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1 Numero 4 Aprile 2018 Dialogo tra noi Mensile di informazione della Comunità Pastorale "SANTA CROCE" in Garbagnate Milanese

Numero 4 - Aprile 2018 · 2018-09-26 · capitolo 3, un profondo invito alla conversione rivolto da Dio, per mezzo del profeta, al suo popolo. Il documento è oggetto di studio e

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Numero 4Aprile 2018Dialogo

tra noi

Mensile di informazione della Comunità Pastorale "SANTA CROCE" in Garbagnate Milanese

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L’editoriale

Qui in Diocesi

Qui nella Comunità

Qui in Oratorio

Qui a Scuola

Qui nel tempo libero

Qui la Parola

Storia Locale

Qui nelle Parrocchie

Qui Associazioni

Qui Libri

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sommario

Dialogo tra noiMensile delle parrocchie “Santi Eusebioe Maccabei”, “Santa Maria Nascente”,“S. Giuseppe Artigiano” e “S. Giovanni Battista”in Garbagnate MilaneseAnno L, n° 4 Aprile 2018Proprietà della Parrocchia Santi Eusebioe Maccabei, via Gran Sasso, 12 - tel. 02.9955607.www.comunitasantacrocegarbagnate.iteusebio.maccabei@tin.it

Direttore responsabile: don Claudio GalimbertiHanno collaborato:Lella Fierro Almiento, Riccardo Lobascio,Giorgio Montrasi, Roberto Gianotti, Matteo Comi.Registrato al Tribunale di Milano il 15.09.1969 aln.249F.i.us. Srl – via A. Diaz, 11 – 22072 CERMENATE(CO)Abbonamento annuale 20 euro

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l tempo pasquale che stiamo vivendoci parla di una nuova alleanza, scrittacon il sangue di Nostro Signore GesùCristo, per la nostra salvezza. Ma cisono alleanze più umane che, pre-

sentandosi il tempo primaverile ed esti-vo, vanno rinnovate. I giornali ogni tantodanno risalto a una notizia, che mette inansia famiglie ed educatori: lo spinellodebutta a 11 anni (così titolava «Avve-nire», tempo fa, riportando i risultati delRapporto Federserd). Farsi una cannaoggi costa poco, la puoi trovare facilmen-te, diventa un gioco, imitazione dei «duri»del quartiere o dei grandi: lo spinello hapreso il posto della siga-retta, che, fumata di na-scosto, ti faceva sentireadulto. Gli allarmi degliOsservatori permanentisull’uso di droghe, quellodei vari SERT, degli ope-ratori delle comunità terapeutiche risal-gono ad alcuni anni fa e si fanno semprepiù insistenti, anche se sembrano caderenel vuoto. Un fenomeno così grave, chesolo gli ingenui non vedono, dovrebbeinvece scuotere le coscienze degli adul-ti, che hanno paura di mettere paletti edi educare, che spesso giocano a farei giovani e, ancor più spesso, evadonodal compito di testimoniare valori, stili divita, che vincono la noia, allontanano lasolitudine, danno sicurezza ai ragazzi. Ilpresupposto che siano sempre i fi gli degli altri a “sbagliare” la fa da padrone. Anchel’allarme sul deserto educativo è statolanciato da anni, ma troppi adulti stenta-no a dare «buon esempio», non ci stannoa confrontarsi con i giovani. Danno soldipiù che tempo, divertimento più che im-

pegno... Non si possono lasciare soli iragazzini e le ragazzine ad aff rontare un mondo che non si prende cura di loro,ma li sta commercializzando sempre più,spegnendo le loro coscienze, turbandolecon passioni malsane, violenze psicolo-giche e non, indiff erenze e silenzi che li allontanano da noi, mettendoli in balìa diseduzioni che imprigionano, piuttosto chedi sogni che li liberano per amare. Unadelle cause, di cui non si parla nelle variericerche, è certamente l’abbandono del-la pratica religiosa, l’irrisione, se non delVangelo, che dice cose belle, dei luoghidove si cerca di viverne il messaggio: la

Chiesa, l’oratorio, le as-sociazioni e i movimenti.È solo colpa del laicismoo forse non sarà cheanche i credenti hannosmarrito la via dell’e-ducare, la fatica di fare

oratorio e di annunciare il Vangelo fuoridel Tempio? “Chiesa in uscita” di France-scana memoria! Tra un po’ sarà tempodi oratori estivi, di vacanze in comunità:nell’emergenza che stiamo vivendo, dob-biamo dare importanza a questi giorni, aqueste iniziative. La ricchezza delle tra-dizioni oratoriane, il loro valore spiritualeed educativo, le mille voci di testimoni edi bei ricordi deltempo passatoe recente, sonoun’iniezione difi ducia nel nostro lavoro in campogiovanile, operafondamentale diprevenzione edi contenimento

l’editoriale

TEMPODI NUOVEALLEANZE

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delle fughe giovanili nel mondo della dro-ga e del piacere.I nostri ragazzi e ragazze devono sapereche sono amati dalla loro famiglia e dallaChiesa, sapere che ci teniamo alla loroamicizia e siamo disposti a ricercare conloro itinerari di libertà e di responsabilità,che siano fermento nuovo nel mondogiovanile. Nella speranza che le giovanigenerazioni perdonino le nostre assenzee distrazioni, i nostri ritardi e chiusure,vogliamo, famiglie e preti, rinnovare il

nostro impegno ad educare e a ridareanima, novità, ai nostri oratori, alle nostreScuole e a tutti quegli spazi educativi,che la nostra tradizione ci ha lasciato ineredità?Sarebbe un bel dono pasquale per tuttii nostri fi gli che stanno cercando una collocazione nella nostra società.

Il Vostro aff . mo ParrocoDon Claudio

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Dopo una prima fase di ascolto capilla-re, il Sinodo diocesano entra ora in unmomento successivo, cruciale per il

suo sviluppo. È agli sgoccioli l’invio degli esi-ti della consultazione di base (frutto del la-voro di confronto e di ascolto fatto dalle par-rocchie, dagli operatori della carità, dai pretie dal mondo della vita consacrata; ma an-che da parecchie istituzioni educative, comepure da amministratori locali e dai migrantistessi), che ha fatto giungere alla commis-sione centinaia di risposte. Mostreremo inumeri e la consistenza di questa fase nelletracce di rifl essione che predisporremo per il consiglio presbiterale e pastorale diocesano.La commissione in queste settimane è con-centrata e al lavoro per stendere le sintesi e itesti che faranno da guida al momento stret-tamente sinodale, vissuto dai due consiglidiocesani. Sono tante le indicazioni e i sug-gerimenti che ci sono giunti, come pure le in-dicazioni di fatiche e punti di tensione su cuilavorare. Emerge tuttavia con sempre mag-giore lucidità un punto che fa da architraveal cammino che stiamo costruendo insieme:per essere all’altezza del cambiamento chela Chiesa di Milano sta vivendo non bastaimmaginare delle aggiunte o delle integra-zioni agli stili che disegnano il nostro voltoecclesiale e la nostra vita di fede. Con più

semplicità ma anche con maggiore coraggiooccorre invece prepararci e a cambiare, a ri-pensarci come soggetti diversi, frutto di quel“noi” che è il risultato dell’azione di attrazio-ne che il Crocifi sso risorto continua ad eser-citare nelle nostre vite e nella storia.Un simile cambiamento non avviene a tavo-lino e nemmeno sarà frutto soltanto di do-cumenti e di decreti. È opera di una Chie-sa che tutta insieme si lascia guidare dalloSpirito santo; è frutto di una Chiesa che sarimanere concentrata nella contemplazionedel disegno che Dio le sta facendo realizza-re dentro la storia degli uomini. Per questomotivo il lavoro delle parrocchie, il lavorodei singoli cristiani e delle comunità non èfi nito: invitiamo tutti a leggere con attenzio-ne le tracce che a breve pubblicheremo sulsito del Sinodo, per continuare a discernereassieme (passando i vari suggerimenti chevi verranno a qualche componente del con-siglio presbiterale o pastorale) come Milanopuò essere Chiesa dalle genti.

Mons. Luca BressanPresidente della Commissione

di coordinamentoSinodo “Chiesa dalle genti”

Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

PRONTI A PENSARCI COME“CHIESA DALLE GENTI”

qui in Diocesi

La Croce simbolo del Sinodo

Opera di Eduardo Brocca Toletti, nella misura e nella forma riprende quella di

San Carlo che contiene la teca col Sacro Chiodo. È stata creata utilizzando

legni diversi (ciliegio, acero, palissandro e noce) a rappresentare i cinque

continenti per signifi care appunto tutte le genti. Al centro, un quadrato color

porpora per richiamare la memoria del sangue off erto.

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Il titolo del nostro articolo è tratto dall’Esor-tazione Apostolica “Pastores dabo vobis”,promulgata da San Giovanni Paolo II il 25

Marzo 1992, a conclusione del Sinodo ordi-nario dei Vescovi. Tale documento magiste-riale tratta della “formazione dei sacerdotinelle circostanze attuali”. Abbiamo deciso diriprenderne l’essenziale struttura in capitoliper approfondire alcuni spunti di rifl essione sul sacramento dell’Ordine e sull’accoglienzache la nostra comunità cristiana è chiamata adare al nostro futuro sacerdote referente pergli Oratori, don Francesco Agostani, ad oggiDiacono transeunte in servizio presso le no-stre parrocchie.“Pastores dabo vobis”, è unacitazione biblica presa dal Li-bro di Geremia, cap. 3, ver-setto 15: «Vi darò pastori se-condo il mio cuore, i quali viguideranno con scienza edintelligenza»; il passo si inse-risce nel contesto generale delcapitolo 3, un profondo invitoalla conversione rivolto da Dio,per mezzo del profeta, al suopopolo. Il documento è oggettodi studio e meditazione nei variSeminari per la formazione delClero. Un rischio delle comunitàcristiane è quello di concepire ipropri pastori come uomini chehanno deliberatamente scel-to di “fare i preti”, intendendotale ministero come una formadi impegno sociale, addiritturadi lavoro, e tralasciando nonsolo l’aspetto prettamente spi-rituale, liturgico e sacramentale

che i sacerdoti sono chiamati a vivere, madimenticandosi che la chiamata di un uomoal sacerdozio è iniziativa libera e graziosa diDio, che “manda operai nella sua messe”(cfr. Lc 10,2). Numerosi sono i giovani e gliadulti chiamati a dare la vita per questa mis-sione: molti, liberamente, rispondono sì. Nondobbiamo mai dimenticarci che un sacerdo-te è un uomo come noi, che ha riscontratonella sua vita i segni di una chiamata, e cheha intrapreso un cammino di discernimentoperché anche la Chiesa, Madre e Maestra, loconfermasse nella sua intuizione. Non dob-biamo dimenticare, inoltre, che un prete non

qui nella Comunità

“PASTORES DABO VOBIS”Prepariamoci all’Ordinazione

Presbiterale di Don Francesco

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è semplicemente un “assistente spirituale”od il principale “animatore liturgico”, né il piùimportante dei catechisti: un sacerdote è ve-ramente “pastore secondo il cuore di Dio”, ela presenza di un pastore implica ovviamentequella di un gregge: riconosciamoci, dunque,gregge del Signore, fi duciosi nell’azione dello Spirito Santo, che non mancherà di versareabbondante benedizione, scienza ed intelli-genza sugli uomini che Dio ha chiamato, eche hanno risposto sì.“Lo Spirito del Signore è su di me” (Is 61,1-2): è il versetto introduttivo dei capitoli II- IIIdell’Esortazione Apostolica e si rifà proprio aquello che stavamo dicendo. Per comprende-re meglio l’assoluto primato di Dio, che con-verte i cuori e chiede di percorrere le stradedel mondo ed annunciare la Sua Parola, ri-portiamo per esteso il passo del Profeta: “Lospirito del Signore Dio è su di me, perchéil Signore mi ha consacrato con l’unzione;mi ha mandato a portare il lieto annunzioai miseri, a fasciare le piaghe dei cuo-ri spezzati, a proclamare la libertà deglischiavi, la scarcerazione dei prigionieri, apromulgare l’anno di misericordia del Si-gnore”; la chiamata all’annunzio è universa-le, vale per tutti i cristiani: nessuno è esclusodal ministero di annunciare e proclamare lemeraviglie di Dio e la Sua Salvezza. Ma Dioha voluto uomini che fossero istituiti apposi-tamente per questo, che fossero consacratiper testimoniare con tutta la loro vita, e la loropersona la volontà salvifi ca e redentrice del Signore. Spesso, troppo spesso, i sacerdotivengono ricordati nelle comunità per quelloche di concreto hanno fatto, per i loro stili, iloro atteggiamenti, la loro umana simpatia, iloro pregi ed i loro difetti: quante volte ci ricor-diamo dell’annuncio di salvezza che ci hannoportato? Quante volte riconosciamo che tutti,ciascuno con la propria personalità, hannospeso ogni singolo giorno passato tra noi adindicarci la Croce, nella quale si attua la Re-denzione? Spesso ci lamentiamo che i preti“predicano bene e razzolano male”, ma sia-mo certi che i nostri sensi sono stati sempre

tesi a percepire il profumo di Dio che ricopri-va questi uomini, e che questi uomini hannotentato di versare su noi? Oppure avevamoaperti solo gli occhi e tese le orecchie percarpire ogni gesto sbagliato, ogni frase fuoriluogo, spesso male interpretandoli?“Venite e vedrete” (Gv 1,39): con questoversetto si apre il capitolo IV, specifi co sulla vocazione sacerdotale nella pastorale dellaChiesa. La citazione è tratta dall’episodio del-la prima vocazione del ministero pubblico diGesù: il Maestro “provoca” i suoi primi duediscepoli, Andrea e Giovanni. Alla curiosità,all’interesse, al desiderio umano di conosce-re Dio, Egli risponde invitando a seguirLo,per conoscerLo: è quello che hanno fatto inmaniera del tutto speciale alcuni uomini, chea loro volta sono chiamati a rinnovare que-sto invito a tutti coloro che incontrano nellestrade della vita. L’invito provocatorio e riccodi desiderio viene espresso in tante forme, intante occasioni: quante volte, allora, ci siamolasciati coinvolgere dalle parole di un consa-crato del Signore, ci siamo lasciati “prendereper mano”, ed abbiamo accolto la sfi da di ve-dere dove abita Dio?“Ne costituì dodici che stessero con lui”(Mc 3,13-15): così si apre il capitolo V deldocumento magisteriale, che tratta specifi ca-mente la formazione dei candidati al diaco-nato ed al presbiterato. I Seminari diocesani,come quelli degli Ordini, delle Fraternità edelle Congregazioni religiose, furono istituitidopo il Concilio Tridentino proprio per per-mettere ad un giovane, desideroso di cammi-nare verso il sacerdozio ordinato, non solo distudiare e di formarsi culturalmente e pasto-ralmente, ma soprattutto di far fi orire e colti-vare una vita spirituale condotta all’insegnadello “stare in compagnia” del Maestro, sul-le orme dei primi discepoli. In seminario unuomo impara a pregare, a mettersi in ascoltodel suo Signore, ad affi darsi totalmente a Lui, riconoscendo i propri errori e le proprie ferite,su cui Dio non manca di versare olio; imparaa pregare con una progressiva e speciale at-tenzione: pregare per la sua gente, pregare

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per i giovani, le famiglie, gli uomini e le donneche egli incontra, e che un giorno gli sarannoaffi dati come gregge. Un sacerdote “interce-de”, cioè “cammina in mezzo” alla sua gente.E noi, il gregge, desideriamo che nel volto diun sacerdote risplenda sempre l’ardore, lapassione, la bellezza dell’incontro quotidianocon Dio.“Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio cheè in te” (Tm 1,6): l’esortazione si concludecon il monito paterno che Paolo rivolge alsuo discepolo Timoteo, di non lasciarsi maisopraff are dalle occupazioni, dalle fatiche e dai problemi quotidiani che l’annuncio delVangelo e l’edifi cazione del Regno di Dio conoscono; il cristiano deve sempre tornarealla fonte sorgiva da cui attinge acqua viva,e non dimenticarsi mai che tutto è nelle manidi Dio. Ricordo che, durante la Veglia di in-gresso in Seminario, si leggeva in comunitàun passo tratto dal Libro del Deuteronomio(Deut 8,2) in cui si rivolgeva questo invitoad Israele: “Ricordati di tutto il camminoche il Signore tuo Dio ti ha fatto percorre-

re in questi quarant’anni nel deserto, perumiliarti e metterti alla prova, per saperequello che avevi nel cuore e se tu avre-sti osservato o no i suoi comandi”. Nelleintenzioni dei formatori, la lettura del passodoveva rievocare il cammino che aveva con-dotto in seminario il giovane desideroso e di-sponibile al discernimento. Credo sia questoil senso anche dell’esortazione dell’Apostolodelle Genti a Timoteo: tutto è grazia, e noisiamo stati chiamati da Dio a salvezza. Lecomunità cristiane hanno il dovere di soste-nere fi lialmente e fraternamente questi nostri pastori “secondo il cuore di Dio”, perché nonsmarriscano mai, nemmeno per un attimo, ilsenso profondo e bellissimo di tutto il loro vi-vere ed agire quotidiano: testimoniare l’Amo-re del nostro Dio.Preghiamo per don Francesco e tutti i nostrisacerdoti, perché sempre davvero possanoguidarci con “scienza ed intelligenza” e, so-prattutto, lasciarsi guidare dalla fi ducia nel Signore.

Riccardo Lobascio

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Nella tarda serata di Pasqua, verso le ore23.00, un nutrito gruppo di quattordicennidella nostra Comunità Pastorale (in nume-

ro di trenta circa), è partito alla volta della CittàEterna, accompagnato da dieci educatori e daldiacono Don Francesco, per vivere la loro Pro-fessione di Fede sulla tomba degli apostoli Pie-tro e Paolo. Questa iniziativa, che coinvolge daanni l’intera diocesi, è proposta a conclusionedel cammino di catechesi che è off erto dopo il conferimento della Cresima, perché i nostri ra-gazzi possano maturare nella fede ed essere ac-compagnati nella loro formazione di persone chehanno uno sguardo cristiano sul mondo che vi-vono. Il pellegrinaggio si è articolato su tre giorni,a ritmi piuttosto intensi, ed è stato organizzato incollaborazione con le altre parrocchie del Deca-nato di Bollate che hanno aderito alla proposta;abbiamo così avuto modo di conoscere e di con-frontarci - noi educatori nell’organizzazione del-le attività, i ragazzi nel coinvolgimento del gioco- con le parrocchie di Bollate, Ospiate, Arese: èla prima volta che viviamo una condivisione cosìforte con l’intera comunità decanale.

Abbiamo trascorso la prima notte sul pullman,in viaggio verso Roma (ahimè dormendo poco:l’entusiasmo e la tipica confusione dei ragazziera strabordante!), la scelta di viaggiare durantele ore notturne è stata presa per potere iniziarea visitare la città dal primo mattino. Già duranteil viaggio i ragazzi, provenienti da parrocchie di-verse, hanno fatto conoscenza, e - bisogna dire ilvero - si è subito vissuto un clima di condivisionee di allegrezza che faceva nascere sotto buoniauspici l’intero pellegrinaggio. Noi educatori cisiamo lasciati trasportare dalla carica dei ragaz-zini, che fossero dei nostri gruppi o meno, crean-do immediatamente una sintonia estremamenteimportante per dialogare con loro, e trasmettereil signifi cato dell’esperienza. Giunti a Roma verso le 8.00 del mattino di lunedì, abbiamo cominciatola visita delle Basiliche papali di San Paolo fuorile Mura, di Santa Maria Maggiore e di San Gio-vanni in Laterano. Purtroppo la Scala Santa erachiusa per lavori, ma abbiamo visitato anche quelsantuario. Non siamo mai stati soli: la Capitaleera percorsa da gruppi e gruppetti di ragazzini,accompagnati da educatori, giovani, seminaristi,

SULLE ORME DI PIETRO E PAOLOIl pellegrinaggio dei preadolescenti a Roma

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sacerdoti e suore. I ragazzi hanno percepito cheerano coinvolti in un’esperienza veramente gran-de, ed anche noi abbiamo potuto constatare lagrandezza di una chiesa che va oltre la nostracomunità, che ci accomuna, nella quale siamofratelli, seguendo il cammino dei primi testimo-ni del Vangelo. Non sono state soltanto visitedall’indubbio valore artistico e storico: in quelleBasiliche ci siamo raccolti in preghiera, per daresegno visibile del senso del pellegrinaggio, perchiedere la grazia di vivere intensamente e cri-stianamente quei giorni, per fare comunione tranoi. I ragazzi sono rimasti parecchio colpiti dallavisita alle catacombe di San Callisto, dove abbia-mo celebrato la Santa Messa, con tutto il Deca-nato: siamo convinti che vedere e toccare i luoghied i muri dove i primi cristiani si rifugiavano perpotere celebrare la Comunione ed il Culto Divino,abbia lasciato in loro un segno, un seme che ma-turerà a tempo debito. C’è stata inoltre occasionedi visitare le Fosse Ardeatine.In serata, una volta sistemati in albergo e ripo-sati per un’oretta (i ragazzi, nonostante le oreinsonni della notte, avevano ancora un’energiaesplosiva), ci siamo radunati con le altre parroc-chie per mangiare insieme, e poi è stata propostaun’attività di gioco e di conoscenza, organizzatada tutti gli educatori del Decanato. È stato bello,ed anche curioso, vedere come i ragazzi rispon-dessero in larga maggioranza positivamente allacollaborazione ed al coinvolgimento attivo concoetanei che non avevano mai visto: un grandeinsegnamento anche per noi, ed in generale pertutti i cooperatori della parrocchie e delle comu-

nità, che tante volte anteponiamo campanilismi ediffi denze reciproche, impedendo la costruzione di una piena fraternità! La preghiera della sera,ed un momento di rifl essione, sono stati condotti dai due diaconi presenti, Don Matteo, di Bollate,ed il nostro Don Francesco, oltre che dal coadiu-tore di Arese, Don Roberto.Il secondo giorno la sveglia è suonata presto:bisogna prepararsi per tempo per accaparrarsi iposti migliori in San Pietro! Dopo tutta la neces-saria trafi la per i controlli, abbiamo avuto acces-so alla Basilica più importante della Cristianità,ed abbiamo celebrato la Santa Messa, presiedu-ta dal Cardinale Angelo Comastri, assieme a tuttii ragazzi della Diocesi Ambrosiana in pellegrinag-gio. Ha fatto un certo eff etto, su di loro ed anche su di noi, vedere migliaia di preadolescenti riunitisotto le volte e la cupola della Basilica Vaticana,radunati per vivere un’autentica esperienza difede. È stato un segno forte anche per la nostrafede di educatori, e certamente avrà aiutato e so-stenuto anche la fede di Don Francesco, prossi-mo all’ordinazione presbiterale.L’omelia del Cardinale non è stata semplice, macomunque ha richiamato l’attenzione della gio-vane assemblea, proponendo a tutti la santitàdella vita, che si incarna nei testimoni che han-no reso bello il volto della Chiesa Terrena: unofra tutti, san Giovanni XXIII. Credo abbia moltostupito il paragone contrastante che il Cardinaleha proposto, tra eminenti fi gure della cultura pop, eccentrici, seguitissimi, ma con storie personalie familiari disastrate, ferite insanabili, contraddi-zioni stridenti, e la semplicità di questo testimonedel Vangelo, che, con umiltà, ha stupito il mondo.La felicità non è una condizione di appagamen-to e di auto soddisfazione, che si rivela sempretemporanea ed illusoria, ma è stare in comunio-ne con la sorgente della Gioia, Gesù Cristo, checi redime e ci libera.Purtroppo non siamo potuti scendere a visitare letombe dei Papi, ed abbiamo così deciso di rinvia-re al pomeriggio il momento formale della Profes-sione di Fede. Dopo il pranzo, vicino al Vaticano,abbiamo optato per un giro a piedi del centro diRoma, lungo corso Vittorio, fermandoci in PiazzaNavona, ed infi ne entrando nella chiesa di San Luigi dei Francesi, dietro Palazzo Madama, doveabbiamo sostato in preghiera di fronte all’imma-gine di Padre Jacques Hamel, anziano sacerdotefrancese, ucciso da un terrorista durante la ce-

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lebrazione della Santa Messa, nell’estate di dueanni fa. Qui abbiamo recitato il Credo Apostolicocoi ragazzi, momento culmine del nostro pelle-grinaggio. A conclusione del pomeriggio, ci sia-mo recati ai Fori Imperiali, dove la FOM (Fede-razione Oratori Milanesi) aveva allestito il puntodi partenza per una grande caccia al tesoro nelcentro di Roma, che coinvolgesse numerosi ora-tori di tutta la Diocesi. Noi ed i ragazzi ci siamolanciati in una corsa agli indizi, toccando alcunitra i principali monumenti della Roma civile, fer-mandoci in Via Caetani, dove fu ritrovato il corpodi Aldo Moro (il 9 Maggio ricorrerà il quarantesi-mo anniversario della sua scomparsa, ed è belloche a dei quattordicenni sia stata data occasionedi confrontarsi con un passato apparentementecosì lontano, eppure che è necessario conosce-re, della nostra Repubblica), attraversando le viedell’antico ghetto ebraico, ed infi ne approdando sull’isola Tiberina. Eravamo tutti un po’ spossa-ti, dunque abbiamo deciso di rientrare in alber-go e di vivere una serata di riposo e di tempolibero, chiusa comunque dalla preghiera e dallarifl essione comunitaria. Questi giorni sono stati

un tempo prezioso anche per stringere legamipiù forti con Don Francesco, sia per i ragazzi,sia per noi educatori. Il terzo giorno la sveglia èsuonata ancora prima che il giorno precedente;dopo esserci preparati, ed avere stivato i bagagliin pullman, ci siamo recati in Piazza San Pietro,per l’udienza generale di Sua Santità Francesco:anche qui, tutta la Diocesi era presente, assiemea fedeli provenienti da ogni parte del mondo. Leparole ed il particolare saluto del Papa ci hannoconfermato nella fede, spronandoci a dare testi-monianza della gioia di essere cristiani, di col-tivare nella preghiera la nostra magnanimità, lagrandezza del nostro cuore. Questo è stato l’ulti-mo momento vissuto a Roma: siamo ripartiti su-bito, fermandoci per il pranzo in autogrill, facendoritorno a Garbagnate verso le nove di sera.Invitiamo tutti a pregare perché questa esperien-za possa maturare grano buono nel terreno cheè la vita dei nostri ragazzi, perché la Comunitàcresca e fi orisca un’adesione nuova, fresca, en-tusiasta, alla fede nel Signore e nel suo Vangelo.

Gli Educatori di Terza Media

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Carissime lettrici e carissimi lettori,ben ritrovati, ed ancora buona Pa-squa! In questo numero vogliamo

approfondire alcuni simboli liturgici legatial Tempo che stiamo celebrando, appun-to il Tempo Pasquale, che comincia conla solenne Veglia nella Notte di Pasqua,e si conclude cinquanta giorni dopo, conla Solennità di Pentecoste.Primo segno visibile del nuovo Tempo èil colore liturgico: bianco, come già det-to in una precedente edizione, il coloredi ogni festa che la Chiesa celebra; unsecondo e più interessante simbolo è ilcero pasquale. La sua presenza sull’al-tare, in una posizione centrale, normal-mente in prossimità dell’ambone da cuiviene proclamata la Parola di Dio (o co-munque sempre nellevicinanze della Mensa)contraddistingue l’in-tero periodo liturgico.Esso è il segno dellaLuce Nuova portatada Cristo, dell’Annun-cio della Resurrezione,della vittoria fi nale del Signore della Vita sul-le tenebre della mortee del peccato. Il ceroriveste una simbologiadi primo piano nellaVeglia di Pasqua, fi n dall’inizio, con l’anti-chissimo “rito del fuo-co”: all’esterno dellachiesa, il clero, i mi-

nistranti ed il popolo si ritrovano attornoad un braciere, per accendere il cero edi carboni su cui si infonderà l’incenso. Ilcero viene poi portato in processione, perprimo, e dopo la lettura del Preconio (odExultet) verrà posto sul tripode, ed oppor-tunamente incensato.L’incensazione del cero acceso è obbli-gatoria per ogni celebrazione liturgica diparticolare importanza lungo tutto il pe-riodo pasquale, e fortemente consigliataogni volta che il Popolo di Dio si raduna inpreghiera, sia per la Celebrazione Euca-ristica, sia per gli altri uffi ci della Liturgia delle Ore. Il rito di accensione del cero èantichissimo, e si richiama alle liturgie pa-squali ebraiche: le ritualità cristiane sonoandate sviluppandosi in ripresa e talvolta

in contrasto con gli an-tichi riti del Tempio diGerusalemme, e pro-prio da Gerusalemmesi sono diff use nei vari territori toccati dallapredicazione cristiana,che a loro volta hannosviluppato forme cultu-rali e rituali proprie.Per quanto riguardala valenza liturgicadel cero, richiamiamol’attenzione su un par-ticolare dalla grandecarica simbolica: si tra-manda che, già nel IVsecolo, a Gerusalem-me, il cero si accen-

QUI CHIERICHETTI:Segni liturgici pasquali

qui in Oratorio

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desse nel Santo Sepolcro, e di là uscissein processione per entrare nella Basilica.La luce del Risorto letteralmente “usciva”dallo stesso luogo della Resurrezione delSignore!Sul cero pasquale venivano praticate al-cune incisioni: una croce, ad indicare laRedenzione degli uomini, simbolo prin-cipe delle regalità del Cristo; l’Alpha el’Omega, prima ed ultima lettera dell’al-fabeto greco (una delle tre lingue sacre,assieme all’Ebraico ed al Latino), ad in-dicare che Cristo è inizio e fi ne di tutto; la data della Pasqua che viene celebrata,ad indicare la signoria di Cristo sul tem-po presente e sulla storia. Anticamente,il sacerdote celebrante, tracciando tali

incisioni, pronunciava queste parole: “IlCristo ieri e oggi: Principio e Fine, Alfae Omega. A lui appartengono il tempoe i secoli. A lui la gloria e il potere pertutti i secoli in eterno. Amen. Per mez-zo delle sue sante piaghe gloriose ciprotegga e ci custodisca il Cristo Si-

gnore. Amen”.L’accenno alle “piaghe gloriose” è moti-vato dal fatto che, in passato, era usan-za inserire nel cero cinque grossi granid’incenso, che i commentatori medievaliinterpretavano spesso come le memoriadella piaghe di Gesù; un’altra interpreta-zione è quella basata sul richiamo agli olied ai profumi spalmati sul suo corpo de-posto e, in generale, alla regalità ed allasacralità dell’incenso. Oggi queste inci-sioni sono spesso già state fatte sul ceroal momento della sua accensione, e nonè più in uso, dalla riforma liturgica con-ciliare, l’inserimento dei grani d’incenso.Ora ci soff ermiamo sul canto dell’Alle-luja, caratteristico del Tempo Pasquale.“Halleluja” è un lemma ebraico, e signi-fi ca, letteralmente “lodiamo il Signore”:

vi sono vari riferimenti nell’Antico Testa-mento, soprattutto nel libro dei Salmi, enel libro dell’Apocalisse. Non tutti sannoche, nei primi secoli del Cristianesimoquesto, considerato il canto laudativo pereccellenza, era proprio esclusivamentedel Tempo Pasquale, poi esteso a tuttol’anno liturgico, eccetto che nel TempoQuaresimale (durante il quale, peraltro,viene coperto il fonte battesimale e si to-glie il cero pasquale). Questo canto gioio-so è molto in uso nelle liturgie ortodosse,secondo modalità e tempi diversi rispettoai nostri del rito latino. Dovremmo forseprestare attenzione a questa preghieracantata, considerando che essa è da in-tendersi come una vera e propria esplo-sione di gioia e di esultanza per la Vitadel Risorto.Da ultimo, vogliamo portare alla vostraattenzione una rifl essione generale sul Tempo Pasquale: come il Sacro Triduo èconsiderato un unico giorno liturgico, cosìanche questo tempo di festa è da consi-derarsi un’unica domenica di letizia, unafesta che ci rende disponibili ad accoglie-re il dono dello Spirito, che ricordiamo nelgiorno di Pentecoste. Il cristiano vive congioia e pubblica esultanza i giorni di que-sto Tempo, perché ancora una volta ci èstato dato di celebrare la Resurrezionedel Nostro Signore! Concludendo, allora,rinnoviamo i nostri auguri di Pasqua, el’auspicio che voi tutti possiate celebra-re con gaudio questa Domenica che nonavrà mai fi ne!

(Oltre ai testi liturgici, abbiamo consultatola pagina di “Apostolato Liturgico”, il cuicontributo alla nostra cultura è sempreprezioso).

I Cerimonieri Responsabili

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Ibambini della scuola primaria San Lui-gi, con le loro insegnanti, hanno parte-cipato e animato la Via Crucis a con-

clusione della Quaresima, prima dellevacanze pasquali.Con l’aiuto di don Andrea è stato datoun taglio particolare aquesta celebrazione:sono state scelte cin-que stazioni e ad ognistazione è stata col-legata la fi gura di un santo.Davanti all’altare, inBasilica, sono statecollocate le immaginidi cinque Santi: SanGiovanni Paolo II,Santa Teresa di Cal-cutta, San Filippo Neri,San Giovanni Bosco eSan Domenico Savio;a commento di ognistazione è stato pre-sentato il relativo per-sonaggio.Come gesto conclu-sivo i bambini hannopoi collocato su untabellone sette imma-gini raffi guranti situa-zioni di grande disagio(guerra, maltrattamen-ti, violenza, abbando-no, discriminazione…)che sono poi state co-perte ciascuna con un

foglio con le lettere a comporre la parola“PECCATO” e successivamente copertadalla scritta “AMORE” ed infi ne ciascun bambino ha portato un piccolo vaso difi ori a creare un tappeto colorato davanti

al Crocefi sso.

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LA PRIMARIA S. LUIGICELEBRA LA VIA CRUCIS

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Dal 9 al 13 aprile gli alunni più me-ritevoli della Scuola di Musica SanLuigi hanno vissuto una bellissi-

ma esperienza: un viaggio a Valencia, lacittà della Spagna più ricca di musicisti,dove, ormai al terzo anno, continua il ge-mellaggio con la scuola Sagrada Fami-lia PJO. I ragazzi hanno visitato la cittàe scoperto le sue meraviglie, ma hannoanche potuto confrontarsi con i coetaneipartecipando alle loro lezioni, mettendoin pratica le loro conoscenze linguistichee confrontando il loro “modo spagnolo” di

fare scuola con il nostro.L’esperienza di questo viaggio ha avutoil suo momento culminante nel concertocomune, tenuto venerdì 13 aprile dai gio-vani musicisti della scuola di musica S.Luigi e dai padroni di casa, celebrando i valori dell’amicizia, della condivisione

e dello studio sostenuto dalla passionee dall’impegno. Tutti si sono cimentati inbrani del repertorio classico, pop e rock,con una successione di pianoforti, chitar-re, trombe e batterie, ma anche di vocicapaci di calamitare l’attenzione cantan-

do brani noti a tutti i ragazzi.Il momento più coinvolgente è stato quel-lo che ha visto sul palco tutti i ragazzieuropei partecipanti (Slovacchia, Finlan-dia, Italia, Spagna, Irlanda, Germania,Francia e Ungheria) a degna conclusio-ne di un concerto carico di un importan-te signifi cato per questi giovanissimi fi gli dell’Europa unita: è stato eseguito l’“Inno

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TRASFERTA EGEMELLAGGIO PER LA

SCUOLA S. LUIGI

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alla Gioia” di Beethoven, inno dell’UnioneEuropea. Il valore, non solo simbolico, diquesto gemellaggio, è stato ribadito daidirettori di ogni nazione: “La musica è unlinguaggio universale che può solo uni-re, e l’Europa di domani si costruisce frai giovani: giovani della Spagna, dell’Italia,della Francia… e si fa con piccole cosecome questa. Ci unisce la musica. Os-servate la fortuna che avete, siete qui permigliorare, per lavorare con entusiasmo,

per crescere”.

Un’esperienza carica di entusiasmo edemozione che ha portato alla nascita diamicizie basate su interessi comuni e re-ciproco rispetto, sancito con uno scam-bio di regali e la promessa di continuare aportare avanti un simile progetto perchémolto importante per la crescita dei nostriragazzi. La Scuola S. Luigi è davvero fi e-ra di aver rappresentato l’Italia e la nostra

città in questa importante Europe Week.

Prof.ssa Dora Meroni

qui A Scuola

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qui A Scuola

ALLARGARE LO SGUARDOIncontri col Volontariato alla Scuola San Luigi

L’appuntamento con il mondo del Volonta-riato e le sue mille sfaccettature è consi-derato un evento imperdibile dagli alunni

e dai docenti della Scuola Secondaria di PrimoGrado. Nella giornata di sabato 17 marzo i ra-gazzi, sotto lo sguardo attento dei professori,hanno avuto modo di incontrare persone attivenel prodigarsi per gli altri in Italia e nel mondo.Aiuti diversi, perché diverse sono le necessitàdei singoli e delle famiglie. Per questo le clas-si prime e seconde hanno incontrato la signo-ra Clara Broggi responsabile della FondazioneAVSI, che si occupa di missioni educative in tut-to il mondo; la volontaria ha raccontato loro leiniziative intraprese dalla fondazione, soprattut-to in Uganda: una scuola, una casa di accoglien-za per i tantissimi bambini orfani e un’altra per ledonne malate di HIV che, senza il loro sostegno,rischierebbero di vivere in condizioni terribili.Inoltre, la fondazione si occupa anche di soste-gno a distanza, sempre fondamentale, che con-sente a noi, persone molto fortunate, di aiutarechi, senza colpa, vive in assoluta indigenza. Tut-ti sono rimasti davvero colpiti e hanno sentito ilvivo desiderio di scrivere ai bimbi ugandesi, che

hanno risposto entusiasti. Un piccolo fi lo che collega due mondi e due realtà tanto diff erenti e che riavvicina i nostri ragazzi alla consapevo-lezza che sono non solo molto fortunati, ma chespesso dimenticano le cose davvero importanti.I ragazzi di terza invece hanno vissuto diretta-mente l’esperienza della disabilità incontrandoil signor Carlo Chelini che ha prima raccontatoe poi fatto sperimentare loro come si aff rontano la quotidianità e il mondo ancora ostacolato datroppe barriere architettoniche, senza perdere lagioia di vivere pienamente la vita, pur essendocostretto sulla sedia a rotelle. Il loro contatto conla disabilità è proseguito successivamente conil “Dialogo nel buio”, presso l’Istituto dei Ciechidi Milano, dove hanno aff rontato un percorso attraverso diversi ambienti ricostruiti perfetta-mente, ma completamente avvolti dall’oscurità.La risposta degli studenti è stata molto positivae sono stati capaci di rifl ettere su loro stessi e sugli altri, su ciò che si ha e ciò che manca e,soprattutto, sul fatto che una vita piena è fatta disguardi rivolti intorno a sé e di azioni di aiuto erispetto verso chi ha bisogno.

Prof.ssa Dora Meroni

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Stagione teatraleGiovedì 3 maggio 2018

HORNYCon Antonio Ornano

Chi è Horny?Horny è il soprannome di Antonio Ornano, unuomo adulto che ancora deve capire cosa siaspetta dalla vita. Horny è un inno all’incom-piutezza emotiva e sentimentale del maschio“adulto”, un’ode all’imperfezione che, in chiavecomica, si propone di squarciare l’ipocrisia diuna società che ci vorrebbe sempre infallibili edi successo. Ed è così che prenderanno vocemolti pensieri intimi e alle volte inconfessabili.L’importanza del rock e di Bruce Springsteen nel complesso processo di crescita e formazio-ne del protagonista, le sue prime pulsioni sessuali, il ruolo salvifi co delle piccole menzogne intuitive e rifl essive nel rapporto con la moglie Crostatina, il sesso matrimoniale dopo l’avvento dei fi gli, i viaggi in traghetto con tutta la famiglia, le proiezioni erotiche sulle mamme dell’asilo e molte altre. Ma si proverà anche a rifl ettere su come ci vediamo proiettati nella terza età e su come un immaginario collettivo inzuppato di luoghi comuni spesso condizioni il nostro ap-proccio all’omosessualità e, in generale, a tutto quello che erroneamente reputiamo diverso,ma che semplicemente abbiamo paura di conoscere.

qui Nel tempo libero

CINETEATRO ITALIA

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La Bibbia ne parla solo in Giosuè 15,13-20 ein Giudici 1,8-15. Quel che dice la Bibbia diAcsa è tutto qui, in pochi versetti! E allora

perché parlarne, visto che è una fi gura minore rispetto ad altre ben più famose? Ho messo nelsottotitolo il motivo che mi ha spinto a descriverviAcsa: la sua audacia nella preghiera. Forse puòessere di stimolo anche a per noi, per impararea “osare” con Dio. Per parlarne meglio, facciamoprima conoscenza della sua famiglia e del conte-sto in cui è vissuta.

CALEB, IL PADRECaleb (il cui nome signifi ca: uomo di cuore, forte, virtuoso), della tribù di Giuda, era nato durantela schiavitù in Egitto e aveva vissuto il momentodella fuga e del passaggio del Mar Rosso. Ami-co e compagno di Giosuè, è tra quelli che Mosèinvia a esplorare la terra di Canaan, la Terra Pro-messa, all’indomani dell’uscita del popolo dall’E-gitto. E, mentre gli altri esploratori screditano ilpaese esplorato seminando ribellione e paura,Caleb e Giosuè ne decantano la bontà e la bel-lezza, e tentano di riportare su Dio l’attenzionedel popolo. Ma Israele non ascoltò (vedi Numeri14,26-32) e fu costretto a peregrinare nel deser-to per 40 anni; tutti gli esploratori morirono adeccezione di Caleb e Giosuè. Furono anni duri –

40 anni vagando nel deserto – ma Caleb, giornodopo giorno, restò fedele a Dio, attendendo conpazienza e fi ducia la realizzazione delle sue pro-messe. Per cui di Caleb Dio stesso dirà: “Il mioservo Caleb… che mi ha seguito fedelmente, iolo introdurrò nella terra dove è già stato; la suastirpe la possederà” (Numeri 14,24). Acsa appar-tiene a questa stirpe.E venne il giorno in cui fu necessario combattereper conquistare la Terra Promessa. E dopo chequasi tutto il territorio fu sottoposto a Israele pro-prio sotto la guida di Caleb, egli rivendica la suaparte che gli viene assegnata: si tratta di Ebron,città costruita nel 1730 a.C., luogo in cui furonosepolti Sara e i patriarchi, patria degli Anachiti,una tribù di giganti (Numeri 13,33; Deuteronomio9,2). Città che poi fu la capitale del Regno di Giu-da durante i primi 7 anni del re Davide.Se a 40 anni Caleb, assieme a Giosuè ebbe ilcoraggio (purtroppo inascoltato) di ricordare alpopolo la promessa di Dio, a 85 anni ebbe an-cora la forza e il coraggio di esortare i giovani aconquistare ciò che Dio aveva loro promesso. ECaleb disse: «A chi colpirà Kiriat-Sefer e la pren-derà, io darò in moglie mia fi glia Acsa» (Giosuè15,16).La città oggetto della sfi da e da conquistare è Kiriat-Sefer, anche detta Debir, la “città di un li-bro”, “la città dell’intendimento” o “città degli scrit-ti”. Forse era una città di studi e di cultura deiCananei, o forse vi si trovavano i libri con le cro-nache della nazione; quindi è per una città cosìimportante che Caleb pensa di mettere in paliosua fi glia.

OTNIEL, IL MARITOAlla proposta di Caleb risponde un nipote, Otniel,il cui nome signifi ca “Dio è potente” oppure “la mia forza è Dio”. Era un giovane coraggioso epieno di fede nel Dio di Israele, e si gettò allaconquista della città che divenne territorio dellatribù di Giuda.

qui la Parola

ACSA FIGLIA DI CALEB,MOGLIE DI OTNIEL

L’audacia nella preghiera

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Ma alla morte di Giosuè il popolo, invece di con-tinuare nella conquista di parte del paese ancorain possesso dei Cananei, ne sposò i fi gli e le fi -glie, e cominciò a servire i loro dei: Baal e Astar-te. Ancora una volta Dio interviene duramentecon Israele e lo mette per otto anni nelle manidi Cusman–Rismmathaim, re babilonese il cuinome signifi ca “doppia malvagità”. Non sappia-mo altro di questo re, ma solo che Dio se ne èservito per risvegliare il suo popolo.A questo punto interviene Otniel, che era rimastofedele al Signore: dopo aver combattuto per ave-re in moglie Acsa, si mette alla testa del popoloper combattere nuovamente: e Dio mette il re ba-bilonese nelle sue mani. Otniel divenne giudicedi Israele, il primo dopo la morte di Giosuè.

ACSAE fi nalmente arriviamo a lei. Abbiamo visto come Otniel ne ottiene la mano. Ma la conquista dellacittà comportava la rinuncia all’abituale dono delmarito per la famiglia della ragazza.Quello è un momento delicato per Israele, gio-vane nazione appena costituita: Canaan, la terrapromessa, viene spartita tra i fi gli di Israele, e Giosuè e Caleb sono impegnati ad assegnare idiversi lotti. Acsa ne avrà certamente sentito par-lare in casa, perché c’era di mezzo il futuro didiverse tribù e tutti facevano riferimento a dirittiacquisiti da promesse fatte fi n dai tempi di Gia-cobbe sul letto di morte (Gen 47-50). Un momen-to delicato, abbiamo detto, ma anche felice, per-ché fi nalmente Israele poteva vivere stabilmente in un luogo, in pace, costruendo, coltivando, fa-cendo progetti per il futuro.Anche Acsa, pur essendo donna e quindi nonavendo diritti all’eredità, vuole la sua parte. Suopadre e suo marito hanno partecipato in pienoalla conquista di quella terra ed ella vuole uncampo di proprietà, dove stabilirsi e crescere lasua famiglia: una eredità che ha molto valore aisuoi occhi. Otniel ha già avuto “lei”, il premio pre-visto per la conquista della città; e non potreb-be chiedere altro, ma lei lo convince a lasciarlechiedere un campo a suo padre. E oltre al cam-po, chiede delle sorgenti, visto che quel campoè arido. Una terra senz’acqua non ha futuro; ècome una famiglia senza fi gli. Può sembrare una donna avida questa Acsa, ma il suo cuore nonpuò rassegnarsi a essere senza benedizioni; èavida delle benedizioni di Dio.

“Ora, mentre andava dal marito, ella lo convin-se a chiedere a suo padre un campo. Scesedall’asino e Caleb le disse: Che hai? Ella rispo-se: Concedimi un favore; poiché tu mi hai datouna terra arida, dammi anche qualche sorgented’acqua” (Giosuè 13,18-19). Acsa sa andare ol-tre la vita quotidiana: non perde di vista il futuroda costruire: cioè volere con tutto il cuore unaparte all’eredità che Dio fi n dalla fondazione del mondo ha preparato per chiunque crede in Lui. ECaleb le donerà più di quello che ha domandato:le sorgenti superiori e quelle inferiori.

AUDACIA NELLA PREGHIERAOccorre averla quando si rischia l’aridità dellavita e dell’amore. Acsa ha la stessa fede di suopadre. Proprio come lui è perseverante e auda-ce; infatti incita suo marito a chiedere un campoa suo padre, quando Otniel ha già ottenuto il pre-mio previsto per la presa della città.L’audacia nella preghiera è una delle caratteristi-che della Bibbia, anzi di Gesù stesso, che invitaanche noi a non stancarsi nella preghiera davantia Dio: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e tro-verete, bussate e vi sarà aperto… Il Padre daràlo Spirito Santo a quelli che lo chiedono” (Luca11,9-13).Rischiamo spesso di stare anni girando e rigi-rando su posizioni vecchie, non progredendospiritualmente, lamentandoci che non si attuanoi progetti del nostro cuore. Non si esce però dalladepressione e dalla scontentezza piangendo suse stessi. Chi intuisce il futuro di Dio per sé, deveavere l’audacia della preghiera.Acsa chiede delle sorgenti, visto che il suo cam-po è arido. Noi, davanti alla aridità della nostravita quotidiana, chiediamo a nostro Padre “lesorgenti dell’acqua”? Cioè la Parola che è luceai nostri passi; lo Spirito Santo che è la forza diDio e ci tiene vivi nella nostra vita di fi gli; la se-renità del cuore insieme con il coraggio di nonrassegnarci al male e ai limiti che tengono sterilela nostra vita cristiana… O ci accontentiamo diquella terra arida che è spesso il nostro cuore, ilnostro quotidiano?Canta il Salmo 21: “Tu hai esaudito il desideriodel suo cuore, non ha respinto la richiesta dellesue labbra: vita ti ha chiesto, a lei l’hai concessa,lunghi giorni in eterno, per sempre”.

p. Tullio

qui la Parola

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Il ritrovamento archeologico di un’’estesanecropoli gallo-romana scoperta casual-mente in Castellazzo nell’ottobre del 1873,

al pari di quella scoperta a Garbagnate nel1885, non solo dimostra che Castellazzoera abitata sin dall’antichità, ma documen-ta aspetti della quotidianità dei suoi abitan-ti gallo-romani; le abbondanti suppellettili divario tipo, gli utensili e gli strumenti di difesa,ritrovati insieme a monili vari, testimonianoun modello di vita non privo di una certa agia-tezza. Oltre alle necropoli, i gallo-romani cihanno però lasciato qualcosa di veramenteimportante, qualcosa che oggi vive e pulsapiù che mai: le grandi strade, che per i ro-mani erano, come si direbbe oggi, di impor-tanza strategica, un lascito non riscontrabilein nessun’altra antica civiltà. A una di questegrandi vie di comunicazione è legata la storiadi Castellazzo e anche di tanti altre località esiti a noi familiari.Castellazzo era attraversata dalla strada cheda Milano conduceva a Bellinzona e, attra-verso il passo del Lucomagno, metteva incomunicazione Milano con l’Europa: l’anticaVarexina. La strada fu costruita nel III secolod.C. per rispondere alla necessità di traspor-tare su carro le merci, quando per le pieneo per la siccità non era possibile il trasportocon le barche sul Ticino; essa era altrettantoimportante dal punto di vista militare, perchémetteva in comunicazione Milano con Si-brium, che noi oggi conosciamo come CastelSeprio, castrum romano e grande centro po-

litico-militare. Nel medioevo la strada costitu-iva anche uno degli itinerari dei pellegrini cheerano diretti in Terra Santa: era praticamented’obbligo se si voleva transitare da Milano.Nell’XI e XII secolo, con le Crociate, i pelle-grini aumentarono enormemente e, come av-venne in tutta l’Europa cristiana, anche nellaPieve di Bollate, sotto la giurisdizione dei variprevosti, sorsero ospedali lungo le due im-portanti arterie che l’attraversavano. Lungo lastrada per Bellinzona, appunto la Varesina,sorse lo “Hospitallis domine Sancte Aghathede Bollate”, che fu affi dato ad un’apposita confraternita e che sostituì l’antico “Hospita-tum” di epoca romana, già noto sin dall’an-no 839, e da cui derivò il nome di Ospiate.Un secondo ospedale sorse a Santa MariaRossa, ma di esso non abbiamo memoriané archeologica né in alcun toponimo corre-lato. I traffi ci che si svolgevano sulla strada romana, diretti da e per Milano, obbligavano

Ci siamo mossi poco fuori dai confi ni del nostro territorio comunale per raggiungere un piccolo

borgo al quale tutti i garbagnatesi sono particolarmente aff ezionati: il Castellazzo, un borgo anti-

camente chiamato Villa Franca, ricco, anzi ricchissimo di storia, che abbiamo iniziato a raccontare

nella precedente edizione, attingendo alle tante informazioni racchiuse in un bellissimo libro di

recente pubblicazione dal titolo “Castellazzo: Parrocchia e Borgo”. Anche noi garbagnatesi, parte

di queste aff ascinanti terre di Groane, scopriremo nel racconto tante cose interessanti.

IL CASTELLAZZO (seconda parte)

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

Il Castellazzo (pianta del complesso)

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al passaggio per il territorio comunale di Bol-late, per un ponte in Ospiate con cui la stradasuperava il torrente Nirone; tale transito ob-bligato costituiva inoltre un fattore di tale rile-vanza, sia civile sia economica, che la Pievedi Bollate assunse il titolo di “in strata”. Lastrada era uffi cialmente denominata “Strata de Bolate”, come conferma un “instrumentumconfessionis”, del 1280. II nome di “Strata deBola” venne riconfermato negli “Statuti dellestrade ed acque del Contado di Milano”, ste-si nel 1346 sotto la signoria dell’ArcivescovoGiovanni Visconti, allo scopo di regolamenta-re l’uso dell’acqua dei torrenti e la manuten-zione delle strade, assegnando a Villa Fran-ca una quota per la ripartizione delle spesedi manutenzione. La gente, però, usava pocoquel termine burocratico, ma veniva sempli-cemente chiamata “Strata Varesina”, come sideduce da un documento del 1382, nel qualeun messo pubblico aff ermava di aver casual-mente incontrato in Bollate il canonico di SanMartino sulla “strata publica appellatur stratavaresina”. Per l’amministrazione dello statoil nome di “Strata de Bolà” rimase però im-mutato, così come il suo secolare tracciato;il percorso, infatti, restò sostanzialmente in-variato fi no al 1777, quando, con l’attuazione del piano stradale voluto dall’imperatrice Ma-ria Teresa d’Austria, la strada venne spostatapiù ad occidente.L’antica strada romana fu percorsa nei secolidai barbari e da eserciti di ogni tipo e prove-nienza; anche quando questi non erano ne-mici, non sapevano resistere alla tentazionedel saccheggio. A testimonianza di questo,ad esempio, in data 2 Gennaio 1530, (era iltempo delle guerre tra i francesi di FrancescoI e gli imperiali spagnoli di Carlo V), il monacoGiacomo Stella, rettore di San Martino in Vil-lapizzone, comune attraversato dalla “Stratade Bolà”, lasciò scritto: «La Parochia di Vil-lapizzone ha soff erto tante crisi per ragione delle guerre, fu da Spagnuoli abbruciato l’ar-chivio et casa Parochiale et più della metàdel paese situato sulla strada».Attorno all’ipotetica stazione di cambio dei

cavalli, posta all’ottavo miglio della stradaromana, si sarebbe poi sviluppato quel villag-gio di boscaioli, di cui c’è traccia in un anti-co documento risalente al giugno dell’anno912, forse il più antico nel quale possiamotrovare menzione delle Groane. Questi nu-clei rurali formavano il villaggio i cui abitanti,prima Galli, poi Romani e dopo Goti e Lon-gobardi, svolgevano attività di coltivazioni dicastagneti e di “stallareis”. Parlando di “silvisstallareis”, si deve pensare a piantagione dialberi, che venivano lavorati con le attrezza-ture presenti nel villaggio e poi commercia-lizzati. Non va inoltre dimenticato che nelleselve si allevavano i porci allo stato brado,le cui carni nell’Alto Medioevo furono la basedel sostentamento di tutti gli europei: pensa-te che il guardiano di porci era ritenuto piùimportante del contadino. Addirittura l’anticonome di Milano, “Medio-lanum”, secondo isanti vescovi Sidonio Apollinare e Isidoro diSiviglia, deriverebbe da quelle scrofe copertesolo per metà da folta lana, animali oramaiestinti perché sostituiti con i maiali rosa ame-ricani.Abbiamo cosi scoperto la ragione forse de-terminante dell’insediamento dei suoi primiabitanti, la notizia storica certa dell’esistenzadi Castellazzo, appare però solo verso la fi ne del XII secolo sotto l’antica denominazione di“Villa Francha” . (continua)

Giorgio Montrasi

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

Strada romana nei boschi

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1 - La Veglia Quaresimale del 23 marzo,con il ricordo dei Martiri Missionari, hasegnato per tutta la Comunità Pastoralel’inizio delle celebrazioni in preparazio-ne alla S. Pasqua.

2 - La domenica delle Palme, il 25 mar-zo, con la processione degli ulivi, dalSantuario alla Basilica.

3 - Giovedì 29 la celebrazione del giove-dì santo con la lavanda dei piedi.

4 - Venerdì 30 la Via Crucis in Basilicaper tutte le parrocchie della città.

5 e 6 - La Veglia Pasquale di sabato 31,con la benedizione dell’acqua e del fuo-co, ha concluso questo tempo forte.

I RITI PASQUALI

qui Nelle Parrocchie SS. Eusebio eMaccabei

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qui Nelle Parrocchie SS. Eusebio eMaccabei

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“Papà sei speciale e sei il migliore che cisia!”. Questo è stato il grido che i bimbi dellascuola dell’infanzia Giovanni XXIII di Bariana,hanno rivolto ai loro papà dal piccolo palcodell’oratorio.Con le loro maestre e la coordinatriceAdriana,i piccoli alunni hanno cantato e ballato, conallegria hanno fatto gli auguri a tutti i papà.Poi, solo i bimbi più grandi, che frequentanol’ultimo anno della scuola, hanno presentatoun piccolo spettacolo: i maschietti, con tantodi elegante cravatta, hanno fi nto di essere dei

papà che, davanti alle femminucce, hannodimostrato la loro forza con giochi, la loro abi-lità come giocolieri e alla fi ne si sono dimo-strati davvero dei super papà, proprio comegli “originali”, presenti in sala con mamme,nonni e fratelli.Dopo questi auguri così speciali e allegri, ilpomeriggio di festa, ben riuscito nonostantela pioggia, si è concluso con una gustosa me-renda.

Andrea Fregi

S. GiuseppeArtigianoqui Nelle Parrocchie

AUGURI SPECIALI A TUTTII PAPÀ: I BIMBI DI BARIANAFESTEGGIANO CON CANTI

E BALLI

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S. GiuseppeArtigianoqui Nelle Parrocchie

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Un lungo sabato trascorso insieme, pa-dre e fi glio, all’’insegna del divertimen-to. Questa è stata la “festa del papà”

che, a Santa Maria Rossa, hanno organizza-to insieme oratorio e scuola dell’infanzia Ca-bella: il pomeriggio è iniziato con un labora-torio di aeroplanini di carta, ma del tutto spe-ciale. A spiegare questa piccola arte, infatti,era presente un giovane ingegnere, che haillustrato ai papà e bambini presenti le diff e-renti tecniche per far volare al meglio la carta.Al termine, tutti i papà e gli alunni della scuolaCabella si sono ritrovati nel salone per un pic-colo torneo: divisi in due squadre, le coppiedi padre-fi glio si sono sfi date in grandi “clas-sici” come il gioco delle sedie, percorso adostacoli da aff rontare bendati ma guidati dalla voce del proprio bambino, twister gigante e lastaff etta da aff rontare con una pallina in equi-librio su un cucchiaio.

Nessun premio in palio, solo tante risate, di-vertimento e un pomeriggio insieme in gran-de allegria.Per chiudere il pomeriggio di festa, niente dimeglio che una grande cena insieme, allaquale sono stati invitati anche mamme, nonnie fratelli. Più di cento i commensali a tavola,tra grandi e piccini, che hanno, con gusto, ap-prezzato il menù dei cuochi: polenta e spez-zatino, assaggi di formaggi; per i più piccolipasta al pomodoro e cotoletta con patatine eper concludere crostata, caff è e amaro.Una festa che ha visto compiersi i tratti piùimportanti che si possono incontrare in unaparrocchia: due parti di una comunità, orato-rio e scuola, che collaborano per organizzareal meglio un pomeriggio insieme, famiglie riu-nite in allegria e bimbi con grandi sorrisi.

Andrea Fregi

qui Nelle Parrocchie Santa MariaNascente

ORATORIO E SCUOLACABELLA INSIEME PER

LA FESTA DEL PAPÀ

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Il settore turistico del Circolo Acli “CarloCastiglioni” di Garbagnate Milanese, oltreai soggiorni a Ischia dal 3 al 17 maggio e a

Paestum dall’11 al 21 giugno e alle vacanze estivea Torre Navarrese in Sardegna dal 12 al 26 luglio,propone un viaggio di cinque giorni, da giovedì 1a lunedì 5 giugno, nel cuore dell’Abruzzo. La metail Parco Nazionale con i laghi di Scanno e VillettaBarrea, la “Riserva integrale” della Camosciara, ei borghi di Pescocostanzo, Anversa degli Abruzzi,Introdacqua, Pettorano sul Gizio e Pacentro, chesono considerati tra i più belli d’Italia. Il viaggiosarà eff ettuato in pullman Gran Turismo e lungo il percorso prevede, sia all’andata sia al ritorno, unasosta per il pranzo in ristorante.Venerdì 2 giugno, dopo la prima colazionenell’albergo in cui si è pernottato, si raggiungeràCivitella Alfedena, “centro pilota del parco evalido esempio di sviluppo dell’ecoturismo”,dove si visiteranno il centro storico, il Museo delLupo e l’area faunistica della Lince e del Lupo. Siproseguirà quindi per Villetta Barrea, caratteristicoborgo nel cuore dell’Appennino abruzzese,territorio amato già dall’antico popolo dei Sanniti.La località è considerata “una spettacolare fi nestra sulla natura verde del Parco Nazionale d’Abruzzo,tra le incontaminate vette dei monti e l’azzurro dellago”, nonché “centro di soggiorno ideale per ilturismo naturalistico”. Ci si sposterà poi a Scarno,che conserva ancora intatti usi e costumi dellatradizione abruzzese, di cui si visiteranno il centrostorico con interessanti monumenti tra i quali lachiesa parrocchiale di Santa Maria della Valle.

Sabato 3 sarà dedicato, nella mattina, alla visitaguidata della Riserva integrale della Camosciara,della Cascata delle Ninfe e delle Tre Cannelle,raggiungibili in trenino, e, nel pomeriggio, al borgodi Pescocostanzo, defi nito “città lombarda” perché costruito da maestranze del Nord e ricco di tesorid’arte e bellezze naturali.Il programma del viaggio proseguirà quindi,domenica 4, con la visita con la visita ai borghidi Anversa degli Abruzzi, Pettorano sul Gizio,Introdacqua e Pacentro. Anversa è inseritanell’esclusivo Club dei “Borghi più belli d’Italia” edal 2002 fa parte del Parco letterario “GabrieleD’Annunzio” e si raggiunge attraversando leGole del Sagittario, un profondo canyon scavatonel corso di millenni dal fi ume omonimo; il suo centro storico, con i resti del Castello Normanno,è delimitato da una cinta esterna di case costruiteper lo più su dirupi. Introdacqua, antico borgo diorigine medievale immerso nel verde di boschi epinete, contiene interessanti monumenti quali ilPalazzo Trasmondi del quindicesimo secolo, lachiesa della SS. Annunziata con campanile in stileromanico e la chiesa della SS. Trinità. Pettoranosul Gizio rappresenta l’unico caso di centro urbanoinserito in una riserva naturale, mentre il borgodi Pacentro è arroccato sulle pendici del MonteMorrone ed è dominato dalle torri del CastelloCaldora-Cantelmo.Le adesioni al viaggio si ricevono presso la sededel Circolo Acli il mercoledì dalle 9,30 alle 12 e ilvenerdì dalle 15,30 alle 17,30.

Vincenzo Quartu

ACLI

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Luigi GarlandoPER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNIDa un padre a un fi glio il racconto della vita di Giovanni Falcone

Pag. 154

€ 11,50

Ed. BUR Biblioteca Universale Rizzoli - Collana Burextra

Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo comple-anno, il papà gli regala una gita attraverso la città, per spiegarglicome mai, di tutti i nomi possibili, per lui è stato scelto proprio

Giovanni. Tappa dopo tappa, nel racconto prendono vita i momenti chiave della storia diGiovanni Falcone, il suo impegno, le vittorie e le sconfi tte, l’epilogo. Giovanni scopre che il papà non parla di cose astratte: la mafi a c’è anche a scuola, la mafi a è una nemica da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi.

Papa FrancescoDIO È GIOVANE

Pag. 122

€ 15,00

Ed. Piemme – Marzo 2018

«Dio è giovane, è sempre nuovo». Testimoniando un Dio nonsolo Padre (e Madre, come già aveva rilevato Giovanni PaoloI), ma anche Figlio, e per questo Fratello, il messaggio di libe-razione di papa Francesco attraversa il presente e disegna ilfuturo, per rinnovare davvero le nostre società. Con le Sue me-morabili parole, il pontefi ce rivendica per le giovani generazioni una centralità, le indica come protagoniste della storia comune,sottraendole dai margini in cui troppo a lungo sono state relega-te: i grandi scartati del nostro tempo inquieto sono in realtà “della stessa pasta” di Dio, leloro migliori caratteristiche sono le Sue, e solo costruendo un ponte tra anziani e giovanisarà possibile dar vita a quella rivoluzione della tenerezza di cui abbiamo tutti profonda-mente bisogno. Nel dialogo coraggioso, intimo e diretto con Thomas Leoncini, Francescosi rivolge non solo ai giovani di tutto il mondo, dentro e fuori la Chiesa, ma anche a tuttiquegli adulti che, a vario titolo, hanno un ruolo educativo e di guida nella famiglia, nelleparrocchie e nelle diocesi, nella scuola, nel mondo del lavoro, nell’associazionismo, nel-le istituzioni più diverse. Le Sue rifl essioni aff rontano con forza, saggezza e passione i grandi temi dell’oggi – da quelli più intimi a quelli maggiormente legati alla sfera sociale epubblica – mescolando ricordi personali, annotazioni teologiche e considerazioni puntualie profetiche, senza sottrarsi a nessuna sfi da della contemporaneità. Queste pagine pro-fumano di avvenire e di speranza e...

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ROBERTO CANINI(1950 – 2018)

La vita si fa largo…Questa frase ci ha aiutato negliultimi tempi ad andare avanti e asopportare il dolore.Papà ha lottato tanto per arrivarea conoscere la sua piccola Ra-chele Stella e a provare la gioiadi essere nonno.In questo anno ha combattutonella fede, aff rontando la batta-glia giorno per giorno, dando anoi la forza di non abbatterci.È stato, come per tutta la suavita, un esempio di entusiasmo,di amore incondizionato verso lasua famiglia… ed è così che ciha lasciato: circondato dall’aff et-to della sua colonna portante, lasua Mariagrazia, dei suoi amatifi gli e delle loro famiglie, degli adorati nipoti e cognati.Aiutateci a ricordarlo così, senzarabbia né rancore per la prema-tura scomparsa.Ricordate e raccontate alla pic-cola Rachele che persona mera-vigliosa fosse il nonno.E noi sorrideremo ripensando ai pranzi della domenica, alle passeggiate in monta-gna, alle foto di famiglia. Nel nostro cuore sarà sempre seduto sulla sua poltrona, conil suo sguardo silenzioso, ma attento.Grazie per l’aff etto che ci avete dimostrato.

La famiglia

Roberto, parlare di te è facile e nel contempo diffi cile. Facile perché si possono dire tante cose, diffi cile perché è complicato mettere ordine nei mille pensieri e mille ricor-di che aff ollano la mia mente.Abbiamo trascorso dieci anni e più insieme, da quando nel lontano ottobre 2007, in

RICORDATI, SIGNORE,

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una riunione in casa parrocchiale, abbiamo aderito all’idea di formare un gruppo edare nuova energia alla nostra Caritas parrocchiale, diventata poi, nel tempo, CaritasCittadina. Alle riunioni sei stato sempre presente e hai dato comunque il tuo contribu-to con idee, generosità e discussioni, talvolta anche animate, ma sempre costruttive.Al richiamo del card. Tettamanzi, per la realizzazione del Fondo Famiglia Lavoro, tuc’eri; alla organizzazione e realizzazione dell’Emporio della Solidarietà, tu c’eri; allaristrutturazione e preparazione dell’appartamento per l’accoglienza dei due giovaniprofughi, tu c’eri; alle raccolte straordinarie di viveri e vestiario eri sempre presen-te; agli incontri con i ragazzi delle scuole medie hai sempre saputo spiegare, conchiarezza, il signifi cato di solidarietà e comunicare gli obiettivi profondi della Caritas, come Organismo Pastorale. Non ti sei mai risparmiato, anche quando la malattiacominciava a non darti tregua.Al Centro d’Ascolto hai sempre accolto tutti e ascoltato con empatia le soff erenze delle persone che chiedevano aiuto. A tutte cercavi di dare consigli e indicazioni per lasoluzione del problema e ricordo come ti rattristavi quando non riuscivi a trovare unasoluzione o quando, per forza maggiore bisognava dire qualche “no”.GRAZIE Roberto, GRAZIE da tutti noi, per tutto quello che hai fatto e per l’esempioche ci hai dato. Ora che sei vicino al Padre, prega perché noi operatori, nel tuo ricor-do, possiamo continuare ad operare nella CARITÀ.

Antonietta

DEL NOSTRO FRATELLO

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