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S. Raffi - E. Serpagli INTRODUZIONE ALLA Scienze della Terra UTET

Paleontologia Introduzione Alla Paleontologia 1 Uno

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PaleontologiaIntroduzione Alla Paleontologia - S Raffi, E Serpaglimanuale stratigrafia parte 1

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  • S. Raffi - E. Serpagli

    INTRODUZIONE ALLA

    Scienze della Terra UTET

  • MRFFI-E,SERARGLI INTRODUZIONE ALLA PALEONTOLOCIA UTET-TORINO

    0881527

  • Scienze della Terra Collezione diretta da ALFONSO BOSELLINI

    Volumi pubblicati: A. BOSELLINI, E. Mum e F. Rica Lucan, Rocce e successioni sedimentarie C. D'AMIco, F. INNOCEN'TI e F. P. SASSI, Magmatismo e metamorfismo B. MARTINIS, Geologia ambientale

  • Sergio Raffi - Enrico Serpagli

    A ONTO OG1A

    UTET

  • inn3678,

    Progetto grafico per la copertina: Germano Facetti in copertina: Margarosmilia zieteni (Klipstein, 1843), Formazione di San Cassiano (Dolomiti), Trias sup. (Carnico). (Foto Franco Russo)

    1993 Unione Tipografico-Editrice Torinese corso Raffaello, 28 - 10125 Torino 1996 Ristampa aggiornata I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qual-siasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.

    L'Editore potra concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume e fino ad un massimo di settantacinque pagine.

    Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all'AIDROS, via delle Erbe, 2 - 20121 Milano Tel. e Fax 02/809506

    Fotocomposizione: Compedit - Torino Stampa: Tipografia Torinese - Torino

    ISBN 88-02-04672-7

  • A Eugenia Montanaro Gallitelli e Giuliano Ruggieri maestri di scienza e di vita

  • PREMESSA

    La convinzione che la storia fisica e la storia biologica della Terra siano inscindibil-mente integrate, da intuizione di pochi e divenuta progressivamente un concetto una-nimemente condiviso. Solo in questi ultimi 20-30 anni e stato tuttavia possibile descri-vere in modo integrato le variazioni del mondo fisico (geologiche, climatiche e ocea-nografiche) e i fenomeni di trasformazione della biosfera. L'interazione di tutte le discipline delle Scienze della Terra e molto evidente se si considera la posizione cultu-rale della paleontologia, la scienza dei fossili, inseparabile dalle Scienze Geologiche anche se rientra per definizione nelle Scienze Biologiche. La paleontologia utilizza le conoscenze di entrambe e fornisce, a sua volta, informazioni essenziali e insostituibili che evocano costantemente l'interdipendenza di tutte le scienze naturali. Il progresso scientifico ha fornito alle Scienze della Terra metodi di indagine formidabili come la radiometria, la magnetostratigrafia, la stratigrafia isotopica, ecc.; questi nuovi mezzi, sempre pia sofisticati, hanno permesso di valorizzare ulteriormente i dati paleontologici confermando la loro grande affidabilita.

    Con it progredire delle conoscenze nella paleontologia, come del resto in tutte le altre discipline, si e verificata la tendenza ad una differenziazione sempre pia marcata di alcuni classici temi di ricerca, come ad esempio la paleobiogeografia, la paleoecologia, la biostratigrafia, ecc., che in breve tempo sono divenute delle vere e proprie discipline indipendenti anche se strettamente legate.

    Un testo di paleontologia generale dovrebbe quindi ottemperare all'esigenza di trat-tare argomenti che ormai sono differenziati in discipline diverse e ponderose. E dunque facile incorrere in errori ed omissioni e risulta d'altra parte dzfficile mettere in risalto it rapporto di interazione di discipline ormai autonome. Il nostro obiettivo e stato quello di trattare i vari argomenti della paleontologia agganciandoli quanto pia possibile, tenendo conto dei vincoli del tema trattato, alle altre discipline dei corsi di laurea in Scienze Geologiche e Naturali.

    E inevitabile che, pur partendo con finalita esclusivamente didattiche e con l'obiettivo di fornire dati e considerazioni oggettive e non di parte, la trattazione presenti spesso un approccio critico che risente delle nostre opinioni. Tale tendenza e temperata dallo sforzo di adottare un linguaggio quanto pia possibile semplice e chiaro; ci auguriamo dunque che questo libro possa costituire una lettura facile e utile anche per i numerosi appassionati e cultori della paleontologia.

  • VIII Premessa

    Siamo consapevoli di mold dei difetti di questa prima edizione, in particolare della mancanza di equilibrio tra le varie parti, di omissioni o di argomenti trattati in modo sommario. Manca, ad esempio, un capitolo dedicato alla paleoclimatologia e molto ridotta e la trattazione dei processi di estinzione.

    Il lavoro di stesura e stato condotto in stretta collaborazione ma, anche per la distan-za delle sedi dei due autori, rispettivamente l'Universita di Modena (Enrico Serpagli) e l'Universita di Catania (Sergio Raffi, fino all'ottobre 1991), si e resa necessaria una suddivisione del lavoro. Enrico Serpagli ha curato maggiormente ed e quindi respon-sabile dei capitoli 2 (Tafonomia), 5 (L'Origine della biosfera e l'evoluzione delle prime forme di vita), 7 (Paleoicnologia), 9 (La distribuzione geografica dei fossili). Sergio Raffi si e occupato prevalentemente ed e quindi responsabile dei capitoli 1 (La disciplina della paleontologia), 3 (La scienza della classificazione), 4 (Fossili ed evo-luzione), 6 (Fossili e paleoambienti), 8 (Fossili e stratigrafia). Gran parte dell'orga-nizzazione del volume e dell'iconografia e opera di Enrico Serpagli.

    Alcuni colleghi ed amici hanno acconsentito cortesemente a partecipare in prima persona alla stesura di finestre e di paragrafi. Francesca Bosellini ha curato it paragrafo 6.16 (Organismi costruttori e ambienti di scogliera), Annalisa Ferretti ha preparato la finestra 7.1 (La bioturbazione). Walter Landini e autore della finestra 9.3 (Catene alimentari e biogeografia) e del paragrafo 9.4.1 (Modality del fenomeno). Ii paragrafo 8.4 (Litostratigrafia e unity litostratigrafiche) e la finestra 8.1 (La facies) sono dovuti alla cortesia di Claudio Neri che e anche coautore dei primi tre paragrafi del capitolo 8 (Introduzione; Definizione e obiettivi della stratigrafia; Procedure stratigrafiche). La finestra 9.4 (La storia dell'Oceano Reico: un'ipotesi alternativa) e dovuta alla cortesia di Giambattista Vai. Per le numerose implicazioni sedimentologiche e diage-netiche, it capitolo 2 (Tafonomia) e stato preparato in collaborazione con Gian Cle-mente Parea che ha rielaborato una prima edizione del capitolo apportandovi contri-buti originali.

    Sarebbe poi impossibile ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato nelle varie fasi di stesura del libro dimostrandoci una disponibilita pia che cordiale. Un'attenta lettura critica di alcuni capitoli e dovuta a Italo Di Geronimo (Cap. 1 - La scienza della Paleontologia), Danilo Torre e Giuseppe Pelosio (Cap. 3 - Fossili e Tassonomia, e 4 -Fossili ed Evoluzione), Lorenzo Bolognani (Cap. 5 - L'origine della biosfera), Anto-nio Russo, Cesare Corselli e Marco Taviani (Cap. 6 - Fossili e Paleoambienti), Gian Clemente Parea (Cap. 7 - Paleoicnologia), Isabella Premoli Silva (Cap. 8 - Fossili e Stratigrafia), Walter Landini (Cap. 9 - La distribuzione geografica dei fossili). Gian Battista Vai ha rivisto in parte it capitolo 9, mentre Leonardo Langone ha letto criti-camente it breve paragrafo del capitolo 8 dedicato alla radiometria. Altri colleghi sono stati prodighi di consigli su singoli paragrafi o su finestre. Tra quest non possiamo dimenticare D. Bertolani Marchetti, L. Bonfiglio, G. Dieci, B. Fratello, M. Gaetani, W. Hammann, G. F. Laghi, M. Mazzanti, C. Neri, R. Olivieri, e F. Russo.

    Un ringraziamento del tutto particolare va rivolto a Isabella Premoli Silva e Danilo Torre per la loro encomiabile (e insuperabile) vis critica. Sottolineamo, anche se ovvio, che i nostri referees hanno letto solo una version dei vari capitoli o dei singoli para-grafi e non sono assolutamente responsabili dei nostri errori.

    Questo libro, infine, non avrebbe mai visto la luce senza la infinita pazienza e com-petenza di Giancarlo Leonardi (Modena), incomparabile realizzatore di tutta la parte grafica del volume (e di quella progettata, realizzata ma non utilizzata!). Un ringrazia-mento particolare va anche al collega Achille Sirotti, al tecnico P. Rompianesi, al bibliotecario E. Dall'Olio e a tutti gli altri amici dell'Istituto di Paleontologia di Mo-

  • Premessa IX

    dena (M. Gnoli, F. Davoli, A. Ferretti, C. Papazzoni) the ci hanno pazientemente sopportato e aiutato.

    Per aver messo cortesemente a disposizione materiale iconografico (fotografie) si ringraziano: Anderson (New York), L. Altichieri (Padova), S. Bengtson (Uppsala), J. Bergstrom (Stockholm), V. Borselli (Firenze), F. R. Bosellini (Modena), A. Cherchi (Cagliari), I. Chlupac (Praga), F. Dalla Vecchia e G. Muscio (Udine), F. Debrenne (Parigi), A. Farinacci e C. Petronio (Roma), M. Gnoli (Modena), B. Hauff (Holzmaden), H. J. Hoffmann (Montreal), J. Kriz (Praga), L. Larsen (Copenhagen), G. Leonardi (Vene-zia), D. R. Lowe (Stanford), U. Nicosia (Roma), G. C. Parea (Modena), G. L. Pillola (Cagliari), G. Raineri (Parma), E. Robba (Milano), P. Rompianesi (Modena), A. Russo (Modena), F. Russo (Modena), M. Sander (Bonn), J. W. Schopf (Los Angeles), C. Schumacher (Frankfurt), C. Spano (Cagliari), A. Sirotti (Modena), L. Sorbini (Verona), L. Spezia (Milano), G. Vidal (Lund), G. Viohl (Solnhofen), G. Zanzucchi (Parma), Istituto di Paleontologia di Modena.

    Sergio Raffi, Enrico Serpagli

    15 novembre 1992

    NOTA ALLA RISTAMPA AGGIORNATA DEL 1996

    Con la presente ristampa aggiornata non solo vengono eliminati gli errori tipo-grafici pia macroscopici e le principali sviste imputabili alla urgenza di chiudere la prima edizione del volume (per non abusare oltre misura della pazienza dell'Editore), ma vengono anche aggiornate parti di alcuni capitoli, viene completato l'indice ana-litico con oltre quaranta nuove citazioni e vengono corrette, rielaborate o rifatte completamente una cinquantina di figure e tabelle.

    Gil Autori

  • SOMMARIO

    1. LA DISCIPLINA DELLA PALEONTOLOGIA 1.1. Fossili e biosfera

    1.1.1. Origine del Sistema Solare e della Terra 1.1.2. La Terra si differenzia dagli altri pianeti del Sistema Solare per la

    presenza della biosfera 1.1.3. Cenni sull'evoluzione della biosfera 1.1.4. I fossili documentano la storia della biosfera

    1.2. Breve storia della Paleontologia

    P.

    1 1 1

    1 2 2 3

    1.2.1. La scoperta dei fossili 3 1.2.2. Teoria della genesi inorganica 4 1.2.3. Teoria della genesi organica 6 1.2.4. L'introduzione del metodo di nomenclatura binomia 9 1.2.5. La scoperta ufficiale degli strati . 10 1.2.6. Il superamento della Teoria Diluviale 12 1.2.7. Il problema dell'eta della Terra 12 1.2.8. Fossili e strati 0 15 1.2.9. Paleontologia e Scienze Geologiche 17

    Finestra 1.1. Uniformismo e catastrofismo 0 18 1.2.10. Fossili ed evoluzione: inizio di un binomio 0 20

    1.3. Paleontologia, Geologia e Biologia 21 1.4. La Paleontologia e le sue parti . 22 1.5. Le applicazioni della Paleontologia 23 Guida bibliografica 24

    2. TAFONOMIA 25 2.1. Considerazioni generali 25

    2.1.1. Introduzione 25 2.2. Sostanze the costituiscono gli organismi viventi . 29

    2.2.1. Generality 29 2.2.2. Le parti non mineralizzate v. 30 2.2.3. Le parti mineralizzate 30

    2.3. Mode degli organismi . 32 2.4. Processi biostratinomici . 37

    2.4.1. Necrolisi 37 2.4.2. Bioerosione 46 2.4.3. Dissoluzione prediagenetica 48 2.4.4. Trasporto 0 53 2.4.5. Prefossilizzazione 64

    Finestra 2.1. Determinazione dell'ostracomassa 66 2.5. Seppellimento 67

    2.5.1. Seppellimento in detriti minerali 68 2.5.2. Inglobamento in detriti ricchi di materia organica 71

  • XII Sommario

    2.5.3. Inglobamento in fluidi

    2.5.4. Incrostazione p.

    72 76

    2.6. Processi di fossilizzazione 78 2.6.1. Fossilizzazione della materia organica 78

    Finestra 2.2. L'uomo fossile della Val Senales 86 2.6.2. Fossilizzazione delle parti mineralizzate 94

    Finestra 2.3. I giacimenti fossiliferi eccezionali (Fossil-Lagerstatten) 106 2.6.3. Deformazioni dei fossili 109

    Guida bibliografica 111

    3. LA SCIENZA DELLA CLASSIFICAZIONE 113 3.1. Introduzione 113 3.2. Sistematica, tassonomia, classificazione e nomenclatura: definizioni 114 3.3. Gerarchia delle categorie tassonomiche 114 3.4. La nomenclatura 117

    3.4.1. Alcune regole fondamentali di nomenclatura 117

    Finestra 3.1. Alcuni casi di sinonimia e di omonimia 118 3.5. Paratassonomia 120 3.6. Le specie 122

    3.6.1. La specie in paleontologia 123 3.6.2. La variability intraspecifica e l'identificazione della specie in pa-

    leontologia 124 3.7. Tassonomia e filogenesi 0 127 3.8. La scelta dei caratteri per classificare: omologia ed analogia degli organi 128 3.9. Gruppi monofiletici e polifiletici 130 3.10. Le diverse scuole tassonomiche 132

    3.10.1. Tassonomia evolutiva 132 3.10.2. La tassonomia filogenetica o cladismo 133 3.10.3. Tassonomia numerica 136 3.10.4. Osservazioni conclusive sulle tre scuole tassonomiche 137

    Guida bibliografica 0 138

    4. FOSSILI ED EVOLUZIONE 139 4.1. Introduzione 139 4.2. Adattamento e diversity 140 Finestra 4.1. Prove neontologiche dell'evoluzione: elogio dell'imperfezione 141 4.3. Discendenza con modificazione 143 4.4. La teoria evolutiva di Lamarck e i neolamarckisti 143 Finestra 4.2. La crociera del Beagle: la scoperta dell'evoluzione 145 4.5. La teoria evolutiva di C. Darwin: Discendenza con modificazione attraverso

    la selezione naturale 148 4.6. La selezione naturale e la trasmissione dei caratteri 150 Finestra 4.3. Da Mendel alla scoperta dei geni 151 4.7. I depositari del programma genetico ereditario 155 4.8. Origine delle variazioni: mutazioni genetiche, cromosomiche e poliploidia 155 Finestra 4.4. Cenni sul DNA, it programma della vita 156 Finestra 4.5. Neolamarckismo e teoria sintetica 158 4.9. Riproduzione sessuata e asessuata 159 4.10. Genotipo, fenotipo e selezione naturale 160 Finestra 4.6. La deriva genetica 161 4.11. Microevoluzione 162

    4.11.1. Popolazione e selezione naturale 162

    4.11.2. Il problema dell'origine delle specie 166 4.11.3. Origine di specie nuove secondo la teoria sintetica e la teoria degli

    equilibri intermittenti 168 4.12. Macroevoluzione 168

    4.12.1. L'origine dei gruppi tassonomici e la macroevoluzione

    182

  • Sommario XIII

    4.12.2. Macroevoluzione, teoria sintetica e teoria della selezione delle specie p. 183

    4.12.3. Origine di nuovi schemi organizzativi 0 185 4.12.4. Limitazioni e tendenze evolutive 191 4.12.5. Irreversibility dei fenomeni evolutivi 207

    Finestra 4.7. Ontogenesi e filogenesi 208 4.12.6. Andamento della diversity tassonomica nel tempo 209 4.12.7. Tasso di evoluzione e fossili viventi 209 4.12.8. Estinzioni 212 4.12.9. Le radiazioni adattative 215

    4.13. Breve sintesi e osservazioni conclusive 216 Guida bibliografica 217

    5. L'ORIGINE DELLA BIOSFERA E L'EVOLUZIONE DELLE PRIME FORME DI VITA 219

    5.1. Premessa 219 5.2. Le ipotesi dell'origine improvvisa della vita 219 5.3. Le teorie dell'evoluzione precellulare (o dell'origine 4enta della vita) 221

    5.3.1. La teoria organica 0 221 Finestra 5.1. L'esperienza di Miller 222

    5.3.2. Alcune definizioni 225 5.3.3. Le vie metaboliche 227 5.3.4. La teoria minerale 232 5.3.5. Alternative allo scenario dell'oceano primordiale 233

    Finestra 5.2. I vents idrotermali 235 5.4. Le teorie dell'evoluzione cellulare (l'origine degli eucarioti) 237 5.5. I documenti fossil della vita primordiale 240

    5.5.1. Introduzione 240 Finestra 5.3. Stratigrafia del Precambriano e del Cambriano inferiore 241 Finestra 5.4. Le stromatoliti 243

    5.5.2. La vita nell'Archeano (4.000-2.500 m a) 246 5.5.3. La vita nel Proterozoico inferiore (2.500-1.600 m a ) 252 5.5.4. La vita nel Proterozoico medio e superiore (1600-570 m.a.) 255

    5.6. Riflessioni sulla comparsa della pluricellularita 267 5.7. Il passaggio evolutivo Precambriano/Cambriano 270 5.8. L'origine delle parti dare mineralizzate 276 Guida bibliografica 280

    6. FOSSILI E PALEOAMBIENTI 281 6.1. Introduzione 281 6.2. Ecologia 281

    6.2.1. Elementi di ecologia 282 6.3. La paleoecologia 282 6.4. Paleontologia, paleoecologia, biologia e geologia 284 6.5. Paleoecologia marina e paleoecologia continentale 284 6.6. Origine della paleoecologia marina 285 6.7. Obiettivi della paleoecologia marina 285 6.8. Ambienti marini attuali e zonazione verticale 286

    6.8.1. La zonazione verticale dell'ambiente pelagico 286 6.8.2. La zonazione verticale dell'ambiente bentonico 287

    6.9. I modi di vita degli organismi marini 291 6.9.1. La mobility 291 6.9.2. Trofismo 292

    6.10. I fattori the controllano la distribuzione degli organismi marini .. 296 6.10.1. Il substrato 296 6.10.2. Correnti e turbolenza 303 6.10.3. Temperatura 305

  • XIV Sommario

    6.10.4. Salinity

    6.10.5. Tenore di ossigeno

    6.10.6. Nutrienti

    6.10.7. Profondita

    P. 0

    307 311 311 312

    6.11. Uniformismo tassonomico 313 6.12. Morfologia funzionale o 314 Finestra 6.1. Introduzione all'autoecologia dei bivalvi 319 6.13. Popolazioni e paleoambienti 0 321

    6.13.1. Modo e velocity di crescita delle popolazioni 322 6.13.2. La struttura delle popolazioni 326 6.13.3. Variability morfologica nell'ambito della popolazione 327

    6.14. Sinecologia 328 6.14.1 Introduzione 328

    Finestra 6.2. Mutualismo e commensalismo 330 6.14.2. Dalle associazioni viventi alle associazioni fossili 331 6.14.3. Identificazione delle comunita fossili 335 6.14.4. II campionamento 336 6.14.5. Composizione tassonomica e deduzioni paleoambientali 338 6.14.6. Analisi delle caratteristiche strutturali delle comunita 339

    6.15. Bionomia bentonica e paleoecologia: un approccio pragmatico per le rico- struzioni paleoambientali o 346 6.15.1. Introduzione 346 6.15.2. Integrazione della zonazione idrodinamica con quella della Scuola

    di Endoume 347 6.16. Organismi costruttori e ambiente di scogliera o 351

    6.16.1. Introduzione 351 6.16.2. Definizione di scogliera 352 6.16.3. Le scogliere coralline attuali 352

    6.16.4. Le comunita di scogliera

    6.16.5. Le scogliere del passato >> > > 336529 Guida bibliografica 364

    7. PALEOICNOLOGIA 365 7.1. Introduzione o 365 7.2. Fossilizzazione delle tracce fossil o 369 7.3. Classificazione e nomenclatura delle tracce fossili 372

    7.3.1. Domichnia (Strutture di abitazione) 376 7.3.2. Fodinichnia (Strutture di nutrizione) 0 379 7.3.3. Pascichnia (Tracce di pascolo) 381 7.3.4. Agrichnia (Strutture e trappole agroalimentari) 0 383 7.3.5. Cubichnia (Tracce di riposo) 386 7.3.6. Repichnia (Tracce di locomozione) 390 7.3.7. Equilibrichnia (Strutture di riequilibrio) 399 7.3.8. Fugichnia (Strutture di fuga) 400 7.3.9. Praedichnia (Tracce di predazione) 400

    7.4. Altre strutture 401 7.5. Implicazioni paleobiologiche delle tracce fossili o 402 7.6. Importanza paleoambientale delle tracce fossil o 403 7.7. Significato stratigrafico e paleobiogeografico 409 7.8. Tracce fossili e sedimentologia o 411 Finestra 7.1. La bioturbazione . 414 Guida bibliografica 417

    8. FOSSILI E STRATIGRAFIA 419 8.1. Introduzione 0 419 8.2. Definizione e obiettivi della stratigrafia 0 419 8.3. Procedure stratigrafiche o 421

  • Sommario

    8.3.1. La correlazione stratigrafica p.

    8.3.2. La classificazione stratigrafica

    8.3.3. Gli stratotipi

    XV

    422 423 425

    8.4. Litostratigrafia e unite litostratigrafiche 426 8.4.1. Correlazioni litostratigrafiche 428 8.4.2. Dalla litostratigrafia alla stratigrafia dinamica 429

    Finestra 8.1. La facies 430 Finestra 8.2. Cronologia relativa e assoluta 438 8.5. La biostratigrafia 438

    8.5.1. Le unite della biostratigrafia 439 8.5.2. La correlazione biostratigrafica 445

    Finestra 8.3. Ecostratigrafia ed ecobiostratigrafia 0 451 Finestra 8.4. La stratigrafia olocenica del Mar Baltico 452 Finestra 8.5. La diversa localizzazione da parte degli autori del LAD di Calcydi-

    scus macintyrei e del FAD di Gephyrocapsa oceanica nella sezione plio-pleistocenica di Vrica 461

    Finestra 8.6. Correlazione delle successioni marine con quelle continentali: it caso del Plio-Pleistocene mediterraneo 463

    Finestra 8.7. Biozone e unity faunistiche 464 8.6. I metodi fisici e chimici della stratigrafia e le loro relazioni con la biostrati-

    grafia 467 8.6.1. Datazioni radiometriche 467 8.6.2. La magnetostratigrafia 472

    Finestra 8.8. Biostratigrafia, biocronologia e magneto-biocronologia 480 Finestra 8.9. Correlazione delle zone di magnetopolarita con la scala temporale

    delle inversioni di magnetopolarita: it caso della sezione di Vrica, stratotipo del limite Plio-Pleistocene 481

    8.6.3. Stratigrafia con gli isotopi stabili e biostratigrafia 0 482 Finestra 8.10. Gli isotopi dello stronzio 487 8.7. Cronostratigrafia, geocronologia e scala cronostratigrafica (o geocronologi-

    ca) standard globale 488 8.7.1. Premessa 488 8.7.2. Definizione e obiettivi della cronostratigrafia 490 8.7.3. La Scala Cronostratigrafica (o Geocronologica) Standard Globale . 491 8.7.4. Unita cronostratigrafiche e geocronologiche 492 8.7.5. Definizione pratica delle unite cronostratigrafiche standard globa-

    li 494 Finestra 8.11. La suddivisione stratigrafica del Terziario 503

    8.7.6. Le correlazioni cronostratigrafiche 504 8.7.7. Geocronometria, Geocronologia e Cronostratigrafia 504

    Guida bibliografica 505

    9. LA DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI FOSSILI 507 9.1. Introduzione: la biogeografia e le sue parti 507 9.2. La biogeografia storica: dispersione e vicarianza * 508

    9.2.1. Il modello della dispersione 508 9.2.2. Il modello della vicarianza 509

    Finestra 9.1. I cladogrammi biologici di aree geografiche 511 9.2.3. Alcune riflessioni conclusive 512

    9.3. La biogeografia ecologica 513 Finestra 9.2. La teoria dell'equilibrio di McArthur & Wilson 514 Finestra 9.3. Catene alimentari e biogeografia 516 9.4. Migrazioni e dispersioni 521

    9.4.1. Modality del fenomeno 0 521 9.4.2. Tempi di diffusione 523

    9.5. La diffusione degli organismi nei principali modelli . 525 9.5.1. La diffusione degli organismi nel modello della dispersione 525 9.5.2. La diffusione degli organismi nel modello della vicarianza 527

  • XVI Sommario

    9.6. Regioni biogeografiche e paleobiogeografiche

    9.7. Tettonica delle placche e paleobiogeografia

    9.8. Strategie in paleobiogeografia

    9.9. Alcuni casi Classici di paleobiogeografia

    P.

    527 529 531 532

    9.9.1. Gil oceani Giapetico e Reico: due antichi oceani scomparsi 532 Finestra 9.4. La storia dell'Oceano Reico: un'ipotesi alternativa 540

    9.9.2. II Continente di Gondwana 0 541 9.9.3. La distribuzione disgiunta dei fusulinidi tetidei 552 9.9.4. Le orbitoline e in rotazione della Sardegna 0 554 9.9.5. Il lungo viaggio della penisola indiana e le sue faune continentali 556 9.9.6. L'evoluzione dei marsupiali e it distacco dell'Australia 0 559 9.9.7. La Tetide 0 564 9.9.8. II ponte filtrante centroamericano 574 9.9.9. Le migrazioni dei mammiferi nell'emisfero settentrionale 0 580 9.9.10. Biogeografia storica delle flore continentali (Cenni di paleofitogeo-

    grafia) 585 9.10. Paleobiogeografia e faune insulari 591

    9.10.1. Generality e definizioni 591 9.10.2. Peculiarity delle faune insulari 592 9.10.3. Cause dell'adattamento all'ambiente insulare 593

    9.10.4. Modality di popolamento delle isole

    9.10.5. Biogeografia storica di alcune isole continentali del Mediterraneo

    >>> > 6 596

    9.10.6. Isole fossili 600 Guida bibliografica 602 Bibliografia generale 0 603 Indice analitico 639

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  • 1. LA DISCIPLINA DELLA PALEONTOLOGIA

    1.1 FOSSILI E BIOSFERA

    1.1.1 Origine del Sistema Solare e della Terra

    La teoria ancora oggi pin accreditata sullo sviluppo del Sistema Solare e dei suoi 9 pianeti, inclusa la Terra, postula un'origine comune per condensazione delle enormi quantita di polveri di una nebulosa primordiale a forma di disc(CIFM\igine simultanea del Sistema Solare e suggerita dall'andamento delle orbite dei pianeti\ intorno al Sole che approssimano to stesso piano: se i pianeti si fossero formati in tempi successivi i loro piani orbitali sarebbero diversi. _

    Sulla Terra le rocce pin antiche fino ad ora conosciute risalgono a circa 3,8 miliardi di anni fa, ma si ritiene che it mancato ritrovamento di rocce ancora pin antiche sia dovuto a processi metamorfici 1 e magmatici che all'inizio della storia terrestre erano probabilmente molto pin intensi di quelli attuali. Si presume anche che all'inizio la litosfera fosse molto sottile e quindi instabile e soggetta ad essere riassorbita nel mantello. La determinazione dell'eta del Sistema Solare non poteva quindi che venire dalla datazione radiometrica di rocce extraterrestri quali le meteoriti, catturate dal campo gravitazionale della Terra e considerate le rocce primordiali del Sistema So-lare, e le rocce della Luna, raccolte dagli astronauti.

    Le datazioni radiometriche delle meteoriti approssimano costantemente it valore di 4,6 miliardi di anni e tale valore coincide significativamente con quello delle rocce lunari pin antiche. Esiste quindi una documentazione attendibile per sostenere che it Sistema Solare ebbe origine simultaneamente circa 4,6 miliardi di anni fa.

    1.1.2 La Terra si differenzia dagli altri pianeti del Sistema Solare per la presenza della biosfera

    carattere saliente della Terra rispetto agli altri pianeti del Sistema Solare e costi-tuito dalla presenza della vita e dalla profonda e dinamica interazione degli organismi viventi con l'atmosfera, l'idrosfera e la litosfera. La vita 6 diffusa solo in una sottile e irregolare pellicola che viene indicata con it termine di biosfera. La biosfera occupa la parte pin bassa dell'atmosfera, l'idrosfera e la superficie della litosfera.

    1 Questa ipotesi e confermata dal recente ritrovamento nella Western Australia di granuli di zircone datati radiometricamente a circa 4,1-4,2 miliardi di anni. Questi granuli, che si conservarono per la loro maggiore resistenza all'alterazione, documentano l'esistenza di rocce pill antiche di 4 miliardi di anni.

  • 2 La disciplina della Paleontologia

    La presenza della biosfera e condizionata dall'esistenza di grandi quantita di acqua allo stato liquido e di una fonte energetica esterna, l'energia solare. Tutti gli or-ganismi conosciuti sono infatti costituiti da macromolecole disperse in un mezzo acquoso e l'energia solare e la fonte energetica primaria indispensabile per la produ-zione di materiale organico da parte degli organismi dotati di clorofilla o di altri pigmenti.

    I processi che avvengono nella biosfera sono caratterizzati da un continuo scambio di materia ed energia e dal flusso ciclico di numerosi elementi: carbonio, ossigeno, idrogeno, ecc. Il termine biosfera, dunque, evoca l'intero scenario della vita ed un concetto unificante di tutti i suoi processi. Biosfera, idrosfera, atmosfera e litosfera sono sistemi aperti che interagiscono mantenendo uno stato di equilibrio dinamico, tramite uno scambio di materia ed energia. Tale processo di interazione, per essere compreso a fondo, deve essere considerato nel contesto delle trasformazioni dell'am-biente fisico (tettonica delle placche 9.7 , quantita e distribuzione dell'energia solare) e dell'evoluzione della biosfera (Cap. 4 e 5).

    1.1.3 Cenni sull'evoluzione della biosfera

    L'inizio della storia della vita risale a circa 3.500 milioni di anni fa (Cap. 5). I primi organismi, rappresentati da batteri ed alghe azzurre, e cioe da organismi procarioti, dominarono lo scenario terrestre per circa 2.000 milioni di anni, intervallo di tempo in cui non si osserva alcun importante fenomeno evolutivo. L'importanza di questi organismi fu per() fondamentale, in quanto tramite it processo della fotosintesi, im-misero nell'atmosfera notevoli quantita di ossigeno rendendo quindi possibile l'esi-stenza di altre e piu complesse forme di vita.

    I primi organismi eucarioti comparvero circa 1.400 milioni di anni fa. Dopo un ulteriore intervallo di stasi o di stasi apparente si osserva, a circa 700 m.a., la prima comparsa di animali marini pluricellulari (Cap. 5). Da 700 m.a. in poi la velocita dei fenomeni evolutivi accelera notevolmente, probabilmente come conseguenza dell'ac-quisizione della riproduzione sessuale e, pill in generale, di un piu elevato livello di organizzazione. Nell'intervallo di poche centinaia di milioni di anni gli organismi si differenziarono profondamente e la biosfera terrestre, attraverso una successione di tappe evolutive ben individuabili, and() progressivamente acquisendo l'aspetto che oggi ci e familiare. Intorno ai 500 m.a. comparvero i primi vertebrati marini ed intorno a 400 m.a. fecero la loro comparsa le prime piante terrestri che diedero poi origine, a partire da circa 360 m.a., alle prime grandi foreste. I rettili apparvero intorno a 300 m.a. ed i mammiferi iniziarono la loro storia evolutiva non pia tardi di 200 m.a. I progenitori degli uccelli iniziarono la conquista dell'aria intorno a 150 m.a. Il genere umano, infine, ha una storia di almeno 2 m.a.

    1.1.4 I fossili documentano la storia della biosfera

    A questo punto ci si pub chiedere quale sia la documentazione necessaria e quale metodo occorra applicare per conoscere la storia della vita, che in sostanza e anche la storia dell'uomo. Penetrare nell'abisso di tempi cosi lontani che la mente umana fa persino fatica a quantificare, significa conquistare l'accesso ad una mole enorme di dati essenziali per capire non solo la storia della vita ma anche il funzionamento del

  • Breve storia della Paleontologia 3

    nostro pianeta. Sono i processi fisici e chimici che agiscono sulla superficie della Terra che hanno proweduto a tramandarci la documentazione dalle forme di vita del pas-sato, inglobando e conservando nelle rocce sedimentarie i resti degli organismi, ani-mali e vegetali, che via via popolarono i mars e le terre emerse. Questi resti pia o meno completi (Cap. 2), o anche le sole tracce (Cap. 7) dell'esistenza di antichi organismi, sono definiti fossili. La paleontologia 6 la scienza che si occupa dello studio dei fossili, cio6 dello studio della vita del passato. Il termine di fossile, introdotto in letteratura da Georg Bauer (1495-1555), si riferiva inizialmente a qualsiasi oggetto che venisse scavato e portato alla luce dalla terra, senza distinzione tra resti animali, vegetali o minerali.

    La paleontologia 6 una disciplina altamente integrata sia con le scienze geologiche, sia con le scienze biologiche. Se si considera che la documentazione paleontologica costituita da resti di ex vivi e che it metodo di studio 6 fondato essenzialmente sulla conoscenza del mondo attuale, sembra intuibile che, almeno su un piano strettamente teorico, la paleontologia non sia in fondo che un settore delle scienze biologiche. D'altro canto, considerando che le rocce sedimentarie costituiscono i contenitori dei fossili, a altrettanto intuibile lo stretto legame che unisce la paleontologia alle scienze geologiche. Puo sembrare tuttavia paradossale che la paleontologia rappre-senti ancora oggi uno dei pilastri portanti delle scienze geologiche e che solo in tempi molto recenti sia stato accettato dai biologi ii suo immenso valore per documentare la storia della vita. Questa moderna riscoperta della paleontologia come scienza squi-sitamente biologica 6 ben espressa dalla tendenza, sempre pia diffusa, a sostituire it termine di paleontologia, pia arcaico e comunque pia legato, almeno storicamente, alle applicazioni geologico-stratigrafiche, con it termine paleobiologia, cio6 studio comprensivo di tutti gli aspetti geologici e biologici della storia della vita.

    Come vedremo, non 6 affatto paradossale che la paleontologia, pur essendo una disciplina biologica, sia talmente integrata con le scienze geologiche da risultarne inscindibile. Questo rapporto emerge chiaramente dalla storia della paleontologia. La seguente sintesi storica ha proprio lo scopo di illustrare sia la scoperta progressiva del significato dei fossili, sia i motivi per cui la paleontologia a considerata parte inte-grante delle scienze geologiche. Uno degli obiettivi prioritari e anche quello di chia-rire it ruolo che ha svolto la paleontologia nella formazione del pensiero scientifico e filosofico moderno.

    1.2 BREVE STORIA DELLA PALEONTOLOGIA

    1.2.1 La scoperta dei fossili

    La storia della paleontologia, dalle origini fino all'inizio del Settecento, e caratte-rizzata da due interpretazioni contradditorie e ricorrenti nel tempo, che postulano rispettivamente la genesi inorganica e organica dei fossili. L'interpretazione dell'ori-gine inorganica risale ad Aristotele (384-322 a.C.) ed at suo allievo Teofrasto (368-284 a.C.) a cui si deve it primo trattato sus fossili. L'interpretazione della scuola aristote-lica ebbe una influenza determinante sulla maggior parte dei naturalisti del Medioevo ed i suoi epigoni sono ben noti fino at Settecento. Ma prima di Aristotele alcuni autori avevano gia ammesso esplicitamente l'origine organica dei fossili (in prevalenza conchiglie) interpretandoli come resti di organismi marini abbandonati dal mare.

  • 4 La disciplina della Paleontologia

    Quando poi nel Medioevo si riaffermo l'interpretazione aristotelica (almeno in parte per una traduzione errata degli scritti del filosofo Avicenna), non mancarono nuovi formidabili sostenitori della teoria della genesi organica.

    1.2.2 Teoria della genesi inorganica

    Durante it Medioevo ed it Rinascimento questa interpretazione era prevalente-mente ispirata, con numerose variazioni sul terra, alla scuola aristotelica e traeva quindi fondamento dalla teoria della generazione spontanea della vita. Si credeva, cioe, nell'esistenza di una forza particolare (vis plastica) capace di plasmare esseri viventi: gli oggetti estratti dalle rocce, a forma di animale o di pianta, rappresenta-vano i tentativi non riusciti di tale forza.

    L'esistenza di strutture simili agli organismi viventi era del resto ammissibile anche nella filosofia neoplatonica (vedi ad esempio Girolamo Cardano, 1.2.3). In tale corrente di pensiero, infatti, non esiste una netta distinzione tra viventi e non viventi; tutte le entity presenterebbero in misura diversa i caratteri della vita. Cosl, ad esem-pio, it fenomeno dell'accrescimento e dell'alterazione delle concrezioni e dei cristalli rappresentava, nel pensiero neoplatonico, una propriety vitale analoga alla nascita, all'accrescimento ed alla morte degli esseri viventi. evidente che, con queste basi filosofiche, si poteva anche non porre it problema di riconoscere l'origine organica di alcuni strani oggetti portati alla luce , anche se la Toro affinity con gli esseri viventi appariva straordinaria.

    In questa ottica vanno quindi considerate le opere dei sostenitori della teoria inor-ganica ed in particolare le opere di Georg Bauer (1495-1555), conosciuto con it nome di Agricola, e di Conrad Gesner (1516-1565), che classificarono un'ampia gamma di fossili senza tentare di risolvere it problema dell'origine di quegli oggetti che presentavano una grande affinity con gli animali o le piante viventi. Le opere dei due autori, che possono essere considerate le prime due monografie dedicate ai fossili (se si prescinde dall'opera di Teofrasto), rappresentarono, tuttavia, un notevole progres-so, in quanto per la prima volta veniva rifiutata una elencazione alfabetica e veniva proposta una vera e propria classificazione dei fossili articolata in categorie. In am-bedue le opere, che comunque si basavano su criteri di classificazione almeno in parte diversi, venivano distinti quei fossili che mostravano una grande analogia con gli animali e le piante viventi. Il trattato di Gesner era corredato per la prima volta da una documentazione iconografica (fig. 1.1 a).

    Se prescindiamo dalle basi teoriche di queste opere, che risentivano di una conce-zione statica del mondo, occorre ammettere che la documentazione presentata da questi autori contribul in modo notevole alla scoperta dei fossili come resti organo-geni e quindi allo stesso superamento della teoria dell'origine inorganica. L'opera di Francesco Stelluti (1577-1646) rappresenta a questo proposito un esempio efficace. Il suo Trattato sul Legno Fossile Minerale (1637) costituisce probabilmente la prima monografia sui legni fossili, anche se l'autore non era consapevole dell'origine organica dei reperti studiati (Edwards, 1976). Come vedremo poi, alcune argomentazioni solle-vate per criticare l'origine organica non erano certamente basate su una aprioristica visione filosofica, ma su una precisa documentazione che, interpretata alla luce di una conoscenza pin ampia, contribul alla migliore comprensione del significato dei fossili.

    La teoria dell'origine inorganica fu completamente abbandonata e coperta di ridi-colo nei primi decenni del 1700 quando it prof. Johann Beringer di Wtirzburg portO

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    c) d) Fig. 1.1 Questa successione di 4 tavole, tratte rispettivamente dalle opere di Conrad Gesner (1558), Fabio Colonna (1616), Stenone (1667) e Agostino Scilla (1670), illustra la scoperta dei fossili come ex vivi. La tavola di Gesner (a) evidenzia la rassorniglianza morfologica tra una glossopetra e i denti di uno squalo. Gesner, uno dei pits grandi naturalisti del suo tempo, fu consapevole delle marcate analogie morfologiche che numerosi fossili presentavano con le forme viventi, ma non riconobbe mai i fossili come resti di ex vivi. Le illustrazioni di Gesner sono, tuttavia, le prime in cui fossili e forme viventi simili sono iconografati insieme. La tavola di Fabio Colonna (b) illustra numerose conchiglie di gasteropodi viventi, insieme ad un esem-plare fossile (il modello interno in alto a sinistra), da lui attribuiti al genere Buccinum. L'autore rico-nosceva i fossili come ex vivi e li includeva nella classificazione degli organismi viventi. La tavola (c), pubblicata da Stenone, fu presa da un manoscritto di Mercati (edito integralmente solo nel 1719 da Lancisi col titolo Metallotheca Vaticana); essa sintetizza la ponderosa dissertazione dell'autore in cui si confermava definitivamente (come gia suggerito da Leonardo Da Vinci e da Fabio Colonna) che le glossopetrae sono i denti fossili di grandi squall. La tavola di Agostino Scilla (d), tratta dal frontespizio della sua opera, raffigura it senso, che mostra alla vana speculazione quale sia la vera origine dei fossili.

  • 6 La disciplina della Paleontologia

    alla luce e iconograft nella sua opera Lithographiae wirceburgensis (1726) alcuni fossili scolpiti e sepolti dai suoi studenti, o pin probabilmente, come suggerisce la letteratura, da alcuni suoi colleghi universitari (Edwards, 1976).

    Pur valutando positivamente anche it contributo dei sostenitori della teoria inor-ganica, se non altro perche fornirono apprezzabili documentazioni e mantennero vivo it dibattito sui fossili, non si puO sottovalutare it merito di chi, libero da pregiudizi, forni una interpretazione corretta sulla base di osservazioni naturalistiche che, assurte successivamente a metodo, avrebbero costituito it seme di una stupefacente rivolu-zione culturale.

    1.2.3 Teoria della genesi organica

    Senofane (VI secolo a.C.) 6 citato in letteratura come it primo autore che osservo la presenza di conchiglie e impronte di pesci su montagne dell'interno delle isole di Paros, di Malta e nei dintorni di Siracusa. Pitagora (VI secolo a.C.), come riferisce Ovidio (43 a.C. - 18 d.C.), interpreto la presenza di conchiglie sulle montagne come prova che un tempo esse erano state sommerse. Il riferimento pin chiaro e facilmente reperibile a tuttavia quello di Erodoto (IV secolo a.C.) che nelle sue Historiae, no-tando la presenza di conchiglie marine nell'entroterra egiziano, concluse che vi erano state deposte dal mare che un tempo doveva aver invaso quelle aree. Si trattava di una interpretazione scevra di pregiudizi basata unicamente sul buon senso.

    La teoria dell'origine organica dei fossili si afferme soprattutto, almeno inizialmen-te, grazie ai sostenitori del Diluvio Universale. La presenza di conchiglie e di altri resti di organismi marini sulle colline fu assunta dai Patristi ed in particolare da Tertulliano (155-222 d.C.) e pin tardi da Paolo Orosio (III-IV sec. d.C.) come prova di tale evento e quindi come argomentazione della veridicita del racconto biblico. Tale posizione fu poi ripresa da Ristoro D'Arezzo (XIII secolo) e, come Teoria Diluviale, trovo sostenitori fino alla seconda meta del Settecento. Non tutti i natura-listi ricorsero perO al diluvio per spiegare la presenza dei fossili sulle colline o sulle montagne.

    E singolare che proprio it filosofo mussulmano Avicenna (980-1037), quasi unani-mamente citato come uno degli autori medioevali che ripresero l'interpretazione aristotelica, avesse in realta interpretato i fossili correttamente come resti di antichi organismi senza far alcun accenno alla Teoria Diluviale, nel contesto di una visione geologica molto evoluta per it suo tempo. Come riferisce Edwards (1976), alcune parti dei suoi scritti furono completamente travisate dagli Scolastici, che scambiarono la sua descrizione dell'azione incrostante delle sorgenti calcaree come riferimento alla teoria della vis plastica.

    A Leonardo Da Vinci (1452-1519) si deve la prima interpretazione razionale dei fossili nel contesto di un modello paleoambientale e geologico che precorreva di almeno due secoli la storia delle scienze geologiche e anticipava direttamente James Hutton ( 1.2.7). Nel confutare felicemente la teoria dell'origine inorganica dei fossili e la teoria diluviale, Leonardo non solo dimostra di possedere la nozione di strato e di stratigrafia (duecento anni prima di Stenone), ma suggerisce osservazioni sulla posizione di vita dei molluschi, sull'accrescimento delle conchiglie e sulla loro dispo-sizione negli strati che precorrono la tafonomia e la paleoecologia (Cap. 2 e 6): Le valve di questi molluschi, dopo che le loro parti molli si sono deteriorate, sono state riempite con fango e allo stesso modo che it fango circostante si pietrifico, anche it

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    fango penetrato all'intemo della conchiglia attraverso le aperture, divenne roccia (Codice Hammer, gia Leicester M.S.F. Folio 79 recto).

    Alle stesse conclusioni di Leonardo giunsero anche Girolamo Fracastoro (1478?-1553), Bernard Palissy (1510-1583) e Ferrante Imperato (1550-1625): i fossili erano interpretabili tramite le osservazioni naturalistiche senza alcuna necessity di ricorrere alla filosofia o al racconto biblico. La prima illustrazione di fossili italiani risale ad Imperato (1599).

    Una delle difficolta maggiori della teoria organica era, evidentemente, quella di interpretare correttamente quei fossili che non presentavano alcuna analogia con gli animal viventi allora conosciuti, come ad esempio le ammoniti (ammonis cornu di Agricola). E comprensibile che alcuni autori, ad esempio Girolamo Cardano (1501-1576), interpretassero correttamente alcuni fossili pit facili, come le conchiglie dei molluschi del Terziario, e ricorressero alla teoria della generazione spontanea per spiegare fossili pit difficili.

    E certamente vero, come ha osservato Martin Rudwick (1976), che le prime cor-rette interpretazioni da Erodoto a Leonardo, Palissy, Fracastoro ecc., erano tutte legate a fossili cenozoici, quindi relativamente recenti, e costituiti per lo pit da con-chiglie la cui origine organica era pit facilmente intuibile. Ma questo non toglie merito (come invece sembra suggerire Rudwick) ai primi autori che interpretarono correttamente almeno una parte dei fossil. Tanto pit che questi fossili facili erano a disposizione anche dei naturalisti (contemporanei o successivi) che optarono per la genesi inorganica. Non si pue quindi che apprezzare l'opera di Agostino Scilla (1639-1700), uno dei fautori della teoria organica, ed it titolo significativo: La vana speculazione disingannata dal senso (1670) che diede al suo trattato sui fossili (fig. 1.1 d).

    Tra i pit autorevoli sostenitori dell'origine organica va ricordato Fabio Colonna, forse it primo autore (1616) che mise in relazione e iconografe insieme le forme fossil e quelle viventi pit affini, utiliz7ando la stessa nomenclatura (fig. 1.1 b). Colonna fu probabilmente anche uno dei primi autori a comprendere la relazione tra i modelli intemi, le impronte esterne e le conchiglie e a riconoscere, dopo Leonardo, le glos-sopetrae come denti di squalo (fig. 1.1 c).

    Martin Lister (1638-1712), uno dei migliori naturalisti del suo tempo in grado di apprezzare con cognizione di causa le profonde rassomiglianze tra gli organismi vi-venti ed i loro analoghi pietrificati, arrive a negare l'origine organica dei fossil. La sua opzione per l'origine inorganica non 6 tuttavia basata su vane speculazioni, ma su argomenti che sarebbero stati affrontati e risolti solo successivamente. In particolare, due di questi punti appaiono importanti per mettere a fuoco i problemi che la pa-leontologia dovette affrontare successivamente. Lister trovava fossili diversi nei di-versi affioramenti. Il fatto che strati diversi, per ragioni di facies o di eta, contengano fossili diversi costituira un punto chiave per la paleontologia, ma per Lister questo appariva inspiegabile e rappresentava una prova per sostenere che i fossil si erano formati con un processo inorganico in posto in ogni singola roccia. Egli osservo, inoltre, che molti dei fossil inglesi non avevano che vaghe rassomiglianze con le specie attuali. Questa obiezione fu ripresa da John Ray (1628-1705), forse it pit grande naturalista del '600, che tratte in dettaglio it problema dell'origine dei fossili tenendo in debita considerazione anche le osservazioni di Lister. Ray arrive ad am-mettere l'origine organica dei fossili e, per superare la pit importante obiezione di Lister, fu costretto ad esaminare la possibility di fenomeni di estinzione. II concetto di estinzione era evidentemente molto pericoloso in quanto, nella mentality del tem-

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    Fig. 1.2 R. Hooke fu it primo autore ad interpretare, verso la fine Seicento, le ammoniti come ex vivi affini al genere Nautilus, fornendo, tra l'altro, una chiara definizione della linea lobale, the deriva dall'in-serzione dei setti con la parete interna della conchiglia. Questa tavola e tratta dal Discourse of earthqua-kes pubblicato postumo nel 1705.

  • Breve storia della Paleontologia 9

    po, equivaleva ad ammettere che it Creato non fosse perfetto. Ray superb questo problema ipotizzando che alcuni fossili potessero essere rappresentati da animali viventi in altre regioni della Terra e non ancora scoperti.

    Robert Hooke (1635-1703) fu probabilmente it primo autore che ammise ufficial-mente l'instabilita della crosta terrestre con grandi variazioni paleogeografiche, da lui attribuite a terremoti e vulcanesimo. Su questa base l'autore giustificava non solo la presenza di fossili su montagne come le Alpi (una delle obiezioni pia importanti alla teoria organica), ma anche i fenomeni di estinzione e la possibility di comparsa di specie nuove. Quella di Hooke non era pen) una visione evoluzionistica, ma un tentativo di conciliare la visione fissista con un modello pia dinamico che tenesse conto della realty dei fossili. Si deve a Hooke la prima interpretazione delle ammoniti come resti di organismi affini al genere Nautilus, che proprio in quegli anni era stato scoperto nell'Oceano Indiano (fig. 1.2). Hooke fu anche it primo autore ad utilizzare it microscopio ed a riconoscere i primi foraminiferi fossili. Tra i suoi meriti scientifici, che trascendono it significato paleontologico, figurano le prime osservazioni sulla struttura anatomica dei legni fossilizzati e addirittura un tentativo di classificare le piante fossili tramite la loro anatomia.

    Con l'inizio del Settecento it dibattito sull'origine dei fossili era ormai terminato, con il pieno superamento della tesi dell'origine inorganica. L'altalena delle interpre-tazioni, se prescindiamo dai tempi anteriori a Leonardo, e cioe consideriamo solo il periodo in cui ii dibattito era stato pia acceso, era durata pia di duecento anni. La storia delle glossopetrae, riconosciute come denti di squalo da Leonardo, interpretate da Gesner (1558) come inorganiche, reinterpretate da Colonna (1616) e pia tardi da Stenone (1667) come denti di squalo (fig. 1.1 c), costituisce un esempio significativo.

    1.2.4 L'introduzione del metodo di nomenclatura binomia

    Sia nell'antichita classica che nel Medioevo, gli autori non sentirono mai l'esigenza di una classificazione ordinata delle specie animali e vegetali che scoprivano ed elen-cavano. Cosi, ad esempio, le piante venivano studiate e raggruppate solo per le loro propriety medicinali. Il numero delle specie note, sia in zoologia che in botanica, fino all'inizio del Rinascimento non era aumentato molto rispetto alle conoscenze dell'an-tichita classica e lo stesso concetto di specie era piuttosto nebuloso. Con l'inizio delle grandi esplorazioni geografiche e con il rinnovarsi dell'interesse naturalistico, il nu-mero delle forme nuove aumente in progressione geometrica e si pose quindi l'esi-genza di chiarire it concetto di specie e di raggruppare le specie in modo ordinato sulla base dei loro caratteri. A Linneo (Karl von Linne, 1707-1778), ed in parte al suo precursore Ray, si deve it merito della prima definizione scientifica di specie che, conformemente alla cultura dell'epoca, era considerata una struttura creata perfetta fin dall'origine del mondo e immutabile nel tempo.

    Alla base della classificazione linneana si trova quindi la specie, che viene indicata con due nomi di cui ii primo indica il genere ed it secondo e it nome specifico. Da Linneo in poi, tutte le specie furono indicate sempre con due nomi: Panthera leo, Felis catus, Arctica islandica, ecc. A loro volta tutti i generi affini vennero riuniti nell'unita gerarchicamente superiore, l'ordine per Linneo, gli ordini nelle classi e le classi nei regni ( 3.3 e nota 3.1).

    Il merito essenziale di Linneo fu quello di aver messo a punto un metodo concet-tualmente semplice ma efficace che permetteva di classificare piante ed animali in

  • 10 La disciplina della Paleontologia

    unity ordinate gerarchicamente e quindi di assorbire , senza confusioni, l'enorme mole di dati che stava incessantemente affluendo, non solo dalle ricerche zoologiche e botaniche, ma ormai anche dalla ricerca paleontologica. La metodologia linneana permise per la prima volta di riconoscere l'ordine naturale del mondo dei viventi, ordine naturale che per Linneo costituiva it disegno, l'atto creativo di Dio.

    Linneo fu consapevole dell'esistenza di specie deperditae, cio6 non pi-4 conosciute, tuttavia fu piuttosto riluttante a riconoscere it problema delle estinzioni. Egli comun-que non fece ricorso al diluvio per interpretare i fossili e anche se non azzardo ipotesi che potevano essere in contrasto con la tradizione biblica, fu conscio della dimensione temporale che era documentata dalla successione degli strati fossiliferi.

    Il sistema linneano, come 6 intuibile, fu basilare per il progresso degli studi paleon-tologici. La sua messa a punto giunse proprio quando si era appena riconosciuto it significato dei fossili come ex vivi ed era ormai inderogabile anche in paleontologia, oltre che in zoologia ed in botanica, la necessity di ordinare le enormi quantita di fossili che ormai erano stati ritrovati. Da allora, nella loro qualita di ex vivi, i fossili furono inseriti negli schemi tassonomici della zoologia e della botanica.

    1.2.5 La scoperta ufficiale* degli strati

    Con l'opera di Stenone (Niels Stensen, 1638-1686) venne messa a punto la base teorica per comprendere, pia di un secolo dopo Leonardo, il vero significato dei fossili e la loro relazione con le scienze geologiche. Il punto di partenza del modello di Stenone consiste nell'osservazione che i fossili sono contenuti in strati simili a quelli che oggi si depositano in acque fangose. Da questo, l'autore dedusse che gli strati della superficie terrestre si erano deposti in acqua e che i fossili erano resti organo-geni incorporati durante la sedimentazione. Per la prima volta, a prescindere da Leonardo, appariva chiaro che la presenza di fossili sulle montagne non significava semplicemente che queste un tempo erano state sommerse, ma che gli strati che le costituivano si erano formati in mare e contenevano i resti degli antichi organismi che lo popolavano. Dall'osservazione diretta sulla genesi degli strati attuali, Stenone ar-rivO alla formulazione dei famosi tre principi che, opportunamente emendati, sono ancora alla base della moderna geologia (fig. 1.3):

    1) Poiche gli strati si formano in successione verticale, l'autore dedusse che in una successione lo strato sottostante doveva essere pia antico di quello sovrastante (prin-cipio della sovrapposizione). Questo principio tiene conto solo del processo genetico degli strati e, ovviamente, non 6 applicabile quando intervengono successivamente movimenti tettonici che possono invertire it loro ordine.

    2) 11 secondo principio (orizzontalita degli strati) sostiene che uno strato all'atto della sua deposizione 6 sempre orizzontale. Questa asserzione, seppure ancora di validity generale, 6 da considerare con maggiore cautela. Ad esempio, gli strati che si formano su un fronte deltizio o sul fronte di una piattaforma carbonatica sono sen-sibilmente inclinati verso it mare (fig. 1.4).

    3) Con il principio della continuity laterale Stenone cerco di generalizzare la cor-relazione dei depositi terrazzati che spesso nelle valli affiorano sugli opposti versanti e che al tempo della loro origin dovevano essere continui. L'autore con questo prin-cipio sottolineava che gli strati presentavano originariamente una forma tabulare e che si assottigliavano lateralmente o terminavano bruscamente contro le sponde del

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    Breve storia della Paleontologia 11

    Fig. 1.3 Questo famoso schema del 1669, probabilmente la prima sezione geologica che sia mai stata pubblicata, illustra it modello di Stenone ed in particolare i suoi tre princlpi e l'opinione, allora comune ma erronea, che l'erosione procedesse di regola dall'interno della Terra. Lo schema, che si riferisce alla geologia della Toscana, illustra attraverso 6 figure (dalla 25 alla 20) 6 fasi della storia della Terra. La fig. 25 raffigura la situazione iniziale in cui gli strati erano ancora integri e orizzontali, la fig. 24 mostra it risultato dei processi erosivi all'interno della Terra, dovuti al fuoco e all'acqua, la fig. 23 interpreta l'incli-nazione degli strati e la formazione delle montagne e delle valli come dovuta al crollo dello strato supe-riore; la fig. 22 mostra i nuovi strati marini che si sono deposti all'interno delle valli; le figg. 21 e 20 illustrano di nuovo l'erosione intern ed it crollo degli strati superficiali con la formazione di colline e valli.

    bacino in cui si erano depositati. L'erosione poteva in seguito distruggere la maggior parte degli strati, lasciando tuttavia testimonianza della loro originaria continuita.

    Conformemente alle credenze del tempo, nel modello di Stenone l'azione erosiva degli strati non era attribuita agli agenti atmosferici, ma ai terremoti, ai fuochi ed alle acque che avrebbero agito al di sotto della superficie terrestre. Tale azione erosiva

    Fig. 1.4 Strati con forte inclinazione primaria deposti sul fronte di una piattaforma carbonatica o di una scogliera coralligena che prograda verso it mare. Il grado di inclinazione dipende dalla tessitura dei sedi-menti. Si tratta di uno schema semplificato che non considera fenomeni tettonici o eustatici.

  • 12 La disciplina della Paleontologia

    interna si sarebbe manifestata sulla superficie esterna dando luogo a crolli e provo-cando l'inclinazione degli strati. Dunque i tre principi, che derivano dall'osservazione naturalistica diretta, costituiscono l'unica parte ancora valida di questo modello.

    L'opera di Stenone per i suoi tempi era veramente rivoluzionaria perche osava mettere in dubbio it principio della stability della Terra; rilevare mutamenti signifi-cava rilevare imperfezioni nella Creazione e questo era un argomento non ben ac-cetto dalla society del tempo. L'autore, tuttavia, scrisse espressamente che it suo modello non era in contrasto con la versione fornita dalla Bibbia e ammetteva l'esi-stenza del diluvio universale.

    1.2.6 Il superamento della Teoria Diluviale

    Nel Settecento numerosi autori, tra cui Lazzaro Moro (1687-1764) e Antonio Val-lisneri (1661-1730), cominciarono con argomentazioni diverse a smantellare it model-lo del diluvio, ancora sostenuto da alcuni illustri epigoni, come ad esempio John Woodward (1665-1728). E implicito che l'argomentazione piu importante e conclusi-va era insita proprio nell'opera di Stenone. La comprensione del concetto di strato ed it constatare che esistevano pit' strati fossiliferi equivaleva ad ammettere l'esistenza di pitt diluvi e quindi a contraddire apertamente la versione biblica di un unico diluvio universale.

    Con l'inizio del '700 it mondo scientifico era ormai pronto ad accogliere ipotesi che facessero a meno del diluvio e indagassero sulla storia della Terra prendendo spunto unicamente dall'osservazione naturalistica. Tra i precursori di questa nuova visione si puo ricordare l'arciprete veronese Giacomo Spada, cultore di scienze geologiche ed autore di diversi scritti di paleontologia, (come Corporum lapidefactorum agri vero-nensi del 1744) che fu tra i primi, nonostante la sua posizione di religioso, a dimo-strare che i fossili sono antidiluviani e a sostenere l'indipendenza della ricerca geo-logica dal racconto biblico.

    Tutte queste nuove idee, in buona parte blasfeme per la mentality del tempo, vengono riprese da Georges Buffon (1707-1788) nella sua Histoire Naturelle, it cui primo volume fu pubblicato nel 1749. Con Buffon si afferma la tendenza ad ignorare it diluvio anziche a negarne l'esistenza. Il diluvio costituiva un evento soprannaturale, sia come causa sia come effetto, e quindi non poteva essere considerato nel dibattito scientifico. Un punto nodale veramente innovativo dell'opera di Buffon e costituito da un primo ma significativo abbozzo del principio dell'attualismo (Finestra 1.1), che poi sara ripreso, sviluppato e applicato come principio fondamentale delle scienze geologiche da James Hutton e Charles Lyell: per capire e studiare la storia della Terra occorre studiare i suoi processi attuali.

    1.2.7 Il problema dell'eta della Terra

    I calcoli di James Ussher (1581-1650), arcivescovo di Armagh in Irlanda, che va-lutava Feta della Terra intorno ai seimila anni sulla base del racconto biblico, erano sempre stati considerati, sin dalla loro elaborazione, con grande rispetto e comune-mente accettati fino al '700. La rivoluzione copernicana, it superamento della conce-zione della perfezione del cielo e dei corpi celesti, l'interpretazione newtoniana del

  • Breve storia della Paleontologia 13

    Sistema Solare fondata sulla teoria gravitazionale e l'ipotesi dell'origine del sistema solare di Immanuel Kant (1755) avevano pia o meno implicitamente preparato it substrato culturale per it superamento di tale visione poco naturalistica della storia della Terra. L'esigenza verso la ricerca delle leggi che governano i fenomeni naturali diventava sempre pia sentita.

    Nelle Epoques de la Nature di Buffon (1779) si osservano gia delle chiare intuizioni sul processo dell'evoluzione biologica (successione delle faune e delle flore, estinzio-ni) inserito in una storia della Terra molto pia lunga di quanto allora si voleva ammettere. Prendendo spunto da un'opera di Gottfried Leibniz (1646-1716) in cui venivano trattati i vari stadi evolutivi della Terra ed in particolare la fase di raffred-damento, Buffon esegui degli esperimenti sul raffreddamento di globi di metallo e giunse alla conclusione che la Terra non doveva avere un'eta inferiore a 70.000 anni, anche se osservando le successioni sedimentarie era portato ad attribuirle una eta non inferiore ad un milione di anni. L'aver sollevato in modo autorevole it dubbio che la Terra fosse molto pia antica di quanto poteva suggerire la tradizione biblica costitui-sce uno dei contributi pia significativi della sua opera alle scienze geologiche ed alla paleontologia. Da allora it sospetto che la Terra dovesse essere molto pia antica acquiste sempre pia vigore.

    Nel frattempo anche la geologia stava muovendo i primi passi, anche se sempre ancorata alla tradizione biblica. Johan Lehmann nel 1776 propose per la prima volta una classificazione delle montagne in tre categorie che si sarebbero formate in tempi diversi: le montagne con filoni metalliferi, le montagne stratificate ed infine le mon-tagne eterogenee, post-diluviane.

    La scoperta del vulcanismo fossile intorno alla meta del '700, a parte it suo valore intrinseco, contribui in modo determinante alla corretta impostazione del problema tempo. Allo stesso Jean Etienne Guettard, che scopri per primo it vulcanismo fossile in Alvernia (Francia), apparve strano che le manifestazioni vulcaniche non fossero citate nella storia della regione. La conclusione comincie ad apparire ovvia ai ricer-catori del tempo: quei fenomeni vulcanici dovevano essere molto antichi. I seimila anni della tradizione biblica diventavano sempre meno accettabili e l'ardita (per quei tempi) ipotesi di Buffon sempre pit credibile.

    Con Giovanni Arduino (1713-1795), professore di mineralogia all'universita di Pa-dova, si arrive al concetto di cronologia relativa. L'autore divise le montagne in primarie, secondarie e terziarie, all'incirca con gli stessi criteri di Lehmann, ma svin-cola it significato di primario dal concetto di creazione: primario non significava primigenio, ma significava solo che era pia antico di secondario.

    Nel 1788, cioe lo stesso anno della morte di Buffon, fu pubblicata The theory of the Earth di James Hutton (1726-1797), a cui veramente si pub far risalire la nascita ufficiale della geologia. Si tratta di un'opera costruita sul principio dell'uniformismo (Finestra 1.1), gia introdotto seppure solo in modo intuitivo da Buffon. In sintesi, secondo Hutton, i grandi fenomeni di cui vediamo gli effetti, ad esempio le montagne, sono it prodotto dell'azione, in un lungo periodo di tempo, delle stesse cause che oggi vediamo operare sulla Terra. Dallo studio del presente si poteva dunque ricostruire it passato. Ad esempio Hutton (1794) non ebbe difficolta ad attribuire a trasporto glaciale i massi erratici della Catena del Giura, ma la sua intuizione non fu accettata unanimemente prima di almeno 20-30 anni.

    L'Autore riconobbe per primo e college in modo conseguente i processi di sedi-mentazione, diagenesi, sollevamento e formazione delle montagne con i fenomeni erosivi che plasmavano la superficie terrestre. La morfologia della Terra era quindi in

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    perpetuo movimento. Questo modello, completamente rivoluzionario nel suo insie-me, implicava che la Terra fosse antichissima. Tutto questo suscito grandi polemiche perche la maggioranza degli Autori era ancora legata al racconto biblico.

    Da Hutton in poi, mentre emergeva sempre piu chiaramente it rapporto tempo-successione stratigrafica, it problema dell'eta della Terra, svincolato dall'eta della comparsa dell'uomo e dal racconto biblico, fu oggetto di un appassionato dibattito. Le stime oscillavano da un tempo illimitato e non valutabile (Hutton), a 300 milioni (Darwin), 600 milioni (T. Mellard Meade), 100 milioni (Lord Kelvin), 10 milioni (P.G. Tait) di anni. Se si prescinde dalle ipotesi del fisico Tait, che ebbe del resto poco seguito, questo intervallo temporale era sufficiente per contenere , almeno concettualmente, la successione degli strati e delle faune, che ormai sarebbe risultata incomprensibile se compressa in un tempo di 70.000 o peggio di 6.000 anni.

    Al di la delle polemiche e delle dispute tecniche e metodologiche sorte anche tra i fisici, it dibattito che ando sviluppandosi tra fisici e geologi nella seconda meta del-l'Ottocento e di grande interesse, in quanto venne a coinvolgere it problema del significato dell'uniformismo. Mentre da un lato i geologi cercarono di arrivare ad una datazione approssimativa tramite la presunta velocita dei fenomeni di erosione o di sedimentazione, i fisici basarono le loro stime sulla dissipazione dell'energia da parte del sole, sul raffreddamento del calore interno della Terra, sul calcolo dell'attrito di marea e sul contenuto di sodio negli oceani. Tutti questi metodi erano tuttavia fondati su basi teoriche oggi non pia accettabili. La valutazione dei fisici piu vicina alle stime dei geologi non superava i 100 milioni di anni (Lord Kelvin). Questa valutazione, espressa inizialmente come omolto probabile, divenne sempre pia dogmatica con ii procedere della polemica. L'obiezione fondamentale che i fisici rivolsero alle stime dei geologi riguardava l'improponibilita dell'uniformismo come inteso da Charles Lyell (1797-1875), it pia autorevole esponente del modello di Hutton. Era cioe im-proponibile che i fenomeni di erosione e di sedimentazione, o tutti gli altri processi fisici della Terra, avessero avuto nel passato velocita costante. Le valutazioni dei geologi sull'eta della Terra tramite la velocita di sedimentazione o di erosione appa-rivano prive di fondamento. Charles Darwin (1859), ad esempio, formula la sua stima di 300 milioni di anni sulla base della presunta velocita di erosione di una struttura geologica nella regione del Weald, nell'Inghilterra sud orientale.

    La miglior difesa della posizione dei geologi venne da Thomas Huxley (1825-1895) it quale, con geniale intuizione, avanze qualche dubbio sulle basi teoriche su cui erano fondati i calcoli dei fisici. L'osservazione di Huxley doveva presto rivelarsi veramente profetica! La scoperta della radioattivita (Henry Becquerel, 1896), e quindi di una fonte di energia fino allora ignota, porta, come immediata conseguenza, al supera-mento del modello di Kelvin, basato sull'ipotesi che tutta l'energia dell'Universo fosse di origine gravitazionale. Cadevano cosi completamente le sue valutazioni sull'eta del Sole e della Terra. Circa dieci anni dopo la scoperta della radioattivita, Ernest Ru-therford (1871-1937) arrivo alla conclusione che i processi di decadimento radioattivo potevano essere utilizzati per determinare l'eta della Terra. Pur tra dati contrastanti e polemiche inevitabili, it problema dell'eta della Terra era ormai stato indirizzato sulla strada giusta.

    Come fece osservare Arthur Holmes (1913), sia i fisici che i geologi per poter calcolare Feta della Terra dovevano ipotizzare una velocita uniforme dei processi. Questa condizione non poteva certo essere accettata ne per i fenomeni di erosione e di sedimentazione, ne per i fenomeni fisici utilizzati dagli autori, fatta pero eccezione per la radioattivita. La velocita di decadimento degli elementi radioattivi di breve

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    durata era infatti costante su tempi brevi e si poteva pertanto ipotizzare ragionevol-mente che la velocity di decadimento fosse uniforme anche per gli elementi radioattivi di lunga durata. Gia nel 1917 Joseph Barrel pubblico una prima scala cronologica del Fanerozoico.

    La lunga polemica sull'eta della Terra e sulle tappe della sua storia, che si put) estendere dalla pubblicazione dell'opera di Buffon fino ai due primi decenni del Novecento, era ormai conclusa. Da allora it problema della datazione assoluta delle rocce della Terra 6 rimasto saldamente ancorato al fenomeno della radioattivita e i ritocchi anche molto importanti sulle datazioni sarebbero stati solo una conse-guenza delle innovazioni tecniche.

    Si tratta evidentemente di una storia molto complessa, difficilmente riassumibile in modo sintetico. Due aspetti tuttavia emergono:

    1) Per la prima volta un problema di base delle scienze geologiche e della paleon-tologia porto al coinvolgimento di tutte le scienze, dalla matematica e dalla fisica alla chimica, alla biologia, all'astronomia. Il progresso delle scienze geologiche venne quindi ancorato al progresso scientifico generale.

    2) Il dibattito porta, come diretta conseguenza, ad una migliore comprensione della documentazione geologica e ad una chiara messa a punto del principio dell'uniformi-smo (Barrel, 1917) quasi 50 anni prima della riscoperta del suo significato ibrido da parte di Hooykaas (1963), Simpson (1963) e Gould (1965) (Finestra 1.1).

    1.2.8 Fossili e strati

    Nell'ultimo decennio del Settecento, al di fuori di ogni polemica scientifica, un inge-gnere inglese, William Smith (1769-1839), che con tutta probability non aveva mai letto Stenone, osservo che nei dintorni di Bath (Somerset, Inghilterra) la successione degli strati presentava sempre lo stesso ordine e che ogni successivo pacco di strati era caratterizzato da un particolare e peculiare contenuto di fossili. Per la prima volta si comprese che una successione di strati poteva essere suddivisa sulla base dei fossili. Dunque, i fossili potevano essere utilizzati per correlare, 606 per stabilire la contem-poraneity di una successione di strati che si erano formati in aree diverse (Cap. 8).

    Quasi contemporaneamente, Georges Cuvier (1769-1832) e Alexander Brongniart (1770-1847) giunsero alle stesse conclusioni (1808) sul valore stratigrafico dei fossili; le conclusioni dei due autori francesi coinvolgevano per() una tematica pia ampia che comprendeva anche it significato paleoambientale dei fossili. Lavorando sulle forma-zioni del Bacino di Parigi (Paleogene), i due autori furono in grado di dimostrare, sulla base di una interpretazione in chiave attualistica, l'esistenza di una successione di paleoambienti marini e lacustri. Poiche la transizione da un paleoambiente all'altro appariva brusca, i due autori rifiutarono it principio huttoniano di una gradualita degli eventi, In pratica, nell'opera dei due naturalisti e nel successivo modello di Cuvier edito nel 1812, la Terra era caratterizzata regionalmente da brusche variazioni am-bientali, vere e proprie rivoluzioni, a cui succedevano intervalli di stati. Proprio queste rivoluzioni avrebbero provocato i fenomeni di estinzione. Il ripopolamento sarebbe avvenuto da regioni contigue non interessate da tali eventi (invasione o ritiro delle acque marine), tramite un fenomeno di migrazione (Finestra 1.1).

    Gia nel 1801 Cuvier, sei anni dopo la sua assunzione al Museo di Scienze Naturali di Parigi, era arrivato a documentare in modo inoppugnabile it fenomeno delle estin-zioni. Per quanto la spiegazione di Ray, che ipotizzava la presenza di specie fossili

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    ancora in vita in regioni della Terra non del tutto esplorate, fosse teoricamente plau-sibile, era ormai chiaro che non era piu sufficiente. Era infatti insostenibile anche all'inizio del Settecento che, ad esempio, ci potessero essere mandrie di Mammuthus primigenius in qualche localita sperduta della Siberia o dell'Alaska o che i Glypto-donti popolassero ancora aree remote dell'America del Sud. Cuvier esamino esplici-tamente anche l'ipotesi evolutiva, cio6 della modificazione delle specie, ma optO per una successione di fenomeni di estinzione e di ripopolamento per migrazione. Le specie migrate che ripopolavano una certa regione erano quindi specie pre-esistenti e non nuove.

    La sua teoria delle rivoluzioni>>, per quanto risenta ovviamente delle conoscenze del tempo, contiene tuttavia elementi di grande interesse che riemergono anche nella letteratura moderna. Inoltre, non si pub accusare Cuvier di dogmatismo, in quanto la sua teoria era frutto di osservazioni empiriche e non di una visione aprioristica.

    Georges Cuvier a ricordato giustamente come it fondatore della Paleontologia dei vertebrati e dell'Anatomia comparata. 11 perfetto coordinamento degli organi era, per l'autore, la caratteristica essenziale degli organismi viventi: tutte le parti erano altamente integrate per ottenere un meccanismo funzionale. Ne conseguiva che nessuna parte poteva modificarsi di per se stessa indipendentemente dalle altre. Proprio questa linea di pensiero porta Cuvier ad enunciare ed applicare diretta-mente, e con grande successo nella ricerca paleontologica, it principio secondo cui qualunque animale pub essere riconosciuto attraverso una qualunque delle sue parti (fig. 1.5).

    Alcide D'Orbigny (1802-1857), allievo di Cuvier, giunse a riconoscere 27 unita stratigrafiche, indicate come piani, i cui limiti erano definiti da altrettante catastrofi seguite da altrettanti episodi di creazione. Questo modello pub apparire oggi assai ingenuo; va ricordato perb che l'opera di D'Orbigny pose le basi della moderna stratigrafia e che le suddivisioni da lui proposte corrispondono realmente a grandi

    Fig. 1.5 La ricostruzione dello scheletro del mastodonte americano ottenuta da Cuvier (1806) con l'ap-plicazione dei suoi nuovi metodi anatomici.

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    fenomeni di estinzione e ai successivi episodi di radiazione adattativa e sono tuttora utilizzate nella classificazione stratigrafica.

    Paradossalmente 6 proprio la prima vera teoria evolutiva, elaborata da Jean Baptiste Lamarck (1744-1829), collega pin anziano di Cuvier al Museo di Scienze Naturali di Parigi, che oggi ci appare dogmatica. Lamarck intui it fenomeno evolutivo tramite l'osservazione della gradualita morfologica che presentavano le specie dei molluschi, ma non produsse alcuna documentazione. L'autore insert questa sua in-tuizione in una teoria pin metafisica che scientifica e la fondO su credenze, come ad esempio quella della generazione spontanea, gia superate ai suoi tempi anche se ancora accettate acriticamente. L'evoluzione biologica 6 vista da Lamarck come un flusso continuo in cui le specie non sono reali e corrispondono ad astrazioni. In questa visione di continuo cambiamento e di miglioramento degli organismi (Cap. 4) non poteva esservi spazio per it concetto di estinzione. La polemica scientifica tra Cuvier e Lamarck non era quindi fondata sull'altemativa fissismo-evoluzionismo, ma proprio sul diverso concetto di specie e sull'esistenza stessa dei fenomeni di estinzione. Nella documentazione paleontologica del tempo non sembrava esistere traccia della sup-posta trasformazione delle specie ed inoltre i fenomeni di estinzione apparivano inconfutabili. La teoria di Lamarck, presto rifiutata dalla maggior parte dei paleon-tologi, non contribui affatto, quindi, a creare un ambiente favorevole all'accoglimento della ormai imminente teoria evolutiva darwiniana.

    Paradossalmente, furono proprio gli studi paleontologici di Cuvier e dei paleonto-logi che proseguirono le ricerche utilizzando i suoi metodi (come ad esempio Richard Owen, 1804-1892) a fomire, entro pochi decenni, le prove paleontologiche dell'evo-luzione.

    L2.9 Paleontologia e Scienze Geologiche

    All'inizio dell'Ottocento era gia evidente la possibility di utili77are i fossili per clas-sificare la successione delle rocce sedimentarie in unity e quindi la possibility di cone-lare gli strati rocciosi, che affioravano in locality anche molto distanti tra di loro ( 8.5.2). Diveniva cosi ufficialmente operativo e indiscutibile it legame tra la paleonto-logia e le scienze geologiche, anche se la spiegazione della relazione tra gli strati sedi-mentari ed it loro contenuto in fossili era ancora frutto di interpretazioni contrastanti.

    Con Cuvier si affermo per la prima volta lo studio dei caratteri anatomo-fisiologici delle specie fossili, ma tale orientamento paleobiologico rimase confinato, anche nella letteratura successiva, allo studio dei vertebrati che, d'altra parte, erano solo margi-nalmente utilizzati in stratigrafia. Un approccio paleobiologico allo studio degli in-vertebrati fossili si afferme solo dopo pit di centocinquanta anni, non prima cio6 degli anni '60 del nostro secolo. Questo ritardo nello scoprire it significato dei fossili nella loro dimensione biologica di ex vivi a semplicemente una conseguenza della man-canza, per molto tempo, di una adeguata documentazione sugli organismi attuali. E chiaro cio6 che it problema del significato autoecologico e sinecologico dei fossili (Cap. 6) non poteva essere affrontato prima di aver acquisito una certa mole di documen-tazione sui viventi. Cosi ad esempio la paleoecologia dei paleoambienti marini, come disciplina a se stante, ebbe origine solo dopo i lavori di Petersen (1913) e Thorson (1957) e anche oggi it suo progresso a strettamente dipendente dalle nuove acquisi-zioni nel campo della biologia marina. Le date di pubblicazione degli ormai classici lavori di Schafer (1964) sull'actuopaleontologia del Mare del Nord e di Stanley

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    (1970) sull'adattamento morfofunzionale dei bivalvi, concepiti per fornire una base attualistica ai lavori di paleobiologia s.1., documentano indirettamente it ritardo degli studi paleobiologici (Cap. 6).

    Per piti di centocinquanta anni gli studi paleontologici sugli invertebrati sono quindi rimasti ancorati, seppure con alcune notevoli eccezioni, ad una fase descrittivo-siste-matica che trovava la sua applicazione nella classificazione biostratigrafica delle suc-cessioni sedimentarie.

    La riscoperta dei fossili come ex vivi non ne ha certo diminuito it valore come indicatori stratigrafici, anzi ha permesso di migliorare i metodi e le interpretazioni stratigrafiche.

    FINESTRA 1.1 UNIFORMISMO E CATASTROFISMO L'enunciazione dell'uniformismo da parte di James Hutton fu profondamente in-

    novativa, in quanto svincolava la ricerca geologica da ipotesi soprannaturali o fanta-siose ed eliminava la dicotomia, allora imperante, tra presente e passato. Essa poneva inoltre in modo evidente it problema dell'eta della Terra; se la sua morfologia, le sue montagne, le sue valli erano it risultato dei processi che oggi vediamo in azione, la sua eta doveva evidentemente essere antichissima.

    Il principio dell'uniformismo era gia stato enunciato nel 1750 da Buffon (anche se non faceva parte di un modello organico) ed era stato applicato praticamente da Leonardo e, almeno in parte, da Stenone e molti altri autori. Solo con Hutton diven-ne pero it fondamento indiscusso delle Scienze Geologiche. Lye11 fu it piu autorevole sostenitore della geologia huttoniana, ma it suo concetto di uniformismo si attesto su posizioni molto piu rigide (e criticabili) di quelle di Hutton. Seguendo l'analisi critica di Stephen Gould (1965, 1984) che riprende le osservazioni di numerosi altri autori, anche del secolo scorso, l'uniformismo di Lye11 contiene 4 diverse nozioni di unifor-mita:

    a) l'uniformita delle leggi della natura nel tempo e nello spazio; b) l'uniformita dei processi geologici; c) l'uniformita della velocita dei processi; d) l'uniformita delle condizioni. Il punto a esprime un'asserzione metodologica aprioristica e non dimostrabile, ma

    inevitabile. In