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PERIODICO DELLE PARROCCHIE “SANTA MARIA DELLE GRAZIE” e “SAN FRANCESCO DʼASSISI” - CAMPI SALENTINA ANNO XVI NUMERO 3 - MARZO 2010 MENSILE POSTE ITALIANE - Sped. in A.P. art. 2 comma 20/C - Legge 662/96 LECCE LA REDAZIONE AUGURA AI SUOI LETTORI E ALLA COMUNITA’ CITTADINA UNA SANTA PASQUA DI VERA RESURREZIONE Resurrexit ...vere Resurrexit Resurgite... ...gentes!

osservatorio marzo

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periodico della parrocchia

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Page 1: osservatorio marzo

PERIODICO DELLE PARROCCHIE “SANTA MARIA DELLE GRAZIE” e “SAN FRANCESCO DʼASSISI” - CAMPI SALENTINAANNO XVI NUMERO 3 - MARZO 2010 MENSILE POSTE ITALIANE - Sped. in A.P. art. 2 comma 20/C - Legge 662/96 LECCE

LA REDAZIONE AUGURA AI SUOI LETTORI E ALLA COMUNITA’ CITTADINA

UNA SANTA PASQUA DI VERA RESURREZIONE

Resurrexit...vere

Resurrexit

Resurgite......gentes!

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MARZO 2010Pag. 2 L'OSSERVATORIO

Composizione Grafica & Stampa MINIGRAF Campi - Tel. 0832.792116

E-mail: [email protected]

L'OSSERVATORIOPERIODICO DELLE PARROCCHIE

SANTA MARIA DELLE GRAZIE e SAN FRANCESCO D’ASSISI

Piazza Giovanni XXIII - Campi Salentina

DIRETTORE RESPONSABILE

Ilio Palmariggi

DIRETTORE

Ennio Monastero

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Don Gerardo IppolitoAnna Maria Fiammata

Gli animatori dell’Oratorio Don Bosco

Tonino GuerrieriMaria Rosaria Manca

Mary CantoroRiccardo Calabrese

Enzo Depalo

Proprietà: Parrocchia "S. M. delle Grazie"

C.C.P. 141207371

Registrazione Trib. di Lecce n. 585 del 25/03/94

SS OO MM MM AA RR II OO

Sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale 3

Nella sapienza il futuro dell’uomo 4

Gli auguri del Parroco 5

L’insegnamento della religione cattolica e l’autonomia scolastica 6

Ricordo di Fra Prosperino 7

Attività del Gruppo Giovani 8

Ricordando Don Tonino Bello 10

Il Capitolo della Collegiata di Campi Salentina 11

Gregorio di Nissa 13

Ricordando Don Tonino Bello 14

Beethoven per violoncello e pianoforte 15

FFEEBBBBRRAAIIOO//MMAARRZZOO 22001100BATTESIMISPAGNOLO CARLO FEDERICO 28/02/2010

FUNERALIACQUAVIVA PIETRO 25/02/2010 - POCI FRANCESCA 26/02/2010INVIDIA ANTONIA 28/02/2010 - PALMARIGGI FELICE 28/02/2010SERRA ALESSANDRO 06/03/2010

LA REDAZIONE E’ VICINA ALLA FAMIGLIA DI ILIO PALMARIGGI,DIRETTORE RESPONSABILE DEL GIORNALE

E GIANFRANCO, REDATTORE,

NEL DIFFICILE MOMENTO DEL DISTACCO DEL

CARO GENITOREE PREGA IL SIGNORE CHE PERCORRENDO LA VIA DA LUI INDICATA

INTRISA DI SOLERTE LABORIOSITA’, DI SOLIDI VALORI MORALI, CIVILI E RELIGIOSI,

TROVINO CONFORTO E SPERANZA

SETTIMANA SANTA28 Marzo DomenicaOre 09,30 Sagrato Santuario “S. Pompilio” Benedizione delle PalmeOre 10,00 Piazza Libertà Celebrazione S. Messa interparrocchiale

29 Marzo Lunedì Ore 20,00 Chiesa Madre rappresentazione teatrale “Processo a Gesù”

30 Marzo MartedìOre 20,00 Via Crucis interparrocchiale

con partenza dal Santuario di “S. Pompilio”

31 Marzo MercoledìOre 20,00 Santuario di “S. Pompilio”

Liturgia penitenziale e confessioni individuali

1 Aprile GiovedìOre 09,30 S. Messa Crismale in Cattedrale – LecceOre 16,30 Liturgia per i bambiniOre 19,00 S. Messa in Coena Domini

e adorazione del SS. Sacramento sino alle ore 24

2 Aprile VenerdìVenerdì Digiuno e astinenzaOre 09,30 Ritiro giovani c/o Centro Catechistico Ore 16,30 Liturgia per i bambiniOre 19,00 Liturgia della “Passione del Signore”Ore 20,30 Processione di Cristo Morto

3 Aprile Sabato Ore 16,30 Liturgia per bambini Ore 22,30 Solenne Veglia Pasquale

DOMENICA 4 APRILE: PASQUA DI RESUREZZIONECRISTO E� RISORTO ALLELUIA!!!

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SS t iamo vivendo l’AnnoSacerdotale e mi sembraopportuno approfittare del

nostro giornale per chiarire la bellezzae le caratteristiche del “SacerdozioComune” e di quello “Ministeriale”perché ognuno, a seconda della suavocazione, risponda alla chiamata diDio.

I Padri della Chiesa ( siamo neiprimi quattro secoli) definiscono ilsacerdozio comune in opposizione al“non-popolo”,agli infedeli o ai cate-cumeni; quasi mai si è sentito il biso-gno di paragonarlo al sacerdozio deiministri.

Sotto il sacro romano imperoerano aumentate le prerogative delclero e il popolo cristiano era sotto-messo all’autorità dei sacerdotispesso confusi con i potenti.

La riforma protestante avevarivalutato il sacerdozio di fedeli inopposizione al sacerdozio ministeria-le, ma la controriforma cattolica, pertutta risposta, aveva esasperatol’importanza dei preti a scapito dellaicato.

Il Concilio Vaticano II° ha final-mente accentuato la equilibrata cor-relazione e collaborazione del sacer-dozio comune e ministeriale.

Oggi credo che sia il sacerdoteche il laico abbiano chiara la loroidentità.

Il Sacerdote ordinato, abilitatodal carattere e dalla grazia del sacra-mento dell’Ordine, è testimone eministro della misericordia di Dio; inquesto sacramento Cristo ha tra-smesso in diversi gradi la propriaqualità di pastore delle anime renden-do il consacrato capace di agire nelsuo nome, “in persona Christi capi-tis”.

La presenza del ministro ordinatoè condizione essenziale della vitadella Chiesa e non solo per una suabuona organizzazione; egli forma lacomunità del popolo di Dio, pasce ilgregge affidato, offrendo una testi-monianza esemplare e dando la vitaper il suo popolo.

Il sacerdozio comune pur avendodelle funzioni da svolgere, non è unafunzione, ma una realtà spirituale. Inesso,i cristiani, partecipi di Cristo,condividono la sua consacrazione percontinuare la sua stessa missione.

Mentre il sacerdozio comune èconseguenza del fatto che il popolocristiano è scelto da Dio come pontecon l’umanità e riguarda ogni creden-te in quanto inserito in questo popo-

lo, il sacerdozio ministeriale è invecefrutto di una elezione, di una vocazio-ne specifica. Insieme sacerdoti epopolo di Dio lavorano perché tutti gliuomini si salvino.

Vorrei evidenziare brevementealcune caratteristiche del SacerdozioMinisteriale.

Il Sacerdote è il servo di Dio eper Lui e con Lui servo degli uomini:la totale appartenenza a Cristo è evi-denziata dal sacro celibato vissutoper lo sviluppo della missione dellaChiesa.

Mentre Il sacerdozio comune obattesimale è reale partecipazione alsacerdozio di Cristo e si fonda sulcarattere battesimale che è il sigillodell’appartenenza a Cristo, quelloministeriale si fonda sul carattere

impresso dal sacramento dell’Ordineche configura a Cristo sacerdote conla potestà di offrire il sacrificio erimettere i peccati; non trae originedalla comunità, ed è gerarchico. Isacerdoti impersonano in seno alpopolo di Dio il triplice ufficio: profeti-co (ministeri della Parola), cultuale eregale(educatore e pastore) dellostesso Cristo.

E’ importante pertanto che sieviti sia la “clericalizzazione” dei laiciche la “secolarizzazione “dei preti, sirischia altrimenti una sottovalutazio-ne teorica e pratica della specificamissione dei laici che è quella di san-tificare dall’interno le strutture dellasocietà.

Il sacerdote è “alter Christus”, è ilministro delle azioni salvifiche essen-ziali: celebra la S. Messa, evangeliz-za, dona il perdono sacramentale, èstrumento di comunicazione salvificatra Dio e gli uomini.

I l sacerdote è l’uomo dellacomunione, della guida e del servizio

di tutti. E’ chiamato a mantenerel’unità delle membra col Capo e ditutti tra loro, con la sua parola evan-gelizzatrice, cultuale, sacramentale.E’ testimone di carità e maestro divita interiore in una unità di vita fon-data sulla carità pastorale, nutrita dauna solida vita di preghiera (v. ilCurato d’Ars).

La cultura contemporanea non ècertamente “tenera” con i sacerdoti: licritica , li accusa, e lo scandalo deipreti pedofili mette legna sul fuoco,ma purtroppo spesso fraintende lavirtù interiore , la spiritualità, conforme di intimismo, di alienazione, equindi di egoismo incapace di com-prendere i problemi del mondo edella gente; questo anche perchésinceramente risulta diff ici le daaccettare una tipologia di presbiteriche va dal sociologo allopsicologo,dall’operaio, al manager incui spesso il ministero si trova allaperiferia della vita, e non al cuorestesso di essa.

Alcuni sacerdoti oggi stannovivendo una forte crisi del loro esserein un mondo che li ignora o li rifiutaper cui possono provare disaffezione,disillusione, fallimento. Le cause sonomolteplici: deficiente formazione,mancanza di fraternità del presbiterio,isolamento personale, mancatoamore del vescovo e della comunità,problemi di solitudine, diffidenza perl’ascesi, abbandono della vita interio-re, mancanza di fede. Alcuni, per col-mare il vuoto interiore si rifugiano inun dinamismo ministeriale, ma è chia-ro che il fare, senza una solida spiri-tualità sacerdotale si traduce in unattivismo vuoto e privo di qualsiasiprofetismo.

Oggi, l’opera pastorale di mag-gior rilievo risulta decisamente esserela spiritualità e la comunione trasacerdoti; la gente crederà e le chie-se si riempiranno se i preti pregano esono uniti tra loro.

Il Sacerdote è sostenuto dallasua comunità anche se tante volte ècriticato non sempre a proposito.Egli ha bisogno dell’apporto del laica-to di cui deve rispettare i ruoli (noncollaboratori, ma corresponsabili),non solo per l’organizzazione el’amministrazione di una parrocchia,ma anche per la fede e la carità: cideve essere una specie di osmosi trala fede del presbitero e quella deifedeli.

Don Gerardo Ippolito

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SACERDOZIO COMUNE E SACERDOZIO MINISTERIALE

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NELLA SAPIENZA IL FUTURO DELL’UOMO

FF orse vi è un momentonella vita in cui si è portatia chiedersi che cosa di

importante, con le nostre parole econ i nostri comportamenti, siamoriusciti a comunicare agli altri. Èindubbio che questo sia già un attoche denota senso di responsabilità.E altrettanto è triste il non porsi que-sta domanda, perché in tal caso vuoldire che la nostra libertà è rimastasoffocata nell’inquietudine e nellamancanza di un fine o di una pro-spettiva vera e duratura nella vita.

È facile immaginare, poi, che ilvoler trasmettere sia orientato versochi è più giovane, poiché è unalegge di natura che l’adulto aiuti chi,per la giovane età, si prepara adaffrontare la vita. Se ci si pone il pro-blema di far conoscere al giovanequanto sia utile e necessario allavita, e tutto ciò sia ordinato al conse-guimento del Bene, non potrà costuinon nascere una seconda volta, aduna vita segnata dal passaggio aduna Verità che lo trasforma.

“Ascoltate, o figli, l’istruzione diun padre e fate attenzione per cono-scere la verità, … Anch’io sono statoun figlio per mio padre, tenero e caroagli occhi di mia madre. Egli miistruiva dicendomi: <… Acquista lasapienza, acquista l’intelligenza; …Non abbandonarla ed essa ti custo-dirà, … Principio della sapienza:acquista la sapienza; a costo di tuttociò che possiedi acquista l’intelligen-za…>” (Pr 4, 1.3.4-7).

Lo sguardo di un genitore cogliela fragilità di un figlio e lo mette inguardia invitandolo ad acquistare lasapienza e l’intelligenza, perché essaè la migliore e più vera eredità chenon può non lasciargli, oltre ai benimateriali se ne ha. Mentre trasmette-re le ricchezze è utile ed essenziale ericade in un naturalismo giuridico,trasmettere l’amore per la sapienza èun atto di carità che non segue lalegge dell’uomo, ma quella di Dio.

Bisogna acquistare la sapienza;essa per l’Agiografo vale più dellericchezze.

Anche re Salomone ne ha com-preso il valore, per questo implora eprega affinché lo spirito della sapien-za scenda in lui. “La preferii ( lasapienza) a scettri e a troni, stimai unnulla la ricchezza al suo confronto;non la paragonai neppure a unagemma inestimabile, … L’amai piùdella salute e della bellezza, preferii il

suo possesso alla stessa luce, per-ché non tramonta lo splendore chene promana” (Sap 7, 8-10).

Cos’è questa sapienza tantoelogiata e ricercata, ambita anchedai re, il cui possesso fa sentire riccoil misero, tanto preziosa da esserpreferita alla salute e alla bellezza, ilcui splendore supera quello dellaluce, e che sarebbe atto sconsidera-to non elargire a un giovane? Dicerto la conoscenza delle leggi dinatura, la scoperta della fisica deicorpi celesti, della complessa vitadelle cellule, le straordinarie applica-zioni di una formula matematicasono solo un esempio della sapienzaumana. Tuttavia, l’occhio umano chescruta sempre più a fondo l’infinita-mente piccolo, perde di vista l’infini-tamente grande e tutto ciò che hareso possibile il suo fecondo viaggionello scibile. Eppure un senso divuoto permane, la morte fa paura, ildolore è incomprensibile, i legamidella responsabilità sono catene dasciogliere, il senso del futuro è vogliadi presente e la speranza è solo unainutile magia per bambini. Tutto que-sto si fa sabbia che soffoca ogniparola o giudizio che l’uomo voglia

volgere a se stesso e sul senso dellapropria vita. La gioventù del nostrotempo gode in gran parte del privile-gio dei frutti dell’ingegno umano, tut-tavia maldestramente cela di esseresopraffatta da un’angosciosadomanda, che resta muta e ine-spressa alle soglie della coscienza:Perché non sono felice? Spesso,anche dove i beni materiali sono pre-senti si stende l’ombra inquieta diuna mancanza, di un essere piegatidalla privazione di qualcosa, che siattenua cercando rifugio in unarealtà virtuale, qualunque essa sia.

Potremmo addirittura pensareche l’attuale desiderio di felicità tra-duca in termini moderni la domandache un giovane ricco fariseo un gior-no rivolse a Gesù: “Maestro, checosa devo fare di buono per ottenerela vita eterna?” (Mt 19, 16). Ladomanda di quel giovane rivela il suopensare, plasmato dalla teologia giu-daica che vede nelle buone azioni ilmezzo per essere in sintonia conDio. Va da sé che quel giovanemostra interesse per la persona diGesù e, considerandone la novitàdell’insegnamento, aspira a diventar-ne il seguace. È evidente che quel

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giovane sia ricco ma lo è altrettantola sua ricerca di qualcosa che loappaghi. Infatti egli da sempre haobbedito ai comandamenti, eppureoltre il possesso di ricchezze e ladirittura morale che mostra di averesente la mancanza di qualcos’altro.“Ho sempre osservato tutte questecose; che mi manca ancora?” (Mt19, 20). La risposta di Gesù non si faattendere: “Se vuoi essere perfetto,và, vendi quello che possiedi, dallo aipoveri e avrai un tesoro in cielo; poivieni e seguimi”(Mt 19, 21). Devonoessere state parole simili a fendenti,se poi “Udito questo, il giovane se neandò triste; poiché aveva molte ric-chezze” (Mt 19, 22). La perfezioneche gli mostra Gesù appare ai suoiocchi molto impegnativa se lo lasciasenza parole e decide di andarsene.Gesù chiama alla sua sequela, manon è da tutti e non tutti sono chia-mati a rinunciare alle ricchezzemateriali, ma tutti certamente sonochiamati a passare ad una vitanuova, a progettarsi come uomininuovi che non rinnegano la leggema, come Gesù stesso ha insegnato,la superano o la trasfigurano in unnuovo ordine che è quellodell’amore. Non la rinuncia alla ric-chezza, ma la rinuncia ad un atteg-giamento nei suoi confronti cherende l’uomo schiavo di quanto eglistesso possiede, questo apparel’aspetto nuovo ed incomprensibiledella risposta che Gesù offre al suogiovane interlocutore.

È questa allora la Sapienza cheGesù propone al giovane e ricco fari-seo. È questa la ricchezza capace disegnare il passaggio vero e definitivodell’uomo verso il regno dei cieli. ÈGesù stesso.

“Venite a me, voi tutti che sieteaffaticati e oppressi e io vi ristorerò.Prendete il mio giogo sopra di voi eimparate da me che sono mite eumile di cuore”(Mt 11, 28s.). La tri-stezza del giovane è il prezzo delsuo attaccamento alle ricchezze chepossiede; per lui la vera sapienzasono i beni che gli appartengono, incui confida e ripone la sua fiducia,egli ama le sue proprietà con tutto ilcuore, con tutta la mente e con tuttele sue forze. In tutto questo non c’èspazio per un cambiamento di rotta,per una conversione, perché sareb-be rinnegare la fonte delle propriesicurezze.

In realtà, se è la Verità che rendeliberi, non può esserci libertà per ungiovane quando rifiuta la speranza el’amore per la Resurrezione.

Anna Maria Fiammata

AAUUGGUURRII PPAASSQQUUAALLII

2010Voglio augurare a ciascuno di noi che il Signore Risorto

doni quella pace che cerchiamo, quella serenità che sembraormai perduta, quella comunione fortemente voluta mararamente realizzata.

Solo Lui può dare tranquillità al nostro animo inquieto edisorientato, solo Lui può aiutarci ad andare avanti sullastrada dell’onestà nonostante gli infiniti ostacoli, solo Luipuò darci la forza di credere che nonostante tutto “l’amorevince sull’odio”.

Pasqua significa “passaggio”, conversione, risurrezionedalla morte alla vita. Sicuri della presenza di Dio accanto anoi, non possiamo scoraggiarci, sappiamo di dover fareanche noi la nostra parte.- Non è impossibile “passare” dalla indifferenza dei pro-

blemi altrui alla attenzione ed al servizio di chi per noiè “un altro Cristo”.

- E’ necessario decidersi per una “conversione”radicalea favore di ogni uomo, soprattutto del più debole, nellalealtà del nostro agire.

- Vogliamo sperimentare la gioia di guardare in facciagli altri senza vergognarci di non averli amati abba-stanza, sicuri che niente ci può dare quella pienezza dicuore che ci viene dal cercare ciò che ci unisce nonciò che ci divide.

L’augurio di questa Pasqua è che Cristo riesca a spalan-care il sepolcro del nostro cuore perché possiamo festeggia-re la bellezza di essere uniti a Lui ed ai fratelli, dando almondo la speranza che un modo nuovo di vivere è possibile.

Il vostro parrocoDon Gerardo

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CC hiamati a riflettere sullanuova identità dellascuola a dieci anni

dall’introduzione dell’Autonomiascolastica, il laboratorio pomeridianoper la secondaria di 1° grado ha evi-denziato il contributo dell’IRC nellaprogettazione del sistema di istruzio-ne. Inoltre ha aiutato i docenti ariflettere e confrontarsi circa:

1) la scuola come comunitàeducante

2) la mediazione didattico-meto-dologica.

I ventuno docenti, provenientida diverse province, hanno confer-mato la validità del percorso discipli-nare supportato da una competenzaprofessionale acquisita nel corso dinumerosi anni di insegnamento e diformazione. In un clima costruttivo diconfronto e dialogo, i docenti sonointervenuti tenendo fede ad alcunefinalità: - far emergere le “esperienze in

atto” ;- “se e in che modo” nel decennio

dell’Autonomia si sono registraticambiamenti;

- fare proposte finalizzate amigliorare il Piano dell’OffertaFormativa nella scuola;

- focalizzare il contributo chel’IRC può dare nella formazioneintegrale dello studente;

- formulare proposte sul pianometodologico e didattico perl’ innalzamento della qualitàdell’insegnamento della religio-ne cattolica alla luce delle rela-zioni di fondo del Corso. Nel rispetto dei tempi a disposi-

zione e tenendo conto delle suddet-te finalità, si è dato vita ad un con-fronto, frutto di esperienza e diimpegno diretto nella gestione dellascuola. Sono emerse le naturali diffi-coltà professionali legate alle sfideeducative di una scuola, che da unaparte pone l’alunno al centro dellasua attenzione - azione, e dall’altra sidimena in aspetti meno educativi epiù legati alla gestione managerialedi un ente.

Ecco ciò che è emerso da unaprima analisi della ricaduta dell’auto-nomia scolastica in questo primo

decennio. Se è vero che la scuola haassunto l’immagine “aziendale” conprogettazioni “autonome” nel campodella didattica, delle gestione edell’organizzazione, è purtroppoaltrettanto vero, che la funzione dellascuola come “comunità educante”ha subito una radicale trasformazio-ne. E’ prevalsa in questo decennio,la filosofia della “efficienza” a dannodi quella della “efficacia”, e ciò nonsempre ha migliorato ed innovatol’offerta formativa.

Fondamentale in questo scena-rio è il contributo dell’IRC per ridareall’educazione una dimensione sem-pre più “umana” puntando sulla rela-

zione educativa e sulla centralitàdella persona per spostare l’atten-zione dall’astratto al concreto, dallascuola alla vita.

Recuperando il concetto di per-sona tanto chiaramente e profonda-mente i l lustrato dal dott. FabioTogni, gli IdR si sono soffermati sullatestimonianza di vita che ognidocente può offrire a scuola e che èlegata alla comunità cristiana diappartenenza. La coerenza di vitadegli IdR deve tasparire agli studen-ti, per dare vita ad un dialogo educa-tivo fatto sempre più di confronto distili di esperienza e non solo di con-tenuti nozionistici, sia pur imprescin-dibili.

Il ruolo del docente è quello dioffrire un ambiente sereno e rassicu-rante, che sappia accettare e segui-

re l’allievo e che testimoni un sincerointeresse non solo per il suo proces-so di apprendimento, ma anche perla sua vicenda umana.

È in questo contesto che l’ora direligione diventa laboratorio di cultu-ra e umanità, non solo cultura astrat-ta, né solo esperienze empiriche econtingenti, ma sintesi di cultura eumanità in quella dimensione “labo-ratoriale” che ben descrive la faticaintellettuale ed esistenziale di unaricerca sostenuta da autentica pas-sione.

E’ valsa la pena riprendere ingruppo ciò che la dott.ssa Elena Vaj,dopo aver sinteticamente illustrato lanormativa scolastica fino ai giorninostri, ha precisato nella sua relazio-ne, facendo sue le parole del PapaBenedetto XVI che, cioè, l’IdR “abili-ta la persona a scoprire il bene e acrescere nella responsabilità, a ricer-care il confronto e raffinare il sensocritico, ad attingere dai doni del pas-sato per meglio comprendere il pre-sente e proiettarsi verso il futuro”.

È questa una sapienzialità chenon deve ridursi al solo IRC, madovrebbe interessare tutte le disci-pline, per dare un senso al lavoroscolastico.

Al termine di un confronto paca-to e libero, il gruppo di lavoro harivolto la sua riflessione al Pianodell’Offerta Formativa, che le scuoleogni anno sono tenute a redigere.Spesso ad un POF dichiarato nonsegue un POF agito e se questo noncorrisponde al primo, è compromes-sa la credibilità della scuola.

In molti casi il POF è stato inter-pretato come il dépliant illustrativodella scuola, cioè come uno stru-mento promozionale per la raccoltadi iscrizioni dedicando più spazio aiprogetti integrativi che non alla pro-gettazione curriculare. E’ emersa ladifficoltà a gestire il rapporto trascuola e territorio, anche se ciò èben dichiarato negli intenti, ma pocospendibile nella realtà. La scuola, avolte, sembra essere sempre più“sola” all’interno del territorio, sem-pre più “autoreferenziale” piuttostoche punto di incontro di percorsieducativi che hanno come obiettivo

L’insegnamento della Religione Cattolica e l’autonomia scolastica

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quello di educare l’uomo. A questopunto si è ricordato che l’identità diuna scuola non può prescinderedalla conoscenza dell’ambienteumano in cui opera, dai contenutidell’offerta curricolare ed extracurri-colare coerentemente motivata,dall’esplicitazione delle proprie scel-te metodologiche, educative e didat-tiche.

E’ necessario riappropriarsi delproprio ruolo educativo, ripartendodal dialogo con il territorio, attraver-so un sistema “ a rete” in cui le varierealtà educative presenti sul territo-rio interagiscano e progettino unaproposta omogenea, efficace edorganica per rendere la propria pre-senza sul territorio qualitativamentevalida e di spessore.

Al termine del laboratorio unauspicio: riscoprire all’interno dellanostra azione didattica una comuni-cazione educativa finalizzata allascoperta dell’Altro. Come docenti direligione cattolica e come educatorisiamo chiamati a riconoscere neidiscenti, “la significatività dell’altro”,rendendoci disponibili ad un percor-so di crescita che coinvolge l’altrocon le propri esperienze e i proprivissuti.

Se è vero che l’educazione èper tutta la vita, è necessario pro-muovere, come docenti, quegliapprendimenti che dichiarati signifi-cativi, invitano l’alunno ad “osare”consentendo la crescita delle cono-scenze, il perfezionamento dellecapacità e il profilarsi delle compe-tenze.

Sapere, saper fare e saper esse-re, ossia conoscenze, capacità ecompetenze, rendono la persona“uomo totale” (L.Rosati, 1998),capace di padroneggiare la realtà,muovendosi da protagonista, conl’entusiasmo e l’emozione di un“eterno debuttante” (L. Rosati 1993)in quel panorama contestuale che E.Morin non esita a definire iper –complesso, contraddistinto dallapresenza di numerosi problemi cheassumono una portata planetaria eche chiedono all’educazione diimpegnarsi in una sfida perenne peri l conseguimento individuale ecomunitario della cittadinanza plane-taria. (A. Rosati 2009).

Maria Rosaria MancaMaria Cantoro

RICORDO DI FRA’ PROSPERINODa Pacebenemondo ci viene l’esempio di una vita spesa al

servizio degli ultimi: Padre Prosperino, operatore di pace, instan-cabile animatore della missione in Mozambico, con cui il nostroP. Francesco Monticchio ha condiviso anni di rischiosa presenzain quel Paese tribolato dalla guerra civile e bisognoso di tutto

Così Oronzo Monticchio

(www.pacebenemondo.it)ne ricorda la figura el’azione in occasionedella sua scomparsa:

…(mobilitammo) il nostro popolo di Campi, per quanto ciera possibile, per raccogliere aiuti di ogni genere e spedirlicon la speranza che quel popolo potesse sopravvivere.Andammo avanti così per oltre dieci anni. E non solo ilmio paese ma tutta in la Puglia ci fu una gara di solida-rietà e di emulazione reciproca nella raccolta di fondi peraiutare un popolo che amavamo senza conoscerlo.

Siamo ciò che facciamo.

* * *Nei giorni in cui operiamo

viviamo veramente

IILL SSUUOO MMOOTTTTOO

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NN el marzo di quest’anno,don Tonino Bello a -vrebbe compiuto 75

anni e perciò, come tutti i suoi con-fratelli vescovi, avrebbe ras segnatole sue dimissioni nelle mani del Papae sarebbe di ventato vescovo emeri-to, an dando ‘in pensione’.

Ma il Signore lo ha già chiama -to, nel 1993, nella Casa del Pa dre.Don Tonino non è perciò mai andatoe non andrà mai ‘in pensione’. È unabella imma gine per dare la cifra diquesto mio ricordo: e mi pare quasidi vederlo, don Tonino, in Paradi so,a braccetto con il suo (e mio) mae-stro nella fede, monsignor MicheleMincuzzi, che alla que stione dell’uti-l izzazione pasto rale dei vescoviemeriti aveva dedicato i suoi ultimipensieri, un po’ dolenti, ma semprecal di di passione per la Chiesa. Co sasi staranno dicendo, ora, in cielo, idue grandi vescovi delMezzogiorno? Staranno certo par-lando con tenerezza della loroChiesa, ciascuno con il suo indimen-ticabile sorriso: disarmato, come diun bambino attento e vivace, quellodi don Tonino; sa piente e dolce -mente ironico, il sorriso di don Mi -chele.

E un altro ricordo, un altroanniver sario, affiora spontaneo: il25° della presidenza di Pax Christi(che don Tonino assunse nel 1985)e, insieme, il 25° della ri flessione cheegli offrì alla sua diocesi di Molfetta,dopo il Convegno di Loreto dellaChie sa italiana. Una riflessione, que -st’ult ima, oggi attualissima, f indall’esortazione d’esordio: Co raggio,Chiesa! Vai alla ricerca degli ultimisul tuo territorio. Il loro nome è: mol-titudine.

E come non riconoscere una

penetrazione profetica in un al troscritto dedicato alle ‘litanie dellapaura’? A rileggerlo, sem bra cheparli di oggi e della no stra condizio-ne nella società del 2010. DonTonino notava un ‘trasferimento’nell’origine delle paure: non più daeventi della natura (catastrofi, pesti -lenze, carestie) ma, prevalente -mente, da eventi della storia u mana.«Oggi, cioè, non si ha più paura dellacarestia provocata dall’avarizia dellaterra, ma del la carestia prodottadall’avari zia dell’uomo. È dal cuoreu mano che nasce e si sviluppa lanube tossica delle paure con -temporanee ». E ne faceva l’e lenco,quasi una triste litania: «Paura delproprio simile. Pau ra del vicino dicasa. Paura di chi mette in crisi lenostre po lizze di assicurazione. Dichi mette in discussione, cioè, i no -stri consolidati sistemi di tran quillità,se non di egemonia. Paura dello zin-garo. Paura del l’altro. Paura deldiverso. Paura dei marocchini. Pauradei ter zomondiali. Paura di questiprotagonisti delle invasioni moderne,che se non chiamia mo barbariche èsoltanto per ché ci viene il sospettoche que sto aggettivo debba spettarea noi cosiddetti popoli civili, che,dopo duemila anni di cristia nesimo,siamo ancora vera mente incapaci diaccoglienze evangeliche. Paura di

uscire di casa. Paura della violenza.Pau ra del terrorismo». E continua va,ancora: «Paura di non far cela. Pauradi non essere accet tati. Paura di nonessere più ca paci di uscire da certipantani nei quali ci siamo infognati.Paura che sia inutile impe gnarsi.Paura che, tanto, il mon do non pos-siamo cambiarlo noi. Paura cheormai i giochi siano fatti. Paura dinon trova re lavoro. Quante paure!».

Certo, da vero discepolo di Cri -sto qual era, non c’era nulla digenuinamente umano che non tro-vasse eco nel suo cuore. Ed eglicomprendeva angosce e tristezze,ma cercava di con durle alla speran-za: al coraggio cristiano che vince lepaure. Con la fede pura e ferma nelVangelo di Gesù. Con la grande bus-sola orientatrice del Conci l ioVaticano II. Ecco la capacità di leg-gere i segni dei tempi: i movimentiprofondi della sto ria, non quelli effi-meri della cronaca. Era quellaprofondità degli animi di uomini edonne in cammino, comunque,verso il Regno: la stessa profonditàsu cui più volte aveva riflettuto Al doMoro, salentino come lui (e come luilegato a Mincuzzi).

Perciò don Tonino non va inpensione. I suoi libri si leggono sem-pre e da tanti. Le sue intui zionipastorali appaiono vera mente attua-lissime. Sì, anche la sua ‘pastorale’di coraggio evangelico non va inpensione. Forse qualche paura oggic’è anche nella Chiesa: potrebbenon esserci? E forse, nella Chie sa,anche noi laici potremmo rimanere inqualche modo pri gionieri dellapaura; proprio quella che lui ha indi-cato: pau ra di non farcela; paura dinon essere accettati; paura di rima -nere impantanati; paura che l’impe-

«Seppe leggere i segni dei tempi»Il card. FULVIO DE GIORGI ricorda DON TONINO BELLO

RICORDANDO DON TONINO BELLO

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La conclusione dell’interdetto, nel 1719, la riscontriamo nei volumidei battezzati e dei matrimoni con la seguente nota riportata nei duerelativi registri:

Die 24 ap.lis 1719In primis vesperis glorossis.mi Santi Marci Evangelistae, gratia Dei

et D.ni Nostri Iesu X.sti Crucifixi et intercessione gloriossis.mae acB.mae semperque Virginis Mariae et SS.rum Martiru, Orontii Fortunatiet Iusti fuit ablatum interdictum ecivitate Licii et tota dioecesi ab Ill.moet Rev.mo D.no Fabricio Pignatelli Episcopo Licien quem D.nus in suagr.a semper conservet.12

Dal 12 ottobre 1754, anno in cui il Vescovo Alfonso Sozy Carafacompì la Santa Visita in Campi, la Collegiata fu decorata con il titolo diInsigne con cinque Dignità: Arciprete Curato, Cantore, Arcidiacono,Primicerio, Tesoriere. Era parroco in quell’anno Don AntonioCalabrese, nominato il 14 giugno 1740, in seguito ad un periodo disede vacante (31 maggio – 14 giugno 1740), stette in carica fino allamorte avvenuta il 12 maggio del 1744. La cura pastorale dellaParrocchia rimase immutata, affidata quindi “all’Arciprete Curato, conla Concura del Capitolo, esercitata per mezzo di un suo Sostituto,come precedentemente affermato”13.

La casa dell’Ordine delle Scuole Pie, intanto, si arricchì con l’ope-rato del nuovo superiore Padre Pompilio Maria Pirrotti14. La fama diquesto santo subito corse di bocca in bocca tra la gente di ogni rangosociale, tanto che la gente, accorsa da Campi e dintorni, lo acclamavatale già dal giorno della sua morte. In tale giorno, la mattina del mer-coledì ad ore nove andò poi il Capitolo intiero ed in processione fucalato alla Chiesa dove gli fu cantato l’Ufficio more sacerdotum e laMessa15.

Il 25 giugno 1824, con una Bolla Pontificia di Papa Leone XII, furo-no convalidati tutti i titoli del Capitolo, come risulta dall’annotazionenelle Conclusiones Capitolares riportata di seguito:

DOMBolla Pontificiadel Sommo Pontefice Papa Leone XII, in cui èstata riconosciuta, ed eretta in Collegiata Insi-gne la Chiesa di Campi nel dì 25 giugno 1824Regio ExequaturAlla Bolla Pontificia il dì 28 Agosto 1833Dignità e Canonici, che mutarono il Pavonaceo in Cremis.Secondo la loro anzianità, e sono i seg.ti individuiA dì primo Decembre 1833DignitàD. Oronzio Arciprete RapanàD. Emmanuele Cantore GuerrieriD. Emmanuele Arcidiacono RapanàD. Giuseppe Primicerio De LucaD. Pompilio Tesoriere De Luca.

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gno sia inutile… Eppure il Vangelo èsempre con noi. Lo Spirito continuaa sof fiare.

E, se lo vogliamo, il magi sterodel Concilio ci orienta sempre. Così,con apertura d’a nimo e senza pre-concetti, pos siamo riprendere quellarifles sione di don Tonino, di venti -cinque anni fa, e vederne l’at tualitàpastorale, e vedere dav vero il profilodi Chiesa deli neato con sapienza:una Chie sa «sicura solo del suoSigno re », una Chiesa «disarmata,che si fa ‘compagna’ del mondo, chemangia il pane amaro del mondo».

Tutti noi lo sappiamo: alla Chie -sa del Vangelo (e perciò del Concilio)ci chiama lo Spirito. In una societàpervasa dal rela tivismo nichilistico,davanti al le tante paure e alle diffi-coltà u mane derivate dalla crisi eco -nomica, non servono le predi cheenfatiche, gli irrigidimenti culturali, lemanovre politici stiche: «Oggi dob-biamo rim boccarci le maniche emetter ci, con umiltà e discrezione,ac canto a tanti giovani che la se raaffollano il corso, ai tanti in differentisenza Dio, senza co dici, senza lavo-ro, senza pro getti, senza ideali. Èquesto il nuovo grembo in cui laParola di Dio attende di farsi carne.E farci compagni di viaggio sen zaarroganza, ma rimotivando la vita espostando così, piano piano, l’agodal concetto di ‘si gnificato per me’ alconcetto di ‘valore per tutti’». Ungrande messaggio pastorale disperan za e un progetto esistenzialedi gioia. Insieme, alla sequela diCristo, sul passo.

2. IL CAPITOLO DELLA COLLEGIATA DI CAMPI SALENTINA

continua a pag. 12

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12 ACC, Libro dei Morti, dal 1711 al 1755, b. 1, vol. 4. I defunti del periodo dell’interdetto, come risulta dal medesimo registro furonosepolti “extra Parochialem ecclesia” “q.a tempore Interdicti”. Per quanto riguarda i Matrimoni in un’annotazione laterale alla notariportata nel libro dei matrimoni, viene affermato che “Ubi sciendum qt post Interdictum, omnes sposi et spose que no fuerantbenedicte in misse celeb.ne postea fuerunt omnes benedicte. (cfr. ACC, Libro dei Matrimoni dal 1711 al 1755, b. 1, vol. 4)

13 Serio, Attraverso dieci secoli, p. 42514 Domenico, Michele, Giovan Battista Pirrotti nacque a Montecalvo Irpino (AV) il 29 settembre 1710 dalla famiglia nobile di

Girolamo e Orsola Bozzuti. Fu battezzato il giorno seguente nella Chiesa Parrocchiale del paese. Fuggito dall’abitazione paterna,essendo stato affascinato dalla predicazione quaresimale dello Scolopio Nicolò Maria Sanseverino di San Pietro del 1726 aMontecalvo, fu accolto nel convento Scolopio di Benevento. Il 2 febbraio 1727 vestì l’abito dell’Ordine nel Noviziato di “SantaMaria di Caravaggio” in Napoli. Con dispensa a motivo dell’età, professò solennemente a Brindisi i quattro voti propri dell’Ordineil 25 marzo 1728, mutando il nome in Pompilio Maria, che era appartenuto al fratello defunto che stava in seminario. Ricevettel’Ordine del Sacerdozio a Francavilla Fontana (BR), il 20 marzo 1734, come scrive lo stesso in una lettera inviata al padre: “io fuiordinato Sacerdote con la dispensa il 20 di marzo dall’Arcivescovo di Brindisi Mons. Andrea Maddalena e cantai poi la primamessa il 25 di marzo giorno della Vergine Annunziata” . Fu predicatore in tutta l’Italia Centrale e Meridionale. Fu espulso dalRegno di Napoli per diversi anni, e trasferito in diversi conventi dell’Italia Centrale. Nell’aprile del 1765, essendo stato riammessonel Regno, gli fu inviata l’obbedienza di recarsi a Campi come Superiore e Maestro dei Novizi. Giunse il 12 luglio 1765, operò finoa pochi giorni prima della morte, quando, svenuto nel confessionale, fu portato nella sua umile cella, dove spirò, in concetto disantità, il 15 luglio 1766, nei primi vespri della memoria liturgica della Madonna del Carmine. Fu Beatificato da Leone XIII il 24gennaio 1890, ed elevato agli onori degli altari da Pio IX il 19 marzo 1934.

15 Dalla Relazione della morte di S. Pompilio in una lettera del Parroco di Campi D. Pietro Mazzotta ad un suo fratello in Napoli, in C.C. CALZOLAI, Un Apostolo nel ‘700. S. Pompilio Maria Pirrotti delle Scuole Pie, Firenze 1984.

16 ACC, Conclusiones Capitolares, Vol. IX, fol. 117 AAC, Visite Pastorali, Visita di Mons. Zola, Novembre 188018 P. SERIO, Attraverso dieci secoli, p. 426

Segue quindi l’elenco deiventidue Canonici e dei seiPartecipanti che costituivano ilCapitolo16.

Con la Bolla Impensa del1818 il Pontefice Pio VII stabilìche tutti i Preti del luogo fosseroincardinati nella propria Chiesa.Da questo momento il Capitolo diCampi si compose per la mag-gior parte di Sacerdoti dello stes-so paese.

Un intervento del GovernoItaliano del 1867 soppresse tutti i

Capitoli delle Collegiate, ricono-scendo unico beneficio quelloaffidato all’Arciprete Curato. Tuttigli altri beneficiati viventi furonopensionati a vita, mantenendoperò l’obbligo al Culto ed allaCura secondo gli Statuti.

Affinché “non diminuisca ilCulto Divino, né si disperda losplendore della Chiesa diCampi”17, scemando sempre piùil numero dei Capitolari, i lVescovo Zola, nella VisitaPastorale del 1880, decretò alcu-ne norme riguardo il modo di offi-ciare in Coro da parte di questiSacerdoti, e fece dividere inCapitolo in due ebdomade, che sialternavano nel servizio liturgicoin coro. Il Capitolo era tenuto allapresenza al completo in Coronelle domeniche e nelle solennità.

Riducendo sempre più iSacerdoti che componevano ilCapitolo, il Vescovo GennaroTrama, nella sua prima SantaVisita (dal 15 al 23 maggio 1904),si fece ottenere da Roma la ridu-zione degli obblighi capitolari allesole domeniche e solennità, con-tinuando ad affidare la carica diArciprete Curato ad unCapitolare.

Secondo quanto Don PietroSerio riferisce nel suo l ibro,durante il periodo di attività dellostesso la Parrocchia era affidataalla cura dell’Arciprete Curato,coadiuvato dal Capitolo, formatoda quattro Canonici e duePartecipanti, secondo una tabellaaffissa in Sagrestia e firmatadall’ordinario, e da due vice-par-roci nominati dal Vescovo18.

Gli ultimi Canonici Effettivi delCapitolo della nostra Collegiata,che hanno operato attivamentefino agli ultimi decenni del secoloscorso, sono stati i SacerdotiDon Liborio Coppola, MonsignorCarmine Maci, Don VincenzoLega, Don Cosimo Mazzotta.

continua.Riccardo Calabrese

segue da pag. 11

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DD i quest’ope-ra del Padre-fi losofo ha

parlato nel III incontrosulla Patristica il prof.Don Gigi Manca, ideato-re ed organizzatore,assieme al chiar.moprof. Valerio Ugenti, delfortunato progetto, chetanto consenso continuaad avere e non solo tragli addetti ai lavori. Duestudiosi, Valerio e donGigi, di finissima sensi-bilità, rigorosi nel meto-do di r icerca e tantoamabili per il fervore concui affrontano le proble-matiche, che contagia eprodigiosamente coin-volge, facendosi esem-pio di serietà e robustez-za di principi presi a fon-damento della visionedel mondo: una lezionenon marginale di vita,che è in sintonia conquella dei modelli, cui lelectiones sono riferite, eche, a ben guardare, è ilsegreto del successo,molto al di là di tantapropaganda tanto piùfatua e inconsistente,quanto più urlata, tantopiù ridicola quanto piùvorrebbe essere seriaadottando linguaggi chenon le appartengono, lacui dialettica è il litigio ela rissa, anche nei luoghidelle “sacre Istituzioni”.

Ecco allora che par-lare di “Opificio hominis”di “fabbrica dell’uomo”acquista un sensoprofondamente pedago-

gico, apre a chiarimentinecessari circa le condi-zioni in cui l ’umanitàversa, punta a ridefinirel’immagine dell’uomo,alla luce di una veritànon edulcorata, resti-tuendo dignità alla stes-sa figura, manipolata,contraffatta, strumenta-lizzata, vilipesa, offesafin anche al punto di gio-care sull’innocenza deibambini e sulla venera-bil ità della vecchiaia.Ecco allora che parlaredell’uomo come “icona”(immagine di Dio), al dilà del dato dottrinale,che parte dalla Genesi(1, 26 e seg.), al di làancora del dato filologi-co-filosofico presente

nell’opera del Nisseno,assume carattere diurgenza, se si vuoleintraprendere la via trac-ciata dalla chiesa di unnuovo umanesimo, unumanesimo integrale.

L’it inerario è unlavoro di analisi e presadi coscienza della“caduta”: è un lavoro diriparazione, di ricostru-zione, per il quale nonbasta avere a disposi-zione strumenti idonei,occorre innanzi tutto lavolontà.

La lezione diGregorio invita ad unacorretta impostazione edutilizzazione dei dati diconoscenza:

• La somiglianza

(icona) non è del corpo,ma dello spirito;

• L’essere simili aDio non significa essereuguali, come i figli nonsono uguali ai genitori;

• L’uomo è supe-riore alle altre creature,ma fragile; è teso edorientato alla perfezione,ma è lungi dal pervenireall’ “apàtheia” (assolutaassenza di passioni) diDio.

• L’uomo non è unmicrocosmo in sé chiu-so, ma partecipa deldivino (realtà intelligibile)e della materia (realtàsensibile);

• I l male esiste,come deviazione dellal ibertà dalla viadell’essere sulla via delnon essere;

• Dio non è causadel male, in quanto crea-tore di ciò che è. Onde ilmale è conseguenza divoler vedere con gliocchi chiusi.

• La disposizionea cambiare strada è ladote eccelsa dellalibertà: qui punta la pos-sibil ità di r iscatto, direstituzione e riappro-priazione della dignità diquella stupenda creazio-ne divina che è l’uomo.

Onde angusto elimitato, circoscrivibileed emarginabile è l’oriz-zonte del male; ampia,sconfinata, aperta, seb-bene in salita la via checonduce al bene.

Ennio Monastero

GREGORIO DI NISSA De hominis opificio

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MEMORIA VIVAPresidente di Pax Christi e vescovo di Molfetta. Cittadino del mondo e pastore di una Chiesa locale.

Uomo di azione, di parola, di preghiera.

NN ato il 18 marzo 1935ad Alessano (Lecce),Antonio Bello – per

tutti don Tonino – avrebbe com-piuto quest’anno 75 anni, l’età incui i vescovi presentano al Papale dimissioni, se non si fossespento il 20 aprile 1993, consu-mato dal tumore. Ma è il semeche muore a dare frutto. «ToninoBello fu testimone e costruttore dipace. Immerso nelle sfide deisuoi anni. Ma l’eloquenza e lafecondità della sua profezia nonsono venute meno», afferma ilvescovo di Pavia, mons. GiovanniGiudici, attuale presidente di PaxChristi Italia. «Sono visitatore neiSeminari. E a 17 anni dalla suamorte, trovo ancora grande curio-sità e attenzione verso di lui. No,non è andato in ‘pensione’, ilnostro don Tonino», incalza ilvescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo Terlizzi, mons. LuigiMartella.

Mons. Giudici: Con gli ultimi,maestro di speranza

«Voglio rimanere in PaxChristi, rispondeva Tonino Belloagli amici che lo andavano a tro-vare sul letto di morte. Vogliorimanere nella pace di Cristo.Così fu la sua vita – raccontamons. Giudici, che l’ha conosciu-to di persona –. Don Tonino fuuomo di gesti coraggiosi come ilpellegrinaggio di pace nellaSarajevo sotto assedio, straziatadalla guerra etnica. Fu prete evescovo che insegnò a noi, suoiconfratelli, l’arte della speranzacome condivisione del camminocon i piccoli, gli ultimi, i sofferenti.Da vero pastore del Vaticano II fusempre attento non solo ai temidel lavoro e della giustizia sociale,ma anche alla l iturgia comeincontro di un popolo con i lmistero di Dio. Il suo linguaggioera ricco di immagini, poetico,creativo, capace di andare alcuore delle cose. E delle perso-ne.Un antidoto alla tentazionedell’ecclesialese».

Che cosa significa oggi perPax Christi camminare ‘nellacompagnia’ di Tonino Bello?«Significa continuare ad essere,come lui ci ha insegnato, al fiancodegli ultimi, dei poveri, delle vitti-me – risponde mons. Giudici –. InIraq come in America Latina o inTerra Santa, impegnati a costruire‘ponti e non muri’, come s’intitolauna nostra campagna; semprepronti a denunciare le logiche dimorte del nostro tempo – comeabbiamo fatto con la Cei a finegennaio con un incontro sul traffi-co internazionale di armi. Nellamemoria di Tonino Bello – mentreaccompagniamo il suo camminoverso gli altari – rinnoviamo lamemoria di martiri del Vangelodella pace e della giustizia comel’arcivescovo Oscar Romero».

Mons. Martella: Eucaristia epoveri, la sua passione

Un tempo di grazia, «il pro-cesso di beatificazione aperto

due anni fa: ci aiuta a scoprire efar conoscere don Tonino nonsolo come presidente di PaxChristi ma anche come pastore diuna Chiesa particolare, quella diMolfetta» scandisce Martella, checonosceva mons. Bello ancorprima che divenisse vescovo. «Isuoi gravosi impegni fuori diocesinon hanno mai condizionato lasua presenza a Molfetta. Fu sem-pre vicino alla sua gente e ai suoipreti; pronto all’incontro con tutti;sempre aperta la sua porta. DonTonino – in questo AnnoSacerdotale – ci restituisce l’idea-le di un prete pieno di passioneper il Vangelo vissuto sine glossa,affascinante e credibile perché inlui la Parola diventa vita. Al centrodi tutto: l’amore per i poveri e perCristo Eucaristia. Gli piaceva scri-vere i discorsi a un tavolino collo-cato nella cappellina dell’Episco-pio, davanti al tabernacolo». Ilsuo criterio: «Pensare globalmen-te, agire localmente». Uomo delSud, «innamorato della sua terra,della quale sapeva denunciare imali ma anche additare le ric-chezze, sarebbe stato certamente‘protagonista’ del cammino cheha portato la Cei alla pubblicazio-ne del documento Per un Paesesolidale. Chiesa ital iana eMezzogiorno».

Il 20 aprile prossimo, anniver-sario della morte, Molfetta acco-glierà un convegno regionale sudon Tonino Bello e i giovani alquale parteciperà mons. Giudici.«E il 30 aprile in Cattedrale siterrà la prima sessione delTribunale per la causa di beatifi-cazione – anticipa mons. Martella–. Ci saranno il prefetto dellaCongregazione delle cause delsanti, l’arcivescovo mons. AngeloAmato, nativo di Molfetta e ilpostulatore, l ’arcivescovo diPotenza-Muro Lucano-MarsicoNuovo mons. Agostino Superbo».E sarà un giorno di festa. Grazie aquel seme che continua a darefrutto».

RICORDANDO DON TONINO BELLO

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LL e opere per violoncello epianoforte sono un’esi-gua parte dell’intero cor-

pus della musica da camera diLudwig van Beethoven (1770-1827), ma sono altrettanto impor-tanti nello scandire le tappedell’evoluzione stilistica del mae-stro di Bonn. L’opera completa sicompone di cinque Sonate, unani-memente considerate dei capola-vori di arte cameristica e un contri-buto di fondamentale importanzaalla letteratura per violoncello, e ditre serie di Variazioni su arie da Ilflauto magico di Mozart e dall’ora-torio Judas Maccabeus di Handel.

Il violoncello, in epoca baroccae classica, è generalmente relegatoalla realizzazione del basso. Nel‘700, Vivaldi e Boccherini, sfruttan-do anche i miglioramenti tecniciche vi vengono apportati, lo eleva-no, nei concerti e nella musica dacamera, al ruolo di strumento soli-sta, capace di delicato l ir ismoquanto di bruschi cambiamenti diumore e di imprevedibili passaggivirtuosistici.

Beethoven porta il violoncellosu un livello di pari dignità con ilpianoforte, una dignitàconquistata quasi a faticae tanto più meritevoled’attenzione. Le dueSonate op. 5 del 1796, infa maggiore e in sol mino-re, si presentano in duetempi: un Allegro, prece-duto da un lungo Adagio,e un Rondò. La tecnicavioloncellistica è già raffi-nata, ma si r i leva unacerta preminenza del pia-noforte nel dettare gliattacchi e nel condurre ipassaggi in velocità. Lacantabilità del violoncellosgorga, mesta e solenne,nell’Adagio introduttivoalla Sonata in sol minore,mentre i l Rondò dellastessa è disseminato dinon poche difficoltà.

La Sonata in la maggiore,op.69, composta fra il 1807 e il1808, vede una più marcata eman-cipazione del violoncello, un pro-cesso che si è via via affinato nelletre serie di Variazioni su arie diMozart e Handel, risalenti al 1797 eal 1801. Si presenta in tre tempi,due Allegri con uno Scherzo cen-trale, ed “è un’opera piena di lumi-nosa bellezza e di non superficialeottimismo, appena solcata, nelsommesso e favoleggiante Scher-zo, da un’ombra fugace di mistero”(G. Carli Ballola).

Nelle due Sonate op. 102 del1815, in do maggiore e in re mag-

giore, l’equilibrio sonoro e timbricofra i due strumenti raggiunge verticialtissimi. La Sonata in do maggioreè in due tempi e reca il titolo auto-grafo Freje Sonate (Sonata libera),a voler significare il superamentodelle forme classiche che caratte-rizzerà l’ultima produzione beetho-veniana. La cosa è ancor più evi-dente nella Sonata in re maggiore,dove, ad uno dei più sublimiAdagio della storia musicale, segueuno sconcertante e a lungo incom-preso Allegro fugato, un saggio dellavoro che Beethoven sta svolgen-do sulla fuga, che culminerà con laGrande Fuga, op. 133 per quartettod’archi.

Le Sonate e le Variazioni pervioloncello e pianoforte diBeethoven vengono proposte dallaPhilips-Decca su doppio CD (442565-2) a medio prezzo nella storicaesecuzione di Mstislav Rostro-povich, violoncello, e SviatoslavRichter, pianoforte. La registrazionein studio fece seguito ad un leg-gendario concerto che i due musi-cisti tennero al Festival diEdimburgo il 30 agosto del 1964.Rostropovich sfodera un magistero

artistico e tecnico che hapochi uguali, con uno stilebrillante, ricco di espressi-vità e capace di impressio-nante virtuosismo e di coin-volgente cantabil ità.Richter, altro grande con-certista russo, virtuoso delpianoforte dalla memoriafenomenale, si rivela com-pagno ideale di Rostro-povich, con il quale pur-troppo ha collaborato soloin poche occasioni. Un’inte-sa eccellente che rendequest’album un sicuropunto di r iferimento perqueste opere e un validodocumento della profondaessenza del l inguaggiomusicale beethoveniano.

Enzo Depalo

BEETHOVEN PER VIOLONCELLO E PIANOFORTERiproposta dalla Decca l’eccezionale performance

di Mstislav Rostropovich e Sviatoslav Richter

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AA d Alberto piace qualificare le su opere conl’aggettivo “musivo” e “Arte musiva” è inrealtà la tecnica, che tra le numerose

discipline pittoriche, usa non i colori ricavati da terre opigmenti, ossidi ecc, mescolati con vari solventi inpaste più o meno fluide, ma pietre e marmi,coi loro colori naturali o paste vitree poli-crome, opportunamente spezzettate edaccostate a ricavarne figure geometricheo immagini naturali, puntando sulla fusio-ne dei colori, che solo la consumataesperienza dell’artista esercitata in annidi studio riesce ad ottenere. Un’ artedifficile quindi, che non smentisce ladifficoltà intrinseca di ogni fenomenoartistico serio, che implica sempreprofonde conoscenze ed estenuantitirocini di sperimentazione; un’artedifficile al punto da meritarsi l’appel-lativo di musiva, cioè delle Muse,che presso gli antichi erano le deeispiratrici delle arti, in numero dinove, una Musa per ogni arte,perchè non si concepiva la genia-lità, se non come divina ispira-zione.

…..l Mosaico …..(è) statoun approdo di notevole impor-tanza nella storia delle Artifigurative, consentendo difarci un’idea sulla pittura anti-ca pervenutaci molto frammentaria per la precarietàdegli impasti dei colori e dei supporti di fronte all’usuradel tempo….

….(ha, inoltre,)…. soddisfatto la richiesta di impie-ghi più disparati, dai pavimenti di ville sontuose, alle

pareti interamente tappezzate di “tessere” musive perrappresentare motivi geometrici o figurazioni ispiratealla natura animale e vegetale, o raffigurazioni di imma-gini di vita quotidiana o ritratti o scene di culto, resepiù splendide con l’impiego di materiali preziosi. I

mosaici della Cattedrale di Otranto, quelli diRavenna e quelli di San Pietro in Vaticanosono l’esempio più insigne.

Ma l’opera d’arte non si riconosce sol-tanto nella monumentalità. Se macro emicro-cosmo sono scaturigini di un medesi-mo progetto divino, (e nessuno metta indubbio la sorprendente analogia di leggiche governano il moto delle galassie edell’interno dell’atomo), già gli antichiimpiegarono la tecnica musiva in compo-sizioni pittoriche asportabili. Proverbiali ecitate sono le “Colombe di Plinio”, cosìdette perché ne parla Plinio il Vecchio,…“…mirabilis ibi columba bibens etaquam umbra capitis infuscans.Apricantur aliae scabentes sese incantari labro…” (splendida, lì, unacolomba nell’atto di bere, con l’ombra della testa che si proiettanell’acqua. Altre sono appollaiatesull’orlo della coppa) (Naturalishistoria, XXXVI, 184). …

….. i Mosaici di Alberto,di quest’ ultima generazione inparticolare, …. sono incorniciati

secondo schemi in sintonia col soggetto rappresenta-to, sono ispirati a temi sacri e naturali, non escluse lecolombe,… soprattutto sono leggeri da trasportare.

Ennio Monastero (dalla Presentazione, passim)