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    FONDAMENTI TEOLOGICIDEL CULTO DEI SANTI* * *

    Sotto questo titolo un po' genrico vorrei soprattutto e prima di tuttoparlare della santit in genrale. Pu sembrare che, nel contesto dell'insegnamentoche qui viene dispnsalo, questo vada da s. Si pu tuttavia notare che non tuttisembrano considerare necessaria o utile premettere una riflessione sulla santitcome prembulo alie trattazioni avendo come oggetto specifco la santitcanonizzata, i suoi requisiti e la legislazione che la riguarda. II nostro Mae-stro , Prospero Lambertini, Papa Benedetto XIV, ad esempio, non prova ilbisogno di definir la santit all'inizio della sua monumentale opera su laBeatificazione dei Serv di Dio e la canonizzazione dei Beati1, ma cominciaentrando sbito in medias re s con la considerazione di alcune praeliminarescontroversiae (1. 1) riguardanti il rapporto fra canonizzazione e apoteosi pagana(c. 1), poi diverse questioni sul martirio e gliAtti dei martiri (ce. 2-4), e cos via.Non ch e qualche volta egli non ci dica qualcosa sulla santit considrala in sestessa, ma ci awiene di rado e di sfuggita e, salvo errore, Fesposizione pin

    1 BENEDICTOS XIV, De servorum Dei beatificatione et Beatorum Canonizatione, 1 voll., Prati,in typograpbia Aldina, 1839-1842. Notamo tuttavia che almeno uno dei predecessori delLambertini nel trattare delle cause dei santi, U vescovo Cario Felice de Matta, inizia la sua operacon un capitolo intitolato De sanctitate, in cui esamina, in modo a dke il vero piuttostosommario, le etimologie tradizionali della parola, poi la definizione data da Dionigi, poi quella diS . Tommaso, prima di passare, attraverso turto un gioco di distinzioni e suddistinzioni all'esaraedella santt canonizzata e canonizzabile (ved. Caroli Felicis D E M A TTA , Novissimus de SanctorumCanonizatione tractatus[..J, Romae, Typis&Sumptibus Nicolai Angel Tinasij, M.DC.LXXVin,Pars I, cap. 1 [pp. 2b-5b]).

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    sviluppata a questo proposito non riempie nemmeno una pagina (1. 1, c. 37, n. 7)e si tratta di una parentesi esplicativa. Potrebbe esser interessante chiedersi perchBenedetto XIV non ha provato il bisogno di definir la santit prima che diparlare dellabeatifcazione e della canonizzazione, ma questo ci porterebbe troppoall'inruori del nostro tema. Per tornare a noi, diciamo semplicemente che misembra utile (per non dir indispensabile) far preceder le lezioni pi precisamen-te consacrate alia santit canonizzata (o sarebbe meglio dir canonizzabe) daconsiderazioni pi globali e pi fondamentali sulla santit stessa. Perci, lademanda fundamntale che ci guider in queste lezioni sar: che cos' la santit?Dovremo anche chiederci quale rulo hanno in rapporto alia vita dei viatori coloroche son gi nella patria celeste. Dopo di che, potremo brevemente approdare aduna considerazione teolgica della canonizzazione (e della beatificazione),chiedendoci perch la Chiesa canonizza e, infine, che valore hanno le canonizza-zioni dal punto di vista dell'assenso di fede.

    I. Brevi considerazioni etimologiche2.A. l'uso, si potrebbe dir, di iniziare ogni ricerca a proposito di unadeterminata realt con delle precisazioni di ordine etimolgico sulle parole chedesignano la realta in questione. Non vorrei certamenteMire ch e questo uso siasbagliato, ma vorrei anche metter in guardia contro una illusione che spessoanima i ricercatori di etimologia, quella cio che 1'etimologa ci fornisca il sensodella parola3. Uno dei maggiori meriti della lingistica moderna, e segnatamentedi Ferdinand de Saussure, stato tuttavia di riportare enrgicamente rattenzionesu questa evidenza che le parole hanno come significato il significato cheintendono coloro che le usano e non il significato etimolgico 4. L'esempio

    forse pi chiaro di ci la parola tedesca Jungfrau. L'etimologia ne evidenteed senza dubbiopercepita dal locutore; non di meno, quandoegli dice Jungfrau,vuol dir, generalmente, * vergine e non ragazza e Jungfrulichkeit significa verginit e nient'altro. importante insistere su questa evidenza perch2 Sulla materia trattata qui di seguito nelle sezioni I, II e ni, cf. Hippolyte D ELEHA YE ,SANCTVS. Essai sur le cuite de s saints dans l'antiquit, Bruxelles, Socit des Bollandistes("Subsidia hagiographica, 17"), 1927, in cui si trovera, in particolare, un gran numero ditestimonianze epigrafiche.3

    Tale convincimento vecchio quanto 1'umanit, a quanto sembra, e ne troviamo le tracciesia nella Bibbia, sia nella letteratura pagana. Pi tardi, S. Isidoro di Siviglia non esitera a scrivere:dum videris unde ortum est nomen, citius vim ejus intelligis (Etymologiarum libri, 1. 1, c. 29[PL 82, 105 Bj). Su questo tema, si leggera con interesse Yexcursus XV, intitolato L'etimologia come forma di pensiero , dell'opera classica di Ernst Robert Curus, La ttratureeuropenne et le moyen ag e latn (trad. fr., Pars, Presses Pocket ["Agora, 15"], 1991, pp. 781-792).

    4 Cfr . , p. es., Ferdinand D E SAUSSURE, Cours de linguistique genrale, Pars, Payot, 19313,p. 117. C'e da precisare tuttavia, e questo Saussure non lo fa abbastanza, che U signifcateattuale di una parola pu dipendere dalla percezione da parte del locutore dell'etimologia (vera osupposta) di questa parola.

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    l'illusione etimolgica fa ancora molti danni, dalla verit (Arjflea) come svelamento di Heidegger fino alia dissennata traduzione trncese della Bibbiaad opera di Chouraqui5. Quale interesse allora pu avere 1'etimologa? non quellodi svelarci il senso delle parole che usiamo, ma, spesso, quello di farci capire1'origine e l'evoluzione dei concetti che queste parole esprimono, permettendocianche di misurare che cosa rimasta, e in quale misura, nel concert espresso dauna determinata parola, dal concetto originario e dalle sue implicanze.

    B. Santit, santo (come fr . saintet, saint , sp. santidad, santo )si riallacciano, com' evidente al latino sanctus e, d'altronde, anche se non fossecos (es. ted. heilig o il corrispondente inglese holy 6) rimarrebbe evidenteche dobbiamo esaminare la parola latina che vuol dir santo poich la nostraChiesa ha pensato e scritto in latino quasi fino ai nostri giorni.Forse non ci abbiamo mai pensato ma sanctus il participio passatopassivo del verbo sond. II latino ecclesiastico ha sostituito questo vocabolo(sanctus), nel suo uso participiale, con sandtus, ma si tratta di una forma ch esembra estranea alia lingua classica7: per gli antichi, sanctus, anche quando usatocome aggettivo, sempre sentito come derivante da sancire*. C' ogni motivodi pensare che sancire e sacer hanno la stessa radice (sondo e la sua famigliapresentano una nasale infissa che si ritrova, p. es., in con-iungere di fronte a con-iugar). L'idea fondamentale di sacrum appartenente al mondo divino , peropposizione aprofanum ( ci che davanti, cio fuori, dello spazio consacrato .Sondo significa dunque rendere sacro, inviolabile e, per conseguenza,* stabilire solennemente una legge . Sacer pu aver un senso funesto: votatoagli di infernali e anche sondo pu significare proclamare come escorando ,donde vietare solennemente e punir . Sanctus significa quindi < reso sacro,inviolabile; sancito . Ulpiano, nel Digesto 1, 8, 9 (K R 1, 40a), stabilisce cos ladistinzione fra sacer e sanctus:

    5 Ved. Jean-Luc VESCO, in Revue thomiste 74 (1974), pp. 474-476 & 659-662 (spec. p. 661).6 Heilig si riallaccia evidentemente a heil indenne, sano e salvo , donde das Heil laprosperit, la salvezza . Heilig vuol dir originariamente Heil bringend che procura lasalvezza e stato usato per tradurre sanctus, ma si vede fcilmente quanto lo sviluppo

    etimolgico della parola non ha niente a che vedere con quello di sanctus o con quello di ryog(V . Ernst WASSERZffiHER u. Weraer BETZ, Woher? Ableitendes Worterbuch der deutschenSprache, Bonn, Ferd. Dmmler's Verlag, 197418, pp. 227-228).71 dizionari, da Forcellini in gi, citano, come esempio di uso classico di sonatas, Lucr. 1,587 che, di fatti, viene cos stampato nelle edizioni:Quid porro nequeant, sancitum quandoquidem extat.Basta pero darsi la pena di scandire il verso per rendersi cont che necessario leggere sanctume non sancitun8 Per quanto segu, v. A. ERNOUT & A . MEILLET, Dictionnaire tymologique de la languelatine, Pars, Klincksieck, 19513.

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    proprie dicimus sancta quae eque sacra eque profana sunt, sed sanctonequadam confirmata, ut leges sanctae sunt, quia sanctone quadam sunt subnrxae.Quod enim sanctione quadam subnixum est, id sanctum est, etsi deo non sitconsecratum.Insomma, ci che essenziale perch qualcosa sia santa, 1'espletamento di unrito religioso (la sanzione)9; come dicono Ernout e Meillet: sacer indica unostato, sanctus il risultato di un'azione .Sante essendo le cose dichiarate tali da un rito o da una legge, non c' dameravigliarsi che la nozione sia stata usata per qualifcare le cose erette secondoun determinato rito come i muri della citt10 e i personaggi insigniti di unaqualche funzione ufficiale11: i senatori son sancti, ma anche i tribuni12 o ipretori. Come si vede, la valenza che si trova messa in risalto quella diinviolabilit13. Sembra chiaro, pero, a leggere Cicerone, ad esempio, che questaparola sanctus si va caneando anche di una valenza morale: il funzionarioveramente santo essendo colui che conduce una vita privata degna della suacarica14. Siccome, poi, una vita privata retta comporta necessariamente la piet

    9 Si legge, in uno scolio di Servio sull'Eneide:Sancire autem proprie est sanctum aliquid, id est consecratum, facer tusosanguine hostiae, et dicitur sanctum quasi sanguine consecratum (In Aen., 12,200; cit. da DELEHAYE, SANCTVS, cit., p. 4)10 sanctum est, quod ab iniuria hominum defensum atque munirum est [...] In municipiisquoque muros esse sanctos [...] (Dig., 1, 8, 8 [KR 1, 40a]).11 Per quanto segu, vedi H . LECLERCQ, art. Saint , in Dictiormaire d'Archologiechrtienne et de Liturgie.1 2 tribuni [se. plebis] [...] sanctque sunto (M . T V L L F V S CICERO, De Legibus, 3, 3, 9).13 Come ne testimonia, ad es., questa curiosa etimologa di M arciano:Sanctum autem dictum est a sagminibus; sunt autem sagmina quaedam herbae,quas legati populi Romani ferr solent, ne quis eos violaret, sicut legatiGraecorum ferunt ea quae vocantur cerycia. (Dig. 1, 8, 8 [KR 1, 40a] assaipi probabe il contrario e, cio, che sagmen, vocabolo riservato all'usoreligioso, derivi da sondo).14 Cosi, p. es., Cicerone dice di P. Rutilius Rufus:illo nemo eque integrior esset in ciuitate eque sanctior (M . TVLLIVS CICERO,

    De Oratore, 1. 1, c. 53, n. 221);e presenta Yerres (nel Pro Cluentiol):C . Yerres, praetor urbanus, homo sanctus et diligens (ID., Pro A. Cluentio,c. 33, n. 91);tutti ricorderanno anche come, una cinquantina d'anni pi tardi, Livio descrive i vizi di Annibale:inhumana crudelitas, perfidia plus quam Pnica, nihil ueri, nihil sancti, nullusdeum metus, nullum ius iurandum, nulla religio (T . Lrvrvs, Ab Vrbe condita1 . 21, c. 4, n. 9).V i pur un caso particularmente interessante che ritengo necessario esaminarebrevemente (tenuto cont, anche, che epistula no n erubesci), perch vi vediamo comparirel'espressione sanctus + nome proprio, che sar cos caratteristica dell'uso cristiano (anche ses'incontrano esempi pagani, particularmente epigrafici, di tale nesso, in cui generalmente il nome

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    nei riguardi degli di, l'uomo santo sar anche un uorao pi15 e Ciceronearriver a dar questa definizione della santit: sanctitas [...] est scientiacolendorum deorum (De natura deorum, 1, 41).Poi, sanctus ha ricevuto il senso di 710?, il quale, presso i giudei e icristiani, aveva ricevuto il senso di qds.

    proprio 6 un nome di divinit [ved. DELEHAYE, SANCTVS, cit., pp. 11-21]) .A proposito dell'XI libro dei suoi Epigrammi, Mmale scrive:Sunt chartae mihi quas Catonis uxoret quas horribiles legant Sabinae:hic totus uolo rideat libelluset sit nequior mnibus libellis.Qui uino madeat nec erubescatpingui sordidus esse Cosmiano,ludat cum pueris, amet puellas,nec per circuitos loquatur illam,ex qua nascimur, omnium parentem,quam sanctus Numa mentulam uocabat.(M . VALERIVS MARTIALIS, Epigrammata, 11, 15, w. 1-10).Qual'e il senso preciso di sanctus nell'espressione sanctus Numal Non si pu escluderedel tutto una certa valenza religiosa, soprattutto se ci si ricorda che, secondo la tradizione, ilsecondo re di Roma Numa Pompilio fu 1'organizzatore della religione romana (cf., ad es.,T . LWTVM, Ab Vrbe condita, 1. 1, c. 18) e capire il pi Numa o espressione anloga; pero,dal contesto vicino e lontano, sembra piuttosto che qui il vocabolo non abbia rapporto diretto conla religione, ma piuttosto con la reputazione di austerita di cui godeva Numa, il quale diverse volte ricordato sotto questo aspetto da Marziale stesso e spesso in compagina di altri personaggianch'essi esempi tradizionali della severit degli antchi costumi. Scrive, ad es., nello stesso libroXI (ep. 104, w. 1-3):Vxor, uade foras aut moribus utere nostras:non sum ego nec Curius nec Numa nec Tatius.M e iucunda iuuant tractae per pocula noctes [...].Perci, sembra chiaro che la parola appartiene qui, ahneno prevalentemente, pi alregistro morale che non al registro religioso. S i potrebbe tradurre l'austero Numa oppure ilsevero Numa e l'effetto cmico del verso 10 viene proprio dalTawicinare una parola del registrovolgare (cf. M . TVLLIVM CICERONEM, Adfam., 9, 22, 3) e dalle connotazioni generalmentedeprvate (mntula) al virtuoso (sanctus) Numa (notare come le due parole inquadrano, nel verso10, il nome di Numa, posto, per giunta, alia cesura deU'endecasillabo falecio), il quale Numa,pero, non esitava a chiamare le cose con il proprio nome e, quindi, in un certo qual modo,giustificava anticipatamente Marziale di usare quelle parole crude che si leggono nella sua opera(altro aspetto del ragionamento implicito in questo verso, ma che non ha mente a vedere con la

    parola sanctus, la sottolineatura dell'antichit del vocabolo, e quindi della sua rispettabilita!).Notiamo, tuttavia, terminando con questo testo di Marziale, come e difficile f i a r eastrazione del senso che la parola sanctus ha acquisito nel cristianesimo. H. J. Izaac, ad es., chespiega correttamente l'expressione come riferimento al secondo re di Roma reput pour lasvrit de ses moeurs , traduce tuttavia le venerable Numa (MARITAL, pigrammes, textetabli et traduit par H. J. IZAAC, tome 2, 1er8 partie, Pars, Les Selles Lettres ["Coll. Bud"],1933, p. 122), introducendo la valenza di venerazione, la quale inseparabile dal concertcristiano di santo, ma non presente, come tale, in quello antico (anche se, evidentemente, pergli antichi come per noi, le persone virtuose son degne di venerazione).15 [ ] la sancssimi nomines pietate erga dos immortales esse soleant (M . TVLLIVSCICERO, Ad Quirinium pos reditum, 18).

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    C. La parola greca che sar ritenuta dai LXX, poi dal NT e dagli scrittoricristiani, per significare santo , come abbiamo appena accennato, la parolaayioc;16 . Questa parola si riallaccia ad un radicale *cj insieme con & f r [ j . a i eceyvc;17 . 'Afo juat utilizzato da Omero e dai poeti arcaici, co n il senso di provare un timore rispettoso (generalmente di ordine religioso). Soprawivenella tragedia; assente dalla lingua classica.' f^vq significa sacro in Omero (che ignora yioc;); si applica aliedivinit (Zeus, Artemide, Demetra, ecc.) cos come a delle realt concrete comeun fiume. Dopo Omero, si evoluto nel senso dell'espressione della purezza(spesso unito a nudapq) e ha anche signifcate casto e non contamnate (dasangue) . Non ha mai senso funesto."A7ioc non si trova in Omero, come appena detto, n in Esiodo, n neitragici e non m olto frequente all'epoca classica. Significa sacro, consacrato ,esprime il tab religioso ch e dev'essere rispettato; si usa originariamente solo peri luoghi o le cose (o gli animali); pu significare maledetto.II greco possiede altre parole per indicare il sacro, prima di tutto lepq,che, secondo Chantraine, esprime ci che appartiene agli di o proviene da essi,ci che manifesta un potere soprannaturale; si dice anche di fiumi, del mare, ecc.C on valore pi tcnico si applica a quanto appartiene agli di: poderi, animali,oggetti consacrati .Bisogna anche menzionare, poich applicato a Cristo dalla Lettera agliEbrei (7,26), 5cno? che si traduce generalmente con pi (cio che siconforma alia volont divina ), ma che si distingue da ecre/Sijc in quanto,applicato all'uomo, oaioq comporta una prospettiva morale, mentre e v c r e f r i qsignifica solante il rispetto degli di e di riti (cfr. l'inizio dell'Eutifronte, in cui,trattandosi del rispetto dovuto al proprio padre, tutto il discorso tende a definirTCt OfflCt KO TC X

    Tornando alie parole principali ch e indicano la santit in latino e in greco,ossia sanctus e yioq possiamo fare una osservazione interessante. L a nozione di santit si elabora in latino a partir dalFidea di determinazione (rituale, lgale)di ci che appartiene agli di, mentre, in Grecia, l'idea di santit si sviluppa apartir dall'idea di timore di fronte al divino. Anche qui ritroviamo il tratto

    16 Per quanto segu, vedi Fierre CHANTRAINE, Dictionnaire tymologique de la languegrecque, Pars, Klincksieck, 1968-1980.

    17 Bisognerebbe anche aggiungere rb ctyoq che significa il sacrilegio e anche l'espiazio-ne , ma che pare aver avuto primitivamente il senso di timore religioso degli di , sensoattestato, sembra, nell'inno omerico a Demetra (v. 479). Si trova anche, in Ipponace (fine VI sec.a. C.),

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    fundamntale di ciascuna delle due civilt: da un lato, l'attenzione scrupolosa alrito, dall'altro la coscienza trgica dell'uomo schiacciato dalle forze divine19.Debbo pero aggiungere che, in queste brevi note etimologiche, h'o lasciatoda parte ci che uso chiamare le etimologie popolari (anche se spesso non

    hanno niente di popolare). Gli che, come indicavo sopra, il mi intento erasoprattutto di far vedere come si era evoluto il concert designato dalle parolesanctus e jioq, ma, per approfondire il senso che si dava a queste parole in unadeterminata poca o in un determnalo ambiente, sarebbe anche utile, in unatrattazione pi ampia che non la nostra, prender in cont il modo in cui aquell'epoca o in quelFambiente ne erano spiegate le etimologie20.19 Questo, evidentemente, richiederebbe precisazioni e srumature. Rimane tuttavia che esprimebene le note dominanti dell'atttudine del Romano e dell'attitudine del Greco di fronte al divino.Per U primo, si tratta soprattutto di esser in regola con gli di, di non offenderli con riti compiutimale, ecc.; il Greco, lui, sa che non si pu mai esser in regola con gli di, perch gli di non son affidabili , posseggono un formidabile potere che usano arbitrariamente nei riguardi di mortali,l'unica cosa che si possa fare cercare di ingraziarseli mediante sacrifici e offerte. D a questopunto di vista, interessante l'osservazione fatta da Ernout e Meillet (s. u. sond):II est curieux qu'aucun mot pour la notion de sacre ne soit attest pourl'indo-europen commun: le vocabulaire proprement religieux vari beaucoupd'une langue indo-europenne l'autre.20 Scriveva giustamente il P. Hubert:[...] l'tymologie populaire est un fait de reflexin sur la parole et le fruit d'uneffort pour trouver l'intelligibit des mots de forme obscure par des comparai-sons synchroniques. Elle n'a done rien voir avec les mauvaises tymologiesdiachroniques labores par des grammairiens amateurs ou les spcialistes

    aventureux. L es tymologies populaires sont une donne socio-nguistique relle,dont, ce niveau, on est en droit de tirer des legons (M artin HUBERT, Notesde lexicographie thomiste. V . Prsentation, ponctuaton et mots-outils,ArchivumLatinitatisMediiAevi (Bulletindu Cange) 36 [1967-1968], pp. 59-108[p. 82] Cf. anche il notevole artcelo del card. Yves Congar, Cephas -Cphal - Caput , Revue du mayen ag e latn 8 [1952], pp. 5-42).Ecco come S . Tommaso raccoglie le considerazioni etimologiche correnti alia sua pocaa proposito della santit e le inserisce nella sua riflessione:Dicendum quod nomen sanctitats do videtur importare. Uno quidem modomunditiam; et huic significationi compett nomen graecum, dicitur enim agios,id est sine trra [da - (senza) e yj (trra); cf. ORIGENEM, In Lev., hom. 11(PG 12, 530)]. Alio modo importat firmitatem; unde apud antiquos sanctadicebantur quae legibus erant munita ut violan non deberent; unde et dicituraliquid esse sancitum quia est lege firmatum. Potest etam secundum Latinos hocnomen sanctus ad munditiam pertinere ut intelligatur sanctus quasi sanguinetinctus, eo quod antiquitus illi qui purifican volebant sanguine hostiae tingeban-tur, ut Isidorus dicit in libro Etymol. [1. 10, ad litt. S (PL 82, 393)].E t utraque significatio competit, ut sanctitas attribuatur his quae divinocultui applicantur; ita quod non solum homines sed etiam templum et vasa et aliahuiusmodi sanctificari dicantur ex hoc quod cultui divino applicantur. M unditiaenim necessaria est ad hoc quod mens D eo applicetur. Quia mens humanainquinatur ex hoc quod inferioribus rebus coniungitur [Piona : immergiturLeonina], sicut quaelibet res immixtione peioris sordescit, ut argentum eximmixione plumbi. Oponet autem quod mens ab inferioribus rebus abstrahatur,ad hoc quod supremae rei possit coniungi. Et ideo mens sine munditia Deo

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    u. La santit nella Sacra Scrittura .

    A. L'Antico Testamento.In ebraico, la santit espressa mediante la radice qds (U 7 1p). Sembra cheil signifcate originario sia quello di separazione, separazione dal profano; qds esprime la caratteristica fondamentale di tutto ci che ha attinenza al culto (Kittel, i. 1.). AH'origine, qu i come in latino o in greco, non c' nessuna valenzamorale del concert; la nozione che fa coppia con la santit quella di purezza rituale . Anche se la nozione di santit si forse per primo applicataa dei luoghi di culto (Es 3,5, p. es.), poich, evidentemente, il culto culto diI H W H , sar I H W H per primo ad essere caratterizzato con la santit (qdds). G iA m os , il pi antico dei profeti, ci presenta IHWH che giura per la sua santit(4,2) ossia commenta Procksch per la sua essenza pi intima, che

    opposta a tutto ci che creato e a maggior ragione a tutto ci che impuro epeccaminoso : assistiamo a uno slittamento del concetto da una prospettivapuramente rituale a una prospettiva morale. E , attraverso gli usi dei Salmi, inparticolare, si vede che il concetto di santit viene quasi ad identificarsi conquello di divinit: la santit di Dio diventa [...] espressione della sua perfezioneessenziale e soprannaturale .Pero, al Sinai, D io si costituisce un poplo. Israele diventa poplo di Dio,unito a Dio mediante l'alleanza (Es 24,4-8). Se Israele appartiene a Dio, se Dio continuamente presente in mezzo al suo poplo, Israele diventa il poplo toltodal mezzo delle nazioni, seprate per Dio e, per conseguenza, diventa un poplosanto ( ' can qdos) e non deve aver contatti di sorta con i culti e i riti di altripopoli, ma adorare Jahv, il Dio nico (Deut. 6,4) . Questa santit del poplodi Dio , per cos dir, sviscerata nel cdice di santit del Levitico (17-26),interamente fondato su l principio: siate santi perch santo son io (19,2, ecc.).Come vediamo leggendo questi capitoli del Levitico, anche se qualche volta sisupera la prospettiva di una purezza puramente rituale per raggiungere l'idea diuna purezza morale (c. 19), tutto ci rimane in un quadro strettamente cultuale.Questo quadro sar suprate dai profeti.Un posto a parte merita Osea che unisce intimamente la santit di Dioall'amore di Dio, idea, questa che non ha confronti nell'A. T. n prima n dopoOsea. II profeta [...] concepisce la santit di Jahv ossia la stessa natura

    applicari non potest. Unde Ad Hebr. ult, 14, dicitur: Pacem sequimini cummnibus, et sanctimoniam, sine qua nenio videbit Deum . Firmitas etiamexigitur ad hoc quod mens D eo applicetur. Applicatur enim ei sicut ultimo finet primo principio; huiusmodi autem oportet mxime immobia esse. Undedicebat Apostolus, Rom. 8,38: Certus sum quod eque mors eque vitaseparabit me a caritate Dei (IIa u", q. 81, a. 8, c.).21 Per quanto segu, e che non ha la mnima pretesa di essere una trattazione un po' completadell'argomento ma vuole soltanto offrire una veduta genrale, ved. soprattutto l'art. ryo? delKittel, dovuto a O. Procksch e, per la parte riguardante il giudaismo, a K. G. Kuhn.

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    9divina come sorgente di un amore incrolabile e fecondo ch e pu, si,distruggere, ma poi rid la vita (cfr. 6,1 s.) .Isaia pu esser detto il profeta della santit. Al centro della sua teologasta il trisaghion (6,3). Esso significa che il Signore degli eserciti in qualchemodo santo alia terza potenza ; mentre la gloria di Dio (kabd) si manifesta inqualche modo nel mondo, la santit invece l'essenza pi intima e nascosta diD io . Da qui, il tremer del profeta che di fronte alia santit cos rivelata si vedeimpuro, di una impurit ch e forse non soltanto rituale ma anche morale (6,7: la colpa tolta, il peccato perdnalo ), impurit che Dio stesso distnigge.V ediamo quindi, attraverso in particolare la legge di santit del Leviticoe anche Isaia, che non solo D io santo, ma chiama alia santit e rende santi. santo il poplo d'Israele, santo il sommo sacerdote, son santi i sacerdoti, ileviti e tutto il poplo. Questo, nel periodo postesilico stato spesso inteso insenso nicamente rituale, producendo una materializzazione del sacro, controla quale ha dovuto prender posizione Ges (M. 23,17.19) .

    B. nNuovo Testamento.II NT , come si sa, eredita la lingua dei L X X , i quali avevano sistemtica-mente tradotto qds con jioq. Ritroviamo q uindi nel NT le valenze fondamen-tali del concert vetero-testamentario di santit.Prima di tutto, la santit attributo proprio di Dio e il trisaghion di Isaiariecheggia nell'Apocalisse (4,8). A ncora nell'A pocalisse, D io qualificato come 0:710? K ai Ar/fliv? dai martiri che chiedono vendetta (6,10). In S. Giovanni,Ges stesso, in un momento particularmente solenne, s'indirizza a suo Padrechiamandolo Trrzp yie (17,11). A parte questi testi, 0:710? si trova applicato a

    Dio, nel NT, solo in 1 Pt 1,15. Aggiungiamo infine il testo del Padre nostro incui si chiede che il nome di Dio (= Dio) sia santificato. Raccolta un po' scarsa,ma si pu dir con ragione, insieme a Procksch: nel N. T . la santit d i D io,anche se solo d i rado esplicitamente affermata, pero costantemente presuppo-sta . Anche Ges abbastanza raramente chiamato cfyto?22 , ma non inutileesaminare brevemente questi casi.In Le 1,35 ( e, perci, l'essere santo ch e nascer sar ch iamato figlio diDio ) , insinuata l'idea che la santit di Ges dipenda dai fatto di proveniredall'opera dello Spirito Santo. E l'appellazione di Ges come santo di Dio 0:710? T O I 0 e o D (Le 4,34; M e 1,24) mostra come Ges santo in quanto ricevequesta santit da Dio (dallo Spirito Santo) e in quanto , per cos dir, portatoredi questa santit. Notiamo che, in Gv 6,69, la confessione di Pietro consiste nelriconoscere in Ges 0:710? T O V 9eov. S i tratta di un atto di fede in colui che ilPadre ha santificato (wctaev) e che apparir nell'Apocalisse chiamato 0:710?Kai Arjflu'? e possedendo gli stessi attributi di Dio (6,10): Come si vede, intutti i passi fin qui citati 710? indica la divinit di Cristo .

    22 Le occorrenze son: M e 1,24; L e 1,35; 4,34; Gv 6,69; 1 Gv 2,20; Ap 3,7; Atti 3,14; 4,27.30.

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    10Secondo Procksch, e, sembra, con giusta ragione, la portata di 07101;nell'espressione 6 0:7101; T r c d q (Atti 3,14; 4, 27.30) diversa: si tratta del servodi Dio ( 'ebedjhwh) che, come vittima e come sacerdote, dev'essere santo perpoter, come dice la lettera agli Ebrei (2,11; 9,13; 13,12 sqq), santificareLascio da parte turto ci che si potrebbe dir sullo Spirito Santo. Perquanto c'interessa direttamente qui, possiamo dir che la qualifcazione delloSpirito come santo (0:710 v) vuole indcame la natura divina.Pi direttamente attinente al nostro tema Tsame deirattribuzione dellasantit alia Chiesa e ai cristiani.Prima di tutto la Chiesa, infatti, ad essere santa. Essa , secondo 1 Pt1,16, Wvoq & J L O V . Cristo, ci dice S . Paolo (E f 5,26), si consegnato per laChiesa, per santificarla [...] perch sia santa e senza difetto (ja K O C /ioj/oc) ;la Chiesa un rao ayioq. E cos, coloro che ne fanno parte son ctyioi, perchson stati * santificad in Cristo Ges (1 Co 1,2). Come si sa, sia negli Atti siain S . Paolo, i fedeli son correntemente designati come o 0:7106 (Atti 9, 13.32.41;

    ecc.; Rom 1,7; 15,25; 1 Co 1,2; 16,1; ecc.). S. Paolo precisa, mediante inparticolare l'espressione /cXi/roi 7101 (Rm 1,7; 1 Co 1,2), che i cristiani [...]non son 0:71,01 per natura, ma per la chiamata di Dio . M a essendo stati coschiamati e santificati, i cristiani devono condurre una vita degna di tale chiamata,devono essere un'ostia vvente santa per Dio (Rm 12,1; cfr. 15,16).Come si vede, anche se l'aspetto d'impegno morale, presente, ci chesembra caratterizzare il concert di santit nel NT il rapporto con Dio, sia chetratti di indicare la divinit di Cristo, sia che si tratti d' indicare la divinizzazio-ne del cristiano. II NT , pero, accentua le conseguenze.di tale santificazione ,insegnando ch iaramente che non si tratta d'imputazione esterna ma di rinnovamen-to interiore mediante il quale ci si riveste di Cristo.. La santit secondo i Padri.

    Anche qui, il titolo di questo capitolo ricopre in realt un contenitorequasi vuoto. Siamo infatti costretti a limitarci ad alcune brev i osservazioni..23A. L'uso delle parole sanctus e

    1. ncristianesimo primitivo.'S

    [...] durante il periodo che si pu veramente chiamare primitivo, cio idue primi secoli dell'era cristiana circa, il vocabolo 0:710?, e il suo equivalentesanctus, non deve essere inteso come una testimonianza resa la santitindividale o com e la d esignazione di un gruppo . II23 V. H. LECLERCQ, art. Saint , in Dictionnaire d'Archologie chrtienne et de Liurgie.

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    11vocabolo designa, senza eccessiva precisione, gli iniziati, gli aggregati medianteil battesimo, quale che sia il valore morale di ciascuno di loro. I "santi" soncoloro che noi oggi chiamiamo correntemente i "fedeli" 24 .

    2. L'epoca patrstica.L'uso genrale rimane ancora quello del NT e dei primi du e secoli. D'usofrequente son le espressioni plebs snela (che equivale al nostro: il poplofedele ). S. Agostino s'indirizza a volte ai suoi auditori chiamandoli sanctitasuestra; Gregorio di Elvira li chiama con una certa rrequenza sanctissimi fratres,ecc. pi interessante cercare di vedere come si arrivato ad applicare, inmbito cristiano, il vocabolo sanctus o S J L O C ; a delle persone singolari. Sembrache ci sia awenuto sotto un doppio influsso.Da un lato, si designa correntemente 1'insieme dei morti cristiani con

    l'espressione sancti o spirita sancta [sic]. Nelle iscrizioni funerari l'espressioneViuas cum sanctis o espressioni analoghe son correnti. Pero, si vorr precisare;e, parallelamente alio sviluppo del culto dei mrtir i, questi verranno, a volte,decorati del titolo di santi: soneto martyri Laurentio, ad esempio.Questo andava a incontrarsi co n l'uso, influenzato dalla titolatura ufficialedell'impero romano (secondo cui gli imperatori, in particolare, erano sanctissimi),di utilizzare sanctus come titolo protocollare25. H . Leclercq fa notare che, seS. Ambrogio chiama santi molti personaggi defunti che noi chiamiamo cos(sanctus Neemias, sanctus Dauid, sanctus Paulus, sancta Agnes, ecc.), attribuivaanche questo titolo alia sua sorella Marcellina. S. Girolamo, bench preferiscausare beatus, attribuisce anche il titolo di sancta alie sue amiche M elania,Marcella, Paula.In greco, o^toc assai meno usato, ma seguir con un certo ritardoFevoluzione del latino sanctus, fnendo col designare dei personaggi morti eoggetto di un culto.A questo breve esame, bisognerebbe aggiungere, come fa dom Leclercq,la considerazione di altri vocaboli come domnus26 , beatus" e beatissimus (d i

    24 Ibid., col. 376.25 Questo uso fu applicato in modo particolare ai vescovi, che spesso son chiamati sanca o

    sanctissimi; gli esempi antichi e altomedievali sarebbero sovrabbondanti. Attualmente, il titolo disanctissimus, nella Chiesa latina, riservato al Papa.26 Giovanni Beleth scrive al capitolo 25 della sua Summa de ecclesiasticis offidis (databeintorno al 1182): [...] H ic dompne dicit, quoniam ad hominem loquitur, qui semiplenus etinperfectus respecta Domini, et ideo utitur sincpate uocabulo, quod obseruantmonachi dicentes dorrmus abbas, non dominus abbas (CC M ed 41A, p. 52).S i deve tuttavia confessare che tale distinzione fta donmus applicato agli uomini e dominusriservato a Dio sembra essere stata osservata in modo piuttosto incestante. Infatti, per quantopossiamo fidarci dei scribi antichi e delle edizioni mod erne, se si usa abbastanza raramente donmusapplicato a D io o a Cristo (ma ne vedremo sbito un esempio), si usa pero con facilita, anche ad

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    12cui i vescovi dei IV e V secoli fanno grande uso) e il corrispondente grecoptoc28. Applicati a defunti, non signifcano necessariamente che si afferma laloro presenza in paradiso; pero, a poco a poco, hanno preso (e, per domnus,hanno poi perso29) questo senso. Occorre infine menzionare la parola b f f i o q chepoca tarda, dominas per un uomo. Si legge, ad es., nel De situ terrae sanctae che ci ha lasciatoun certo Teodosio (sec. VI):Sanctus iacobus, quera donnus manu sua episcopum ordinauit, post ascensumdomni de pinna templi praecipitatus est et nihil ei nocuit, sed fullo eum de uecte,in quo res portare consueuerat, occidit et positus est in monte oliueti (CCLat175, p. 119 [corsivo nostro]).Diverse volte, poi, si trovano nel regesto di S. Gregorio Magno (f 604) formule di questo tipo,in cui si usano in modo promiscuo le forme domnus et domnus:Data die x kalendarum iuliarum, imperante domino nostro mauricio tiberiopiissimo augusto armo xvnn, post consulatum eiusdem domni nostri anno xvm,indictione nn ( G R E G O R T V S M A G N V S , Registrum epistularum, 1. 11, ep. 45[CCLat 140A, p. 943 - corsivo nostro]).

    27 Come sonetos, beatus & un participio passato passivo; appartiene al verbo beare che significa colmare i vori di qualcuno, render felice, gratificare, arricchire ; etimologa oscura (forse unrapporto con bonus}; mentre beare poco usato, almeno nella lingua colla, beatus diventato unaggettivo con comparativo e superlativo, di uso frequente.28 Etimologa oscura; primitivamente riservato agli dei, diventa alTpoca classica una paroladel tutto corrente per designare la felicita di un uomo; ben rappresentato nei LXX e nel NT (cf.il relativo art. nel Kittel). Per l'uso di yMnpioq nell'antichit cristiana, v. D E L E H A Y E , SANCTVS,cit., pp. 6 9-72.29 < Domnus, forme rduite de dominas, a t, aux poques mrovingienne et carolingienne,

    un vritable synonyme de sanctus (A . L O N G N O N , cit. da H. LECLERCQ, art.cit., col. 448).Concurrentemente a questo u so, domnus un titre honorifique qui precede le nom propre du roou de l'empereur, du pape, des vques, des abbs, puis (Xc sicle) des seigneurs et finalemen(XUC sicle) des chevaliers (J. F. N i E R M E Y E R , Mediae latinitatis lexicn minus, Leiden, E. J.Brill, 1976, s. u. dominus'); solo quest'ultimo uso si mantenuto fino a noi, attraverso il don che si da, fra l'altro, ai sacerdoti secolari itaani e ai vescovi brasiliani e il dom che sipremette, in Francia, ad es., al nome dei monaci. Notiamo tuttavia che, se domnus usato da solonon indica pi la santita di un personaggio, continua tuttavia (insieme a dominus) a qualificare isanti, e ci verra reso nelle lingue volgari: per prender esempi al femminile, nel lai di Eliduc(w. 821-826), Mara di Francia scrive:D eu recleiment devotement,Seint Nicholas e seint ClementE madame seinte MarieQue vers sun fiz lur quiere aie,Qu'il les guarisse de perirE qu'al hafne puissent venir.E , tre secoli pi tard, Jean Molinet dice:[...]M es pour avoir paix, Madame sanete Anne,Mente odorant, conchut la douce manne,Tout purement, sans tache originelle,[.-](Jean M O L I N E T , Chant royal; in Paul Z U M T H O R , Anthologie des granasrhtoriqueurs, Pars, Union Genrale d'ditions ["10/18, n. 1232"], 1978,pp. 101-102).

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    13designer, a partir dal medioevo, i confessori non pontefci e le vergini nonmrtiri30.

    B. La concezione patrstica della santit31.M a se le parole, come abbiamo appena visto, son a volte un po'imprecise, non per questo che i Padri non hanno una dottrina sulla santit.Anche qui mi limiter a poche e incomplete indicazioni.I Padri, raccogliendo la dottrina del NT, insistono su l profondo rinnova-mento ch e produce il battesimo e che fa di noi delle nuove creature, che cideifica. Bisogna tuttavia confessare che non sembrano usare molto le parole dellafamiglia di sanctus o di ajLoq in tale contesto.Raccogliamo tuttavia questa bella defnizione della santit, dovuta aS, Giovanni Crisostomo: si santo per il dono dello Spirito e per la rettitudinedelle credenze32 .Poi, spesso, quando fanno il ritratto del buon cristiano ed elencano le virtche esso deve possedere parlano di santit. Infine, evidentemente, come abbiamoappena visto, dnno in un modo del tutto particolare il titolo di santo ai martirie a quei defunti che, per la loro vita di unione con Dio, son degni di essereesempi per i fedeli33.

    IV. La santit secondo il concilio Vaticano EL

    Questo capitolo non intende esporre e nemmeno riassumere tutto ci cheil Vaticano II insegna a proposito della santit, insegnamento che avremo aritrovare per di poi alFoccasione della nostra ulteriore trattazione. In modo assaipi limitato, vorrebbe semplicemente cercare quale definizione della santit da ilconcilio. Ora non una impresa cos facile come potrebbe sembrare. IIVaticano II parla in continuazione della santit, ha perfino consacrato un intero

    30 Le superlatif bmrrccrot; est un des titres qui sont frquemment donns aux vques ets'emploie comme de nos jours "sa Grandeur", "sa Saintet", "sa Batitude". Dans lestemps antiques Serios ne se rencontre pas faisant fonction de yioq devant le nom d'un saint. C en'est qu'au coursdu moyenage qu'aprs avoir t employ pour dsigner les moines en rputationde saintet, il devientun termeofficiel pour dsigner une catgoriede saints, correspondanta ceuxque l'glise latine appelleconfesseurs non pontifes, ou les vierges non martyres. Dans lesMeneesFappellation est courante dans cette acception > (DELEHAYE, SANCTVS, rt. , pp. 72-73).

    31 Per l'ambito greco, ved. evidentemente il dizionario di Lampe s. u. cryog, ryr;?,, j i a f f f i < ; t K. r. \.orfovc, [ . . .] 6i T T J T O V wevuaroq 8ae) /ca rv p9&v Soyuccrav (Hom. 82, 1, in Jo.).

    33 Notiamo tuttavia che S. Atanasio, che nomina collettivamente i martiri o 07101non attribuisce mai il titolo di 7101; a S. Antonio, di cui scrive la vita (e nemmeno a S. Pietrodi Alessandria, l'ultimo dei martiri).

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    14capitolo della Lumen gentium alia vocazione universale alia santit nellaChiesa (c. 5), ma non sembra considerare cosa molto urgente di definir cosaintende con questa parola. Cercando bene, si pu tuttavia trovare una defnizio-ne . Leggiamo, infatti, non in questo capitolo 5, ma pi in la, nel capitolo 7( L ' ndole escatologica della Chiesa pellegrinante e la sua unione con la Chiesaceleste ), al n. 50:

    Dura enim illorum conspiscimus vitara qu i Christum fidelier sunt secuti, novaratone ad futuram Civitatem inquirendam (cf. Hebr. 13, 14 et 11, 10) incitamursimulque tutissimam edocemur viam qua nter mundanas varietates, secundumstatum ac condicionen! unicuique propriam, adperfectam cum Christo unionemse u sanctitatem pervenire poterimus [corsivo nostro].V ediamo qui la santit equiprala con la perfecta unione con Cristo e, anche senon in modo cos esplicito, potremmo ritrovare questa idea attraverso diversi testiconciliar!. Bisogna tuttavia confessare che difficilmente si pu riconoscerenelFequazione: santit = unione con Cristo una vera defmizione della santit.Lo stesso Concilio, infatti, insegna che Cristo santo (p. es. LG 8): dovremmoallora dir che lo perch perfectamente unito con se stesso? e, pi ancora, ilConcilio dice anche che Dio santo (p. es. Presbyterorum ordinis, 5): questosignifica che Dio santo perch unito con Cristo? Evidentemente no. E poi, inpi di una occasione, il Concilio stesso riporta la santit a Dio e all'unione co nDio, come, ad es., ne l bellissimo n. 40 della L G. N on qui il luogo di esaminarei motivi ch e hanno potuto portare a voler leggere in alcune espressioni delConcilio, seprate da altre espressioni complementari, una defmizione dellasantit34; ci bast rilevare che il Concilio non ha inteso dar definizioni (confor-memente al suo ndole pastorale), nemmeno un a defmizione della santit, ma hapreferito tracciare delle descrizioni della santit.

    Per noi, pero, che dobbiamo metter le cose in ordine (sapientis estordinar) e prender della realt una conoscenza pi scientifica, pi speculativa, giocoforza ricorrere alia riflessione teolgica pe r cercare di formarci unconcert il pi chiaro possibile della santit. In questa impresa no n possiamoprendere migliore guida se non quella che il Concilio stesso ha indicato (Optaamtotius 16): S. Tommaso d'Aquino.

    34 Fra questi motivi c' senz'altro un cristocentrismo mal inteso o piuttosto, in molti casi,inteso nella coerenza del pensiero rahneriano, il quale, in modo paradossale, ma non pi di tanto,conduce a un rinnovato monofisismo, confondendo la cosiddetta santit sostanziale di Cristo(che riguarda, in realt, la sola persona) con la santit di Cristo nella sua umanit, la quale, comela santit di ogni altra creatura, data da Dio con la grazia abituale e le virt e i doni che nesgorgano.

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    15Y . Riflessione teolgica sulla santita.

    A. La santita divina.I manuali di teologa (o, piuttosto, di spiritualit), quando parlano dellasantita, iniziano la loro trattazione con un pargrafo sulla santita di Dio; e cosfaceva anche Benedetto XIV, nella breve trattazione che segnalavo iniziandoquesto corso. Ecco quanto scrive:

    In sacris litteris Deus dicitur Sanctus, uti constat ex 1. Reg. cap. 2. v. 2. Nones t Sanctus, ut es t Domnus; Deus etiam vocatur Sanctus Sancorum; et ipsaEcclesia de Deo dicit: Tu solas Sanctus. Deus enim sanctus est substantialiter,ita ut in eo vox Sanctus ejus substantiam significet, idest sanctitatem peressentam, seu sanctitatem essentialem, secundum doctrinam Theologorum cumD. Thoma 1. part. qu. 13. art. 2. Et hac quidem de causa Dei sanctitas estordinis superioris, cum a se ipso sanctitatem habeat: creaturae autem sanctaesunt ex accidenti, et in eis non est idem sanctitas, ac essentia, sed sanctitatemhabent participatam, fortuitam, et quae ex sua ratione deficere potest [...] (1. 1,c. 37, n. 7 [ed. cit., t. 1, p. 250a]).

    L'esposizione del Lambertini del tutto chiara e lineare. S i noter tuttaviache, neU'articolo di S. Tommaso al quale rimanda, il Dottore non parla dellasantita, ma in genrale dei nomi che si dicono di Dio substantialiter (e prendel'esempio della bont). Quanto alia santita, come vedremo sbito, quando neparla, non risale alia santita divina, nonostante ci che potrebbe sembrare uninvito della Scrittura: estte sancti quia ego sanctus. II motivo di un tale modo difare, che pu forse risultare per noi un po' sorprendente, mi sembra tuttosommato abbastanza evidente. S. Tommaso, certamente, non nega che Dio siasanto, afferma chiaramente che in ipso est principium et orgo totius sancttatis(Super Ev. loannis, c. 17, 1. 3 [M arietti, n. 2213])35, ma non crede che si debbapartir dalla santita di Dio per cercare di capire cos' la santita dell'uomo, e ciper il motivo che espone precisamente neU'articolo al quale rinvia Benedetto XIV:

    [...] huiusmodi quidem nomina significan! substantiam divinara, et praedicanturde Deo substantialiter, sed deficiunt a rapraesentatione ipsius. Quod sic patet.Signifcant enim sic nomina Deum, secundum quod intellectus noster cognoscitipsum. Intellectus autem noster, cum cognoscat Deum ex creaturis, sic cognoscitipsum, secundum quod creaturae ipsum rapraesentant (Ia, q. 13, a. 2, c.).In altre parole, le realt signifcate son certamente per primo in Dio, mai concetti che noi utilizziamo per parlare di Dio, son concetti che abbiamoformato a partir delle cose sensibili e hanno senso per noi in questo nostro

    33 Bisogna tuttavia confessare che S . Tommaso non sembra essersi molto interessato alia santitadi Dio. Ne parla rare volte e en passant, anche laddove uno sviluppo sul tema sembrerebbe andarda s: cfr., ad es., lo scarno e deldeme commentoal trisaghion nella sua Expositio super Isaiam(c. 6 [EL 28, p. 50a]). Probabilmente, e lo capiremo meglio dopo gli sviluppi del pargrafoseguente, gli sembrava aver detto tutto sull'argomento parlando della conoscenza che D io ha dise stesso e dell'amore che Dio ha per se stesso.

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    16mondo; quando li applichiamo a Dio sappiamo che diciamo bene ma nonsappiamo che cosa, in realt, diciamo (o, come dicevano gli scolastici, conoscia-mo la ratio ma non il modus)26 l Perci non ha senso partir dalla santit di Dioper definir la santit delFuomo, poich non sappiamo che cosa la santit diDio37. La santit di Dio, infatti, , l'abbiamo appena sentito, idntica all'essenzadivina, a ci che Dio in se stesso e ci che Dio in se stesso ci rimaneirremediabilmente son le parole stesse di S. Tommaso penitus ignotum (3C G 49). E cos, una indagine sulla santit deve necessariamente partir dallasantit umana e, una volta questa definita, forse potremo formare a partir di ciun a vaga idea di ci che potrebbe essere la santit divina.

    B. La santit umana38.Vediamo dunque cosa insegna S. Tommaso a proposito della santitdell'uomo. A dir il vero, si potrebbe rimanere un po' delusi nel costatare che,sui 2669 articoli che comporta Topera39, un articolo solo della Summa theologia-e, l'articolo 8 della questione 81 della IIa II ae, ha per oggetto la santit. Per potervalutare giustamente tutta la portata di quest'unico articolo, bisogna pesareattentamente, una per una, le parole della definizione che qui S. Tommaso dadella santit, ponendosi nella prospettiva d'insieme della sua dottrina. Ci dicedunque: sanctitas dicitur per quam mens hominis seipsam et suos actus applicat

    Deo40. Prima di tutto, si deve notare che S. Tommaso parla qui della mente.Infatti, la santit investe, senza dubbio, l'uomo tutt'intero, ma essa ha la sua sedein ci che specifica 1'uomo in rapporto alie altre creature corporali: l'intelletto41.

    36 Cfr . , ad es., Super 1 Sent. , . 25, a. 2, c. (M andonnet, p. 607):[.,.] persona dicitur de Deo et creaturis, non univoce nec aequivoce, sedsecundum analogiam; et quantum ad rem significatam per prius est in D eo quamin creaturis, sed quantum ad modum significandi est e converso, sicut est etiamde mnibus aliis nominibus quae de Deo et creaturis analogice dicuntur.37 E d inoperante far notare che Dio, nella Rivelazione, ci fa conoscere la sua santit, perchlo fa attraverso, precisamente, concetti umani che non son adeguati alia sua realt.38 Lascio da parte Tsame della santit degli Angel, la cui definizione, peraltro, efondamentahnente la stessa che non quella della santit umana39 Evidentemente non abbiamo tenuto cont, in questo computo, del Supplementum.40 In modo meno tcnico ed articolato, ma del tutto equivalente, S. Tommaso scrive, nelCommemo al Vangelo di Giovanni: In hoc est sanctitas hominis quod ad Deum vadat (Super ev .loannis, c. 13, 1. 1, n. 4 [M arietti, n. 1743]).41 I d [...] in quo creatura rationalis excedit alias creaturas, est intellectus sive mens (Ia,q. 93, a. 6, c.).

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    17In altre parole: n la pietra, n il gatto possono essere santi nel senso in cui lecreature intellettuali possono esserlo42.Poi, crea senz'altro un po' di meravig lia la distinzione che fa S . Tommasofra applicare se stesso a D io e applicare i suoi atti a Dio , pich evidenteche applicare se stesso a Dio un arto. Sembra, quindi, che sarebbe bstatedir: applicare i suoi atti a Dio . Pero, come sappiamo, non costume diS. Tommaso di parlare per non dir milla e, sotto l'espressione apparentementeridondante da lui usata, si cela una importante distinzione fra la mente considralain se stessa, nella sua attivit propria, immanente ed elicita, da un lato, e leoperazioni imperate ed esterne, dall'altro; ci torneremo fra un istante, ma, prima,bisogna chiarire il senso preciso della parola applicare .S. T ommaso da come equivalente alia espressione applicare a D io ,l'espressione riferire, rapportare a Dio (refer in Deum)43 : ambedue significa-no, come appare alia lettura della questione 81, prender D io come fine : lasantit, come la virt di religione (e si tratta, peraltro, della stessa cosa44),ordina l 'uomo a Dio45.

    Questo significa ch e l'uomo prende D io come fine di tutu i propri atti e,in primo luogo, come fine della sua stessa mente; e tale fine si raggiungemediante gli atti proprii (eliciti) di questa mente: la conoscenza e l'amore; lamente si applica a D io quando si sforza di conoscerlo e di amarlo, e, in questomodo, l'uomo diventa alFimmagine di Dio, pich Dio e lui hanno il medesimofine della loro attivit intellettuale: Dio stesso46. Gli altri atti deH'uomo, i qualihanno un fine inmediato che non n pu essere Dio, saranno tuttavia ordinati

    42 possibile, pero, dar della santit una defnizione pi genrica che s'applichi insieme aliecreature irrazionali e alie creature intellettuali, come fa S. Tommaso, ad es., nel Deperfectionespiritualis vitae: Dicitur [...] aliquid sanctum ex eo quod ordinatur ad Deum ; unde et altaresanctum dicitur quasi Deo dicatum, et alia huiusmodi quae divino ministeriomancipantur (c. 14 [EL 41, p. B 86a]).

    ITEr, q. 81, a. 8, c.44 sanctitas [...] non differt a religione secundum essentiam, sed solum ratione (ibid.).43 V ed., in part., IIa ae, q. 81, a. 1. S . T ommaso diceva gi, in modo genrico, in Ia,q. 36, a. 1, c.: S anctitas autem illis rebus attribuitur, quae in Deum ordinantur .46 Responsio. Dicendum quod cum hom o secundum intellectualem naturam ad imaginem D eiesse dicatur, secundum hoc est mxime ad imaginem Dei, secundum quod intellectualis naturaDeum mxime imitari potest. Imitatur autem intellectualis natura mxime D eum qu antum ad hocquod Deus seipsum intelligit et amat. Unde imago Dei tripliciter potest considerari in nomine.Uno quidem modo, secundum quod homo habet aptitudinem naturalem ad intelligendum etamandum Deum; et haec aptitudo consistit in ipsa natura ments, quae est communis mnibushominibus. A lio modo, secundum quod homo actu vel habitu D eum cognoscit et amat, sed tamenimperfecte; et haec est imago per conformitatem gratiae. Terto modo, secundum quod homoDeum actu cognoscit et amat perfecte; et sic attenditur imago secundum similitudinem gloriae.Unde super illud Psalmi 4,7 , "Signatum est super nos lumenvultos tui, Domine", Glossa distinguittriplicem imaginem: scilicet creationis et recreationis et similitudinis. Prima ergo imago inveniturin mnibus hom inibus; secunda in iustis tantum; tertia vero solum in beatis (Ia, q. 93, a. 4, c.).

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    18a Dio come fine ultimo, di modo ch e il santo autentico colui la cui vita trovasenso soltanto in riferimento a Dio (poich il fine a dar senso): questo siverifica perfettamente nel caso di Ges Cristo47.Per S. Tommaso, dunque, la santit consiste nella conoscenza e nelFamoredi Dio. E si deve sbito precisare che tale conoscenza e tale amore sonnelFuomo solo per grazia e si realizzano quaggi per mezzo della fede e dellacarita. Si tratta, infatti, come lo abbiamo appena visto, non soltanto di acquisireuna certa conoscenza di Dio e di amarlo in qualche modo, ma di fare di Dio ilfine ultimo di tutta la riostra vita, e questo si pu fare solo per grana4* . Pero,anche in questo caso, dobbiamo citare il famoso detto: grana non tollit naturamsed perficit (Ia, q. 1, a. 8, ad 2m). chiaro, infatti, che la santit, cos comel'abbiamo definita seguendo S . Tommaso, non qualcosa di sovraggiunto, unornamento magnifico di certo, ma come appiccicato dalFesterno sull'uomo, ma, tutt'al contrario, ci che porta alia sua perfezione la natura umana: la santit, nella sua realizzazione perfetta, idntica alia beatitudine che tutti gli uomini,necessariamente, desiderano da un desiderio naturale e che consiste nella visionedi Dio. Diventare santo, quindi, no n significa, come a volte si vorrebbe farcredere, allontanarsi dall'umanit, ma significa awicinarsi sempre pin aliaperfezione per la quale fatta, intrnsecamente, la natura umana. Abbiamo qui ilfondamento di questa chiamata universale alia santit che il concilioVaticano II ha vigorosamente riproposta nel capitolo 5 della costituzione Lumengentium (= nn. 39-42)49.S e la santit, poi, la conoscenza e l 'amore di Dio , possiamo caratteriz-zarla con un concetto, di origine pagana, vero, ma che, da molto tempo, statoaccolto nel cristianesimo: il concetto di contemplazione. Questa parola, a volte,pu fare un po' paura e molti pensano che si tratti di qualcosa che riservato apoche anime elette. Questo un errore funeste, perch, in realt, il cristiano contemplativo oppure non veramente cristiano50. Difatti, se amiamo Dio,

    47 C f. m*, q. 19, a. 2.48 Ved . Ia IIa*, q. 109, aa. 1 & 3, senza dimenticare che facienti quod in se est Deus nondenegat gratiam (ibid., q. 112, a. 3); cf. ibid., q. 89, a. 6.49 Arrivati a questo punto, si potrebbe far rilevare come Cristo sia assente da tutto quaatoS . Tommaso ci dice sulla santit e rimanere perplesso di fronte a una dottrina sulla santit chesembra non fare posto a colui che il santo di Dio e nel quale siamo santificati. T ale assenza dovuta al fatto che Cristo, nella sua umanit, soltanto un mezzo nell'economia voluta da Dio,

    mezzo necessario e sublime, certamente, ma mezzo (e, in quanto tale, contingente) della nostrasanticazione. Su questo punto, che non possiamo sviluppare qui, ved. Yves C O N G A R , Lemoment 'conomique' et le moment 'ontologique' dans la S acra doctrina (Rvlation, Thologie,Somme thologique) , in Mlanges Chenu, Pars, J. Vrin, 1967, pp. 135-187; ID. , 'Ecclesia'et 'Populus (fidelis)' dans l'ecclsiologie de S. Thomas , in St . Thomas Aquinas. 1274-1974.Commemorative Studies, T oronto, Pont. Instituteof M ediaeval S tudies, 1974, vo l. 1, pp. 159-173(spec. p. 170); Louis-Bertrand GILLON, L'imitation du Christ et la morale de saint Thomas ,Angelicum 36 (1959), pp. 263-286 (spec. pp. 278-284).30 [ . . . ] hoc videtur esse atnicitiae mxime proprium, simul conversan ad amicum.Conversatio autem hominis ad Deum est per contemplationem ipsius: sicut Apostolus dicebat,Philipp. 3,20: Nostra conversado in caelis est. Quiaigitur Spiritus S anctus nos amatores D ei facit,

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    19desideriamo di conoscerlo meglio, e, pi conosciamo Dio, pi lo amiamo; questacircolazione (nel senso etimolgico della parola) la contemplazione stessa51;essa non si limita alie esperienze mistiche straordinarie, n al tempo passatoneU'orazione: include tutto ci che riguarda il nostro progresso nella conoscenzadi Dio52 e S. Tommaso enumera i sei gradi attraverso i quali 1'uomo raggiunge,a partir dalla considerazione delle creature, la contemplazione di Dio53. Cosdiventa manifest come lo studio e, in particolare, lo studio della sacra dottrina(condotto, evidentemente, da ognuno secondo la propria condizione e le propriecapacita) essenziale alia santit, poich in tale studio che consiste fondamental-mente la contemplazione, anche se essa pu, a volte, elevarsi al di la dellaconsiderazione discorsiva.Pertanto e bisogna insistere co n grande energa su questo punto ,pertanto, lo studio, e in particolare lo studio della teologa, pu essere considratecome un mezzo solante da un punto di vista esclusivamente estrinseco egiuridico. Infatti, evidente che la Chiesa deve preoccuparsi che i suoi ministriposseggano le qualifiche e le conoscenze necessarie aH'adempimento corretto delloro ufficio (ed questa la prospectiva del tutto legittima, poich si tratta delconsequens est quod per Spiritum Sanctum Dei contemplatores constituamur (4 C G 22).

    31 [.,.] vita contemplativa, licet essentialiter consistat in intellectu, principium tamen habetin affectu, inquantum videlicet aliquis ex caritate ad Dei contemplationem incitatur. Et quia finsrespondet principio, inde est quod etiam terminus et fins contemplativae vitae habetur in affectu,dum scilicet aliquis in visione rei amatae delectatur et ipsa delectado rei visae amplius excitatamorem. Unde Gregorius dicit, Super Ezech. [1. 2, hom. 2 (PL 76, 954)], quod "cum quis ipsumquem amat viderit, in amorem ipsius amplius ignescit". E t haec est ultima perfectio contemplativaevitae, ut scilicet non solum divina ventas videatur, sed etiam ut ametur > (IIa u", q. 180, a. 7,ad lm).

    52 [ . . . ] ad vitam contemplativam pertinet aliquid dupliciter: uno modo principaliter, aliomodo, secundario vel dispositive. Principaliter quidem ad vitam contemplativam pertinetcontemplatio divinae veritatis, quia huiusmodi contemplatio est fins totius vitae humanae. [...] S edquia per divinos effectus in Dei contemplationem manuducimur, secundum illud Ad Rom. 1,20:"Invisibilia D ei per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur", inde est quod etiam contemplatiodivinorum effectuum secundario ad vitam contemplativam pertinet, prout scilicet ex hocmanuducitur homo in Dei cognitionem (IP IIa6, q. 180, a. 4, c.).53 Riccardo di S. Vittore distingueva sei specie di contemplazione, di cui solo l'ultimasembrava concernere la contemplazione della venta divina (De gratia contemplationis [ = Beniaminmaior], 1. 6, c. 6 [PL 196, 70]); S. Tommaso interpreta e organizza nel modo seguente

    1'enumerazione del vittorino:Dicendum quod per illa sex designantur gradus quibus per creaturas in Deicontemplationem ascenditur. Nam in primo gradu ponitur perceptio ipsorumsensibilium; in secundo vero gradu ponitur progressus a sensibilibus adintelligibilia; in tertio vero gradu ponitur diiudicatio sensibilium secundumintelligibilia; in quarto vero gradu ponitur absoluta consideratio intelligibiliumin quae per sensibilia pervenitur; in quinto vero gradu ponitur contemplatiointelligibilium quae per sensibilia invenir! non possunt, sed per rationem cappossunt; in sexto gradu ponitur consideratio intelligibilium quae ratio necinvenire nec capere potest, quae scilicet pertinent ad subliman contemplationemdivinae veritatis, in qua finaliter contemplatio perficitur (IIa ae, q. 180, a. 4, ad3ra).

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    20bene delle anime, che la legge suprema34 dei testi legislativi55); feriscepero le orecchie sentir dir, ad esempio, che si studia per diventare sacerdote: inmodo genrale, se si studia checchessia, dovrebbe essere a motivo deH'interesseche vi si trova; ma, quando si tratta di Dio, come si potrebbe ridurlo ad essereun mezzo? S . Tommaso ha espresso questa autofinalit dello studio della veritdivina quando spiega che esso non potrebbe esser meglio paragonato se non algioco, poich, come il gioco, esso ha il suo fine in se stesso ed sorgente didiletto56. Gaudium de ventte, proprio in questo che consiste la beatitudine: incontemplatione divinorum mxime consistit beatitudo (I a II ae, q. 3, a. 5, c.).Probabilmente, si sar notato che, finora, non abbiamo parlato per nientedelle virt morali. Difatti , la santit consiste essenzialmente neU'attivita dell'intel-letto suscitata dalla virt teologale di carita ed esercitata, quaggi, mediante lavirt teologale di fede, e non pu, quindi, esser definita co n l'esercizio delle virt(morali). Quest'ultime son soltanto le condizioni che rendono possibile la

    34 [...] prae oculis habita salute animarum, quae in Ecclesia suprema lex esse debet(CIC 1752 son queste le ultime parole del Cdice).55 S. Tommaso stesso si pone, quand' necessario, in questa prospettiva:[...] sacerdos habet dos actus: unum principalem, supra corpus Christi verum,et alium secundarium supra corpus Christi mysticum. Secundus autem actusdependet a primo, sed non convertitur; et ideo aliqui ad sacerdotium promoven-tur, quibus committitur primus actas tantum, sicut religiosi quibus curaanimanim non committitur; et a talium ore non requiritur lex, sed solum quod

    sacramenta conficiant; et ideo talibus sufficit, si tantum de scienta habeant quodea quae ad sacramentum perficiendum spectant, rite servare possint. Alii autempromoventur ad alium actum qui est supra corpus Christi mysticum; et a taliumore populus legem requirit; unde scientia legis in eis esse debet, non quidem utsciant omnes difficiles quaestiones legis, quia in his debet ad superiores haberirecursus; sed sciant quae populus debet credere et observare de lege. Sed adsuperiores sacerdotes, scilicet Episcopos, pertinet ut etiam ea quae difficultatemin lege facer possunt, sciant; et tanto magis, quanto in majori gradu collocantur(Super 4 Sent., d. 24, q. 1, a. 3, q" 2, ad 1ra [Parm., 7, p. 893b]).56 [...] sapiencie contemplado conuenienter ludo comparatur propter do que est in ludoinuenire. Primo quidem quia ludus delectabilis est et contemplado sapiencie maximam habetdelectationem, unde E ccli. xxnn [27] dicitur ex ore Sapiencie: "S piritus meus super mel dulcs".

    Secundo quia operationes ludi non ordinantur ad aliud set propter se queruntur, et hoc demcompetit in delectationibus sapiencie. Contingit enim quandoque quod aliquis apud se ipsumdelectatur consideratione eorum que concup iscit uel que agere proponit, set hec delectado ordinaturad aliquid exterius ad quod nititur peruenire; quod si deficiat uel tardetur delectationi huiusmo diadiungitur non minor afflictio, secundum illud Eccli. X X X f f l [rectius Prou. 14,13]: "risus doloremiscebitur". Set delectado contemplationis sapiencie in se ipsa habet delectationis causara, undenullam anxietatem patitur quasi expectans aliquid quod desit; propter quod dicitur Sap. vm [16]:"Non habet amaritudinem conuersatio nec tedium conuictus illius", scilicet sapiencie. E t ideodiuina Sapiencia suam delectationem lu do comparat, Prou. vra [30]: "Delectabar per singulos diesludens coram eo", ut per diuersos dies diuersarum ueritatum considerationes intelligantur. Vndeet hic subditur [Eccli. 32,16]: et illic ag e conceptiones tuas, per quas scilicet homo cognitionemaccipit ueritatis (Expositio libri Boetii de ebdomadibus, I [EL 50, pp. 267b-268a]).

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    VI. U rulo dei beati.

    A. D vtale consortium.Con la parola beati , non intendo qui nicamente i beati beatifican ,ma tutti coloro che son definitivamente santi, cio che aderiscono a Diodefinitivamente, in modo inammissibile, mediante la visione beata. Son i cristianiche son arrivati al traguardo, che hanno vinto il premio, per riprenderel'espressione paolina, e che formano la vera e definitiva Chiesa, quella alia quale,come dice S. Tommaso, la nostra Chiesa militante esemplata e verso la qualetende67.Sarebbe tuttavia un errore immaginare una radicale soluzione di continuitfra la nostra Chiesa terrena e la Chiesa del cielo. I beati fanno parte del corpo di

    Cristo in modo pi perfetto che non noi, ma anche noi facciamo, secondo diversigradi, parte del Corpo di Cristo68 o, per dirlo diversamente, viviamo o siamo

    ministero); poi, i laici che son chiamati dal vescovo perch si diano pi completamente alieopere apostoliche ; poi, i coniugi e i genitori cristiani; poi, le persone vedove e quelle nonsposate; poi, i lavoratori; infne, coloro che soffrono. Come si vede, nonostante un certo sforzodi classificazione, si tratta di un'elenco che non presenta una reale necessit in rapporto alia santit(e, per di pi,si son dimenticate alcune categorie come i religiosi). Nella Somma, al contrario,tutto ordinato secondo quel cardine della santit ch' la contemplazione. Per prima cosa, sidefinisce in rapporto alia contemplazione, due grandi tipi di vita, la vita attiva e la vitacontemplativa, poi, si considerano gli stati concreti di vita nel loro rapporto alia possibilit cheoffrono di attuare la vita contemplativa.In secondo luogo, arrivati a questo punto, si deve sottolineare due cose. D a un lato, vitaattiva e vita contemplativa, normalmente, coesistono nel cristiano (cf. q. 182, a. 1, ad 3m); anzi,la vita attiva, mediante Topera delle virt morali che collegano e ordinano le passioni, aiuta la vitacontemplativa (cf. q. 182, a. 3, c.). DalPaltro lato, ne segu immediatamente che vitacontemplativa non s'identifica con vita religiosa. L a vita religiosa soltanto lo stato di vita pifavorevole per lo sviluppo della vita contemplativa (cf. q. 184, a. 5, c.).

    67 [...] non per ecclesiam terrenam, sed caelestem, quia ibi est vera ecclesia, quae est maternostra et ad quam tendimus et a qua nostra ecclesia militans est exemplata (Super Ep. adEphesios, c. 3, 1. 3 [M arietti, n. 161]).68 M i pare estremamente importante ricordare che l'appartenenza al Corpo di Cristo , se cossi pu dir, modulata, in tal modo che, in maniera assoluta e definitiva, ne fanno parte solo i beatiin cielo, ma che, finch uno su questa trra, ne fa parte almeno in potenza. Spiega beneS . Tommaso (ffl1, q. 8, a. 3):[...] accipiendo generaliter secundum totum tempus mundi, Christus est caputomnium hominum, sed secundum diversos gradus.Primo enim et principaliter est caput eorum qui actu uniuntur sibi pergloriara. Secundo, eorum qui actu uniuntur sibi per caritatem.Tertio, eorum qui actu uniuntur sibi per fidem.Quarto vero, eorum qui sibi uniuntur solum in potentia nondum reductaad actum, quae tamen est ad actum reducenda secundum divinara praedestinatio-

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    26diffondere Topera di Cristo nel mondo intero. Ho brevemente ricordato questedottrine che richiederebbero lunghissimi sviluppi e molte sfumature per renderpresente alia mente lo sfondo sul quale si svolge la nostra presente considerazio-ne. L'uomo , quindi, chiamato a collaborare all'opera di Cristo, e questacollaborazione si concretizza principalmente nel mrito72. questa una parolapoco di moda; il concert, pero, che designa indispensabile se vogliamo farciuna idea un po' precisa della salvezza e, per quel che ci riguarda, dellacomunione dei santi73.

    B. Breve richiamo di alcuue nozioni sul mrito.

    1. U mrito in senso univoco (mrito secondo giustizia; mritoex condigno).Meritare vuol dir rendersi degno secondo giustizia di un compenso. Cicapita, generalmente, mediante l'esecuzione di un contratto. S e Tizio s'impegnacon Caio a eseguire un determinato lavoro e se Caio, da parte sua, s'impegna adar a Tizio una determinata somma per l'esecuzione di detto lavoro, una voltache Tizio ha fatto il lavoro, egli menta il compenso pattuito con Caio.Esiste, nei confronti di Dio, un mrito di tale tipo? I farisei (o , almeno,alcuni fra di loro) lo pensavano: la relazione fra Dio e l'uomo era regolata dalcontratto che era la Legge e, se l 'uomo adempiva la legge, Dio era tenuto ingiustizia di ricompensarlo. Contro questa concezione, Ges reagisce nel Vangelo:la salvezza dono gratuito di Dio (parbola degli operai dell'ultima ora). La

    quia dura iustificatur, credit; eo quod motus fidei requintar ad iustificationem impii [...] (Ia W,q. 114, a. 5, ad lm).72 Una tale affermazione pu sembrare sorprendente. Pensiamo infatti a tutte le opere, a tuttele fatiche apostoliche mediante le quali i cristiani cercano di collaborare con Cristo. Son tuttecose necessarie, ma hanno solo valore di preparazione. L'opera di Cristo la salvezza, vale a dirla comunicazione della grazia. Ora, il modo che abbiamo di collaborare da pi vicino a questaopera , precisamente, l'intercessione, il cui valore dipende dal mrito. Tutte le altte cose sondelle preparazioni estrinseche all'opera di Cristo, che possono essere per chi le attua fonte digrandi ment, ma che di per s non contribuiscono direttamente a dar la grazia o a preservare

    la grazia, perch son opere umane e la grazia b opera divina. II ponte fra Topera divina dimisericordia e Topera umana proprio il mrito.73 Quanto segu (nei paragraf B e C) non altro che una breve spiegazione di questeaffermazioni del concilio Vaticano u: in patriam recepti et praesentes adDomirmm (cf. 2 Cor. 5,8), per Ipsum, cum Ipso et in Ipso non desinunt apudPatrem pro nobis interceder, exhibentes menta quae per unum M ediatorem D eiet hominum, Christum lesum (cf. 1 T im. 2, 5), in terris sunt adepti, D omino inmnibus servientes et adimplentes ea quae desun passionum Christi in carne suapro Corpore Eius quod est Ecclesia (cf. Col. 1, 24). Eorum proinde fraternasollicitudine infirmitas nostra plurimum iuvatur (L G 49).

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    27giustificazione non in nessun modo meritata daH'uomo: stata meritata perl 'uomo da Cristo, mediante la sua passione e morte. M a, una volta giustifcato,l 'uomo si trova messo in grado di mentare, sul fundamento della graziasantificante che gli comunicata da Cristo e che partecipazione alia grazia diCristo, in modo che si pu dir, come diceva il Gaetano a Lulero, che quandodiciamo che meritiamo, diciamo che Cristo menta in noi74. Meritiamo, quindi,la nostra salvezza, sul fondamento della grazia abituale, mediante gli atti virtuosiche noi operiamo75.

    2. U mrito analgicamente detto (o mrito ex congruo).Accanto al mrito in giustizia (ex condigno), si chiama anche mrito ciche lo solo in quanto si tratta di un certo contraccambio, il quale, pero, non regolato dalla giustizia, ma dalla benevolenza. S e do a un operaio una gratifca-zione in considerazione dell'impegno con il quale svolge il proprio lavoro, nonsi pu dir che egli l'abbia meritato in giustizia (poich quel che merita cos ilsuo salario), ma si pu dir che l'ha in qualche modo meritato mediante il suoimpegno, il quale ha mosso la mia benevolenza a ricompensarlo. Quel che importante notare come intervengono qui elementi non pertinenti nel caso delmrito ex condigno, come son 1'impegno dell'operaio e la benevolenza delpadrone.S e trasportiamo questo nel campo delle relazioni con Dio, notiamo sbitoche Dio pu avere benevolenza (soprannaturale, che riguardi, cio, la salvezza)

    74 [...] non enim dicimus, quod ex operibus nostris, quatenus a nobis sunt, sed quatenus aChristo in nobis et per nos sunt, meremur uitam aeternam (THOMAS D E Vio, CARD. CAIETANUS,Defide et operibus, c. 12; in Opsculo omnia Thomae de Vio Caletean [...] in tres distincta tomos,Venetiis, Apud Tuntas, 1588, t. 3, p, 292a).S. Agostino aveva detto in un testo citato spesso e ripreso dalla liturgia:Quid est ergo meritum hominis ante gradara, quo mrito percipiat gratiam, cumorone bonum meritum nostrum non in nobis faciat nisi grada ; et cum Deuscoronat merita nostra, nihil aliud coronet quam muera sua ? (S. AUGUSTINUS,Epstola 194, 5, 19 [PL 33, 880]).E, come lo sottolinea giustamente il card. Congar, nella teologia del mrito elaborata daS. Tommaso, rfrence dcisive est la promesse de Jess, dans son entretien avec laSamaritaine : L'eau que je lui donnerai deviendra en lui une source jaillissanteen vie ternelle (Jn 4, 14) [P nac, q. 114, a. 3 et a. 6; Com. in Rom. c. 8 lect.4; in loan. c. 4 lect. 2; comp. C. Gent . IV, 21 et 22; Compend. theol. I, 147](Yves CONGAR, Je crois en l'Esprit Saint, t. 2, Pars, d. du Cerf, 1980,p. 85).

    73 II concilio tridentino ha espresso tutto ci con precisione e brevita:S i quis dixerit, hominis iustificati bona opera ita esse dona Dei, ut non sint etiambona ipsius iustificati merita, aut ipsum iustificatum bonis operibus, quae ab eoper Dei gratiam et lesu Christi meritum (cuius vivum membrum est) fiunt, nonver mereri augmentum gratiae, vitara aeternamet ipsius vitae aeternae (si tamenin gratia decesserit) consecutionem, atque etiam gloriae augmentum: anathemasit (Can. 32 de iustificatione [D S 1582]).

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    30D. L'esempio dei beati.M a non dobbiamo guardare soltanto ai nostri fratelli del cielo come adegl'intercessori, ma anche considerarli, se cosi posso dir, in se stessi; meditarecio il loro tenore di vita e imitarlo, poich cosi ch e hanno meritato di

    conseguir la gloria eterna80.Dice il Vaticano II:Duro [...] illorum conspicimus vitam qui Christum fideliter sunt secuti, novaratione ad futuram Civitatem inquirendam (cf. Hebr. 13, 14 et 11, 10) simulquetutissimam edocemur viam qua nter mundanas varietates, secundum statum accondicionem unicuique propriam, ad perfectam cum Christo unionem seusanctitatem pervenire poterimus. In vita eorum qui, humanitatis nostraeconsortes, ad imaginera tamen Christi perfectius transformantur (cf. 2 Cor. 3,18), Deus praesentiam vultumque suum hominibus vivide manifestat. In eis Ipsenos alloquitur, signumque nobis praebet Regni sui, ad quod tantam habentesimpositam nubem testium (cf. Hebr. 12, 1), talemque contestationem veritatisEvangelii, potenter attrahimur (LG 50).

    Notiamo soltanto qu i l'accento messo sulla diversit delle condizioni in cuii beati si son santificad: possiamo dir che completano cosi l'esempio di Cristo;non che manchi niente alia santita di Cristo, ma evidentemente questa sua santitsi manifestata in circostanze necessariamente particolari: quelle di un giudeodell'poca di Tiberio; i santi ci mostrano come nelle pi svariate condizioniambientali, sociali, politiche possibile imitare Cristo e vivere la carita.E. Una vera comunione.M a i nostri rapporti con i beati, questo vtale consortium di cui parla ilconcilio non si esauriscono nel culto ch e tributiamo loro, nell'esempio che cidnno e nelFintercessione che attuano a nostro favore. Formiamo, come abbiamodetto, con i beati un solo corpo, una sola famiglia, una sola Chiesa. Perci lidobbiamo amare di carita, di questa carita che tende a Cristo e, per mezzo suo,

    80 Origene ha vigorosamente sottolineato come il desiderio di essere con i santi nella gloriaimplica necessariamente la volonta di imitare la loro vita e i loro patimenti (cos come, per esserecon Cristo nella gloria, bisogna prendere la propria croce):Spesso nelle preghiere diciamo: D io omnipotente, dacci di aver parte con iprofeti, dacci di avere parte con gli Apostoli del ru Cristo, per poterci ritrovareanche noi insieme con Cristo . Ma, quando diciamo questo, non ci rendiamocont di che cosa chiediamo. In realta, noi diciamo: Dacci di parir ci chehanno patito i profeti; dacci di essere odiati como furono odiati i profeti; daccidi proferir parole che ci rendano oggetto di odio; dacci di subir awersitasimili a quelle che subirono gli Apostoli . Infatti, dir: Dammi di aver partecon gli Apostoli, senza voler dir in verita, con la stessa disposizione di Paolo:* pi di loro nelle fatiche, pi di loro nelle prigionie, immensamente di pi sottole battiture e spesso nei pericoli di morte [2 C o 11,23], ecc., questo piingiusto di turto (ORIGENE, Ho m . in leremia, 14 [GCS 6, 119]).

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    31a Dio81. Infatti, abbiamo, noi e loro, lo stesso fine, tendiamo alio stesso beneche Dio. Dio il bene comune della Chiesa di lass e della Chiesa di quaggi,D io visto dalla prima, D io crdulo dalla seconda; e, se ci ricordiamo comeabbiamo definito la santit come tensione verso Dio, capiremo come essa uniscale due part della Chiesa.VIL La canonizzazione.

    A. Perch canonizzare?XE evidente che non abbiamo qu i a fare la storia del come si sviluppatonella Chiesa l'istituto della canonizzazione. D al nostro punto di vista, che speculativo, dobbiamo cercare di evidenziare i motivi che fondano tale istituto.

    1. Una necessaria disciplina.Come si sa, e come lo vedrete, la venerazione litrgica nei riguardi dicerti defunti nata spontaneamente, ma ben presto le autorit ecclesiastiche hannoawertito la necessit di un a regolazione, per il bene stesso delle anime dei fedeli.Bisognava, infatti, assicurarsi, per quanto possibile, che la personavenrala fosse veramente in cielo (il che all'inizio sembra esser stato provato soprattutto da i miracoli operad post morten).Bisognava anche assicurarsi che la vita della persona in questione fossedegna di essere proposta alia imitazione dei fedeli.Celebrrimo e decisivo (perch inscrito nelle Decretal? 2) l'interventodi Alessandro III (6 luglio 1170) in cui il papa, scrivendo al re, ai vescovi, alclero e al poplo di Svezia, si lamenta che sia venralo come santo martire un taleucciso mentre era ubriaco83.Come si vede, l'inlervenlo dell'autorila ecclesiastica nella canonizzazione(quali che siano state poi le forme concrete di essa) pienamente giustificalo dalsuo compito pastorale.

    81 Omne enim genuinum amoris testimonium coeliibus a nobis exhibitum, suapte naturatendit ac tenninatur ad Christum qui est "corona sanctorum omnium" et per Ipsum ad Deum quiest mirabilis in Sanctis suis et in ipsis magnificatur (L G 50).82 Decretal. Gregor. IX, 1. 3, tit. 45 De reliquiis et Veneratione Sanctorum, cap. Audivimus(FR 2, 650).83 II testo orignale della lettera di Alessandro III (il celebre canonista bolognese RolandoBandinelli) stato pubblicato da Johannes Gustavus Liljegren, Diplomatarium Suecanum, I,Holmiae, 1829, pp. 61-63, e le sue part essenziali son riprodotte da quasi tutti gli autori chehanno scritto sulle canonizzazioni.

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    322. Una proposta autorevole.

    Ma non si tratta soltanto di evitare degli abusi, si tratta anche di offrire alpoplo cristiano una proposta autorevole. rulo pastorale dell'autoritgerarchica di adoperare i mezzi atti a far crescere la santit del poplo cristiano.Uno di questi mezzi , proprio, di proporre al poplo cristiano dei modelli e degliintercessori. Certamente, questi modelli e intercessori ognuno se li pu scegliereda s, ma ricorrendo a quelli proposti dalla Chiesa, da un lato assicurato di noncommettere valutazioni erronee e, dall'altro lato, mette in pratica la virt delladocilita, lasciandosi insegnare dalla Chiesa.

    B. U valore dogmtico della canonizzazione84.Ho appena evcate la sicurezza che ha il fedele che venera chi gli proposto a tale effetto dalla Chiesa (intendendo con Chiesa l'autorit gerarchica).

    Ora sorge un problema molto complesso che quello della natura e del grado diquesta sicurezza. Per cercare di render le cose pi chiare possibili, credo che necessario prender le cose un po' alia larga, situando le canonizzazioni nel genereal quale vengono generalmente ascritte, quello cio dei cosiddetti fa t t idogmatici .1.1 fatti dogmatici.

    dottrina di fede (anche se non propriamente definibile) che la Chiesagode dell'assistenza dello Spirito Santo, non per proporre dottrine nuove, ma percustodire il deposito della fede ed esporlo fedelmente, in modo ch e possa definirinfallibilmente dottrine che riguardano la fede o i costumi (cf. DS 3070 e 3074).Insegna il Vaticano II:

    Haec autem infallibilitas, qua Divinus Redemptor Ecclesiam suam in definiendadoctrina de fide vel moribus instructam esse voluit, tantum patet quantum divinaeRevelationis patet depositum, snete custodiendum et fideliter exponendum(LG 25).

    84 S u questo tema, lo studio pi recente e: Ernesto PIACENTINI, Infallibile anche nelle causedi canonizzazione?, Roma, E. N. M. I., 1994, che riprende lo studio pubblicato sotto il titolo L'infallibilit pontificia nelle cause di canonizzazione nel volume Sacramenti, Liturgia, Causede i Santi. Studi in onore de l cardinale Giuseppe Casona, a cura del Prof. Antonio MORONI , diMons. Cario PINTO e di Mons. Marcello BARTOLUCCI, Napoli, Campagna Notizie / E . C . S .Editoriale Comunicazioni sociali, 1992, pp. 541-588 (si tratta di uno scritto notevole per il numeroimpressionante di errori di stampa). S i avr sempre interesse a ricorrere a M ax SCHENK, DieUnfehlbarkei de s Papstes in der Heiligsprechung, Freiburg (Schweiz), Paulusverlag ("Thomisti-sche Studien, 9"), 1965, che ha radunato e studiato moltissimi testi relativi al nostro argomento.

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    34larga. Non v' dunque dubbio, sembra, che la Chiesa possa ritenere di esserinfallibile anche quando si tratta di definir un fatto dogmtico ?8.

    2. La canonizzazione come fatto dogmtico.Quando si canonizza qualcuno, si afferma che, a motivo dela santit dellasua vita, manifestata daH'eroicit delle sue virt, o a motivo della testimonianzadel suo martirio, tale persona singolare in paradiso. Ci son dunque due aspettiin una canonizzazione: da un lato 1'affermazione, che possiamo senz'altro riteneredefinibile, che chi pratica le virt cristiane va in paradiso e poi, dall'altra parte,l'applicazione di tale affermazione alia persona singolare. Ora, se si pufcilmente mostrare che la proposizione genrale contenuta nella Rivelazione, altrettanto evidente che il fatto che Tizio o Caio abbia vissuto in modo da esseresanto non vi contenuto n esplicitamente n implcitamente. Si dice dunque,generalmente, ch e siamo qui di fronte ad un fatto dogmtico . E, per lo pi,

    chi esamina il problema si ferma qui e conclude che la Chiesa pu infallibilmentecanonizzare89.L e cose, pero, forse non son cos semplici, perch il caso dellacanonizzazione non esattamente simile a quello della condanna di un ertico.Nel caso della condanna, chiaro che siamo di fronte a un grave pericoloper la fede dei cristiani e che l'individuazione precisa di tale pericolo necessariaalia preservazione di questa fede. Quando si tratta di canonizzazione, invece, no ntroviamo niente di questo. S i tratta di un movimento spontaneo della C hiesa cheritiene bene di proporre qualcuno alia venerazione dei fedeli. In caso di errore,non ne conseguirebbe un danno mortale per la fede, anche se ci sarebbe

    88 Molti teologi tuttavia credono bene di precisare che la definizione cos portata non puessere crdula de fide divina, poich non in nessun modo rivelata, ma creduta de fideecclesiastica; non b qui il luogo per entrare nella discussione di tale asserzione (per un primoorientamento, ved. Y ves M .-J. CONGAR, op. cit. alia nota precedente, pp. 358-363).89 Mons. Veraja scrive, ad es.:L'oggetto del M agistero infallibile della C hiesa, com' noto, oltre alie

    verit rivelate (credendae fide divina) e le dottrine che son in connessionelgica necessaria con una verit di fede, son anche i cosiddetti fatti dogmatici,ossia fatti contingenti che son in connessione morale necessaria con U fineprimario della Chiesa, che quello di conservare e spiegare il deposito rivelato.Ora, tra i fatti dogmatici umversalmente annoverata anche la canonizzazione,nella quale in m odo definitivo viene dichiarata la santit di un servo di D io cheviene proposto come modello di santit. Se la Chiesa universale errasse nelvenerare un individuo come modello di santit evanglica, ossia se il Papaerrasse neU'imporre a tutta la Chiesa un tale culto, la Chiesa non sarebbeinfallibile neH'annunciare la santit, che b l'ideale della vita cristiana (FabijanVERAJA, La canonizzazione equipollente e la questione dei miraco nelle causedi canonizzazione, Roma, 1975, p. 14, nota 19).

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    35evidentemente molto spiacevole90. In altre parole, che i fedeli si pongano aseguito di Lutero sarebbe di mortale gravita pe r loro; ch e venerino, pe r assurdo,un santo che in realt sarebbe alFinferno non ha tale gravita91 e pu, lo stesso,aiutare la loro vita cristiana, perch la loro venerazione s'indirizza a quellapersona nicamente in quanto la ritengono santa, rnica di Dio. Afortiori, si devericonoscere che la venerazione di santi dubb i o perfino inesistenti (S. Filomena),anche se, evidentemente punto auspicabile, non reca tuttavia nessun danno aliafede dei devoti (v. S. Giovanni M ara V ianney) e ci per lo stesso motivo, e cioche si venerano questi personaggi a motivo delle loro (supposte) virt cristiane,segno della loro (supposta) unione co n Dio. Non c' nemmeno motivo di pensareche le preghiere indirizzate mediante l'intercessione di questi pseudo-santirimangano necessariamente vane. Infatti, come diceva giustamente il bollandistaH. Delehaye:

    C'6 da ricordarsi che la fiducia nella intercessione dei santi non e se non unaforma della fiducia in Dio. Perianto, si capisce che Dio esaudisca delle preghiereche, in mancanza delTintermediario, vanno direttamente a lui92.

    Perci, non essendo la canonizzazione di tale o tale persona necessaria aliacustodia e difesa del deposito della fede, non sembra che la materia dellacanonizzazione sia tale da poter essere soggetta alia infallibilit.

    90 Bisogna pur tener presente che i cristiani, nella loro grandissima maggioranza, non sipreoccupano molto di sapere come un santo diventato tale e non fa differenza fra i santiformalmente canonizzati e i santi delTantichit cristiana, ad es. Bisognerebbe pur non dimenticareche la Chiesa, per secoli, ha presntalo, nei suoi libri liturgici, alia venerazione dei fedeli santiperlomeno dubbi. Tutto ci dimostra che la materia non S di tale vtale gravita da richiedereTinfaUibilit.91 Nei testo del Qdl 9 che citiamo infra (p. 45), S. Tommaso riserva l'infallibilit della Chiesaa ci che necessario alia salvezza; ora chiaro che b necessario alia salvezza professare la verafede, non sembra necessario alia salvezza pregare solo persone degne di esser prgate.92 II faut se souvenir que la confiance dans l'intercession des saints n'est qu'une forme dela confiance en D ieu. L 'on concoit que D ieu exauce des prires qui, l'intermdiaire faisant dfaut,vont directement Lui (Anal. Bol . 44 [1946], p. 233). Era gi, insomma, quanlo insegnavaInnocenzo IV (Sinibaldo de' Fieschi, f 1254):Venerandi sunt omnes sancti canonizati [...] dicimus quod etiam si Ecclesiaerraret quod non est credendum: tamen preces per talem bona fide porrectasDeus acceptaret (INNOCENTIUS IV , Super libros quinqu Decretalium, \. 3, tit.45 De reliquiis et veneratione sanctorum, c. 1 [tit. da M ax S C H E N K , op . lad.,p. 9]).

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    363. La formula della soleme canonizzazione93.

    a. La formula stessa.Pero, si dice, contra factum non valet illatio e la formula che usano i Papinella canonizzazione dimostra chiaramente che intendono portare una definizioneinfllibile.Vediamo quindi questa formula. Riproduco il testo di una delle pi recenticanonizzazioni, quella di Rafaello di S. Giuseppe Kalinowski (17 novembre1991):

    A d honorem Sanctae et Individuae Trinitatis, ad exaltationem fidei catholicae etvitae christianae incrementum, auctoritate D omini nostri lesu Christi, beatorumApostolorum Petri et Pau ac Nostra, matura deliberatione praebabita et divinaope saepius implrala, ac de plurimorum fratruin Nostrorum consilio, beatumRaphaelem a Sancto loseph Kalinowski Sanctum esse decernimus et definimus,ac Sanctorum Catalogo adscribimus, statuentes eum in universa E cclesia nterSanctos pia devotione recoli deber. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti( A A S 85 [1993], pp. 223-224).Questa formula, usata, all'epoca moderna94 , co n variazioni che non netoccano la sostanza95, offre senza dubbio una impressionante similitudine con le

    93 Ved., in part., Amato Pietro FRUTAZ, A uctoritate ... Beatorum Apostolorum Petri etPauli. Studio sulle formule di canonizzazione , Antonianum 42 (1967), pp. 435-501. Mons.Veraja lamenta che, quando trattano della infallibilit della canonizzazione, i teologi tenganopresente soltanto le canonizzazioni formali, dimenticando la canonizzazione equipollente (Fabijan V E R A J A , La canonizzazione equipollente e la questione dei miracoli nelle cause dicanonizzazione, Roma, 1975, p. 14, nota 19). Ricordiamo, anzitutto, che, secondo la dottrina diBenedetto XIV cos come viene interprtala da Mons. Veraja, la canonizzazione frmale si haquando il Papa pronuncia una frmale solenne dichiarazione sulla santit del Beato, U quale vieneiscrillo nell'albo dei Santi ; quando, invece, il Papa si limita a disporre che un beato sia oggettodi un culto da parte della Chiesa universale, si tralla di una canonizzazione equipollenle (ibid.,p. 16). M anca, quindi, nella canonizzazione, la formula che ci accingiamo a studiare (e che 6generalmente ritenuta come la prava che il Papa inlende impegnare la propria infallibilil nellacanonizzazione); perci, se si pu mostt