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Numero 2 - 2011, Anno XIV

Numero 2 - 2011, Anno XIV · Farmadati per la tenuta della contabilità e la gestione Iva; Farmaservizi per la comunicazione, per la parte riguardante le manifestazioni e per le iniziative

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Nume

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www.studiomariofanelli.it - C.so Principe Oddone, 94 - 10152 TORINO - Tel. +39 011 23.14.61

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In questo numero

numero 22011

Una pubblicazione

Iscrizione al tribunale di Torinon° 5271 del 24.5.99

Direttore responsabileLuciano Platter

CaporedattoreElisabetta Farina

Comitato di redazioneSimona Arpellino Marco CanavosoAndrea ColomboMarco CossoloAndrea Garrone

Hanno collaboratoLuca Bruschistudio Fanelli

Redazionec/o SGI srl Società Generale dell’ImmagineVia Pomaro 3 - 10136 TorinoTel. 011.35.99.08 - 329.07.02Fax 011.329.06.79e-mail: [email protected]

Progetto, realizzazione grafica e pubblicitàSGI srl

StampaLa Terra Promessa OnlusNOVARA

www.farmaciaamica.org

Piemonte

4 l'Editoriale

dalle Associazioni9 Informa Farmaco ancora più esteso

Attualità10 La farmacia rurale14 Piano rientro del Piemonte

SPECIALE19 I Valdesi: un popolo-chiesa

Gestire la farmacia32 Saper far di conto

Formazione34 Le reazioni avverse a farmaci37 La partecipazione di Federfarma ai Martedì Salute40 Sarà naturale la cosmesi del futuro?

41 Notizie dalle aziende

l'Architetto in farmacia42 Una ristrutturazione all'insegna del colore

44 Convenzioni card farmacia amica

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DITO

RIAL

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l'EDITORIALE

ADDIO RINALDO

Al momento di andare in stampa, ci giunge una notizia che, benché fosse da tempo nell’aria, lascia tutto il mondo della farmacia torinese e piemontese attonito. La dipartita del dottor Rinaldo Boggetto non coinvolge infatti solo il lato umano, colpito da una perdita di un personaggio di alto valore, ma si proietta come un cono d’ombra su tutto il mondo delle nostre farmacie, d’ora in poi prive di un sicuro punto di riferimento quale Egli era stato fin dalla fondazione delle nostre Associazioni Titolari nell’immediato dopoguerra, ed era tuttora.Oltre sessant’anni spesi al servizio della farmacia, con un’opera a volte silenziosa ma sempre efficace di supporto alla nostra attività, con ispirati e precisi consigli in materia contabile e fiscale che l’avevano trasformato, agli occhi dei titolari, da professionista a consigliere, confessore e, soprattutto, amico.Non c’è stato momento della vita associativa in cui il dottor Boggetto non abbia fornito un sostanziale apporto di conoscenza e di saggezza. Anche le problematiche più astruse ed enigmatiche venivano da lui affrontate con una serenità che permetteva di dipanarle e portarle a compimento.Inutile dire che il cordoglio per la sua scomparsa ha coinvolto tutti i titolari, non solo di Torino. Ai suoi eredi, la moglie Vera e il figlio Carlo, vada il cordoglio ed il sincero abbraccio di tutti i lettori di Farmacia Amica.

Per ricordarne l’opera, ma soprattutto l’umanità, pensiamo non vi sia forma migliore che allegare il commosso e coinvolgente ricordo che il figlio Carlo, con voce rotta dall’emozione, ha dedicato nel corso del funerale al suo caro Papà.

Luciano Platter

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Era un uomo d’altri tempi. La cortesia, la correttezza, la stretta di mano, il servizio agli altri per lui rappresentavano un patto di reciproca stima e fiducia nel prossimo.Ma allo stesso tempo era moderno: si metteva sempre alla ricerca della sintonia con la persona che aveva davanti, la studiava, la capiva e la metteva al centro della sua attenzione, aveva come delle antenne per captare l’umore delle persone ed adattarvisi.Non faceva mai il protagonista: era attento, diplomatico, intelligente, a volte anche furbo nelle soluzioni, ma era anche modesto e faceva della sua modestia, del profilo basso, il suo carattere principale e vincente.Non si agitava mai, sembrava possedere un tempo infinito a disposizione dell’interlocutore, del cliente, dell’amico.Non era l’uomo dei fronzoli, delle cose difficili, ma faceva della concretezza e della semplicità la sua dote migliore, che diventava la caratteristica principale del suo profilo professionale.Non era un professore, un insegnante. Da questo punto di vista non ci sapeva proprio fare: o si agitava o si scocciava. Mi diceva: “stai vicino a me e cerca di capire da solo”. Frequentarlo era l’unica maniera per comprendere la sua filosofia di lavoro e di vita.Facile a dirsi, anche bello, ma difficile da ripetere. Una delle prime cose che capii fu che non lo potevo imitare, eravamo troppo diversi e lui troppo naturale nel suo comportamento: riflessivo, costante, ordinato, geneticamente organizzato.Per lui il lavoro era come un valzer lento, con un ritmo dolce e ben definito, cadenzato.Ma per il grande affetto, la stima che ispirava e l’attaccamento alla sua persona mi sono applicato e sforzato di fare cose compatibili e comunque in linea con la sua filosofia; alla fine ci siamo integrati ed abbiamo raggiunto una complementarietà ed una complicità quasi perfetta.Io come scelta istintiva avrei fatto tutt’altro nella mia vita ma poi, da lui lontanamente blandito ed affascinato dal suo ragionare logico, ho deciso di seguire il suo lavoro. Come avrei potuto dire di no ad un uomo ed un padre così carino, gentile, attento sempre ai tuoi problemi, così “easy” da rendere tutto sereno, armonico, quasi facile?Spesso mi sono chiesto: ma che scuole ha fatto costui? Sembrava avesse studiato per diventare Ambasciatore, per una carriera diplomatica, invece prima Ragioneria e poi Economia e Commercio al serale perché dall’età di 16 anni aveva dovuto iniziare a lavorare per necessità della famiglia, essendo la madre rimasta vedova in ancor giovane età.Sono i miracoli, le cose che non sappiamo spiegare di quel particolare periodo del dopoguerra in cui il nostro Paese raggiunse i livelli più alti nella cultura e nel miracolo economico.Il tempo è inclemente e crudele e quindi già oggi molti nuovi titolari di farmacia non sanno chi egli sia stato e cosa abbia fatto per la categoria ma, viceversa, tanti che lo hanno conosciuto ed apprezzato, ancora recentemente mi chiedevano di lui, della sua salute e mi dicevano di salutarlo.Molti mi hanno raccontato di situazioni e circostanze per loro importanti, nelle quali erano stati aiutati professionalmente ed umanamente ed alcuni hanno affermato che senza quell’aiuto, senza quel consiglio oggi non sarebbero quello che sono o non avrebbero realizzato il loro progetto di lavoro.Non è mai stato particolarmente religioso, così come molti di coloro che hanno studiato dai preti; soprattutto non amava i gesti esteriori, l’ipocrisia di una certa religiosità formale, ma è sempre stato rispettoso e praticante, non ha mai fatto del male a nessuno e, soprattutto, non conosco altra persona che avesse nella propria natura il mettersi al servizio degli altri ed aiutare gli altri anche se non richiesto, senza differenze di ceto sociale ed in modo naturale.Insomma, credo che la sua parte di Paradiso, Papà se la sia proprio guadagnata.

Carlo

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Gli scopi dell’Associazione Sulle ceneri fumanti della guerra, l’Associazione Piemontese fra i Proprietari di Farmacia nacque innanzitutto per l’approvvigionamento dei materiali, “facendo così risorgere - dice lo Statuto approvato il 15 maggio 1949 - quanto nel 1852 i Farmacisti torinesi iniziarono con l’istituzione dell’Antica Società fra farmacisti degli Stati Sardi e che continuarono poi fino ai tempi nostri attraverso la Società di Farmacia di Torino”.Tassa di iscrizione: 500 lire. Soltanto 10 lire per i rurali con indennità di residenza. Dopo aver provveduto anche a rifornire le farmacie, negli anni successivi l’Associazione si dovette occupare sempre più dell’aspetto fiscale. “Nel ’48-’49 - racconta il dottor Boggetto - il Fisco ebbe il coraggio di far pagare alle farmacie non distrutte dai bombardamenti “l’imposta sulla congiuntura”, una tassa per i proventi derivati dalla sparizione delle farmacie vicine e concorrenti bombardate”. Il presidente Pasquale Bruno chiamò scandalizzato a raccolta i colleghi con una circolare telegrafica: “Venite che ci difendiamo!”. L’unione faceva la forza. Secondo lo Stato, chi non aveva subito danni era da considerarsi beneficiato e quindi ricevette le cartoline di congiuntura. Si andò a trattare all’Ufficio Imposte in via Roma, e i farmacisti vinsero la battaglia. L’unione fece la forza anche quando si trattò di discutere sui contestati concordati definitivi d’imposta entrati in vigore nel 1947: “Singolarmente - si legge sul verbale del 15 maggio 1949 - non sarebbe stato possibile dimostrare agli uffici competenti la realtà della situazione della Farmacia. Prova ne è che quelle poche farmacie che non hanno voluto accettare le proposte dell’Associazione non hanno a tutt’oggi concordato l’Ige per l’anno 1947”.

Il commendator Bruno era uomo preciso, tenace, “brandiva il bastone come nulla”, ricorda il dottor Boggetto. “Chiamato, ai tempi di Caporetto, a delicatissimi incarichi dal ministero della Guerra nel campo degli approvvigionamenti e delle analisi sanitarie riguardanti il materiale farmaceutico - si legge nel ricordo del dottor Occlerio Garrone del 1956 - godette nell’applicazione di essi la più assoluta fiducia e libertà d’azione, quali quelle che soltanto a un uomo profondamente onesto e di alta competenza potevano essere dal Governo affidate”. “Vide giusto - prosegue la commemorazione - quando nell’immediato dopo guerra si persuase che, unicamente con le proprie forze, i farmacisti piemontesi avrebbero potuto riconquistare le posizioni perdute per cause varie; persuase se stesso prima ed i colleghi poi; e chi ebbe ventura di essergli, come noi, vicino, oggi cammina con un viatico professionale preciso, ispirato a pochi concetti limpidi come il Suo pensiero, candidi come l’animo suo, animo di fanciullo che pesava negli uomini solo il lato buono, che facilmente dimenticava, dopo brevi scariche adrenaliniche, i torti ricevuti e che nella pace della Sua terra nativa sapeva meditare e contemplare quanto di più bello circonda noi, anche se molto spesso i nostri occhi non sanno vedere”. Riconoscente anche il ricordo del professor “Nico” Cavanna: “Un uomo di una rettitudine eccezionale e di una bontà verso i giovani che mi hanno fatto amare ancora di più la farmacia”.

Dopo gli anni dell’assestamento e dei rifornimenti, si dovettero affrontare i primi problemi di carattere sindacale. Titolari di farmacia da un lato, collaboratori dall’altro. Questi ultimi crearono un loro organismo per trattare con i proprietari delle farmacie in cui lavoravano. Nacque - accanto e come contraltare - il Sindacato dei Collaboratori dell’Alleanza Cooperativa Torinese, presieduto dal dottor Luigi Rogna, direttore di una farmacia della Lancia Cooperativa, che poteva contare sull’appoggio dei

Riportiamo l'intervista al dottor Rinaldo Boggetto pubblicata nel volume realizzato in occasione della ristrutturazione della sede di via Sant'Anselmo 14

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sindacalisti della camera del lavoro. E cominciarono le prime vertenze sull’organizzazione dei turni, degli stipendi, delle ferie, fino alla stipula dei contratti per i dipendenti e i collaboratori.Il settore dell’Associazione che più si è svilupperà nel corso degli anni sarà quello delle tasse e delle imposte. Per via delle riforme fiscali che si succederanno (ad esempio la Legge Vanoni nel ’52 e l’introduzione dell’Iva nel ’73) porteranno all’attivazione, tra il 1960 e il 1975, di uffici fiscali appositamente attrezzati per richieste specifiche, fino a creare, in tempi recenti, le società filiate Farmatributi per occuparsi di bilanci, denunce dei redditi e per l’assistenza nelle apposite commissioni; Farmadati per la tenuta della contabilità e la gestione Iva; Farmaservizi per la comunicazione, per la parte riguardante le manifestazioni e per le iniziative firmate Farmacia Amica. Società a responsabilità limitata con a capo sempre rappresentanti dell’Associazione. Nel gennaio 1981 nasce anche l’Asped, per la tenuta dei libri paga-matricola. È di questi giorni la nascita di un’ulteriore srl denominata Farmaservizi Formazione che, dal prossimo anno, si farà carico della complessa gestione degli eventi legati all’aggiornamento professionale dei farmacisti, titolari e non. Dal 1973 tutti i farmacisti dovettero dotarsi di un registro Iva. Ricorda, il dottor Boggetto, un curioso aneddoto sui ‘primi passi’ dell’imposta con i nuovi misuratori fiscali (gli attuali registratori di cassa, ndr): “Eravamo costretti a chiamare sovente in sede un farmacista, perché i suoi conti non tornavano mai, il magazzino non era mai in regola con le vendite registrate. Si difendeva: ‘Non capisco, io batto tutto ciò che vendo, sono quelle macchine lì che sbagliano’. Un giorno telefonò in Associazione la moglie, chiese un appuntamento è confessò: ‘La colpevole sono io. Ogni volta che mio marito si assenta dalla farmacia, anche solo per andare in bagno o rispondere al telefono, ne approfitto, non batto le vendite e metto quei soldi in tasca. Mio marito è un uomo avaro, non mi dà soldi a sufficienza. Ho tre figli da mantenere, tre maschi, quello è l’unico sistema per poter fare la spesa’”.

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Informa-Farmaco, l’applica-zione web che permette alle farmacie territoriali dell’Asl TO 1 di visualizzare e poi stampa-re la scheda informativa del farmaco necessario in inglese, francese, spagnolo, arabo e ru-meno si arricchisce del cinese e verrà esteso anche alle farmacie dell’Asl TO 2. Tutte le farmacie della città saranno così dotate di una scheda paziente da far compilare al cliente straniero per comprendere meglio le sue necessità e per consigliare il far-maco più indicato.

Ma le novità non finiscono qui. Il progetto, organizzato dalla dot-toressa Carla Rolle, coordinatrice della Commissione Farmaceuti-ca dell’Asl TO 1, prevede che il prontuario delle medicine a cui sono allegate schede informati-ve in lingua sia implementato di altri due prodotti, portando così a 35 i farmaci per i quali è pos-sibili avere il foglietto in lingua straniera. Inoltre la possibilità di accedere al programma infor-matico (presente sul sito dell’Asl TO 1 nell’area riservata ai medi-ci) sarà estesa anche ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta, ai consultori e alla guardia medica. Ha commentato l’assessore alla Tutela della Salute e Sanità della Regione Piemonte, Caterina Ferrero: “Il progetto, che lo scor-so anno era stato avviato in 170 farmacie e che quest’anno è stato esteso anche a quelle territoriali dell’Asl TO 2, si pone come obiet-tivo quello di agevolare in primo luogo i cittadini stranieri nella cura della propria salute, ma an-che i medici e i farmacisti nel dia-logo con i pazienti non italiani”.

“L’estensione del progetto Infor-ma-farmaco alle farmacie di tut-ta la città è un primo passo verso la creazione di un’unica Asl citta-dina, che fornirà lo stesso tipo di assistenza su tutto il territorio”, prosegue Giacomo Manu-guerra, commissario delle Asl TO 1 e TO 2. Questa attività, peraltro, può influire sulla razionalizzazione della spesa farmaceutica con-venzionata, in quanto un cor-retto impiego dei farmaci da consiglio e/o senza l’obbligo di prescrizione medica incide sui costi di quest’ultima. “Il nostro obiettivo - dichiarano Mario Giaccone, presidente Ordine dei Farmacisti, e Luciano Platter, presidente dei titolari di farmacia -, ora raggiunto, era ampliare il servizio a tutte le far-macie di Torino: e insieme all’Asl ci siamo riusciti in tempi rapidi. Ab-biamo sempre creduto in questo progetto, che facilita sicuramente il nostro lavoro quotidiano a con-tatto con cittadini che hanno bi-sogni di salute e che essendo stra-nieri hanno maggiori difficoltà”.

INFORMA FARMACO ancora più esteso

Da oggi anche in cinese e in tutte le farmacie della città

dalle ASSOCIAZIONI

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DITO

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“Caro presidente,mi dispiace tediarla ancora, con le mie preoccupazioni ed i miei problemi di farmacista titolare di una farmacia piccola e tra i monti.Purtroppo, giorno dopo giorno, effettuo gli aggiornamenti del programma di gestione e rilevo delle conti-nue variazioni di prezzo in meno, con conseguente riduzione di utile, che sommato al rimborso in negativo di alcune medicazioni e dei presidi per l'autocontrollo della glicemia, mi impongono di sostenere le spese vive della farmacia prelevando i soldi dal mio conto personale (fino a quando ce ne saranno). So che questo è, ormai, diventato una cosa piuttosto comune tra i colleghi. Il rischio è quello di arrivare al pagamento delle tasse del saldo di luglio senza soldi, nonostante la possibile rateizzazione”.

“E adesso cosa fare? Lasciare che gli avvenimenti ci sovrastino senza intervenire appellandoci alla crisi a tagli che tutti devono subire, affidarci a semplici proteste formali che sappiano già non sortiranno alcun effetto in nessuna direzione o intervenire con proteste compatte di tutta la categoria, magari ventilando qualche blocco di servizi, il blocco dell'invio dati verso lo stato, blocco della distribuzione di farmaci rimbor-sabili o perlomeno informare l'opinione pubblica con una diffusione capillare dei pericoli di tali distribuzio-ni di farmaci tramite le poste?”.Firmato: un farmacista che vorrebbe fare il farmacista.

La FARMACIA RURALEATTUALITÀ

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È anche a partire da lettere di colleghe e colle-ghi come queste, legittimamente indirizzatemi in queste ultime settimane come vicepresiden-te rurale di Federfarma Torino, che credo sia corretto cercare di spiegare lo scenario che la farmacia rurale piemontese di oggi (ma l’esten-sione a tutta la nostra penisola non stonerebbe affatto) si trova purtroppo e suo malgrado da-vanti a sé: il rischio forte e reale di non farcela più ad andare avanti!E questo: - nonostante sforzi proferiti quotidianamente attraverso l’appassionata dedizione dimostrata verso aree del paese più disagiate ma non per questo meno degne;- nonostante il dover convivere con marginalità ormai così ridotte da non poter più fronteggiare ulteriori tagli sempre più disinvoltamente ope-rati verso le farmacie e, di conseguenza, verso le popolazioni che in esse trovano un irrinunciabi-le presidio e riferimento sanitario;- nonostante l’assoluta ed estrema diffusione ca-pillare sul territorio italiano delle farmacie rurali.Dunque se soprattutto fino a ieri il concetto di ruralità ha fatto prevalentemente rima con capil-larità (di presenza territoriale, di servizi già offerti alla popolazione, di unico presidio sanitario, di riferimento fondamentale e sempre accessibi-le ai cittadini), oggi la rima si estende anche al meno gradevole concetto di marginalità: se da un lato, infatti, si riducono i margini economici e gestionali e, di conseguenza le potenzialità di nuovi investimenti rivolti all’utenza, dall’altro nelle scelte arbitrarie assunte in ambito sanitario da Stato e Regioni, per ottenere il ripiano di de-biti prodotti non dalla farmacia convenzionata bensì da altre ben più imponenti realtà, le far-macie rurali, in particolare, corrono seriamente il rischio di essere respinte sempre più ai margini

del Ssn!Nessuno può, è ben evidente, accettare il verifi-carsi o il peggiorare di tale situazione. A nessuno conviene, secondo il mio modesto avviso, che il sistema della farmacia rurale entri in una crisi irreversibile per almeno una serie di motivi, che cercherò brevemente di illustrare.1) È mia convinzione personale (peraltro con-divisa da molte colleghe e molti colleghi), che se crolla il sistema-farmacia rurale crolla tutto il sistema-farmacia convenzionata in questo pae-se. E questo non tanto per un’inutile e danno-sa contrapposizione tra farmacie piccole e più ”povere” verso farmacie più grandi e più “ricche”, bensì per il semplice e forse sottovalutato mo-tivo che la sofferenza o la chiusura di presidi sanitari in piccoli e medi Comuni italiani provo-cherebbe dei gravi danni occupazionali, sociali e probabilmente di ordine pubblico. È, infatti, incontestabile ribadire come, in tutti i comuni italiani, la farmacia svolga non solo una funzione sanitaria fondamentale ma, molto spesso, anche una funzione sociale di presidio dello Stato, so-prattutto laddove non esistono l’ufficio postale, l’ambulatorio medico, la caserma dei carabinieri o altri fondamentali servizi. E, si badi bene, ci si riferisce a realtà del Nord Italia.2) Il Ssn come stabilito dalla Costituzione Ita-liana deve garantire la continuità assistenziale su tutto i territorio nazionale: le farmacie rurali garantiscono, pertanto ed a tutti gli effetti, un ruolo determinante di questo percorso. Non rappresentano certo l’anello debole! E questo concetto, care colleghe e cari colleghi, che va al-dilà del mondo della farmacia, vi posso garantire essere sempre stato da me fermamente espres-so in tutte le sedi istituzionali, che mi hanno vi-sto personalmente presente anche come Sinda-co di un piccolo comune montano piemontese.

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ALITÀ

ATTUALITÀ

3) I pazienti che giornalmente (domeniche e festività incluse) accedono alle nostre farmacie non possono fare a meno di noi e ce lo confermano ogni giorno (e non soltanto attraverso le indagini statistiche che assegnano alla farmacia il più elevato gradimento tra tutti i servizi sanitari in Italia!). Cerchiamo perciò di imparare sempre un po’ di più che questo apprezzamento è una ricchezza no-nostante la pesantezza dei turni di guardia farmaceutica serali-notturni e festivi; nonostante il ridursi della redditività; nonostante la fatica di fare molto e ricevere poco da chi amministra la salute pubbli-ca e ne dispone le sempre più ridotte risorse! Le nostre farmacie possono essere, se lo vogliamo e ci convinciamo in tal senso, un “megafono” per informare i cittadini-pazienti del nostro ruolo, dei nostri crescenti problemi e della necessità di reciproca collaborazione, per esercitare tutte le necessarie pressioni verso la Regione e le Asl.

“Penso che le farmacie rurali, se fossero ben utilizzate come vetrina del quotidiano lavoro del farmacista, potrebbero essere l'ancora di salvezza di tutto il sistema, il cardine di una campagna di "marketing" sia nei confronti dell'opinione pubblica sia della classe (si fa per dire) politica. Mi hanno sempre spiegato che nessun prezzo è alto, per chi acquista, purché percepisca il valore di ciò che acquista. Allora, se esiste, facciamolo percepire il nostro valore! Invitiamo qualche politico a trascorrere una giornata in farmacia con noi. Dobbiamo assolutamente uscire da una logica di pura comparazione di costi: ma come si fa a dire che, a parità di costi, siano meglio le farmacie dei postini? È pazzesco che vengano condotte trattative in cui il fattore qualità del servizio non viene neppure preso in considerazione come fattore di decisione. Il problema è che chi prende decisioni sulla farmacia non è un nostro utente. Bisognerebbe riuscire a dar voce alla nostra utenza.Siamo schiacciati fra chi invece di strappare le erbacce dà fuoco a tutto il giardino (Monferino) e chi in nome di un finto liberismo, che peraltro non gli appartiene, risponde a potentati economici (Bersani). A patirne non saremo solo noi, che magari ce la caveremo vendendo anche dolciumi, ma i cittadini e alla fine anche l'economia dello Stato perché prevenire e migliorare la qualità della vita diminuisce i costi di ospedalizzazione”.

Questo è quanto pensa un giovane collega rurale, che ritengo giusto ed utile presentare in questo breve articolo.Credo, dunque, con appassionata convinzione che la farmacia rurale abbia un futuro aldilà delle con-tingenti e sfibranti difficoltà professionali ed economiche da cui è ormai sempre più prepotente-mente vessata. Ed affermo questo “confortato” dalla storia d’Italia, che ci conferma come la farmacia italiana sia sempre stata un bersaglio “privilegiato” dei tagli operati in campo sanitario: nel 1888 la Riforma Crispi portò ad un azzeramento quasi completo del sistema farmacia; dal decreto Storace, passando alle Liberalizzazioni targate Bersani, per giungere alla ben nota attualità odierna, non si con-tano gli attacchi cui è stata sottoposta la farmacia italiana. Eppure siamo ancora in piedi con l’intatta determinazione a resistere! Dunque, se “facciamo così gola ai tagliatori di spese prodotte da altri”, qualcosa dovrà pur significare!E nonostante la delicatezza del momento professionale ed economico occorre provare a pensare alla nostra professione in modo nuovo, sforzandoci di essere capaci ad adattarci al cambiamento, tutti insieme: non per subirlo ma per orientarlo! Le difficoltà economiche, la riduzione delle marginalità, le continue e pervicaci “aggressioni” da parte dell’ente pubblico non si combattono da soli, tutti contro tutti, a colpi di sconti e promozioni per sottrarci a vicenda i pazienti: può anche funzionare per un po’ ma alla fine il sistema scoppia senza lasciare ostaggi né feriti, ma solo vittime! Oppure invocando scioperi bianchi, serrate o ricorso all’assistenza indiretta che nuocerebbero esclusivamente all’utenza e ci attirerebbero unicamente gli strali dei mezzi mediatici.Nessuno si nasconde dietro ai problemi, tantomeno chi tra noi si assume, non senza fatica e frustra-zione, responsabilità di affrontare e governare i problemi e le “aggressioni” alla farmacia del terzo millennio. Serve perciò unità di intenti e di progetti: esattamente ciò che si sta quotidianamente mettendo in campo in ogni trattativa, in qualsivoglia tentativo di uscire da questo pantano!Nel mio nuovo ruolo di Vicepresidente rurale di Federfarma Torino ricevo spesso più critiche che consensi ma, tuttavia, non posso permettere che lo scoramento e l’amarezza prevalgano. Anche in

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13 numero 22011A

virtù di coloro, e non sono pochi, che viceversa, non vogliono arrendersi al disfattismo, al vittimi-smo e alla dietrologia, bensì si mettono a dispo-sizione con il loro lavoro, la loro passione, le loro proposte… nonostante tutto:

“Investiamo un po’ del nostro tempo per informare di ciò che fa o avalla lo stato per i cittadini nel cam-po dei farmaci con forme di pubblicità, trasmissio-ni a livello nazionale, pagine di giornali” - mi scrive un giovane collega rurale.

La convocazione di un partecipato e fecondo incontro di colleghe e colleghi dell’area pinero-lese, su richiesta dei medesimi, è altresì un ulte-riore esempio di come nei momenti di difficoltà per la nostra professione, sia assai più utile e co-struttivo il confronto piuttosto che la semplice contrapposizione, l’affrontare un problema da tutte le sue possibili angolazioni piuttosto che il ritenere che “l’Associazione faccia solo gli in-teressi di pochi”, come amaramente mi è anche capitato di sentir affermare! E Federfarma Torino si rende assolutamente disponibile alla promo-zione ed alla realizzazione di confronti diretti con tutte le realtà aggregate di colleghe e col-leghi che lo richiedano. Questa mi pare essere la migliore delle strade praticabili per tutti.E nel mio piccolo, ad esempio, di fronte ai peri-coli insiti nell’assurdo e famigerato accordo tra Farmindustria e Poste Italiane, ho inviato al Pre-sidente nazionale del Sunifar tre proposte con-crete, da opporre al ridicolo progetto allo scopo di nuocere esclusivamente ai responsabili e non ai cittadini/pazienti:1) rifiutare in tutte le farmacie, spiegandolo na-turalmente con cortesia e responsabilità ai pa-zienti/utenti, qualsiasi pagamento Pos effettua-bile con le Carte Poste Italiane (che tra gli utenti sono più diffuse di quanto si pensi!);2) spedire al Presidente di Farmidustria, da ogni farmacia italiana (magari per qualche settima-na consecutiva), una cartolina del proprio pa-ese con uno slogan efficace ed ovviamente da concordare, in modo da intasare "ulteriormen-te il già ridicolo smaltimento postale" svolto da Poste Italiane e da subissare il dottor Dompè di un'invasione concreta di protesta! Non mi pia-ce pensare di sprecare carta, ma far conoscere i "nostri paesi di gente che lavora" a chi sta in una Torre d'avorio può sempre valere la pena;3) naturalmente interrompere immediatamente

qualsiasi ordine diretto alla Case farmaceutiche aderenti a Farmindustria. È, infatti, soprattutto attraverso piccoli e costanti gesti che, a mio modesto avviso, si potrà conti-nuare a svolgere legittimamente e senza l’attua-le fatica, il nostro prezioso e meraviglioso lavoro.Nello scorso numero di Farmacia Amica aveva-mo già dettagliatamente affrontato l’argomento Dpc con tutte le sue potenzialità e parimenti le criticità ed i pesi ad essa connesse. Quasi gior-nalmente, care colleghe e cari colleghi, si susse-guono notizie contrastanti e sorprendenti circa le intenzioni della direzione sanitaria regionale in merito alle deliberazioni da assumersi in me-rito al proseguimento o meno della stessa Dpc. Al tempo stesso con complicati equilibrismi e pazienti trattative si ottiene l’esenzione delle farmacie rurali sussidiate dalla trattenuta retro-attiva del 1,82 sul fatturato Ssn. E credete non è davvero un risultato indifferente! Quanto alla Farmacia dei Servizi se ne riconoscono le poten-zialità e la centralità, per ora solo a livello di prin-cipi e buone intenzioni, assegnate alla farmacia convenzionata. Nessuno però accetterà di svol-gere dei Servizi se non verrà garantita anche la remunerazione economica alle farmacie che la svolgeranno a favore dei cittadini italiani. Mi au-guro pertanto che vogliate credere che ogni no-stro impegno è totale e fermo, con l’unico scopo di garantire quanto più possibile il rispetto eco-nomico, il ruolo indispensabile della farmacia e l’accessibilità più comoda e favorevole ai cittadi-ni. Questa sola è la verità, questo solo conta dav-vero! Chi vi scrive è titolare di una farmacia rurale sussidiata con un bacino d’utenti ben al di sotto di quanto previsto dal’attuale pianta organica. E crede, impegnandosi in prima persona, che la farmacia rurale troverà un suo nuovo sviluppo.

"Si può resistere alla forza di un esercito non si può resistere alla forza di un'idea."

Andrea Garrone vicepresidente rurale Federfarma Torino

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Lo scorso 4 marzo, più precisamente sul So n°1 al Burp n°9, è stato pubblicato un documento molto atteso e corposo (circa 200 pagine), la Dgr 28 febbraio 2011 n°44-1615, dal titolo “Adozione dell'Adden-dum al Piano di rientro e al Programma attuativo, commi da 93 a 97, della legge 23 dicembre 2009 n. 191”.Con tale provvedimento, in estrema sintesi, la Regione Piemonte ha delineato gli obiettivi di inter-vento nelle diverse macro-aree per il periodo 2010-2012 e dato attuazione alle prescrizioni previste nell’Accordo con il Ministro della Salute ed il Ministro dell’Economia per ridurre la spesa corrente e perseguire l’equilibrio economico.Il programma approvato prevede manovre in tutti gli ambiti relativi al Sistema Sanitario, tra cui l’as-sistenza farmaceutica territoriale ed ospedaliera, nonché quella integrativa, di evidente interesse per le farmacie unitamente al riordino generale del Ssr e, quindi, lo scorporo degli ospedali dalle Asl e l’accorpamento tra le Asl stesse: per ogni capitolo, vengono descritte e valutate la situazione attuale, le criticità, gli obiettivi, le azioni proposte, le ricadute organizzative ed economiche, le fonti di verifica (meglio noti come “indicatori”). Federfarma Piemonte ha immediatamente trasmesso alle Associazioni Provinciali - nonché a Feder-farma - l’intero provvedimento per consentire l’individuazione e l’analisi delle aree di interesse o criticità per il sistema della farmacia piemontese, fornendo al contempo una illustrazione dei capitoli 3 e 5, dedicati rispettivamente alla farmaceutica territoriale ed all’integrativa.

Farmaceutica territoriale

Viene espressamente riconosciuto l’ampio rispetto del tetto di spesa assegnato “da attribuirsi princi-palmente all’attivazione della Distribuzione per conto… ed ai provvedimenti legislativi assunti a livello nazionale (scadenze brevettuali, riduzioni di prezzo per i farmaci generici, aumento sconti al Ssn,...”: si fa cenno anche alla riclassificazione degli Osp2 ex Determinazione Aifa 2 novembre 2010, senza peraltro indicare interventi relativi, e si sottolinea la criticità legata all’aumento del numero delle ricette. Tra gli interventi previsti si segnalano: la Revisione del Prontuario Terapeutico Regionale (Ptr): ancorché più diretta-mente legato all’ambito ospedaliero, rientra nel capitolo in questione per le ricadute sulle prescrizioni da parte dei medici di medicina generale e quindi sulla farmaceutica territoriale.Con Dgr 28 febbraio 2011 n°48-1619, pubblicata sul medesimo Supplemento Ordinario, è stata quin-di effettuata la prima revisione del Ptr secondo il criterio delle categorie terapeutiche, selezionando quelle a maggiore impatto sulla spesa (Ace inibitori e sartani, anche associati a diuretici, statine, Ipp, Irs, che incidono per quasi il 35% sulla spesa totale) ed escludendo in tale contesto le molecole indicate, vale a dire esomeprazolo, rabeprazolo, candesartan, eprosartan, olmesartan, lovastatina, escitalopram, il cui utilizzo aziendale dovrà essere oggetto di richiesta motivata. Per un approfondimento su questo specifico provvedimento si rinvia al box qui accanto. la ridefinizione dell’onorario per la Distribuzione per Conto (Dpc): nel piano viene ipotizzata la riduzione dell’onorario al valore di 6 euro Iva compresa, per pervenire ad un rispar-mio di 4,4 milioni di euro che, tuttavia, potrebbe essere conseguito con interventi più modu-lati, individuati ed ufficializzati da Federfarma Piemonte all’Assessore Regionale nella stessa data del 4 marzo. Viene inoltre previsto che il mancato conseguimento di un accordo su tale specifico aspetto potrebbe comportare l’emissione di una delibera di implementazione della di-stribuzione diretta con obbligo di renderla operativa entro il 31 marzo. Rafforzamento controllo su appropriatezza prescrittiva e monitoraggio prescrizioni in dimissione com-pletano il quadro: a tale ultimo proposito, peraltro, il piano anticipa l’adozione entro il 31 marzo di un atto di indirizzo che uniformi maggiormente la distribuzione del primo ciclo di terapia, indicando tra le criticità la carenza di personale nelle Aziende ospedaliere. Anche tale aspetto, giova sottolinearlo, è oggetto di contrattazione nell’ambito della rivisitazione della Dpc.

Piano di rientro del PiemonteATTUALITÀ

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Assistenza integrativa e protesica

Il questo settore l’andamento del Piemonte risul-ta peggiore della media nazionale, e l’obiettivo è contrarre la spesa dagli attuali 47 euro procapite a 42 nel 2011 e 40 nel 2012, at-traverso interventi organizzativi ed economici: si va dall’istituzione di un apposito Servizio, già definito in ambito regionale con lo scorporo dall'Ufficio farmaceutico a favore della sua inte-grazione nel Settore Assistenza Territoriale (Dd 28 gennaio 2011 n°58, in Burp n°9 del 3 marzo u.s.), all’adozione di gare regionali di acquisto (anche per il materiale monouso, con riduzione del prezzo di acquisto del 15-20% sul prezzo di listino) ed a prescrizioni temporalmente più limi-tate (mensili). In tale ambito risultano già adottate le delibere di affidamento a Scr (Società di Committenza Re-gionale) dell’espletamento delle relative gare re-gionali (Dgr 28 gennaio 2011 n°12-1438, in Burp n°6 del 10 febbraio u.s., recante il calendario rela-tivo), nonché appunto di istituzione in ogni Asl di una Struttura Semplice dedicata a tale forma di assistenza (Dgr 28 febbraio 2011 n°53-1624, pubblicata sul So più volte citato).Entro il 31 marzo, inoltre, è prevista l’emanazione della delibera che eleva lo sconto della me-dicazione avanzata dal 5 al 10%.

Federfarma Piemonte segue naturalmente con estrema attenzione l’attuazione del piano di ri-entro e anzi, ancor prima della sua emanazione, aveva intensificato i rapporti con i vertici regiona-li per suggerire e proporre interventi di raziona-lizzazione e risparmio che, pur comportando un impatto economico, possano essere sopportati dalla farmacia nell’attuale contesto di continua trasformazione ed evoluzione all’interno del Ssn. È sufficiente, peraltro, dare un’occhiata alla tabel-la riportata in queste pagine, recante i risparmi attesi dalla Regione per il biennio 2011-2012, per rendersi conto della difficile contingenza econo-mica del nostro territorio e dei tagli imposti ad ogni comparto.

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Il Prontuario Terapeutico RegionaleAl pari di molte altre Regioni, anche il Piemonte si è recentemente dotato del cd Prontuario Te-rapeutico Regionale (Ptr), elenco dei principi attivi - aggiornato con cadenza almeno trimestrale - posti a disposizione delle Aziende Sanitarie per soddisfare l’assistenza farmaceutica erogata diret-tamente (ricoveri, ambulatori, Adi, ecc.).Con l’adozione di tale strumento, la Regione Piemonte ha inteso introdurre un primo fattore di standardizzazione dei trattamenti farmacologici e di razionalizzazione della spesa farmaceutica, quest’ultima legata alla capacità di indirizzare - oltre ai consumi interni aziendali - anche la prescri-zione sul territorio, indotta da parte dei medici specialisti prima ed effettuata dai medici di famiglia poi: tale opera è resa ulteriormente più incisiva dal periodico aggiornamento del PTR finalizzato ad escludere le molecole con sfavorevole rapporto costo/beneficio, con esplicito riferimento all’im-patto delle stesse sui costi dell’assistenza farmaceutica territoriale.Ciò premesso, si ritiene utile segnalare che con Dgr 28 febbraio 2011 n° 48 - 1619, pubblicata sul So n°1 al Burp n° 9 del 4 marzo u.s., è stata effettuata la prima revisione del Ptr, focalizzando l’at-tenzione sui gruppi terapeutici a maggior impatto sulla spesa territoriale e mantenendo al loro interno i soli principi attivi con “rapporto più favorevole in termini di ricaduta dei costi sul territorio”, con esclusione quindi degli altri.

I gruppi terapeutici oggetto della selezione sono risultati essere: Ace Inibitori (C09AA) Ace Inibitori associati a diuretici (C09BA) Sartani (C09CA)

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Sartani associati a diuretici (C09DA) Statine (C10AA) Inibitori Pompa Protonica (A02BC) Inibitori Della Ricaptazione Della Serotonina (N06AB)portando all’esclusione dei seguenti principi attivi, il cui utilizzo in ambito aziendale è oggetto di richiesta motivata per specifiche esigenze cliniche: Rabeprazolo, Esomeprazolo Eprosartan,Candesartan, Olmesartan Medoxomil Eprosartan e diuretici, Candesartan e diuretici, Olmesartan Medoxomil e diuretici Lovastatina Escitalopram

I principi attivi sopra indicati rimangono ovviamente classificati in fascia A e quindi erogabili in re-gime di Ssn: la loro esclusione dal Ptr potrebbe tuttavia incidere sulle quantità utilizzate in ambito aziendale e successivamente prescritte sul territorio.

Andrea Colombodirettore Federfarma Piemonte

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I VALDESI: UN POPOLO-CHIESA

cultura

Con questo numero, nella sezione cultura e tempo libero, la redazione di Farmacia Amica ha pensato di avviare una presenta-zione delle principali confessioni religiose esistenti in Italia. Si inizia con la storia e le principali caratteristiche ecclesiologiche dei Valdesi, non per esprimere una preferenza o una simpatia particolare, ma per il ben più banale motivo: il dottor Andrea Garrone, vicepresidente rurale di Federfarma Torino appartiene a questa confessione evangelica ed ha manifestato la sua piena disponibilità a fornire alcuni strumenti di presentazione e conoscenza di questi credenti da sempre presenti ed attivi nel nostro paese.

“Da dove deriva il nome valdese?”

VALDO, VALDESIO o forse VALDENSE (da cui val-dese) era un mercante di Lione, di poco ante-riore a san Francesco (XII-XIII sec.) che decise, al termine di una profonda crisi spirituale, di vivere l’esperienza degli apostoli al seguito di Cristo. Di conseguenza vendette i suoi beni e si consacrò alla predicazione del Vangelo. Nel prendere que-sta decisione egli non intendeva ribellarsi alla Chiesa, pensava anzi di collaborare al suo rin-novamento seguendo l’esempio degli apostoli. Fu invece scomunicato insieme ai suoi seguaci. Il movimento valdese, detto “dei poveri di Lio-ne" in Francia e “poveri di Lombardia” in Italia, si estese in Europa, raccogliendo consensi fra il popolo. Come tutti i movimenti detti “ereticali” fu oggetto di repressione e persecuzioni da par-te dei poteri civili e religiosi. Malgrado questa situazione di difficoltà e la caccia dell’Inquisi-zione, mantenne la sua coerenza e si espanse in tutta l’Europa medievale. Le zone in cui i Val-desi si impiantarono con maggior consistenza furono le Alpi Cozie, la Provenza, la Calabria e la Germania meridionale. La testimonianza del movimento, mantenutasi coerente attraverso i secoli dal XII al XVI, era centrata su due aspetti del messaggio cristiano: la fedeltà al Vangelo e la povertà della Chiesa. La Chiesa cristiana, dis-sero i Valdesi, si richiama a Gesù: ne deve pren-dere alla lettera gli insegnamenti rinunciando

perciò al potere politico, all’uso della forza ed alle alleanze con le potenze del mondo. I Val-desi, pur essendo presenti in Italia sin dal Me-dioevo, hanno ottenuto un editto di tolleranza solo a metà del XIX secolo. E soltanto da quel momento hanno potuto esprimere la loro fede senza incorrere in repressioni, diffondendosi in l’Italia, con un’opera di proselitismo, ed in Sud America (zona del Rio de la Plata) con l’emigra-zione.

“I valdesi sono cristiani?”

Assolutamente sì! I cristiani evangelici o pro-testanti, tra cui anche i Valdesi e i Metodisti, condividono, insieme con i cristiani cattolici e ortodossi, i fondamenti della fede cristiana, che possono essere riassunti in queste cinque affermazioni:1. Tutti i cristiani credono in un solo Dio crea-tore. Credono in Gesù Cristo, unico Signore e salvatore, che ha manifestato all’umanità l’amo-re di Dio. Credono nello Spirito santo, presenza attiva di Dio nella storia. In altre parole un solo Dio in tre persone, la “Trinità”.2. La Bibbia è il testo fondamentale della rive-lazione.3. Tutti i cristiani amministrano il battesimo e celebrano l’eucaristia, o Cena del Signore. 4. Tutti i cristiani ritengono che il Signore rivol-ga a uomini e donne un appello personale alla fede, da vivere con fedeltà, coerenza e obbe-dienza. 5. Tutti i cristiani vivono una vita aperta al fu-turo e attendono la realizzazione della piena redenzione, promessa e iniziata da Dio in Gesù Cristo. Elementi strettamente caratteristici della vita ecclesiale della Comunità valdese sono, vice-versa: la mancanza di immagini nelle chiese, il matrimonio dei pastori, la comunione con il pane ed il vino, il rifiuto delle reliquie. Ne deri-va, perciò, una visione particolare della Chiesa. La comunità cristiana viene vista come incon-tro e comunione dei credenti più che come organizzazione strutturata gerarchicamente ed ha una impostazione di vita che risponde ad

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una sensibilità di tipo democratico e non cle-ricale. A differenza delle chiese di tipo cattolico romano, i valdesi non raccolgono il principio della successione episcopale secondo cui la presenza di Cristo è garantita dalla successione dei vescovi: tra Cristo e la Chiesa (= comunità di credenti) non ci sono forme di autorità interme-dia. Il popolo dei credenti è chiamato a vivere la sua fede avendo la certezza che il Signore lo guida mediante il suo Spirito. Di conseguenza la chiesa non ha da dare direttive specifiche concernenti le scelte politiche, l’etica sessuale. Proprio nel campo della Bioetica, ad esempio, ovvero un tema così delicato e contrastato, si può verificare oggi la specificità dei Valdesi: fin dal 1992 la Tavola valdese (cioè il Comitato di sette membri eletto dal Sinodo ogni anno per la gestione corrente della vita ecclesiastica nell’in-tervallo fra un Sinodo e l’altro) ha nominato un Gruppo di lavoro (diventato nel 2000 Commis-sione) «sulle questioni etiche poste dalla scien-za alla fede», composto da teologi ed esperti di altre scienze. Scopo della commissione non era quello di preparare risoluzioni da diffondere di-datticamente o dogmaticamente tra le chiese, ma far discutere persone competenti intorno alle difficoltà reali esistenti nell’ambito della propria esperienza e del proprio lavoro, con il fine di suggerire una visione globale e valuta-re le risposte più appropriate. In questa visione la chiesa non si è attribuita un carattere dottri-nale di sede responsabile di un insegnamento, ma ha voluto considerarsi piuttosto un luogo di discussione, dove persone sufficientemente mature e impegnate a ragion veduta nei pro-blemi, li avrebbero messi a fuoco e avrebbero prospettato le soluzioni più accettabili. La visio-ne cristiana della bioetica deriva induttivamen-te dalla ricerca rispettosa dei dati contingenti, animata dai principi, piuttosto che consistere in una ripetizione di regole o premesse, da adatta-re alle realtà. Molti sono stati i documenti pro-dotti (dai casi Englaro e Welby, passando per la procreazione medica assistita e l’eutanasia per giungere all’allestimento ed all’introduzione, in alcune comunità nelle grandi città italiane, del cosiddetto Testamento biologico).

“Ma perché se sono cristiani sono anche Protestanti, cioè non cattolici?”

Le chiese protestanti o evangeliche sono sorte

nel XVI secolo in seguito alla predicazione di Martin Lutero. Egli ed i suoi seguaci si dissero “evangelici” per esprimere questa volontà di ritorno al Vangelo. Furono detti “protestanti” perché rivendicavano davanti all’Imperatore il diritto di predicare liberamente la parola di Dio. La chiesa rappresentata dal Papa condannò al Concilio di Trento le tesi del movimento prote-stante e questo dovette così darsi una propria organizzazione. La Chiesa in Germania fu influenzata da Lutero e si organizzò nelle chiese nazionali luterane, in Inghilterra fu il potere regio a dare forma alla nuova chiesa e nacque così la Chiesa d’Inghil-terra (anglicana). Nel resto dell’Europa a dare l’impronta al movimento fu Giovani Calvino, professore a Ginevra. Questa formulazione della fede evangelica conduce ad una implicita riser-va critica nei confronti di alcune delle dottrine diventate tradizionali nel cattolicesimo romano. Se infatti il culto cristiano ha come momento centrale la predicazione dell’Evangelo, risultano fondamentali ed esclusivi per la fede cristiana la persona e l’opera di Gesù Cristo ed il suo sacrifi-cio. Ne deriverà, pertanto, il rifiuto di ogni forma di venerazione per Maria ed i santi. Se, infine, i sacramenti del battesimo e dell’eucarestia (i due soli istituiti da Cristo considerati tali ancora oggi dalla Chiesa Valdese) sono segni della grazia di-vina e non mezzi per ottenerla, ne deriva il fatto che la Chiesa non ha sacerdoti cioè persone ri-vestite di particolare potere, ma tutti i credenti hanno eguale responsabilità nella predicazione e nella testimonianza (il cosiddetto Sacerdozio Universale). In altre parole, nella Chiesa valdese chiunque abbia la volontà di studiare la Bibbia può predicare in un culto domenicale.

“Ma cosa c’entrano i Valdesi con la Riforma Protestante?”

La storia, l’esistenza e la sopravvivenza dei Val-desi è strettamente legata al movimento rifor-mato ed alle grandi potenze europee che da subito vi avevano aderito. Sembra incredibile ma un piccolo popolo del Piemonte occiden-tale fu protagonista di molti avvenimenti stret-tamente connessi alla storia politica e religiosa dell’Europa di quei secoli. I Valdesi, infatti, ade-rirono alla Riforma Protestante nel 1532 con il Sinodo di Chanforan (Angrogna, in Val Pellice) organizzandosi in comunità alternative a quella

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di Roma, con predicatori locali per il culto e per la celebrazione dei sacramenti. L’esistenza dei Valdesi fu tuttavia sempre messa in discussione e sottoposta ad attacchi di ogni genere, politici e militari. Questo anche perché agli inizi del XVII secolo gli unici protestanti italiani rimasti erano i valdesi, presenti soprattutto nel Ducato di Sa-voia. Rappresentarono l’avamposto Protestante in Italia per lungo periodo che dal 1530 al 1700. L’irruzione della Riforma Protestante in Piemon-te non fu soltanto un fenomeno religioso, un semplice mutamento di fede cristiana. Si trattò, viceversa, di un fatto assai più radicale: un mu-tamento di civiltà cui parteciparono il popolo delle campagne e la classe media delle città. Si trattava, infatti, di prendere in mano la riforma della chiesa, ma anche di modificare le strut-ture sociali attraverso la battaglia per sottrarre i privilegi feudali. Per le valli valdesi la successiva occupazione francese rappresenta una svolta storica fondamentale. Le conquiste religiose e sociali si consolidano, la coscienza popolare si fortifica. Tutelati a livello politico ed appoggia-ti dall’esterno, i Valdesi trasformano così le loro vallate in una sorta di area di sicurezza, in una base d’azione per il movimento riformato pie-montese. Di qui partono i ministri di culto (pa-stori) che operano in pianura, qui si rifugiano i sospetti quando scoppia la repressione, di qui transitano gli agenti di collegamento. La conse-guenza di tutto questo è l’inserimento delle Valli Valdesi nella storia dell’Europa Protestante.Ma il 1555 segna una data fondamentale e drammatica della storia valdese: la grande e spietata controffensiva della Controriforma. Senza dimenticare che il trentennio 1530-1560 fu per i Valdesi un periodo di grandi speranze, ma anche e soprattutto di sofferenze e martirio. Ed un personaggio che riassume, in modo em-blematico, le speranze ed il travaglio delle chie-se riformate in Piemonte è Goffredo Varaglia. Figlio di un piccolo nobile di Busca (CN), entra nell’ordine francescano, ma in seguito ad un viaggio a Parigi si avvicina alla teologia prote-stante. Viene ordinato pastore e inviato nuova-mente in Piemonte per predicare l’evangelo in italiano. Recatosi a Dronero per sostenere le tesi riformate in un pubblico dibattito, è individuato dalla polizia sulla strada del ritorno, arrestato e processato. Dopo mesi di carcere a Torino, viene strangolato e arso in Piazza Castello il 29 marzo 1558, appena dopo aver dato la sua ultima pre-dicazione alla grande folla attonita e silenziosa che assiste. Oggi una targa commemorativa,

voluta dal Comune di Torino, in Piazza Castello, commemora quell’evento. Assai più tristemente tragiche furono anche le cosiddette Pasque piemontesi, ovvero perse-cuzioni di cui furono vittima i Valdesi delle valli Valdesi nel 1655 ad opera dell’esercito del Du-cato di Savoia. Le campagne militari, fermate successivamente da un movimento di opinione internazionale, portarono in pochi giorni alla morte, secondo fonti valdesi, 1712 persone. Nella Settimana Santa del 1655 il duca Carlo Emanuele II, infatti, scatenò contro i Valdesi una violenta persecuzione allo scopo di sterminar-li, chiamata appunto le Pasque piemontesi. Questa persecuzione fu condotta con l’appro-vazione di Papa Alessandro VII. Le truppe ducali perpetrarono numerose atrocità, ma alcuni Val-desi, tra cui Jean Léger (1615-1670), riuscirono a fuggire e a portare la notizia presso le grandi potenze protestanti europee. Queste esercita-rono pressioni diplomatiche sui Savoia, che ces-sarono le stragi, pur non eliminando vessazioni e violenze. Tantochè non pochi storici fanno ri-ferimento all’esistenza di veri e propri campi di concentramento per gli eretici valdesi, diffusi in varie aree della pianura piemontese. Nel 1685 la revoca dell’Editto di Nantes, disposta nell’Editto di Fontainebleau di Luigi XIV di Francia, portò ad una ripresa delle violenze anche in Piemon-te, eliminando quasi completamente la presen-za valdese. Comincia così l’Esilio dei Valdesi. Cittadini ita-liani costretti a fuggire all’estero per volere dei governanti dello stesso paese! Con un editto del gennaio 1686 il giovane Duca Vittorio Ame-deo II, cedendo all’imposizione dello zio Luigi XIV, decreta: l’allontanamento dei pastori, la ces-sazione del culto valdese, il battesimo cattolico coatto di tutti i figli. I Valdesi ribadiscono la pro-pria fedeltà al Duca pur difendendo i propri dirit-ti sulla base dell’accodo di Cavour e sollecitano l’intervento del mondo protestante europeo. La situazione risulta però essere senza via di uscita: non resta altro da fare che ritirarsi, come stan-no facendo gli Ugonotti in Francia. Scoppia una guerra franco-sabaudo-valdese che dura tre soli giorni. Il 3 maggio 1686 tutto è finito : vengono fatti molti prigionieri, iniziano rastrellamenti in ogni luogo. Gli ultimi resistenti vengono preci-pitati nei burroni, impiccati agli alberi dove im-putridiscono mutilati. Delle 14.000 anime che presumibilmente componevano la comunità valdese prima della guerra descritta, oltre 2.000 perirono, 8.500 furono avviate verso le prigioni

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sabaude. Altri sopravvissero grazie all’abiura, più formale che sostanziale, della loro fede.Un esiguo gruppo di resistenti riesce tuttavia a raggiungere Ginevra. E questo permetterà dopo tre anni di esilio il ritorno dei Valdesi nel loro territorio, nelle loro Valli. Nel 1689 infatti un gruppo di Valdesi guidati da Enrico Arnaud (1643-1721) ritornò con una piccola comunità ad occupare alcune valli del-le Alpi piemontesi, dopo aver attraversato le terre ostili del ducato: questa impresa divenne leggendaria e fu conosciuta come il “Glorioso rimpatrio”. Un manipolo poco armato di circa 900 uomini partito da Prangins sul Lago Lema-no, in Svizzera, percorre oltre 300 km e con un unico scontro armato a Salbertrand contro le attrezzatissime truppe francesi (una battaglia militare vinta con una strategia bellica, nono-stante lo squilibrio di forze in campo, ricono-sciuta successivamente dagli esperti militari come un’impresa eroica e rimarchevole! Un gio-iello di tattica e strategia militare…) fa ritorno sul suolo patrio.Nel 1690 il duca Vittorio Amedeo II ruppe l’al-leanza con la Francia del Re Sole per schierarsi con la Lega di Augusta e la persecuzione dei Valdesi terminò. I Valdesi furono tuttavia co-stretti a rimanere confinati nelle proprie valli alpine, in un’area che venne chiamata, per que-sto, “Ghetto alpino”. A 40 anni dal Rimpatrio le valli valdesi si presentano come un piccolo ghetto sulle montagne piemontesi, che vive se-gregato ma autosufficiente ai margini della vita sociale, proprio come i ghetti ebrei sparsi nelle città europee.La piena libertà per la comunità era ancora lon-tana dall’essere accordata e sancita legalmente!Bisognerà attendere oltre un secolo perché i Valdesi possano veder riconosciuti i loro diritti civili e politici. Con le “Patenti di libertà” con-cesse nel 1848 dal re Carlo Alberto, questo è infatti ciò che ottengono i sudditi valdesi, rima-nendo viceversa vietati i diritti religiosi:”Nulla però è innovato quanto all’esercizio del loro culto…..”. La battaglia per lo Statuto Alber-tino per il nuovo Piemonte ha dunque nella battaglia per le libertà dei Valdesi e degli Ebrei il suo momento di verifica. Ancora una volta la storia dei Valdesi e la storia d’Italia e d’Europa…camminano a braccetto!

“Ma allora i Valdesi furono finalmente

e totalmente liberi nel 1848, in piena epoca risorgimentale?”

In parte certamente sì, ma i loro diritti civili e politici, riconosciuti dall’editto promulgato da Carlo Alberto il 17 febbraio 1848 (in ricordo del quale i valdesi festeggiano a tutt’oggi quella data), non modificò il fatto incontestabile che la religione cattolica restasse religione dello Stato e di conseguenza i principi moderni della separazione della Chiesa dallo Stato e della li-bertà religiosa, che si andavano diffondendo in gran parte d’Europa, non venissero attuati; né la chiesa cattolica né la società italiana erano pronte ad accogliere queste istanze del mondo moderno.Con il 1848 e l’inizio del Risorgimento i Valdesi non furono più i soli evangelici presenti in Italia. Gruppi di esuli politici in Piemonte e di ritorno dall’Europa diedero vita ad una chiesa libera italiana, altri accolsero invece la predicazione di missionari giunti dal mondo anglosassone esponenti delle chiese metodiste e battiste.Questa opera di testimonianza fu effettuata a livello di predicazione con l’apertura di sale di conferenze e di locali di culto, ma si espresse an-che nel campo dell’assistenza e con particolare impegno in quello dell’educazione. Venne crea-ta una diffusa rete di scuole elementari, soprat-tutto grazie all’azione di un ufficiale dell’esercito britannico, il Colonnello Charles Beckwith, che considerava fondamentale l’istruzione di tutti i cittadini. Si può affermare orgogliosamente che il progetto attuato attraverso le cosiddette Scuole Beckwith fu il primo sistema di scolariz-zazione di massa effettuato in Italia. Ogni comu-nità evangelica ebbe una sede scolastica e tutti impararono a “leggere, scrivere e far di conto…..”. Ed accanto alle scuole, furono istituiti convitti, orfanotrofi, scuole di artigianato. Altrettanto in-tenso fu l’impegno nel campo sanitario ed assi-stenziale con fondazioni di ospedali, ricoveri per anziani, asili.

“Ma quanti sono in Italia, oggi, questi Valdesi?”

Gli appartenenti alle Chiese valdesi e meto-diste sono oggi in Italia e Sud America in nu-mero di circa 45.000. Si ripartiscono in tre gruppi con caratteri distinti pur professando la stessa dottrina ed essendo uniti nella stes-

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sa organizzazione: Battisti, Metodisti e Valde-si (BMW = Baptist - Methodist - Waldesian). Un terzo di loro risiede nelle Valli del Piemon-te occidentale dove si sono mantenuti dalla riforma del XVI secolo al 1848. Costituiscono un nucleo di 18 comunità contigue attorno a Pinerolo e Torre Pellice, la cittadina al centro del-la Valle che De Amicis definì la Ginevra italiana. Torre Pellice, soprattutto, accoglie numerose istituzioni ed edifici che ne fanno oggi il centro del mondo valdese. Qui, nel 1832, è stato edi-ficato il Collegio (a tutt’oggi funzionante come Liceo linguistico sperimentale e classico). Un ospedale (trasferito nel 2003 all’Ente pubblico) fu costruito con il contributo dello zar di Russia e del re di Prussia, seguito poi dal nuovo tem-pio, dalla Casa Valdese, dove ha sede il Sinodo annuale e dalle scuole, trasformate ora in Fore-steria per soggiorni ed incontri. Un ospedale fu edificato anche a Pomaretto ed uno a Torino: entrambi, come quello di Torre Pellice, sono sta-ti trasferiti all’ente pubblico nel 2003. Ultimo in ordine di tempo è l’edificio del Con-vitto maschile edificato nel 1922 a ricordo dei caduti della prima guerra mondiale, ora sede del Centro culturale con Biblioteca e Museo. Un altro terzo di valdesi è disseminato in tutta la penisola.Le maggiori città hanno visto formarsi nel tem-po una presenza valdese importante: - Torino, dove i Valdesi poterono, grazie al gene-rale Beckwith, edificare il primo tempio fuori dal-le antiche valli. Qui la comunità ebbe subito una consistenza importante sia numericamente che socialmente con istituzioni d’avanguardia, come l’ospedale (trasferito nel 2003 all’Ente pubblico), l’istituto per ragazzi artigiani, la casa marina a Borgio Verezzi in Liguria (tuttora funzionante). - Firenze, altro centro importante anche per la presenza di numerose confessioni protestanti. Qui la chiesa valdese ebbe la sua Facoltà di Teo-logia dal 1860 al 1922 ed avviò delle iniziative di carattere pedagogico (Istituto Gould-Pestalozzi), in parte tuttora esistenti. Esemplare è da poi con-siderarsi l’Istituto Gignoro per persone anziane. - A Roma i Valdesi furono presenti subito dopo il 1870 con due comunità importan-ti. Oggi la presenza valdese in questa città religiosamente assai simbolica è diventata centro di cultura con la Facoltà di Teologia (ancora oggi frequentata da molti studenti italiani e stranieri e legalmente riconosciuta). Altre comunità di origine antica o recente si sono costituite in zone agricole o piccoli cen-

tri. A questi nuclei di credenti si aggiungono però non pochi nuclei familiari o singoli isolati per motivi di lavoro, studio, residenza. Il grup-po delle Chiese sudamericane costituisce il ter-zo nucleo: anch’esso costituito da circa 15.000 persone a testimonianza della presenza valdese nel mondo. I Valdesi del Sud America portano il nome di Iglesia Evangelica Valdese del Rio de la Plata. Anche qui si ha una situazione analoga a quella italiana con un nucleo compatto di anti-che colonie nel distretto di Colonia in Uruguay ed una vastissima diaspora nelle due repubbli-che dell’Uruguay e dell’Argentina.

“Si vuol far credere che i Valdesi siano stati e siano tuttora generosi con il prossimo?”.

In completa e convinta adesione ai princi-pi evangelici, si può dire che i Valdesi ancora oggi sono al servizio del prossimo. Nell’otto-cento tale testimonianza di fede si chiamò Beneficenza, mentre oggi tale termine è stato ragionevolmente abbandonato, preferendo parlare di assistenza, o ancor meglio il termine Diaconia, che nel Nuovo Testamento indica l’aspetto concreto, operativo caritativo del-la fede (il termine Diaconia deriva dal greco diàconos, servo, e significa perciò servizio). I diaconi erano, nella Chiesa primitiva, colo-ro che assistevano i poveri della comunità. Anche in questo settore l’impegno della chiesa valdese è sempre stato di rilievo. Ancora oggi numerose strutture di assistenza alla popolazio-ne anziana sono diffuse in diverse città o comu-ni italiani.

“E come fanno, i Valdesi, a mantenere tutte queste strutture?”

Una premessa si rende necessaria prima di ri-spondere a questa domanda. La scelta compiuta dagli evangelici nel Risor-gimento di partecipare alla vita della nazione con un opera di evangelizzazione ispira oggi ancora la vita delle chiese valdesi. Più che ad accrescere il numero dei fedeli, le comunità valdesi e metodiste si sono preoccupate di far giungere ai propri connazionali un messag-gio positivo in vista del rinnovamento spiri-tuale fondato sul Vangelo. Hanno perseguito questo programma con prese di posizione su problemi che toccano la vita della nazione. Si sono impegnate di conseguenza per la liber-

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tà religiosa, la difesa delle minoranze, il proble-ma dell’emigrazione ed hanno collaborato in modo fattivo con organismi quali la Croce Ros-sa, Amnesty International, il Movimento della ri-conciliazione, il Federalismo europeo. Alla base di questi impegni sta la convinzione che la vita cristiana sia essenzialmente frutto di una scelta personale responsabile. Ciò premesso, i Valdesi hanno amministrato le proprie opere sociali con oculatezza e senso di responsabilità, in collaborazione con l’ente pubblico. In più hanno stabilito di devolvere completamente la quota conferita dal contri-buto 8 per mille e 5 per mille ad iniziative so-ciali e culturali nulla trattenendo per il proprio funzionamento amministrativo, né tantomeno per il sostentamento dei propri ministri di cul-to (a differenza della chiesa Cattolica romana). Nel 1993, infatti, le chiese valdesi e metodiste hanno deciso di avvalersi della legge di Intese con lo Stato Italiano e di accedere alla riscos-sione dell’8 per mille dell’IRPEF. Nel prendere questa decisione il Sinodo valdo-metodista ha fissato però un criterio guida. Ha stabilito che la somma ottenuta non fosse utilizzata per fini di culto, non servisse cioè al mantenimento dei pastori e delle attività cultuali della chiesa, ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale e culturale e che una quota corrispon-dente al 30% dell’importo totale fosse riservata a progetti nei Paesi in via di sviluppo, in colla-borazione con organismi internazionali religio-si e laici. Ciò che mi pare assai significativo è il volume di destinazione del contributo 8 per mille alle Chiese Valdesi e Metodiste in rapporto all’esiguità dei valdesi italiani, che come prima indicato si attestano a circa 45.000. Negli ultimi anni il numero di firme a favore dell’otto per mil-le alle chiese valdesi e metodiste è stato infatti in costante crescita. In particolare l’ultimo dato diffuso dal Ministero delle Finanze nel 2009 e relativo alle dichiarazioni del 2006, attribuisce alle Chiese rappresentate dalla Tavola valdese circa 311.000 firme, pari all’1,8% dei contri-buenti che hanno scelto di destinare esplici-tamente il loro 8 per mille. Rispetto all’anno precedente si registra un aumento del 16%, pari a un saldo positivo di oltre 45.000 firme. Il dato conferma la crescita dell’attenzione all’8 per mille “alla valdese” registrato negli anni pre-cedenti: già nel 2008 (dichiarazione del 2005), infatti, le firme a valdesi e metodisti erano au-

mentate di quasi il 13%. “È un segnale importante ed incoraggian-te - commenta la pastora Maria Bonafe-de, Moderatora della Tavola valdese (la prima donna Moderatore della Chiesa Val-dese) - che rende visibile un piccolo tassel-lo della società italiana che è attento ai va-lori del pluralismo e della laicità dello Stato. Valdesi e Metodisti raccolgono una quantità di firme che supera di quasi dieci volte il nume-ro dei nostri membri di chiesa: evidentemente piace il nostro modo di gestire i fondi che ri-ceviamo, l’assoluta trasparenza dei rendiconti disponibili al dettaglio su vari siti web e pub-blicati su alcune testate di rilievo nazionale. Sappiamo anche che firmano per noi mol-ti cattolici impegnati e praticanti che condi-vidono le nostre battaglie civili per la laicità: anche questo ci pare un fatto incoraggiante, in un momento in cui il presenzialismo poli-tico della Conferenza episcopale, gli ossequi teocon, teodem e il clericalismo di troppi atei devoti rende sempre più incerto e confuso il fondamentale principio democratico della se-parazione tra lo Stato e le confessioni religiose. Anche per questo abbiamo finanziato con con-vinzione alcuni progetti per la distribuzione gra-tuita di profilattici in Africa. O alcuni programmi di ricerca nel campo delle cellule staminali, che in Italia ben pochi sono disposti a sostenere. Molti italiani lo hanno notato, hanno apprezza-to e noi vogliamo ringraziarli proseguendo nel nostro impegno e nella nostra testimonianza”.

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“Avrei ancora qualche domanda in ordi-ne sparso… Allora cominciamo con questa: i valdesi riconoscono il Papa?”

Decisamente no. Essi sanno bene, come la storia chiaramente ci mostra, che il potere e l’autorità assoluti del vescovo di Roma si costituirono gra-datamente nel tempo, in connessione con varie situazioni e vicende del mondo occidentale, a partire dai primi secoli dell’era cristiana, fino ad assumere la consistenza che hanno oggi. Infatti le Chiese d’Oriente, dette ortodosse, già prima della Riforma, nel 1054 si separarono da quelle d’Occidente, rifiutando il potere giurisdizionale del Papa che voleva estendersi anche su di esse. La Chiesa valdese non solo non riconosce su di sé l’autorità del Papa romano, ma non ha al suo interno alcuna specie di Papa, perché non è strutturata in modo gerarchico con un capo terreno al vertice, bensì con un ordinamento sinodale-assembleare, in cui tutti i membri di chiesa (laici) e i loro ministri hanno uguale di-gnità e potere. Solo per dare un’idea di questa differenza strutturale, potremmo paragonare la Chiesa cattolica-romana ad una monarchia as-soluta, mentre le Chiese evangeliche, compresa quella valdese, sono organizzate come una mo-derna democrazia assembleare, parlamentare e repubblicana.

“Ma allora com’è organizzata la Chiesa Valdese? E quali sono le principali attività interne ed esterne dei Valdesi?”

La Chiesa valdese è organizzata secondo un sistema detto sinodale. Ogni Chiesa locale più volte l’anno ha le sue Assemblee, costituite da tutti i suoi membri, per esaminare tutte le cose che la concernono e deliberare in proposito. L’Assemblea locale elegge il Consiglio di Chie-sa, che ha funzioni esecutive e risponde del suo operato all’Assemblea. I componenti di detto Consiglio sono eleggibili annualmen-te fino ad un massimo di 3 quinquenni. Dei Consigli di Chiesa fanno parte i pastori, ma senza esserne necessariamente i presidenti. Le Chiese di una certa circoscrizione territoriale costituiscono un Circuito. Questo tiene almeno due volte l’anno le sue Assemblee, di cui fan-no parte i rappresentanti, pastori e non pastori, delle chiese della medesima circoscrizione. L’As-semblea circuitale elegge il Consiglio di Circuito,

che dura in carica un anno ed esegue le delibe-razioni di tale Assemblea. Sul piano territoriale più vasto ci sono i Distretti, che comprendono diversi Circuiti e tengono almeno annualmente la propria Conferenza (= Assemblea) Distrettua-le, della quale fanno parte i delegati eletti dalle singole chiese locali e i pastori. La Commissione Esecutiva Distrettuale è l’organo eletto da questa Conferenza e ad essa risponde del suo opera-to. Momenti ecclesiastici fondamentali sono il culto della Domenica, la scuola domenicale per i bambini, il catechismo per i ragazzi, lo studio biblico per gli adulti. Inoltre ci sono momenti di incontro e di fraternizzazione, come i bazar, che si svolgono durante l’anno, le diverse àgapi co-munitarie (pranzi o cene consumati per passare qualche ora in comune). Le attività esterne sono principalmente le diverse conferenze pubbliche e gli incontri ecumenici, organizzati nel corso dell’anno con i Cattolici e con altri Cristiani. In particolare il culto riformato si svolge regolar-mente ogni Domenica mattina nelle chiese. È pubblico, quindi aperto a tutti e chiunque può liberamente entrare ed assistervi, senza che venga messo in soggezione o imbarazzo da al-cuno. Esso consiste in letture bibliche, preghie-re, canto di inni, predicazione e, almeno una domenica al mese, celebrazione della Cena del Signore (quella che i cattolici chiamano “euca-ristia”).

“Quali sono le differenze principali fra la chiesa valdese e quella cattolica?”

La Chiesa valdese e la Chiesa cattolica, essen-do entrambe cristiane, hanno molti punti fon-damentali della medesima fede in comune, come la fede nell’unico Dio Padre, Creatore del cielo e della terra, nel suo Unigenito Figlio Gesù Cristo, Signore e Salvatore del mondo, nel medesimo Spirito Santo; la stessa Bib-bia (Antico e Nuovo Testamento), lo stesso Credo apostolico e le affermazioni dei primi 7 Concili veramente ecumenici, cioè univer-sali. Tuttavia tra queste due Chiese ci sono delle differenze notevoli che le distinguono. Le principali differenze riguardano innanzitutto la stessa Bibbia, non solo per il suo contenuto (nell’Antico Testamento cattolico ci sono in più i libri cosiddetti “Deuterocanonici”, cioè di un secondo canone che è stato dichiarato tale dal Concilio di Trento) e l’interpretazione di taluni passi, ma specialmente per il posto che essa oc-cupa nelle rispettive Chiese. Infatti per la Chie-

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sa valdese, e per le altre Chiese evangeliche, in base al principio “sola Scriptura” affermato dalla Riforma, la Bibbia è la sola norma per la fede e la vita dei credenti; mentre per la Chiesa cattolica accanto alla Bibbia si pone, come avente pari au-torità, la tradizione orale, ed entrambe (Bibbia e tradizione) devono essere accolte solo secondo l’interpretazione considerata infallibile del ma-gistero papale. Si può quindi dire che da questa divergenza fondamentale derivino tutte le altre. Fra queste una grossa importanza riveste il po-sto che lo stesso Signore e Salvatore Gesù Cri-sto ha nella fede e nella pietà dei credenti: per i Valdesi, come per tutti gli altri Evangelici, Gesù Cristo è, secondo la testimonianza concorde di tutto il Nuovo Testamento, la sola via per andare al Padre, la sola verità rivelata del Padre, la sola possibilità di avere la vita perdonata e redenta, l’unico Mediatore fra Dio e gli uomini e quindi l’unico Intercessore, essendo vero Dio e vero uomo, com’è affermato dall’altro principio del-la Riforma: “solus Christus”. Perciò sono escluse preghiere e atti devozionali rivolti alla madre di Gesù (che i Cattolici chiamano “Madonna”) e ai cosiddetti “santi”, anche se verso tutti costoro i Valdesi e gli Evangelici hanno il massimo rispet-to e cercano di imitarne la fede e la santità di vita. Non esiste altresì la pratica della confes-sione nel confessionale alla presenza di un sa-cerdote. Inoltre, sempre secondo il messaggio evangelico espresso dalla Riforma con le parole “sola gratia, sola fide”, i Valdesi assieme a tutti gli altri Evangelici confessano che solo per la sua grazia, cioè del tutto gratuitamente e per il suo amore misericordioso, Dio ci perdona, ci acco-glie come figli e ci salva in Cristo, grazie al suo sacrificio, e noi possiamo ricevere questo gran-de e stupendo dono gratuito solo mediante la fede, cioè credendo alla Parola di Dio che ce lo annuncia e riponendo in Lui tutta la nostra fi-ducia e la nostra speranza. Essendo questo un dono della grazia, non può essere acquistato da noi con i nostri presunti meriti, derivanti dalle nostre buone opere (le famose Indulgenze, che furono tra i motivi ispiratori della Riforma di Martin Lutero). Queste vanno certamente fatte, non per farci ottenere il favore di Dio, che ci ha amati e ci ama come un Padre misericordioso, pur essendo noi peccatori, ma per esprimergli la nostra gioiosa riconoscenza per il perdono e la salvezza che gratuitamente ci ha donato in Cristo. Negli edifici di culto valdesi (il tempio),

infine, non sono presenti statue di alcun genere e nella loro totale sobrietà sono spesso presenti i Dieci Comandamenti (che Dio assegnò a Mosè per guidare gli Ebrei, popolo che gli era stato “affidato”) o la Croce. Non casualmente si parla di Croce e non di Crocifisso. Per i Valdesi infat-ti la croce è il segno del peccato che Gesù si è assunto interamente su di sé per il riscatto dal peccato di ciascun dei suoi figli, ovvero ognuno di noi. La Sua resurrezione, ovvero la salita alla destra del Padre, lascia come dire la croce vuo-ta, senza la sua “presenza visiva” come avviene viceversa nel crocifisso di tradizione cattolico-romana. Gesù dopo essere stato mandato alla Crocifissione è risorto e dunque non ha più il suo luogo sulla Croce. Si tratta pertanto non di una differenza simbolica ma decisamente so-stanziale e teologica.

“E qualche comune forma di collaborazione, esiste, non è vero?”

Naturalmente sì. Ed aldilà di frequenti e fecondi rapporti ecumenici tra le singole realtà ecclesiali cattoliche e valdesi, e pur essendo chiaro che il rapporto con la Chiesa cattolica romana è uno degli aspetti più complessi della storia valdese, le relazioni ecumeniche con il cattolicesimo si sono intensificate dopo il Concilio Vaticano II, terminato nel 1965. Uno dei segni più importan-ti del nuovo clima ecumenico è la comune tra-duzione della Bibbia in lingua corrente. A que-sta particolare edizione della Bibbia hanno col-laborato numerosi studiosi valdesi e metodisti. La Chiesa evangelica valdese ha partecipa-to attivamente ai colloqui teologici promos-si dal Consiglio Ecumenico delle Chiese che hanno coinvolto anche la Chiesa cattolica romana. Ricordiamo in particolare i docu-menti di Lima del 1982 su battesimo, eucari-stia e ministero. In Europa il più importante documento del dialogo ecumenico è la Car-ta Ecumenica accolta dal Sinodo nel 2001. Uno dei più rilevanti documenti del dialo-go ufficiale con la Conferenza Episcopale Italiana è il “Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valde-si o metodisti”, approvato nel 1997, a cui ha fatto seguito, nel 2000, il Testo applicativo. Nonostante un clima di fiducia, rimangono sem-pre validi i divergenti punti di vista teologici ed i diversi atteggiamenti nei confronti della società

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che accomunano tutte le chiese protestanti del mondo nei loro rapporti con il cattolicesimo. In Italia, la Chiesa evangelica valdese nei suoi rapporti con la Chiesa cattolica romana è parti-colarmente attenta all’aspetto sociale e politico del dialogo, promovendo una visione laica della società nonché la piena libertà di espressione a tutte le posizioni religiose e filosofiche.

E cosa pensano i valdesi dei miracoli?

Certamente essi riconoscono il valore, l’impor-tanza e il messaggio dei miracoli attestati nella Bibbia. In essa i miracoli sono dei segni concreti che testimoniano la bontà e la potenza di Dio, unico vero Signore del cielo e della terra, del-la storia, della natura e di tutte le sue leggi, il quale si compiace intervenire in aiuto di coloro che soffrono oppressi da vari mali per liberar-li. Nel presente stato di cose, questi interventi divini non sono ancora la realizzazione piena e ultima della sua opera di redenzione, ma ne rappresentano i “segni” indicatori, che l’addita-no alla fede e alla speranza dei credenti. Così, tutti i miracoli raccontati nell’Antico Testamento - dei quali la liberazione d’Israele dalla schiavitù d’Egitto e il suo accompagnamento da parte di Dio attraverso il deserto nella terra promessa sono fra i più grandi - preannunciano il grande evento dell’era messianica, l’avvento del Regno di Dio, con la totale liberazione da ogni male del suo popolo, dell’umanità e di tutta la crea-zione. Pertanto, con l’incarnazione, cioè con la venuta del Figlio di Dio nel mondo, tutti i mira-coli fatti da Gesù sono il segno, come egli stes-so ha detto, che “il Regno di Dio è in mezzo a voi” (Luca 17/21), cioè che Gesù lo ha portato realmente con la sua persona, la sua predicazio-ne, le sue opere, il suo sacrificio espiatorio sulla croce e la sua risurrezione redentrice; anche se la manifestazione e la realizzazione universale di questo Regno di liberazione rimangono ancora oggetto di fede e di speranza, fino al glorioso ritorno del Cristo, Signore risorto e vittorioso. Infatti Gesù non ha guarito tutti i malati e non ha risolto i vari problemi che ancora affliggono l’umanità, anche se ha dato dei segni di questa liberazione. Egli ha rifiutato nettamente di ri-solvere questi problemi per mezzo di miracoli, cioè dando pane, salute e benessere a tutti e operando prodigi sensazionali per farsi così ri-conoscere e acclamare da tutti quale Signore del mondo. Questa fu la proposta del Tentatore, espressa pure più volte dalla richiesta degli uo-

mini, di dimostrare la sua identità e la sua po-tenza divina con dei prodigi incontestabili; ma egli decisamente non ha voluto assecondarla (Vedi: Matteo 4/1-10; Matteo 12/38-39; Marco 15/29-32). Perché ha voluto invece seguire la via della croce, che è quella della sua apparente de-bolezza e sconfitta, cosa scandalosa e assurda per gli uomini (I Corinzi 1/22-25). E quando ha guarito degli infermi ha ordinato loro di non far-gli pubblicità, perché voleva essere riconosciuto e accolto solo dalla fede. Inoltre Gesù ha dato ai suoi discepoli il potere di compiere guarigioni e altre opere potenti nel suo nome, proseguendo così l’annunzio dell’Evangelo del Regno di Dio nel mondo oltre che con la parola anche con i segni di esso. Questi carismi (= doni dello Spirito Santo) sono stati dati anche ad altri semplici cre-denti, i quali li hanno esercitati largamente. Però tutti quelli che operavano guarigioni, additava-no sempre Gesù Cristo come l’unico Signore e Salvatore, nel nome del quale Dio concedeva quelle grazie (Vedi: Atti d. Apostoli, cap. 3). Mai hanno accettato di diventare essi stessi oggetto di devozione, di culto e destinatari di preghie-re dei fedeli, ma sempre hanno invitato tutti a “rendere a Dio quel che è di Dio” (Matteo 22/21), perché ogni culto reso a qualsiasi creatura, fuori che a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è sempre una forma di idolatria. (Vedi: Matteo 4/10; Atti d. Apostoli 10/24-26; 14/11-18).

Scusa se insisto su questo tema, ma allora cosa ne pensano dei miracoli che avvengono nella Chiesa cattolica per mezzo di “santi” e della madre di Gesù?

Alla luce di quanto esposto nella precedente risposta sulla base della fondamentale testimo-nianza biblica, possiamo dire che ogni fenome-no straordinario che produce liberazione da qualsiasi male è certamente dono di Dio, che nella sua grande bontà si compiace concedere questi benefici anche alla povera gente afflitta del nostro tempo. Perciò solo a Lui devono es-sere rivolti il ringraziamento, la lode e la benedi-zione. Gli strumenti umani da Lui adoperati per guarire gli ammalati vanno certamente apprez-zati ed amati, ma mai esaltati e pregati come se fossero delle divinità o semidivinità a noi più vicine, perché sta scritto nella Bibbia che “c’è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (II Timoteo 2/5). In quanto ad altri cosiddetti “miracoli”, che non ci

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sembra abbiano corrispondenza nella Bibbia, - come statue che lacrimano o trasudano o emet-tono sangue, sangue che si coagula e si liquefa, strane visioni, messaggi celesti e tanti altri feno-meni che provocano tanto fanatismo popolare, - rimaniamo molto perplessi, anzi contristati, vedendo che incrementano quelle forme di culto delle immagini che in tutta la Bibbia sono assolutamente riprovate come idolatria (Vedi: Esodo 20/4-6). Infine ricordiamo che numerosi testi biblici ci mettono in guardia dall’eccessiva importanza che si è portati a dare ai fenomeni prodigiosi in sé, quando non sono in chiara sin-tonia con il messaggio biblico. Già nel libro del Deuteronomio si ammonisce di non dare retta a coloro che fanno miracoli e prodigi, anche re-ali, quando essi inducono la gente a forme di idolatria, sviandola dal culto da rendere solo all’unico vero Dio (Vedi: Deuteronomio 13/1-4). Anche Gesù ci dice: “Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono da voi in vesti da pecore (= vesti cristiane), ma dentro sono lupi rapaci” e aggiun-ge che molti nel giorno del giudizio gli diranno: “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demoni, e fatte in nome tuo molte opere potenti? Allora io dichiarerò loro: Io non vi ho mai conosciuti; al-lontanatevi da me, voi tutti operatori d’iniquità”. Perché “non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volon-tà del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 7/15, 21-23). Inoltre Gesù annunzia che “sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto” (Matteo 24/24-25). Anche l’apostolo Paolo dà lo stesso avvertimen-to (II Tessalonicesi 2/9-10) e infine l’Apocalisse (13/11-14). In definitiva, per i valdesi l’unico vero criterio per conoscere Dio nella rivelazione che ci ha dato di sé in Cristo e la sola norma per la vita cristiana è la Sacra Scrittura, cioè la Bibbia, che comprende i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nessun fatto, o fenomeno, o se-gno, o prodigio di qualsiasi natura e portata, nessuna parola, nessuna persona, nessuna isti-tuzione, nessuna realtà, possono stare sul suo stesso piano e avere per noi la sua stessa autori-tà. Essa sola è, come dice il salmista, “lampada al nostro piede e luce sul nostro sentiero” (Salmo 119/105). In essa il Signore Gesù Cristo stesso ci parla e ci dice: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la

luce della vita” (Giovanni 8/12). E l’apostolo Pie-tro ci dice: “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi possia-mo essere salvati” (Atti d. Apostoli 4/12). Perciò i Valdesi affermano che Gesù Cristo soltanto, vero Dio e vero uomo, unico Mediatore e Sal-vatore, è sufficiente, anzi sovrabbonda, perché “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia sopra grazia” (Giovanni 1/16), e sono ben lieti di credere in Lui anche senza vedere mira-coli, sperimentando la beatitudine da Lui stesso annunciata quando ha detto a Tommaso: “Beati quelli che non hanno veduto e hanno creduto” (Giovanni 20/29, cfr, I Pietro 1/8-9). La fede infatti viene dall’ascolto della sua parola (Romani 10/ 17), è dono ed opera dello Spirito Santo ed essa stessa è uno più dei più grandi miracoli che Dio opera nella nostra vita di oggi.

“E va bene! Forse questo racconto è un po’ lungo ma per una storia che dura dal Medioevo si può ancora conoscere qualcosa in merito al celebrazione del XXV Febbraio?”

È da sempre presente nella società umana l’abitudine di segnare il tempo con scansioni precise, date significative: l’inizio dell’anno, fe-stività religiose e, in tempi moderni, il ricordo di avvenimenti del passato che hanno segnato l’identità nazionale: in Italia il XX settembre, il 25 aprile, il 2 giugno. Di recente si è introdotto nei nostri passi una nuova categoria di date signi-ficative: i Giorni della Memoria. Momenti che dovrebbero costituire punti fermi nella presa di coscienza della nostra identità collettiva perché fissano avvenimenti che hanno segnato le ge-nerazioni passate, di cui è essenziale mantenere il ricordo. Mentre le feste nazionali del passato rinnovavano ricordi di vittorie o di gloria (sia pur glorie effimere come tutto ciò che è uma-no) i giorni della memoria rievocano sofferenze, dolore. Forse perché il nostro secolo è stato se-gnato da tragedie immani e ha assistito ad un salto di qualità nel male di tipo quantitativo e qualitativo? O perché inconsciamente reagisce all’immagine falsa e irreale del benessere che il consumismo diffonde attorno a noi? Tutti belli, giovani, ricchi, sportivi, aitanti e sorridenti, figli però dell’Olocausto e delle foibe? Anche la pic-cola comunità evangelica ha elaborato nel cor-

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so degli ultimi anni il suo giorno della memoria: la Giornata della Libertà. Il 17 febbraio, giorno a cui si fa riferimento, ricorda le Lettere Patenti con cui Carlo Alberto, nel 1848, poneva fine a secoli di discriminazione riconoscendo ai suoi sudditi valdesi i diritti civili e politici. Un editto di tolleranza che concedeva libertà molto limitata: per quanto concerne infatti quella religiosa “nul-la era innovato” e restavano perciò in vigore tut-te le restrizioni dell’età controriformista. Quella che è stata per decenni la festa dei Valdesi è di-ventata, a ragione, la giornata degli evangelici per due motivi. Anzitutto per ricordare un pro-blema, quello della libertà di coscienza: ogni 17 febbraio (da oltre 150 anni) si ribadisce il fatto che l’espressione della religione deve essere li-bera in una società moderna e il potere civile, lo Stato, non ha alcuna competenza in questo campo e tanto meno ha da privilegiarne una. La libertà religiosa non è l’appendice delle libertà civili ma la matrice, prima c’è la coscienza reli-giosa poi viene la politica, l’economia, il lavoro e il pensiero. In secondo luogo si vuole rimar-care che la tolleranza è una concessione del Po-tere, la libertà è una conquista della coscienza. Lo Stato può concedere spazi controllati ma il vivere da uomini liberi, non solo di dire e fare liberamente ma di essere liberi, è il risultato di una lunga battaglia. Gli uomini infatti, ed anche quelli che hanno responsabilità nella gestione della comunità civile, dello Stato, troppo spes-so portati a identificare la libertà con il proprio interesse sono, per natura, restii a riconoscere la libertà altrui. La libertà religiosa nel nostro pae-se è stata una lunga conquista che dalle Lettere Patenti del 1848 è giunta sino alla Costituzione del dopo-guerra e permane impegno attuale. Un giorno della memoria positivo dunque, quello degli evangelici, che ricorda fatti lontani ma proiettati sul presente, impegni costruttivi, battaglie vinte, pagine ricche di umanità. Me-moria non tanto di se stessi quanto di ideali, di conquiste, come il Vangelo. Scrive, a propo-sito, un pastore valdese con la passione per la storia: “Una cosa fu però ben chiara fin dal 1948: noi non combattevamo per la nostra libertà ma per un’Italia democratica e pluralista. Oggigiorno vivono in Italia 4 milioni di immigrati: ortodossi, musulmani, induisti, buddisti e altri. Senza saperlo, stipulando le Intese con lo Stato Italiano, abbiamo lavorato anche per loro, per la loro dignità, per la loro libertà; e anche oggi ci battiamo perché sia approvata quella «legge sulla libertà religiosa» che darebbe loro, finalmente, la piena libertà di espres-

sione. Ma anche tra gli italiani di nascita ci sono delle “novità”: 400.000 testimoni di Geova profes-sano una fede (e un’etica) rigorosa. Ci sono poi co-loro che non hanno una fede religiosa: vogliamo evangelizzarli ma non vogliamo che i loro figli sia-no sottilmente discriminati. Oggi, in Italia, vivono circa 500.000 evangelici (africani e coreani com-presi). Non siamo più la tenue diaspora dell’epoca fascista: siamo una componente significativa, e non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità. Quest’anno celebriamo i 150 anni dell’Unità d’Ita-lia: che Italia sarà? Vorremmo che fosse un’Italia libera e giusta. A questa Italia noi chiederemo ciò che i Valdesi chiedevano 830 anni fa: «libere pre-dicare», e così contribuire alla rinascita morale e civile della nostra Patria”.

E questa festa i Valdesi la ricordano ogni anno in qualche modo particolare?

Lo spiegherei con le parole di un pastore, a lun-go direttore del settimanale editoriale valdese “Riforma” : “La sera del 16 febbraio, secondo la tra-dizione che risale all’anno 1848, in molte località delle Valli Valdesi si accenderanno i fuochi, i falò di gioia. E non solo alle valli. Ricordo, anni fa, di avere partecipato a un bel falò valdese in Sicilia e a un altro in Liguria, sulla spiaggia. C’è dunque dietro a quel fuoco di libertà un retroterra storico che può scadere a semplice fatto folclorico ma che, nella sua essenza, rinvia alla libertà del cristiano. Una libertà conquistata a fatica ma allo stesso tempo ricevuta come un dono. Essa è tra i beni più pre-ziosi, dopo la vita, che abbiamo su questa nostra terra e si coniuga in libertà di coscienza, di potere scegliere… e pur di essere liberi siamo disposti a giocarci tutto. Anche noi, come cittadini di questo Stato e come credenti evangelici, cerchiamo la li-bertà. La festa del XVII Febbraio, che chiamiamo «festa della libertà», ha per noi una valenza civile e politica; riguarda storicamente l’emancipazione di una minoranza. Fu una conquista di civiltà che sarà pienamente affermata solo il giorno in cui tutte le minoranze e le fedi saranno uguali di fron-te allo stesso stato. Ne abbiamo parlato tante volte anche a proposito del fatto che in questo nostro paese manchi una legge che inquadri, in modo equo, la questione della libertà religiosa. Siamo ancora in clima di disparità anche se, attraver-so l’Intesa, un risultato l’abbiamo raggiunto. Ma ci sono ancora molti soggetti in anticamera che aspettano di siglare la loro Intesa. In altre parole, se parliamo di libertà bisogna precisare di quale li-bertà si tratta. Il contenuto della libertà a cui guar-

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diamo è legato all’evangelica «verità che ci farà liberi», al discepolato dietro il Cristo (non davanti o al suo posto). In questa stagione di affanno del-le nostre chiese, non dimentichiamo che la libertà è come il fuoco. Illumina, riscalda ma può anche distruggere. La ricerca di libertà può essere usata come un’arma per costringere tutti dentro lo stesso schema. Se la libertà non si traduce in servizio ver-so la libertà degli altri (e quindi verso noi stessi), si rischia, anche nella chiesa, di «morderci e divorarci gli uni gli altri» (Galati 6, 15) in un infinito gioco al massacro. Lasciamo dunque fiorire il dono che ab-biamo ricevuto della libertà nelle sue varie tonalità che colorano la nostra vita”. Sicuramente sarà un caso della storia dell’umanità, ma nello stesso giorno di molti anni prima del 1848, il 17 febbra-io 1600, sulla piazza di Campo de’ Fiori a Roma, veniva strangolato e arso davanti alla folla Gior-dano Bruno, che durante il breve processo cui fu sottoposto dopo una lunga prigionia, si rivolse ai giudicanti dicendo: “Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accidia - Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”. Che coincidenza… Un al-tro eretico!!!

“Un ultima domanda: esiste un valdese diventato famoso nel nostro paese?”

Molte donne e molti uomini di confessione val-dese hanno dato sempre il proprio contributo alla costruzione democratica di questo nostro paese. Ma visto che festeggiamo in questi giorni il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia e, da qual-che anno nuovamente, la festa della Repubblica il 2 Giugno, forse non tutti sanno che l’attuale emblema tricolore della Repubblica (quello composto da olivo, stella, quercia e ruota) è opera del pittore Paolo Paschetto valdese, pre-scelto tra altri 341 candidati. Diversi, poi, sono stati nel corso dei decenni, i deputati valdesi eletti in uno dei due rami del Parlamento ita-liano. Ma la storia dei Valdesi, definiti un tempo come il Popolo-Chiesa, continuerà….. Grazie per l’attenzione.

Andrea Garrone

Un farmacista Valdese

SIMBOLI della CHIESA VALDESE

Candeliere

Di origine ignota, com-pare per la prima volta in opere a stampa del XVII secolo. La candela o fiamma sul candelie-re associata alla scritta “in tenebris lux” o “lux lucet in tenebris” è chia-ro riferimento al testo evangelico di Giovanni 1/5, dove Gesù è detto luce che risplende nel-le tenebre. Le sette stelle che fanno corona alla luce sono un riferimento alla visione dell’Apoca-lisse 1/16, dove Cristo in gloria tiene nella mano sette stelle che rappresentano le sette chiese dell’Asia in crisi e persecuzione. Con questi due riferimenti biblici i Valdesi hanno voluto affer-mare la loro volontà di fedeltà al Vangelo, Luce degli uomini, e la loro certezza di essere in co-munione con Cristo.

Croce ugonotta

Questo lavoro di oreficeria ha origine ne-gli ambienti ugonotti (cioè protestanti) della Linguadoca. Riprende il modello della cro-ce di Malta cui aggiunge il pendaglio di una colomba a rappresentare lo Spirito Santo. È oggi diffuso in tutto il mondo evangelico come simbolo della fede riformata.

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TELAROA R R E D A M E N T I P E R F A R M A C I E E L A B O R A T O R I D A L 1 9 5 3

Telaro Luigi di Omati Germana e Figli sas via San Carlo 21047 Saronno (VA)tel. +39.02.9603020 fax +39.02.96701875 www.telaro.it [email protected]

Farmacia Calvo, TorinoProgetto Gian Piero Comazzo Architetto

Amica marzo OK.indd 1 07/02/11 18:28

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GESTIRE la farmacia

Quanto rende effettivamente la vostra impresa? e ancora, quanto vi mettete in ta-sca ogni anno?

Tralasciando le risposte che più definiscono la nostra indole piemontese “Falsa e Cortese”, la mag-gioranza dei farmacisti non riesce a determinare correttamente i risultati prodotti dal proprio lavo-ro. Il farmacista è sicuramente una persona meticolosa, con alle spalle un percorso formativo di alta qualità, inoltre per la tipologia del proprio lavoro, la precisione e l’attenzione sono caratteristiche comuni alla categoria. In questi vent'anni di lavoro presso l’Associazione Titolari di Farmacia della Provincia di Torino ho avuto modo di vedere una moltitudine di “papelli” carichi di dati, conteggi, analisi, che i vari farmacisti mi presentavano, ma che incredibilmente, il più delle volte, non rispec-chiavano i dati contabili sia in termini di fatturato e meno che mai in termini di utile conseguito.

Bisogna sottolineare che nel passato (che poi è un passato prossimo!) la farmacia veniva definita utilizzando come parametro il solo Volume d’Affari; lo sforzo del titolare era diretto a far crescere quest’ultimo in modo costante nel tempo, mentre la redditività era più o meno omogenea per una gran parte delle categorie merceologiche; inoltre l’armonizzazione e la stabilità dei prezzi su tutto il territorio nazionale rendevano non indispensabile focalizzare l’attenzione su questo aspetto.

A partire dalla messa a regime del Decreto Storace (20 maggio 2005), abbiamo visto un lento ma inesorabile stillicidio della marginalità che continua sino ai giorni nostri. Diventa così indispensa-bile promuovere una sensibilizzazione della categoria verso i temi della ricerca di una maggiore produttività aziendale, di una corretta suddivisione dei costi di struttura, di una maggiore con-sapevolezza dei diversi margini di guadagno a seconda delle diverse categorie merceologiche trattate, in poche parole cercare di definire a tutto tondo l’area di business.

Vorrei anche sgombrare il campo da alcune critiche che più volte mi sono sentito rivolgere, relati-ve al fatto che l’analisi dei dati spetterebbe alle società di servizi amministrativi o al commercialista di turno, che il farmacista vuole fare il farmacista e che non può dedicare il suo già limitato tempo ai numeri…

NULLA DI PIÙ ERRATO!

Per prima cosa vorrei ricordare a tutti, che chiunque, oggi, svolge una attività di carattere economi-co, volente o nolente, si deve confrontare con il mercato, che le leggi che regolano il mercato sono rivolte al profitto, che il primo compito dell’imprenditore è essere consapevole e responsabile dei suoi atti economici. In secondo ordine vorrei far comprendere che il farmacista - imprenditore, prima di ogni altro attore della filiera amministrativa, viene a conoscenza dei fatti gestionali della sua attività. È Lui che ogni giorno incassa i proventi delle sue vendite e/o paga i sui fornitori. Sarà Lui che in base alla conoscenza delle esigenze del suo particolare microcosmo socio-economico metterà in atto tutta una serie di politiche aziendali tese al raggiungimento dei sui obbiettivi. Risulta evidente che se il nostro farmacista si limiterà ad assecondare il consueto ciclo burocratico-amministrativo: raccol-

Saper far di contoPer introdurre il controllo di gestione, nell’ambito della farmacia, vorrei essere un po’ provocatorio ponendovi le seguenti domande.

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ta e consegna dei documenti contabili al centro amministra-tivo, successiva elaborazione ai fini prettamente fiscali (il pagamento mensile dell’IVA) e per ultimo eventuale analisi di quest’ultimi sotto il profilo gestionale; dilaterà a dismisura il tempo delle Sue scelte ope-rative.Prendo in prestito le parole del mio Direttore, il dottor Carlo Boggetto, che ha ben defini-to il controllo di gestione per le farmacie come una nuova Cultura del fare. Il control-lo di gestione parte dal farmacista, si concretizza con l’analisi puntale del consulente e ritorna al farmacista.Il primo stimolo che vi pro-pongo vuole invitarvi a riflet-tere sul vostro Magazzino Fisi-co. La gestione del magazzino e l’ottimizzazione dei propri acquisti partendo dal versan-te dell’approvvigionamento determinerà in buona misura i vostri risultati in termini di marginalità. Focalizzate la Vo-stra attenzione sul programma gestionale utilizzato in farma-cia per il carico-scarico merce. Definite con la Vostra softwa-

rehause una corretta modalità di inserimento dei dati. Verifi-cate, con regolarità, le valoriz-zazioni della merce presente in magazzino. Utilizzate sempre lo strumento informatico per definire le varie contrattazioni con i rappresentanti; se si ri-scontrano differenze tra la pro-posta d’ordine e la fattura cor-reggete gli sconti inseriti e non modificate artificialmente le giacenze, effettuate spesso un analisi dei prodotti invenduti. Esplorate infine le potenzialità del vostro gestionale, pensate che in media si sfrutta solo il 30% - 40% delle potenzialità dei programmi gestionali, pec-cato che pagate il canone an-nuo su tutto il pacchetto!La seconda azione che dovrete intraprendere è annotare tutti gli acquisti merce effettuati mese per mese; potete aiutar-vi con un semplice program-ma di produttività personale, come un foglio di calcolo.

Le fatture di acquisto debbono essere inserite al netto dell’iva e devono rispettare la data fat-tura (in gennaio indicheremo tutte le fatture con data com-presa tra 1/1 - 31/1).

Questa semplice tabella può fornirVi alcune informazioni utili come la composizione dei Vostri canali di approvvi-gionamento, ma principal-mente il valore del costo delle merci acquistate per competenza. Nel prossimo articolo cercheremo di rap-portare il costo delle merci ai ricavi tipici della farmacia indi-viduando così una, sia pur non scientifica, prima Marginalità Commerciale.

Luca Bruschi responsabile progetto

Controllo di Gestione Farmatributi s.r.l. Torino

FATTURE GENNAIO

DITTE Acquisti Diretti GROSSISTA 1 GROSSISTA 2 GROSSISTA 3 GROSSISTA 4 GROSSISTA 5

€ 35.000,00 € 40.000,00 € 30.000,00 € 5.000,00 € 10.000,00 € 20.000,00

€ 35.000,00€ 40.000,00 € 30.000,00 € 5.000,00 € 10.000,00 € 20.000,00

€ 105.000,00

€ 140.000,00

% Ditte GROSSISTA 1 GROSSISTA 2 GROSSISTA 3 GROSSISTA 4 GROSSISTA 5

25,00% 28,57% 21,43% 3,57% 7,14% 14,29%

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L'Oms definisce come reazione indesiderata qualsiasi risposta ad un farmaco che sia dannosa e inatte-sa e che sopravvenga alle dosi comunemente usate nell'uomo a scopo di profilassi, diagnosi o terapia.

Peraltro la reale incidenza/prevalenza delle farmacoallergie, e più in generale delle reazioni avver-se a farmaci, non è sicuramente facile da rilevare per diversi motivi: difficoltà nello stabilire sempre un sicuro rapporto di causa-effetto tra assunzione farmacologica e manifestazione clinica, difficoltà nel discriminare tra sintomi attribuibili alla malattia in atto e sintomi conseguenti alla terapia praticata, spe-cialmente in caso di pluriassunzioni farmacologiche, reale impossibilità pratica di avere segnalazione di tutte le reazioni avverse a farmaci e scarsa sensibilità delle organizzazioni sanitarie e della classe me-dica nei confronti di tale fenomeno, scarsa disponibilità di test affidabili per una diagnosi di certezza.

A livello internazionale le reazioni avverse da farmaci o ADR (Adverse Drug Reactions) vengono sud-divise in:1. prevedibili (tipo A) ad alta morbilità (rappresentano circa l’80% delle ADR) e bassa mortalità, dipen-denti dal dosaggio, correlate all'azione farmacologica e che si possono verificare in tutti gli individui (tossiche, effetti collaterali, effetti secondari, da interazione tra farmaci) e2. imprevedibili (tipo B) a bassa morbilità (20% circa delle ADR) e alta mortalità, indipendenti dal dosaggio, non correlate all'azione farmacologica ma dipendenti invece dalla reattività individuale dei soggetti predisposti (idiosincrasiche, da intolleranza, allergiche, pseudoallergiche).

Le reazioni allergiche o immunologicamente mediate possono essere ulteriormente ricondotte, in modo schematico, ad uno dei quattro meccanismi patogenetici descritti da Gell e Coombs (1968) anche se possono verificarsi situazioni cliniche che sono espressione di meccanismi di tipo misto:1. reazioni di I tipo (IgE mediate): shock anafilattico, sindrome orticaria - angioedema, rinite, asma bron-chiale, ecc.2. reazioni di II tipo (citolitiche/citotossiche mediate da anticorpi di tipo IgG o IgM che si fissano a strutture cellulari con attivazione complementare o da ADCC): anemia emolitica, leucopenia, trombo-citopenia, ecc.3. reazioni di tipo III (da immunocomplessi circolanti): malattia da siero, alveoliti, glomerulonefriti, va-sculiti, ecc.4. reazioni di tipo IV (cellulo mediate): dermatite allergica da contatto, sindrome di Lyell, rush maculo papulosi, ecc.

La diagnosi di allergia a farmaci è un problema molto complesso nell'ambito della diagnostica allergologica a causa delle scarse conoscenze relative a tutti i meccanismi patogenetici e ai vari meta-boliti attivi del farmaco potenzialmente responsabili dell’insorgenza delle reazioni.

L’anamnesi rappresenta l'approccio iniziale e indispensabile. Permette di acquisire notizie relative al nome del farmaco o dei farmaci assunti, alla via di somministrazione, ai dosaggi utilizzati, alla durata del trattamento. Deve essere rivolta ad accertare una correlazione temporale "credibile" tra assunzione del farmaco e comparsa delle manifestazioni cliniche. Deve chiarire con precisione le caratteristiche cliniche della reazione allergica tenendo presente che alcuni farmaci tendono a determinare più fa-cilmente alcuni tipi di reazione (ad esempio eritema fisso da pirazolonici, sindrome orticaria-angioe-dema da ASA, sindrome di Stevens-Johnson da sulfamidici, ecc.), le precedenti terapie e le eventuali pregresse reazioni, i tempi di regressione delle manifestazioni cliniche dopo la sospensione del medi-camento, le terapie concomitanti, ecc.

Bisogna tenere in conto i vari fattori di rischio (favorenti ed aggravanti).

Le reazioni avverse a farmaci

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Fattori di rischio favorenti sono:- Età: la maggior parte delle manifestazioni allergiche e/o anafilattoidi si verificano in soggetti d'età compresa tra i 15-25 e i 40 anni. Sono rare nei bambini.- Sesso: complessivamente, a prescindere dal meccanismo implicato, le reazioni perioperatorie si manifestano più spesso nel sesso femminile. Le reazioni anafilattiche sono prevalentemente correlate alla somministrazione di miorilassanti e/o al contatto/esposizione al latice nei pazienti sensibilizzati al - Atopia: l'atopia costituisce un terreno propizio alla liberazione aspecifica di istamina; i basofili ed i mastociti di soggetti atopici hanno una maggiore instabilità di membrana, favorente il rilascio di mediatori, rispetto ai soggetti normali; inoltre i pazienti atopici che sviluppano una malattia allergica clinicamente manifesta e non correttamente compensata dalla terapia hanno un’iperreattività d’orga-no e più facilmente hanno sintomi a carico di uno degli organi bersaglio.

Fattori di rischio aggravanti sono:- Beta bloccanti. Nei pazienti in trattamento cronico con beta-bloccanti lo shock anafilattico è par-ticolarmente grave perché è più difficile l’intervento di meccanismi di compenso cardiovascolari in quanto i recettori beta sono insensibili alle sostanze adrenergiche perchè i beta-bloccanti faciltano il rilascio di istamina e di altri mediatori per inibizione della produzione di AMPc ed abbassano la soglia di liberazione dei mediatori dell'anafilassi. Lo shock è quindi caratterizzato essenzialmente da ipoten-sione severa con bradicardia resistente alla somministrazione di adrenalina e possono variamente as-sociarsi broncospasmo, orticaria e angioedema. Va inoltre segnalato che esiste una suscettibilità indi-viduale al beta blocco e che è anche importante la dose di beta bloccante assunta, mentre non pare essere vantaggioso l’utilizzo dei cosiddetti beta-bloccanti “selettivi”. - ACE inibitori. Con l’impiego di ACE inibitori sono stati riportati casi di angioedema (con edema del-la glottide e difficoltà nella respirazione e nella deglutizione) e reazioni di ipersensibilità accompagnate da prurito ed eruzioni cutanee. Gli ACE inibitori non bloccano solo la conversione di angiotensina I in angiotensina II ma inibiscono anche la degradazione di bradichinina (Skidgel 1987), sostanza in grado di determinare vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare. Sono state segnalate anche reazioni di tipo anafilattoide in pazienti in emodialisi e in pazienti in trattamento iposensibilizzante per allergia a veleno di imenotteri. Pazienti sottoposti terapie farmacologiche ed in trattamento cronico con ACE inibitori possono manifestare con più facilità eruzioni di tipo allergico e pseudoallergico. La diagnostica delle reazioni avverse a farmaci prevede poi, dopo un’accurata anamnesi, l’esecuzione delle diverse procedure diagnostiche volte ad indagare tutti i meccanismi immunologici poten-zialmente coinvolti nello scatenamento delle manifestazioni cliniche (prick test e intradermoreazioni scalari, patch test e fotopatch test, dosaggio di anticorpi sierici correlabili ai meccanismi patogenetici, test di provocazione/tolleranza, ecc.).

La scelta dei test diagnostici da eseguire sarà condotta di volta in volta in relazione alle manifestazioni cliniche insorte, al tipo e alle modalità di coinvolgimento del sistema immunitario e al farmaco che si sospetta essere responsabile.

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È necessario ricordare che tutti i test allergologici valutano l’eventuale sensibilizzazione del soggetto nei confronti di un determinato medicamento, ma non hanno valore predittivo; non esiste pertanto indicazione all’esecuzione di test per farmaci che non siano stati correlati e precedenti reazioni avverse. Sono invece utili, se positivi, per confermare il dato anamnestico e per chiarire, quando possibile, il meccanismo patogenetico della pregressa manifestazione allergica.

Spesso è sufficiente prestare attenzione ai pazienti in modo critico, alla luce delle conoscenze che ab-biamo, per collocare in un corretto ambito la valutazione diagnostica e la successiva gestione clinica di chi ha manifestato reazioni avverse a farmaci e si rivolge ad un Servizio di Allergologia. La diagnostica delle farmacoallergie non deve essere intesa come un insieme di procedure diagnostiche da svolgere “una tantum” nel momento in cui il paziente si presenta alla nostra osservazione. Il paziente che ricorre ad un Servizio di Allergologia per una precedente reazione avversa a farmaci deve essere valutato nel tempo e, se atopico, la sua malattia allergica deve essere adeguatamente trattata in modo specifico in quanto la malattia allergica non adeguatamente compensata può determinare l’insorgenza di una reazione avversa a farmaci e/o aggravarne il decorso.

Gianni CadarioDirettore S.C. Allergologia e Immunologia - Clinica AOU San Giovanni Battista di Torino

Fulvia MarengoDirigente Medico S.C. Allergologia e Immunologia - Clinica AOU San Giovanni Battista di Torino

FORMAZIONE

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eLa partecipazione di Federfarma ai Martedì Salute

Pubblichiamo le slide relative all'intervento del dottor Luciano Platter nella con-ferenza dedicata al tema delle allergie all'interno del ciclo Martedì Salute, tra-dizionale appuntamento di promozione della salute presso l'Unione Industriale di Torino.Tale presentazione può essere un utile strumento da utilizzare per replicare sul territorio una conferenza su tale tema. I farmacisti interessati a ricevere questo materiale possono rivolgersi alla segre-teria di Federfarma Piemonte.

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Il ritrovato interesse per i prodotti naturali ha coinvolto anche il settore cosmetico che per decenni ha avuto nella sintesi chimica il suo principale, se non unico, riferimento. Il passaggio da prodotti formulati con sostanze standardizzate di sintesi a prodotti formulati principalmente o anche solo parzialmente con sostanze di origine vegetale ha comportato una serie di difficoltà in ordine al reperimento delle materie prime ed alla assicurazione della loro qualità, alla formulazione dei prodotti e non ultimo ai messaggi che sulla base del concetto di natura possono essere veicolati.Tutto questo fermo restando che i cosmetici, comunque formulati, devono rispondere ai requisiti previsti dalle norme vigenti ed a quelle in progressiva applicazione recate dal Regolamento comunitario 1223/09 che sostituirà la Direttiva base 76/768/CEE, ovvero devono essere efficaci e sicuri.Questi argomenti saranno al centro dell'incontro Sarà naturale la cosmesi del futuro?, organizzato dal Corso di laurea in Tecniche Erboristiche della Fa-coltà di Farmacia di Torino il 23 maggio a Savigliano. In occasione della tavola rotonda saranno messe a fuoco le principali questioni annesse alla formulazione ed alla commercializzazione dei cosmetici a base di in-gredienti di origine vegetale, sulla base della normativa vi-

gente e di quella di prossima applicazione, analizzando il mercato ed i consumatori di questa particolare cate-goria di prodotti in relazione ai diversi canali distributivi ed alla complessità dei processi di certificazione.

Segreteria scientificaprofessoressa Maria Laura Colombo, docente del Corso di laurea in Tecniche ErboristicheUniversità degli Studi di Torinoprofessoressa Patrizia Rubiolo, docente del Corso di laurea in Tecniche ErboristicheUniversità degli Studi di Torino

Segreteria OrganizzaztivaCorso di laurea in Tecniche ErboristicheSabina Fornetti - Silvia BarreriVia Garibaldi 6 - 12038 Savigliano CNtel.: 011.670 8339-8341fax: 011.6708340e-mail: [email protected]

Sarà naturale la cosmesi del futuro?Se ne discute in una tavola rotonda a Savigliano

IL PROGRAMMA

9.00 Saluto delle Autorità dell’Università degli Studi di Torino e del Comune di Savigliano9.30 Conferimento delle Borse di Studio della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano ai 5 migliori studenti dell’anno in corsoModeratori: Demetrio Benelli - Paolo Poggi9.50 I cosmetici naturali nel contesto del attua-le quadro normativo - Marinella Trovato10.10 Naturale e biologico nel mercato della cosmetica convenzionale - Cristina Emanuel10.30 La cosmesi naturale, una opportunità per il canale erboristico - Malva Moncalvo10.50 La qualità delle materie prime vegetali usate in ambito cosmetico - Renato Iguera11.10 Ingredienti botanici in cosmetica: l’inno-vazione tra scienza e marketing - Stefano Togni11.30 I cosmetici a base naturale: innovazione o ritorno al passato? Il punto di vista del formu-latore - Silvia Gatti11.50 Quali consumatori per il cosmetico natu-rale e biologico? - Alessia Scarpocchi12.10 Certificazione del cosmetico naturale e biologico - Fabrizio Piva12.30 Dibattito e fine lavori

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SILHOUESSENCE

L’utilizzo di uno Scrub Esfoliante e rimodellante a base di Sali Marini e preziosa polvere di Madreperla d’Ostrica unitamente a un Gel Rimodellante rappresentano l’ultimo ritrovato, in campo dermocosmetico, per prevenire e contrastare gli inestetismi della cellulite. Un innovativo sistema di veicolazione permette ai principi attivi di raggiungere gli strati più profondi del derma per aggredire la cellulite già presente e inibire la maturazione di nuovi adipociti.Una miscela di preziosi Oli Essenziali arricchisce gli attivi di linea dei due prodotti conferendole una gradevole profumazione potenziando anche l’azione anticellulite del trattamento.GEL-CREMA RIMODELLANTE Gel-crema ad azione anti-cellulite e snellente arricchito da una preziosa miscela di Oli Essen-ziali profumati. Referenza dalla texture leggera, dall’aroma persuasivo e del colore del mare. Si assorbe rapidamente lasciando la pelle morbida e liscia. Attenua gli inestetismi della cellulite, garantendo una forte azione rimodellante e drenante su cosce e glutei. Previene l’effetto buccia d’arancia, aiutando ad eliminare i liquidi in eccesso. Contiene Liporeductyl al 7% attivo che stimola l’utilizzo delle riserve di grasso, inibendo al contempo l’accumulo di lipidi e l’aumento del numero di adipociti. Dona alla pelle elasticità e compattezza, conferendole un aspetto più liscio, tonico e vellutato. L’azione del massaggio e degli attivi vasotonici facilita il drenaggio dei liquidi in eccesso e delle tossine accumulate. L’utilizzo in abbinamento con lo Scrub Esfoliante-rimodellante consente di ottenere i risultati migliori. SCRUB DRENANTE ANTICELLULITE Scrub impreziosito dalla presenza di polvere di Madreperla d’Ostrica, che rifinisce l’azio-ne levigante dei sali, grazie alla caratteristica conformazione delle microscaglie. Questa esclusiva azione esfoliante prepara la pelle all’applicazione del Gel-Crema migliorandone la recettività, men-tre l’elevatissimo potere emolliente, conferitogli dall’Olio di Jojoba, addolcisce la cute donando una sensazione di comfort prolungato nel tempo. La selezionata miscela di Oli Essenziali potenzia i bene-fici della referenza e diffonde il persuasivo aroma naturale. L’azione del massaggio e le proprietà osmotiche dei Sali Marini facilitano il drenaggio dei liquidi in eccesso e delle tossine accumulate. La pre-senza degli attivi di linea gli conferisce l’attività anti-cellulite.

DA SKINIUS H2+O, CREMA IDRATANTE ANTI-AGING LA RISPOSTA RAZIONALE E FORTEMENTE INNOVATIVA NEL TRATTAMENTO DELL’IDRATAZIONE

I laboratori di ricerca SKINIUS hanno messo a punto un prodotto ad uso topico, H2+O, una crema idratante anti-aging e ristrutturante del tessuto cutaneo che offre una risposta razionale e innovativa al trattamento dell’idratazione, superficiale e profonda. Nella formula di H2+O sono presenti attivi idratanti di superficie:Deltalattone: estratto vegetale ricavato dai semi della Limnanthes alba, capace di ridurre la perdita di acqua transepidermica. Favorisce il mantenimento dell’idratazione fisiologica della pelle lasciandola libera di respirare, quindi senza formare alcuna barriera occlusiva. In più, risponde efficacemente ai cambi di pH del mantello cutaneo, mantenendo così più a lungo la sua attività.Vitamina A: stimola il rinnovamento cellulare favorendo la formazione di un’epidermide più compatta, tonica ed elastica, uniformando il colore e migliorando la luminosità dello strato corneo.Fosfatidilcolina satura e insatura (o lecitina): derivata dalla soia, con un’alta frazione (70% circa) di acido linoleico. Un suo deficit comporta alterazioni della barriera idrolipidica di superficie e aumento della perdita d’acqua transepidermica.H2+O contiene anche attivi idratanti nel profondo:Glucosamina: polisaccaride coinvolto nella biosintesi dell’acido ialuronico. La quantità di glucosamina prodotta dall’orga-nismo per via endogena diminuisce con l’invecchiamento, con conseguente perdita di turgore, elasticità e idratazione della pelle.Fosfolipidi: grazie alla loro affinità di struttura con le molecole fosfolipidiche di membrana, aiutano a mantenere integro il film idrolipidico e favoriscono l’idratazione della pelle.Vitamina E: protegge le membrane cellulari dall’attacco dei radicali liberi, prevenendo danni ossidativi e invecchiamento cellulare.Coenzima Q10 (ubidecarenone): potente antiossidante, interviene nei più importanti processi metabolici cellulari, risultan-

do indispensabile nel mantenere una buona integrità e vitalità della pelle.Enzima SOD (superossidodismutasi): favorisce l’eliminazione del radicale superossido e garantisce una buona fisiologia cellulare.Oltre ad H2+O, la linea Skinius è composta da:FOSPID Gel Vitalizzante Dermatologico ripara i danni delle membrane cellulari cutanee, sti-mola la biosintesi di acido ialuronico e promuove il turgore dei tessuti.LIFTNES Crema Rigenerante Dermatologica contrasta i cedimenti cutanei che penalizzano la zona di collo, seno e decolleté.

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NOTIZIE DALLE AZIENDE

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Una ristrutturazione all'insegnadel colore

l'ARCHITETTO in farmacia

La farmacia San Nicola di Genova ha acquisito, nel 2010, nuovi locali in cui trasferire l’attività.Per progettare e realizzare le opere di ristrutturazione e arredamento si è affidata allo Studio Mario Fanelli.Tali opere hanno comportato lavori murari, lavori di adeguamento degli impianti idraulico, elettrico e di climatizzazione, la sostituzione di alcuni serramenti e naturalmente la realizzazione del nuovo arredamento Per sottolineare al meglio le varie zone espositive, sono stati realizzati controsoffitti su più livelli, tinteggiati con colori diversi, all’interno dei quali è stata installata l’illuminazione costituita da fari ad incasso a fluorescenza o ad alogenuri metallici, marchiata Guzzini e Arcluce e Flos.

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Poiché il tema dei colori diversi per le diverse zone dell’espo-sizione era caro alle titolari, le pareti espositive a cremagliera, che attrezzano l’area vendita, hanno ciascuna un’incornicia-tura di colore diverso: arancio per l’infanzia, tabacco per la dermocosmesi, azzurro per la zona sanitari e igiene, sabbia per la zona otc nel retrobanco. Per l’esposizione dei prodotti naturali e per l’alimentazione, essendo essa a ridosso delle vetrine, si è scelto di utilizza-re delle strutture bi-facciali pavimento-soffitto in acciaio e cristallo, che consentono di esporre sia all’interno che all’esterno, senza impedire alla luce naturale di entrare in far-macia.Nella zona centrale, i due pila-stri presenti sono stati attrezza-ti per l’esposizione e affiancati da un’altra struttura pavimen-to-soffitto in acciaio e cristallo per esporre i prodotti in pro-mozione.Una pedana con tre pouf co-lorati costituisce un punto di attesa per i clienti più piccini, sottolineando l’attenzione del-la farmacia anche per loro.

Il banco prescrizioni, pur es-sendo un banco unico, è stato disegnato in modo tale che le postazioni di servizio siano chiaramente individuabili e scandite tra loro da scalette espositive.Attraverso una porta in cristallo si accede al box per la misura-zione della pressione e per le analisi; adiacente ad esso è vi-sibile, attraverso un’altra parete in cristallo, il laboratorio per le preparazioni.

Molta attenzione è stata posta alla comunicazione corretta dei settori trattati e dei servizi offerti dalla farmacia: schienali retroilluminati e serigrafati sot-tolineano i vari reparti, comple-tati da velette a bandiera; in-dicazioni grafiche coordinate, segnalano i servizi offerti.

a cura diStudio Fanelli

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Lo splendore del cuoredella Valle d’Aosta

Breuil - Cervinia

Comprensorio di Breuil-Cervinia Valtournenche Zermatt

Per informazioni: Telefono 0166.94441 | www.cervinia.it

La convenzione copre l’intera stagione invernale ed è valida fino all'8 maggio 2011 per tutto il Comprensorio di Breuil-Cervinia Valtournenche Zermatt. Con la stessa D-Card si avrà diritto a tariffe agevolate anche anche per la stagione estiva 2011.

Skipass1 Mattutino Breuil-Cervinia Valtournenche Euro 27,00 anzichè Euro 30,00 1 Pomeridiano Breuil-Cervinia Valtournenche Euro 27,00 anzichè Euro 30,00 1 Giorno feriale Breuil-Cervinia Valtournenche Euro 30,00 anzichè Euro 37,00 1 Giorno feriale Breuil-Cervinia Valtournenche + tutta Zermat Euro 46,00 anzichè Euro 51,00 1 Giorno festivo Breuil-Cervinia Valtournenche Euro 34,00 anzichè Euro 37,00 1 Giorno festivo Breuil-Cervinia Valtournenche + tutta Zermat Euro 46,00 anzichè Euro 51,00 6 Giorni Breuil-Cervinia Valtournenche Euro 156,00 anzichè Euro 194,00 6 Giorni Breuil-Cervinia Valtournenche + tutta Zermat Euro 202,00 anzichè Euro 252,00

Il sabato è considerato giorno feriale.L'acquisto e l'utilizzo degli skipass è soggetto al Regolamento di Biglietteria esposto presso i punti vendita.

Punti di ristoro sulle pistePresentando la D-Card presso il Bar di Plan Maison si avrà diritto ad uno sconto del 20% sul Menu dello Sciatore.

Per ottenere la D-Card è necessario presentarsi presso l’Ufficio Informazioni della Cervino S.p.A., adiacente alle biglietterie centrali alla partenza dell funivia e della telecabina per Plan Maison, con un tesserino di Farmacia Amica ed un documento di identità.

Verrà rilasciata, su pagamento di una cauzione di 5,00 Euro, una speciale tessera elettronica, la Key-Card, sulla quale verrà anche caricato lo skipass scontato. Tale supporto può essere tenuto nella tasca della giacca, permettendo quindi di passare più velocemente ai tornelli.La cauzione verrà rimborsata a restituzione della Key-Card integra entro e non oltre il 04 settembre 2011.

La D-Card è strettamente personale ed il suo impiego è veramente semplice: si accede direttamente alla biglietteria e si presenta la tessera contestualmente ad un documento d'identità. Si otterrà automaticamente lo sconto per il possessore della tessera e per un suo accompagnatore.

Dal nostro sito Internet www.cervinia.it potrete inoltre apprendere tutte le novità della prossima stagione invernale, le più importanti manifestazioni sportive e gli eventi d’intrattenimento, oltre alle condizioni meteo ed ai dati di funziona-mento degli impianti e d’agibilità delle piste sci.

Per informazioni su Convenzioni e Card Farmacia Amica:SEGRETERIA FARMASERVIZI

[email protected]

con orario 8,30 - 12,30

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Tucano Viaggi - Viaggi Ricerca di Willy Fassio Tour Operator.

Per prenotazioni: Telefono 011.5617061 | [email protected] | www.tucanoviaggi.com

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Sport Club Chamois BardonecchiaLo Sport Club Chamois Bardonecchia è disponibile su richiesta ad organizzare soggiorni settimanali personalizzati per ragazzi presso alberghi convenzionati, comprendenti il servizio di pensione completa, l’assistenza di personale qualificato e tre ore giornaliere di tennis.

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