Omar Khayyam

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    OMAR KHAYYAM

    Omar Khayyam nasce a Nishapur, un importante centro della Persia (oggi Iran) nel 1048, in un

    periodo di grandi torbidi e di grande incertezza sociale. Come tutti gli intellettuali arabi del

    Medioevo, Khayyam fu una figura poliedrica e versatile: si interess di filosofia, ma soprattutto di

    algebra e di astronomia ( autore del Trattato sulla dimostrazione dei problemi di algebra, uno dei

    testi pi importanti dellepoca in materia). A lui si devono, in particolare, interessante

    approfondimenti su postulati di Euclide, ma anche intuizioni sulle geometrie non euclidee (un tema

    molto caro alla scienza e alla filosofia

    novecentesca), oltre allallestimento di

    una serie di tavole astronomiche per la

    riforma del calendario ufficiale, che

    rimane in vigore in Iran dal 1074 fino al

    XXsecolo.

    Come tutti gli intellettuali del suo tempo,

    vive alla corte di importanti shah, che lo

    proteggono e gli consentano di potersi

    dedicare liberamente agli studi: fra questiil pi importante per la vita del poeta lo shah Jalal al-Din Malikshah il Selgiucide (morto nel

    1092), grazie al quale Omar fonda un osservatorio astronomico a Isfahan. La sua opera di poeta

    Omar la coltiva in maniera sporadica e occasionale, in ogni caso mai a livello professionistico:

    nellarco della sua vita venne cos raccogliendo una serie di brevi componimenti di quattro versi

    ciascuno, le celebri Quartine, in arabo Rubaiyat, in cui condensa tutto il suo pensiero e le sue

    riflessioni sui temi pi disparati. Avvolto dallaura di sapiente (un sufi), e circondato da un gran

    numero di seguaci, il poeta si spegne nella citt natale di Nishapur nel 1131, alla veneranda et di83 anni, cosa non comune visti i tempi. Sulla sua morte un aneddotto racconta che una sera stava

    meditando su un libro: improvvisamente lo chiuse, poi chiese carta e calamaio per scrivere

    testamento; quindi si addorment ai piedi di un muricciolo dove sorgevano degli alberi fioriti, e dal

    sonno scivol dolcemente al sonno della morte. Per la sua tomba venne costruito un mausoleo

    circondato da uno splendido giardino, capolavoro dellarchitettura persiana, e ancor oggi mta di

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    pellegrinaggi. Pare infatti che avesse affermato una volta: Il luogo del mio riposo sar dove gli

    alberi si vestono di fiori, non una volta, ma due volte lanno.

    La questione pi dibattuta dalla critica certamente quale sia il numero esatto delle Quartinea lui

    attribuibili: la tradizione non solo non affatto concorde, ma varia da manoscritto a manoscritto: si

    passa da poche decine di quartine, secondo alcuni codici, a oltre il migliaio di altri. Probabilmente a

    Omar accaduto quel che successo pi volte nella storia della letteratura: ossia che a un certo

    punto vengono attribuiti testi di uno stesso genere allautore pi noto e pi celebrato, col risultato di

    creare un corpusdi testi attribuiti in cui francamente arduo districarsi.

    Comunque sia la tradizione riconosce a Omar un gruppo di testi decisamente omogenei per forma e

    per contenuto, che ruotano tutti intorno a una serie di temi ben precisi. Innanzitutto il tema centrale

    della sua poesia la celebrazione della vita in ogni suo aspetto: sotto questo punto di vista, il

    paragone con la tradizione classica, in particolare con il carpe diemdi Orazio, evidente. La vita,

    secondo Omar, una sola: non va quindi sprecata, e va vissuta fino in fondo, attimo dopo attimo;

    ci che conta dunque il presente, mentre vanno parimenti rifiutati sia latteggiamento di rimpianto

    verso il passato (ci che sarebbe potuto essere e non stato), sia la vana attesa del domani. La

    speranza in un domani, in modo particolare, del tutto illusoria: meglio vivere loggi, con tutti i

    suoi limiti, piuttosto che confidare in un qualcosa che potrebbe benissimo non accadere mai. Per

    vivere pienamente la vita bisogna saper godere dei piaceri che essa offre: in particolare nella poesiadi Omar centrale il binomio vino-musica, talvolta allargato allamore. Il vino simbolo della

    gioia, dellabbandonarsi allebbrezza del momento, senza curarsi minimamente del domani; con la

    musica e lamore, questi tre elementi sono compattati nella situazione tipica del banchetto, il

    momento del convivio in cui, assieme a un ristretto numero di intimi amici, si gode del piacere della

    vita nellamicizia e nella solidariet sociale.

    Il contrario della vita la morte, che assume agli occhi del poeta pi che un aspetto macabro-

    quello di un solenne monito a godere la vita, destinata inevitabilmente alloblio. Senecamente sipotrebbe affermare che caram, te, vita, benificio mortis habeo (ti ho cara, o vita, grazie al

    beneficio della morte), che appunto invito a vivere pienamente le gioie della vita prima di

    sprofondare nel buio.

    Questo quadro ha fatto s che la poesia di Omar sia stata accostata da pi parti (per esempio dal suo

    maggiore traduttore, linglese Fitzgerald) allepicureismo classico, di cui la gi citata poesia di

    Orazio il modello pi conosciuto. Ci per non toglie che nella poesia di Omar siano presenti

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    unaltra serie di temi, di impostazione filosofico-religiosa, decisamente estranei al modello

    oraziano.

    Il pi importante di questi temi si esplica nella visione delluomo, in relazione a Dio e al posto da

    lui occupato nelleconomia delluniverso. La visione di Omar decisamente pessimista:

    limpostazione filosofica di fondo un rigido determinismo, per cui luomo non affatto libero, n

    pertanto pu liberamente scegliere o volere; egli si illude di esserlo, come il sasso che rotola lungo i

    fianchi di una collina, che pensa di cadere per un atto libero della sua volont, mentre invece pi

    banalmente costretto a muoversi spinto da un cieco impulso. Gli uomini pertanto non sono attori,

    protagonisti del dramma della vita, ma semplici marionette nelle mani di un Dio che ha scritto il

    copione, dirige lo spettacolo e assiste divertito alla scena. O come pezzi di scacchi, assolutamente

    impotenti, con cui Dio si diverte finch, quasi annoiato dal gioco, decide di riporli nel cassetto a

    giacere (unimmagine della fossa). Da un punto di vista morale ovvio che una tale dottrina renda

    luomo non responsabile delle sue azioni, n della scelta fra bene e male compiuta durante la vita:

    Dio che sa tutto fin dal principio, Lui che, in ultima analisi, decide tutto. Da ci il grido di protesta

    elevato dal poeta nei confronti della divinit: se Dio il responsabile di tutto, perch la necessit di

    un giorno del giudizio? Perch la differenziazione fra un Inferno e un Paradiso?

    In relazione invece al ruolo delluomo nel cosmo, evidente da queste premesse che esso ridotto a

    puro nulla: tutto nelle mani di Dio, luomo un essere del tutto impotente, vittima pi checarnefice. La sua posizione nelleconomia delluniverso come quella di un piccolo ciottolo

    abbandonato sul fondo delloceano: come se non esistesse.

    Come appare evidente da queste battute la posizione religiosa di Omar decisamente di

    contestazione del credo trasmesso dalla tradizione: non per nulla in vita il poeta ebbe fra i suoi pi

    forti oppositoridal punto di vista della religione- i pi intransigenti seguaci della corrente sunnita

    dellIslam, ossia i pi attaccati alla tradizione. Sarebbe sbagliato per ritenere Omar magari con gli

    occhi di noi contemporanei- una sorta di rivoluzionario o addirittura di ateo: come dimostranoinequivocabilmente moltissime Quartine, la fede di Omar indubbia, n realisticamente ci si pu

    attendere una professione di ateismo a quellaltezza cronologica, cosa che in effetti neppure sfiorava

    la mente del poeta. La visione di Omar dunque quella di chi crede in Dio, ma tuttavia non riesce a

    farsi una ragione e qui traspare lintellettuale che in lui- delle contraddizioni insanabili dellagire

    di Dio, e urla pertanto la sua protesta, che non scade comunque mai nella bestemmia, s piuttosto in

    una drammatica richiesta di aiuto: il grido di chi nel buio e domanda la luce. Prova ne che Omar

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    anche lautore di un trattato, Il Discorso splendido, in cui sostiene tesi ortodosse sulla religione,

    concordando in particolare con Avicenna (della cui filosofia egli era un grande divulgatore) sul

    concetto di Unit divina.

    Ma ecco che, qua e l, affiora anche nella poesia di Omar il barlume di una speranza,

    paradossalmente alimentato dalla sua filosofia disperata: proprio perch luomo non conta nulla,

    proprio perch tutto nelle mani di Dio e sua la responsabilit pi grande, ecco che Omar si

    dichiara convinto che Dio non potr non elargire alluomo il suo perdono; Dio, in un certo senso,

    deveperdonarlo. Da qui labbandono fiducioso alla volont superiore di Dio: luomo potr peccare

    col vino, la musica, le donne- ma Iddio sommamente condiscendente perch sa luomo di che

    fatto, e sapr perci riscattarlo nellultimo giorno.

    Mausoleo di Omar Khayyam a Nishapur

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    ANTOLOGIA1

    1.

    I Sapienti, che le ultime ragioni

    conoscono del mondo2e fanno tanta guerra3,

    un giorno avranno sonno4, e taceranno, proni5,

    con pochi6vermi in bocca e poca terra.

    2.

    Poich dovrai morire, che importa dove?7

    Poich il giorno se ne va, che importa come?8

    La vita, a goccia a goccia, piove, piove9...

    L'albero perde, perde le sue chiome10.

    3.

    1La presente antologia tratta dalle edizioni delle Quartinedi Omar Khayyam per cura di Massimo da Zevio, Brescia,Libreria Editrice Braidense 1907 (disponibile sul web allindirizzo:http://www.superzeko.net/progetto_omarkhayyam/OmarKhayyamTradottoDaMassimoSpiritiniAliasDaZevio.html

    )[quartine qui numerate dalla n 1 alla n 32]; e dalledizione curata da Mario Chini, Lanciano, Carabba 1919(disponibile sul web: http://www.superzeko.net/progetto_omarkhayyam/khayyamrubaiyat/KhayyamRubaiyatChini.pdf)[quartine nn 33-75]. In entrambi i casi, le traduzioni sono state da me riviste e riadattate alluso moderno, sacrificando,ove necessario, la misura metrica del verso, non la rima.2 Coloro che si credono sapienti (luso della maiuscola sottolinea il loro sentirsi superiori alla massa indistinta degliuomini) e che pensano ma pensano solo- di conoscere le ultime ragioni del mondo, il senso ultimo e profondo

    delluniverso.3Che hanno tutto il potere concentrato nelle loro mani, e possono decidere della pace e della guerra.4Il sonno della morte che, prima o poi, afferrer tutti gli uomini, ricchi e poveri, umili e potenti.5 Laggettivo proni una sorta di contrappasso in morte dellatteggiamento superbo a testa alta- che hanno assuntoquesti presunti sapienti durante la loro vita: un giorno il giorno della morte- anche loro dovranno abbassare il capo,come tutti gli uomini,proniallinterno della fossa.6Pochisi contrappone al moltodi cui hanno goduto in vita: nella fossa non potranno cibarsi che di vermi e terra.7Dove, cio il luogo dove si finir dopo la morte.8In qualunque modo si viva, la vita fugge irrimediabilmente verso la morte.9Come lacqua che scorre e la pioggia che cade, cos passa la vita.10Lalbero che perde le sue foglie al vento dellautunno la vita che perde i suoi giorni al trascorrere del tempo.

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    Tutto tu vedi e ci che vedi nulla;11

    ti parlan tutti e ci che ascolti nulla;12

    percorri il mondo e ci che impari nulla;13

    ti apparti, pensi... ed anche questo nulla!14

    4.

    Chi siamo noi, vuoi sapere? Marionette!15

    Bei burattini con cui Dio si spassa16.

    E gioca e scherza, e poi via via ci mette17,

    poveri e ricchi, dentro la stessa cassa18.

    Marionette (dipinto di area indiana)

    5.

    11Affermazione di profondo nichilismo da parte del poeta: tutto ci che lo sguardo delluomo pu abbracciare non chepuro nulla.12 Gli altri che parlano e lio che non riesce a sentire nulla simbolo dellincomunicabilit e dellinutilit di ognirelazione di tipo sociale: luomo solo, luomo unisola.13Anche il viaggiare, il fare esperienze conoscere uomini e paesi- non comporta nessun salto di qualit dal punto di

    vista esistenziale: tutto lo stesso, nella propria casa o in paesi lontani.14Non solo la materia, lintera realt, nulla; ma anche il pensiero stesso anima o spirito che sia- anchesso nulla.Insomma dal nulla non c parte delluniverso che non sia toccata.15Burattini, cio, in mano di Dio: luomo non dunque affatto libero, ma dei fili invisibili lo muovono e lo dirigononelle sue azioni. Lidea del poeta rigidamente deterministica: un Fato superiore controlla gli uomini, che essi losappiano o meno.16Il verbo allude a un Dio che non partecipa alla sofferenza delle sue creature, ma le osserva dall alto, come di fronte auno spettacolo che lo diverte e riempie il suo tempo come un allegro diversivo.17Lo spettacolo, alla lunga, stanca: e Dio stesso, annoiato, ripone alla fine le sue divertenti marionette.18Il cassettodove Dio ripone i suoi giocattoli la cassadella morte: la vita uno spettacolo agli occhi di Dio, fatto dabuffoni e marionette; la fine dello spettacolo, il sipario che cala, larrivo della morte.

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    Dalla taverna, all'alba19, esce un richiamo

    per il viandante: Avanti, avanti, avanti20!...

    La clessidra si svuota21, accorri o gramo22!

    Riempi il bicchiere di vino23, l'aria di canti24.

    6.

    lo vidi un gufo sul bastione di Thus,

    davanti al teschio di Key Kavs25.

    Kavs, chiedeva il gufo al teschio nudo,

    Kavs, dov' il tuo scettro, dov' il tuo scudo?26.

    7.

    Fugge il tempo e gi l'attimo in cui scrivo

    non pi! Bevi e sciala allegramente27...

    La fortuna?... un bel sogno fuggitivo28!

    La giovinezza?... l'acqua di un torrente29!

    8.Finch d'ossa e di carne sei vestito,

    contro il destino non muovere un sol dito30;

    19Dopo la notte, lalba che sorge simbolo di invito alla vita.20Linvito a entrare nella taverna invito a godere della gioia del vino, e quindi della vita.21Il tempo, inesorabilmente, passa, e la vita cade nella morte.22Il gramo, il misero, luomo infelice condannato a una vita di cui gli sfugge il senso.23Prima che arrivi la morte, linvito di godere la vita al presente, nella fattispecie cedendo al piacere del vino (simbolo

    di gioia).24 Anche la musica, come il vino, simbolo di gioia di vivere: nel bere e nel cantare consiste dunque il goderepienamente della vita.25Mitico re persiano, uomo ricco e potente.26Il gufo che si fa beffe del teschio di un re forte e potente solenne ammonimento del passare inesorabile del tempoche fa polvere di tutto ci che agli uomini sembra eterno.27Al passare del tempo non c rimedio: bere e stare allegri lunico modo di godere la vita senza pensare al domani.28La fortuna un sogno, un qualcosa che non dipende da noi, e che ci sfugge continuamente.29Lacqua di un torrente che scorre simbolo dellestrema fugacit della giovinezza, che scorre, appunto, come acquafra le dita.30Solita affermazione del determinismo filosofico del poeta: contro il destino luomo non pu fare assolutamente nulla.

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    non cedere al nemico d'un sol pi31,

    non venderti all'amico, fosse un re!

    9.

    Se in un cimitero interroghi una rosa:

    Dal seno dice io nacqui di una sposa32.

    E se un giacinto interroghi ti dice:

    Sul seno d'una fanciulla ho la radice.

    10.

    Se la coppa33rispondere potesse

    ti direbbe: Anch'io vissi i tuoi minuti:

    e le mie fredde labbra, calde anch'esse,

    quanti baci han gi dati! E quanti avuti!34.

    11.

    Ah beviamo, ch il tempo vola e ancora spesso

    torneranno le stelle al punto stesso35,e le ceneri nostre saranno muri

    abitati da nuovi morituri36.

    31 Nonostante tutto sia gi scritto, linvito del poeta di non cedere un palmo, non rassegnarsi: il poeta qui sembravicino alla morale stoica riassunta dalla celebre immagine del cane legato al carro, da cui le parole di Seneca: Ducuntvolentem fata, nolentem trahunt (il destino guida chi lo accetta, trascina chi riluttante).32Il poeta concepisce il rapporto uomo-Natura allinsegna di uno stesso ordine cosmico del quale entrambi fanno parte:

    luomo nasce dalla terra e, quando muore, alla terra ritorna, abbandonando il corpo allerba, ai fiori, alle radici. Da quila concezione, di una certa frequenza nella poesia di Khayyam, del rispetto nei confronti degli elementi naturali cheaccolgono i corpi delluomo, e che, in un certo senso, sono stati un tempo i corpi stessi.33Ovviamente la coppa del vino, simbolo di gioia di vivere.34La coppa conserva le tracce del passaggio di tanti uomini, ora morti, che hanno goduto dellebbrezza del vino e dellesue gioie.35 La storia del mondo ciclica ed eterna: le stelle ruotano nella volta celeste ma tornano poi alla stessa posizione;mentre la parabola delluomo breve e destinata alloblio della morte.36Le generazioni degli uomini che si succedono lun laltra fanno s che le ceneri dei morti diventino, nel camposanto,dei muri che accoglieranno a loo volta le ceneri di coloro che morranno (il sostantivo morituri ha in s, giustaletimologia latina del participio futuro, lidea dellinevitabilit di un destino gi scritto).

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    12.

    Una torre famosa fu un giorno quella

    e col cielo in splendore rivaleggi37:

    tra i merli cadenti ora invece salterella

    una tortora, e grida: Coo! Coo! Coo!...38.

    13.

    Chiedi un parere?... Io preferibile trovo

    un bicchiere di vino vecchio a un regno nuovo39.

    Un consiglio vuoi tu?... Scansa ogni via

    che non ti meni dritto all'osteria!

    14.

    Non servire al dolore, sordo all'accento

    della memoria: crcati una fata40

    che abbia in dote la bocca inzuccherata41,

    e godi, e non gettar la vita al vento42!

    15.

    O vin chiaretto, amico del sollazzo,

    io ti voglio bere, finch ubriaco e pazzo,

    37La torre che si staglia superba verso il cielo simbolo classico (a partire dal celebre episodio della Torre di Babele:Genesi 11, 1-9) dellardimento e della brisdegli uomini contro Dio (e, in genere, contro un destino pi forte).38 Il grido della tortora sui merli cadenti della torre superba suona come una beffa nei confronti delle assurde pretesedelluomo di aspirare alleternit.39Meglio, cio, la gioia momentanea nel presente di un buon bicchiere di vino, piuttosto che folli aspirazioni del futuro.40 Una donna, o, in genere, qualsiasi gioia che ci faccia rifuggire dal pensiero del dolore delluomo. La fata,nellimmaginario popolare soprattutto europeo, propriamente una fanciulla o una giovane donna, bellissima e dallavoce melliflua (da cui limmagine della bocca inzuccherataal v. 3).41Lozuccherosulla bocca simbolo di dolcezza e di gioia, ed immagine antitetica al fieledel dolore.42Linvito urlato dal poeta godere ogni attimo della vita senza sprecarne nemmeno uno: il carpe diemoraziano.

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    io ti somigli tanto, che il vicino

    mi dica: Da dove vieni, Messer Vino?43

    16.

    Al mondo io venni ed ilperch44non so.

    Da dove? Sa l'acqua quale origine abbia?

    Per andar dove? Il vento nella sabbia

    pur deve soffiare, ch'egli voglia o no45.

    17.

    Non fanno i dogmi che obbligarti a Dio46.

    Non negare un boccone all'indigente,

    non dire n fare il male, bevi sovente47,

    e chiedi il paradiso a nome mio48.

    18.

    Quando l'Eterno m'impast a sua guisa49,

    la mia sorte l'aveva gi decisa50;

    43 Il desiderio di stordirsi completamente nellebbrezza del vino per dimenticare i dolori dellesistenza risolto dalpoeta in unimmagine paradossale che arriva a postulare una sorta di metamorfosidelluomo nel vino, unidenticazionetotale.44Il fine, lobiettivo finale della vita, la mta da raggiungere. Da un punto di vista filosofico qui il poeta mette in dubbioilfinalismodellesistenza.45 Limmagine finale del vento comunque costretto a soffiare affermazione del rigido determinismo dellautore: lalibert delluomo solo apparente; in realt la sua vita gi scritti, i suoi fili sono mossi da mani altrui.

    46I dogmi, con le loro verit date una volta per tutte e non discutibili, imprigionano luomo, e Dio stesso.47 In questi pochi precetti si risolve, secondo il poeta, la morale minima da tenere in vita, contro tutti i dogmi: nonnegare un boccone a chi ha fame, non fare il male, n con atti n con parole, e bere spesso, nel senso di goderepienamente le gioie della vita.48Il poeta, incapace evidentemente di pregare, chiede ad altri che preghino per lui.49Cio a suo piacere, secondo la sua imperscrutabile volont.50 Ancora unaffermazione da parte del poeta di rigido determinismo: la sorte delluomo decisa da Dio fin dallacreazione; alluomo non dato di decidere o di scegliere nulla, la sua libert (il libero arbitrio) solo apparenza.

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    il bene o il male lo feci a suo servizio51:

    perch dunque ora il giorno di un giudizio52?

    19.

    Essere, non essere, salvezza, destino,

    cielo, inferno e misteri... Oh parolai53!

    Con tutto il mio studiare io non trovai

    che una cosa quaggi profonda: il vino54.

    20.

    Piet di un cuore che il suo dolore espia,

    piet, Signore, di un cuore prigionier;

    perdona i piedi che vanno all'osteria,

    e perdona la mano che alza il bicchier55!

    21.

    Una lanterna magica il creato56,

    e nel bel mezzo il sole fa da lumino:noi vi passiamo57- e Dio ride da un lato58-

    nani59ubriachi di orgoglio60o di vino.

    51Se luomo non libero non pu nemmeno scegliere fra il bene e il male, che risultano dunque scelte precostituite,imputabili, in definitiva, alla volont di Dio stesso.52Il giorno del giudizio in funzione di premiare chi in vita ha scelto il bene e punire chi ha commesso il male: ma se

    entrambe le scelte non dipendono dalluomo viene anche meno il senso di un giudizio.53Affermazioni antimetafisiche da parte del poeta: interrogarsi sul senso ultimo delluniverso, sui grandi misteri cheavvolgono luomo, perfettamente inutile, e il tutto si risolve in un contrasto dialetto (parolai) che non ha comunquenessuno sbocco di verit.54Il senso ultimo delle cose sfugge alluomo: meglio perci godere della vita terrena senza tormentarsi vanamente.55Colui che si reca in osteria e si stordisce col vino non fa per desiderio di crapula o per vizio, ma per espiareil doloredellesistenza, per annegare nelloblio dellebbrezza il male di vivere. Da qui la richiesta a Dio di perdono, che poi ungrido disperato di chi vorrebbe comprendere il senso della vita (e dellagire di Dio stesso) e non ci riesce.56Il mondo, e la vita stessa delluomo, sono come una rappresentazione teatrale (altrove il poeta parla di uno spettacolodi marionette).57Il tempo rapido di una vita, come il passaggio di un attore o di una marionetta sul palco.

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    22.

    A tradimento61Lui ci soffi62la vita,

    e poi ci mise senza mta63in viaggio64:

    oh a noi, a noi la coppa proibita65,

    e anneghiamo la memoria66nell'oltraggio!

    23.

    Se io mi ribello, dov' l'onnipotenza67?

    Se io pecco o svio, dov' la prescienza68?

    E se il cielo si deve all'obbedienza

    dov' o che vale, o Signore, la tua clemenza69?

    24.

    Chi non pecc70? La vita, o Dio, che vale

    senza peccato71? E se, vindice72, poi

    58 Lo spettacolo della vita una buffonata: gli uomini stessi sono buffoni e marionette che suscitano il riso di Dio.Lespressione da un latoallude, probabilmente, a un disinteresse di Dio nei confronti degli uomini, risolto in una nonpartecipazione alle loro miserie, e in un limitarsi ad assistere, beffardo, al ridicolo spettacolino degli esseri umani.59La piccolezza delluomo di fronte a Dio e, in generale, alluniverso: luomo cio, nelleconomia del creato, un nano,non conta assolutamente nulla.60Ubriachi cio di superbia: siamo nani ma pretendiamo o ci crediamo- di essere giganti.61La creazione delluomo da parte di Dio bollata come tradimentoperch avvenuta unilateralmente, senza previa unconsenso da parte delluomo.62Il verbo allude alla tipica concezione religiosa del donare la vita tramite il soffiare lo spirito da parte di Dio.63Senza cio uno scopo. Ancora la polemica filosofica contro ogni finalismo.64La concezione della vita come un viaggio un tposletterario comunissimo e diffusissimo.65

    La colpa del vino,proibitanella religione islamica (che vieta il consumo di bevande inebrianti).66La memoria del male di vivere, e, in genere, dellesistenza in s e per s.67 La possibilit puramente teorica di un atto di ribellione da parte delluomo cozza con il concetto divino dionnipotenza.68La possibilit del peccato contrasta invece con la prescienza divina: o Dio gi sa, e quindi luomo non responsabiledel suo peccato; oppure luomo libero ma allora Dio non sa, nel qual caso viene meno la sua prescienza.69Se guadagnarsi il paradiso lo si ottiene con la semplice obbedienza a Dio, allora la clemenza e la misericordia di unDio che persona non sono necessarie. Tutto il componimento strutturato sui dilemmi religiosi del poeta: ma pi cheuna professione di ateismo, qui si avverte la voce di chi e si sente nel buio, ma domanda un barlume di luce.70Luomo, per definizione, peccatore. Il peccato di per s una condizione ontologicamente radicata allessere uomo:vivere lontani o immuni completamente non pertanto possibile.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    tu punisci il mio male col tuo male,

    che differenza esiste fra di noi73?

    25.

    D'acqua e di terra mi formasti tu,

    e, se io mi vesto, i panni sono tuoi74.

    Il bene e il male che io faccio, tu li vuoi75...

    Che colpa mai la mia, Signore, quaggi76?

    26.

    Il grano gettato al vento come pioggia

    e poi sepolto, riempie d'oro le moggia77.

    Ah godi! In vita non di oro tu78,

    e un giorno, sottoterra, chi ti cerca pi?

    27.

    Perch mai tanta ansia di sapere

    71Qui il poeta rivendica il diritto allabbandono ai piaceri del corpo e, in genere, della vita. Una vita senza piacere non concepibile agli occhi di Omar.72Laggettivo richiama la figura del Dio vendicatore, che non solo punisce il peccatore, ma che pu arrivare a punire idiscendenti fino alla settima generazione (cos, ad esempio, in molti passi dellAntico Testamento).73 Dio non pu punire il male delluomo con altro male, pena lannullamento delle differenze fra essere umano e

    divinit.74Tutto appartiene a Dio, anche i vestiti che coprono il corpo: cfr. Giobbe, 1, 21: Nudo uscii dal seno di mia madre, enudo vi ritorner. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il nome del Signore!.75Ancora unaffermazione di determinismo: luomo non libero, tutto dipende da Dio e dalla sua volont, quindi ancheil peccato delluomo.76Logica conseguenza morale del determinismo filosofico la perdita di responsabilit da parte delluomo, che diventacos una vittima, incolpevole del suo stesso peccato.77La superficie dei terreni che si ricopre, con larrivo dellestate, delloro delle spighe di grano.78 Il seme gettato e sepolto sulla terra produce, risorgendo, loro del grano: non cos luomo che, sepolto sottoterra,sprofonda nelloblio della morte. Per limmagine del grano, si vedano anche i numerosi riferimenti evangelici (per es.Giovanni12, 24; o anche 1 Corinzi15, 36).

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    l'avvenire, d' indagarne il senso profondo?

    Sta' allegro e bevi!79Per formare il mondo

    nessuno ha domandato il tuo parere.

    28.

    Stolto, o Saki80, chi spera di risolvere

    gli alti problemi e tenta l'argomento.

    Accorda l'arpa, o Saki: noi siam polvere;

    porgi, o Saki, la coppa: noi siam vento81!

    29.

    Per questo mondo, qualcuno, matto, si affanna82,

    un altro sconta l'attesa del futuro83;

    ma tu vivi il tuo giorno84, ama85e tracanna:

    piace da lungi il rullo del tamburo.

    30.

    Bere vino davanti a un caro viso86val molto pi che battersi lo sterno87.

    79Non solo alluomo non dato sapere i segreti ultimi del mondo, ma non nemmeno lecito domandarne ragione: cfrOrazio, Carm. I 11, 1-2: Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi / finem di dederint, Leuconoe (Tu nonchiedere, o Leuconoe, non lecito sapere / quale destino gli di abbiamo dato a me e a te).80 il mescitore di vino che accompagnava Omar.81 Al solito in Omar linvito al vino e alla musica invito a godere pienamente della vita, mettendo da parte ogni

    preoccupazione e ogni indagine senza risposta. Per limmagine finale, cfr. Orazio, Carm. IV 7, 16: Pulvis et umbrasumus (Siamo polvere ed ombra).82 Colui, cio, che cerca vanamente di indagarne i segreti profondi o di trovare comunque una risposta ai propriinterrogativi esistenziali.83Colui, cio, che vive male il presente, in una situazione di dolore o di sofferenza, e si aspetta un riscatto dal futuro.84 il carpe diem oraziano: vivere loggi, il presente, prima che il tempo scivoli via irrimediabilmente.85Al solito invito al vino, qui Omar aggiunge linvito allamore.86A quello di un amico o della donna amata.87Il battersi lo sterno unimmagine tipica dellatteggiamento penitente di chi prega (per es. Luca 18, 13). Qui Omarvuol dire che gioire della vita fossanche nei suoi eccessi- molto pi bello che pentirsi dei propri peccati e viverecastigati.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    Oh se chi beve od ama va all'inferno,

    non vi sar una mosca in paradiso!

    31.

    A un ubriaco che usciva dalla cantina

    portando un barilotto sulla groppa,

    chiesi: Non temi tu l'ira divina?88

    Rispose: Iddio perdona, riempi la coppa!.

    32.

    Gettato il libro89, un d, chiesi alla coppa

    il segreto fatale del viver mio;

    e, labbro a labbro, mi sussurr: Poppa90!

    L'ombra il tuo regno, e prossimo l'addio!91.

    33.

    Sempre la voglia mia si volge al bere,

    sempre l'orecchio ai flauti e alle ribebe92.Quando con la mia cenere

    former un vaso, un giorno, il vaselliere,

    sempre colmo di vino resti quel vaso93!

    34.

    Bere vino e stare allegro mio costume;

    non pensar nulla di dogmi e d'eresia

    88Nella religione islamica espressamente vietato il consumo di bevande alcoliche.89 Gettare via il libro immagine per indicare linutilit della ricerca della scienza e della sapienza: per trovare lerisposte, meglio rivolgersi alla coppa del vino!90Cio bevi avidamente!.91La morte il regno che aspetta luomo, e la fine ormai imminente.92La ribeba uno strumento arabo, simile al mandolino.93 Il poeta si augura, cio, che il vaso in cui, dopo la morte, verranno raccolte le sue ceneri, possa essere riempito divino.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    la religione mia.

    Dissi alla vita: La tua dote? Ed ella:

    Mia dote del tuo cuore l'allegria!

    35.

    Sul giorno di domani nulla puoi;

    al giorno di domani senza noia94

    pensar non puoi, n sai.

    Se un cuore vigile tu hai,

    non perdere questo momento breve,

    ch non ti noto quanto ancor vivrai95!

    36.

    Poich la rosa della tua felicit

    oggi ti reca i suoi frutti96,

    perch in mano un bicchiere non hai?

    Bevi del vino, ch nemico molesto97

    il tempo, e avere un giorno come questo difficile assai!

    37.

    Non pensare ch'io tema il destino,

    o ch'io tema il morire, il giorno

    che l'anima far sua dipartita.

    Poich necessario morire98

    , di queste pene

    94Senza cio riceverne fastidio, in considerazione dellinutilit del pensare al domani.95Luomo alloscuro circa la durata della sua vita: da qui linvito a godere la vita nel presente.96Come una pianta o un fiore che elargisce i suoi frutti, cos la felicit di un giorno dona i suoi frutti alluomo.97Cfr. Orazio, Carm. I 11, 7-8: invida aetas (tempo malevolo).98 La necessit della morte rende vana ogni forma di protesta o di ribellione da parte delluomo, ispirando pertantonellanimo del saggio una serena perch frutto di rassegnazione- accettazione.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    non temo gi, ma temo che non bene

    abbia vissuto la vita99.

    38.

    Poich non vanno le faccende nostre

    come vorremmo noi,

    pensiamo sempre a questo:

    Il nostro sforzo a che ne verr poi?100

    E lungamente sospirosi e mesti

    a seder qui restiamo,

    dicendo: Troppo tardi siam venuti,

    troppo presto ce ne andiamo101.

    39.

    Io sono sempre in lite con me stesso102.

    Che far dunque potrei?

    Dei miei peccati io mi pento spesso103.

    Che far dunque potrei?Penso che tu, Signore, perdonerai

    con generosa voglia;

    99

    Lunico rimpianto, dunque, non il morire, ma quello di non vivere la vita, o di viverla nel modo sbagliato,sprecandola.100 Di fronte alle difficolt e ai fallimenti della vita scatta inevitabilmente la domanda sul valore di ogni sforzoesistenziale, che sembra proteso verso il nulla.101 Lo scacco esistenziale si risolve in una sensazione di straniamento dal mondo e dalla vita, riassunto nellasensazione di essere nati troppo tardi o di essere destinati a morire troppo presto, prima che si possa combinare qualcosadi buono e di duraturo.102Il conflitto interiore spia di una situazione irrisolta nellanimo del poeta, scisso fra due opposte tensioni, senza cheluna possa prevalere sullaltra, con il risultato finale di una perenne indecisione.103La scissione nellanima del poeta dunque provocata dal contrasto fra i piaceri della vita e il pentimento da tenersiin vista della morte e dellincontro con Dio.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    ma per l'onta che tu veda quel che ho commesso,

    che far dunque dovrei?104

    40.

    Della mia vita questo breve tempo

    ecco passato:

    pass come vento

    che passa nel deserto

    abbandonato105.

    Finch io sar vivo, di certo

    neppure di due giorni voglio far

    lamento:

    non di quel giorno che ancora non

    venne,

    non del passato106.

    41.

    Oh un libro di canzoni, oh una coppa di vino,oh una pagnotta di pane, e te, amor mio107, vicino

    a me, a cantare nella solitudine108!

    Oh solitudine: bene veramente divino!

    42.

    C chi anela agli onori di questo mondo vano,

    c chi aspetta le gioie di un regno oltremondano109

    ...104 Il poeta dunque non dubita che il Signore perdener il peccatore pentito; resta per irrisolto il conflitto interiorenellanimo del poeta, che generato non dal timore di non essere perdonato, ma dalla vergogna nei confronti di sestesso e dei suoi peccati.105La vita che passa come vento che attraversa il deserto: questimmagine, oltre che suggerita dalla biografia di Omar,allude anche al vuoto e al nulla che rimane dopo la conclusione di una vita sprecata.106Limportante nella vita, come gi sottolineato da Omar in altri componimenti, non morire con dei rimpianti: nessunrimpianto, dunque, n nei confronti del passato che non si pu pi cambiare-, n nei confronti dellavvenire.107La felicit secondo Omar: un bicchiere di vino, un po di musica, un pezzo di pane e accanto la donna amata.108Si intenda: la solitudine senza altra gente intorno, tranne appunto lamata.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    Piglia i contanti e lascia andare il credito110!

    Non ascoltare il rullo del tamburo lontano111!

    43. (XVI)

    La speranza nel mondo un frutto che matura

    di rado, e che diventa cenere scura112:

    come neve nel deserto, che sulla sabbia arida

    risplende appena un attimo, e non dura113.

    44. (XVIII)

    Si dice che il leone e il ramarro hanno stanza

    dove Gemshid114, sul suo trono, beveva in abbondanza115;

    lasino offende il capo di Behram il terribile,

    ma che lui si svegli non c alcuna speranza.

    45. (XXI)

    Bellezza mia, riempi oggi i nostri bicchieri,

    e tacciano i rimpianti del passato, e i pensieridel domani116... Domani? Io sar cenere,

    forse, coi settemila anni finiti ieri.

    109Il mondo si divide fra chi tutto teso nellal di qua, quindi mira a cariche e a onori, e chi invece spera in un riscattonellaldil, deluso dalla vita sulla terra.110

    Vivi, cio, il presente, non attendere un credito futuro che, forse, non ti arriver mai.111Fuor di metafora: le lusinghe e le aspettative del domani, di tutto ci che lontano e che non a portata di mano.112La speranza, nel mondo reale, difficilmente si concretizza e porta i frutti sperati: i sogni cos si riducono in polvere ein cenere, come a dire, a puro nulla.113Limmagine della neve nel deserto doveva essere molto efficace per i primi lettori di Omar, e quindi estremamenteadatta a simboleggiare la labilit della speranza.114Mitico re della tradizione pesiana e indoariana. Il componimento esattamente sovrapponibile a quello qui numerato6, dedicato a un altro re (Key Kavus): la gloria degli uomini destinata inevitabilmente alloblio.115 Il tema del bere, cos caro a Omar, qui utilizzato per rievocare la gloria e la potenza di Gemshid, il qualeevidentemente sapeva godere pienamente della vita.116Passato e futuro sono parimenti vani per Omar: ci che conta soltanto il presente.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    46. (XXII)

    Molti di quelli che un giorno abbiamo amati,

    i migliori che il tempo abbia giammai pigiati

    dal suo tino117, il loro calice vuotarono

    a vicenda, e a vicenda sono al riposo andati118.

    47. (XXIV)

    Oh godiamo il tempo che passa prima di calare

    nella polvere, polvere su polvere, e restare

    a dormire, senza vino, senza musica119,

    senza canzoni, e senza pi poterci risvegliare!

    48. (XXV)

    Per luomo che pensa alloggi, come per luomo che corre

    con la mente al domani, dallalto della torre

    dellombra, un muezzin120proclama: O stupidi!

    Voi non dovete il premio n qua n l riporre!121

    49. (XXVI)

    Ai santi e ai filosofi che hanno trattato cos bene

    di entrambi i mondi, avvenuto quello stesso che avviene

    ai profeti mendaci: le loro massime

    schernite, le loro bocche di polvere son piene122.

    117 Limmagine della produzione del vino qui usata dal poeta per esprimere simbolicamente la generazione degliuomini da parte del tempo.118Ovviamente il riposo eterno della morte. La vita del mondo e degli uomini dunque, per Omar, unalterna vicenda.119La presenza del vino e della musica , per Omar, simbolo della pienezza di vita; al contrario, quindi, lassenza dientrambi equivale alla morte.120Il muezzin nella religione islamica colui che dalla torre del minareto invita i fedeli alla preghiera.121Come quindi gi affermato altrove dal poeta, da sciocchi tanto nutrire rimpianti per il passato quanto rivolgere leproprie attese al futuro: il premio della vita si pu cogliere solo nel presente.122La morte cio livella tutti a un comune destino: poveri e ricchi, sciocchi e saggi.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    50. (XXVII)

    Anchio, quandero giovane, ho spesso ascoltato

    santi e dottori, e ho i loro argomenti ammirato:

    ma poi sono uscito dalla medesima

    identica porta dalla quale ero entrato123.

    51. (XXVIII)

    Della saggezza sparsi il seme in loro124compagnia,

    perch nascesse diedi anchio lopera mia;

    e il raccolto stato questo: Simile

    allacqua venni, e simile al vento andr via125!

    52. (XXIX)

    S, noi veniamo ignoro da dove e perch ci accada-

    come fiume che, lo voglia o no, fa la sua strada;

    poi ce ne andiamo, come un refolo

    di vento che lo voglia o no- trascorre via n so dove vada126.

    53. (XXX)

    Ebbene, chi, senza avercene domandato licenza127,

    ci dona e poi ci toglie questa breve esistenza?

    Oh molte coppe di vietato nettare

    affoghino il ricordo di una siffatta insolenza128!

    123Gli insegnamenti ricevuti non hanno dunque sortito effetto: dalla medesima porta in cui si era entrati, si usciti. Fuordi metafora il poeta allude alla vanit di ogni scienza e di ogni pretesa di conoscenza.124Cio dei saggi nominati nella quartina precedente.125Entrambi gli elementi sono accomunati dalla labilit.126Il vento o il fiume si muovono in base a una legge di cui si ignora il perch; essi dunque obbediscono a un comandoesterno a loro. Cos per luomo, il quale si illude di essere libero, ma in realt obbedisce ciecamente a una leggesuperiore di cui ignora lesistenza. Ennesima affermazione da parte del poeta di determinismo filosofico.127Luomo non decide di vivere, ma come gettato da altri nel mondo, senza il suo libero consenso.128Bere vuol dire dunque, nella prospettiva del poeta, annegare nelloblio il senso del male di vivere (cos anche altrovein Omar). Si noti la definizione di vita quale insolenza, perpetrata da Dio ai danni delluomo.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    54. (XXXV)

    Per capire il segreto della vita, la bocca

    pongo allargilla di una povera brocca,

    e Fino a che sei vivo essa mi mormora

    bevi, ch, dopo morto, restar morto ti tocca!129

    55. (XLI)

    Non pi incertezze intorno allumano e al divino!

    Sperda il vento le preoccupazioni del domani vicino130!

    Le dita lente fra le chiome indugino

    del cipresso elegante che somministra il vino!

    56. (XLV)

    Il corpo un padiglione131per un giorno solo occupato

    da un sultano, al reame della morte avviato:

    lui parte, e il neroferrsh132lo abbatte subito,

    e lo133tiene in riserva per un altro arrivato.

    57. (XLVI)

    Non dubitate affatto che lesistenza, quando

    ha chiuso i nostri conti134, posi la penna, oziando:

    leterno Ski135vers gi dalla stessa anfora

    altre schiume simili, altre ne sta versando.

    129Il segreto della vita dunque viverla, fino in fondo e pienamente, perch dopo c solo la morte.130Lebbrezza del vino cancella contemporaneamente ogni ansia relativa alluomo e a Dio, e anche al futuro.131Cio come una tenda montata da un sultano di notte nel deserto.132Ilferrsh propriamento un servitore del tempio.133Il corpo, pronto per essere dato a un altro destinato alla vita.134Evidentemente con la morte.135 Dio come una sorta di mescitore di vino, ma eterno, che versa continuamente sulla terra vino e schiuma perrigenerare sempre uomini dallo stesso contenitore. Insomma che dire che la vita un avvicendarsi eterno, e nessuno dinoi indispensabile.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    58. (XLVII)

    Dopo che ognuno di noi avr il velo136attraversato,

    per molto tempo ancora esister il creato,

    curandosi di noi quanto si curano

    gli oceani di un sasso negli abissi gettato137.

    59. (L)

    Tra il falso e il vero esiste una separazione

    da niente138, e unalfa139sola a chi la scopra pone

    fra le mani la chiave per dischiudere

    la cassa del tesoro e giungere al padrone140.

    60. (LII)

    Iddio, intravisto appena, si torna subito ad occultare

    nel vuoto141, dove si svolge il corso regolare

    del dramma142, che egli, a svago della propria

    eternit143, compone, recita, e sta a guardare144.

    61. (LVI)

    Per quanto abbia saputo con logica e compasso

    definire vero e falso, descivere alto e basso,

    vi assicuro che solo nellintendermi

    136Il velo che secondo la visione indoariana- separa la vita dalla morte, la realt (apparente) dalla Verit.137Luomo quindi non conta nulla nelleconomia del creato: come un ciottolo abbandonato in fondo alloceano.138Cio il confine fra vero e falso estremamente sottile.139La prima lettera dellalfabeto, un piccolo particolare che pu rivelare la verit del cosmo.140Arrivare cio alla Verit, a Dio in persona. La Verit dunque, secondo il poeta, esiste, ma arduo arrivarci.141Dio si pu intravedere da parte delluomo, ma, appena intravisto, subito torna a nascondersi nel buio e nel vuoto,inaccessibili allocchio delluomo.142Il dramma dellesistenza, che simile a una rappresentazione teatrale (vedi le quartine nn 4 e 21).143Cio come passatempo, per ingannare il tempo delleternit.144 Dio ha la parte principale: egli scrive il dramma, recita anchegli, e soprattutto sta a guardare da spettatore allospettacolo degli uomini, che non sono dunque che marionette nelle mani di Dio, fatte per il suo divertimento (vediquartina n 4).

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    di vino, tutti gli altri filosofi sorpasso145.

    62. (LXIII)

    Oh speranze dEliso, oh timori dAverno146!

    Ecco la sola, lunica verit che discerno:

    -Questa vita fugace, tutto il resto favola!

    Il fiore che nasce e muore, muore per sempre, in eterno!147-

    63. (LXIV)

    Strano, vero? Di mille e mille creature

    che han varcato la soglia del mistero, neppure

    una sola ritornata per descriverci

    la via, che impareremo... facendola noi pure148!

    64. (LXVI)

    Lanima mia nel regno dellignoto ho spedita

    per conoscere qualcosa della seconda vita:

    -Paradiso ed Inferno in noi medesimi!149-Eccovi la risposta che mi stata fornita.

    65. (LXVIII)

    In verit noi siamo una processione

    di ombre magiche150, mosse in ogni direzione,

    145La sapienza dunque non serve a niente: conta soltanto vivere, e il simbolo per eccellenza della vita rappresentatodai piaceri del vino.146Rispettivamente paradiso e inferno, secondo la terminologia classica.147 La vita lunica cosa degna di rilievo, ed essa fugace, condannata alla morte. La morte, intesa dunque comeannullamento della vita, non da temere pensando allinferno- o da desiderare pensando al paradiso-: essa semplicemente la fine della vita, unico elemento importante.148Il sentiero della morte di cui tutti faranno prima o poi esperienza.149 Non necessariamente affermazione di ateismo (peraltro contraddetto in molti componimenti di Omar), quantopiuttosto riflessione della centralit della vita, con tutto il suo carico di gioie e di dolori: solo la vita conta, pensare aldoponon serve.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    da Chi, nel buio, avendo il sole per fiaccola,

    regge insieme lanterna e rappresentazione151.

    66. (LXIX)

    E i pezzi impotenti152Egli spinge a piacere

    dei giorni e delle notti sopra il vario scacchiere,

    manovrando per chiuderli, per vincerli153,

    e poi porli, uno dopo laltro, nel cassetto a giacere154.

    67. (LXX)

    Di s, di no la palla non fa questione, intanto

    che, secondo limpulso, va da questo a quel canto155.

    Solo Chi ci scagli conosce lordine

    del gioco: Egli soltanto conosce; Egli soltanto156.

    68. (LXXI)

    Il dito eterno scrive, e, dopo fatto un segno,

    una parola sguita157. N val piet od ingegno158,

    150Consueta metafora teatrale. In questo caso, per, limmagine ulteriormente accentuata (rispetto, ad esempio, allaquartina n 4) dal fatto di non considerare gli uomini attori su un palco, ma semplicemente ombre suscitate dalla lucedi una fiaccola nelle mani del Creatore.151Dio ha tutto il potere e la responsabilit della rappresentazione: luomo non vi riveste alcun ruolo.152 La seconda metafora della vita delluomo, dopo quella della rappresentazione teatrale, quella della scacchiera(gioco che trova proprio in Persia le sue origini): gli uomini sono pedine, pezzi impotenti nelle mani di Dio che limuove a suo piacimento.153

    Lo scopo di Dio quello di un qualunque giocatore di scacchi: vincere la partita. Egli si muove perci nei confrontidelle pedine, cio gli uomini, con lo scopo di vincerli, chiuderli nellangolo, e sconfiggerli.154Alla fine della partita (ossia della vita degli uomini), Dio, quasi annoiato, ripone le pedine nel cassetto a giacere:unimmagine finale che allude alla fossa.155 Una palla che rotola spinta da un cieco impulso- non fa domande, non si pone problemi circa la direzione chesegue. Cos luomo, che se anche pensasse di essere libero, non lo affatto: egli si muove per impulso altrui, nellafattispecie di Dio, che il solo a conoscere il perch e la mta finale.156La ripetizione sottolinea che solo ed esclusivamente Dio che conosce: luomo non conta nulla.157La mano di Dio, come un dito eterno, scrive, parola dopo parola, il corso del mondo, la storia: un disegno arcano eimmodificabile. Per limmagine del dito vedi anche Daniele 5, 5 (il dito minaccioso di Dio appare al re Baldassrdurante un banchetto).

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    a far s chEgli muti mezza linea,

    che un vocabolo solo Egli rputi indegno159.

    69. (LXXIV)

    Ieri si preparava la follia di stamani,

    lo spavento, il silenzio e la gloria di domani.

    Beviamo! I nostri sforzi per intendere

    da dove venimmo e dove andremo sono vani!

    70. (LXXXI)

    O tu che ci plasmasti col fango meno buono160,

    pensando un Paradiso dove anche i serpenti ci sono161,

    per i mille peccati che anneriscono

    la faccia alluomo, perdonagli! E accettane il perdono162!

    71. (XCI)

    Oh consolate gli ultimi istanti miei col vino,

    lavate il mio cadavere col succo porporino163;seppellitemi, poi, dentro a un sudario

    di pampani164, in un angolo cortese di giardino.

    158Ovviamente da parte delluomo, che vorrebbe cambiare qualcosa, mutare gli eventi del corso del mondo, ma nonpu: un destino ferreo e immutabile, perch gi scritto, domina luniverso. La piet allude al ricorso, da parte degli

    uomini, alla preghiera, per fare mutare la volont di Dio; lingegno, invece, allude allillusione delluomo che confidanella sua intelligenza per cambiare i destini del mondo.159 Tutto ci che Dio ha scritto scritto: niente inutile, niente indegno; tutto ha un suo senso, sebbene arcano esfuggente alluomo.160Cio ci formasti di vile materia, sottoposti al peccato e al male.161Allusione al mito di Adamo ed Eva, presente anche nel Corano.162 La supplica al Signore da parte del poeta motivata dunque dalla natura mortale, e quindi esposta al peccato,delluomo: Dio, che ne conosce la natura fragile, a maggior ragione deve perdonare lessere umano.163 Era tradizionale consuetudine lavare il cadavere, prima della sepoltura, con oli e essenze profumate. Qui Omarparodisticamente rovescia il rito tradizionale, immaginando un lavaggio con il vino.164Nei riti funebri il sudario era generalmente di lino grezzo. I pampanisono i tralci della vite ancora rivestiti di foglie.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    72. (XCIII)

    Lo so, lo so: gli oggetti della mia devozione165

    non mi hanno procurato una buona reputazione.

    Il mio onore affogato dentro un calice,

    il mio nome si vende per meno di una canzone.

    73. (XCIV)

    In verit, di pentirmi pi volte ho giurato,

    ma sempre, se non erro, quando avevo trincato166.

    La primavera poi, colla sua mano rosea,

    strappava il mio rimorso come un vestito usato.

    74. (C)

    Intanto, questa luna che si scorge l in fondo

    seguiter a mostrare il suo viso, or scemo or tondo167.

    E quante volte cercher, levandosi,

    uno di noi, sparito dal giardino del mondo168?

    165Ossia il vino, la musica e la compagnia delle donne.166Evidentemente il tono ironico: il messaggio che non val la pena pentirsi nella vita.167Rispettivamente nelle fasi di luna calante e di luna piena.

  • 5/23/2018 Omar Khayyam

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    75. (CI)

    Ma tu, quando come lei169ti aggirerai, coppiere,

    in mezzo agli ospiti, adagiati sullerba per bere,

    arrivato a quel posto dove io ero solito

    sedermi, in mia memoria, capovolgi il bicchiere170!

    Statua di Omar Khayyam a Nishapur

    168Uno di noi morto, sparito dalla scena di questo mondo.169La luna della quartina precedente.170Rovesciare il bicchiere di vino come un rito, da parte dei suoi vecchi amici di bevute, in memoria del poeta morto.