Nuova Provincia Elisabetta Brizio, IL MIELE DEL SILENZIO

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LUNED 29 AGO STO 2011

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Elisabetta Brizio, "IL MIELE DEL SILENZIO. NOTE SU UNA ANTOLOGIA DI GIOVANI POETI ITALIANI CONTEMPORANEI"

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Il miele del silenzio. Antologia della giovane poesia italiana, a cura di Giancarlo Pontiggia, Interlinea, Novara 2009, pp. 198, euro 24.

amante (1) amore (1) amore e lontananza (1) amore e morte (1)

Il notevolissimo volume Il miele del silenzio, splendidamente introdotto e curato da Giancarlo Pontiggia, costituisce una preziosa (anche se certo non definitiva, senza pretesa di assolutezza, di dittatura estetica, di valore canonico, esclusivo, egemonico) antologia della giovane poesia italiana contemporanea. Per quanto sia stato sottolineato, anche di recente, il carattere estremamente arduo, quasi proibitivo di ogni antologia (sorta, di per s, di complexio oppositorum, di materiale prossimit e coesistenza, in uno stesso spazio, di voci e tendenze in varia misura diverse e distinte, di un impossibile amalgama di paradigmi che richiederebbe un intervento di carattere contrastivo), specie qualora cerchi di canonizzare, di sistematizzare, in qualche modo di museificare una realt multiforme e proteiforme come quella

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del presente, le antologie restano documenti e testimonianze rilevanti si pensi alla celebre Parola innamorata, curata dallo stesso Pontiggia, che segn un ritorno al mito e al lirismo dopo le devastazioni, i roghi forse per certi aspetti purificatori, dellavanguardia. Tanto nella prefazione, quanto nelle presentazioni dei singoli autori, Pontiggia animato da un intendimento preciso, inflessibile, pone risolutamente dei termini per una demarcazione, non certo di marca crociana, che identifichi la poesia distinguendola da una pura emissione di parole graficamente distinguentisi dalla prosa, postula indirettamente un ridimensionamento dellattuale e quanto mai proliferante e affollato scenario poetico, talora, si aggiunga e la circostanza sotto gli occhi di tutti dispersivo, fatto di fraudolenti trasecolamenti e di contraffazioni, ovvero rumoroso, tendenziale, ostinatamente fuori degli schemi, declassante, ungarettistico (nel senso indicato da Umberto Eco parecchi anni or sono). Poesia, dice Pontiggia, riattualizzare i maestri del passato e non vanificarne la memoria. In altri termini, Pontiggia valorizza quelle categorie estetiche tendenti di per s a tradursi, in senso lato, in categorie etiche che ispirano la scelta di una veste formale come operazione in certo modo inevitabilmente archeologica, eppure mutante e dialogante con il presente: quali la prevalenza del senso e lattinenza a strutture tradizionali su un ormai sterile e obsoleto deicere eufemizzato come sperimentalismo, la riabilitazione del valore della poesia come attivit non accessoria, ma sostanziale, che si commisuri con lo spessore, le geometrie e le euritmie della tradizione mentre ne opera la dinamizzazione nellatto del versificare, contribuendo, a posteriori, a renderla avrebbe detto Remo Pagnanelli memorabile senza per questo apparire una remotissima eco del passato o rendersi una statica riproduzione delle forme, e insieme ponendo s stessa, in quanto poesia nuova, poesia doggi, entro il solco di archetipi riconoscibili, nei quali tanto il nuovo quanto lantico, e anzi lantico attraverso il nuovo, e viceversa, si rispecchiano, si riconoscono, si inverano, secondo quel moto uno e duplice, progressivoregressivo, di avanzamento e ritorno (la mtrique absolue di Mallarm) che scandisce il singolo testo poetico, nella sua tessitura versale, non meno che lo stesso divenire storico, e metastorico, del fare poetico. Sono affermati, in questa antologia, la leggibilit e non il sovvertimento dei canoni, il rifiuto dellessoterismo inteso come esibizione e spettacolarizzazione, dellaccostamento gratuito e forzatamente trasgressivo, dellinfrazione come regola, spessissimo adottata per necessit (anche perch troppo spesso sorge il sospetto che si ignori il fondamento delle regole

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prosodiche, che non si abbia nelle orecchie quello che il secondo Ungaretti, quello composto e classico di Sentimento del tempo, chiamava il canto italiano), insomma una classicit non classicistica e il suo valore di influenza che paiono ancora essere il solo luogo di consistenza possibile, di comune appartenenza poetica, di incontro tra un passato sempre vivo e un presente che assiduamente, diceva Dante, sinfutura. Coerentemente a queste istanze, sfilano in Il miele del silenzio i diciotto autori antologizzati (classe 1970 in avanti), dagli stili e dagli etimi diseguali, dalle diversissime attitudini a soggettivarsi, il cui lavoro, per cos dire, di ortodossia in progress, bench non sia certo lunico possibile e legittimo, senza dubbio degno di estrema attenzione. E soprattutto pienamente appaga le nostre aspettative di novit, novit che, dice Pontiggia, tale solo nella misura in cui in relazione allesistenza e allaffioramento, metatestualmente assimilato, di una grandezza passata. Ecco, allora, loro, le terse e scintillanti contemplazioni, tese alleterno, di Maurizio Marota, lonnipresente miracolo della vita in ogni luogo e in ogni tempo; lo stile pi teso, frammentato, plurilinguistico, di Roberta Bertozzi, che si misura con gli orrori della storia, con il peso del passato; il lirismo prezioso, essenziale e profondo, di ascendenza luziana, eppure prossimo alla naturalit e alla maternit, semplici e miracolose, del creato, di Daniele Piccini; lacceso e palpitante canzoniere amoroso, fresco e spontaneo senza leziosit, forte di una naturalezza raggiunta con lungo travaglio meditativo e creativo, di Isabella Leardini; lepos, lieve e potente come una bracciata, delle nuotatrici olimpioniche della Germania Est, anelanti a una purezza esistenziale anteriore a ogni istituzione e a ogni divisione, cantato da Vincenzo Frungillo; lassidua riflessione metapoetica, quasi magrelliana, tesa fino al bianco, al silenzio, al nondetto, alla stasi dellaurora creaturale, di Francesco Filia; il lirismo naturalistico ed elegiaco, tutto pervaso dal costante, ciclico ritorno al bosco dellinfanzia, alla Hyle, alla materiaselva feconda e originaria, di Adriano Napoli; la scrittura composta, fluente, meditativa e insieme esperienziale, memore della grande tradizione novecentesca, da Montale a Sereni a Luzi, di Andrea Temporelli, alias Marco Merlin; il senso per sottrazione, fino a una essenzialit assoluta, quasi geometrica (che fa pensare allo chosisme di un Ponge o alla scrittura spigolosa e scarnificata del primo Magrelli), di Mariarita Stefanini; lestrosa, immaginifica e surreale narrativit di Federico Italiano; il lirismo dolente e sofferto, nel cuore delle piaghe che segnano la storia, di Alessandro Rivali, ideale homo viator nellEuropa delle cattedrali e della luce; la doglia del creato glorificata, in versi dalla musicalit assoluta, senza tempo, incantata, quasi discesa da un altro mondo e da unaltra lingua, originaria e metatemporale, di Matteo Munaretto; le citt

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fantasma, preziose, adamantine, parnassiane quasi, surreali eppure limpidissime, di Guglielmo Aprile; il dettato espressionistico, sismico, eppure ontologicamente, quasi misticamente, fondato, di Davide Brullo; la cristallina, nivea autoriflessione di Pietro Montorfani, studioso cosmopolita, tra Svizzera e Stati Uniti; il lirismo sacrale e biblico, la dialettica di materia e purezza, di greve fango da un lato, e dallaltro altezza, vuoto, rarefazione, silenzio, di Giuliano Rinaldini; il ritmo della specie, il tempo mobile, vivo, dolente, eppure fermo, eterno, come ancorato agli archetipi di un destino pi alto, che si declina e distilla per simboli oscuri, di Franca Mancinelli. Laver assunto a titolo del volume un verso tratto da Il cordone dargento di Matteo Veronesi significativo del senso generale che orienta le scelte di Pontiggia: il silenzio non pi poetabile quale sinonimo o quale contesa al tacere della voce dellego scriptor, come blanc determinativo che semantizzi lomissione, a suo modo allegorizzante, segno tradizionale del reticere o del mascheramento di una retorica sentimentale, ma deputato a nominare labisso di una modernit ormai postuma, l dove la pretesa dellassolutezza della ragione si nel frattempo consumata. Il silenzio, allora, chiamato a misurare la regalit sfumata del tempo, istantegocciainfinito, ineffabilit e origine del suono, dolceamara, dunque, palingenesi della parola che si staglia su una prospettiva tanatologica.

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Elisabetta Brizio

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