiaca: per aumentare l’arrivo di ossigeno nei tessuti, è perciò

necessario somministrare ossigeno supplementare durante le manovre di RCP in tutti i casi in cui sia

possibile (presenza di bombola di ossigeno – ventilazione con pallone Ambu).

Massaggio cardiaco esterno

Il paziente in arresto cardiaco (valutazione del polso carotideo per 10”) deve essere posizionato

su di una superficie rigida (il pavimento!) in posizione supina: bisogna evitare gli spostamenti inutili,

ma in caso di arresto cardiaco la RCP va iniziata il più presto possibile, e può essere effettuata con

efficacia solo in questa posizione.

Il soccorritore si inginocchia a lato del paziente, rivolto verso di lui.

Si identifica il punto di compressione: con una mano si palpa il margine dell’arcata costale e lo

si segue fino al punto in cui si congiunge con lo sterno. L’altra mano viene fatta scendere sulla linea

mediana lungo lo sterno fino a congiungersi con la prima, e si posiziona con il palmo a piatto adiacente

ad essa. Le due mani si sovrappongono , con le dita rivolte in direzione opposta al corpo del

soccorritore, senza appoggiare sul torace della vittima.

Si irrigidiscono e si tendono le braccia ed i gomiti, che non devono piegarsi durante il

massaggio. Ci si sporge quindi in avanti finchè le spalle non sono perpendicolari alle mani,

direttamente sopra lo sterno del paziente.

Si praticano quindi le compressioni schiacciando la cassa toracica verso il basso, con una forza

tale da far abbassare lo sterno di circa 4-5 cm. quando s rilascia la compressione sul torace, si riportano

le spalle nella posizione iniziale senza mai piegare i gomiti né sollevare le mani.

Page 30: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Ogni volta che si allontanano le mani dal punto di compressione, bisogna ripetere la manovra di

identificazione per essere sicuri di comprimere sul punto giusto.

È importante che il rilascio della pressione abbia la stessa durata dell fase di compressione, per

permettere al cuore di riempirsi di sangue.

Il ritmo ottimale di compressioni è di 80 – 100 colpi al minuto.

Sia che si lavori da soli, sia che i soccorritori siano due, bisogna alternare 2 ventilazioni ogni 15

compressioni cardiache esterne.

Da soli, sarà necessario spostarsi al capo del paziente per le ventilazioni ed al fianco per le

compressioni: ogni volta andrà reperito in maniera corretta il punto di compressione.

Se si è in due, un soccorritore si occupa delle valutazioni e si pone al capo del paziente: sarà suo

compito inoltre provvedere a ventilare la vittima. Il secondo soccorritore, oltre ad occuparsi di

chiamare il soccorso avanzato nei primi momenti, si pone a fianco della vittima e provvede a sostenere

il circolo con il massaggio cardiaco esterno.

Indicazioni alla RCP.

La rianimazione cardiopolmonare è una procedura che prevede l’applicazione dell’ ABC di

primo soccorso. La ventilazione della vittima, infatti, è inutile se le vie aeree non sono pervie e non

lasciano arrivare l’aria ai polmoni, sede degli scambi gassosi; d’altra parte, non serve far circolare il

sangue se questo non è ossigenato.

La decisione di iniziare una RCP deve essere pertanto suggerita dai dati delle valutazioni

primarie, eseguita secondo lo schema dell’ABC del pronto soccorso (v. cap. 1).

Ogni AZIONE deve essere preceduta da un momento di VALUTAZIONE.

Inoltre, bisogna ricordarsi che con la RCP non si rimuove la causa dell’arresto

cardiorespiratoria, ma si mantiene solo più a lungo ossigenato – e quindi in vita – il cervello della

vittima: si ritarda cioè l’instaurarsi delle lesioni cerebrali irreversibili che caratterizzano la morte

clinica del paziente. Questo significa che per far riprendere un’attività cardiaca e respiratoria spontanea

alla vittima è necessario intervenire con mezzi di soccorso più avanzati, defibrillazione, farmaci: DA

SOLI NON SI RISOLVE IL PROBLEMA, quindi la prima co sa da fare è DARE L’ALLARME.

Vediamo dunque qual è la sequenza corretta delle manovre di RCP:

1. Si valuta la coscienza rilevando la risposta agli stimoli (chiamare e scuotere la vittima).

2. Se la vittima non è cosciente, si grida aiuto.

3. Si posiziona la vittima supina e si scopre il torace.

Page 31: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

4. Si garantisce la pervietà delle vie aeree con l’iperestensione del capo o – in caso di

trauma – sollevando la mandibola.

5. Si valuta la presenza di attività respiratoria spontanea per 10 secondi

(G.A.S. = Guardo – Ascolto – Sento)

6. Si effettuano 2 ventilazioni di emergenza.

7. A questo punto, prima di procedere e quindi di non potersi più staccare dal paziente, se

non sono ancora arrivati i soccorsi o se non si è certi che qualcuno li abbia chiamati, se

si è da soli si va a chiamare aiuto.

8. Si valuta la presenza di attività cardiaca spontanea, cercando il polso carotideo e

valutandolo per 10 secondi.

9. Se è assente, si iniziano le compressioni cardiache esterne e se ne fanno 15.

10. Si prosegue alternando 2 ventilazioni e 15 compressioni cardiache esterne fino

all’arrivo dei mezzi di soccorso avanzato o finchè il paziente non da segni di ripresa

dell’attività cardiorespiratoria spontanea (movimenti degli arti, colpi di tosse…)

11. Se avviene ciò (è raro), si ripetono le valutazioni al contrario: C –B – A

- C: si valuta il polso carotideo per 10” :

- se assente si prosegue con massaggio e ventilazioni

- se presente si passa a valutare B

- B: si valuta l’attività respiratoria (G.A.S.) per 10” :

- se assente si prosegue con il sostegno della respirazione

(12 ventilazioni al minuto)

- se presente si passa a valutare A

- A: si valuta la coscienza, chiamando e scotendo la vittima.

Le tecniche di RCP possono risultare inefficaci a causa di diversi fattori, sia nella fase di

ventilazione sia in quella di supporto ventilatorio:

- la testa del paziente non è nella posizione corretta, e di conseguenza le vie aeree sono

chiuse per la caduta all’indietro della lingua.

- la bocca del paziente non è aperta a sufficienza per permettere il passaggio dell’aria.

- l’aderenza alla bocca o al naso del paziente non è perfetta, oppure la maschera facciale o

quella dell’Ambu non aderiscono bene al volto.

- il naso non è ben chiuso durante la respirazione bocca a bocca.

- il paziente non è sdraiato su una superficie rigida, il che non consente una buona

compressione de cuore.

- le mani del soccorritore non sono posizionate correttamente sul torace della vittima.

Page 32: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

- il torace non viene compresso con forza adeguata

- la frequenza delle compressioni è troppo rapida o troppo lenta..

- le compressioni sono irregolari, ovvero non si da abbastanza tempo al cuore per riempirsi.

La complicazione più comune della RCP è la lesione della gabbia toracica: anche quando il

massaggio cardiaco viene effettuato nel modo migliore, le cartilagini costali possono staccarsi o le

coste si possono fratturare. La RCP è una manovra INVASIVA. In questi casi , non si deve comunque

interrompere le manovre di rianimazione: semplicemente, vanno ricontrollate la posizione delle mani e

l’ampiezza delle compressioni, e va continuata la rianimazione.

Ancora, bisogna fare attenzione a non effettuare ventilazioni troppo violente e profonde, per

evitare che l’aria passi in faringe e vada poi a dilatare lo stomaco, col rischio di provocare vomito e

quindi inalazione di materiale gastrico.

-

Page 33: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 4 - EMORRAGIE E SHOCK

Il sangue è un particolare tessuto, composto dal plasma e da elementi corpuscolari.

Il plasma è liquido, ed è formato da acqua in cui sono disciolte sostanze saline e proteine. I

componenti corpuscolari sono invece le cellule, rappresentate da globuli rossi, che hanno il compito di

trasportare l’ossigeno ai tessuti e rimuovere da essi l’anidride carbonica, globuli bianchi, la cui

funzione è quella di combattere direttamente o indirettamente i microrganismi e le sostanze estranee

all’organismo, e piastrine, che permettono la coagulazione del sangue.

Quando il cuore batte, il sangue circola: spinto attraverso le arterie ad una pressione elevata, il

sangue raggiunge il letto capillare, dove avvengono gli scambi di gas e sostanza nutritizie con le cellule

dei tessuti, per poi ritornare al cuore attraverso i vasi venosi, a bassa pressione.

Il volume ematico circolante differisce da persona a persona, a seconda delle dimensioni

corporee. L’uomo adulto ha, solitamente, dai 5 ai 6 litri e mezzo di sangue, che rappresentano circa il

7% del peso corporeo. Per garantire l’efficienza del sistema cardiovascolare, è importante che la

quantità di sangue in circolo non scenda sotto certi livelli: la rapida perdita ematica di circa 2 litri, pari

ad un terzo del volume circolante, conduce ad un’insufficienza di circolo rapidamente letale.

Classificazione delle emorragie

Per emorragia si intende la perdita di sangue dal letto vascolare. Le emorragie possono quindi

essere classificate in interne all’organismo oppure esterne, quando il punto di sanguinamento è

superficiale e quindi apprezzabile.

A seconda del tipo di vaso da cui proviene l’emorragia, le emorragie esterne possono essere

distinte in tre tipi. L’emorragia arteriosa è caratterizzata da una perdita di sangue spesso rapida e

cospicua; il sangue, di colore rosso vivo perché ossigenato, fuoriesce normalmente a fiotti, pulsando

secondo i battiti cardiaci. L’emorragia venosa è invece caratterizzata dal flusso costante ed in quantità

spesso abbondante di sangue di colore rosso scuro. L’emorragia capillare, infine, è data dalla perdita

di sangue attraverso un letto capillare: il flusso è solitamente lento, e sembra quasi trasudare dal

tessuto.

Nella maggior parte dei casi, l’emorragia arteriosa, provenendo da vasi in cui il sangue scorre

ad alta velocità, ha meno possibilità di arrestarsi in seguito alla formazione di un coagulo; d’altra parte,

le arterie, che sono dotate di una parete muscolare, quando vengono completamente recise hanno la

proprietà di restringersi e di chiudere autonomamente il proprio lume. Se invece l’arteria non viene

Page 34: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

completamente recisa, ma la sua parete è soltanto lacerata, difficilmente questo meccanismo può

realizzarsi e difficilmente l’emorragia si può arrestare spontaneamente.

Un’emorragia proveniente dalle vene, specialmente da quelle superficiali, è più facilmente

arrestabile rispetto ad un’emorragia arteriosa, anche quando il flusso è abbondante, proprio per la

scarsa pressione con cui scorre il sangue nel letto venoso.

L’emorragia proveniente dal letto capillare, come ad esempio in caso di abrasioni cutanee più o

meno estese, è solitamente lenta e tende ad arrestarsi spontaneamente per la coagulazione del sangue

nel giro di 6-8 minuti.

Emorragie esterne

Fa parte della prima valutazione, dopo aver assicurato le vie aeree e garantito una buona attività

respiratoria, individuare e il controllare un’emorragia che minaccia la vita del paziente.

La stima dell’entità della perdita ematica esterna richiede una certa esperienza, ma è importante

per prevedere la possibile insorgenza dello shock, stabilire la priorità di assistenza e valutare la gravità

di un’emorragia prolungata e lenta.

La perdita del 25-40% del volume ematico totale (ovvero 1,5 – 2 litri in un individuo adulto)

crea una condizione che mette a repentaglio la vita del paziente. È importante inoltre la rapidità del

sanguinamento, in quanto i meccanismi di compenso dell’organismo richiedono un certo tempo per

instaurarsi: l’emorragia è quindi tanto più grave, quanto più si sviluppa rapidamente.

Esistono diversi sistemi per arrestare un’emorragia esterna: la pressione diretta sul punto di

emorragia, il sollevamento della sede dell’emorragia quando origina da un arto, la compressione su

determinati punti arteriosi a monte della sede di emorragia, l’applicazione di stecche gonfiabili agli arti,

oppure di tute pneumatiche antishock, oppure di altri dispositivi a pressione, e infine l’applicazione ad

ogni arto di un laccio emostatico che impedisca il flusso di sangue.

1 - La pressione diretta, esercitata in corrispondenza della ferita, è il metodo migliore per

controllare un’emorragia esterna. E’ possibile esercitare la pressione direttamente con una mano, con

una medicazione o con un bendaggio compressivo; è importante, dato il quasi certo contatto con il

sangue del paziente, indossare sempre guanti protettivi durante queste manovre.

Quando l’emorragia è modesta, bisognerà comprimere la sede della ferita mettendo, se

possibile, una medicazione sterile sulla superficie della stessa; se questa non è disponibile, può essere

utilizzato anche un fazzoletto pulito, un pezzo di tessuto o un assorbente igienico. La pressione va

mantenuta costante per 10-30 minuti, il che solitamente provoca l’arresto dell’emorragia o, limita

Page 35: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

comunque ulteriori perdite ematiche significative. Una volta arrestata l’emorragia, la medicazione va

assicurata fasciando la ferita e poi non va più rimossa, in quanto potrebbe ricominciare il

sanguinamento. Qualora la garza applicata sulla ferita sia inzuppata di sangue ci si deve limitare a

comprimerla con altra garza pulita e a mantenerla in posizione.

Se l’emorragia è profusa e importante, solitamente di origine arteriosa, è meglio non sprecare

tempo cercando una benda o una garza, ma posizionare immediatamente la mano, coperta e protetta da

un guanto, direttamente sulla ferita, esercitando una pressione stabile e decisa. Una volta che

l’emorragia si è fermata, o comunque si è notevolmente ridotta, è possibile togliere la mano ed

assicurare sulla ferita alcune garze in modo da formare un bendaggio compressivo.

Dopo aver arrestato l’emorragia in un arto utilizzando una medicazione compressiva, bisogna

controllare la circolazione tastando il polso distale, in modo da essere sicuri che la medicazione non

abbia compromesso l’arrivo di sangue all’arto trattato: se il polso non è percepibile, bisogna allentare la

pressione per ristabilire la circolazione sanguigna a valle.

2 - Quando l’emorragia origina da un arto, oltre alla pressione diretta sul punto dell’emorragia,

si può sollevare l’arto in modo tale che la ferita si trovi sopra il livello del cuore: la forza di gravità

riduce così la pressione sanguigna e rallenta il sanguinamento. Questa tecnica non deve però essere

utilizzata in caso si sospettino fratture o lussazioni dell’arto, oppure quando vi siano corpi estranei

conficcati negli arti.

3 - Qualora la pressione diretta, associata all’eventuale sollevamento della sede dell’emorragia,

non sia sufficiente a garantirne il controllo, potrà essere utile la compressione effettuata su determinati

punti arteriosi a monte della sede dell’emorragia. Questi punti di compressione corrispondono a sedi

in cui un’arteria principale passa vicino alla superficie del corpo e direttamente sopra ad un osso ed è

quindi facilmente comprimibile.

In caso di emorragie degli arti superiori, la pressione andrà esercitata in corrispondenza

dell’arteria brachiale, localizzata nell’incavo tra il bicipite e l’omero, sulla faccia mediale del braccio,

circa a metà strada tra gomito e ascella.

Per le emorragie degli arti inferiori, invece, la compressione va eseguita sull’arteria femorale, a

livello della piega inguinale.

4 - In caso di emorragia agli arti associata a fratture, l’applicazione di stecche o di stecche

gonfiabili è spesso in grado di controllare l’emorragia, soprattutto quando gli spezzoni ossei taglienti

vengono immobilizzati impedendo ulteriori danni ai vasi dell’arto danneggiato; nel caso delle stecche

gonfiabili, la pressione prodotta dalla stecca è inoltre una forma di pressione diretta sulla sede

dell’emorragia.

5 - L’applicazione di un laccio emostatico dovrà essere utilizzata solo come ultima risorsa per

bloccare un’emorragia profusa, non altrimenti controllabile.

Page 36: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

La larghezza ideale dei lacci emostatici è di circa 5-7.5 cm: se non ne è disponibile uno in

gomma, se ne può ricavare uno di fortuna utilizzando una calza, una cravatta o una cintura; non devono

invece essere utilizzate corde o altri materiali con diametro limitato, che possono penetrare nella pelle o

nei tessuti del paziente.

Solitamente, l’applicazione di un laccio emostatico va riservata ad ampie ferite o ad

amputazioni a margini frastagliati, conseguenti a lesioni da schiacciamento o da strappo, in cui

l’emorragia non è dominabile con i metodi di pressione diretta, sollevamento né punti di pressione..

Il laccio va applicato a monte della ferita, posizionando sotto di esso alcune garze o un

fazzoletto piegato lungo il decorso dell’arteria principale, in modo da fornire una pressione ulteriore

sull’arteria.

Bisogna sempre informare il personale di soccorso del fatto che sia stato posizionato un laccio

emostatico, indicando l’ora di applicazione: un buon sistema è quello di scriverlo sulla fronte del

paziente, cosicché sia praticamente impossibile non vedere l’avvertimento.

Emorragie interne

In questi casi, il sanguinamento non è immediatamente evidenziabile. Esso infatti può avvenire

all’interno della cavità toracica o addominale, per lesione diretta o indiretta dei vasi o degli organi in

essa contenuti, oppure nei tessuti dell’organismo, senza peraltro essere evidente all’esterno.

Ferite profonde, penetranti il torace o l’addome, possono danneggiare direttamente i vasi e gli

organi in essi contenuti, con conseguente emorragia nelle cavità corporee. Un’emorragia importante

può anche essere prodotta da un trauma chiuso, cioè da una lesione provocata da un oggetto non

abbastanza tagliente da danneggiare la pelle: l’urto si trasmette comunque all’interno dell’organismo

danneggiando i vasi sanguigni e gli organi interni. In questi casi, conoscere la dinamica del trauma è

importante per sospettare la presenza di emorragie interne. Ancora, gravi emorragie possono essere

conseguenti a fratture o a traumi che provocano lo schiacciamento di grosse masse muscolari: in

seguito alla frattura di un femore si perde in poco tempo circa un litro e mezzo di sangue.

E’ nella valutazione secondaria del paziente che va valutata la presenza di una possibile

emorragia interna.

Shock

Lo shock consiste in un’insufficienza acuta circolatoria, per cui il sistema cardiovascolare non

Page 37: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

riesce più a fornire un apporto sufficiente di sangue a tutti i tessuti vitali: la pompa (il cuore) funziona

bene, ma non rimane abbastanza liquido nel circuito vascolare per irrorare in maniera adeguata tutti gli

organi: si parla in questi casi di shock ipovolemico (emorragico).

Quando si assiste un paziente traumatizzato, in presenza di emorragie visibili e quando si

sospetta un’emorragia interna, si devono cercare con particolare attenzione i segni di shock, ovvero di

insufficienza acuta di circolo, correlati al sanguinamento: il paziente si presenta spesso irrequieto, con

alterazione della coscienza; la respirazione è rapida, spesso superficiale, ed il polso è rapido e debole

(tachicardia); la pressione sanguigna tende a scendere in maniera più o meno rapida, ed il paziente si

presenta pallido, freddo e sudato. Poiché è molto difficile valutare sul luogo dell’incidente la perdita

ematica interna, bisogna sempre tener presente che può insorgere un grave stato di shock che minaccia

la vita del paziente.

Quando si assiste un paziente in stato di shock, è bene attenersi ad alcune regole di base:

• Per prima cosa, bisogna assicurare un’adeguata pervietà delle vie aere ed un’adeguata

respirazione (punti A e B).

• Bisogna quindi cercare di arrestare l’emorragia, quando possibile, per evitare ulteriore

perdita di volume ematico circolante.

• Vanno quindi immobilizzate le fratture, per rallentare l’emorragia e ridurre il dolore,

fattori che possono aggravare lo stato di shock.

• Il paziente va sistemato in posizione supina, se possibile sollevando gli arti inferiori , per

favorire il ritorno venoso del sangue al cuore. Questa tecnica non va utilizzata in

presenza di fratture agli arti inferiori o al bacino, né in caso di lesioni al collo o alla

colonna vertebrale, né in presenza di traumi toracici o addominali importanti.

• Ancora, il paziente va coperto per prevenire la perdita di calore.

• Anche se il paziente riferisce di avere sete, è meglio non somministrare nulla per bocca,

né liquidi, né ghiaccio: questo sia per la possibilità di lesioni interne, sia perché potrebbe

provocare il riflesso del vomito.

• Per migliorare l’ossigenazione del sangue, infine, è bene somministrare ossigeno al

paziente non appena possibile..

Page 38: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 5 - LESIONI TRAUMATICHE DEI TESSUTI MOLLI

I tessuti molli dell’organismo comprendono la pelle, i muscoli, i vasi sanguigni, i nervi, i tessuti

adiposi ed i tessuti che rivestono e coprono gli organi interni. Inoltre, anche gli organi interni e le

ghiandole del corpo sono composti da tessuti molli.

Le lesioni più evidenti dei tessuti molli riguardano la pelle ed il tessuto sottocutaneo, ovvero i

cosiddetti tessuti molli superficiali, che rivestono l’organismo. In presenza di queste lesioni il

soccorritore deve mettere in atto alcune misure immediate che prevengano ulteriori danni al paziente: il

controllo di un’emorragia ed un’adeguata medicazione di una ferita sono molto importanti e possono

essere determinanti per la sopravvivenza.

Le lesioni dei tessuti molli possono essere genericamente distinte in lesioni chiuse e lesioni

aperte, o ferite.

5.1 - CLASSIFICAZIONE

A) – Lesioni chiuse

Una lesione chiusa è una lesione interna, non comunicante con l’esterno, cioè senza interruzione

del rivestimento cutaneo. Queste lesioni sono causate solitamente dall’impatto con un oggetto non

appuntito: benché la pelle possa rimanere intatta, si possono creare gravi lesioni dei tessuti sottostanti.

Le lesioni chiuse possono quindi essere costituite da semplici spandimenti emorragici

(ecchimosi ed ematomi), lacerazioni interne, perforazioni interne causate da ossa fratturate, lesioni da

schiacciamento o rottura di organi interni. Queste lesioni, sono normalmente accompagnate da

emorragie, la cui entità può andare da una perdita molto lieve fino ad una condizione che mette in serio

pericolo la vita del paziente (shock emorragico).

La contusione è la forma più comune e meno grave di lesione chiusa. Nel momento in cui

avviene l’impatto di un agente esterno sui tessuti dell’organismo, si verifica sempre un’emorragia, la

cui entità è estremamente variabile. Spesso, questa si manifesta con la cosiddetta ecchimosi, ovvero con

la diffusione del sangue nei tessuti, senza che si crei una raccolta circoscritta; quando invece il sangue

si accumula nei tessuti o nello spazio sottocutaneo, si forma un ematoma, che può raggiungere, in

alcuni casi, volume considerevole. E’ inoltre caratteristica la comparsa, nella zona lesa, di una

tumefazione dovuta all’edema dei tessuti. Ecchimosi di grandi dimensioni possono indicare la

Page 39: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

presenza di una grave perdita di sangue e di fratture o di danni tessutali estesi sotto la zona contusa.

Lacerazioni e perforazioni di organi interni si possono verificare quando, in seguito ad un

trauma, le ossa si fratturano: estremità o frammenti ossei taglienti possono lacerare o perforare muscoli,

vasi sanguigni, nervi, organi e ghiandole costituite da tessuti molli. In questi casi l’emorragia è quasi

sempre abbondante.

L’ultimo tipo di lesione chiusa è rappresentato dalle cosiddette lesioni da schiacciamento. In

questi casi, la pressione esercitata può essere trasmessa dall’esterno del corpo alle strutture interne,

causando lo schiacciamento dei tessuti molli, superficiali e profondi, con possibile rottura di organi

interni. Anche in questi casi, l’emorragia è spesso importante; il contenuto degli organi cavi può

inoltre defluire nelle cavità del corpo, causando gravi quadri potenzialmente mortali (per esempio,

peritonite da rottura del colon o dello stomaco..)

B) – Lesioni aperte o ferite

Si parla di ferita quando un trauma provoca la rottura della pelle ed espone i tessuti sottostanti.

La causa può provenire dall’esterno, come in caso di lacerazioni, o dall’interno, come quando i

monconi di un osso fratturato fuoriescono attraversando la cute.

Con il termine di escoriazione si indicano semplici sfregamenti o graffi in cui viene

danneggiato solo lo strato esterno della pelle, cioè l’epidermide, lasciando intatti gli strati più profondi.

L’emorragia è spesso molto scarsa, dovuta a una piccola fuoriuscita di sangue dal letto capillare.

L’escoriazione, o abrasione, è quindi un tipo di ferita che non desta preoccupazione, anche se può

essere molto dolorosa e necessita di cure per evitare il rischio di infezioni.

Per ferita da taglio si intende una incisione netta, solitamente provocata da un oggetto

tagliente, ben affilato: i margini della ferita sono lineari ed uniformi. Se la ferita è profonda vi può

essere la lesione di grandi vasi sanguigni e di nervi: l’emorragia dovuta ad una ferita da taglio

importante può essere difficile da arrestare, benché di solito basti esercitare una pressione diretta sulla

sede della lesione.

Più frequenti sono le ferite lacero-contuse. Queste sono solitamente provocate da oggetti

taglienti e non uniformi, come vetri rotti o pezzi di metallo dentellati, che provocano la lesione dei

tessuti con margini frastagliati ed irregolari. Una ferita lacero-contusa può essere anche prodotta da un

colpo violento o dall’impatto con un oggetto non appuntito, che supera però la resistenza della cute e ne

provoca la lacerazione.

Quando un oggetto appuntito e tagliente attraversa la pelle o altri tessuti, si ha una ferita da

punta. Solitamente le ferite da punta sono causate da oggetti quali chiodi, punteruoli, schegge o

coltelli. Spesso l’emorragia esterna non è grave, ma se la ferita è abbastanza profonda l’emorragia

Page 40: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

interna può essere massiccia.

Si distinguono quindi ferite penetranti, che possono essere superficiali o profonde, e ferite

trapassanti, che presentano un foro di entrata, un tragitto ed un foro d’uscita, in quanto l’oggetto che

causa la lesione passa attraverso il corpo ed esce dalla parte opposta.

In caso di avulsioni, vengono strappati o completamente asportati lembi di pelle o di tessuti:si

ha quindi una perdita di tessuti molli superficiali, che può comprendere cute, sottocute e tessuti

muscolari.

Quando l’avulsione dei tessuti comprende anche segmenti ossei più o meno importanti degli

arti, si parla di amputazione. Questa può interessare le dita, le mani, i piedi o gli arti a diverso livello

ed è causata da un meccanismo di taglio o di strappamento.

Si verifica infine la lesione da schiacciamento quando una parte del corpo rimane imprigionata

tra due masse pesanti, come ad esempio gli ingranaggi di una macchina: vengono lesionati in maniera

diretta vasi, nervi e muscoli. Anche le ossa possono rimanere fratturate e possono protrudere attraverso

la sede della lesione, mentre l’emorragia che accompagna queste lesioni è spesso importante.

5.2 - TRATTAMENTO DELLE LESIONI DEI TESSUTI MOLLI

Lesioni chiuse

Le contusioni costituiscono le lesioni chiuse più frequenti ma la maggior parte di esse non

richiede misure d’urgenza sul posto. La presenza di un’ecchimosi, tuttavia, può indicare l’esistenza di

una lesione interna a cui è associata un’emorragia.

In caso di contusioni importanti alla testa o al collo, bisogna ricordarsi che può esserci anche

una lesione alle vertebre cervicali. Bisogna sempre controllare anche la presenza di sangue nella bocca,

nel naso e nelle orecchie, segnale di lesioni interne spesso gravi.

La presenza di ecchimosi sul tronco può essere indice di una lesione toracica: se, in presenza di

tosse, viene emesso un espettorato sanguinolento e schiumoso, questo può indicare la perforazione di

un polmone. In caso di traumi toracici, bisogna sempre rilevare eventuali difficoltà respiratorie.

In caso di contusioni a livello addominale, denunciate dalla presenza di ecchimosi più o meno

vaste, bisogna considerare la possibilità di lesioni a carico degli organi interni, sia dei visceri cavi, sia

degli organi parenchimatosi quali il fegato e la milza.

Se , dall’esame clinico del paziente, appare la possibilità che vi sia una lesione interna, il

paziente va immediatamente trattato come se ci fosse un’emorragia interna in atto, e vanno prestate

Page 41: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

immediatamente le cure specifiche per lo stato di shock. Il paziente va quindi monitorizzato (polso,

pressione…) e trasportato il più presto possibile in ospedale.

Ferite

Nel trattamento delle ferite è importante che il soccorritore indossi sempre idonei mezzi di

protezione per evitare il contatto col sangue e i liquidi corporei del paziente: guanti di lattice, occhiali

e, se disponibile, camice impermeabile.

Si intende per medicazione qualsiasi tipo di materiale applicato ad una ferita nel tentativo di

arrestare un’emorragia o con lo scopo di prevenire un’ulteriore infezione. A questo scopo le

medicazioni dovranno essere sterili, ovvero trattate in maniera tale che tutti i microrganismi e le spore

vengano eliminati.

Le medicazioni più comuni reperibili in commercio sono costituite da compresse di garza sterile

confezionate singolarmente, di diverse dimensioni. Nelle situazioni di urgenza, quando medicazioni

già predisposte non sono disponibili, è possibile utilizzare anche materiali non sterili, ma comunque i

più puliti possibile, quali fazzoletti, lenzuola, asciugamani o altro. Sono disponibili in commercio

anche grosse medicazione a tampone, utili quando è necessaria una medicazione spessa per arrestare

un’emorragia massiccia o quando deve essere coperta una ferita di grandi dimensioni. Queste

medicazioni sono utili soprattutto per immobilizzare oggetti conficcati. Quando non sono disponibili, è

possibile utilizzare al loro posto dei normali assorbenti igienici, che sebbene non siano sterili, sono

confezionati singolarmente e hanno superfici ben pulite.

In presenza di ferite multiple, ogni ferita dovrà essere medicata singolarmente per assicurare un

controllo adeguato dell’emorragia e un corretto bendaggio.

Le medicazioni occlusive vengono impiegate quando è necessario formare un’aderenza a tenuta

d’aria, ad esempio nel caso di ferite aperte nell’addome, emorragie esterne provenienti dai grossi vasi

del collo e alcuni tipi di ferite toraciche esposte. Anche in questo caso , sul mercato sono disponibili

medicazioni occlusive già preparate in confezione sterile. In situazioni d’urgenza possono essere

utilizzati anche prodotti non sterili come i fogli di cellofan di uso domestico( es. domopak) .

Si intende invece per benda un qualsiasi tipo di tessuto utilizzato per tenere a posto una

medicazione. Non essendo a diretto contatto con la ferita, non è necessario che le bende siano sterili.

Normalmente, vengono utilizzati come bende rotoli di garza normali o autoaderenti. Anche qui,

in caso di necessità si possono utilizzare strisce di tessuto, fazzoletti o altre stoffe disponibili.

Le bende elastiche impiegate in genere per gli strappi e le distorsioni non devono essere

utilizzate per fissare le medicazioni, se non in casi eccezionali: quando i tessuti intorno alla ferita

cominciano a gonfiarsi, queste infatti possono diventare facilmente dei bendaggi costrittivi, che

Page 42: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

interferiscono con la circolazione sanguigna.

Nella medicazione delle ferite si devono quindi rispettare alcune regole generali.

- Bisogna utilizzare materiali sterili o comunque molto puliti, evitando di toccare la

medicazione nella zona che verrà a contatto con la ferita.

- La ferita va coperta totalmente, insieme alle zone immediatamente circostanti.

- Lo scopo della medicazione è quello di arrestare l’emorragia: una medicazione non può

quindi essere fissata in sede se non è stato prima controllato adeguatamente il sanguinamento.

- Una volta che una medicazione è stata applicata su una ferita, essa non deve più essere

rimossa: l’emorragia può infatti ricominciare ed i tessuti corrispondenti della lesione possono

essere danneggiati. Se l’emorragia continua, bisogna invece aggiungere nuove medicazioni

sopra quelle già intrise di sangue mantenendo un’adeguata pressione sulla sede della ferita.

Anche per quanto riguarda i bendaggi è opportuno seguire alcune regole di base.

- La benda non deve essere stretta troppo, per consentire un adeguato flusso di sangue alla parte

lesionata. La fasciatura, d’altra parte, non deve allentarsi: lo scopo è quello di fare aderire la

medicazione alla ferita in modo tale che non si muova, e fermi il sanguinamento.

- Le estremità delle bende non vanno lasciate libere, in quanto possono rimanere

impigliate durante il trasporto del paziente.

- Quando si bendano gli arti, se possibile, è meglio lasciare libere le dita delle mani e dei

piedi per poter osservare eventuali modificazioni del colore della pelle, che indica

l’alterazione della circolazione a livello dell’arto. Ovviamente, questo non può essere fatto se

la lesione interessa proprio le dita delle mani o dei piedi.

- Il bendaggio deve coprire tutti i margini della medicazione, in modo da ridurre il rischio di

una possibile infezione.

- Nel bendaggio degli arti, bisogna evitare di esercitare una pressione eccessiva su una zona

ristretta dell’arto, ovvero evitare che la benda faccia da laccio, impedendo la circolazione

sanguigna. E’ meglio invece avvolgere un’ampia zona dell’arto, assicurando una pressione

costante e uniforme, applicando le bende da una posizione distale a una posizione prossimale,

ovvero verso la radice dell’arto.

- Quando si effettua un bendaggio che interessa la zona di un’articolazione, è importante non

piegare più l’arto per evitare di stringere il bendaggio, riducendo la circolazione, oppure di

allentarlo, spostando la medicazione.

Page 43: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

5.3 - TERAPIA D’URGENZA DELLE FERITE

Nel trattamento delle ferite vi sono alcuni principi generali che vanno seguiti in ogni caso.

1) Esporre la ferita. E’ importante vedere in maniera adeguata la sede della ferita. I

vestiti che coprono la lesione devono quindi essere sollevati, eventualmente tagliati

con le forbici e rimossi. Non bisogna cercare di togliere i vestiti come si fa in

condizioni normali per non rischiare di aggravare le lesioni.

2) Liberare la superficie della ferita. Con l’aiuto di un pezzo di garza sterile, bisogna

cercare di eliminare i corpi estranei più grossi dalla superficie della ferita, senza

peraltro perdere tempo. Un’accurata pulizia della ferita verrà fatta in un secondo

tempo, in ambiente idoneo, dal medico che sarà poi in grado di esplorare e trattare in

maniera adeguata la lesione.

3) Arrestare l’emorragia. Si inizia con la pressione diretta sulla sede della lesione,

associando eventualmente l’elevazione dell’arto. Se necessario si può impiegare la

tecnica dei punti di pressione, ricordandosi che il laccio emostatico dovrà essere

utilizzato soltanto come ultima risorsa.

4) Prevenire l’ulteriore contaminazione. Se possibile, bisogna utilizzare una

medicazione sterile; in caso contrario, si può usare il pezzo di stoffa più pulito che si

riesce a trovare sul luogo dell’intervento.

5) Fissare la medicazione con una benda, dopo che l’emorragia è stata arrestata. Se la

lesione è su un arto, bisogna controllare il polso distale, per assicurarsi che la

circolazione non sia stata interrotta dall’applicazione di un bendaggio troppo stretto.

Eccezion fatta per una medicazione compressiva, l’emorragia dovrà essere arrestata

prima di fasciare la ferita. La benda va quindi controllata periodicamente per essere

sicuri che l’emorragia non riprenda. Far distendere il paziente, invitarlo a non

muoversi e rassicurarlo.

In caso di ferite da taglio e di ferite lacero-contuse, la maggior parte delle lesioni può essere

trattata fissando semplicemente una medicazione con una benda.

Per tagli e lacerazioni di minore importanza, i lembi possono essere avvicinati e fissati con

l’utilizzo di cerotti a farfalla o di cosiddetti “ steril-strip” , su cui si applicherà poi la medicazione.

Particolare attenzione deve essere adottata quando si trattano ferite da perforazione o da punta.

Un oggetto che sembra conficcato solo nella pelle può, in realtà penetrare profondamente nel corpo del

paziente, causando lesioni muscolo-tendinee o agli organi interni molto più gravi di quanto sembri.

Page 44: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Questo è tipico ad esempio delle ferite causate da pezzi di vetro.

Un problema particolare è rappresentato dalla presenza di lesioni da perforazione con oggetti

conficcati. L’oggetto, può essere un coltello, un’asta d’acciaio, un frammento di legno o di vetro che

perfori una qualsiasi parte del corpo. In questi casi è importante non rimuovere l’oggetto conficcato, in

quanto questo potrebbe causare una grave emorragia quando viene rilasciata la pressione su un vaso

sanguigno leso; la rimozione dell’oggetto potrebbe inoltre causare una ulteriore lesione ai nervi, ai

muscoli ed agli altri tessuti molli.

L’area della lesione va quindi esposta in maniera adeguata, tagliando i vestiti e facendo molta

attenzione a non toccare l’oggetto conficcato.

Se possibile l’emorragia va controllata tramite una pressione manuale diretta sulla sede della

lesione, posizionando la mano in modo che le dita si trovino sui lati dell’oggetto ed esercitando una

pressione verso il basso. E’ importante non esercitare alcuna pressione diretta sull’oggetto conficcato,

e fare attenzione all’eventuale presenza di margini taglienti.

L’oggetto conficcato va quindi immobilizzato con una medicazione tampone, che ne impedisca

ulteriori movimenti,e la medicazione va poi fissata con un adeguato bendaggio. Particolare attenzione

andrà quindi prestata nel trasporto del paziente, che va effettuato evitando qualsiasi movimento che

possa far vibrare, allentare, o muovere l’oggetto conficcato.

In alcuni casi, l’oggetto conficcato potrebbe essere troppo lungo o fisso ad una struttura: diventa

necessario il suo accorciamento per poter assistere e trasportare il paziente. E’ importante, durante

queste manovre, evitarne ogni spostamento, che potrebbe causare nuove lesioni.

Il trattamento d’urgenza delle avulsioni di tessuto richiede l’applicazione di medicazioni a

tampone compressivo di grande formato. E’ importante, inoltre, fare tutto il possibile per conservare le

parti avulse, che dovranno essere trasportate in ospedale insieme al paziente: infatti, a volte, si può

ripristinare chirurgicamente la parte o utilizzarla per trapianti cutanei.

Nel caso in cui lembi di pelle siano strappati, ma ancora attaccati al corpo, dopo aver liberato la

superficie della ferita da frammenti e corpi estranei, bisogna rimettere il più delicatamente possibile la

pelle nella sua posizione originale, e quindi controllare l’emorragia e medicare la ferita utilizzando

medicazioni compressive a tampone.

Nel caso in cui la pelle sia completamente strappata dal corpo, si passa immediatamente a

controllare l’emorragia ed a medicare la ferita. La parte avulsa va poi recuperata ed avvolta in una

garza sterile ed asciutta, e quindi messa in un sacchetto di plastica e conservata alla temperatura più

bassa possibile: l’ideale è infilarla in un secondo sacchetto di plastica contenete acqua fredda o

ghiaccio.

Page 45: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

In caso di amputazioni, il metodo più efficace per arrestare l’emorragia è una medicazione

compressiva aderente applicata al moncone. In caso di amputazioni importanti di arti, è spesso

necessario comprimere localmente la ferita e, in casi estremi, applicare un laccio emostatico. La parte

amputata va quindi avvolta in medicazioni sterili, messa in un sacco di plastica e conservata al freddo

come in caso di avulsione.

Sia i tessuti avulsi, sia gli arti amputati non vanno mai immersi nell’acqua né in soluzioni

saline.

5.4 - LESIONI AI TESSUTI MOLLI DEL COLLO

Le lesioni dei tessuti molli del collo possono essere rappresentate da contusioni o lesioni

penetranti. Entrambe possono essere talmente gravi da minacciare la vita del paziente, rendendo

necessario un trattamento chirurgico immediato: qualsiasi lesione del collo deve essere quindi

considerata grave fino a prova contraria.

Le contusioni del collo si possono verificare in una vasta gamma di infortuni.

Indipendentemente dalla causa, il problema principale è dato dallo schiacciamento della laringe e della

trachea o dal rigonfiamento (edema) dei tessuti circostanti in seguito al trauma: la conseguenza è

sempre una ostruzione delle vie respiratorie. Le vie aeree, a questo livello, sono strutture rigide che

contengono cartilagine: una volta che collassano o sono schiacciate, non possono tornare nella loro

posizione originale e non permettono quindi il necessario passaggio dell’aria. In presenza di lesioni

traumatiche del collo, inoltre, è possibile che sia presente anche una lesione vertebrale o del midollo

spinale, ed il paziente va quindi trattato in maniera adeguata.

Nella valutazione di questi soggetti, il soccorritore deve prestare particolare attenzione ai segni

di ostruzione della vie aeree, e trattare il paziente immobilizzando testa e collo manualmente o con un

collare cervicale.

L’infortunato va quindi trasportato il più in fretta possibile verso una struttura medica,

immobilizzato su un asse lungo di sostegno della colonna vertebrale per evitare il manifestarsi o

l’aggravamento di eventuali lesioni spinali.

Le lesioni perforanti e le ferite del collo sono generalmente gravi, in quanto a questo livello

decorrono in posizione abbastanza superficiale grossi vasi arteriosi e venosi: l’emorragia dovuta alla

Page 46: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

lesione di questi vasi è quasi sempre imponente, spesso mortale.

In caso di emorragia arteriosa, facilmente riconoscibile dallo zampillare del sangue attraverso la

ferita, il controllo va effettuato applicando una compressione diretta sulle arterie: anche nelle migliori

condizioni, il controllo dell’emorragia è spesso parziale ed incompleto.

L’emorragia proveniente da una grossa vena del collo solitamente non può essere controllata

con la pressione diretta. L’unica possibilità, in questi casi, è costituita dall’applicazione di una

medicazione occlusiva, che spesso è necessario mantenere in sede manualmente, in quanto le tecniche

di bendaggio a questo livello sono generalmente molto difficili e poco efficaci.

5.5 - LESIONI AI TESSUTI MOLLI DELLA TESTA

Ferite al cuoio capelluto.

Il cuoio capelluto è una zona dell’organismo riccamente vascolarizzata. Le ferite in questa sede

possono quindi sanguinare abbondantemente anche se non vengono lesi vasi sanguigni di particolare

importanza: anche una lacerazione di lieve entità si può presentare all’iniziocon una emorragia

massiccia. Solitamente, però, il processo di coagulazione è rapido ed il controllo di queste emorragie

non costituisce un grave problema.

In caso di ferite del cuoio capelluto, in occasione di traumi importanti, bisogna sempre

considerare la possibilità che vi sia associata una frattura dell’osso sottostante. Per questo motivo, è

bene non cercare di pulire manualmente la zona della ferita, per non aggravare eventuali lesioni ossee.

Si devono comunque asportare capelli, sassi, sporcizia o frammenti di vetro per consentire una

medicazione ed una fasciatura adeguate. L’emorragia va quindi arrestata con una medicazione sterile

tenuta in posizione tramite una pressione delicata. Per assicurare la medicazione, vista la scarsa tenuta

dei cerotti sulle zone coperte di peli, è opportuno utilizzare un rotolo di benda, meglio se autoaderente,

da arrotolare intorno alla testa del paziente. In caso ci sia anche solo il sospetto di un danno alla

colonna vertebrale, non bisogna sollevare né muovere la testa del paziente nel tentativo di applicare il

bendaggio.

Ferite della faccia

Quando si tratta un paziente con lesioni della faccia, bisogna ricordarsi che associati alla ferita

possono esserci problemi respiratori, lesioni al collo ed alla colonna vertebrale.

La prima cosa da fare è, come sempre, assicurarsi della pervietà delle vie respiratorie.

Va quindi esaminata la bocca del paziente per valutare l’entità del danno e l’eventuale presenza

di corpi estranei

Page 47: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Nel caso in cui ci sia sospetto di una lesione alle vertebre cervicali, vanno immediatamente

immobilizzate la testa , il collo e la colonna vertebrale prima di mettere il paziente in una posizione

laterale adatta al drenaggio di sangue, muco ed eventuale vomito.

Il controllo dell’emorragia va ottenuto, se possibile, con la pressione diretta sulla ferita,

esercitando però una pressione non eccessiva in quanto vi possono essere fratture facciali non

immediatamente evidenti.

La ferita andrà poi protetta con una medicazione in garza, mentre i lembi di pelle del viso,

parzialmente avulsi, possono essere messi delicatamente a posto e coperti con medicazioni.

Ferite delle guance.

Si può creare una situazione di pericolo quando nella guancia si sia conficcato un corpo

estraneo, sia perché l’oggetto può penetrare nella cavità orale e diventare una possibile causa di

ostruzione delle vie aeree, sia perché l’emorragia che si riversa nella bocca del paziente può essere

talmente abbondante da costituire essa stessa un ostacolo per la respirazione.

Bisogna quindi esaminare con cautela sia la parte esterna della guancia, sia la parte interna della

cavità orale, eventualmente aiutandosi con le dita, in modo da poter determinare se l’oggetto ha

attraversato completamente o meno la parete.

Se la perforazione della guancia è completa, l’oggetto conficcato va rimosso con attenzione,

estraendolo nella direzione in cui è penetrato nella guancia. Se questa operazione fosse troppo

difficoltosa, o l’oggetto non fosse completamente penetrato, è sicuramente meglio lasciare l’oggetto

nella sua posizione cercando di muoverlo il meno possibile.

Dopo che l’oggetto è stato rimosso, si può imbottire l’interno della guancia, ponendo una garza

arrotolata tra la parete interna di essa e i denti: questo impedirà all’emorragia di riversarsi nella bocca

del paziente e permetterà il buon controllo della stessa applicando sulla parte esterna della ferita una

medicazione compressiva ed una fasciatura.

Lesioni della bocca

Come già evidenziato nelle lesioni delle guance, nelle lesioni della bocca è importante

mantenere la pervietà delle vie respiratorie ed un adeguato drenaggio per tutta la durata dell’assistenza

al paziente.

Le lesioni ai tessuti molli della bocca sono generalmente il risultato di una contusione, che porta

alla lacerazione delle labbra, della parte interna della guancia o della lingua. Spesso, associato a queste

lesioni, c’è il danneggiamento dei denti.

In caso di lacerazioni di labbra o gengive, l’emorragia può essere controllata applicando una

medicazione arrotolata o piegata tra il labbro e la gengiva. Se l’emorragia è abbondante, il paziente va

posto in una posizione che consenta il drenaggio del sangue.

Page 48: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

In caso di lacerazioni della lingua, è importante anche qui posizionare il paziente per consentire

il drenaggio, e non applicare medicazioni in bocca, per non correre il rischio di ostruire le vie aeree.

In tutti questi casi bisognerà controllare costantemente che il paziente non inghiotta le

medicazioni, o che queste non ostacolino la respirazione.

In caso di avulsioni dentarie, è bene cercare di recuperare gli eventuali denti staccati, che

andranno avvolti in medicazioni umide e trasportati con il paziente in ospedale, in quanto ne può essere

tentato il trapianto.

Ferite agli occhi

La penetrazione di un corpo estraneo tra l’occhio e la palpebra, è un’evenienza molto frequente.

Spesso, se un corpo estraneo è solo appoggiato e non ha provocato lesioni o rotture oculari, per la sua

rimozione è sufficiente effettuare un adeguato lavaggio dell’occhio con una soluzione salina sterile; se

invece l’oggetto rimane sulla superficie interne della palpebra, e non viene asportato con il lavaggio, si

può utilizzare una garza sterile per toglierlo delicatamente.

Non bisogna però mai cercare di rimuovere un oggetto che si trovi sulla cornea, in quanto è

possibile provocarne la lesione.

In alcuni casi il corpo estraneo può causare lesioni di tipo abrasivo sulla superficie dell’occhio,

per cui il paziente dovrà essere portato in ospedale per essere visitato da uno specialista oculista.

Ferite lacere o penetranti possono interessare sia le palpebre che il bulbo oculare. Nel caso in

cui il bulbo presenti una ferita aperta, bisogna proteggerla con una medicazione non compressiva per

favorire la coagulazione e prevenire l’ulteriore contaminazione.

E’ importante non applicare mai una pressione diretta su un bulbo oculare lesionato, e ricordarsi

che, quando si rende necessario coprire un occhio ad un paziente, è bene coprire anche l’occhio sano in

modo da ridurre i movimenti paralleli degli occhi.

In caso di lesioni penetranti nel bulbo oculare, di avulsioni dell’occhio, o di presenza di oggetti

conficcati nell’occhio, va eseguito un bendaggio a ciambella. Una piccola ciambella di garza va

posizionata intorno all’occhio leso, e su di essa andranno poi messe alcune medicazioni a tampone: in

caso di un oggetto conficcato, queste serviranno a tenerlo immobile e ad evitare ulteriori lesioni

dell’apparato oculare. La medicazione andrà poi tenuta in sede con un bendaggio che immobilizzi

l’oggetto, ma che non sia assolutamente compressiva.

Un caso particolare di lesione agli occhi è causato dalle ustioni, che possono essere causate da

sostanze chimiche, calore o luce.

Nel caso di ustione da sostanze chimiche, si deve praticare un lavaggio continuo dell’ occhio

con un flusso costante di acqua, che dovrà essere versata nell’angolo mediale dell’occhio per poi

fuoriuscire dall’angolo laterale. E’ bene utilizzare se possibile acqua sterile; altrimenti, si può usare

Page 49: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

semplice acqua del rubinetto. Comunque sia, la procedura più sicura prevede una durata del lavaggio

di almeno 20 minuti. Per la maggior parte delle ustioni chimiche è meglio eseguire il lavaggio non

appena possibile e continuare a irrigare gli occhi del paziente durante il percorso verso il Pronto

Soccorso.

Nelle ustioni da calore, spesso sono ustionate soltanto le palpebre: in questo caso è meglio

evitare di esaminare gli occhi, ma limitarsi semplicemente a tenere le palpebre del paziente chiuse,

applicando una medicazione inumidita.

Le ustioni da abbagliamento possono essere provocate da una fonte di luce violenta, quali il

flash di un saldatore. Queste lesioni sono generalmente piuttosto dolorose e il paziente spesso lamenta

la sensazione di avere un corpo estraneo negli occhi. In questo caso è bene coprire gli occhi con una

medicazione che non lasci passare la luce.

In caso di lesione agli occhi, bisogna sempre chiedere al paziente se questi è un portatore di

lenti a contatto e, quando è possibile senza ritardare i soccorsi, tentare di rimuoverle delicatamente.

Si raccomanda peraltro di non rimuovere le lenti a contatto se vi è una lesione oculare evidente,

in quanto si possono causare ulteriori danni all’occhio.

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Cap. 6 - LESIONI SCHELETRO-MUSCOLARI

Il sistema scheletro-muscolare è costituito dalle ossa, collegate le une alle altre dalle

articolazioni, e dai muscoli. Le ossa sono inoltre coperte da una membrana bianca fibrosa e resistente,

chiamata periostio, attraversata da vasi sanguigni e nervi.

Il sistema scheletrico assolve le funzioni di sostegno e di movimento dell’organismo; le ossa

rappresentano inoltre una protezione per gli organi vitali.

Le ossa vengono classificate a seconda della loro morfologia, distinguendosi in: ossa lunghe,

quali quelle del braccio e della coscia; ossa brevi, quali quelle delle mani e le vertebre; e ossa piatte,

come lo sterno, le scapole e le coste.

A livello delle articolazioni, i capi ossei che vengono a contatto sono rivestiti da una

particolare cartilagine, molto liscia, denominata appunto cartilagine articolare: questa permette lo

scorrimento dei capi ossei uno sull’altro senza attrito.

Le articolazioni sono quindi avvolte in una capsula articolare fibrosa, che serve a mantenere in

reciproco contatto i capi articolari; essa è inoltre rinforzata dai legamenti, fasci di tessuto fibroso che

uniscono le ossa tra loro, sostenendo e fissando l’articolazione.

I muscoli provvedono a far muovere reciprocamente due ossa articolate fra di loro, inserendosi

su di esse attraverso i tendini, strutture in cui la parte carnosa del muscolo diventa gradualmente più

fibrosa e dura, in modo tale da fissarsi saldamente al periostio e all’osso sottostante.

Lesioni ossee.

Le strutture del sistema muscolo scheletrico vanno soggette a diversi tipi di lesioni: le fratture

costituiscono le lesioni ossee più gravi.

Per definizione si intende per frattura una qualsiasi rottura di un osso, comprendendo così sia

le lesioni di minor entità, quali le infrazioni, sia le fratture complete più o meno complesse dell’osso.

In caso di fratture complete, sarà importante valutare l’eventuale movimento dei monconi ossei:

se, per effetto del trauma o della trazione muscolare, i capi di frattura si sono mossi reciprocamente, la

frattura viene definita scomposta. Una frattura scomposta comporta normalmente la comparsa di

un’alterazione della normale morfologia dell’arto o di un’articolazione.

Un importante elemento da valutare è la possibile lacerazione dei tessuti molli e della cute che

rivestono l’osso fratturato. Una frattura viene quindi definita chiusa quando un osso viene rotto senza

però che vi sia la lacerazione dei tegumenti. In caso contrario si avrà una frattura esposta, in cui il

focolaio di frattura non è più protetto dall’ambiente esterno, ed è quindi elevato il rischio di

contaminazione batterica e di infezione.

Page 51: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Una frattura esposta può essere provocata sia da una ferita penetrante che si estende dalla cute

fino all’osso lesionato, sia da un trauma chiuso particolarmente intenso, che provoca un importante

spostamento dei monconi ossei, lacerando i tessuti molli dal focolaio di frattura fino alla cute.

Lesioni articolari.

Per distorsione si intende la lesione traumatica più o meno grave ed estesa dell’apparato

articolare, ovvero della capsula articolare e dei legamenti.

Si possono quindi avere distorsioni lievi, in cui capsula e legamenti vengono solo stirati

violentemente con un danno limitato alla rottura di poche fibre legamentose, e distorsioni più gravi, in

cui si può arrivare alla lacerazione della capsula o alla rottura completa di uno o più legamenti

articolari.

Un particolare tipo di lesione articolare è costituito dalla lussazione, che si verifica quando

l’estremità di un osso, che fa parte di un’articolazione, viene a trovarsi fuori dalla sua sede: si tratta

quindi di un caso molto grave di distorsione, in cui oltre alla lesione di capsula e legamenti, c’è la

perdita dei normali rapporti articolari tra i capi ossei.

Lesioni muscolari.

Anche l’apparato muscolo-tendineo può andare incontro a lesioni traumatiche di varia entità. La

più frequente è la contusione muscolare, spesso accompagnata da emorragie più o meno gravi

all’interno del muscolo.

La trazione eccessiva del muscolo può portare alla lesione di alcune fibre muscolari (il

cosiddetto strappo o distrazione muscolare) , più o meno estesa, fino alla completa rottura del

muscolo, o alla lesione di un tendine per sua lacerazione o disinserzione dal punto del suo ancoraggio

osseo.

6.1 - QUADRO CLINICO.

In caso di frattura , il sintomo che più frequentemente accompagna la lesione è dato dal dolore,

spesso forte e costante. Il paziente assume un tipico atteggiamento di difesa, tentando di proteggere la

parte lesionata ed evitando ogni movimento di essa, che causerebbe ulteriore sofferenza. I tessuti

direttamente sovrastanti la frattura saranno inoltre estremamente sensibili, e quindi molto dolenti alla

palpazione.

Un altro segno affidabile di frattura consiste nella deformazione della parte lesa, quale

un’insolita angolazione di un osso o di un’articolazione. Quando una parte di un arto sembra diversa

nelle dimensioni, forma o lunghezza, rispetto alla parte corrispondente sul lato opposto, va sempre

Page 52: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

sospettata una frattura.

La tumefazione dei tessuti molli circostanti la zona di frattura è un altro segno abbastanza

caratteristico: mentre il gonfiore inizia a comparire subito dopo la lesione, eventuali ecchimosi si

rendono solitamente evidenti solo dopo qualche tempo.

Anche la perdita di funzionalità dell’arto o di parte di esso può essere indicativa della presenza

di una frattura, o comunque di una importante lesione osteo-articolare.

In caso di lussazione di un’articolazione, la deformazione a livello della lesione è spesso molto

evidente, accompagnata da una notevole tumefazione. Spesso il paziente accusa dolore che aumenta

con il movimento; inoltre vi è un’ importante impotenza funzionale, con perdita dell’uso

dell’articolazione. Anche in presenza di una lussazione non si può comunque escludere, al momento

del primo soccorso, la presenza di una lesione combinata, ovvero la presenza contemporanea di una

lussazione di una frattura di un segmento osseo.

La distorsione, specialmente se grave, con rottura di legamenti o della capsula articolare, è

spesso caratterizzata da una notevole tumefazione dei tessuti molli circostanti la lesione, accompagnata

da dolore importante e da impotenza funzionale. Anche in questo caso, al momento del primo soccorso

non è possibile escludere la presenza di una frattura associata.

E’ importante ricordare che spesso il trauma che ha provocato una frattura o una lussazione può

danneggiare in maniera anche seria i tessuti molli circostanti. Gli stessi capi ossei, nei loro spostamenti,

possono provocare importanti lesioni a livello dei muscoli, nonché dei vasi sanguigni e dei nervi che

decorrono vicini alla sede della lesione.

In certi casi, i danni dei tessuti molli possono essere molto più gravi rispetto alla frattura in sé:

un’assistenza adeguata nei confronti delle lesioni ossee e articolari deve pertanto includere anche una

cura efficace dei tessuti molli danneggiati.

6.2 - TERAPIA D’URGENZA IN CASO DI LESIONE OSTEO-ARTICOLARI

Benché alcune fratture, e in particolare le fratture esposte, appaiano raccapriccianti e molto

gravi, in realtà solo poche di esse costituiscono una minaccia reale per la vita del paziente.

Quando ci si occupa di una frattura, uno dei compiti principali consiste nell’immobilizzare

l’arto colpito. Indipendentemente da quanto sia vicina o meno la struttura medica di riferimento,

fratture, lussazioni e distorsioni devono essere immobilizzate per evitare l’aggravarsi della lesione.

Page 53: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

In alcune situazioni gravi, con necessità di manovre di rianimazione cardio-polmonare, ed in

caso di lesioni multiple gravi, può essere però necessario trasportare il paziente prima di provvedere

ad immobilizzare un arto fratturato. Va quindi sempre effettuata la prima valutazione secondo l’ABC

del primo soccorso, e quindi rilevare ogni disturbo potenzialmente letale e provvedere alla sua

risoluzione. Prima di occuparsi delle fratture, bisognerà quindi liberare le vie respiratorie, controllare la

respirazione, il polso e l’attività cardiaca, ed arrestare l’eventuale emorragia. La rivelazione di lesioni

spinali o cervicali risulta prioritaria rispetto alle fratture degli arti. Anche le ferite toraciche aperte e le

ferite addominali aperte dovranno essere curate prima delle fratture, come pure le ustioni gravi,

soprattutto quando possono compromettere la respirazione. Nell’ambito delle fratture, la priorità di

assistenza va data alla lesione della colonna vertebrale. Si passerà quindi al trattamento delle fratture

craniche, della gabbia toracica e della pelvi. Seguirà quindi il trattamento delle fratture degli arti con

precedenza alle lesioni degli arti inferiori.

6.3 - TRATTAMENTO DELLE LESIONI OSTEO-ARTICOLARI PER DISTRETTI

1 - Lesioni osteo-articolari degli arti superiori

.La prima cosa da fare è quella di riposizionare in posizione anatomica gli arti del paziente,

provvedendo alla eventuale riduzione delle fratture scomposte chiuse delle ossa lunghe. Le angolazioni

dei capi fratturati rendono infatti difficile l’immobilizzazione e il trasporto, e sono solitamente molto

dolorose per il paziente. Al momento del primo soccorso è meglio non cercare di ridurre fratture

scomposte della spalla o del polso, in quanto a questo livello passano vicino alle ossa importanti nervi e

vasi sanguigni, che possono essere ulteriormente danneggiati. Anche i tentativi di ridurre le lussazioni

possono provocare dei gravi danni, a volte permanenti: è quindi meglio, se non esperti, non cercare di

ridurre durante il primo soccorso un’articolazione lussata.

Esposizione - Per prima cosa bisogna esporre per bene la zona fratturata, rimovendo

delicatamente o tagliando i vestiti.

Riduzione - Si prova quindi a raddrizzare delicatamente l’arto fratturato, esercitando una

trazione uniforme e costante lungo il suo asse longitudinale. E’ meglio non proseguire con la manovra

Page 54: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

di riduzione qualora si avverta una particolare resistenza, un rumore di scroscio o un aumento

significativo del dolore: in questi casi, conviene immobilizzare l’arto fratturato nella posizione in cui si

trova ed accelerare le procedure di ricovero. E’ inoltre importante, prima e dopo le manovre di

riduzione di una frattura, controllare l’eventuale presenza di un danno vascolare o nervoso, tramite la

valutazione del polso distale, della sensibilità e della motilità dell’arto: anche in caso di deficit

circolatori o nervosi, andranno accelerate le procedure di ricovero.

Immobilizzazione - Il secondo passo nel trattamento di una frattura consiste nell’immobilizzare

la zone lesa tramite l’applicazione di stecche. Il termine stecca va riferito a qualsiasi mezzo utilizzato

per immobilizzare una frattura o una lussazione. La stecca deve essere abbastanza lunga da bloccare

sia l’osso fratturato, sia le articolazioni immediatamente prossimali, cioè al di sopra, e distali, cioè al di

sotto, dell’osso rotto. Il blocco dei capi ossei fratturati, oltre a ridurre nettamente il dolore dovuto allo

sfregamento dei monconi, impedisce l’ulteriore lesione di muscoli, vasi e nervi circostanti il focolaio di

frattura.

Il tipo di stecca più frequentemente utilizzato è rappresentato dalle cosiddette stecche rigide:

l’applicazione di una stecca rigida consente di riposizionare e trasferire il paziente con un movimento

minimo dell’arto colpito. In commercio, esistono molti tipi di stecche rigide, di diverso materiale, con

o senza imbottitura. A volte però, sul luogo dell’intervento, queste stecche possono non essere

disponibili, e sarà quindi necessario ricavarle da materiali presenti sul posto. Stecche di fortuna

possono essere ottenute utilizzando pezzi di legno, compensato, cartone rigido, giornali o riviste

arrotolate, ombrelli, bastoni, scope o altri materiali adatti allo scopo.

Esistono alcune regole di base da ricordare quando si applicano le stecche per lesioni agli arti.

- Innanzitutto, è meglio immobilizzare l’arto anche quando non si sia pienamente sicuri che questo sia

necessario.

- Prima di applicare la stecca rigida al paziente, bisogna assicurarsi che questa sia provvista di adeguate

imbottiture.

- Quando si fissa la stecca ad un arto, bisogna avvolgere la benda partendo da un punto distale e

proseguendo nel bendaggio verso la radice dell’arto, assicurandosi di non avere interrotto la

funzionalità vascolare o nervosa, controllando prima e dopo l’immobilizzazione il polso distale, la

sensibilità e l’attività motoria dell’arto.

- Se possibile, dopo averlo immobilizzato, l’arto lesionato va sollevato per ridurre il gonfiore.

Per bloccare in maniera adeguata l’arto superiore, un buon sistema è quello di eseguire il

cosiddetto bendaggio con fascia: l’arto, in posizione di flessione a 90°, va bloccato al collo del

paziente, possibilmente con un ampio bendaggio triangolare. Quest’ultimo può essere poi fissato al

Page 55: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

corpo del paziente, in modo da impedire movimenti dell’arto, con un bendaggio a fascia che circonda il

torace.

In caso di lesioni della spalla o del cingolo scapolare si può immobilizzare l’arto contro il

torace, applicando un bendaggio secondo Desault; anche in questo caso, per il primo soccorso è

sufficiente un bendaggio triangolare (braccio al collo) con associato un bendaggio a fascia che blocchi

l’arto contro il torace.

Il braccio ferito va fissato in maniera tale che la mano sia 8 - 10 cm. più in alto del gomito,

lasciando fuori dal bendaggio le dita della mano in modo da poter rilevare qualsiasi alterazione del

colore o della temperatura cutanea, che possono indicare la mancanza di un’adeguata circolazione. A

questo scopo è bene controllare periodicamente il polso radiale durante le manovre di

immobilizzazione.

In caso di lesioni del gomito è meglio non sollecitare l’articolazione: se questa si presenta in

posizione flessa, va mantenuta tale applicando una stecca imbottita posizionata diagonalmente e fissata

al braccio e al polso del paziente; si provvederà poi a sostenere l’arto applicando un bendaggio

triangolare che dal collo vada a sostenere il polso. Se invece l’articolazione si presenta in estensione, va

bloccata utilizzando una stecca imbottita rettilinea dall’ascella alla punta delle dita.

Quando si immobilizzano l’avambraccio e la mano, quest’ultima va messa in posizione

cosiddetta funzionale, ovvero leggermente flessa come se afferrasse una palla nel palmo.

2 - Lesioni osteo-articolari degli arti inferiori

Le regole base per la cura del paziente e l’immobilizzazione si applicano anche in caso di

lesioni osteo-articolari degli arti inferiori.

La trazione manuale viene applicata con le stesse modalità che per gli arti superiori. A causa

delle grosse masse muscolari della coscia e della gamba, questa manovra risulta però faticosa: la

trazione deve essere pertanto effettuata solo quando un secondo soccorritore sia pronto ad applicare una

stecca, per evitare una perdita di trazione.

In caso di lesioni che coinvolgono la pelvi, l’anca o il femore, dopo l’applicazione delle stecche

il paziente deve essere posizionato su una superficie rigida, allo scopo di proteggere e sostenere la

colonna vertebrale.

3 - Lesioni del bacino (pelvi)

Le fratture della pelvi possono essere prodotte da cadute, incidenti automobilistici o

schiacciamento, come avviene quando una persona rimane intrappolata e schiacciata tra due oggetti.

Page 56: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Le fratture del bacino sono spesso associate a gravi danni degli organi interni, di vasi sanguigni e di

nervi. L’emorragia interna può talvolta risultare talmente massiccia da portare all’insorgenza dello stato

di shock e alla morte del paziente. E’ bene infine ricordare che una forza sufficiente a fratturare la

pelvi può provocare lesioni associate della colonna vertebrale.

Il paziente lamenta dolore localizzato alla sede della lesione, nonché dolenza provocata dalla

palpazione delle anche e delle ossa pubiche. Il soggetto con una sospetta lesione del bacino va mosso il

meno possibile; è importante inoltre non far ruotare il paziente per spostarlo. Gli arti inferiori vanno

riposizionati nella loro posizione anatomica se non vi sono gravi lesioni dell’articolazione dell’anca e

se è possibile farlo senza incontrare resistenza e senza causare dolore eccessivo.

. E’ poi necessario prevenire ulteriori lesioni tenendo fermi gli arti inferiori: una volta messa

una coperta piegata tra le gambe del soggetto infortunato, queste vanno legate assieme una all’altra

dall’inguine ai piedi. Il paziente va quindi immobilizzato su un asse rigida per prevenire

l’aggravamento di eventuali lesioni vertebrali associate.

4 - Fratture del femore

Le fratture del femore interessano generalmente la parte prossimale dell’osso, soprattutto quelle

spontanee negli anziani, e più raramente la diafisi: queste ultime sono per lo più dovute ad incidenti

stradali o sul lavoro, per trauma diretto o da schiacciamento sulla coscia. Il dolore è di solito

circoscritto alla sede della lesione; il paziente non è in grado di muovere l’arto lesionato, che si

presenta più corto del controlaterale e ruotato verso l’esterno.

Per stabilizzare la frattura del femore il metodo più semplice è quello di legare le gambe una

all’altra dall’inguine ai piedi, posizionando tra di esse una coperta piegata. Quando sono disponibili,

l’arto va immobilizzato con due lunghe stecche imbottite, affiancate l’una internamente, dall’inguine ai

piedi, l’altra esternamente, dal tronco fino al piede anch’essa. Le stecche vanno poi fissate con

cravatte o cinghie in modo tale da bloccare l’arto. In entrambi i casi il paziente va posizionato e

trasportato su di un asse rigida per evitare i movimenti dell’arto.

5 - Lesioni del ginocchio

Il ginocchio è un’articolazione, quindi le fratture possono interessare la parte distale del femore,

la parte prossimale della tibia e del perone e la rotula. In caso il ginocchio si presenti lussato, è bene

non cercare di ridurre l’angolazione dei capi ossei. Se invece non ci sono indicazioni di lussazione ed

il paziente va spostato o comunque mosso, si può tentare di rimettere la gamba in posizione anatomica,

senza però assolutamente forzarla: la procedura va immediatamente interrotta se si incontra resistenza

Page 57: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

particolare o un aumento significativo del dolore. Se il ginocchio si presenta diritto o ritornato in

posizione anatomica è possibile immobilizzare la gamba con due stecche imbottite, una mediale e

l’altra laterale. Nel caso in cui il ginocchio si presenti piegato, l’arto va immobilizzato nella posizione

in cui si trova utilizzando due stecche ed eventualmente un cuscino per sostenere la gamba. Quando

disponibile, è possibile utilizzare una stecca gonfiabile. In ogni caso, anche qui è importante

controllare la funzionalità circolatoria e nervosa dopo aver completato l’immobilizzazione.

6 - Lesioni della caviglia e del piede

Pur essendo possibile impiegare stecche lunghe che si estendono dal ginocchio fino oltre il

piede, l’applicazione di stecche morbide rappresenta un metodo più rapido ed efficace per

immobilizzare piede e caviglia.

L’arto va sollevato senza applicare trazioni, dopodiché va adagiato delicatamente su di un

cuscino, che verrà poi legato con delle bende intorno ad esso in modo tale da immobilizzarlo.

Come mezzi di fortuna, si può egregiamente utilizzare il cartone corrugato da imballaggio,

opportunamente imbottito con del cotone.

Page 58: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 7 - TRAUMA CRANICO

Le lesioni ossee del cranio comprendono le fratture del cranio e della faccia. In caso di trauma

importante si possono avere lesioni dirette o indirette del cervello.

Le fratture del cranio vengono definite esposte quando alla lesione delle ossa si associa la

lacerazione del cuoio capelluto e, in profondità, la lacerazione della dura madre con conseguente

esposizione del tessuto cerebrale. Se invece non sono presenti fratture si usa il termine “trauma cranico

chiuso”, che è l’evenienza più comune.

Le fratture della scatola cranica vengono distinte in fratture della base cranica e fratture della

volta, che possono essere lineari, pluriframmentarie o avvallate, con infossamento dei frammenti ossei

nel tessuto cerebrale.

Le fratture del massiccio faciale sono solitamente provocate da un violento impatto. Esse

possono essere molto limitate, lineari e di scarsa importanza clinica, oppure importanti o gravemente

deformanti. In questi casi si dovrà dare la priorità al mantenimento delle vie respiratorie del paziente,

che possono essere ostruite da frammenti ossei, sangue, coaguli o denti avulsi.

Le lesioni cerebrali vengono distinte in dirette e indirette. Nel primo caso, che si verifica nei

traumi cranici esposti, vi può essere una lesione diretta del tessuto nervoso da parte di frammenti ossei

o corpi estranei. Nel caso di traumi cranici chiusi, il danno può invece essere indiretto, da

contraccolpo.

Clinicamente , si può manifestare un quadro di commozione cerebrale, caratterizzato da una

transitoria perdita di coscienza, seguita da stordimento e cefalea e spesso da una lieve amnesia che

riguarda gli avvenimenti immediatamente precedenti o successivi l’incidente. In questi casi, il danno

cerebrale è di tipo esclusivamente funzionale e non organico. La contusione cerebrale è un quadro

caratterizzato dalla presenza di un danno cerebrale organico, dovuto al trauma. Ancora, come

conseguenza di un trauma cranico, si possono avere emorragia con formazione di ematomi sia a livello

extradurale che subdurale, cioè tra le meningi e la scatola cranica oppure subito al di sotto della dura

madre.

Nel soccorrere un paziente traumatizzato bisogna valutare diversi segni che possono indicare la

presenza di una frattura cranica. La presenza di una deformazione del cranio, quale un affossamento è

solitamente indicativa di una frattura. Questa va sospettata anche in caso di lesioni che producano

profonde lacerazioni e gravi contusioni del cuoio capelluto (queste ferite non vanno mai sondate per

determinarne la profondità prima del ricovero in ospedale! ). Ancora, indicativi possono essere

l’apparente affossamento di un bulbo oculare, la presenza di emorragia o la fuoriuscita di liquido

Page 59: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

limpido dalle orecchie o dal naso.

Indici di lesione cerebrale, possono essere alterazioni dello stato di coscienza, stato

confusionale più o meno accentuato, modificazioni della personalità, alterazioni del respiro, dilatazione

ineguale delle pupille e mancanza di risposta delle stesse agli stimoli luminosi, alterazioni dell’udito e

dell’equilibrio, vomito violento a getto, e segni di paralisi, spesso localizzati ad un lato del corpo.

Trattamento delle lesioni craniche

Quando ci si occupa di pazienti con lesioni del cranio, bisogna tener presente che possono

coesistere lesioni spinali o cervicali.

La pervietà delle vie respiratorie va quindi controllata e assicurata, utilizzando la manovra di

protrusione della mandibola, che va fatta senza iperestendere il collo. Il paziente va quindi mantenuto a

riposo e se è il caso vanno instaurate le misure di rianimazione.

Il controllo delle emorragie va effettuato senza applicare troppa pressione sulla sede della

lesione cranica, soprattutto se sono evidenti frammenti ossei o affossamenti delle ossa . In caso di

fuoriuscita di sangue o di liquido cerebro-spinale dalle orecchie o dal naso, è bene non cercare di

fermare il flusso, perché questo potrebbe aumentare la pressione intracranica con conseguente ulteriore

danno cerebrale. E’ sufficiente applicare, senza comprimere, una medicazione di garza.

Le ferite esposte vanno medicate e bendate, immobilizzando qualsiasi oggetto conficcato, senza

rimuovere corpi estranei o frammenti ossei.

Quando è possibile va somministrato ossigeno e vanno prestate le cure per lo stato di shock che

può rapidamente insorgere. Tutti i pazienti che presentano lesioni alla testa o lesioni cerebrali sospette

devono monitorizzati attentamente durante il trasporto in ospedale, mantenendosi pronti all’eventualità

che il paziente vomiti e che possa essere colto da un attacco di convulsioni.

Il paziente cosciente con lesione cranica chiusa di entità minore e in assenza assoluta di segni di

lesione della colonna vertebrale, può essere posizionato con la parte superiore del corpo leggermente

sollevata: questo consente un migliore controllo nel caso il paziente vomiti.

Quando non si è certi invece della gravità della lesione, se il paziente è in stato di incoscienza o

c’è il sospetto di un danno delle vertebre cervicali, è invece necessario applicare un collare cervicale

rigido e posizionare il paziente su un asse lungo di sostegno per la colonna vertebrale. In questo modo

è possibile muovere il paziente solidale all’asse come un blocco unico, e posizionarlo eventualmente

nella posizione laterale di sicurezza senza aggravare eventuali lesioni cervicali.

Page 60: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 7 - TRAUMA DELLA COLONNA VERTEBRALE

E’ sempre necessario considerare la possibilità di danni della colonna vertebrale quando si

riscontrano gravi lesioni del capo ed al tratto toracico superiore. Qualsiasi paziente privo di conoscenza

che sia rimasto vittima di un incidente, dovrà essere trattato come se avesse una lesione con

interessamento spinale.

E’ però possibile, ed è frequente, che la colonna vertebrale rimanga lesionata senza che vi sia un

danno del midollo spinale o dei nervi spinali. Nel caso di fratture scomposte e di lussazioni, tuttavia,

le strutture nervose possono essere gravemente danneggiate.

Le vertebre maggiormente a rischio di danno traumatico sono quelle cervicali e lombari, in

quanto non sono sostenute da altre strutture ossee.

Quadro clinico - Le indicazione di un possibile danno al midollo spinale comprendono il

dolore, solitamente riferito al collo o alla schiena, che si manifesta ed aumenta con i movimenti

volontari; la dolorabilità elettiva nella sede della lesione, evocabile alla palpazione; la

compromissione della respirazione, con respirazione prevalentemente di tipo diaframmatico e riduzioni

della respirazione toracica; la compromissione nervosa degli arti, con paralisi e perdita di sensibilità

più o meno estesa.

Se questi segni sono rilevabili, è importante immobilizzare immediatamente il paziente prima

ancora di procedere con gli esami.

Trattamento - Indipendentemente dalla localizzazione apparente della lesione del midollo

spinale, le cure da praticare sono sempre le stesse.

In primo luogo va effettuata l’immediata immobilizzazione manuale della testa e del collo, che

nelle fasi successive andranno mosse all’unisono con il tronco del paziente.

Ci si assicura quindi di aver completato una prima valutazione accurata, in modo da poter

escludere tutte le patologie potenzialmente letali.

Va quindi applicato un collare cervicale rigido, conservando l’immobilizzazione manuale

mentre questo viene assicurato e continuando a mantenerla fino a quando il paziente viene legato ad un

asse lungo di sostegno. Il collare, disponibile in diverse misure, va preso delle dimensioni adatte al

paziente; prima dell’applicazione andranno rimosse collane e orecchini e si dovrà porre attenzione a

mantenere la testa in posizione anatomica, assicurandosi che i capelli non restino impigliati nel

dispositivo.

Il paziente va quindi assicurato ad un asse lungo di sostegno, legando le cinture in maniera

progressiva dal torace ai piedi; la testa andrà quindi immobilizzata per ultima, bloccandola lateralmente

Page 61: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

con gli appositi dispositivi oppure con coperte arrotolate.

Quando disponibile, va infine somministrato ossigeno alla più elevata concentrazione possibile.

Page 62: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 7 - TRAUMI DEL TORACE

Le lesioni toraciche di più frequente riscontro sono le contusioni. Un violento colpo al torace

può provocare la frattura delle strutture osteo-cartilaginee della cassa toracica, ovvero delle coste,

dello sterno o delle cartilagini costali. La pressione si può inoltre ripercuotere sugli organi interni,

danneggiando le vie respiratorie, i polmoni o il cuore. Frequenti ed importanti sono anche le ferite

penetranti del torace: proiettili, coltelli, pezzi di metallo o di vetro, utensili e numerosi altri oggetti

possono infatti penetrare nella parete toracica, danneggiando gli organi interni e la meccanica

respiratoria. Lo schiacciamento consiste in una grave forma di contusione in cui il torace viene

rapidamente compresso, come in caso di incidenti stradali, cadute dall’alto o intrappolamento da parte

di oggetti pesanti. I danni alla cassa toracica e agli organi interni, cuore e polmoni, possono essere in

questi casi molto gravi.

Anche le lesioni toraciche possono essere classificate come aperte o chiuse.

Si parla generalmente di ferita toracica aperta indicando che non solo la cute è stata lesionata,

ma che l’intera parete toracica è stata perforata, sia da corpi estranei penetranti che da frammenti ossei

costali.

In caso contrario la lesione toracica viene definita chiusa. Anche queste lesioni, conseguenti a

colpi o schiacciamenti, possono provocare gravi danni al cuore, ai polmoni o ai grandi vasi, quali

contusioni e lacerazioni.

In caso di ferita aperta è ovvio sospettare una lesione toracica, ma è anche in un trauma chiuso

è importante valutare la presenza di dolore in corrispondenza del punto leso, la presenza di una

respirazione difficoltosa e dolorosa, eventualmente con comparsa di segni di shock, la presenza di

tosse con emissione di sangue rosso vivo, schiumoso, che indica una possibile lacerazione del polmone,

la mancata espansione della parete toracica da un lato.

Page 63: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Ferite toraciche aperte

In caso di ferita a tutto spessore della parete toracica, l’oggetto che ha causato la ferita può

rimanere conficcato nel torace, o la ferita può rimanere completamente aperta: in entrambi i casi la

cavità toracica viene aperta all’aria atmosferica, compromettendo così la meccanica respiratoria di un

intero polmone. Tutte le ferite toraciche penetranti vanno quindi affrontate come se mettessero a

repentaglio la vita del paziente.

Quando l’aria atmosferica penetra nella cavità toracica, si crea una condizione definita

pneumotorace, il polmone collassa e perde la sua capacità di effettuare gli scambi respiratori.

Il paziente sviluppa quindi rapidamente una grave dispnea, ovvero una difficoltà respiratoria, in

quanto viene improvvisamente a mancare il 50 % della funzione respiratoria.

Quando lo pneumotorace è causato da un oggetto penetrante, spesso è presente un concomitante

danno al polmone, al cuore o ai grossi vasi sanguigni.. Questo tipo di lesione rappresenta quindi

un’urgenza vera che richiede una cura iniziale immediata ed il trasporto al pronto soccorso nel tempo

più breve possibile.

Trattamento - In caso di pneumotorace aperto, si procede quindi secondo l’ABC della

rianimazione, provvedendo in primo luogo a mantenere aperte le vie aeree e a fornire se necessario il

supporto di base alle funzioni vitali.

La ferita toracica va chiusa il più velocemente possibile, se necessario, utilizzando una mano

protetta da un guanto.

Si provvede poi ad applicare una medicazione occlusiva per sigillare la ferita: se possibile la

medicazione occlusiva dovrebbe essere per lo meno 5cm più grande della ferita.

Secondo il metodo più usato la medicazione occlusiva viene applicata lasciandone un angolo

non sigillato per alleviare la pressione interna alla cavità toracica. In questo modo, quando il paziente

inspira, la medicazione sigilla la ferita. Al momento dell’espirazione invece, l’angolo libero si

comporta come una valvola permettendo all’aria rimasta rinchiusa nella cavità toracica di fuoriuscire.

Quando è possibile, va poi somministrato ossigeno, e il paziente va trasportato in ospedale il più

presto possibile, controllando ripetutamente che le vie aeree rimangano aperte.

Una medicazione occlusiva può essere fatta molto semplicemente applicando sulla ferita un

foglio di plastica di dimensioni adeguate, fissato su tre lati con dei cerotti. La pellicola di plastica

utilizzata per gli usi domestici non è abbastanza spessa per una medicazione occlusiva efficace in caso

di ferita toracica aperta. Se non esiste nessun altro mezzo per fare una medicazione occlusiva, si può

utilizzare questa pellicola, piegandola però più volte finché raggiunga uno spessore appropriato: anche

in questo caso però, potrà non funzionare. E’ possibile utilizzare invece un banale pezzo di plastica

ritagliato da un sacchetto abbastanza spesso, anche se non sterile.

Dopo aver applicato la medicazione valvola, il paziente va controllato ripetutamente nel tempo,

Page 64: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

in quanto l’angolo libero della medicazione può rimanere incollato al torace per la presenza di sangue,

o la medicazione stessa può essere attirata nella ferita, bloccando il funzionamento della valvola.

In questo caso, si crea la cosiddetta condizione di pneumotorace iperteso: se il polmone è stato

lesionato, ad ogni respiro l’aria continuerà a fluire attraverso il polmone perforato nella cavità pleurica

e, essendo stata applicata la medicazione sulla ferita toracica, non riuscirà poi ad uscire all’esterno.

In questo modo aumenta rapidamente la pressione all’interno della cavità toracica e si compromette la

meccanica respiratoria anche dalla parte del polmone sano controlaterale. Se dopo aver applicato una

medicazione occlusiva ad una ferita toracica si vede che il paziente peggiora rapidamente, bisogna

controllare la medicazione e sollevarne un angolo per permettere all’aria di fuoriuscire dalla cavità

pleurica.

In presenza di un oggetto conficcato nel torace, questo dovrebbe essere lasciato in sito.

L’oggetto deve essere fissato con una medicazione voluminosa o dei tamponi per impedirne lo

spostamento, e la medicazione dovrà essere mantenuta ferma con del cerotto o un bendaggio.

Se l'infortunato viene "impalato" da un oggetto appuntito fisso al terreno, è meglio non estrarre

l'oggetto, ma liberare il paziente segandolo o tagliandolo e portarlo in ospedale il più presto possibile.

Sfilando l'oggetto penetrante, è molto facile aggravare le lesioni interne e provocare importanti

sanguinamenti, spesso rapidamente mortali.

Page 65: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Lesioni toraciche chiuse

Le fratture costali generalmente derivano da un colpo o da una compressione. Le coste più

esposte e quindi più facilmente danneggiabili sono quelle dal 5° al 10° paio.

Una persona cosciente con coste fratturate generalmente è in grado di indicare il luogo esatto

della lesione: il paziente si piega verso il lato leso e spesso tiene una mano sul punto della frattura. E’

tipico il dolore spontaneo sul punto della frattura, che aumenta durante i movimenti respiratori: per

questo motivo, la respirazione è spesso superficiale.

In caso di trauma toracico con possibili fratture costali, è bene immobilizzare il braccio del

paziente dalla parte lesa contro il torace con un bendaggio: questo sere a ridurre i movimenti e quindi il

dolore.

In caso vi siano più coste fratturate in più punti, si crea una condizione di grave

compromissione della meccanica respiratoria: si forma infatti un lembo toracico, che non si muove più

con il resto del torace durante la respirazione.

In questi casi, il soccorritore deve cercare di mantenere in sede il lembo toracico. Una volta

localizzati i margini bisogna quindi applicare una spessa medicazione di garza sulla lesione: può essere

utilizzato anche un piccolo lenzuolo ripiegato più volte, fino ad ottenere una medicazione spessa alcuni

centimetri.

La medicazione va quindi mantenuta in sede tramite cerotti robusti. Nel caso il cerotto non

dovesse tenere, il paziente va sistemato sul lato leso, in modo da comprimere il lembo toracico e

impedirne i movimenti. E’ bene ricordarsi che tutti i casi di lembo toracico rappresentano delle urgenze

molto gravi, potenzialmente letali, e il paziente va quindi trasferito in ospedale il più presto possibile.

Una forte contusione del torace è in grado di provocare gravi lesioni degli organi interni.

A livello del polmone, è frequente la contusione dell'organo, con formazione di ematomi o

possibili lacerazioni del tessuto.

Ancora, specialmente per traumi diretti molto violenti (incidenti stradali, caduta dall'alto,

schiacciamento da parte di macchinari…), si possono rompere i grossi vasi del torace o il cuore, con

emorragie quasi sempre rapidamente mortali.

Page 66: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 8 - TRAUMI DELL'ADDOME

Anche le lesioni addominali possono essere distinte in aperte o chiuse, a seconda che sia

interrotta o no l’integrità della parete.

Trattamento

Il trattamento d’urgenza delle ferite addominali aperte comprende in primo luogo il controllo

dell’emorragia esterna e la medicazione di tutte le ferite aperte.

Il paziente viene fatto sdraiare tenendolo con le gambe semipiegate in modo da rilassare la

muscolatura addominale e ridurre il dolore, ed i segni vitali vanno monitorizzati per controllare

l’insorgenza di un eventuale stato di shock.

In caso vi siano organi eviscerati o esposti, non bisogna tentare di riportarli in sede. Va invece

applicata una medicazione sterile imbevuta, se possibile, di soluzione fisiologica sterile. Questa

medicazione va applicata direttamente sulla ferita prima di ogni altra medicazione occlusiva. Gli

organi vanno quindi coperti con una medicazione occlusiva, eventualmente ottenuta da un telo di

plastica, e mantenuti caldi ponendo dei telini o lenzuola o asciugamani sulla medicazione occlusiva,

quindi non a contatto con i visceri.

Eventuali oggetti conficcati non vanno rimossi, ma tenuti fermi con delle voluminose

medicazioni mantenute in sede tramite bende. Il paziente va quindi trasportato in ospedale il più in

fretta possibile.

In caso di traumi addominali chiusi, il paziente va fatto sdraiare con la gambe piegate e va

monitorizzato per controllare l’insorgenza di un eventuale stato di shock: è importante valutare polso,

pressione e frequenza cardiaca.

Bisogna inoltre stare pronti nel caso il paziente vomiti e assicurarsi che le vie aeree rimangano

aperte.

Il paziente va quindi trasportato in ospedale il più presto possibile.

In tutti i casi di traumi e ferite addominali, è bene ricordare che non bisogna mai somministrare

nulla per via orale al paziente, neanche acqua.

Lesioni ai genitali

Le lesioni ai genitali richiedono un esame attento e una cura fornita in modo strettamente

professionale.

Page 67: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Le emorragie vanno controllate tramite pressione diretta e vanno rispettate le regole generali

previste per le ferite aperte. In caso sia necessaria una medicazione massiccia, è possibile utilizzare

uno o più assorbenti igienici, e la medicazione va fissata con un bendaggio triangolare come se si

trattasse di un pannolino. Il paziente va quindi trasportato in ospedale per le cure del caso.

Page 68: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 9 - USTIONI

L’esposizione localizzata a calore, freddo intenso ed alcune sostanze chimiche può creare dei

danni più o meno gravi all’organismo.

I danni fisici causati dalle ustioni interessano principalmente la cute, essendo questa a diretto

contatto con l’ambiente esterno; spesso però, interessano anche le strutture sottocutanee, coinvolgendo

muscoli, ossa, nervi e vasi sanguigni.

Anche gli occhi possono essere lesi senza possibilità di guarigione.

Le strutture del sistema respiratorio possono essere danneggiate gravemente, con ostruzione

delle vie aeree dovuta all’edema (rigonfiamento) dei tessuti; per esposizione ed inalazione di fumi può

comparire un’insufficienza respiratori più o meno grave, fino all’arresto respiratorio.

Quando si cura un paziente che presenta ustioni, non bisogna limitarsi a considerare il danno

imputabile direttamente all’ustione: quest’ultima, infatti, può essere la conseguenza di un problema

medico o di un incidente.

La valutazione del paziente , non deve quindi essere tralasciata per curare immediatamente le

ustioni.

Classificazione delle ustioni

Le ustioni possono essere classificate in base all’agente causale, che può essere di tipo:

- Termico , con lesioni dovute all’applicazione di calore eccessivo provocato da fiamme,

vapori, liquidi bollenti, contatto con oggetti caldi o calore radiante.

- Chimico , con lesioni dovute all’applicazione di acidi, basi e sostanze caustiche.

- Elettrico , con lesioni dovuto all’applicazione di corrente elettrica alternata o continua

o a folgorazione.

- Luminoso , con ustioni generalmente interessanti gli occhi, causati da fonte di luce

molto intensa o di luce ultravioletta.

- Radioattivo, con ustioni da radiazioni derivanti da fonti nucleari.

Per una suddivisione più specifica, oltre all’agente causale, è possibile fare riferimento anche

alla fonte dell’ustione.

E’ quindi bene raccogliere sempre informazioni osservando il luogo dell’incidente, ascoltando i

presenti o attraverso il colloquio diretto con il paziente.

Page 69: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

A seconda della profondità, le ustioni che interessano la pelle possono essere classificate di 1°,

2° e 3° grado.

L’ ustione di 1° grado è una lesione superficiale che interessa solo l’epidermide. E’

caratterizzata da un arrossamento della pelle e, a volte, da un leggero gonfiore. Il paziente in genere

lamenta dolore localizzato. L’ustione tende a guarire da sola, senza produrre cicatrici.

Nell’ustione di 2° grado, il danno si estende fino al derma, lo strato più profondo della cute, ma

l’ustione non raggiunge i tessuti sottostanti. Il paziente accusa un dolore intenso, con arrossamento

notevole e comparsa di vesciche dovute alla liberazione da parte dei tessuti di plasma e di liquidi che si

raccolgono in corrispondenza dello strato superiore della pelle. Quando curate in maniera adeguata,

anche le ustioni di 2° grado guariscono completamente o lasciando un minimo danno cicatriziale.

Nell’ustione di 3° grado, tutti gli strati della pelle sono danneggiati, con possibile estensione

della lesione ai tessuti sottocutanei. Spesso, nella sede lesa, sono presenti aree carbonizzate e quindi

scure, o aree bianche e secche. Il paziente riferisce generalmente un dolore intenso; tuttavia, se sono

state danneggiate anche le terminazioni nervose, il dolore può mancare o essere molto ridotto. Le

lesioni di 3° grado guariscono, però con cicatrici molto evidenti e spesso deformanti.

Per determinare la gravità di un’ustione, bisogna considerare diversi fattori, quali la fonte

dell’ustione, le regioni del corpo che sono state lese, il grado dell’ustione, l’entità della zona lesa, l’età

del paziente o la presenza di altre malattie o di lesioni concomitanti.

La fonte della lesione ed il tipo di agente ustionante possono essere significativi per quanto

riguarda l’evoluzione della lesione: ad esempio, una lesione di lieve entità causata da una radiazione

nucleare è molto più preoccupante di una dovuta ad una fonte termica. Le ustioni da sostanze chimiche

sono invece particolarmente importanti in quanto l’agente può rimanere adeso alla pelle e proseguire

l’azione lesiva per diverso tempo.

Per quanto riguarda la regione corporea colpita, qualsiasi ustione al volto è da considerarsi

molto preoccupante, dal momento che può provocare una lesione alle vie aeree o agli occhi.

Le mani e i piedi sono altre zone da considerare in maniera speciale, in quanto la formazione di

cicatrici può determinare la perdita del movimento delle dita.

In caso di lesioni interessanti l’inguine, le natiche e le cosce nella parte mediale, la possibilità di

infezione batterica costituisce spesso un problema più grave del danno iniziale subito dal tessuto.

Ancora, attenzione particolare va prestata in caso di ustioni circonferenziale interessanti il

tronco o un aro: in alcuni casi si può interrompere la circolazione nei tessuti distali rispetto alla parte

colpita.

Anche il grado dell’ustione è importante nel determinarne la gravità. E’ bene ricordare che

Page 70: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

nelle ustioni di 2° e 3° grado è sempre presente la possibilità di infezione per i tessuti esposti, con

quadri settici localizzati o diffusi all’organismo.

L’estensione dell’area ustionata può essere calcolata velocemente, in maniera approssimativa,

utilizzando la cosiddetta “regola del 9”. La testa e gli arti superiori vengono considerati ognuno come

rappresentante circa il 9% della superficie corporea; il torace, l’addome e gli arti inferiori, come

rappresentanti ognuno il 18% della superficie corporea. In questo modo si raggiunge il 99% della

superficie corporea: il rimanente 1% è attribuito alla regione genitale.

In caso di ustione, l’età costituisce un fattore importante. I neonati ed i bambini sotto i 5 anni,

insieme agli adulti sopra i 60 anni, reagiscono in maniera più grave all’ustione, cosicché una lesione

che, per intensità e zona lesa, può essere considerata modesta per un giovane adulto, rischia di essere

fatale per un neonato o per un anziano.

Anche la presenza di malattie concomitanti può aggravare il quadro clinico: ad esempio, i

pazienti con malattie respiratorie sono molto più sensibili all’inalazione di vapori caldi o di sostanze

chimiche.

Le ustioni possono quindi essere classificate in base ai suddetti parametri, secondo la loro

gravità, così da determinare l’ordine di intervento ed il tipo di cura.

Per ustioni critiche si intendono:

- Le ustioni complicate da lesioni del tratto respiratorio, da altre lesioni ai tessuti

molli e alle ossa.

- Le ustiono di 2° e 3° grado che coinvolgono il volto, le mani, i piedi, l’inguine e le

articolazioni principali.

- Le lesioni di 3° grado che interessano più del 10% della superficie corporea.

- Le lesioni di 2° grado che coinvolgono più del 30% della superficie corporea.

- Le ustioni di 1° grado che si estendono per più del 75% della superficie corporea.

Per ustioni di media gravità si intendono:

- Le ustioni di 3° grado che coinvolgono meno del 10% della superficie corporea,

escluso il volto, le mani, i piedi, l’inguine e le articolazioni principali.

- Le ustioni di 2° grado che coinvolgono dal 15% al 30% della superficie corporea.

- Le ustioni di 1° grado che coinvolgono dal 20% al 75% della superficie corporea.

Le ustioni lievi infine comprendono:

Page 71: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

- le ustioni di 3° grado che coinvolgono meno del 2% della superficie corporea,

escluso il volto, le mani, i piedi, l’inguine e le articolazioni principali.

- Le ustioni di 2° grado che interessano meno del 15% della superficie corporea.

- Le ustioni di 1° grado che si estendono su meno del 20% della superficie corporea.

Terapia d’urgenza per le ustioni

Molte lesioni ed urgenze mediche vanno curate prima delle ustioni.

L’ostruzione delle vie aeree, le gravi difficoltà respiratorie, l’arresto respiratorio e/o cardiaco, le

emorragie gravi, lo shock, le lesioni della colonna vertebrale, le lesioni craniche gravi, le ferite

toraciche aperte e le ferite addominali aperte sono prioritarie rispetto alle ustioni.

L’unico tipo di ustione che viene considerata un’urgenza ad alta priorità, è quella che interessa

il tratto respiratorio.

Nel caso il paziente presenti lesioni che possono essere classificate come critiche, è necessario il

trasporto immediato. Dal momento che l’età può costituire un fattore importante, il trasporto

immediato viene generalmente raccomandato anche per qualsiasi bambino o persona anziana, che

presenti ustioni profonde o estese di 2° e di 3° grado.

A - Trattamento delle ustioni termiche

Le ustioni termiche sono solitamente causate dal contatto con liquidi bollenti, vapore, oggetti

caldi, fiamme, liquidi e gas infiammabili: è compito del soccorritore valutare e trattare correttamente le

ustioni fino al momento del trasferimento in ospedale del paziente.

Non bisogna mai applicare unguenti, spray o sostanze grasse (es. burro o olio) sulle lesioni, né

tantomeno va mai applicato il ghiaccio.

Per prima cosa, bisogna allontanare la fonte dell’ustione. In caso di fuoco, le fiamme vanno

bagnate o soffocate e gli abiti bruciacchiati vanno allontanati. In caso di ustioni da catrame, invece, la

zona va raffreddata con acqua, fino al termine dell’azione ustionante; il catrame non va assolutamente

rimosso.

Viene poi fatta la valutazione primaria del paziente secondo l’ABC del pronto soccorso. Nella

valutazione delle vie aeree, è bene osservare l’eventuale presenza di ustioni al volto, di peli del naso

bruciati o di fuliggine in bocca, che possono far pensare ad un coinvolgimento delle vie aeree. Si

esegue quindi il primo controllo di routine, facendo attenzione ai possibili traumi associati, che vanno

però trattati come se l’ustione non esistesse.

Page 72: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Durante la valutazione secondaria va quindi determinata la profondità e la percentuale della

superficie corporea lesa, secondo la regola del 9. Per poter valutare l’ustione in modo corretto, è bene

allontanare tutti gli oggetti e gli abiti.

Il paziente con ustioni estese, va quindi avvolto in telini sterili o, se non disponibili, in un

lenzuolo pulito e asciutto. Quando l’area ustionata è piccola, inferiore al 9% della superficie corporea,

è possibile applicare delle medicazioni umide per dare sollievo al paziente, bagnando garza e telini

sterili con soluzione fisiologica. Anche le ustioni da catrame, dopo aver fatto raffreddare la sostanza

ustionante, vanno coperte con una medicazione asciutta.

Il paziente va quindi trasportato al più presto possibile in ospedale, continuando a mantenerlo al

caldo e a monitorizzarne i parametri vitali.

E’ bene ricordarsi di non somministrare al paziente con lesioni superiori al 20% della superficie

corporea alcun liquido, neanche acqua, per via orale; inoltre, non bisogna mai porre del ghiaccio su

nessuna ustione.

B - Trattamento delle ustioni chimiche

In caso di contatto con sostanze chimiche, bisogna sempre considerare che la zona dove è

avvenuto l’incidente può essere pericolosa: bisogna quindi esaminare con attenzione il posto, valutando

l’eventuale presenza di pozze di sostanze chimiche pericolose o di esalazioni tossiche.

Le ustioni chimiche richiedono un trattamento immediato.

Per prima cosa bisogna detergere la sostanza chimica utilizzando acqua corrente. Non è

sufficiente inumidire a parte lesa: è necessario invece un flusso continuo di acqua sull’area colpita, con

un getto abbondante, ma non troppo violento, per non danneggiare i tessuti ustionati. L’area lesa va

detersa per diversi minuti, secondo il protocollo più diffuso almeno per 20 minuti, eliminando nel

contempo gli abiti contaminati, le scarpe, le calze e i gioielli solo dopo averli ben lavati. Durante il

lavaggio è bene che anche il soccorritore sia prudente, indossando guanti di gomma o di lattice ed

evitando di schizzarsi con la sostanza ustionante.

Dopo aver pulito le zone ustionate, va quindi applicata una medicazione sterile o un lenzuolo

asciutto e pulito, ed il paziente va trasportato il più presto possibile.

Se è possibile, bisogna cercare di individuare la sostanza chimica responsabile, o la miscela di

sostanze che hanno provocato l’incidente.

Nel caso il ferito lamenti un bruciore o un’irritazione crescente bisogna lavare le zone ustionate

ancora una volta, utilizzando acqua corrente e continuando per parecchi minuti; in quanto diverse

sostanze, tra cui l’acido cloridrico e l’acido solforico, possono proseguire nell’azione ustionante anche

per diverso tempo dopo il primo lavaggio.

Page 73: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Esistono alcune situazioni particolari:

- se l’agente ustionante è calce secca, non bisogna assolutamente sciacquare la sede

dell’ustione con acqua, perché si formerebbe un liquido fortemente corrosivo. La

calce secca va spazzolata via dalla pelle, dai capelli e dall’abbigliamento del paziente,

assicurandosi di non contaminare gli occhi e le vie aeree. Il lavaggio con acqua va

effettuato con la consueta maniera solo dopo aver eliminato la calce dal corpo e aver

rimosso gli abiti e gli effetti personali contaminati.

- Il fenolo non si pulisce con acqua: se possibile va utilizzato dell’alcool per il

lavaggio iniziale sulla pelle sana, seguito solo in un secondo tempo da un lavaggio

abbondante e prolungato con acqua.

- L’acido solforico concentrato produce calore quando viene a contatto con l’acqua;

questa situazione, tuttavia, è meno grave del lasciare l’agente contaminante sulla pelle.

Un lavaggio iniziale con una soluzione leggermente saponosa può essere utile nel caso

le ustioni siano lievi o di media entità.

- L’acido fluoridrico viene utilizzato per incidere il vetro e per numerosi altri processi

dell’industria manifatturiera. Dal momento che le ustioni possono apparire in un

secondo tempo, vanno trattati adeguatamente tutti i pazienti che sono entrati in

contatto con questa sostanza chimica. Per prima cosa, se disponibile, si utilizza una

soluzione di bicarbonato di sodio per neutralizzare l’acido, quindi si può procedere al

lavaggio con acqua.

- Ogni volta che il paziente è stato esposto ad una sostanza caustica e può averne

inalato i vapori, è bene procedere al trasporto urgente in ospedale, per la possibile

comparsa di lesioni alle vie respiratorie.

Ustioni chimiche agli occhi

Un agente chimico corrosivo è in grado di ustionare il globo oculare di una persona prima che

questi possa avvertire il pericolo e chiudere la palpebra. Anche se la palpebra viene chiusa, la sostanza

chimica può inoltre infiltrarsi e raggiungere comunque il globo oculare.

In caso di contatto con sostanze chimiche, gli occhi vanno immediatamente sciacquati con

acqua. Spesso la lesione può comprendere altre aree del volto: in questo caso, va sciacquata l’intera

zona, evitando di far penetrare nuovamente la sostanza chimica nell’occhio già colpito o in quello sano.

Bisogna quindi continuare a detergere l’occhio leso con acqua, facendo scorrere il getto a bassa

pressione a partire dall’angolo nasale dell’occhio per uscire da quello laterale.

Per il lavaggio può essere utilizzata anche solo acqua del rubinetto o, quando disponibile,

Page 74: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

soluzione fisiologica.

Il lavaggio va continuato per almeno 20 minuti o, se possibile, fino all’arrivo in ospedale. Alla

fine del lavaggio, entrambi gli occhi vanno coperti con tamponi inumiditi; nel caso il paziente riferisca

nuovamente senso di bruciore o irritazione all’occhio, bisogna provvedere ad eseguire il lavaggio per

altri 5-10 minuti.

In caso di lesioni agli occhi, non bisogna mai ricorrere ad agenti neutralizzanti quali l’aceto o il

bicarbonato di sodio, ma utilizzare soltanto acqua per il lavaggio.

C - Inalazione di fumi

L’inalazione di fumi costituisce un grave problema associato alle ustioni termiche e chimiche.

Le sostanze tossiche che si liberano durante la combustione della plastica o di altre sostanze sintetiche,

possono provocare, oltre ad ustioni cutanee, lesioni oculari e delle vie aeree, fino all’arresto respiratorio

e cardiaco.

Mentre le irritazioni della pelle e degli occhi possono essere curate con un semplice lavaggio

con acqua, la priorità spetta alle vie aeree.

In caso di inalazioni di fumo o di gas tossici, il paziente va quindi trasportato immediatamente

in una zona sicura. Va poi effettuato il primo controllo e, se necessario, si inizia il supporto delle

funzioni vitali, somministrando, se possibile, ossigeno ad elevata concentrazione.

Il paziente va quindi monitorizzato e trasportato il più presto possibile in ambiente ospedaliero.

Le reazioni dell’organismo a gas tossici o a sostanze estranee nelle vie aeree possono spesso essere

ritardate: tutti i pazienti che hanno inalato fumi devono quindi essere sottoposti ad un controllo medico

in tempi brevi.

Page 75: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 10 - LESIONI DOVUTE ALL’ELETTRICITÀ

Il luogo in cui si verifica un incidente dovuto all’elettricità è spesso molto pericoloso.

Se la fonte dell’elettricità è ancora attiva, è meglio non tentare di soccorrere il paziente a meno

che non si sia addestrati in modo specifico e non si disponga dell’attrezzatura e del personale

necessario.

La corrente elettrica, compresi i lampi, può causare un danno notevole.

La pelle viene ustionata nel punto in cui l’energia penetra nell’organismo e in quello in cui

fuoriesce scaricandosi al suolo.

Lungo il percorso di questo flusso elettrico, i tessuti vengono danneggiati a causa del calore;

avvengono inoltre dei cambiamenti chimici importanti ed alcune reazioni vengono alterate o

completamente arrestate dall’elettricità.

La vittima di una folgorazione può quindi presentare diversi sintomi, tra cui ustioni nei punti di

entrata e di uscita dell’energia elettrica nell’organismo, alterazioni del sistema nervoso, che si possono

manifestare con la paralisi, spasmi muscolari, difficoltà o arresto respiratorio, irregolarità del ritmo

cardiaco o arresto cardiaco, danni muscolo-scheletrici dovuti a gravi contrazioni muscolari o a

cadute.

Nel trattamento delle lesioni da elettricità, la prima cosa da fare è quindi assicurarsi che il

paziente e il soccorritore si trovino in una zona sicura.

Vanno quindi disostruite le vie aeree e va iniziato, se si riscontra l'arresto cardiaco, il supporto

dell’attività cardio-circolatoria. Vanno poi valutate le eventuali lesioni muscolo-scheletriche alla

colonna vertebrale, al capo e le fratture gravi.

Le ustioni vanno trattate considerando per lo meno i due siti esterni in cui ha agito la scarica

elettrica, ovvero quello di ingresso e quello di uscita: le zone ustionate vanno raffreddate e vanno

rimossi i brandelli di vestiti, dopo di che, come nelle ustioni da fuoco, vanno applicate medicazioni

sterili asciutte.

Il paziente va quindi trasportato il più presto possibile, per la possibile insorgenza di

complicanze gravi: il problema principale, in questi soggetti, non è infatti generalmente costituito dalle

ustioni, ma dall’arresto cardiaco e respiratorio che rappresentano rischi assai concreti.

Page 76: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Cap. 11 - LE URGENZE AMBIENTALI

A - Urgenze dovute al calore eccessivo

Le attività chimiche dell’organismo avvengono nell’ambito di variazioni termiche limitate; non

possono verificarsi, cioè, con l’efficienza necessaria se la temperatura corporea è troppo alta o troppo

bassa.

Il calore in eccesso, che non serve per il mantenimento della temperatura, deve essere disperso,

altrimenti si crea una situazione di ipertermia, cioè una temperatura corporea troppo alta.

Il calore corporeo viene normalmente disperso attraverso i polmoni, con la respirazione, e

attraverso la pelle, sia per irraggiamento e conduzione, sia tramite l’evaporazione del sudore.

Dal momento che, in ambiente umido, la perdita di calore tramite evaporazione è fortemente

ridotta, il caldo umido può produrre variazioni drammatiche della temperatura corporea nell’arco di un

periodo molto breve. Tuttavia, il caldo umido spossa i soggetti molto velocemente, impedendo loro di

fare sforzi eccessivi e peggiorando così la situazione. Il caldo secco spesso inganna. Le persone

continuano a lavorare o comunque rimangono esposte al calore per un tempo eccessivo, superando il

punto massimo di tollerabilità: questo è il motivo per cui si trovano spesso problemi più gravi a causa

dell’esposizione al caldo secco che non per quella al caldo umido.

Crampi da calore

Si tratta di forti crampi muscolari, generalmente alle gambe, alle braccia e all’addome,

accompagnati da spossatezza e sintomi di malore.

La temperatura non necessariamente è molto superiore a quella normale. Il soggetto suda molto

e spesso beve grandi quantità di acqua, ma con la sudorazione perde una grande quantità di sali

minerali, il che porta all’insorgenza dei crampi muscolari.

Il paziente va immediatamente spostato in un luogo fresco, e gli va somministrata per bocca una

soluzione salina reidratante: in mancanza di meglio può essere sufficiente fargli bere abbondante

acqua con un po’ di sale.

E’ utile massaggiare i muscoli colpiti da crampi e applicare su di essi e sulla testa del paziente

impacchi umidi, quali fazzoletti o garze bagnate con acqua fredda.

Se i crampi persistono o se si sviluppano sintomi o segni più gravi, il paziente va trasportato in

pronto soccorso.

Page 77: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

Collasso da calore

Il tipico soggetto colpito da collasso da calore, è un individuo sano che si è esposto ad un calore

eccessivo durante il lavoro, o ad uno sforzo eccessivo: ciò provoca una perdita massiccia di liquidi e

sali.

Il collasso da calore è più frequente durante l’estate e raggiunge l’apice nei periodi di grande

caldo, colpendo soprattutto soggetti che fanno lavori pesanti in ambienti scarsamente aerati.

Il paziente presenta una respirazione rapida e superficiale, il polso rapido, la cute fredda e

sudata, una debolezza generalizzata e vertigini, talvolta con perdita di coscienza.

Il paziente va spostato in luogo fresco e mantenuto a riposo; va quindi spogliato e ventilato per

favorire l’evaporazione del sudore e quindi il raffreddamento cutaneo.

Se è cosciente, gli va somministrata acqua salata o una soluzione salina reidratante. Se invece è

privo di coscienza, non bisogna cercare di somministrargli liquidi per bocca, ma va trasportato il più

velocemente possibile in ospedale.

Colpo di calore

Si tratta di un’urgenza reale, causata da una lesione dei meccanismi di regolazione della

temperatura corporea, per cui il corpo non riesce più a dissipare il calore in eccesso.

Il problema si fa più grave qualora il paziente cessi di sudare in conseguenza alla perdita di

liquidi e sali causata dal calore.

La respirazione è profonda inizialmente, poi tende a diventare più superficiale; il polso, sempre

rapido, tende ad indebolirsi; la pelle appare asciutta e molto calda; sovente vi è perdita di coscienza,

con rischio di arrivare ad uno stato di coma; a volte vi sono spasmi muscolari importanti o addirittura

convulsioni.

Il paziente va immediatamente allontanato dal sole o dalla fonte di calore e raffreddato

rapidamente in qualsiasi modo. Gli abiti vanno rimossi ed il paziente va avvolto in asciugamani o

lenzuola umide, su cui va versata abbondante acqua fredda. La temperatura corporea deve essere

abbassata velocemente per evitare danni irreversibili alle cellule cerebrali.

E’ utile disporre eventuali borse del ghiaccio nei punti in cui le arterie decorrono

superficialmente, ovvero sotto le ascelle, sotto le ginocchia, ai polsi, alle caviglie e ai lati del collo. Il

paziente va quindi trasportato il più rapidamente possibile tenendo sotto costante controllo i segni

vitali. Nel caso in cui il trasporto dovesse essere ritardato, si può immergere il paziente nell’acqua

fredda per consentire l’ulteriore raffreddamento corporeo.

Page 78: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

B - Urgenze dovute al freddo eccessivo

Congelamento

Le lesioni che derivano da un raffreddamento localizzato che interessa regioni limitate del corpo

vengono indicate con il termine di congelamento. Le zone più comunemente colpite sono le estremità

degli arti, le orecchie e il naso.

Quando una di queste zone è esposta ad un ambiente particolarmente freddo, la circolazione si

riduce in seguito alla costrizione dei vasi sanguigni: i tessuti non ricevono quindi abbastanza sangue ( e

calore) per impedire il congelamento. E’ possibile che all’interno dei tessuti si formino dei cristalli di

ghiaccio, e nei casi più gravi può subentrare la morte delle cellule con la distruzione dei tessuti.

Congelamento di 1° grado

E’ il primo grado di congelamento, causato dal contatto diretto con un oggetto freddo, o

dall’esposizione di una parte del corpo ad aria o acqua fredda. Il danno dei tessuti è lieve e limitato ai

tessuti superficiali. L’insorgenza solitamente è lenta e si manifesta con una variazione del colore della

pelle, che inizialmente si arrossa per poi schiarire fino a diventare quasi bianca, e con insensibilità

cutanea della zona colpita.

Il trattamento consiste semplicemente nel riscaldare la zona colpita. Durante la fase di

riscaldamento, è normale che il paziente avverta sensazioni di formicolio o di bruciore nella zona lesa,

senza peraltro ulteriori conseguenze.

Congelamento di 2° grado, o superficiale

In questi casi la lesione interessa la cute e gli strati sottocutanei. La pelle appare bianca e rigida,

congelata, mentre i tessuti sottostanti sono invece ancora morbidi e mantengono la normale elasticità.

La sensibilità è solitamente persa nella zona lesa.

Congelamento di 3° grado, o profondo

In questo caso, vengono colpiti la cute, gli strati sottocutanei ed eventualmente anche le

strutture più profonde del corpo, fino a muscoli ed ossa. La pelle si presenta chiazzata bianco-

grigiastra, ed i tessuti sembreranno congelati e rigidi alla palpazione, senza alcuna elasticità.

Il trattamento iniziale per il congelamento di 2° e 3° grado è analogo e deve essere praticato,

quando possibile, da personale medico in un ambiente attrezzato: il paziente va quindi immediatamente

trasferito in ospedale proteggendo la zona congelata e coprendo la sede della lesione con molta

delicatezza. Se il trasporto deve essere ritardato, il paziente va mantenuto coperto e al caldo, senza

Page 79: NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO - Giustizia

consentirgli di fumare né di assumere bevande alcoliche.

Se non è possibile l’intervento medico, la zona colpita va riscaldata lentamente. La parte lesa

va preparata togliendo completamente abiti e gioielli. Va quindi immersa completamente in un

contenitore pieno di acqua riscaldata a 37-40°: è importante che la temperatura dell’acqua non superi

questi valori.

Per evitare ulteriori lesioni, la zona colpita da congelamento non deve assolutamente toccare i

lati o il fondo del contenitore in cui viene immersa per essere riscaldata, né va esercitata alcuna

pressione sulla zona colpita. Mentre la zona si riscalda, il paziente accuserà dolore che può essere

talvolta molto intenso.

Una volta completato il riscaldamento la parte, che non appare più congelata, diventa rossa o

bluastra; la cute va asciugata delicatamente e va applicata una medicazione sterile, ponendo delle garze

tra le dita prima di medicare le mani o i piedi.

E’ importante non lasciare che vi sia alcun contatto diretto con la sede della lesione né esercitare

alcuna pressione su di essa. Il paziente va mantenuto a riposo, senza consentirgli di camminare nel caso

la parte colpita sia un arto inferiore.

E’ bene tenere al caldo tutto il corpo del paziente e provvedere al trasporto il più presto

possibile, mantenendo l’arto colpito leggermente sollevato.

E’ importante non farsi influenzare dai presenti e non dare credito a consuetudini e tradizioni

popolari: la zona congelata non va mai sottoposta a sfregamento né va applicata neve sulla zona

colpita, in quanto si potrebbero danneggiare in maniera più grave i tessuti già lesionati.

Ipotermia

Il raffreddamento generale che interessa l’intero organismo viene definito ipotermia o

assideramento.

Il quadro dell’ipotermia è caratterizzato, nelle fasi iniziali, dalla presenza di brividi; subentra

poi una sensazione di intorpidimento e di sonnolenza con un ridotto livello di coscienza; la respirazione

ed il ritmo cardiaco rallentano, e il paziente ha spesso difficoltà a coordinare i movimenti. Nei casi

estremi subentra poi la perdita di coscienza e quindi la morte.

In caso di ipotermia lieve con temperatura corporea mantenuta sopra i 30-32°, si può

provvedere al riscaldamento del paziente sul posto o durante il tragitto fino in ospedale.

Il paziente va mantenuto asciutto, avvolto in coperte. Per elevare la temperatura corporea

bisogna utilizzare una sorgente di calore esterna, che può essere rappresentata da borse d’acqua calda,

coperte elettriche, fonti di aria calda, se necessario dal calore corporeo dei soccorritori stessi.

Il paziente non va mai riscaldato troppo velocemente, in quanto la circolazione del sangue

freddo che ristagna nelle zone periferiche può raffreddare nuovamente le zone centrali del corpo, con la

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possibilità di provocare gravi problemi del ritmo cardiaco, quali la fibrillazione ventricolare.

Il riscaldamento va effettuato a partire dal tronco, dalle ascelle e dall’inguine, evitando di

riscaldare per primi gli arti: questo porterebbe ad una importante vasodilatazione nelle estremità, con

conseguente quadro di shock ipovolemico.

Il paziente va mantenuto a riposo senza permettergli di camminare né di svolgere attività fisica.

Se il paziente è cosciente, possono essere somministrati per bocca dei liquidi caldi, molto

lentamente.

Il soggetto va quindi trasportato in ospedale, mantenendone il capo in posizione più bassa

rispetto ai piedi e monitorizzando i segni vitali.

In caso di ipotermia grave, sotto i 30°c , è estremamente rischioso effettuare il riscaldamento

del paziente in una struttura non attrezzata per la rianimazione: anche riscaldando il paziente

lentamente, è frequente l’insorgenza di una fibrillazione ventricolare letale.

Il soggetto si trova quasi sempre privo di conoscenza, con un forte rallentamento delle funzioni

vitali: è bene quindi cominciare subito una rianimazione cardio-polmonare adeguata. Il soggetto va

quindi avvolto in coperte, se possibile di tipo isolante, e trasportato immediatamente in ospedale,

assicurandosi che le vie aeree siano pervie e tenendolo posizionato con la testa più in basso rispetto al

resto del corpo.