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dtm Consiglio di Stato Adunanza della Sezione Seconda 25 luglio 2008 N. Sezione 200802361 La Sezione _______________ OGGETTO: MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI – Richiesta di parere in merito all’applicazione di talune disposizioni della legge n. 244 del 24.12.2007 (legge finanziaria 2008) alle Autorità portuali. Vista la relazione pervenuta in data 2 luglio 2008, con cui il Ministero ha chiesto il parere facoltativo del Consiglio di Stato sull’applicabilità di talune disposizioni della legge n. 24472007 alle Autorità portuali. Visti allegati alla predetta relazione; Udito il relatore consigliere Armando Pozzi; PREMESSO: Riferisce il Ministero che con propria circolare del 01.02.2008, sono state segnalate, tra le altre, le disposizioni di cui all’art. 2 della legge finanziaria 2008 commi 589-591 (obbligo di utilizzare i servizi di fonia VOIP e di far uso della posta elettronica in misura superiore al 50% del totale della corrispondenza), commi 594- 599 (adozione dei piani triennali di razionalizzazione nell’utilizzo di dotazioni strumentali, autovetture e beni immobili), commi 618 e seguenti (limiti di spesa sugli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati); quelle di cui

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Parere Consiglio di Stato su natura giuridica e funzioni delle Autorità Portuali

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Consiglio di Stato

Adunanza della Sezione Seconda 25 luglio 2008

N. Sezione 200802361 La Sezione _______________

OGGETTO: MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI – Richiesta di parere in merito all’applicazione di talune disposizioni della legge n. 244 del 24.12.2007 (legge finanziaria 2008) alle Autorità portuali.

Vista la relazione pervenuta in data

2 luglio 2008, con cui il Ministero ha

chiesto il parere facoltativo del

Consiglio di Stato sull’applicabilità di

talune disposizioni della legge n. 24472007 alle Autorità portuali.

Visti allegati alla predetta relazione;

Udito il relatore consigliere Armando Pozzi;

PREMESSO:

Riferisce il Ministero che con propria circolare del 01.02.2008, sono state

segnalate, tra le altre, le disposizioni di cui all’art. 2 della legge finanziaria 2008

commi 589-591 (obbligo di utilizzare i servizi di fonia VOIP e di far uso della posta

elettronica in misura superiore al 50% del totale della corrispondenza), commi 594-

599 (adozione dei piani triennali di razionalizzazione nell’utilizzo di dotazioni

strumentali, autovetture e beni immobili), commi 618 e seguenti (limiti di spesa sugli

oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati); quelle di cui

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all’art. 3, comma 27 e seguenti (divieto di costituzione di società aventi per oggetto

attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento

delle finalità istituzionali), ed infine quelle di cui al comma 59 (nullità dei contratti di

assicurazione in favore degli amministratori di Enti pubblici per rischi derivanti

dall’espletamento dei compiti istituzionali).

Delle riportate disposizioni alcune individuano tra i propri destinatari gli Enti

pubblici non economici nazionali, altre gli Enti ed organismi pubblici inseriti nel

contro economico consolidato della pubblica amministrazione, ed altre ancora le

Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,

n. 165.

L’Associazione Porti Italiani (Assoporti), con nota dell’8 febbraio 2008 ha

contestato l’interpretazione fornita dal Ministero con particolare riferimento a quelle

che rinviano all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo.

In via di principio, ancorché talune delle disposizioni siano riferite a pubbliche

amministrazioni o ad Enti pubblici, tra le quali, per espressa ammissione della stessa

associazione vi rientrano le Autorità portuali, la specialità della legge n. 84/1994,

(riordino della legislazione in materia portuale), nonché la peculiarità ed autonomia

delle Autorità, comporterebbe la disapplicazione a detti enti delle disposizioni della

legge finanziaria in parola.

Più in particolare, le disposizioni che individuano le amministrazioni pubbliche

destinatarie mediante il rinvio all’art. 1, comma 2, D.L.vo n. 165/2001, non si

potrebbero applicare alle Autorità “giusto art. 6, comma 2, l. n. 84/94”.

Con specifico riferimento al divieto al divieto di costituzione di società aventi

per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al

conseguimento delle finalità istituzionali (commi 27 e seguenti dell’art. 3 della legge

finanziaria).

Assaporti, con nota del 7 aprile 2008, nel reiterare le considerazioni già svolte,

riconferma “la possibilità espressamente prevista per la A.P. (art. 6, comma 6,

L. 28.01.1994, n. 84) di costituire e partecipare a società esercenti attività accessorie o

strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati alle A.P. medesime anche ai fini

della promozione e dello sviluppo dell’intermodalità della logistica e delle reti

trasportistiche; conseguentemente l’impossibilità di caducare o mettere in discussione

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tale specifica previsione sulla base di un’interpretazione che mal si attaglia alle

specificità della A.P., quindi la molteplicità delle funzioni delle A.P. che possono

essere talora meglio perseguite avvalendosi dell’ausilio di strumenti societari (es. la

promozione, il marketing dei trasporti e della logistica, ecc).

CONSIDERATO

1 - Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la relazione indicata in

premessa pone a questo Consiglio il seguente quesito: se talune disposizioni contenute nella

legge finanziaria dell’anno 2008 (legge n. 244/2007), finalizzate al “contenimento della

spesa pubblica”, siano o meno applicabili alle Autorità portuali.

Per rispondere al quesito occorre anzitutto individuare quali siano le disposizioni

della citata legge 24-12-2007, n. 244, recante, come detto, disposizioni per la formazione

del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), come individuate

nella relazione ministeriale, non senza rilevare, preliminarmente che il Legislatore della

finanziaria di rado legifera in base a criteri di sistematicità, coerenza, ponderatezza e rispetto

dei principi, ma affida le proprie scelte ad esigenze ed opzioni di varia natura e comunque

sempre dettati dalla consapevolezza che la legge finanziaria è l’unica fonte di diritto

oggettivo che ha la certezza di essere approvata in tempi assolutamente certi e brevi. Quindi,

anche le scelte di politica finanziaria ispirate al contenimento della spessa pubblica, in

quanto frutto di questa necessità policentrica e trasversale, non sono né univoche, né chiare,

né sistematiche.

Questo spiega il sorgere di legittimi dubbi interpretativi, come quelli sollevati dal

Ministero riferente.

La tematica si incentra prevalentemente sull’articolo 2, contenente un cospicuo e

variegato insieme di disposizioni riguardanti ben ventisei “ missioni”, che, al di là di

linguaggi usati, null’altro sono che le materie fatte oggetto di disciplina legislativa.

2 – Un primo gruppo di disposizioni è costituito dall’art. 2, commi 589-591.

In particolare, il comma 589 impone al Centro nazionale per l’informatica nella

pubblica amministrazione (CNIPA) di effettuare, anche a campione, “azioni di

monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 47 del codice

dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ( secondo

cui le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono di norma

mediante l'utilizzo della posta elettronica e sono valide ai fini del procedimento

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amministrativo nel rispetto di requisiti tecnici indicati dallo stesso articolo 47, n.d.r. ), e

successive modificazioni, nonché delle disposizioni in materia di posta elettronica

certificata. Il mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50 per

cento del totale della corrispondenza inviata, certificato dal CNIPA, comporta, per le

pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello

Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, la

riduzione, nell’esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate

nell’anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea” ( la disposizione è

stata, in sostanza, ripresa nelle sue finalità dal recente d.l. n,. 112 del 2008, all’articolo 27,

rubricato icasticamente “ Taglia-carta”).

3 - Un secondo gruppo di norme si focalizza intorno all’articolo 2, comma 594.

Secondo tale comma “ Ai fini del contenimento delle spese di funzionamento delle

proprie strutture, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottano piani triennali per l’individuazione di misure

finalizzate alla razionalizzazione dell’utilizzo: a) delle dotazioni strumentali, anche

informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell’automazione d’ufficio; b) delle

autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi

di trasporto, anche cumulativo; c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con

esclusione dei beni infrastrutturali”.

La norma è seguita da una serie di disposizioni di natura esecutiva o complementare,

tra cui : il comma 597, per il quale “ A consuntivo annuale, le amministrazioni trasmettono

una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti

competente” ed il comma 598, secondo il quale “ I piani triennali di cui al comma 594 sono

resi pubblici con le modalità previste dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, e dall’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al citato

decreto legislativo n. 82 del 2005”.

4 - Un terzo insieme di previsioni legislative dell’articolo 2 della legge finanziaria

2008 è quello originato dal comma 618, secondo il quale “Le spese annue di manutenzione

ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e

periferiche dello Stato non possono superare, per l’anno 2008, la misura dell’1,5 per cento

e, a decorrere dal 2009, la misura del 3 per cento del valore dell’immobile utilizzato. Detto

limite di spesa è ridotto all’1 per cento nel caso di esecuzione di interventi di sola

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manutenzione ordinaria. Per gli immobili in locazione passiva, è ammessa la sola

manutenzione ordinaria nella misura massima dell’1 per cento del valore dell’immobile

utilizzato. Dall’attuazione del presente comma devono conseguire economie di spesa, in

termini di indebitamento netto, non inferiori a euro 650 milioni per l’anno 2008, 465

milioni per l’anno 2009 e 475 milioni a decorrere dall’anno 2010”.

Nell’ambito di tale gruppo sembrerebbe – secondo quanto esposto

dall’amministrazione - assumere rilevanza anche la disposizione del comma 623, a tenore

del quale “ A decorrere dall’anno 2008 gli enti ed organismi pubblici inseriti nel conto

economico consolidato della pubblica amministrazione individuati dall’ISTAT ai sensi

dell’articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione degli enti

territoriali e locali e degli enti da essi vigilati, delle aziende sanitarie ed ospedaliere,

nonché degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, si adeguano ai princìpi di cui

ai commi da 615 a 626, riducendo le proprie spese di manutenzione ordinaria e

straordinaria in modo tale da rispettare i limiti previsti ai commi da 615 a 626. L’eventuale

differenza tra l’importo delle predette spese relative all’anno 2007 e l’importo delle stesse

rideterminato a partire dal 2008 secondo i criteri di cui ai commi da 615 a 626, è versata

annualmente all’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno. Gli organi interni di

revisione e di controllo vigilano sull’applicazione del presente comma”.

5 – Infine, il problema posto dal Ministero si estende anche alle previsioni

dell’articolo 3, comma 27, della stessa legge finanziaria 2008, per il quale “ Al fine di

tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per

oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il

perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o

indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”.

Il divieto di costituzione di società commerciali o partecipazione in esse contenuto

nella legge finanziaria non è dunque assoluto, ammettendo il legislatore tale capacità di

diritto privato per le società “ strettamente” strumentali al perseguimento delle finalità

istituzionali dell’ente. A tal proposito, infatti, lo stesso articolo ammette che “ È sempre

ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e

l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui

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all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei

rispettivi livelli di competenza “.

In sintesi, l’art. 3, comma 27, prefigura un modello di “ in house providing “, purché,

evidentemente, vengano rispettati i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in

materia, implicanti, come noto, che la società di gestione sia priva di una propria autonomia

e capacità imprenditoriale e di capacità decisionale distinte da quelle della pubblica

amministrazione, di cui costituisce null’altro che un plesso organizzatorio, secondo le

formule dottrinarie e giurisprudenziali della “ delegazione interorganica” o della “

autoproduzione di servizio pubblico”.

6 - Iniziando dalle previsioni normative indicate sub par. 4, è di palmare evidenza ( e

non si comprende pertanto il motivo del quesito ) che il comma 618 dell’articolo 2 ivi

riportato non può trovare applicazione alle Autorità portuali, tenuto conto che la norma, per

sua espressa ed inequivoca disposizione, si applica esclusivamente alle “amministrazioni

centrali e periferiche dello Stato”, quali non sono certamente le Autorità in parola, per

stessa ammissione dell’amministrazione riferente qualificabili quali “enti pubblici non

nazionali”( si vedrà, poi, se economici o non ) .

Alle Autorità in questione si applica, invece, il disposto del successivo comma 623,

tenuto conto che ai sensi dell’art. 5 della legge 30-12-2004, n. 311 (legge finanziaria 2005)

per assicurare “il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di

Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle

relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle

amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno

2005 nell'elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall'Istituto

nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento

rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla

Relazione previsionale e programmatica “.

Il richiamato allegato 1 della legge n. 311, dopo Regioni, Province, comuni e città

metropolitane, unioni di comuni e consorzi di funzione di comuni, ASL, Enti per il turismo,

ecc., indica espressamente anche le Autorità portuali. La stessa collocazione viene

mantenuta nei successivi provvedimenti dell’ISTAT, in cui le medesime Autorità

continuano ad essere annoverate tra le “ Amministrazioni locali”.

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7 - Per quanto concerne, poi, le altre disposizioni della legge finanziaria sopra

ricordate, le quali fanno riferimento alle “amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2,

del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “, occorre procedere all’esposizione del

quadro normativo e giurisprudenziale che disciplina le Autorità portuali.

La norma istitutiva di tali Autorità è contenuta, come noto, nella legge 28-1-1994,

n. 84, di riordino della legislazione in materia portuale.

Si tratta, detto incidentalmente, di una legge – come più volte sottolineato anche in

dottrina – nata nel segno della privatizzazione, trasformazioni in società essendo state

previste nell'ambito del riordino della legislazione in materia portuale; riordino anch'esso

piuttosto travagliato, avendo dato luogo - fra l'ottobre del '92 e il dicembre del '96 - a una

quindicina di decreti-legge non convertiti e a due interventi legislativi.

In particolare, con la legge n. 84 è stata prevista la trasformazione in società lucrative

o in società cooperative da un lato delle organizzazioni portuali, già enti di diritto pubblico

costituiti come consorzi obbligatori o come enti autonomi associativi ( art. 20 ), dall'altro

delle compagnie e dei gruppi portuali, già enti aventi personalità giuridica di diritto privato)

( art. 21 ). Ma ciò, come meglio si spiegherà in prosieguo, non vuol certo dire che il

legislatore abbia intesa provvedere ad una scissione tra soggetti privatizzati secondo le

regole del libro V del codice civile da un lato ed enti rimasti attratti nell’area delle

pubbliche amministrazioni in senso proprio.

L’articolo 6 della legge n. 84/1994, rubricato appunto “ Autorità portuale “, ha

disposto che “nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova,

La Spezia, Livorno, Manfredonia ( successivamente soppressa dal D.P.R. 12 ottobre 2007

per scarsità di traffico marittimo, n.d.r. ), Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo,

Ravenna, Savona, Taranto, Trieste e Venezia è istituita l'autorità portuale con i seguenti

compiti, in conformità agli obiettivi di cui all'articolo 1 ( norma in gran parte tautologica e

quindi scarsamente significativa):

a) indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni

portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali

esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento

alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di

igiene del lavoro in attuazione dell'articolo 24 ;

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b) manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi

compresa quella per il mantenimento dei fondali, previa convenzione con il Ministero dei

lavori pubblici che preveda l'utilizzazione dei fondi all'uopo disponibili sullo stato di

previsione della medesima amministrazione;

c) affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti

portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle

operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, individuati con decreto del Ministro dei

trasporti e della navigazione, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore

della presente legge”.

Fissate così le competenze generali delle Autorità con il primo comma, il comma

successivo ne qualifica la natura stabilendo che “ L'autorità portuale ha personalità

giuridica di diritto pubblico “, senza ulteriori qualificazioni, dotata di autonomia di bilancio

e finanziaria nei limiti previsti dalla legge e di autonomia amministrativa salva la potestà

ministeriale di vigilanza disposta dall'articolo 12.

Precisa ancora lo stesso comma – con previsione non insignificante sul piano

ermeneutico complessivo – che alle Autorità “ non si applicano le disposizioni di cui alla

L. 20 marzo 1975, n. 70 ( riferita esclusivamente agli enti pubblici non economici, tanto che

l’articolo 1, comma 2, disponeva la non applicabilità della legge agli “ enti pubblici

economici “, n.d.r. ) , e successive modificazioni, nonché le disposizioni di cui al decreto

legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta

eccezione per quanto specificamente previsto dal comma 2 dell'art. 23 della presente legge”

( relativo al trattamento del personale delle trasformate organizzazioni portuali, di cui si

dirà tra poco ).

8 - Per quanto concerne la gestione patrimoniale e finanziaria dell'autorità portuale,

essa è affidata ad un regolamento di contabilità approvato dal Ministro, di concerto con

quello del tesoro. Il conto consuntivo delle autorità portuali è allegato allo stato di

previsione del Ministero dei trasporti e della navigazione per l'esercizio successivo a quello

nel quale il medesimo è approvato.

Inoltre, il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei

conti ( comma 4) . A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 9, comma 3, lett. d) il bilancio

preventivo è “obbligatoriamente in pareggio o in avanzo”.

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E’ bene chiarire che, da un lato, nessuna delle attività di cui al comma 1, lettere b) e

c), è gestita direttamente dall’autorità, in quanto esse sono affidate in concessione dalla

stessa autorità portuale, mediante gara pubblica ( comma 5 ).

Conseguentemente, le autorità non possono esercitare, “né direttamente né tramite

la partecipazione di (rectius: in ) società”, operazioni portuali ed attività ad esse

strettamente connesse.

D’altro canto tuttavia, al contempo esse “ possono costituire ovvero partecipare a

società esercenti attività accessorie o strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati

alle autorità medesime, anche ai fini della promozione e dello sviluppo dell'intermodalità,

della logistica e delle reti trasportistiche “.

Il successivo comma 8, a sua volta, collega l’istituzione di nuove autorità ( e

correlativamente il comma 10 la loro soppressione ) a precisi criteri commerciali,

disponendo che “ Nei limiti delle disponibilità finanziarie di cui all'articolo 13, decorsi tre

anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della

Repubblica, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione ( anche su richiesta

di regioni, comuni o camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura come prevede

il comma 9, n.d.r. ), ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400 , possono essere istituite

ulteriori autorità in porti di categoria II, classi I e II, non compresi tra quelli di cui al

comma 1, che nell'ultimo triennio abbiano registrato un volume di traffico di merci non

inferiore a tre milioni di tonnellate annue al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide o a

200.000 Twenty Feet Equivalent Unit (TEU). A decorrere dal 1° gennaio 1995 può essere

disposta l'istituzione, previa verifica dei requisiti, di autorità portuali nei porti di Olbia,

Piombino e Salerno).

9 - Relativamente, poi, alle risorse finanziarie delle autorità portuali, l’articolo 13

ne individua le entrate nelle seguenti voci: a) canoni di concessione delle aree demaniali e

delle banchine comprese nell'ambito portuale, e delle aree demaniali comprese nelle

circoscrizioni territoriali nonché “dai proventi di autorizzazioni per operazioni portuali di

cui all'articolo 16”, con esclusione di determinare canoni di concessione demaniale

marittima per scopi turistico-ricreativi, fatta eccezione per i canoni di concessione di aree

destinate a porti turistici, in misura più elevata di quanto stabilito dalle autorità marittime

per aree contigue e concesse allo stesso fine; b) eventuali proventi derivanti dalle cessioni

di impianti di cui all'articolo 18, comma 1, lettere a) e b); c) gettito delle tasse sulle merci

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sbarcate ed imbarcate di cui al capo III del titolo II della legge 9 febbraio 1963, n. 82 , e

all'articolo 1 della legge 5 maggio 1976, n. 355 e successive modificazioni e integrazioni;

d) contributi delle regioni, degli enti locali e di altri enti ed organismi pubblici; e) da

entrate diverse.

Quindi, il finanziamento delle autorità deriva prevalentemente da entrate proprie,

rispetto alle quali i contributi pubblici – almeno nell’assetto normativo e senza conoscere le

concrete realtà contabili delle varie autorità che il Ministero avrebbe potuto trasmettere

insieme alle apprezzate considerazioni dell’Ufficio legislativo a ciò appositamente istituito –

rappresentano o dovrebbero rappresentare una parte non preponderante.

D’altra parte, le finalità di alleggerire la finanza pubblica delle spese di

funzionamento delle attività portuali perseguite dalla legge del 1994 emergono dal comma 2

dello stesso articolo 13, a tenore del quale “ Dal 1° gennaio 1994 cessano di essere erogati

i contributi alle organizzazioni portuali previsti dalle rispettive leggi istitutive, nonché gli

stanziamenti per le spese per l'installazione e l'acquisto di impianti portuali nei porti di

Ancona, Cagliari, La Spezia, Livorno e Messina”.

Quindi le autorità portuali hanno entrate prevalentemente proprie, per la cui

riscossione, tuttavia, possono avvalersi, della procedura ingiuntiva di cui al regio decreto 14

aprile 1910, n. 639.

Ciò trova ulteriore conferma nelle disposizioni dell’art. 28 della legge n. 84, relativo

alla copertura finanziaria, secondo il quale il gettito di alcune delle tasse ivi indicate

affluiscono al bilancio dello Stato soltanto “ per i porti ove non è istituita l'autorità

portuale“.

10 - Per ciò che concerne i rapporti di lavoro rilevano, sul piano delle fonti di

cognizione, non tanto le previsioni dell’articolo 23 (Disposizioni in materia di personale)

che riguarda gli aspetti sostanziali parziali del passaggio del personale delle organizzazioni

portuali alle dipendenze delle autorità portuali, in continuità di rapporto di lavoro, al quale si

applicano gli istituti della mobilità collettiva “ secondo le procedure di cui agli articoli 32,

33, 34 e 35 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni e

integrazioni, al fine di colmare le eventuali vacanze in organico che si possono determinare

in altre autorità portuali”; rilevanti sono, piuttosto, le disposizioni dell’articolo 10, sulle

competenze del Segretariato generale.

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Il comma 6 della norma, infatti, stabilisce – con ciò ripetendo la formula dell’articolo

2 del d. lgs. n. 29/1993 - che “ Il rapporto di lavoro del personale delle autorità portuali è

di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del codice civile libro V - titolo I - capi

II e III, titolo II - capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa”.

Subito dopo la stessa norma aggiunge che “Il suddetto rapporto è regolato da

contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del

Ministro dei trasporti e della navigazione, che dovranno tener conto anche della

compatibilità con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio; detti contratti sono

stipulati dall'associazione rappresentativa delle Autorità portuali per la parte datoriale e

dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative del personale delle

Autorità portuali per la parte sindacale “.

11 - Per concludere la breve ( e necessariamente incompleta per ragioni di

economicità ) rassegna normativa, non pare inutile alla Sezione ricordare i compiti

dell’organo collegiale di governo delle autorità in questione, il comitato portuale, come

enunciati nell’articolo 9 della legge n. 84/1994.

Il predetto comitato, nel quale sono presenti, oltre alle amministrazioni interessate,

anche i rappresentanti delle numerose categorie economiche coinvolte in tutte le operazioni

e i servizi portuali indicati nell’articolo 16, svolge, tra gli altri, i seguenti compiti, elencati

qui di seguito per saltum sulla base dell’elencazione per lettere della norma: a) approvare,

entro novanta giorni dal suo insediamento, su proposta del presidente, il “ piano operativo

triennale “, soggetto a revisione annuale, concernente le “ strategie di sviluppo delle attività

portuali e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati “; c) approvare la

relazione annuale sulla “attività promozionale, organizzativa ed operativa del porto, sulla

gestione dei servizi di interesse generale e sulla manutenzione delle parti comuni nell'ambito

portuale, nonché sull'amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo ricadenti

nella circoscrizione territoriale dell'autorità portuale” ; d) approvare il bilancio preventivo, il

quale, come già detto, è “obbligatoriamente in pareggio o in avanzo”, le note di variazione e

il conto consuntivo; e), f) g) deliberare in ordine alle concessioni ed alle autorizzazioni,

determinando l'ammontare dei relativi canoni, nel rispetto delle disposizioni contenute nei

decreti del Ministro dei trasporti e della navigazione di cui, rispettivamente, all'articolo 16,

comma 4, e all'articolo 18, commi 1 e 3.

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12 - Da quanto sinteticamente riportato emerge una figura di “pubblica

amministrazione” complessa ed ibrida, certamente non riconducibile tout court a quella

tradizionale dell’imprenditore pubblico, cioè a quella di una struttura avente caratteristiche

tali da consentirne, in via di immediata ed agevole interpretazione, la definizione in termini

di impresa, riconducibile alla nozione classica dell’ente pubblico economico, inteso,

almeno nell’accezione tradizionale ancora diffusa nella giurisprudenza, come soggetto di

diritto pubblico ma operante mediante una “struttura imprenditoriale e con criteri di gestione

a carattere economico in settori ( come, ad esempio, quello del credito ) per il

perseguimento di finalità di ordine generale, agendo come un privato imprenditore posto su

piano paritetico con i soggetti con cui viene in relazione ( Cass. civ., sez. un., 17 aprile

2007 , n. 9095 ).

Tuttavia, neppure può affermarsi che le autorità portuali siano pubbliche

amministrazioni in senso propriamente soggettivo ed oggettivo, in quanto dotate

esclusivamente di poteri pubblicistici di regolazione o erogazione di servizi ed attività “

amministrative “, per soddisfare interessi di natura generale di carattere non industriale né

commerciale, secondo la terminologia comunitaria riferita agli organismi di diritto pubblico:

organismi tra i quali le autorità in parola certamente rientrano, ma al pari di altri

imprenditori pubblici formalmente privatizzati ( Ente Poste, IPZS, ecc.) .

Anche se le autorità in parola non sono formalmente organizzate e se non funzionano

come un’impresa privata, tuttavia esse sono state create, al pari degli enti pubblici

economici, per intervenire con poteri di varia natura ma non esclusivamente pubblicistici ed

autoritativi, in un settore portante dell’economia nazionale, costituito dai traffici

commerciali marittimi. L’interesse pubblico sotteso alla creazione di questi enti è quello,

prettamente economico e non sociale, di assicurare ed incrementare il corretto, ordinato ed

efficiente svolgimento e sviluppo del commercio via mare, senza più gravare sulle finanze

pubbliche e comunque nel quadro di una gestione tendenzialmente autosufficiente, fondata

– come è stato detto per gli enti pubblici economici – sul prodotto della gestione dell’ente.

In sostanza, si tratta di un soggetto che persegue certamente anche il soddisfacimento

di “ bisogni di natura industriale e commerciale”, quale indicati nell’articolo 6 sub par. 7 del

presente parere: indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle

operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed

industriali esercitate nei porti, manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni

Page 13: Parere consiglio di stato su ruolo autorità portuali

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nell'ambito portuale, affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo

oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente

connessi alle operazioni portuali.

E,’ dunque, un soggetto che, seppure non in possesso dei requisiti formali classici

dell’ente pubblico economico ( agire per fini di lucro, perseguire finalità esclusivamente

economiche, cioè operare con criteri di economicità, essere sottoposti alle procedure

concorsuali speciali, ecc. ) ha tuttavia una forte connotazione economica che in molte parti

non si discosta da quella degli enti pubblici economici ( anche le Autorità portuali, ad

esempio, subiscono gli effetti estintivi indotti da cattive politiche di mercato, al pari

dell’ente sottoposto a liquidazione coatta ) e che non si esaurisce soltanto nella “ disciplina

di settore” o nel “ coordinamento “, per usare le antiche formule che un grande maestro

usava per designare lo sviluppo funzionale degli enti ausiliari di servizi ( Banca d’Italia, IRI,

ENI, EFIM, ecc. ) , ma si risolve nella concreta ingerenza in attività prettamente industriali

e commerciali, anche se operata indirettamente attraverso gli strumenti di diritto pubblico

della concessione ( ad esempio dei servizi di interesse generale nei porti da fornire a titolo

oneroso all'utenza portuale, secondo la disciplina del D.M. 14-11-1994 ), dell’appalto

pubblico ( per la manutenzione ed esecuzione delle opere portuali ), dell’autorizzazione al

compimento delle operazioni portuali di carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento

delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale, ovvero dei servizi portuali

costituiti da prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni

portuali.

La natura di ente economico posseduto dalle autorità in questione appare, poi, data

per presupposta o implicita nella stessa legge n. 84/1994, laddove si procede ad una

classificazione dei porti sulla base della loro “ rilevanza economica” ed in relazione ad una

serie di parametri anch’essi esclusivamente economici quali: entità del traffico e delle

rispettive componenti, capacità operativa degli scali, livello ed efficienza dei servizi di

collegamento con l'entroterra (cfr. art. 4 ).

13 - Il porto è dunque visto, nell’ottica del legislatore del 1994 e nella concreta

esperienza di applicazione di quella legislazione, non più come un semplice punto di

approdo, ma un centro di vasti e complessi interessi industriali e commerciali che

travalicano l’ambito portuale per coinvolgere il vasto entroterra regionale con interventi

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logistici, trasportistici, infrastrutturali non solo controllati ma anche direttamente gestiti,

con strumenti di diritto pubblico e privato, dell’autorità portuale.

Tant’è che, come ha pure rilevato la Corte costituzionale, il Presidente dell’autorità è

posto “al vertice di una complessa organizzazione” nella quale sono coinvolti, anzitutto in

quanto soggetti al suo coordinamento, non solo organismi di diritto privato ( società

industriali e commerciali, cooperative, imprenditori individuali ed operatori economici di

vari settori ) ma anche organi schiettamente statali (presiede, tra l’altro, il comitato portuale

del quale fanno parte il comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri delle

finanze e dei lavori pubblici, un dirigente dei servizi doganali ed uno dell’ufficio speciale

del genio civile), e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere inventivo,

propulsivo, innovativo “perché il porto assolva alla sua funzione (di rilevanza internazionale

o nazionale, secondo la classe di appartenenza), comunque interessante l’economia

nazionale” ( cfr. C. Cost., n. 378/2005, relativa alla spettanza e alle modalità di esercizio del

potere di nomina del Presidente dell’Autorità portuale, sub punto 5 della motivazione in

diritto) .

Indice ulteriore di questa indubbia natura economica posseduta dalle Autorità è nella

qualità esclusivamente tecnico - professionale - manageriale e non burocratica dell’organo

monocratico di vertice, scelto necessariamente fra esperti di massima e comprovata

qualificazione professionale nei settori “dell'economia dei trasporti e portuale” ( articolo 8

); nonché nella composizione dell’organo collegiale di gestione e governo, in cui la

rappresentanza burocratica è minoritaria rispetto a quella dei settori produttivi ( 12 contro

otto ).

In definitiva, le Autorità portuali non appaiono molto dissimili – al di là della loro

frammentazione in tante persone giuridiche quanti sono i porti di maggiore rilevanza -

dall’Enav, ente di diritto pubblico economico succeduto all'Azienda autonoma di assistenza

al volo per il traffico aereo generale - tale espressamente qualificato dalla legge 21-12-

1996 n. 665, e tale costantemente considerato dalla Cassazione civile (sez. lav.,

12 settembre 2007 , n. 19108; id., sez. un., 29 ottobre 2004 , n. 20959) - il quale fornisce i

servizi di assistenza al volo in tutti gli spazi aerei di pertinenza italiani.

Né di ostacolo a configurare le Autorità in questione come soggetti economici

possono valere le disposizioni della legge 5-8-1978, n. 468, di riforma di alcune norme di

contabilità generale dello Stato in materia di bilancio, che, nell’ambito dei conti della

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finanza pubblica, ha dettato ( art. 25 ) principi di normalizzazione dei conti degli enti

pubblici, ricomprendendovi anche quelli economici. Si tratta infatti di norme che, per

finalità, oggetto e destinatari non alterano né si riflettono sulla distinzione ancora

significante nel nostro ordinamento – al di là dell’accorpante e perciò poco significativa

qualifica comunitaria di organismo di diritto pubblico che è lo strumento per assicurare il

principio comunitario di concorrenza e libera circolazione - tra enti pubblici economici e

non.

14 - Al termine di questo stringato excursus, pare alla Sezione di poter concludere

che le autorità portuali non possano annoverarsi tra le amministrazioni statali cui fa

riferimento l’articolo 1, comma 2, del d. lgs. n. 29/1993 ( oggi n. 165 del 2001 ), il quale vi

ricomprende, tra gli altri, “tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali”.

Oltre alle considerazioni sopra svolte, militano in questo senso le significative

disposizioni dell’articolo 6 della legge n. 84, il quale, come già detto, impone che alle

predette Autorità “ non si applicano le disposizioni di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 , e

successive modificazioni, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio

1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta eccezione per quanto

specificamente previsto dal comma 2 dell'art. 23 della presente legge” .

Quanto alla prima esclusione, essa già di per sé è indicativa della volontà del

legislatore di sottrarre gli enti in questione dal novero del c.d. parastato, in quanto la legge

del 1975 era espressamente riferita agli enti pubblici non economici, tanto che l’articolo 1,

comma 2, disponeva la non applicabilità della legge stessa agli “ enti pubblici economici “.

Quanto alla seconda esclusione, essa non è limitata per esclusiva ragione di materia –

come prospetta la relazione ministeriale – cioè alla sola materia lavoristica, sicché in tale

esclusione non sarebbe ricompresa alcuna finalità genericamente qualificatoria disposta a

fini diversi da quello della disciplina del rapporto di lavoro.

In disparte la singolarità di un processo ermeneutico che, nell’ambito di una

disposizione derogatoria generale ed onnicomprensiva, intenda procedere a distinzioni a

loro volta derogatorie o ad excludendum, va ricordato, in via generale, che il d. lgs. n.

29/1993 ha inteso privatizzare il rapporto di pubblico impiego con amministrazioni

pubbliche in senso soggettivo ed oggettivo, in tal modo dissociando la natura pubblicistica

del datore di lavoro da quella privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti,

dissociazione che non si è espansa alle c.d. amministrazioni c.d. di “ potenza” erogatrici,

Page 16: Parere consiglio di stato su ruolo autorità portuali

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cioè, di servizi fondamentali per la vita dello Stato- apparato ( difesa, giustizia, ordine

pubblico, rapporti internazionali ). Per gli altri soggetti pubblici che non sono

amministrazioni pubbliche il decreto 29 ( poi 165 ) o non si applica ontologicamente,

perché, stante la natura economica del soggetto datore di lavoro, il rapporto di impiego già

era sottoposto alle regole sostanziali e processuali del diritto del lavoro privato: art. 2093

cod. civ.; ovvero non si applica perché il rapporto già era privatizzato secondo la disciplina

previgente ( cfr. oggi art. 3, ultima parte d.lgs. n. 165 ); ovvero, ancora, perché, pur essendo

amministrazioni pubbliche in senso proprio , non sono ricomprese nell’art. 1, comma 2, in

quanto caratterizzate da tali profili di specialità da non consentire una contrattualizzazione

secondo gli schemi e procedimenti generali del decreto 29, ma pur sempre rispondenti a

schemi contrattuali contaminati da profili di pubblicità analoghi a quelli registrati nel

procedimento di contrattazione per comparti affidato all’ARAN (cfr. art. 70, comma 4,

d.lgs. n. 165 ).

Ritiene la Sezione che i motivi dell’esclusione dell’applicazione del decreto 29/1993

vada ricercata non certo nella natura di amministrazione “forte”, dell’autorità portuale, né

nella natura di amministrazione pubblica speciale ( come sembra adombrare Assoporti nelle

sue osservazioni ) sottoposta ad un regime di contrattazione diverso ma omologo a quello

per comparti; bensì nella natura di soggetto pubblico di natura differenziata e diversa dalle

amministrazioni “ vere ed intere”, in quanto sostanzialmente economica, posseduta da tali

enti, perciò sottoposti ad un procedimento di contrattazione più vicino a quello degli enti

pubblici economici .

15 - Un conforto alle tesi della Sezione si rinviene nella significativa e nettamente

prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione, alla luce della quale appare quanto

meno sorprendente l’affermazione riportata nella relazione ministeriale, secondo la quale “

non vi si alcuna ragione di dubbio circa la natura giuridica di dette Autorità portuali” in

termini di Enti pubblici non economici”.

Secondo quanto evidenziato più volte dalla Suprema Corte conformemente alle già

esposte considerazioni, è vero, tutto al contrario, che la legge n. 84 del 1994 - che ha

istituito, come detto, nei porti indicati nel primo comma dell'art. 1 le Autorità portuali,

stabilendo che tali organismi "subentrano" alle organizzazioni portuali nella proprietà e nel

possesso dei beni e in tutti i rapporti in corso (art. 20, quinto comma, come modificato

dall'art. 2, diciannovesimo comma del D.L. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito in legge

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23 dicembre 1996, n. 647) - dopo avere disposto che "l'Autorità portuale ha personalità

giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia di bilancio e finanziaria" (art. 6,

secondo comma), ha disposto nel terzo comma dell'art. 10 che il segretario generale (che è

un organo dell'Autorità: v. l'art. 7 lett. c), "è assunto con contratto di diritto privato di durata

quadriennale, rinnovabile per una sola volta". Inoltre, il medesimo art. 10, nel sesto comma

- come modificato dall'art. 2, undicesimo comma del suddetto D.L. 21 ottobre 1996, n. 535,

convertito in legge 23 dicembre 1996, n. 647 - definisce di diritto privato "il rapporto di

lavoro del personale delle Autorità portuali".

Orbene, rileva la Corte “ dal contenuto di tali disposizioni di legge si ricava, in primo

luogo, che le Autorità portuali rientrano nella categoria degli enti pubblici economici

(tenuto conto, soprattutto, dei compiti loro assegnati: v., al riguardo, il suddetto art. 1, primo

comma, lett. a, b, c), con la conseguenza che siffatta qualifica incide non solo sull'assetto

economico ed organizzativo, ma anche sul regime sostanziale e processuale dei rapporti di

lavoro del personale dipendente nei cui confronti sono operanti l'art. 2093 c.c. e art. 409, n.

4, c.p.c." e, in secondo luogo, che il rapporto di lavoro con il personale dipendente, ivi

compreso quello relativo al segretario generale, è per definizione di diritto privato ( Cass.

Civ., 28 ottobre 1998, n. 10729; Cass., Sez. Un., 6 maggio 1996, n. 4187).

Sempre la stessa Corte ha poi ribadito che “ In relazione alle autorità portuali di cui

alla legge n. 84 del 1994, che rientrano nella categoria degli enti Pubblici economici, (con

incidenza di siffatta qualifica non solo sull'assetto economico e organizzativo dell'Ente, ma

anche sul regime sostanziale e processuale dei rapporti di lavoro del personale dipendente,

cui si applicano gli art. 2093 c.c. e 409 n. 4 c.p.c., avendo essi - ivi compreso il rapporto con

il Segretario Generale - natura privatistica), l'art. 20 legge n. 84 citata prevede che il

Commissario operante nella fase transitoria della successione delle autorità portuali alle

organizzazioni preesistenti sostituisce (nei limiti dei poteri attribuitigli dal decreto di

nomina) il Presidente e gli organi deliberanti delle organizzazioni portuali , non anche il

Presidente e gli organi deliberanti delle autorità portuali istituiti con la stessa legge, con la

conseguenza che il suddetto Commissario è sprovvisto dei poteri (espressamente attribuiti

dall'art. 9 legge cit. al Comitato portuale) di approvare l'organico della Segreteria tecnico -

operativa (alla quale, nella specie, era addetto il ricorrente (Cass., sez. lav., 3 luglio 2004 , n.

12232; in sensi conforme Cass. civ., sez. trib., 29 marzo 2006 , n. 7291 ; id., sez. un.,

16/10/2003 n. 15490; sez. lav., n. 15120 del 5/8/2004; sez. lav., n. 13729 del 14/10/2000 ).

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Nello stesso senso si è espresso il Giudice contabile, secondo il quale “Le autorità

portuali , potendo, a seguito della riforma del 1994, esercitare attività d'impresa o

costituendo società o assumendovi partecipazioni di capitale, debbono ritenersi enti pubblici

economici ; ne consegue che la Corte dei conti difetta di giurisdizione in tema di danni

amministrativo-contabili emersi nella gestione di siffatti enti ( Corte Conti , sez. III, 12

giugno 2003 , n. 257 ).

16 - Ciò non esclude, secondo l’opzione funzionale operata dal legislatore, la natura

autoritativa di buona parte dell'attività dell'autorità portuale, connessa al divieto di svolgere,

sia direttamente sia indirettamente, attraverso la costituzione o la partecipazione in società,

operazioni portuali e ogni altra attività ad esse strettamente connessa, affidandosi tali

operazioni alle società in cui si sono trasformate le compagnie portuali e i gruppi portuali e

che sono, in quanto imprese di diritto comune, sottoposte al regime di concorrenza ( Cass.,

sez. 5, Sentenza n. 7651 del 31/03/2006 ).

Tuttavia, lo strumentario di diritto pubblico - con cui l’ente, qualificato “ pubblico”

perché appunto operante in regime pubblicistico, esercita le funzioni di interesse generale di

indirizzo, di programmazione, di coordinamento, di promozione e di controllo delle

operazioni portuali svolte da soggetti privati ( art. 6, comma 1. legge n. 84), e i relativi

poteri, esercitati sotto la vigilanza del Ministro dei trasporti - non comporta

l’assoggettamento a tutte le regole riservate alle pubbliche amministrazioni di potenza o di

regolazione ed erogazione di servizi “ amministrativi”. L’oggetto di quelle funzioni, come

già osservato, è prevalentemente industriale e commerciale, cioè prettamente economico,

legittimante discipline di analogia con gli enti pubblici economici e, comunque, di non

automatica omologazione ad una pubblica amministrazione ex d. lgs. n. 165/2001.

17 - D’altra parte, per queste soggettività di diritto pubblico, proprio in quanto tali,

non è necessariamente estranea né incongrua l’applicazione di uno statuto dell’atto

amministrativo nel perseguimento delle finalità di interesse generale a contenuto

economico.

L’esempio di più immediato riferimento è, ancora una volta per analogia di materia,

l’Enac, istituito dal D.Lgs. 25-7-1997, n. 250, inizialmente come ente pubblico non

economico ma qualificato espressamente come ente pubblico economico dopo la fase di

prima costituzione, il quale, nonostante tale natura, “esercita le funzioni amministrative e

tecniche già attribuite alla Direzione generale dell'aviazione civile del Ministero”.

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La natura economica, o comunque ad essa assimilabile, neppure è inconciliabile con

il regime tributario da applicare alle Autorità medesime, per le quali si è ritenuto, ad

esempio, che valgono le disposizioni dell'art. 88 comma 2 del t.u. delle imposte sui redditi,

di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, nel quale si stabilisce in modo espresso che non

costituisce attività commerciale l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici (

Consiglio Stato , sez. III, 9 luglio 2002 , n. 1641 ). Quella norma, infatti, stabilisce che ai

fini dell’imposta sul reddito delle società “non costituiscono esercizio dell'attività

commerciale: a) l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici…….”: essa, quindi, si

riferisce alle singole attività e non al complessivo regime giuridico degli enti pubblici “ tout

court “ senza ulteriore aggettivazione; essa, anzi, potendo applicarsi anche a quelli

economici le quante volte essi, come detto, operino con gli strumenti del diritto

amministrativo, ne ammette la competenza e legittimazione ad agire anche secondo il

regime e lo statuto dell’atto e provvedimento amministrativo.

La comparazione con le disposizioni del d. lgs. 25-7-1997, n. 250, istitutivo, come

già ricordato, dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.) appare, ancora una volta,

indicativa, per l’affinità della materia, della conciliabilità fra trattamenti di privilegio fiscali

tipici delle pubbliche amministrazioni e la natura economica del soggetto pubblico. Anche

per tale ente, infatti, si prevede un regime fiscale agevolativo che in astratto mal si

concilierebbe con la natura economica dell’ente, il quale dovrebbe essere trattato alla

stregua di un qualsiasi imprenditore. Stabilisce, al riguardo, l’articolo 12, in tema, appunto,

di “ Esenzioni fiscali “, che “ Tutti gli atti connessi con l'istituzione dell'E.N.A.C. e con la

acquisizione del patrimonio della Direzione generale dell'aviazione civile, del Registro

aeronautico italiano e dell'Ente nazionale della gente dell'aria sono esenti da imposte e

tasse”.

18 - La relazione ministeriale adduce altri due argomenti a sostegno della tesi della

non economicità delle Autorità portuali.

Il primo è costituito dalla legge 27-12-2002, n. 289, (legge finanziaria 2003), il cui

articolo 34, a proposito degli organici, assunzioni di personale e razionalizzazione di enti e

organismi pubblici, dispone testualmente che “ Le amministrazioni pubbliche di cui agli

articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e

successive modificazioni, ad esclusione dei comuni con popolazione inferiore a 3.000

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abitanti, provvedono alla rideterminazione delle dotazioni organiche sulla base dei princìpi

di cui all'articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo”.

Secondo la circolare del Dip. Funzione pubblica del 21.3.2003, richiamata nella

stessa relazione, “ non si ritiene direttamente applicabile alle Autorità portuali l’art. 34 della

legge n. 289” poiché esse, pur rientrando tra le amministrazioni contemplate nell’articolo 1

del d. lgs. n. 165/2001 “ in quanto enti pubblici non economici “, sono esonerate

dall’applicazione del medesimo d. lgs. n. 165/2001 in quanto sottoposte alla disciplina

speciale dell’art. 10, comma 2, della legge n. 84/1994.

L’argomento non è probante perché:

- la “ circolare” – in disparte il suo valore non vincolante né condizionante per

soggetti estranei all’amministrazione emanante, secondo quanto costantemente

affermato dalla giurisprudenza - non è tale, in quanto emanata da organo dirigenziale

non competente ( art. 4 d lgs. n. 165/2001 ) ad emettere “ le decisioni in materia di

atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo “,

per le quali è competente esclusivamente l’organo di governo, in ciò supportato dalle

specifiche competenze tecniche degli uffici legislativi a ciò specificamente ed

istituzionalmente deputati;

- la qualificazione delle Autorità come enti pubblici non economici è apodittica e non

confortata da alcun approfondimento o puntualizzazione esegetica;

- la medesima “circolare” fornisce elementi contrari alle sue affermazioni

qualificatorie, riconoscendo essa stessa “ la particolarità di tali enti “, sottratti alla

legge n. 70/1975 e richiamando il DM 7.10.1996, con il quale sono stati posti criteri

generali per il contratto collettivo di lavoro dei dipendenti delle autorità portuali, ai

sensi del già ricordato art. 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994. L’articolo 4 del

citato decreto, stabilisce che “ I contratti collettivi nazionali di cui all'art. 2 del

presente decreto dovranno tener conto per la parte economica della compatibilità

con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio delle autorità portuali ( e non

con le disponibilità indicate negli strumenti di programmazione economica e

finanziaria, come accade per le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs.

N. 165 , n.d.r. ) e prevedere, per la parte normativa, tra gli istituti ed elementi

caratterizzanti il rapporto di lavoro, le modalità di assunzione e i relativi criteri

oggettivi per la selezione del personale……”. Aggiunge, poi, il successivo art. 6

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dello stesso decreto, che “ Ogni autorità portuale provvede all'applicazione del

contratto collettivo nazionale con specifico atto adottato ai sensi della lettera l),

terzo comma, dell'art. 9 della legge n. 84 del 1994 , al fine di assicurare per l'intero

periodo di validità contrattuale la copertura dei costi complessivi dei trattamenti

economici e normativi previsti, ivi compresi quelli eventualmente discendenti dalla

contrattazione decentrata o aziendale”. Dispone, infine il comma 2 dello stresso

articolo che “ Gli accordi decentrati o aziendali, seppure connessi a conseguiti

incrementi di produttività, non possono comportare, anche a carico di esercizi

successivi, impegni di spesa eccedenti le disponibilità finanziarie stanziate

specificatamente in bilancio”. Dalle riportate disposizioni di natura regolamentare

emerge dunque che: a) i costi della contrattazione sono determinati sulla base del

principio di compatibilità non con “ gli strumenti di programmazione e di bilancio” (

art. 47, comma 4, d. lgs. n. 165/2001) ma in base alle effettive “ risorse “

complessive, non solo di bilancio ma anche economiche e finanziarie; b) gli stessi

costi contrattuali, sia nazionali che decentrati, debbono rispondere al principio di

copertura effettiva mediante apposito atto applicativo, avente perciò natura di atto

aziendale gestionale; c) gli enti non debbono seguire le regole concorsuali dell’art.

35 del d. lgs. n. 165. Si tratta, all’evidenza, di elementi di forte deroga allo statuto

delle pubbliche amministrazioni come indicate nell’art. 1 del d. lgs. n. 165.

19 - Altro argomento addotto dalla relazione ministeriale a sostegno della sua tesi è il

comma 993 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007, n. 296/2006, secondo cui “Gli

atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura

giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla

sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi

imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto……”.

Tuttavia, neppure la qualificazione incidentale contenuta nella citata legge appare

dirimente e significativa: in primo luogo, perché si tratta di disposizione non precettiva

ma meramente giustificativa, come tale non vincolante per l’interprete; in secondo luogo

perché, nonostante la ricorrente e deleteria prassi parlamentare in senso contrario, la già

ricordata legge 5-8-1978, n. 468, di riforma della contabilità generale dello Stato in

materia di bilancio impedisce alla legge finanziaria di contenere norme di delega o di

carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, dovendo essa contenere “ esclusivamente

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“ norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel

bilancio pluriennale ( art. 11, comma 3).

Pertanto, una norma della legge finanziaria che intendesse fornire – peraltro in via del

tutto incidentale e meramente giustificativa e non precettiva - una qualificazione, anche di

natura interpretativa, di tipo ordinamentale delle Autorità portuali presenterebbe profili di

incostituzionalità o, almeno, di perplessità sul piano della legittimità ( cfr. Corte Conti , sez.

contr., 21 settembre 1990, n. 50). Ciò comporta l’irrilevanza dell’invocata disposizione della

legge finanziaria, essendo noto che tra due possibili interpretazioni della norma, va scelta –

per costante e notorio insegnamento anzitutto della Corte Costituzionale - quella che rende

la disposizione più conforme ai principi.

Proprio usando l’argomento addotto dalla relazione ministeriale la Sezione ritiene,

invece, che nella stesse legge finanziaria 2008 si trovino tracce a conforto della teoria

dell’economicità delle autorità in parola.

Più specificamente, si tratta delle numerose disposizioni che - riprendendo opzioni

legislative di stampo analogo ( cfr. art. 100 della legge 21-11-2000 n. 342, con cui si è

prevista la “ riforma del sistema delle tasse e diritti marittimi” in coerenza con le finalità di

autonomia finanziaria delle autorità portuali) - tendono a riconoscere ed anzi ad

incrementare l’autonomia finanziaria degli enti in questione, nonché ad accrescerne i criteri

imprenditoriali di economicità e produttività : il comma 982, secondo cui “Per assicurare

l'autonomia finanziaria alle autorità portuali nazionali e promuovere l'autofinanziamento

delle attività e la razionalizzazione della spesa……”; il comma 988, il quale per le autorità

esclude il disposto dell'articolo 1, comma 57, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, mentre

applica alle stesse il sistema di tesoreria mista ( quindi non unica ) di cui all'articolo 7 del

decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, “in conseguenza del regime di autonomia

finanziaria delle autorità portuali”; il comma 989, volto a rivedere i criteri per l'istituzione

delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la

loro eventuale soppressione, “tenendo conto della rilevanza dei porti, del collegamento con

le reti strategiche, del volume dei traffici e della capacità di autofinanziamento”; il

comma 990, dichiaratamente finalizzato al “ completamento del processo di autonomia

finanziaria delle autorità portuali”.

20 In conclusione e sinteticamente, in risposta ai quesiti formulati dal Ministero:

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a) alle Autorità portuali non trova applicazione l’art. 2, comma 618, della legge n.

244/2007 ( Finanziaria 2008 ), ma solo il comma 623: si vedano le osservazioni

già svolte sub par. 6 del presente parere;

b) alle Autorità portuali non trovano applicazione l’art. 2, commi 589-591 della

stessa legge n. 244 ( cfr. par. 2 ), precettivi soltanto per le “ pubbliche

amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato

ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali “,

quali non sono, sotto il duplice profilo soggettivo e territoriale, le Autorità

portuali;

c) alle Autorità portuali non trovano applicazione l’art. 2, commi 594 e seguenti (

par. 3 del presente parere ) espressamente riferiti alle “amministrazioni pubbliche

di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”,

quali non possono essere considerate, per quanto precedentemente detto, le

Autorità medesime in presenza del vigente quadro normativo e giurisprudenziale

tracciato nei paragrafi precedenti;

d) alle Autorità portuali non trova applicazione neppure il disposto dell’articolo 3,

comma 27, della stessa legge finanziaria 2008, anch’esso riferito alle

“amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo

30 marzo 2001, n. 165”, tra le quali si ribadisce che non possono annoverarsi le

Autorità in parola.

P.Q.M.

nelle esposte considerazioni è reso il richiesto parere.

IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE L’ESTENSORE

(Stenio Riccio) (Armando Pozzi)

IL SEGRETARIO D’ADUNANZA

(Roberto Craca)