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Orione come metafora

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Catalogo di Gioni David Parra

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Lodovico GierutGioni David ParraOrione come metafora

Testi diMelina Scalise Stefano Sandrelli Lodovico Gierute interventi diMaurizio VanniValerio MeattiniLuca Pietro NicolettiFrancesca Sassoli TauscheckGabriele Ghisellini

Riferimenti fotograficiArchivio G. D. ParraSimona GasperiniSamantha MattiuzziDaniele Dianda

AllestimentoGiuseppe Gasperini

Traduzioni diFrancesco Di Muro

Impaginazione graficaAlessandro Lasagna

StampaKosana sas, Viareggio (Lucca)www.kosana.it

Gioni David Parra © Tutti i diritti riservati 2012Edizioni Comitato Archivio artistico-documentario GierutISBN 978-88-96148-29-7

Finito di stamparenel mese di Gennaio 2012in Viareggio da Kosana sasper conto delleEdizioni Comitato Archivio artistico-documentario Gierutwww.gierut.it

In copertinaChange the world, 2011Installazione in legno, plastica e stoffamisure variabili

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Gioni David Parra

ORIONE come meta fo ra

A cura di Lodovico Gierut

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Spirit in the material, 2011 - tecnica mista su carta, cm. 75 x 100

Marina Cvetaeva cantava in un verso... Oltre l’attrazione terrestre esiste l’attrazione celeste...ed io, a proposito, dedico questo catalogo a Lisa e Simona con le mani sporche d’oltremare, nell’intento quotidiano, di forgiare l’opera con la loro grazia e il loro incanto.

Gioni David Parra

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E lucean le stelle...

Visitare una mostra di Gioni David Parra è un’esperienza sensoriale: è come entrare in un’altra dimensione dove all’Uomo è permesso uno straordinario contatto ravvicinato con i corpi celesti che popolano l’Universo. La leggerezza e l’evanescenza delle Stelle che appartiene al nostro immaginario e alla visione terrena, svanisce. Nelle tele di Parra si svela la loro potenza materica, il loro corpo, il loro pulsare dirompente, tanto quanto il loro silenzio ed acchetarsi per un tempo che non ci appartiene e che potrebbe essere eterno. I corpi celesti non sono più solo luce, ma colori, densità, plasticità, estensione, dimensione, movimento. Il fascino che i corpi celesti esercitano nell’immaginario di Parra, non è solo legato alla dimensione del sogno, dei desideri e della magia di cui la mitologia e la letteratura sono pieni, ma a quello che solo un uomo del nostro tempo può possedere grazie alle scoperte scientifiche che hanno rivoluzionato la visione del mondo: l’evoluzione della vita e l’esistenza della stessa in altre dimensioni spazio/temporali.Lo sguardo di Gioni David Parra è altrove e anche oltre. La sua esplorazione pittorica è come quella di un’astronauta pittore che riesce a immortalare sia l’attimo dirompente di un big bang, sia la

forma e la luce crepuscolare di un frammento di stella che gravita silenzioso nello spazio. L’osservatore che si colloca al centro della stanza che ospita la mostra si trova inconsciamente costretto a trovarsi una posizione, un punto di equilibrio tra la sua collocazione spaziale e quella dei corpi raffigurati nelle tele, così come un frammento celeste forse si colloca, seguendo astrusi algoritmi matematici, lontano dalle insidie di un buco nero anni luce più in là. Ogni visitatore diventa un corpo spaziale che sceglie distanze e forze gravitazionali rispetto alle opere in mostra. Non riesce a rimanere estraneo, dopo qualche minuto che si è nella stanza espositiva, inevitabilmente, ci si accorge che l’attenzione di Parra non è solo verso i corpi celesti, ma verso la persona, verso l’Individuo che viene accolto in un “palcoscenico espositivo”. Essere circondati dalle tele di Gioni David Parra è in pratica come ricollocarsi al centro dell’Universo, un ritrovarsi in quella posizione privilegiata da cui ci ha tolto la “rivoluzione copernicana”, ma con la consapevolezza dello svelamento del mito e del dogma della religione. Il pennello di Parra assapora una sorta di assenza di gravità e porta all’occhio umano la visione piena di quel lontano e segreto puntino lucente

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nel cielo. L’artista lo fa giocando sul rapporto tra tempo, spazio e immaginazione. Parra mantiene chiaramente una visione anche ludica dell’Universo. Nell’esposizione a Spazio Tadini lo ha fatto con un’installazione prospettica e con l’esposizione, in posizione dominante, dell’opera “Tener di conto”: un grande pallottoliere che conta “pianeti” e frammenti di corpi celesti con dietro un grande telo nero che evoca quello di un palcoscenico teatrale: “Silenzio! – sembra dire – qui è di scena il gioco della vita, il mistero dell’Universo”. E allora quale titolo più azzeccato per la mostra a Spazio Tadini di “Orione come metafora”, lui, Orione, dio la cui nascita e la cui morte è misteriosa, simbolo di straordinaria bellezza e frutto e vittima di desideri e debolezze che lo accomunano sia alla mitologia Greca che a quella Romana. Una figura simbolo dunque di unione tra due culture occidentali, ma che, al tempo stesso, apre simbolicamente le porte alla cultura “orientale”, come costellazione “destinata” a segnare l’Oriente. A guardare oltre.In un centro culturale come Spazio Tadini, nato in memoria di Emilio Tadini, pittore e scrittore eclettico, non poteva mancare una riflessione sul rapporto tra “Arte e astrofisica” , in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Brera. L’opera di Gioni David Parra è quella che a nostro giudizio rappresenta meglio questa relazione nel contesto contemporaneo. Questo 2011, anno che crediamo rimarrà nella

storia come espressione di grandi bisogni di cambiamento sociali ed economico-politici, non poteva terminare, a ridosso del Natale, che con una riflessione anche sulla simbologia e sulla conoscenza delle stelle. Il clima sociale in atto ha bisogno di cambiamenti e noi non vogliamo perdere di vista le stelle perché a loro abbiamo sempre legato grandi avvenimenti compreso l’avvento di Gesù accompagnato dalla “stella cometa”. Per non dire che alle stelle abbiamo legato sempre l’amore, motore principe della vita e, nella costellazione emozionale delle tavole di Gioni David Parra si potrebbe sentire persino la forza musicale dirompente della Tosca di Puccini con “E lucean le stelle”:

E lucevan le stelle olezzava la terra,stridea l’uscio dell’ortoe un passo sfiorava la rena.Entrava ella, fragrante,mi cadea fra le braccia.Oh! dolci baci, o languide carezze,mentr’io frementele belle forme disciogliea dai veli!Svanì per sempre il sogno mio d’amore...L’ora è fuggita,e muoio disperato!E non ho amato mai tanto la vita!

La riflessione sulle stelle non è un dunque un lasciarci affascinare da rituali magici o da previsioni astrologiche, ma una riflessione sul

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legame tra cielo e terra alla luce della scienza e dell’arte perché insieme segnano un percorso, aprono le porte a nuovi scenari possibili, a nuove letture e prospettive e Gioni David Parra sa

comunque regalare l’emozione di questo nostro viaggio nel Cosmo.

Melina ScalisePresidente di “Spazio Tadini”

Othello, 2011tecnica mista su telacm. 50 x 50

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Ardeat cor meum, 2010Tecnica mista su tela, cm 100 x 150collezione privata

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“Visiting one of Gioni David Parra’s exhibitions is an experience of the senses: it’s like going into another dimension where it’s possible to have an extraordinarily close contact with the heavenly spheres that inhabit the universe. (...)Gioni David Parra’s gaze goes elsewhere and even beyond. His painting exploration is similar to a painter astronaut that captures the explosive moment of a big bang and the shape and the twilight glow of a star fragment gravitating silently in space. The observer who is in the middle of the show room is unconsciously obliged to find a position, a point of balance (...). After a few minutes, we inevitably realise that Parra’s attention is not focussed only on the heavenly bodies, but also on the person, on the Individual persons invited to come on an “exhibition stage”.Surrounded by Gioni David Parra’s canvases is practically like finding yourself in the middle of the universe (...). A discussion together with the Astronomical Observatory of Brera on the relationship between Art and Astrophysics therefore seemed indispensable. In our opinion, Gioni David Parra’s works best represent this relationship in our age (...). In the emotional constellation of Gioni David Parra’s canvases

it’s even possible to hear the powerful gushing aria “How the stars shimmered” from Puccini’s “Tosca”:

How the stars shimmered,The sweet scents of the garden,How the creaking gate whispered,And a footstep skimmed over the sand,How she then entered, so fragrant,And then fell into my two arms!Ah sweetest of kiss, languorous caresses,While I stood trembling, searching her featuresConcealed by her mantle. my dreams of pure love,Forgotten forever! all of it’s gone now!I die hopeless, despairing, and never beforeHave I loved life like this!”.

Melina ScalisePresident of “Spazio Tadini”

How the stars shimmered

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Ghost of life, 2011 - tecnica mista su tela,cm. 100 x 100, collezione privata

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“Se l’universo nacque / da una zuffa di gas / zuffa non zuppa allora / com’è possibile, come... / ma qui gli cadde di mano / quella penna di cigno / che seppure in ritardo / si addice ancora a un bardo”. Così scriveva Eugenio Montale, alla metà degli anni ’70. Splendida, ironica resa di un poeta di fronte alla complessità della scienza, che – come aveva denunciato Italo Calvino qualche anno prima – “non ci dà più immagini da rappresentare. Il mondo che ci apre è al di là di ogni possibile immagine. Eppure,” proseguiva Calvino introducendo Le cosmicomiche, la sua opera più scientifica, “al profano che legge scritti di divulgazione non volgare, ogni tanto una frase risveglia un’immagine. Ho provato a segnarne qualcuna, e a svilupparla in un racconto: in uno speciale tipo di racconto comicosmico (o cosmicomico).”

Che cosa è cambiato in questi 40 anni che ci separano da Montale e Calvino? La tecnologia ha invaso il nostro quotidiano in modo inesorabile: siamo passati dall’enorme tv Philco che gli abitanti del pianeta Papalla, rotondi e con i grandi occhioni sporgenti (una creazione dello Studio Testa), piazzavano nel proprio salotto,

agli iPad che ci permettono di organizzare la vita nei minimi dettagli e con intralcio ben minore. Ma praticamente nessuna tecnologia ha portato in chi la usa la consapevolezza della scienza su cui si basa. Viviamo in un’era tecnologica, non in un’era scientifica. L’analfabetismo scientifico rimane preoccupante anche in termini di cittadinanza e di democrazia: chi non conosce la scienza è un cittadino minore e un paese i cui cittadini non sanno di scienza è una democrazia assai incompleta.

Nel contempo, però, c’è un nuovo fiorire delle immagini della scienza. Prendiamo l’astronomia, per esempio, o il mondo microscopico. L’era del digitale ha permesso la realizzazione di immagini ad altissima risoluzione di sorgenti cosmiche mai sospettate prima: nubi molecolari che contengono “uova di stella”, cioè addensamenti molto densi all’interno dei quali sta nascendo un astro; nebulose planetarie che identificano i gas perduti in migliaia di anni da stelle giunte al termine della loro esistenza; pianeti intorno a stelle diverse dal Sole; spaventosi dischi di accrescimento roteanti intorno a immensi buchi neri.

La scienza e la Madre

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Il lancio del Telescopio Spaziale Hubble, ormai funzionante da oltre 20 anni, e dei successivi telescopi spaziali in grado di raccogliere radiazione di altissima e bassissima energia, insieme alla contestuale diffusione del web, ci hanno messo in contatto diretto e quotidiano con un cosmo che ci troviamo improvvisamente digitalizzato dentro casa. È un paradosso, ma mentre l’inquinamento luminoso allontana il cielo stellato dalle nostre notti, negandoci anche la legge morale, l’universo rientra dalla finestra attraverso i cavi delle fibre ottiche, codificato in bit. Un universo molto meno sensoriale, ma anche molto più dinamico, energico, pieno di vita, in rapido cambiamento di quanto non ci possa apparire a occhio nudo. Del resto abbiamo vite di farfalla rispetto ai tempi astronomici: in diretta, nel cosmo, non accade quasi mai niente. Solo qualche sparuto asteroide, una manciata di stelle cadenti e qualche rara supernova, più rara di un fungo porcino in città.

Non solo: la scienza oggi si propone al grande pubblico molto più che in passato perché gli scienziati stanno capendo quanto importante sia comunicare. Anche in Italia. Sempre più va diffondendosi l’idea che la ricerca abbia bisogno di supporto e che il supporto nasca da una passione condivisa, che a sua volta, può nascere da una condivisione forte della conoscenza.

E gli artisti? La scienza oggi lancia loro una

sfida che ha le caratteristiche tipiche dei nostri tempi di consumo: non più assenza o scarsità di immagini da rappresentare, ma sovrabbondanza di immagini, di colori, di rappresentazioni.

Che cosa può fare, in questo panorama, un ente di ricerca come l’Istituto Nazionale di Astrofisica per gli artisti? Innanzi tutto promuovere la conoscenza. Non significa solo insegnare, ma soprattutto catalogare, ordinare, stabilire le sfide vere che la scienza di oggi affronta. E mostrare all’artista la via per districarsi in un linguaggio che oscilla fra l’inestricabile e il meraviglioso banalizzante. Mostrare anche gli errori, i sentieri sbagliati, i ragionamenti incompleti, le domande inattese. Mostrare insomma il processo creativo della scienza. E, attraverso di questo, l’impresa umana. Mostrare il grande panorama attraverso il dettaglio.

Di contro, che cosa può fare l’artista? Sapere in primo luogo che la scienza non interpreta la Natura, ma cerca di comprenderla. Essere in grado di leggere la narrazione della Natura accessibile ai nostri sensi (e a quelli che tecnologicamente ci siamo dati) che la scienza propone, ed essere in grado – partendo da questa – di ricreare il mito. Ecco, forse ci siamo. La funzione mitopoietica dell’artista. Attraverso cui, forse, possiamo anche recuperare la legge morale.Borges scriveva, nel suo Manuale di zoologia

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fantastica, “ignoriamo il senso del drago, come ignoriamo il senso dell’universo”. A me pare che “le cosmicomiche” di Gioni David Parra, la sua esplorazione delle origini, il vivere Orione come metafora e dunque come mito, siano un bell’esempio di dialogo e di interiorizzazione dei temi della scienza di oggi. Temi che, a ben vedere, non fanno altro che esplorare il senso del drago e quello dell’universo, con le tecniche e il metodo più sofisticato che l’uomo sia riuscito

a inventare, quello scientifico, appunto. Non so se il dialogo fra scienza e arte ci possa aiutare nel fare un decisivo passo avanti nella comprensione del senso del drago e dell’universo. So però che è un passo necessario affinché l’uomo riconosca in sé la sua natura di essere umano, artista e scienziato insieme.

Stefano SandrelliAstronomo INAF

Convegno “Arte fra Cielo e Terra” Spazio Tadini, Milano 2011.

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“(...) there are no more images to show. The world it opens out for us is beyond all possible imagination. And yet,” Italo Calvino continued in the introduction to Cosmicomics, his most scientific work, “to the uninitiated reader of non-popular writings, a sentence at times evokes an image. I’ve tried to note down some and turn them into tales: a special type of cosmicomic tale.”What has happened in these 40 years that separate us from Montale and Calvino? Technology has unrelentingly invaded our daily life: we’ve gone from enormous TV sets to iPads which allow us to organise our life to the least detail without much of an effort. But in effect, no technology has brought awareness of the science that has brought it about, not even in those that normally use it. We live in a technological age, not in a scientific age. Scientific illiteracy is a serious issue in social and democratic terms too: scientific ignorance creates secondary citizens and a country where citizens don’t know much about science is a rather incomplete democracy. There is, however, a new boom of images furnished by sciences. Let’s take astronomy, for instance, or the microscopic world. The digital age has made it possible to obtain high-definition pictures of

previously unimagined cosmic sources (...). The launch of the Space Telescope Hubble, which has been working for more than 20 years, and the space telescopes that have followed, capable to capture the radiation of extremely high and extremely low energy, as well as the widespread of the web, have put us in direct daily contact with a cosmos that we suddenly find digitalized inside our homes (...). What about the artists? Science challenges them on a level which is one of the main features of consumer society: no more absence or lack of images to represent but an overabundance of images, of colours, of representations. In this panorama, what can a research institution such as the Italian National Institute of Astrophysics do for artists? First of all promote knowledge (...). What, instead, can artists do? Be aware, to start with, that science does not interpret Nature but tries to understand it (...).In his “Book of Imaginary Beings”, Borges wrote that “we ignore the meaning of dragons just as we ignore the sense of the universe”. It seems to me that Gioni David Parra’s “Cosmicomics”, his exploration of the origins, his living Orion as metaphor and hence as myth, are a good example of dialogue and internalization of the

Science and Mother

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themes of contemporary science. Themes that, if we take a better look, explore the meaning of dragons and of the universe with the most sophisticated technique and method invented by man, the scientific method, to be precise. I’m not sure if the dialogue between science and art represents a decisive step towards understanding

the sense of dragons and of the universe. But I do know that it’s a necessary step for man to recognise within himself that he is human being, artist and scientist altogether”.

Stefano SandrelliAstronomer INAF

Gioni David Parra - Alberto Fortis

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Orione come metafora, 2011 - tecnica mista su carta intelata, cm. 100 x 100

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Lo spazio... le stelle...Chi non ha guardato – in specie nelle calde ore estive – il manto stellato, interrogandosi sui perché dell’Universo e sul mistero dell’oltre?Personalmente, avendo una piccola e antica casa in Alta Versilia, nei luoghi resi famosi dal soggiorno di Michelangelo Buonarroti agli inizi del ‘500 allorché aprì una strada nel cuore del comprensorio del monte Altissimo, ovviamente conosciuti per l’estrazione del marmo, restiamo ammaliati ogni volta ci accade, tanto che quegli attimi, o minuti dove il pensiero è così attratto, sanno sempre di rinnovo.Da qualche tempo, poi, seguendo l’attività del versatile creativo toscano Gioni David Parra, la nostra attenzione s’è maggiormente addentrata sull’argomento dove in democratica armonia la scienza convive con l’arte e il mito, e la poesia.Anni fa, nel corso di una conversazione incentrata sul suo iter, sottolineavamo un concetto ovviamente proponibile pure per altri, cioè della necessità di non perdere di vista – come un navigante – la “stella fantastica” che è parte integrante del viaggio nelle acque della forma entro cui coesiste la gran realtà dell’uomo che pensa e agisce, e che per certi versi – con la ricerca – tenta di integrare qualche cosa di sé,

grazie alla propria capacità, nella sostanza di un mondo che gli appartiene per precisa e decisa scelta.Anche se dobbiamo amaramente constatare che tanta gente per fretta, poca sensibilità, sopravvivenza e altri motivi, poco o niente fa, distruggendo e distruggendosi.Aviatore. E’ una parola che potrebbe evolversi o essere mutata in astronauta, o meglio in ricercatore: è stato il poeta Borís Pasternàk a scrivere, nella splendida lirica “Notte – con l’aviatore che è metafora – “... osserva il pianeta, / quasi che il firmamento / fosse l’oggetto / delle sue inquietudini notturne”, affermando prima, testualmente: “Non dormire, non dormire, lavora, / non interrompere l’opera, / non dormire, lotta col sonno, / come il pilota, come la stella”, e quindi, ancora: “Non dormire, non dormire, artista, / al sonno non ti abbandonare. / Sei ostaggio dell’eternità, / prigioniero del tempo”.Ecco che Parra stesso è prigioniero del tempo, lo è e lo sarà per la scelta di un lavoro dove la problematica – l’Arte! – è oggetto del pensare, del fare, del dare; se poi la memoria non ci inganna è stato Franco Miele nel 1965 ad affermare che l’artista è l’essere che meglio degli altri

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rivela in forma compiuta quello che si dibatte nella coscienza dell’uomo, ma può parimente essere definito artista chi possedendo una sua concezione della vita “la delinea in un linguaggio, nel quale e attraverso il quale sia consentita una duratura comunicazione con gli altri...”.“Orione come metafora” lo rappresenta nell’unità di un linguaggio di alto livello, col suo dominare la fisicità – la tela, la carta, la base lignea o metallica per la scultura – in cui i colori e le forme e le linee concretano accenti e strutture che comunicano.Non vorremmo apparire polemici nel riaffermare che oggi, purtroppo e ovviamente non in questa sede, ci sono artisti che si sono inariditi ripetendo soltanto con l’abilità tecnica il proprio “già detto”, diventando copisti di sé, perciò – ammirando questo pittore e scultore che non cessa di sorprendere per continuità e coerenza – ne notiamo il volto che si traduce in un atto di fede per la continuità della vita, per un’esigenza di scoperta e per la precisazione di un linguaggio espressivo strutturato nel senso evocativo.Nella sua azione l’arte si collega alla scienza, giacché nello svolgimento di una tematica in cui sussiste il sapore scientifico, egli ci dona sia l’idealità del contenuto con l’oggetto-formato mai estraneo alla sua vita interiore, sia un qualcosa di concreto in cui la sua libertà ne riflette il rapporto con la società.La testimonianza diventa così una voce dove

l’informe si forma grazie all’atto contemplativo della bellezza dell’arte, che è organico al tutto.L’Orione armonico di Parra sarebbe stato volentieri apprezzato da Eugenio Montale, che quando veniva a Forte dei Marmi – tanti anni fa – per riposarsi e anche per disegnare e dipingere nei luoghi tanto cari a Carlo Carrà e a Curzio Malaparte, ad Achille Funi, a Marino Marini e ad Ernesto Treccani... amava visitare le esposizioni: entrava nelle gallerie, ma lo sguardo – come ci è stato detto da chi lo ha frequentato, non si soffermava subito su un quadro o sull’altro, ma spaziava, guardando se ci fosse l’armonia.Oggi non è più il tempo di attaccare solo i quadri alle pareti, o porre in mezzo a una stanza una scultura; lo dimostra il trainante e coinvolgente Parra che collabora con chi organizza, intervenendo pure per dare ulteriori elementi di lettura della sua Opera.Ecco che la costellazione di Orione, il cui nome deriva dal bellissimo e mitologico gigante greco, figlio di Poseidone, amato da Aurora e ucciso da Artemide, gelosa per la sua abilità nella caccia, gli ha dato spunto per una serie di lavori in cui l’insieme astronomico posto tra Toro, Eridano, Lepre, Unicorno e Gemelli, si pone come personaggio-guida di un pensiero creativo il quale – al di là di interpretazioni specifiche (l’allineamento delle stelle della sua Cintura, Alnitak, Alnilam, Mintaka, la sua nebulosa e altro) – si muove in una dimensione temporale che lui stesso dice “tra passato e futuro... forse

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un eterno presente...”.La lezione figurale trascorsa ha indubbiamente giocato un ruolo nel suo equilibrio, tanto che ogni lavoro, teso più al segno o al colore o ad ambedue sempre ben fusi, ci appare come un quaderno aperto con un racconto ad immagini quanto mai incisivo e suadente. La spatolata, il colpo di pennello, la colatura e il getto cromatico rifluidificato o rielaborato per accentuare l’attenzione su un punto o sull’altro, o raggrumato per deposito, sono passaggi legati dall’intenzione e non dalla casualità.La novità è nata da riflessioni non distratte da fattori emotivi o da una sorta di estetismo intellettuale.Il ragionare di Parra è diverso da quello dello scienziato, poiché la sua libertà creativa ne spezza i vincoli del conoscere con minuziosità la struttura di ciò che ha scelto, o la storia profonda – nel caso – dell’astrofisica cui appartiene l’oggetto specifico o ampiamente considerato del suo lavoro. Le sue opere d’arte, testimonianza di un qualcosa su cui ha indagato nel corso di questo primo decennio del nuovo Millennio, testimoniano però un nucleo ben concertato nell’integrazione dell’infinito (con l’Universo, fonte di stimoli) e – appunto – il finito: il quadro, la scultura.In lui non è indenne l’elemento filosofico; forse ha letto Galileo Galilei là dove afferma che la filosofia “è scritta in quel grandissimo libro che continuamente ci sta aperto dinanzi agli occhi

(e dico l’universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua e a conoscere i caratteri ne’ quali è scritto”: s’è così assunto l’onere d’essere artista a tutto tondo in un’operosità che ha attinto da più linguaggi opportunamente assimilati, dando un senso a un Universo (puntualizzato anche con Orione) determinato in dipinti tipo Livrea celeste, Che cosa sono le nuvole, Fallen Angel, Akuamoon, Al centro di..., Valle dell’anima, e in sculture come Tener di conto e Boccadidio. Ci sia consentita una pausa, a proposito di quest’ultima – un bronzo collocato su una base di marmo nero – che ci piace rammentare assieme a due preziose tecniche miste su carta Magnani, in quanto è stata tra le più apprezzate nel corso di una collettiva versiliese da noi curata nel marzo 2011 a Pietrasanta (ovvio che non mancano altre sue significative fasi espositive oltre i confini italiani), assieme a Fernando Botero, Sandro Chia, Ivan Theimer e altri.Allora, accostando ai suoi tre lavori una frase del toscano Piero Bigongiari, affermammo che sapevano conquistare il tempo, colmando i tratti dell’energia con una costruzione in cui il gesto della creatività “si fa luce”, e che la sua elaborazione è perennemente concentrata, fatta di camminamenti gestuali e di movimenti/esplosioni che spesso vanno in ogni direzione, con un carico di presenze talvolta inquietanti, testimonianza di scelte artistiche che andranno a conquistare nuove fondamentali mète.

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Altri esempi in tal caso non mancano, come Il sogno di Sisifo, una carta intelata di cm 100x150, battuta all’asta nel 2010 da Vittorio Sgarbi a Peccioli di Pisa per fini benefici.Il dinamismo spaziale di Parra, da ammirare nelle tele (come nelle sculture) di vaste dimensioni e in quelle di pochi centimetri, ha un buon numero di riferimenti simbolici e metaforici; il quattro e il quadrato, la croce, il cerchio... sono continui incentivi che ci accompagnano lungo un percorso privo di chiusure; il suo serio discorso, analisi, comportamento o come si vuol definire, ci offre una moltitudine di stimoli per pensare, ripensare, indagare.Torniamo alle “stelle” – e all’Orione – di cui dicevamo all’inizio, che ammaliano per il mistero, offrendo l’opportunità a qualsiasi persona vi si voglia accostare di entrare in una dimensione “altra”.Quante volte abbiamo udito altrove la frase artisticamente infame, “E’ un’opera bella, non mi fa pensare”, lontana “anni luce” dalla sua professione? Se l’Arte è con la A maiuscola, non scendendo nella pur valida fase artigianale, deve pur dare qualcosa di sé per farci crescere!L’impegno di questo pisano dallo sguardo che va sempre lontano, che non ha paura di confrontarsi con gli altri, che disegna e dipinge e scolpisce,

Slave to love, 2011tecnica mista su carta intelata

cm. 100 x 150

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che vive la propria realtà senza estraniarsi dagli accadimenti quotidiani non essendo allineato al conformismo superficiale della “non arte”, non è “a mezzo servizio” ma totale.Se la croce dei punti cardinali è base dell’orientamento, funzione di sintesi e di misura, e il cerchio conduce il pensiero alla perfezione o ad un qualcosa che si espande e si moltiplica, mentre il quadrato – data l’eguaglianza dei suoi lati – per taluni e secondo l’Artista è precisione o, rapportandosi per certe teorie platoniche, alla materializzazione dell’idea, e la sfera è destinata alla rotazione, nei suoi lavori niente è affidato al caso in quanto questi simboli, uniti ad altri, ne fanno parte integrale.Esaminandone la produzione è veramente arduo collocarlo; l’Opera, pur inserita in un complesso di idee e temi, non è schematica o fredda, rifugge lo schematismo e si distingue nel senso dell’autonomia di una lettura/interpretazione di un tutto molto vasto. Nella scultura come nella pittura o viceversa, notiamo la condivisione di una traiettoria, la fusione del gesto/comunicazione supera in ogni caso qualsiasi confine territoriale accompagnandoci in un “tempo non tempo”, mentre l’impulso e il movimento diventano all’unisono vita e vivacità di segni/segnali che aprono ogni orizzonte.Col “suo” spazio ritratto che crea fluidi dinamici e lucenti, non possiamo esimerci dal lodarne un lavoro scrupoloso associato nei timbri e nelle

tonalità al pulsare di una volta celeste in cui – al vedere per esempio un dipinto tipo In principio come ora – la forma/luce può portarci alla considerazione persino di un primo aspetto del mondo informale alla relazione con l’oscurità e a quello che taluni (ci riferiamo al Sole, o a mille Soli) hanno chiamato “Albero del mondo”, per via dei raggi. La solidità d’ogni struttura è indubbiamente un suo tratto distintivo; i confini paiono annullarsi in un sentire incanalato nella meditazione che si concreta nei risultati costantemente autorevoli, siano essi pittorici o scultorei, riassunto di un processo che si specifica in un proprio ordine grammaticale. Eccoci a un’altra specifica pausa, questa volta di approfondimento, affermando che è stato primariamente il territorio a farlo diventare scultore. La formazione-base l’ha avuta dal contatto diretto con alcune figure della Scultura toscana del Novecento (ma non solo), la medesima che ha disseminato di sé un’enormità di Musei traendo molta linfa dagli Etruschi prima, e dal Rinascimento poi. In seconda istanza, dalla frequentazione di molte collezioni, mentre albergava in lui un fattivo mutamento dovuto a una continua visitazione della realtà internazionale.La fase territoriale, sempre in fermento e inesausta, è data dalla Toscana dove risiede e specificatamente dalla linea apuo-lunense e versiliese, dove “abita la scultura”.Parra è sempre stato ammaliato dalle rocce

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metamorfiche e da quei marmi – ricordati da Plinio, da Strabone e da Svetonio – ben incentrati nella catena delle Alpi Apuane, che anticamente partivano dal portus Lunae (la romana Luna fu fondata nel 177 a.C.) estratti con mezzi elementari e destinati al mondo di allora: erano i medesimi luoghi dell’attivo tracciato degli scultori, degli architetti, dei letterati e degli storici tipo Francesco Petrarca, Andrea e Giovanni Pisano, Dante Alighieri, Giorgio Vasari, Filippo Brunelleschi, Antonio Canova...Sono stati e sono indubbiamente ancora oggi il luogo prediletto per la scultura, con nomi come Henry Moore, Gigi Guadagnucci, Giuliano Vangi, Igor Mitoraj... ma nel tornare al protagonista, è chiaro che hanno sollecitato la sua fantasia, al pari di una storia scritta con la subbia ferendo e plasmando la roccia nei laboratori specifici... E poi ci sono le fonderie che al pari di altri, senza far ora un lungo elenco, frequenta impegnandosi assieme ai migliori maestri artigiani tanto lodati da chi conosce il valore del lavoro.Tutto ciò per dire che Gioni David Parra non è nato casualmente come artista, ma siccome lo si è trattato sino a oggi più che altro come pittore, visto che ci è stata data l’occasione, ci sia permesso – prendendocene carico – di averne stigmatizzato le origini che hanno avuto un senso ben preciso pur se, lo crediamo fermamente, quei luoghi ricchi di una memoria che mai va in fumo, spingono alla scultura anche chi – tra i

creativi – prima non ci avrebbe pensato.Il suo farsi anche scultore, distinguendosi, ha comunque una certa assonanza mentale con un artista tra i massimi del Novecento, cioè Emilio Vedova, accanto al quale lo poniamo concettualmente e di cui rammentiamo una frase: “... passare alle scelte sempre tenendo conto dello spazio”.Nell’esaustivo saggio inserito nel catalogo Emilio Vedova Scultore edito e curato da Skira (Ginevra-Milano 2010) e stampato per l’omonima mostra tenutasi a Venezia presso la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Germano Celant ha inizialmente affermato che la finalità era tesa “a mostrare e ad ampliare un aspetto inedito e inesplorato della sua produzione visiva al fine di sottolineare un ulteriore apporto al linguaggio dell’arte moderna e contemporanea”.Ha altresì detto dei “due universi” e che il “cammino verso l’altro, la pittura verso la scultura e viceversa, è un attraversamento della soglia, sorta di interfaccia, il passaggio, una volta aperto e transitato nel corso del tempo come hanno dimostrato le avanguardie storiche, si protrarrà all’infinito, arrivando a cancellare le differenze tra le arti”.Non è nostro uso appropriarci, modificandoli, dei concetti di Celant, perciò traiamo dal suo prezioso intervento e leggiamo subito una successiva citazione, di Alberto Giacometti (è una delle firme stimate da Parra): “Aucune différence entre peinture et sculpture, je pratique

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indifférmment les deux, l’une m’aidant pour l’autre”, là dove Celant, sull’artista, afferma di un “Ravvicinamento nella distanza, ricerca di armonia tra pittura e scultura”.Se “il legame tra scultura e pittura si fa indissolubile” (...) e che “tutto ruota e si mescola, per cui cadono la centralità sulla superficie e nello spazio, di una densità gestuale ed espressiva, che è corporea”, emerge perentoriamente il nome di Vedova, tanto che analizzandone l’iter l’illustre storico fa riferimento al “deragliamento della soglia pittorica”, riferendosi quindi a certe opere (Plurimi) in cui “l’autonomia spaziale della pittura-scultura si fa acquisizione di una materialità in frammenti”, terminando l’intervento citando Chi brucia un libro brucia un uomo, del 1993, dedicato da Vedova alla distruzione di Sarajevo e destinato a tale città: “Un “disco plurimo” che si apre ed esprime il respiro della vita, all’insegna del gesto e della forma. Un soffio di magnetismo che continua il viaggio nel flusso delle profondità pittoriche e scultoree...”.A questo punto, tornando all’argomento principale, sorge doverosa la domanda se Parra, che condivide la continuazione del “rilievo reale”, sia più pittore che scultore, o viceversa. In precedenza abbiamo voluto affidare a chi ora ci legge, o ascolta, il concetto sull’unione tra l’una e l’altra forma che nel riempirsi di materia e col colore/segno, pulsa nell’edificio del Nostro portandolo a esprimersi compiutamente.Il suo alfabeto, sia esso distinguibile in trame

cromatiche ammaliatrici, o assestato nella pluralità più disparata – plastica, bronzo, carbone, pigmenti... – ci conduce a un’Arte densa di una modalità intenzionalmente bloccata nella stesura del sogno/segno/incontro/fluttuazione e rotazione di più elementi.Scena prima. Turner o Casta Diva... coesistono con Seastar, ma non è agevole differenziarli nell’usualità dei termini; per noi sono unicamente opere di un artista che sa essere del proprio tempo, ma che si sta proiettando oltre, fuori da una certa dimensione portando, con sé pure taluni valori tecnici (o artistici?) come quel mestiere (il disegno, fare pittura-pittura, plasmare il gesso e la creta... patinare il bronzo...), che a vedere certe altrui esposizioni non riusciamo più a decifrare.Dove arriverà Gioni David Parra? Con lui è nata una “stella nuova”? Forse, ma la risposta a questo punto è affidata al pubblico più sensibile e preparato che sa vedere dentro e oltre l’Opera che gli è davanti, sa discernere chi gioca con l’Arte da chi la fa realmente offrendosi completamente ad un tempo, il nostro, che per sopravvivere ha ancora bisogno sia di poesia, sia di serietà professionale.“Orione come metafora” è una sua tappa, ma contestualmente si presenta – e perché no? – come un momento di incontro e di riflessione. Per ognuno di noi.

Lodovico GierutCritico d’arte e scrittore

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In principio come ora, 2011 - 4 tecniche miste su tela, cm. 50 x 50 cadauno

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“The space...the stars...Is there anybody that hasn’t gazed – especially on warm Summer nights – at the starry sky, wondering why the universe exists and what mysteries lie beyond it?Owning an ancient little house in Upper Versilia, places made famous by Michelangelo Buonarroti’s visits at the beginning of the 16th century when he reached the very heart of the well-known marble quarrying Monte Altissimo, every time I look at sky, I remain so enraptured that those instants, minutes have always the flavour of renewal. Having followed the creative activity of the versatile Tuscan artist Gioni David Parra for quite some time now, we have delved even further into this subject in which science, art and myth and poetry coexist in democratic harmony(...). Pilot. A word which could evolve and change into astronaut, or better still, researcher: In his splendid poem Night, Boris Pasternak wrote: “Fight off your sleep, be wakeful,/Work on, keep up your pace,/Keep vigil like the pilot,/Like all the stars in space./Work on , work on, creator./To sleep

Orion as metaphor

would be a crime-/Eternity’s own hostage,/And prisoner of Time”. Parra too is prisoner of Time, and will continue to be, because he has chosen a kind of work where the issue – Art – is object of thought, of action, of giving (...). “Orion as metaphor” represents it in the unity of a high level language, with its dominion over physicality – canvas or paper, wood or metal for sculpture – where the colours and the forms and the lines embody accents and structures that communicate. We think it’s the case to recall a bronze work, Boccadidio, set on a black marble base , together with another two delightful works of his, in mixed technique on Magnani paper, because it was most appreciated during a Versilia group exhibition we edited in March 2011 in which Parra took part together with Fernando Botero, Sandro Chia, Ivan Theimer

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and others. On that occasion, by associating his three works to a verse by the Tuscan poet Piero Bigongiari, we affirmed that they knew how to conquer time, overcoming the limits of energy.In his sculpture, as in his painting, or vice versa, we can notice the sharing of a path, the fusion of gestures into communication that goes beyond all territorial confines leading us into “timeless time”, while impulses and movement become unison of life and liveliness of signs/signals that open up all horizons (...) At this point, another consideration is necessary in order to go deeper into things and specify that it was primarily the territory that turned him into a sculptor (...). The territorial phase, always in ferment and inexhaustible, is dictated by the land Tuscany, where he lives, and specifically by the Apuane-Lunigiana-Versilia region where “sculpture dwells” (...).These have been and doubtlessly still are the favourite places for sculpture, attracting such artists as Henry Moore, Gigi Guadagnucci, Giuliano Vangi, Igor Mitoraj (...). His fame as sculptor too, with all his own individual features, has nonetheless a certain mental assonance with one of the main artists of the 20th century, Emilio Vedova, with whom he can be conceptually juxtaposed and who suggested, “... make choices always taking space into account” (...). Where will his achievements lead him? Is a “new star” born?

That may well be, but the real answer will come from a public sensitive enough to be able to see inside and beyond the work of art he is looking at, that can distinguish between who plays with Art and who genuinely offers himself to his age, our age, that still needs both poetry and professional seriousness to survive (...)”.

Lodovico GierutArt critic and writer

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“(...) Parra, a tal proposito, per sfuggire dall’incubo di un passato riletto passivamente, per allontanarsi dal flusso del tempo che divora i sogni di colui che non agisce, propone delle strutture in metamorfosi, con volumi che sembrano in perenne ricerca di un equilibrio, di una posizione ideale, come a voler ricordare la mutabilità di tutte le cose. Con la creazione di universi in divenire e la contemplazione delle loro essenze, è come se tutto fosse messo e ri-messo in discussione dalla volontà di andare oltre l’apparenza delle cose penetrando all’interno di ogni singolo evento. (...) Parra cerca nell’arte l’arma in grado di difendere e di offendere, lo strumento ideale per ideare un qualcosa che sia in grado di ritrarre la realtà proprio laddove essa viene apparentemente negata (...)”.

Maurizio Vanni

(Estratto dal saggio in catalogo - Gioni David Parra Ulisse e la luce dell’ombra – di Maurizio Vanni per Lu.C.C.A. Museum 2011)

“(...) Parra, in this respect, to escape from the nightmare of a passively re-read past, to get away from the stream of time which devours the dreams of one who fails to act, offers structures in metamorphosis, with volumes that appear to be continually looking for equilibrium, an ideal position, as if he wants to remind us of the mutability of all things. With the creation of universes in the making and the contemplation on their essences, it is as if everything were questioned and re- questioned by the desire to go beyond the appearances of things penetrating inside every single event. (...) Parra looks for the weapon that can defend and offend in art, the ideal tool to conceive something that is able to portray the reality right where it is seems to be denied (...)”.

Maurizio Vanni

(Extracted by the wise man in catalog – Gioni David Parra Ulysses and the light of shadow – from Maurizio Vanni for the Lu.C.C.A. Museum 2011)

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Fallen angel, 2011 - tecnica mista su tela, cm. 40 x 40

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Casta diva, 2010 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50

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Scena prima - Turner, 2010 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50

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Maternity, 2011 - tecnica mista su tela, cm. 20 x 20, collezione privata

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In lifetime, 2011 - tecnica mista su tela, cm. 20 x 20

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Akuamoon, 2010 - pitto-scultura su tavola, cm. 25 x 25

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Seastar, 2010 - pitto-scultura su tavola, cm. 25 x 25

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Boccadidio, 2011bronzo patinato a manosu base marmo nero marquiniacm. 50 x 50 x 20

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Valle dell’anima, 2011 - tecnica mista su carta intelata, cm. 100 x 100

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Che cosa sono le nuvole, 2011 - tecnica mista su tela, cm. 100 x 100

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“ (...) ammiro in Parra l’impegno e l’onestà della ricerca. Oggi parlare di arte è complicato e si rischia ad ogni passo l’equivoco. In pittura e in scultura, ad esempio, è pressoché scomparso il mestiere. Ed è una esperienza rara e sorprendente poter entrare in un vero studio di pittura. Quando mi capita segno le giornate sul calendario a futura memoria. Per tornare a Parra, questo vuoto lui lo ha sentito, ne è cosciente, e ha cercato di farsi il mestiere con un lavoro e una ricerca senza sosta. Quando lo incontro ha sempre tanto da farmi vedere e da raccontarmi. La sua produzione sul tema cosmologico rientra in un progetto di consapevolezza della potenza della memoria. Non come semplice ricordo, però. Memoria come canto degli elementi primordiali e sforzo di immaginazione per cogliere in quel vorticare originario le traiettorie, gli incroci, gli scontri e gli incontri che avrebbero poi prodotto il nostro mondo (...). Pensare in ragione di distanze siderali, pensare che ciò che è oggi uno spettacolo per noi ci giunge da un palcoscenico di migliaia e migliaia di anni fa ci costringe ad abitare in altro modo, con un altro atteggiamento mentale la nostra piccola Terra. L’epos delle forze cosmiche che egli immagina nelle sue tele è un canto dionisiaco, un supremo immaginare che restituisce alla mente e all’anima orizzonti e libertà. Per poter esprimere questi temi, Parra si è esercitato e si esercita in una faticosa ricerca espressiva. Quando si hanno idee lo sforzo maggiore è trovare il linguaggio

per dirle. L’uso di un linguaggio divenuto ormai quotidiano toglierebbe loro vigore. Da tempo Parra cerca non solo ciò che deve dire, ma anche il suo proprio modo di dirlo. Il suo voler essere artista ce lo fa amare e seguire con attenzione”.

Valerio Meattini

Estratto da un’intervista a “Il Tirreno”, 10 dicembre 2011

Tener di conto, 2011ferro, legno, resina, plastica e pigmenti

cm. b.182 x h.193 p.40

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Memory sky II, 2011 - tecnica mista su carta , cm. 75 x 100

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Memory sky, 2011 - tecnica mista su carta, cm. 75 x 100

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The first creator, 2010 - pitto-scultura su tavola, cm. 25 x 25

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Notturno stellato, 2010 - pitto-scultura su tavola, cm. 25 x 25

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Raggiungerti prima o poi..., 2011 - tecnica mista su tela, cm. 20 x 20

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Al centro di..., 2011 - tecnica mista su tela, cm. 20 x 20

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Con la testa tra le nuvole, 2010-11ferro, resina, cemento e gesso,P cm 60 x L cm 110 x H cm 260

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“Credo sia necessario, guardando le opere di David Gioni Parra, interrogarsi su quale contesto, quale “situazione genetica” possa rendere possibile un lavoro di questo genere. Al di là dei problemi di tecnica, di estetica e di poetica, l’opera di Parra impone una riflessione sulla cultura visiva, su quello che Michael Baxandall aveva definito il period eyes, “l’occhio del tempo”. Ogni produzione visiva, infatti, è figlia del proprio tempo, ed è possibile soltanto per il fatto che l’occhio si è impregnato di certe immagini e ha familiarizzato con un repertorio visivo da cui può aver attinto, anche involontariamente. Un determinato tipo di opera d’arte, una determinata sensibilità visiva verso temi e motivi, insomma, è possibile soltanto nel momento in cui una società ha incluso un determinato tipo di esperienza all’interno del proprio orizzonte di conoscenze condivise.Il Novecento, in tal senso, ha visto un’improvvisa e rapidissima accelerazione dei ritmi e dei modi di vita, che hanno portato, già dalla fine dell’Ottocento, una serie di radicali cambiamenti delle esperienze sensibili e della percezione del mondo e dello spazio da parte dell’uomo. L’arte contemporanea, di conseguenza, non ha fatto che seguire questo mutamento, cercando di

interpretare con le proprie forme e con i propri linguaggi, degli spunti e dei motivi che facevano già parte dell’esperienza visiva dei contemporanei. Nascono così l’estetica della macchina, i tentativi di restituire il senso della velocità e del frastuono urbano della città moderna, e l’interesse per quelle forme di vita e per quelle immagini messe a disposizione dalle scoperte della scienza e della tecnologia, oltre a nuovi tipi di immagini fatte per portare anche nell’arte i portati più attuali della produzione industriale. Una chiave per capire, o per addentrarsi nella produzione artistica del Novecento, dunque, può prendere come punto di partenza il fatto che gli artisti colgono e danno forma a un modo di vedere il mondo che è già affermato, cioè che non inventano un modo di vedere, ma raccolgono una percezione delle cose già di dominio comune, e prima degli altri ne danno una interpretazione visiva. Il cambiamento è nel punto di vista e in un cambiamento collettivo della percezione delle cose.E l’opera d’arte, a questo punto, assume la funzione di mettere in evidenza, di far vedere meglio, anche grazie a una scelta di deformazione espressiva, quegli elementi che già fanno parte del patrimonio percettivo comune. L’arte,

Le stelle viste da vicino.

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insomma, come invito a far vedere meglio e a riflettere sugli oggetti circostanti. Ma soprattutto, nel Novecento si assiste a un grande allargamento delle possibili fonti d’ispirazione e di approvvigionamento di immagini: entrano a far parte dell’esperienza visiva comune, infatti, le nuove immagini rese visibili dalla ricerca scientifica, dalle profondità dei mari all’immensità delle stelle, fino all’infinitamente piccolo delle forme di vita organiche micro cellulari. Gli artisti non possono essere indifferenti a questo nuovo repertorio di immagini, che amplificano enormemente il campo delle possibilità espressive e, soprattutto, ampliano la sfera dei rapporti con la realtà: con questo genere di immagini, a cui anche Parra attinge, si entra in contatto con realtà di cui si riesce ad apprende conoscenza solamente attraverso l’esperienza della vista, e non attraverso una esperienza sensibile a tutto tondo. Su questo crinale, infatti, le immagini portate dalla scienza a disposizione degli artisti consentono un ampliamento dei piani di realtà ad una imprescindibile dimensione virtuale: come nel caso di Parra con le stelle, i corpi celesti e l’immaginario astronomico, avviene un meccanismo analogo. I suoi sono astri d’invenzione, non sono copie o riproduzioni da originali fotografici; tuttavia, senza la disponibilità di quel genere di immagini, un mondo del genere non sarebbe stato nemmeno pensabile e, soprattutto, non

sarebbe stato comprensibile e condivisibile. Le sue costellazioni di un cielo drammatico e immaginario, lacerato e tormentato come lo è stato il Novecento, sono ben diverse dal cielo dei pittori romantici. Se l’uomo da sempre, ha guardato il cielo e si è interrogato con le distanze immense e irraggiungibili dell’infinito, ora si trova in una situazione inedita, imprescindibile se si vuol capire in che punto della storia si debba collocare il lavoro di Parra: ora, infatti, l’uomo non solo guarda il cielo, ma può apprendere qual è la loro conformazione e struttura, e quel tipo di immagini non è solo familiare agli scienziati che da secoli scrutano il cosmo: la vera rivoluzione, infatti, è che le stelle e i pianeti, e le loro conformazioni non più familiari soltanto a chi da secoli scruta nelle profondità del cosmo, ma sono familiari anche all’uomo della strada. Il lavoro di Parra, infatti, sta a ricordarci che ora il cielo non si guarda solo con il naso all’insù: ora, infatti, si possono guardare le stelle anche da vicino”.

Luca Pietro Nicoletti

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Viavolavia, 2011 - tecnica mista su carta intelata, cm. 100 x 100

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Livrea in celeste, 2010 - tecnica mista su carta intelata, cm. 100 x 100

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Materialspace, 2010 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50

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Evolutionfire, 2010 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50

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Hamlet, 2011 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50

Illuminazioni, 2010tecnica mista su carta intelatacm. 80 x 100

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Inside, 2010 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50, collezione privata

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Out, 2010 - tecnica mista su tela, cm. 50 x 50, collezione privata

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Ecco la stella dalle ombre molli ed avvolgenti, fluttuare in un cosmo latteo e poi partorire un nucleo compatto, sanguineo e potente. Ecco l’astro celeste che spezza le leggi del cosmo e sembra osservare noi, poveri mortali, attraversando tempi e spazi inesistenti, per farci riflettere. Ecco i movimenti di un Universo generoso, gassoso, composto di sabbie, metalli, ruggini, vagiti, misteri.Diventare un pianeta o una supernova, non conta, se ci facciamo affascinare – dal micro al macro – dal gioco cromatico e plasmante che stupisce e ci rapisce. In quelle tele scultoree ritroviamo quel seme dimenticato: quella polvere di stelle di cui anche noi siamo composti.Gioni David Parra sintetizza in questi lavori possenti, ma al contempo intimi, i pensieri che l’uomo sfiora nella sua esistenza: il finito, l’infinito, la nascita e la morte, la fisicità e la spiritualità. Uno sguardo verso il cielo ci aiuta a relativizzare tutte le nostre pene terrene.

Francesca Sassoli Tauscheck

Here is the star by soft and enveloping shadows, floating in a milky cosmos and then give birth to a compact nucleus, blood type and powerful.That’s the celestial body which breaks the cosmos laws and seems to look us, poor mortals, trough time and space do not exist, to make us reflect.Here the movements of a generous universe, gaseous, composed of sands, metals, rusts, whimpers, mysteries.Becoming a planet or a supernova, that’s not important, if we make fascinating – from micro to macro – the chromatic and shaping play, which surprises and delights us. In those sculptoral painters we find that forgotten seed: the stardust of which we are also composed.Gioni David Parra summarizes in these mighty works, yet intimate, the thoughts that man is on the verge on in his life: the finite, the infinite, the birth and the death, the physicality and spirituality. A look at the sky helps us to relativize all our earthly punishments.

Francesca Sassoli Tauscheck

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Plaza Mostra evento per il 20º anniversario della caduta del Muro di Berlino 1989-2009, Corso Vittorio Emanuele, MilanoErinni, Scultura monumentale, bronzo, vetro, ferro, resina, B 179 x P 330 x H 110, 2009

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La costellazione di Orione, visibile da novembre a maggio, è una delle più belle del cielo. Prende il nome dal mitico cacciatore figlio di Poseidone, bello come Apollo. È visibile da tutti e due gli emisferi, alimentando storie e miti delle prime civiltà, dalla sumerica a quella egizia. Le due stelle più luminose sono due stelle supergiganti che riempirebbero l’intero sistema Solare, fino a Plutone (Betelgeuse) e fino a Giove (Rigel). Stelle così grandi hanno una vita intensa e breve, ma già altre stanno nascendo, vicino alla cintura di Orione (le tre stelle allineate che permettono di riconoscere questa costellazione cosi’ facilmente). Lì vicino c’è la Nebulosa di Orione, una massa di gas che si sta contraendo, con alcuni grumi più densi dove alcune stelle sono in incubazione. Non solo: nella stessa zona si vedono dei dischi protoplanetari, cioè pianeti in gestazione. La Nebulosa di Orione è uno degli oggetti cosmici più fotografati, con le sue luminescenze rosse (dovute all’idrogeno) e striature verdi (dovute all’ossigeno). In Orione morte e vita convivono, e questi eventi sono molto più legati fra loro di quanto comunemente si creda. Come sono legati alla nostra vita, addirittura alla possibilità che la vita come la

conosciamo noi possa esistere.Prendiamo noi stessi: siamo fatti per due terzi di acqua, quindi idrogeno e ossigeno. Mangiamo carboidrati per rifornirci di carbonio, indispensabile per creare molecole lunghe, adatte alla nostra complessità. Da dove vengono l’idrogeno, l’ossigeno, il carbonio, e tutti gli altri elementi? Gli alchimisti cercavano di tramutare gli elementi, ma non ci sono mai riusciti. Nessuno c’è mai riuscito. Né ci riesce la Natura, qui sulla Terra. L’idrogeno e l’elio sono stati fatti direttamente durante il Big Bang. L’ossigeno e il carbonio (insieme a tutti gli altri elementi) sono stati fatti nel nucleo di una stella antica. Che è vissuta prima della formazione del nostro sistema solare, quindi più di 5 miliardi di anni fa. E che è dovuta esplodere, per arricchire lo spazio degli elementi fatti nel suo nucleo. Dopo molto tempo, questo gas arricchito si è attratto, contraendosi, formando il Sole e i pianeti. Noi siamo sia figli delle stelle nel senso letterale della parola, sia polvere. Immensi e piccoli allo stesso tempo.E dobbiamo la nostra esistenza alla morte esplosiva di una stella massiccia, grande almeno 20 volte il nostro Sole.

Il fascino di Orione: dal mito, all’astronomia, all’arte

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Questo è quello che un astrofisico vede nelle opere di Parra, e nel titolo della mostra: la vita che nasce dalla lacerazione di mondi primordiali. L’esplosione di corpi che rimandano a stelle dalla vita intensa, che muoiono per continuare la catena della vita. Per un astrofisico la cifra artistica di Parra si fonde con facilità con

l’analisi scientifica. Tutte e due portano alla visione dell’uomo che è sì spettatore affascinato del cosmo, ma che avverte che il suo esistere è legato a fenomeni drammatici, perfino dolorosi, ma grandiosi come il cosmo stesso.

Gabriele Ghisellini

L’arca, 2011tecnica mista su telacm 80 x 80collezione privata

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Only for Passion Meme Lucarelli, David Riondino e Maurizio VanniScenografie Gioni David ParraTeatro Nieri, Ponte a Moriano - Lucca, Dicembre 2011

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“(...) The Orion Nebula is one of most photographed objects in the cosmos, thanks to its red glows (caused by hydrogen) and green streaks (caused by oxygen). Death and life coexist in Orion, and these events are bound together much more than we normally think. As they are linked to our life, even to the possibility of the existence of life as we know it. Take us: we are made up of water for two thirds, i.e. hydrogen and oxygen. We eat carbohydrates to obtain carbon which is indispensable to create long molecules, suitable for our complexity. Where do hydrogen, oxygen, carbon and all the other elements come from? Alchemists tried to transform the elements without ever succeeding. Nobody has ever succeeded. Nor does Nature, here on Earth. Hydrogen and helium were created directly during the Big Bang. Oxygen and carbon (as well as all the other elements) were created in the nucleus of an ancient star. Which existed before the formation of our solar system, therefore more than 5 billion years ago. It exploded, enriching space with the elements of its nucleus. After a long time, this enriched gas withdrew, contracting, to form the Sun and the planets. We are literally offspring of the stars, in other terms, dust. Immense and tiny

at the same time. And we owe our existence to the explosive death of a massive star, at least 20 times as large as the Sun.That’s what an astrophysicist sees in Parra’s works, and in the title of the exhibition: life born out the laceration of primeval worlds. The explosion of bodies that recall stars full of intense life, that die to continue the chain of life. For an astrophysicist, Parra’s artistic code fuses smoothly into scientific analysis. Both lead to the vision of man who is, of course, enchanted spectator of the cosmos, but who is aware that his being is tied to dramatic, even painful phenomena as imposing as the cosmos itself ”.

Gabriele Ghisellini

The attraction of Orion: from myth, to astronomy, to art

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Biografia di Gioni David Parra

Gioni David Parra è nato a San Giuliano Terme (PI) nel 1962. Dopo anni di affinamento tecnico e tematico, ha da qualche tempo rinnovato e assestato il suo linguaggio pittorico sulla ricerca e pratica dell’iniziale in cui esprime una filosofia – si potrebbe dire – della ‘germinazione’. L’arte deve, nei suoi intenti, risvegliare visioni dell’originario, intercettare le forze nascoste e i conati delle cose prima del loro farsi ‘mondo’, espressione manifesta godibile o terrifica. Per questo il suo linguaggio è composito, arruola molte tecniche in una sola opera, si presenta pastoso e insistentemente materico.

Modellare scultura con un tal linguaggio non è impresa da poco; ancor più difficile è poi mantenere fedeltà ai temi trasferendoli nella tridimensionalità. Parra ha dovuto semplificarlo, ricalibrarlo, il suo linguaggio, come anche ha dovuto pensare una matrice simbolica per continuare a dirci le cose che gli urgono. Ne è risultato un felice accordo tra la sua inquieta creatività e la trasformazione delle materie impiegate. Ci troviamo, così, di fronte a modellati di sorprendente elasticità e spesso “aperti” per dar voce a quelle forze possenti che continuano a premere sulla scorza appena solidificata dei suoi corpi primigeni.

Parra ha una concezione del fare arte che potrebbe avere per motto il galileiano “prova e riprova”. In lui c’è un vero amore per la sperimentazione e per il lavoro preparatorio che rifluisce infine nelle sue opere, ma soprattutto, e gliel’hanno insegnata Nietzsche e i Greci, c’è la grande scontentezza per tutto ciò che s’attarda e indugia nella fissità senza superamento.

Al momento Parra vive e lavora a Lido di Camaiore, collaborando con gallerie prestigiose; diverse sue opere sono presenti in fondazioni museali e importanti collezioni italiane ed estere. Presente e pubblicato in numerose fiere

del panorama nazionale. Nel corso degli ultimi due anni ha intrapreso con successo l’esportazione del proprio lavoro in sedi private e museali estere, recentemente si ricordano Berlino, Bangkok e Milano.

Sulla sua attività hanno scritto e si sono fattivamente interessati, tra i tanti: Sandro Barbagallo, Massimo Ceragioli, Philippe Daverio, Valerio Dehò, Francesco Delli Carri, Stefano De Rosa, Gabriele Ghisellini, Lodovico Gierut, Linda Giusti, Paolo Levi, Marcella Malfatti, Valerio Meattini, Luca Pietro Nicoletti, Nicola Nuti, Antonio Parpinelli, Stefano Sandrelli, Francesca Sassoli Tauscheck, Melina Scalise, Vittorio Sgarbi, Maurizio Vanni.

STUDIO D’ARTE Gioni David Parra55041 Lido di Camaiore (Lu) IInfo: [email protected] Cell. +39 335 6584660

Gioni David Parra - Umberto Veronesi

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Biography of Gioni David Parra

Gioni David Parra was born in San Giuliano Terme (Pisa) in 1962. After polishing his style, improving it from a technical and thematic point of view, the artist has recently renewed and settled his pictorial message, looking for and developing the early and primitive conditions of the objects that are part of our life. We could define it as a sort of philosophy, we could call it “sprouting”. According to Parra, Art should awaken visions of the early beginning of things, find out their hidden forces and spasms before their becoming real, their turning into “worlds”. Mankind could find it an enjoyable or terrifying experience. As a consequence, his pictorial language is quite complex and varied, where different techniques are used, techniques that successfully result into something mellow and basically substantial just in a single work of art. To be able to shape a sculpture using such a technique is not an easy job; we can say the enterprise becomes more difficult when the artist wants to keep track of his themes giving them a tridimensional effect. Consequently, Parra has been forced to simplify, to ponder his style, making it lighter. On top of that, thinking about a symbolic register to inform us about his interior turmoil. The result is a successful balance between his restless creativity and the transformation of the materials used. The results are amazing for the extraordinary resilience of his works, their being “open” to utter those powerful forces that keep on urging on the bark just solidified of his primeval bodies.

Parra’s concept of making Art can have as its motto Galileo’s “try and try again”. He is deeply involved in experimenting and working on the preparatory stage, which clearly flows into his works in the end. Above all, there is his tremendous dissatisfaction with all that hesitates and lingers in fulfilling a fixed target, without

overcoming it, something certainly inherited from Nietzsche and the Greeks.

At the moment Parra works and lives in Lido di Camaiore, working with well-known art galleries. Some of his works can be admired in museum Foundations and relevant Italian and foreign collections. He is also present and his works published in several Italian exhibitions and fairs.

They have write for his work: Sandro Barbagallo, Massimo Ceragioli, Philippe Daverio, Valerio Dehò, Francesco Delli Carri, Stefano De Rosa, Gabriele Ghisellini, Lodovico Gierut, Linda Giusti, Paolo Levi, Marcella Malfatti, Valerio Meattini, Luca Pietro Nicoletti, Nicola Nuti, Antonio Parpinelli, Stefano Sandrelli, Francesca Sassoli Tauscheck, Melina Scalise, Vittorio Sgarbi, Maurizio Vanni.

ART STUDIO Gioni David Parra55041 Lido di Camaiore (Lu) IInfo: [email protected] Cell. +39 335 6584660

Mario Botta - Gioni David Parra

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Silpakorn University, Work-shopThai-Italy Art, Curator: Maurizio Vanni/Sasivimol Santiratpakdee,Bangkok 2011

Gioni David Parra at work

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Silpakorn Gallery, TIMEThai-Italy Art, Bangkok 2011

Exhibition hall of Gioni David Parra

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Mostre e rassegne recenti di Gioni David Parra

Mostre Personali2005 – Dipingere l’impossibile - Limonaia, Pisa2006 – Ritratti - Viareggio, Lucca2006 – Il bazar delle anime - Galleria Europa,Lido di Camaiore, Lucca2006 – Il bazar delle anime - Portovenere, La Spezia2007 – Vòlti dall’alba - Galleria Fyr, Firenze2007 – Memoria di Prima - Pitti Immagine Uomo, Profilestudio, Firenze2007 – Il cuore di Dioniso - Fiera del Design,Poggibonsi, Siena2007 – Dal sudario dei Vinti - Festival della creatività, Firenze2007 – Es-tensioni - Immagina Arte Fiera, Reggio Emilia2008 – Dalle ceneri - Chiostro di S. Agostino, Pietrasanta, Lucca2008 – Dalle ceneri - Galleria E.D. Contemporanea, Portoferraio, Isola d’Elba, Piombino2008 – I gorghi di Amleto - Inaugurazione StudioLido di Camaiore, Lucca2008 – Aperture di sogni - Villa Medicea, Fauglia, Pisa2009 – Inversa-Kore - Galleria E.D. Contemporanea, Pietrasanta, Lucca2009 – ELE-menti a confrontoGall. E.D. Contemporanea, Milano2009 – Costellazioni - Show-room Indivenire, Monza2009 – ELE-menti a confrontoGall. E.D. Contemporanea, Prato2011 – Ulisse e la luce dell’ombra - Lu.C.C.A.Museum, Lucca2011 – Orione come metafora - Spazio Tadini, Milano

Mostre Collettive in sintesi2005 – Immagine Donna - Lido di Camaiore, Lucca2006 – Scultura da interno - Massarosa, Lucca2006 – Conosci la terra dove fioriscono i limoni? - Torre

degli Upezzinghi, Calcinaia, Pisa2006 – Spiritual soul of Africa - Carsoli, L’Aquila2007 – Spiritual soul - Villa Pavarotti, Modena2007 – Pittura di piccolo formato - Massarosa, Lucca2007 – Caro Monicelli - Principe di Piemonte, Viareggio, Lucca2007 – Spiritual soul of Africa - Castel S. Angelo, Rieti2007 – Arte a confronto - Palazzo Correr, evento correlato 52.a Biennale Venezia2008 – Venti per Venti - Galleria Globart, Acqui Terme, Alessandria2008 – Astrattismo a Viareggio - Villa Paolina, Viareggio, Lucca2009 – Wine Art Festival - Chiesa di Sant’Agostino, Pietrasanta, Lucca2009 – Plaza, Oltre il limite - Scultura monumentale, C.so V. Emanuele, Milano2010 – Arte per l’Arte - Mostra Museo Lu.C.C.A Center, Lucca, a cura di M. Vanni2010 – Wine Art Festival - Chiesa di Sant’Agostino, Pietrasanta, Lucca, a cura di L. Gierut2010 – Un quadro per rinascere - Villa Paolina, Viareggio, Lucca, a cura di P. Daverio2010 – 50 Pittori x 50 cantanti - Anteprima Torre di parte Guelfa FI, Mostra in varie sedi toscane2010 – L’arte della solidarietà - Anfiteatro Fonte Mazzola Peccioli, Pisa, a cura di V. Sgarbi 2010 – La forma, il segno e il colore - Galleria la Meridiana, Pietrasanta, Lucca2011 – Massaciuccoli. Il lago degli artisti - Scuderie Granducali, Seravezza, Lucca2011 – Thay-Italy Art - Art Gallery of Silpakorn University Bangkok2011 – Collezione 20 x 20 - Globart Gallery AcquiTerme Alessandria2011 – Collettiva d’autore - Galleria la Meridiana Pietrasanta

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VideoGioni David Parra – Regia Julia Oren - 2008Composition in black – Regia Enrico Pietro Chelli - 2010Su scogliere sonore – Regia Giovanni Romboni - 2010

Galleria Mario Mazzoli BERLINO27 Novembre 2010 Concerto - VideoproiezioneAntonio Agostani – Gioni David Parra – Michelangelo Rinaldi

Arte Fiera2007 – Reggio Emilia – Viterbo2008 – Reggio Emilia – Genova – Viterbo2009 – Verona - Reggio Emilia – Genova – Forlì – Bergamo2010-2011 – Verona

Musei / Collezioni pubbliche e privateMuseo Arte Contemporanea, Atri, TeramoPinacoteca Villa Gisella, FirenzeGaddi, Vorno, LuccaPieraccini, RomaKnauff, Campo alla Sughera, Bolgheri, LivornoMuseo Lu.C.C.A. Center of Contemporary ArtSilpakorn Gallery, Bangkok Thailandia

Eventi“Arte fra Cielo e Terra”. Convegno a cura dell’Osservatorio Astronomico di Brera, con la collaborazione dell’INAF, correlato alla mostra “Orione come metafora”, Spazio Tadini, Milano 2011. Interventi di Gabriele Ghisellini, Lodovico Gierut, Gioni David Parra, Luca Pietro Nicoletti, Francesca Sassoli Tauscheck, Melina Scalise.“Only for passion” racconto scenico di e con Maurizio Vanni e Meme Lucarelli, con la partecipazione straordina-ria di David Riondino, scenografie di Gioni David Parra, andato in scena per la 1ª al Teatro Nieri di Ponte a Moria-

no (Lucca) il 14 dicembre 2011Organizzazione: Studio Arte 36 di Emanuela Mattiuzzi, [email protected]

L’artista ringrazia quanti hanno collaborato sia per il libro/pubblicazione, con particolare riferimento agli autori degli scritti, come a tutti i prestatori delle opere inserite e/o esposte allo “Spazio Tadini” in Milano, nonché Giovanni Pieraschi presidente INAF, Ginevra Trinchieri, Alessandro Fontana, Massimo Ceragioli, Federicapaola Capecchi, Maurizio Vanni, Angelo e Antonio Parpinelli con tutto il Lu.C.C.A. Museum e Umberto Veronesi.

Con la pubblicazione “Orione come metafora”, prodotta dal Comitato Archivio artistico-documentario Gierut con scopo prettamente culturale e stampata in occasione dell’omonima mostra di Gioni David Parra presso lo Spazio Tadini in Milano – al di là delle analisi critiche ivi contenute – si è voluto sinteticamente presentare l’Artista, la cui documentazione è in parte conservata sia presso il suo Archivio, sia in Biblioteche e in vari Archivi specializzati in Italia come all’estero. Notizie in internet.

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Pubblicazioni delleEdizioni Comitato Archivio

artistico-documentario Gierut

Segni del dolore. La dimensione sacra della sofferenza, a cura di Pier Paolo Dinelli e Lodovico Gierut, 2007.

Lodovico Gierut, Grazia Leoncini. Essere ed Oltre, 2007.Marta Gierut, In Franco Miozzo, a cura di Lodovico Gierut, 2007.

Marta Gierut, Camminando in un’Anima, a cura di Lodovico Gierut, 2007.

Lodovico Gierut, La spiaggia e il melograno, 2007.Contaminazioni. Pitture a rilievo di Franco Benassi, a cura di Pier Paolo

Dinelli e Lodovico Gierut, 2007.Lodovico Gierut, Lavorare il marmo. Arte Artigianato Industria, 2008.

Maurizio Luisi. Con gli occhi, il cuore e le mani, a cura di Lodovico Gierut, 2008.

Implume. Il ritratto carico. The loaded portrait, sculture di Dino De Ranieri e testi di Francesca Ciuffi, 2008.

Lodovico Gierut, Art Festival. Il Vino e l’Arte, 2009.Lodovico Gierut, Angela Lazzaretti, Roberto Valcamonici, Versilia

Terra di artisti. La figura umana, 2009.Lodovico Gierut, Lorella Lorenzoni, Marzia Margherita Dati, Arte e

grafologia. Oltre il segno: suggestioni, simboli e significati, 2009.Lodovico Gierut, Lorella Lorenzoni, Marzia Margherita Dati, Arte e

grafologia 2. Oltre il segno: suggestioni, simboli e significati, 2010.Maria Acci Kazantjis, Giovanni Acci (1910-1979). L’Artista, le Opere, 2010.

Lodovico Gierut, Versilia Wine Art. Etichette d’autore, 2010.Lodovico Gierut, Massaciuccoli. Il lago degli artisti, testi di Raffaello

Bertoli, Enrico Dei, Lodovico Gierut, Fabio Flego, Claudio Giumelli, Luigi Nicolini, Sergio Paglialunga, 2011.

Lodovico Gierut, Gioni David Parra. Orione come metafora, testi di Melina Scalise, Stefano Sandrelli, Lodovico Gierut, 2011.

Collana “Immagini del tempo”Bruna Nizzola, Carlotta. C’è posta anche per me, 1, 2007.

Lino Bertuccelli. Tra realtà e memoria, a cura di Lodovico Gierut ed Ernesta Rappelli, 2, 2008.

Bruna Nizzola, Sinite parvulos. I bimbi ci guardano... in un modo o nell’altro, 3, 2008.

Gabriele Dazzi, Il fuoco e la neve, 4, 2009.Roberto Valcamonici, Nei reconditi della memoria, 5, 2009.

Manrica ‘Kika’ Ciurli, Foglie, a cura di Lodovico Gierut, 6, 2009.Sergio Valenti. A modo mio, a cura di Lodovico Gierut, 7, 2011.

Collana “Il Volto e la Maschera”Giovanni Buzi, Marcella Testa, Visi, a cura di Lodovico Gierut, 1,

2009.Nadia Colombini, La poesia del colore, a cura di Lodovico Gierut, 2,

2010.Solidarte, da Viareggio al Burkina Faso, a cura di Lodovico Gierut,

Roberto Ferrari, Annalisa Risoli, 3, 2010.

Collana “Il passaggio e la memoria”Lodovico Gierut, Versilia Wine Art. Presenze, 1, 2011.

Lodovico Gierut, Giuseppe Bartolozzi e Clara Tesi, testi di Lodovico Gierut, Anna Vittoria Laghi, Tiziano Lera, Roberto Valcamonici e

Loretta Brizzi, Giuseppe Bartolozzi, 2, 2011.Lodovico Gierut, La mia Versiliana, 3, 2011.

Lodovico Gierut, Riccardo Luchini. Urban landscape, testi di Lodovico Gierut e Anna Vittoria Laghi, 4, 2011.

Lodovico Gierut, Sigifredo Camacho Briceño. Migrantes, testi di Lodovico Gierut e Roberto Valcamonici, 5, 2011.

Audiolibri Bruna Nizzola, Sinite parvulos, 2009.

Bruna Nizzola, Eugenio Spadoni, I racconti del treno, 2009.Bruna Nizzola, I racconti del platano, 2009.

Il Comitato Archivio artistico-documentario Gierut, sorto per ricordare l’artista e letterata Marta Gierut (1977-2005), ha sede a Marina di Pietrasanta (Lucca), I, Via G. B. Marino n°8. Non ha fini di lucro e organizza e patrocina mostre, conferenze, presentazioni di libri e – in definitiva – cerca di avvicinare e sollecitare il pubblico all’arte e alla letteratura in genere. Ha realizzato un Centro di documentazione accettando in dono pubblicazioni artistiche; collabora gratuitamente con singoli, associazioni ed enti. Il Comitato è presieduto dal critico d’arte, scrittore e giornalista Lodovico Gierut. Le Edizioni sono perfettamente integrate con la linea statutaria connessa a finalità socio-umanitarie e culturali. Dal 2008 organizza il “Premio Marta Gierut” assegnando riconoscimenti a personalità, studenti, associazioni.Info: [email protected] Cell. 3803941442

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