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Patrizia D’Addario con Maddalena Tulanti

Gradisca, Presidente

Aliberti editore

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Introduzione

Ho conosciuto Patrizia D’Addario solo qualcheora prima dei lettori del «Corriere della Sera» e poidei giornali e delle tv di tutto il mondo. Nello stu-dio della sua avvocata Maria Pia Vigilante, miacara amica. Non ebbi sentimenti chiari quella serain cui la conobbi insieme a Fiorenza Sarzanini, l’in-viata del Corriere, che avrebbe poi raccolto il suoracconto. Quella sera vidi Patrizia solo come una“notizia”, come spesso accade a chi fa il mio lavo-ro. Prima vengono i titoli e gli articoli, poi, ma nonsempre, si fanno vivi anche i sentimenti e le con-vinzioni. Patrizia mi ha raccontato, nel corso deinostri incontri, che quella sera fu colpita perché iole chiesi se fosse convinta di quello che stavafacendo e poi di parlarmi di quando era piccola. Ilricordo è nitido. Mi accovacciai sul tappeto dopoche l’intervista fu finita e le chiesi: «Come eri dabambina?» Rimase sorpresa, lo ricordo ancora. E abassissima voce, quasi si vergognasse e per nondisturbare le altre due signore che erano presenti,mi parlò del collegio dove veniva picchiata. Que-

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sto particolare deve essere rimasto lì, chiuso in unodei cassetti con un grande punto interrogativo,quei cassetti che spesso apriamo alla ricerca dirisposte e chiudiamo senza ottenerle. Ho riapertoil cassetto nel giorno in cui Patrizia si è decisa ariavvolgere con me il filo della sua memoria.

Chi sei Patrizia D’Addario? Prima del 4 novem-bre del 2008 chi e che cosa sei stata? Perché seidiventata la escort più famosa del mondo? E per-ché hai svelato una verità che ha fatto male primaa te e poi ad altri?

Da quando ci siamo viste regolarmente, permettere insieme i vari pezzi della sua vita, homesso a posto anche le mie idee su di lei e su tuttoquello che è accaduto.

Patrizia si è prostituita, è andata a letto con ilpremier, ha registrato gli incontri e dopo li ha sve-lati al «Corriere della Sera». Nelle decine di inter-viste che, durante questo periodo, ha concesso aigiornali e alle televisioni di tutto il mondo, ha cer-cato di spiegare i motivi di un gesto che nessunoha ritenuto ragionevole o sensato, se non illegitti-mo o ricattatorio. In quelle stesse interviste hatentato anche di disegnare se stessa, la sua vita, lasua personalità. Non poteva che riuscirci in parte,per ragioni di tempo e di spazio.

In questo libro Patrizia si racconta prima,durante e dopo quel percorso che da un hotel divia Margutta a Roma la portava a palazzoGrazioli, per una notte col premier.

Come in una favola, sperava che quella notteavrebbe cambiato la sua vita, che grazie al pre-

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mier avrebbe smesso di fare la escort per dedi-carsi al suo residence.

L’ha cambiata, è vero, la sua vita, ma non nelmodo in cui lei si aspettava. Oggi non lavora, suafiglia è lontana, non ha amici, esce di casa soloper parlare con la sua avvocata. Il contrario diquello che i suoi conoscenti, e quelli che hannoseguito la vicenda sui giornali, hanno pensato findal primo momento. E che cioè lei avesse volutoinguaiare il presidente del Consiglio in cambiodi denaro e notorietà. Non è andata così, Patriziaè famosa in tutto il mondo ormai, ma non haguadagnato un soldo dalla sua denuncia e lanotorietà è di quelle avvelenate, di quelle cioèche precedono o seguono gli appestati.

Nemmeno lei, forse, si aspettava tanto astio,tanta ferocia dopo le sue rivelazioni. Ha semprepensato che dicendo la verità, pur se qualcunonon l’avrebbe gradita, sarebbe stato un bene pertutti. Come quando si incide un ascesso, esce ilpus, fa male, ma poi si guarisce.

Invece si è dovuta rendere conto, ben presto,che la verità che aveva scoperto e rivelato non pia-ceva a nessuno, nemmeno ai nemici del premier.Altrimenti non si capisce perché Berlusconi abbiasubito solo gli attacchi dei giornali – di alcunigiornali – e non quelli dei suoi avversari politici.

Perché in fin dei conti – e Patrizia lo dice – nonè accaduto nessun terremoto politico dopo le suerivelazioni. Tranne che in Puglia, dove la giuntaVendola è stata coinvolta dalle rivelazioni cheriguardavano il presidente del Consiglio. Il gover-

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natore pugliese ha licenziato cinque dei suoiassessori per eliminare ogni sospetto di qualun-que tipo di immoralità. E solo uno era stato chia-mato in ballo per essere stato un «utilizzatore fina-le» di escort, come Berlusconi.

Non è chiaro se i suoi metodi – il registratore –siano stati giudicati peggiori del male che scopri-vano, tanto disgustosi da appannare anche quel-lo che avevano rivelato. Oppure se, vista la piegache prendevano le indagini, con uomini politicidi tutti e due gli schieramenti coinvolti negli affa-ri di lenzuola, sarebbe stato meglio non irrigidir-si troppo con il premier.

Comunque sia andata, la verità di Patriziasembra avere fatto un gran rumore per nulla.

Almeno per ora, visto che l’inchiesta in cui leiè testimone dei fatti è ancora ferma al palo.

Né pare abbia sortito alcun effetto, nel muoverecoscienze e dibattiti, la curiosità sfacciata deimedia di tutto il mondo. Essi, è vero, si sono sof-fermati ancora una volta sul nostro Paese comequello di Pulcinella, guidato ancora da un premierche non dice più solo barzellette e fa le corna, mausa la sua residenza privata per incontrare escort.Ma noi non siamo fra quelli che vogliono lavare ipanni solo in famiglia. Ben vengano i giornali e letv di tutto il mondo a guardare da vicino le nostredebolezze, non li consideriamo nemici dell’Italiaper questo. Siamo però fra quelli che pensano che,a un certo punto, i panni si devono cominciare alavare, sotto i riflettori, o non sotto i riflettori.

Patrizia ha avuto una vita dai colori forti, fortis-

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simi. Non è una trama leggera, dipanarne il filonon è facile, né per lei né per chi l’ascolta. Moltecose le lascia intuire, molte altre te le sbatte in fac-cia. Non ha paura né vergogna se deve raccontaredi essere stata picchiata da quando era bambinafino a qualche mese fa, dal padre, dalle suore del-l’istituto dove era finita dopo una crisi familiare,fino al protettore che l’aveva messa sulla strada.Ma non riesce a parlare di quando era piccola, deisuoi sogni di adolescente, di quando si è innamo-rata, del legame col padre, dell’affetto verso unfratello che è morto. Nelle nostre chiacchieratePatrizia non ha detto nemmeno una volta «misono innamorata di tizio», ha sempre dichiarato«tizio si è innamorato di me», come se a lei nonimportasse poi molto della faccenda.

Eppure quando si tratta di prendere decisioninon è una che si macera nei dubbi.

Scappa di casa a sedici anni, manda a quel paesel’uomo che l’ha tradita dopo dieci anni di convi-venza, si tiene la figlia quando l’uomo con il qualela fa non la vuole, manda in galera l’ultima perso-na che incontra quando la costringe a prostituirsi.

È come se non si concedesse il diritto alla pacee alla felicità, ai ricordi belli. I suoi uomini, ancheil primo con il quale ha vissuto tutta la giovinez-za, sembrano tutti predatori. Sono buoni quandola prendono per proteggerla, poi svelano il lorovero volto e diventano mostri.

Ecco, se c’è una cosa che appare chiara è chePatrizia ha sempre cercato in un uomo solo laprotezione. Non l’amore, la protezione.

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È così anche con il premier. Non bada ai soldidella prestazione sessuale che chi l’ha portata apalazzo Grazioli le deve, pensa che ha finalmen-te trovato l’uomo che le risolverà per sempre isuoi guai.

E ancora una volta deve arrendersi, nemmenoil più potente uomo in Italia, può – vuole – occu-parsi di lei.

È impossibile sapere che cosa le è passato sulserio per la testa. Da una parte c’erano le pro-messe, dall’altra la prova di quelle promesse.Che fare di quelle registrazioni? Poi, dopo parec-chi mesi, si decide. Racconterà tutto.

È una schiava che diventa gladiatora, e unagladiatora che vuole sfidare l’impero, per para-frasare il promo del bellissimo film con RussellCrowe. Massimo, così si chiamava il gladiatoredi Ridley Scott, alla fine muore nell’arena, a fian-co dell’imperatore che ha appena ucciso.

Patrizia non ha citato mai questo film neinostri colloqui, le piacciono di più le eroine tipoAngelina Jolie in Changeling, ma lo spirito è lostesso. Ad Angelina vogliono far credere che ilbambino che era stato rapito e che le hanno resti-tuito è suo figlio, ma non lo è. La fanno passareper pazza e finisce perfino in manicomio, ma leinon smette di dire che quello non è suo figlio.Dice la verità fino a che qualcuno le crede.Svelare le ingiustizie, costi quello che costi.

La verità è che Patrizia crede ancora, comequando era piccola, che alla fine i buoni vinconosempre. E anche noi.

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Il fatto è che non solo non è iniziato nemmenoun processo, ma delle inchieste baresi neancheuna è giunta a conclusione. O, per essere precisi,una sola è arrivata alla richiesta di processo,quella del pm Roberto Rossi. In questo caso sonoindagati sia Gianpaolo Tarantini sia Tato Greco.

Qui le donne non c’entrano, è una vecchiainchiesta, risale al 2002, e Gianpi e Tato, all’epo-ca consigliere regionale di Forza Italia, sonoaccusati di avere creato un sodalizio al solito finedi dirottare gli appalti verso le aziende diTarantini. Nell’inchiesta sono finiti anche moltiprimari, tutti avrebbero ricevuto regali per sce-gliere i prodotti di Tarantini. Regali tipo viaggi,automobili, buoni benzina.

Se la giustizia è lentissima, i giornali invecesono super rapidi nel lanciare accuse, esprimeregiudizi e emettere sentenze. In Italia è stata pro-cessata soprattutto la D’Addario, nel resto delmondo il premier.

La notizia che una escort ha trascorso la nottenel letto di Berlusconi, e che ha registrato l’incon-tro, ha fatto il giro del mondo. Non credo chePatrizia abbia conservato tutti i giornali che hannoparlato di lei in quei giorni. Ogni tanto qualcunole regala una nuova testata, non ne va fiera.

La stampa italiana ha trattato l’avvenimentocome sempre in Italia, ci si è divisi in squadre dicalcio, si sono indossate le maglie e via alla guer-ra. Si sono divisi equamente fra quelli a favoredel premier, quelli contro il premier e quelli piùo meno neutrali. Ovviamente quelli a favore di

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Berlusconi erano i suoi nemici, quelli contro isuoi amici. La D’Addario non vuole dare giudizisu nessuna testata, chi ha superato i limiti se lavedrà con il suo avvocato in tribunale.

Ha però trovato strano che non ci fosse undibattito serio su quello che è avvenuto a palaz-zo Grazioli. Ne abbiamo parlato, io le ho detto lamia opinione.

Tra le poche posizioni chiare sull’argomentoche ho letto in quei giorni, riprendo quella di donAntonio Sciortino su «Famiglia Cristiana» e nona caso.

Il 23 giugno 2009, a sei giorni dallo scandalo,rispondendo a lettere dei propri lettori, il diretto-re del settimanale dei cattolici, scrive che:

È stato superato il limite della decenza, la Chiesanon può ignorare l’emergenza morale, non si puòfare finta che non stia succedendo nulla, i cristianisono frastornati da questo clima di decadimentomorale, attendono dalla Chiesa una valutazioneetica meno disincantata, una critica del comporta-mento gaudente e libertino di chi considera ledonne come merce di cui si potrebbe averne quan-titativi gratis.

Questa dichiarazione disegna esattamente quelloche intendo dire.

E cioè che in tutti questi mesi in Italia si è fattofinta di niente. Che il comportamento «libertinoe gaudente» di chi considera le donne «comemerce di cui si potrebbe averne quantitativi gra-tis» non è stato sufficientemente criticato.

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Non parlo dei giornali. Quelli, come ho detto, sisono divisi in partiti e i loro lettori immagino liabbiano seguiti come truppe convinte. Penso a«Repubblica» da una parte, e «Il Giornale» e«Libero» dall’altra. Già diverso il caso del«Corriere» e della «Stampa», soprattutto il primoche, avendo fatto scoppiare lo scandalo, ha cerca-to di far parlare i fatti centellinando le opinioni.Patrizia crede che tutti, indistintamente, abbianofatto ottimamente il loro lavoro, quando l’ hannoattaccata e quando l’hanno difesa.

Parlo dei partiti, dei ministri, delle ministre,delle associazioni, dei sindacati, delle televisioni,della Chiesa, alla quale prima di tutto si riferiscedon Sciortino.

Parlo del corpo dell’Italia.Tutto nel mio Paese è stato coperto da un velo

di finta indifferenza, come se appunto non fosseaccaduto niente di grave, come se acquistaredonne per il palazzo più importante d’Italiafosse normale e che parlarne non era politica, mapettegolezzo. Anzi gossip, come si è detto.

I partiti di opposizione per primi hanno sposa-to questa linea della buona educazione tartufe-sca. Hanno lasciato il premier bollire nella suarabbia e nei suoi guai guardandosi bene, però,dal sollevare una vera e propria polemica. Ditanto in tanto uno di loro si alzava e diceva la caz-zata di turno, come quella su che tipo di padrefosse stato Berlusconi. C’è stata un’interpellanzadel Pd in Parlamento in luglio, ma ne avete sapu-to qualcosa? Qualcuno l’ha cavalcata? Il partito di

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Di Pietro ha gridato all’impeachment, ma cosìtanto per dire. La verità è che il Parlamento nonha mai preteso che il premier si spiegasse, né l’op-posizione di questo paese gli ha chiesto seria-mente conto del suo comportamento.

Mica sto dicendo che dovevano diventare fandi Patrizia, me ne guardo bene.

Dico che sarebbe stata l’occasione per sciorina-re i propri valori.

Quanto vale una donna? E come ci si compor-ta con lei quando si possiede un qualunque pote-re? E la famiglia, come la tieni unita fuori dal-l’ipocrisia? E l’educazione dei figli? Che cosa sideve insegnare ai figli?

Ecco, questa è la questione D’Addario. Che bellaoccasione di dibattito nazionale se non si fossemessa, da una parte, la testa sotto la sabbia, e dal-l’altra non si fosse gridato ai complotti del piffero.

E il ragionamento vale per tutti gli altri sogget-ti che sono caduti nella trappola della guerriglia.Prendiamo le ministre. Perché sono rimaste pri-gioniere del ruolo di crocerossine del capo ferito?Ci sono donne combattenti dietro quelle cariche,non sono sicura che non avrebbero potuto coglie-re l’occasione per aprire un dibattito sull’argo-mento del potere dei maschi.

Tutti avrebbero potuto farlo, le associazionidella società civile, i sindacati, la Chiesa. Nessunolo ha fatto. E francamente non credo che abbiamolto a che vedere con Patrizia l’appello lanciatodalle tre intellettuali, Nadia Urbinati, BarbaraSpinelli, Michela Marzano, contro Berlusconi su

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«Repubblica», dopo che il premier aveva insulta-to in diretta tv la parlamentare Rosy Bindi.

Parlo della famosa battuta «lei è più bella chebrava» e dell’altrettanto famosa risposta, «nonsono una donna a sua disposizione».

Si dicono cose giuste in quell’appello, per cari-tà. Che «il corpo della donna è diventato un’ar-ma politica di capitale importanza nelle manidella politica», che «la donna come lui la vede ècompleta sottomissione al volere del capo», che«è lì per mettersi a disposizione del capo comeavviene nelle fiere promozionali».

Tutto vero. Ma quell’appello non è stato fattoper difendere Patrizia D’Addario, è stato scrittoper difendere Rosy Bindi.

Lei, con il suo tubino nero, le sue tre sottane diseta e il suo registratore, ha svelato le debolezzedell’uomo più potente d’Italia, ma resta unaescort, e quindi nessun appello o dibattito puònascere dal suo comportamento. Non si offende,non credo. Anche lei stima e ammira profonda-mente il lavoro di Rosy Bindi ed è stata solidalecon lei quando ha sentito quella brutta battuta.Ma pensate a come sarebbe stato diverso se,invece di criminalizzarla, come è stato fatto e lovedremo, chi rappresenta pezzi di società nelmio Paese l’avesse cercata per parlarle, per inter-rogarla, per conoscerla, per capirla. E, soprattut-to, per cambiare ciò che deve essere cambiato.

Novembre 2009M. T.

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