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APPUNTI DI ANATOMIA PATOLOGICA
N.b.: Gli appunti non sono una sostituzione di un libro d testo in alcun caso!
Primo semestre A.A.: 2015/2016
11/11/2015
Apparato Respiratorio
Richiami di istologia anatomia: le vie aeree si dividono in bronchi, bronchioli… fino ad arrivare alle vie aeree distali (caratteristiche specifiche da un punto di vista istologico). Ricordate che l’Albero Respiratorio è rivestito dall’ epitelio respiratorio, caratterizzato da un epitelio stratificato colonnare dove ci sono le cellule caliciformi mucipare. Le cellule sono dotate di ciglia e voi sapete che le ciglia e il muco sono meccanismi di difesa da infezioni e da polveri che entrano nell’apparato respiratorio e che vengono intrappolate ed respinte. Cosa diversa gli alveoli sono costituiti da un epitelio piatto, dove sono presenti i pneumociti di 1 e 2 tipo. L’epitelio alveolare è responsabile degli scambi respiratori.
Patologie dell’apparato respiratorio
Parleremo sia di patologie di infettive(un tempo mortali) che di patologie restrittive. Si parla di patologie infettive polmonari quando abbiamo un processo infiammatorio a livello del polmone, può coinvolgere gli alveoli o l’interstizio. Le classificazioni comuni delle cosiddette polmoniti sono diverse. La classificazione per agente eziologico è la più importante dal punto di vista terapeutico , esiste inoltre un criterio anatomo‐ patologico ed uno epidemiologico, quest’ ultimo divide le polmoniti in comunitarie e nosocomiali (in base alla sede nelle quali si contraggono le infezioni, dobbiamo considerare anche luoghi d’assistenza e il pz immunodepresso). Dal punto di vista epidemiologico negli Stati uniti la Polmonite (spt batterica) è la prima causa di morte, in Italia non è così e questo in parte è dovuto al differente sistema sanitario. L’incidenza è maggiore in pz più sensibili, in bambini e anziani.
Il polmone è normalmente un organo sterile, questa sterilità è garantita dalle alte vie respiratorie bloccano il passaggio di sostanze, dal il sistema muco‐ciliare dell’epitelio respiratorio e dal sistema (9.06???). Chiaramente alterazioni dei sistemi di difesa possono aversi in diversi contesti sia genetici ( come Sindrome delle ciglia immobili caratterizzata dalla deficienza del sistema ciliare) e sia acquisiti come ad esempio l’Alcolismo che altera il sistema muco‐ciliare e riduce il riflesso della tosse. Affinché si verifichi un’infezione è necessario che ci sia l’agente patogeno, che arriva sia per contaminazione per via inalatoria, ma può arrivare anche per disseminazione ( sepsi) e poi da batteri che colonizzano l’orofaringe possono discendere e creare condizioni non particolarmente gravi. È necessario che i batteri siano in numero sufficiente, siano virulenti associati ad alterazioni dei meccanismi di difesa di cui abbiamo parlato.
Polmonite Lobari: La polmonite sono sostenute dunque da diversi batteri di cui il più importante è lo Streptococco Pneumoniae (responsabile delle polmoniti gravi) . Esistono altri batteri quali Pseudomonas Auriginosa, Staphilococco e Haemofilus che sono responsabili di quadri di polmoniti meno gravi e si verificano nel pz con problemi di immunocompetenza. La polmonite lobare si osserva principalmente nell’adulto, si associa a produzione di un essudato che è responsabile della
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diffusione immediata dei batteri. Dal punto di vista morfologico nelle polmoniti Lobari (di cui lo streptococco è coinvolto nel 80% dei casi)valutiamo:
‐congestione: (dura 2 giorni)vasodilatazione che determina un afflusso di sangue elevato con l’apporto di granulociti responsabili appunto della difesa contro l’agente patogeno
‐epatizzazione rossa: (dura 2 giorni) chiamata così perché il polmone da un punto di vista macroscopico appare simile al fegato, il polmone normalmente ha un aspetto spugnoso
‐epatizzazione grigia: cambia il colorito del polmone
‐risoluzione: i pz che sono immunocompetenti normalmente arrivano a questa fase
(descrizione immagine): Nella congestione: polmone appare rosso per la congestione dei vasi che passano nei setti e che si riempiono di sangue, gli alveoli sono ancora abbastanza puliti. Nell’epatizzazione rossa l’aspetto spugnoso scompare e il parenchima diventa compatto e nelle polmoniti lobari questo aspetto può essere presente anche solo ad un lobo polmonare; dal punto di vista microscopico il disegno alveolare è quasi completamente scomparso, negli alveoli c’è il siero che è trasudato dai capillari alveolari e troviamo anche cellule come macrofagi, polimorfi nucleati, globuli rossi e fibrina che si compatta nella cosiddetta fase grigia della epatizzazione (3 fase)e vediamo che l’aspetto non è più rossastro ma grigiastro. Accade questo perché negli alveoli prevalgono in questa fase macrofagi e fibrina che formano tappi che a loro volta comprimono i vasi e impediscono il passaggio di sangue questo è il motivo per cui i polmoni appaiono un po’ più pallidi rispetto a quello che avevamo visto nella seconda fase. Nell’ ultima fase quella dell’epatizzazione gialla o risoluzione tutto l’essudato inizia a scomparire, esistono ancora delle cellule infiammatorie all’interno (spt macrofagi) ma gli alveoli già riacquisiscono la forma normale e i setti si vanno nuovamente ad assottigliare.
Aspetti clinici della polmonite Lobare: insorge con febbre, dolore toracico e all’ e.o. ipofonesi e segni di sfregamento pleurico , perché la polmonite lobare coinvolge soprattutto le parti esterne del polmone e l’essudato può coinvolgere anche la pleura, che si infiamma e si viene a trovare in uno stato fibrinoso che la compatta al polmone e si forma una sorta di cicatrice e questo da sequele per quanto riguarda la capacità respiratoria. All’ Rx abbiamo opacità lobare. Possiamo valutare ipossia ma senza ipercapnia. Nel 10% dei casi si può verificare la morte del pz (se defedato). Ricordate che TUTTI I quadri patologici polmonari possono essere associati ad insufficienza respiratoria dovuta sia ad alterazione della ventilazione e perfusione ematica. Quella delle polmoniti lobari è meno severa perché è solo ipossemica e non anche ipercapnica, dove normalmente la pressione di O2 è 80/100 mmHg (si parla di ipossia al di sotto di questi valori). Tutte le condizioni di insufficienza respiratoria hanno delle sequele sull’apparato vascolare come ad esempio l’ipossia può creare una ipertensione a livello del distretto polmonare, così come tutte le patologie che distruggono i polmoni riducono la vascolarizzazione e così il sovraccarico del cuore realizza il cosidetto “cuore polmonare cronico”.
Complicanze delle Polmoniti: possono essere complicate da ascessi, si può avere coinvolgimento della pleura (pleuriti), si può avere la formazione di cicatrici soprattutto se il processo
infiammatorio è durato a lungo, dal polmone i batteri possono raggiungere il sangue e raggiungere pericardio, meningi quindi con pericarditi e meningiti.
Ci può essere anche un'organizzazione del tessuto,normalmente il polmone va incontro a una risoluzione come abbiamo visto nell'epatizzazione gialla, in cui i polmoni riacquisiscono la loro forma, ma come in tutti gli organi un tipo di risoluzione può essere la formazione di cicatrici, soprattutto quando il danno è durato a lungo. Dal polmone i batteri possono raggiungere il sangue,il pericardio, l'encefalo, la milza, il snc in particolare le meningi; si aveva in era pre antibiotica la sindrome di Austrian(?) caratterizzata da meningite, polmonite ed endocardite.
Le complicanze sono:
1) polmoniti emorragiche: quando lo stravaso è particolarmente importante gli alveoli sono ripieni di sangue, la risoluzione in questi casi è particolarmente difficile.
2)fibrosi:
3)ascesso: sostenuto prevalentemente da streptococco e gram ‐.
4)pleuriti fibrinosa: lo stravaso di fibrina si organizza in cicatrici pleuro polmonari.
5) embolia settica: in un vaso polmonare vediamo colonie di batteri ben visibili
Broncopolmoniti sono determinate da batteri generalmente poco virulenti, in pazienti immunocompromessi ; spesso sono complicanza di infezioni virali. I focolai della broncopolmonite sono mal definiti, a differenza della polmonite lobare che coinvolge un intero lobo polmonare, in questo caso
i focolai sono sparsi nel lobo e generalmente sono nodulari. Nelle broncopolmonite osserviamo le stesse quattro fasi della polmonite: inizziazione, epatizzazione rossa, grigia e risoluzione, però sono asincrone
cioè ogni focolaio ha una "storia a sè", alcuni si risolvono prima, altri dopo. L'infezione inizia a livello del bronco o del bronchiolo poi i batteri passano attraverso la parete bronchiale nell'interstizio, e raggiungendo poi l'alveolo.
I focolai sono generalmente piccoli (4cm) e disseminati, anche se qualche volta possono confluire e danno l'aspetto della cosidetta "polmonite pseudolobulare" che nasce da focolai che interessano più lobuli e confluiscono interessando un inteo lobo.
Ricordate :POLMONITI e BRONCOPOLMONITI dal punto di vista ISTOLOGICO sono UGUALI. (abbiamo in entrambe le quattro fasi)
Le differenze tre polmoniti e broncopolmoniti sono:
‐ fattore eziologico differente: nelle polmoniti l agente eziologico è molto virulento,nelle broncopolmoniti l'agente è poco virulento
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‐stato immunitario: competente nelle polmoniti, immunodeficienza relativa nelle broncopolmoniti.
Polmoniti atipiche sono polmoniti che non coinvolgono l'alveolo(come nelle polmoniti e broncopolmoniti), ma l'interstizio; sono sostenute da batteri intracellulari obbligati come micoplasma, clamidia pneumoniae, ma anche da virus(influenza ecc).
Anche in questi soggetti c'è uno stato di immunodeficienza relativa; questi agenti patogeni dalle alte vie aeree riescono a raggiungere l'albero bronchiale creando un danno infiammatorio nell'interstizio, quindi il profilo degli alveoli è relativamente conservato.
Si hanno varie aree con focolaio di colorito rossastro(segno di flogosi) che cambiano colore in fase di risoluzione; l'essudato è formato prevalentemente da macrofagi e linfociti(contro i virus) mentre nelle polmoniti si avevano soprattutto monociti e macrofagi.
Nelle forme particolarmente gravi l'essudato può attraversare la parete alveolare dando un coinvolgimente alveolare (tale complicanza si può presentare soprattutto nella forma di polmonite da virus dell'influenza).
Bisogna sempre confrontare le strutture con la grandezza del globulo rosso(5micrometri) e bianco(7).
La sintomatologia è aspecifica: febbricola, sintomi respiratori scarsi; l'unico elemento diagnostico risolutivo è la radiografia: si ha ispessimento diffuso della trama bronchiale. Le complicanze sono collegate allo stato di immunodeficienza che si crea.
Le polmoniti dell'immunodepresso sono tante, l'immunocompromesso per eccellenza è il malato di AIDS soprattutto quando il livello di linfociti CD4 scende al di sotto dei 200/mm^3; le infezioni batteriche sono spesso mortali.
Poi abbiamo quelli virali in particolare Citomegalovirus(anche nei soggetti non affetti da AIDS, ma ad es.soggetti trapiantati da rene, fegato, soggetti vhe fanno terapia per linfomi) e anche quelle da fungi: Candida,Aspergillus, Pneumocystis.
Il Cytomegalovirus dà origine a degli inclusi cellulari che sembrano "occhi di Civetta(?)". Le dimensioni di un incluso sono 10micron.
Lo pneumocystis carinii si riteneva un protozoo, mentre in realtà è un fungo ed è caratterizzato macroscopicamente dalla formazione di cisti nel parenchima polmonare; tale infezione può impedire gli scambi gassosi a livello alveolare. Lo Pneumocystis carinii dà un quadro mortale, ma è grazie ad esso che si iniziarono a diagnosticare i primi casi di AIDS.
Le infezioni nosocomiali sono sostenute da gram‐ e colpiscono pazienti con alterazioni varie.
Tubercolosi:
Oggi non è molto frequente nei paesi occidentali, colpisce in particolare i paesi del terzo mondo con circa 3 milioni di morti l'anno, soprattutto là dove l'AIDS è endemico(Uganda).
Nei paesi occidentali abbiamo tubercolosi da tossicodipendenza( nome che non si capisce) e da immigrati.
La tubercolosi è stata molto mortale fino all introduzione degli antibiotici nel 900. I pazienti venivano rilegati nei sanatori che solitamente sorgevano su colline lì dove la pressione di O2 è più alta per cercare di correggere le alterazione di base.
I sanatori sono sopravvissuti fino alla seconda guerra mondiale.
La tubercolosi è determinata dal micobatterio umano; esistono anche altri tipi di micobatteri come quello bovino che dà la sintomatologia intestinale nell'uomo e poi ci sono micobatteri atipici che danno quadri clinici nei soggetti immunodepressi.
La parete batterica è formata da glicolipidi e fosfoglicani che inibiscono l'attività fagocitica dei fagosomi cellulari e quindi il batterio sopravvive all'interno della cellula e poi esistono altri lipidi che fissano la fucsina base e che consentono di fare diagnosi su qualsiasi preparato.
La colorazione che noi usiamo che si va a legare a questi glucosidi è appunto l'ematossilina acida e quindi la colorazione del zhiel nielsen, ricordate che la diagnosi della tubercolosi in assenza di segni macroscopici è di tipo colturale, un alternativa per la diagnosi può essere la ricerca antigenica, ma la diagnosi con colorazione Z.NIELSEN è però quella più rapida. Nella tubercolosi c'è una fase primaria e una fase secondaria ,nella prima fase i microrganismi vengono a contatto con gli anticorpi e vengono eliminati nel 75% dei casi, invece in una parte di questi pazienti invece arriva all'albero respiratorio viene fagocitato dai macrofagi alveolari ma essendo incapaci di eliminare questi batteri trasportano essi verso (42:00) e dopo 2/4 settimane si avrà una reazione dell'ipersensibilità di quarto tipo e siamo in presenza di questi macrofagi che in parte sono riusciti a eleminare questi micobatteri e di linfociti tcd8 che attaccano i macrofagi infettati distruggendoli e vanno anche ad attivare i linfociti tcd4 che richiamano altri macrofagi e portano alla formazione del granuloma in cui esistono 2 parti, una parte necrotica che è indicativa della capacità dell'organismo di distruggere la componente batterica e questa è la cosidetta fase(42:51) . Quindi il granuloma tubercolare è il cosidetto granuloma necrotizzante, spesso infatti quando andiamo ad analizzare il granuloma tubercolare abbiamo due fasi ,la fase dove si cerca di arginare l'infezione dove accorrono macrofagi ,fibroblasti ed altri elementi linfocitari che cercano di arginare l'infezione e poi quella della capacità di distruggerlo. Quindi quando si forma il granuloma se la persona va incontro ad immudepressione o (tosse di un simpaticissimo studente) di un altro batterio la patologia tenderà a non essere più localizzata ma tendederà ad espandersi ,quindi ricapitolando il granuloma è formato da una parte centrale
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necrotica (simile a un formaggio spalmabile) e una parte periferica con macrofagi e alcuni di essi si fondono oltre a queste strutture macrofagiche abbiamo anche fibroblasti che portano alla formazione della capsula. Quindi quando parliamo di tubercolosi primaria è quella del primo contatto invece quando parliamo di quella secondaria parliamo di quella che si è evoluta o per riattivazione o per reinfezione, si distingue dall'infezione primaria il complessa di ghon ,che è un complesso formato da un focolaio granulare primario e poi da un linfonodo ingrossato, quindi il granuloma di ghon è formato da un complesso granulare primario e una linfoadenite . Quindi la tubercolosi primaria aggressiva è quella che si sviluppa in particolari pazienti immunodepressi ,quindi il quadro devastante di tubercolosi è la tubercolosi di tipo (iliare??!!) in questo caso il linfonodo si apre a livello del vaso e i batteri diffondono nel sangue sia nei polmoni sia a livello sistemico quindi si formeranno sia dei tubercoli a livello polmonare sia a livello sistemico questo è il quadro della tubercolosi iliare che fa parte della tubercolosi primaria progressiva ,un altra tipologia risulta essere quella della tubercolosi (tronculare??!!) infatti la struttura del tronco si rompe e la componente batterica si libera in circolo. Focolai si aprono nei bronchi e formano delle caverne. Sono la base per trasmissione da individuo ad individuo attraverso l’espettorazione. La caverna nasce come focolaio e suo contenuto viene rilasciato nel bronco. I vasi vengono scheletrizzati. Leopardi era affetto da morbo di Pott. Mostra immagine di tubercolosi ossea. Le pneumopatie di distinguono in due grossi capitoli, restrittive e non restrittive (o aumentata resistenza delle vie aeree, in cui il lume dei bronchioli si riduce, o ridotta pressione di espirazione, cioè polmone perde la sua elasticità, difficilmente riesce ad espirare tutta l’aria). Un tempo si classificava tra le pneumopatie restrittive anche l’asma, attualmente si vede da parte perché legata ad episodi allergici. Una forma di pneumopatia cronica ostruttiva è l’enfisema. In essa c’è perdita di elasticità. Si crea nel tratto respiratorio distale uno stato infiammatorio cronico, questo richiama macrofagi nell’interstizio ma anche negli stessi alveoli, essi a loro volta richiamano neutrofili. Quest’ultimi producono proteasi, tra cui l’ elastasi che distrugge l’elastina. In soggetti non fumatori viene rilasciata una antiproteasi che cerca protegge il tessuto. Esistono due forme di enfisema, quella centroacinare, che va a colpire alveoli che si trovano al centro dell’ acino a ridosso del bronchiolo respiratorio, e la forma parasettale. La forma centroacinare è tipica dei fumatori, costante nella porzione superiore del polmone. Nelle prime fasi dell’enfisema la quantità di ossigeno apportata è normale, successivamente si ha insufficienza respiratoria. Dal punto di vista microscopico, l’enfisema centroacinare porta alla formazione di bolle, forma una sorta di groviera. L’enfisema polmonare come sapete distrugge i setti, quindi il letto vascolare del polmone. Nella Bronchite cronica si vede l’ispessimento del bronchiolo per effetto dell’ipertrofia ed iperplasia delle ghiandole sottomucose che producono muco. La diagnosi è esclusivamente clinica e si basa sulla presenza di tosse con espettorato per 3 mesi per più anni consecutivi. Dal punto di vista istologico si osservano cellule ciliate, cellule mucipare ed aree vuote. Indice dell’epitelio squamoso, oltre alla cheratina, sono cellule fittamente addossate tra di loro con formazione di una rete. Sapete che gli epiteli squamosi rivestono l’epidermide e le mucose a contatto con l’esterno. L’epitelio dell albero bronchiale diventa squamoso per effetto del fumo che danneggia la mucosa,
la quale per difendersi si differenzia e si verifica una Metaplasia squamosa. Non è una lesione neoplastica ma un’azione di difesa. Nelle pneumopatie restrittive abbiamo una riduzione della funzionalità respiratoria perché c’è incapacità del polmone di espandersi. Questo è legato ad una serie di patologie dell’interstizio (edemi, granulomi, depositi di Silicio) che determinano rigidità. Tutte le forme di pneumopatie restrittive esitano in fibrosi. Nell’ Aids c’è danno all’epitelio pneumocitico, vengono danneggiati vasi e abbiamo stravaso. C’è la formazione di una membrana ialina che ricopre l’alveolo ed impedisce gli scambi gassosi. Mortale nel 60% dei casi. Quando, in pochi casi, c’è guarigione si ha comunque fibrosi e ridotta funzionalità. Si vede materiale eosinofilo, rosa con colorazione ematoss‐eosina. Poi abbiamo le polmoniti interstiziali idiopatiche di cui non si conosce la causa, le alveoliti allergiche che sono tantissime. Infine ci sono le malattie alveolari legate all’inalazione di sostanze estranee come il Silicio.
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Anatomia Patologica 19 Novembre 2015
Patologia benigna del Polmone
L’altra volta abbiamo parlato dei polmoni, vi ricordate un po’ l’anatomia dei bronchi e del parenchima polmonare e ricordate l’istologia, ricordiamo che l’epitelio polmonare è un epitelio ciliato che contiene nel suo contesto cellule caliciformi che producono muco, e questo è nei bronchi. Invece negli alveoli abbiamo delle cellule piatte che costituiscono pneumociti di primo e secondo tipo e che vanno a rivestire la cavità alveolare.
Oggi dovremo iniziare il discorso sui polmoni ma vorrei ricapitolare un po’ le problematiche della patologia benigna che abbiamo affrontato l’altra volta. Ricordate le polmoniti di cui si distinguono quattro fasi la prima è quella della congestione l’epatizzazione rossa in cui il polmone assume un aspetto del parenchima epatico quindi più compatto e non spugnoso e dal punto di vista istologico l’epatizzazione rossa è caratterizzata dalla presenza negli alveoli di sangue quindi globuli rossi, granulociti, meno macrofagi. Nell’epatizzazione grigia invece l’aspetto è un po’ più pallido perché appunto istologicamente vengono riassorbiti e distrutti i globuli rossi mentre rimangono i granulociti e i macrofagi che insieme alla fibrina comprimono gli alveoli e i vasi e quindi impediscono l’irrorazione. E poi abbiamo la fase di riorganizzazione che consiste nel [… non si capisce, registrazione disturbata ]
L’Ascesso è una complicanza della polmonite può essere dovuta a infezioni batteriche abbiamo un numero circoscritto di granulociti. La pleurite è un’altra complicanza, l’embolia settica vi ricordate i batteri che sostengono l’infezione batterica in particolare nelle polmoniti lobari possono raggiungere diversi distretti tra cui il SNC e il cuore.
La Broncopolmonite, vi ricordate, che a differenza della polmonite non coinvolge l’intero lobo ma queste aree all’interno del lobo che dal punto di vista istologico hanno le stesse caratteristiche della polmonite lobare e stessa fase di congestione, epatizzazione rossa, epatizzazione grigia e risoluzione.
Le Polmoniti virali e da micoplasma invece sono caratterizzate da una raccolta di [??? ] infiammatoria negli interstizi quindi gli alveoli non vengono coinvolti e non si trova un essudato negli alveoli fondamentalmente ma il problema infiammatorio si trova negli interstizi, ricordate che l’interstizio è la parte di parenchima interposta tra alveoli e bronchi
Esistono particolari forme di polmoniti come quella da [??? Penso dica da P. Jervensi] nei pazienti immunodepressi caratterizzata dalla raccolta all’interno di queste cellule di questi elementi virali che sembrano proprio l’occhio di una civetta.
Abbiamo poi parlato della tubercolosi che è una malattia molto particolare sostenuta da un batterio a scarsa virulenza che è un batterio intracellulare la cui lesione fondamentale è il granuloma. Il Granuloma, ricordiamo, è costituito da un nodulo del quale si distingue una capsula fibrosa esterna, un infiltrato linfocitario più internamente poi una popolazione infiammatoria costituita da istiociti epitelioidi e all’interno c’è la necrosi caseosa, perché una caratteristica della tubercolosi, qualche volta che ci troviamo dinanzi a pazienti che vengono operati con sospetto di tumore che in realtà [???]
La necrosi centrale che sappiamo è un effetto da ipersensibilità di tipo IV sono i macrofagi che tentano di distruggere le cellule infettate con i linfociti T citotossici e sopraggiunge la formazione di un vallo fibrotico che cerca di circoscrivere la lesione. Queste sono tipiche cellule di Langherans che sono cellule multinucleate, ieri il professore ha parlato di cellule multinucleate, esistono quelle da corpo estraneo in cui i nuclei sono addossati gli uni agli altri ad un polo della cellula e qui invece abbiamo una cellula di Langherans in cui i nuclei si dispongono all’interno di questa cellula unica a formare questa specie di ruota di carro.
Ricordate che la diagnosi più veloce che si può fare della TBC è effettuando una batterioscopia con dei coloranti che sfruttano l’acido‐resistenza di questi batteri in particolare la colorazione di Ziehl‐Neelsen che possono evidenziare nell’espettorato, ma anche nei preparati citologici e istologici, la presenza dei batteri.
La diagnosi di TBC vera è una diagnosi che richiede diversi giorni, anche 40 giorni, chiaramente in caso di TBC conclamata dobbiamo cominciare subito la terapia.
Abbiamo parlato di complesso di Gohn che rappresenta il primo contatto con il batterio ed è caratterizzato da un nubulo polmonare e coinvolgimento dei linfonodi mediastinici, dovete sapere che in casi di immunodepressione questa può essere complicata perché i granulomi possono essere evasi e quindi si presenta una TBC miliare oppure possono invadere i bronchi e dare un quadro di broncopolmonite tubercolare.
Le caverne sono invece delle manifestazioni di TBC così dette post‐primarie quelle che comunque la riattivazione del batterio dopo l’abbassamento delle difese immunitarie. Le caverne sono quindi dei granulomi che si svuotano perché entrano in contatto con i bronchi e contengono batteri che necessitano di ossigeno che in questo modo arriva e le caverne si ingrandiscono. Quando all’interno delle caverne si rompono i vasi chiaramente c’è l’emottisi.
Poi abbiamo, e questi sono quadri che chiaramente noi non vediamo più, la TBC sistemica, vi ricordate che la TBC può interessare anche le ossa a cui arriva per via ematica, nella cosiddetta malattia di Pott, oppure anche i reni.
Abbiamo parlato delle due grosse categorie di broncopneumopatie le ostruttive e le restrittive che voi avete sicuramente studiato in pneumologia, le ostruttive sono caratterizzate da una ostruzione dei bronchi nella bronchite cronica e una riduzione quindi del lume dei bronchi per un fatto infiammatorio, vedete che la diagnosi di bronchite cronica non è una diagnosi istologica ma è clinica con la presenza di tosse per due mesi, per due anni consecutivi. Mentre l’enfisema è caratterizzato dalla perdita del ritorno elastico dei polmoni per cui l’aria si accumula, si rompono i setti interalveolari nei quali nei cosiddetti enfisemi centroacinari che è tipica dei fumatori invece quello paracinare dove oltre al fumo di sigaretta ne è causa una perdita della 1‐antitripsina poiché la rottura, la digestione di queste pareti è dovuta a un disequilibrio tra le proteasi prodotte dalle cellule infiammatorie e le antiproteasi che il nostro organismo mette a disposizione e che normalmente bloccano le proteasi. Quando c’è un deficit dell’antitripsina che è
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un’antiproteasi quadri conclamati di enfisemi panacinari si possono verificare chiaramente in fumatori dove si innesca un meccanismo per cui l’infiammazione cronica legata al fumo provoca l’accorsa di macrofagi che rilasciano le proteasi per cui si hanno questi quadri devastanti. Ricordate che l’enfisema paracinare porta a distruzione massiva del parenchima con formazione di vere e proprie bolle, le cosiddette bolle enfisematose ma sono quadri che si vedono raramente e poi chiaramente la distruzione dei vasi che sono presenti all’interno del parenchima può determinare un sovraccarico del cuore sinistro che va incontro a un ispessimento e si parla in questi casi di cuore polmonare cronico.
La Bronchite cronica che oltre ovviamente al problema infiammatorio che riduce il lume del bronco si ha la metaplasia, metaplasia squamosa vedete che qui le cellule che producono muco non ci sono più ma si sono appiattite e stratificate e formano i cosiddetti ponti intercellulari questi ponti intercellulari che mettono in comunicazione le cellule dell’epitelio squamoso sono diagnostiche proprio di epitelio squamoso.
Quindi le pneumopatie restrittive sono dovute a una perdita della capacità del polmone di espandersi e queste sono dovute all’infiltrato nell’interstizio per cui gli alveoli non riescono a dilatarsi di più.
Le pneumopatie restrittive sono quindi dovute ad un’infiammazione dell’interstizio o alla presenza di alcuni materiali come nelle pneumoconiosi che sono malattie professionali dovute all’accumulo di sostanze come il silicio o come l’asbesto.
Oppure patologie granulomatose per l’interstizio come la sarcoidosi, sarcoidosi è una malattia immunitaria di cui non si conosce bene l’etiologia, non si conosce bene l’antigene che la sostiene, anche in questo caso si avrà la formazione di granulomi però granulomi non necrotizzanti. In questo caso troveremo sempre un vallo esterno, uno più interno ma all’interno degli istiociti epitelio di manca la necrosi caseosa.
Quando parliamo di cellule epiteliodi ci riferiamo a istiociti che subiscono delle modificazioni che le rendono molto simili alle cellule epiteliali, il suffisso –oide indica “somiglianza a”
E poi la fibrosi abbiamo detto che è una risoluzione di tutte le infiammazioni interstiziali e quindi può essere secondaria a queste cause note però possono esistere anche delle fibrosi interstiziali idiopatiche di cui non si conosce la causa che ha provocato l’infiammazione nell’interstizio.
Le fibrosi sono responsabili quindi delle pneumopatie restrittive.
Per quanto riguarda invece i tumori del polmone, è un argomento un po’ complesso penso lo continueremo poi la prossima volta, in questa lezione affronteremo dei brevi cenni epidemiologici, per chi ha fatto Oncologia sicuramente queste cose le avrà già studiate.
Cenni epidemiologici e quindi la classificazione dei carcinomi e affronteremo la stadiazioni, sapete che i tumori vanno stadiati. L’approccio diagnostico, come sapete dobbiamo interfacciarci con i mezzi che abbiamo e poi la patologia molecolare predittiva che nel polmone negli ultimi anni ha assunto un ruolo fondamentale.
Sapete che il patologo negli ultimi anni ha cambiato un po’ il suo ruolo perché non fa soltanto diagnosi istologiche o immunoistochimica ma fa diagnosi molecolare che sono sia d’aiuto per formulare delle diagnosi corrette come per esempio nei linfomi che poi vedremo nelle prossime lezioni ma anche delle diagnosi predittive. Che cosa significa predittive, il termine più corretto è “Marker predittivo di risposta alla terapia” sicuramente avrete sentito parlare di erb2 nella mammella e quello è un marker predittivo, perché ovviamente dove l’espressione di HER2 nella mammella rende i pazienti sensibili a trattamenti
biologici mirati, trastuzumab, ne avrete sentito parlare, è un anticorpo monoclonale che va a bloccare l’attività di questo HER che è il recettore per il fattore di crescita. Quindi il fattore predittivo è un fattore che aiuta a capire l’andamento della risposta alla terapia, in genere è un fattore molecolare e non solo. Mentre che cos’è un fattore prognostico in oncologia, un fattore prognostico è un indice della progressione della malattia. Quindi un fattore prognostico può essere positivo, favorevole, nel senso che a parità di situazione un paziente che ha un fattore prognostico va meglio o un fattore prognostico può essere negativo o sfavorevole nel senso che un paziente va peggio di un altro a pari condizioni che non lo presenta.
HER2 in particolare non è soltanto un fattore prognostico per il carcinoma alla mammella nel senso che a parità di condizioni chi ha HER2 va peggio però c’è il vantaggio della terapia mirata che lo rende praticamente più favorevole. Quindi HER2 è un fattore prognostico sfavorevole ma è un marker predittivo che lo rende sensibile al trattamento con farmaci biologici.
Allora dal punto di vista epidemiologico il tumore al polmone registra un tasso di mortalità molto elevato nel mondo, si registrano ogni anno circa 170.000 nuovi casi di tumore al polmone e la mortalità è molto alta. Era molto alta anche qualche anno fa, ora si sta riducendo soprattutto per alcuni sottotipi tumorali che si avvalgono di terapie biologiche mirate. In particolare si calcola che dopo 5 anni soltanto il 15% di pazienti con tumori polmonari non resecabili sono vivi. Più del 50% di pazienti con tumore al polmone non si possono operare e l’intervento chirurgico rappresenta l’intervento terapeutico che garantisce un’aspettativa di vita sicuramente maggiore rispetto alla radioterapia e alla chemioterapia. Quindi gran parte dei pazienti arriva alla diagnosi che non può essere operato e quindi si esegue la radio o la chemio e di questi pazienti dopo 5 anni soltanto il 15% è ancora vivo.
Ovviamente il fumo di sigaretta rappresenta il maggior fattore di rischio per il tumore al polmone ma ricordate che esistono tumori al polmone non legati al fumo di sigaretta come alcuni adenocarcinomi. Esistono poi anche altri fattori di rischio.
L’incidenza della sopravvivenza dipende dall’istotipo, vedete che il carcinoma a piccole cellule ha una sopravvivenza molto bassa rispetto all’adenocarcinoma a diffusione lepidica (dopo spieghiamo perché si chiama così).
Un tempo la diagnosi era molto semplice poiché bastava distinguere il carcinoma a piccole cellule da quelli che non erano carcinomi a piccole cellule e infatti si è introdotto negli anni passati un concetto che forse non troverete in nessun altro capitolo della patologia oncologica che è il “non” cioè noi definiamo dei tumori che non sono altri.
Quindi abbiamo carcinomi a piccole cellule e carcinomi non a piccole cellule. Perché questa distinzione, perché prima per il carcinoma non a piccole cellule la terapia era sempre uguale, quindi all’oncologo importava poco come lo definivamo, se lo definivamo squamoso o altro, tanto il fatto di trovarsi davanti ad un carcinoma non a piccole cellule lo portava a eseguire sempre la stessa terapia.
Ovviamente questo è cambiato e quindi la definizione nell’ambito dei carcinomi non a piccole cellule che comunque come termine è rimasto infatti ora il paziente con un carcinoma squamoso farà una terapia diversa, anzi esistono casi in cui un errore diagnostico nel caso di adenocarcinoma e carcinoma squamoso, che provoca dei problemi seri, voi non so se avete mai sentito parlare del bevacizumab che è un fattore antiangiogenetico e riduce quindi la vascolarizzazione del tumore e quindi l’approviggionamento di
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ossigeno da parte del tumore. Il bevacizumab può essere utilizzato nell’adenocarcinoma ma non nello squamoso, anzi nello squamoso provoca delle grosse complicanze emorragiche che possono essere fatali.
Questo diciamo che nella maggior parte dei casi la diagnosi differenziale tra un adenocarcinoma e uno squamoso abbastanza semplice, ma non è sempre semplice, quindi noi ci dobbiamo avvalere di metodiche immunoistochimiche che ci rendono la vita più semplice.
Questa è la nuova classificazione, voi avrete già visto l’immagine del bluebook del WHO, esistono bluebook del WHO per ogni distretto, nel 2015 è stata rilasciata la nuova classificazione dei carcinomi del polmone, la precedente risaliva al 2006 ed ha radicalmente cambiato la categoria dell’adenocarcinoma, vedremo poi questi aspetti nel dettaglio.
Lo squamoso è il tipico carcinoma del fumatore nell’anziano, è aumentata l’incidenza dell’adenocarcinoma che si trova anche nel non fumatore probabilmente perché è aumentata la qualità diagnostica, ora gli anatomopatologi utilizzano l’immunoistochimica, i markers tumorali, che prima non c’erano.
Esistono come in ogni tumore che si rispetti delle lesioni precancerose, sia per quanto riguarda gli adenocarcinomi sia per quanto riguarda il carcinoma squamoso.
Qui abbiamo un epitelio ciliato con forse qualche cellula mucipara, ma questo è un tipico epitelio respiratorio normale. L’epitelio normale respiratorio però voi sapete che va incontro a fenomeni di metaplasia squamosa, ecco perché noi abbiamo il carcinoma squamoso. Ricordate quindi che il carcinoma squamoso insorge su aree già metaplasiche, la metaplasia di per sé non è una lesione precancerosa ma è un sistema di adattamento perché gli epiteli squamosi sono quelli più resistenti, e quindi un epitelio respiratorio per difendersi dall’attacco del fumo cambia il programma e forma un eptelio pluristratificato che lo rende più resistente. Ricordate questo in generale per quanto riguarda i Carcinomi. Quando noi parliamo di carcinomi ci riferiamo a tumori Epiteliali.
Esistono due grosse categoria di Carcinomi:
Adenocarcinomi dagli epiteli ghiandolari Carcinomi da epiteli di rivestimento che sono per lo più epiteli squamosi e quindi
dall’epidermide (epitelio più diffuso) a tutti gli epiteli a contatto con l’esterno, quindi la mucosa orale, quella dell’ano, della vagina, del naso ecc.
Quindi tutte le mucose a contatto con l’esterno sono rivestite da un epitelio squamoso, ma anche l’esofago, l’esofago ha bisogno di un epitelio particolarmente resistente. Perché? Perché è attraversato da cibi caldi, freddi ecc.
L’epitelio squamoso a livello respiratorio origina da un epitelio metaplasico e da qui può nascere un carcinoma squamoso.
Il concetto di displasia negli epiteli squamosi è legato alla mancanza di proliferazione delle cellule dalla base alla superficie. Quando questa immaturità coinvolge l’intero spessore dell’epitelio squamoso allora parliamo di CARCINOMA IN SITU. Che differenza c’è tra un carcinoma in situ e un carcinoma infiltrante? E’ un parametro istologico. Il carcinoma in situ non dovrebbe dare problemi perché il tumore non ha raggiunto i vasi e non può diffondere in tutto l’organismo.
IMMAGINE :Qui abbiamo un tumore che sta cominciando a infiltrare. Qui vedremo cellule di tipo respiratorio,qui abbiamo un epitelio squamoso caratterizzato da questo aspetto irregolare del tumore nei confronti del corion,cioè il connettivo di sostegno degli epiteli. Ovviamente nella progressione dall’epitelio
squamoso normale al carcinoma infiltrante si hanno numerose alterazioni molecolari che rendono il tumore maggiormente aggressivo nei confronti del corion,nei confronti dei vasi,quindi aumenta la potenzialità metastatica che ogni carcinoma maligno ha. Il carcinoma squamoso si presenta di solito come una massa che è centrale . E’ chiaro che il carcinoma squamoso che origina dall’epitelio squamoso si sviluppa nei bronchi,non nel parenchima alveolare del polmone,quindi sono necessariamente dei tumori centrali,mentre gli adenocarcinomi possono essere sia centrali sia periferici perché possono avere origine dalle cellule sia bronchiali sia alveolari. I carcinomi squamosi sono tumori legati al fumo di sigaretta quindi non esistono nei pazienti NON fumatori. Quali sono gli elementi che ci consentono di distinguere un carcinoma squamoso? 1 ‐ La formazione di cheratina (voi sapete che la cheratina si trova in particolare nell’epidermide che cheratinizza),però vi ricordo che non tutti gli epiteli squamosi cheratinizzano. Nell’ambito dei carcinomi squamosi distinguiamo i carcinomi cheratinizzanti e non cheratinizzanti. Questo dal punto di vista prognostico e terapeutico non significa niente,è una valenza che noi aggiungiamo. 2‐ Un altro elemento che ci consente di definire un carcinoma squamoso è la formazione di quei ponti intercellulari che seguono proprio delle cerniere che collegano le cellule le une alle altre. Quindi la cheratina e i ponti intercellulari sono gli elementi diagnostici dei carcinomi squamosi.
I carcinomi vanno gradati. Vi ricordate il concetto di GRADING? Nella maggior parte dei casi quando parliamo di GRADING ci riferiamo alla cellula di origine: quanto più la cellula somiglia a quella da cui deriva ci troviamo dinanzi ad un carcinoma ben differenziato,ovvero G1. Quando noi riconosciamo di trovarci dinanzi ad un carcinoma squamoso,però la cellula tumorale è molto diversa dalla cellula da cui deriva allora ci troviamo di fronte ad un G3,cioè un alto grado. Il grading è un elemento prognostico nella maggior parte dei tumori e chiaramente un tumore ben differenziato è prognosticamente più favorevole rispetto ad un carcinoma meno differenziato e tendenzialmente più aggressivo. Il concetto di grading si basa anche sull’architettura delle cellule.
IMMAGINE: Quindi abbiamo carcinomi squamosi del polmone che formano cheratina. Quella che vedete all’interno è la cosiddetta PERLA CORNEA che è la cheratina che di solito troviamo sulla superficie dell’epidermide,in questo caso s’incista in un nido tumorale. Quindi queste sono cellule tumorali in periferia e questa è cheratina che forma proprio un nido che viene definito PERLA CORNEA. Il citoplasma delle cellule squamose è piuttosto ampio,un nucleo piccolino e un nucleolo che non sempre si vede. Questo è un elemento importante perché la presenza di un nucleolo evidente è indice di ADENOCARCINOMA! Ovviamente i tumori possono essere moderatamente differenziati quando le perle cornee sono molto scarse,oppure essere scarsamente differenziati.
IMMAGINE: Qui vedete ancora un tumore squamoso con cheratina disposta a lamelle e qui vedete ancora perle cornee e i ponti. Vedete questi ponti,le strie bianche che stanno tra una cellula e l’altra e sembrano delle cerniere;questi ponti sono delle giunzioni che queste cellule continuano a mantenere nelle forme ben differenziate. Ovviamente la perdita delle giunzioni è uno dei parametri che consente alla cellula di”infiltrare”i vasi. Però i ponti anche ben formati possono essere evidenti anche nelle metastasi. Questo è un reperto bioptico di materiale rinvenuto nel corso di broncoscopia.
Esistono varianti di carcinoma squamoso e in alcuni casi le cellule possono differenziare talmente tanto che assumono un aspetto sarcomatoide. Come abbiamo detto prima,quando parliamo di carcinoma sarcomatoide parliamo di carcinoma che assomiglia al SARCOMA. Il SARCOMA è un tumore mesenchimale che nella maggior parte dei casi è formato da cellule fusate. In questo tumore,vedete,esiste una componente di tipo epiteliale squamoso e accanto c’è una componente a cellule fusate molto brutta dal punto di vista citologico. In questo caso si parla di CARCINOMA SARCOMATOIDE perché l’origine è sempre
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dalla cellula epiteliale(per questo carcinoma),ma in questo caso la cellula assume un aspetto molto simile al sarcoma.
E poi abbiamo gli ADENOCARCINOMI. Anche gli adenocarcinomi,in genere,sono tumori periferici che originano da strutture aeree terminali,hanno un loro precursore istologico che è l’IPERPLASIA ADENOMATOSA. All’interno delle strutture alveolari che conoscete sono presenti queste cellule con setti molto sottili tra un alveolo e l’altro,esistono cellule che non sono le classiche cellule piatte,ma sono un poco più voluminose,un poco più ovoidali. Questa è l’iperplasia adenomatosa che si osserva nelle vie aeree inferiori,in particolare negli alveoli. In generale sono periferici,ma possono essere anche centrali.
IMMAGINE: Questo è un adenocarcinoma che è un po’ più centrale,ma comunque viene detto periferico. Vedete ci sono altri noduli;sono delle metastasi intraparenchimali. L’adenocarcinoma può dare metastasi all’interno dello stesso polmone,ma anche a livello del polmone contro laterale con questo aspetto che definiremo MILIARIFORME perché ricorda un po’ la fase miliare della tubercolosi con questi puntini addensati che si trovano all’interno del parenchima polmonare.
La nomenclatura degli adenocarcinomi è un po’ cambiata. Voi avrete sicuramente sentito parlare di ADENOCARCINOMI BRONCHIOLO‐ALVEOLARI. Questo nome è stato completamente cambiato in ADENOCARCINOMA A DIFFUSIONE LEPIDICA. L’ADENOCARCINOMA IN SITU,che vedremo è il precursore diretto dell’adenocarcinoma del polmone,ha esclusivamente una definizione dimensionale. Quindi si definisce adenocarcinoma in situ un tumore che ha una dimensione minore ai 3 cm e istologicamente ha l’aspetto di un adenocarcinoma a diffusione lepidica(ex bronchiolo‐alveolare). Gli alveoli polmonari abbiamo detto che sono rivestiti da cellule piatte distinte in cellule di I e II tipo. L’adenocarcinoma a diffusione lepidica è costituito da cellule neoplastiche che diffondono lungo la via bronchiolo‐alveolare che perde la propria funzione respiratoria,quindi è un tumore che non infiltra ed era considerato un tempo benigno alla stregua del carcinoma in situ. In realtà gli adenocarcinomi ex bronchiolo‐alveolari diffondono lungo le vie e possono coinvolgere l’intero polmone comprimendolo completamente e portando alla morte del paziente per un soffocamento dovuto all’incapacità del polmone di aerare. Anche questo tumore è maligno quando supera i 3 cm. Vedete queste cellule,sono un po’ più voluminose con questi nuclei che producono degli spazi aerei.
Esistono una serie di adenocarcinomi del polmone: l’ADENOCARCINOMA ACINICO che è quello che forma le ghiandole o che deriva da un epitelio di tipo ghiandolare,il CARCINOMA PAPILLARE che è un adenocarcinoma perché deriva da epiteli ghiandolari,ma formano papille che vedete qui come spazi aerei allungati ,costituiti da cellule con sottili assi vascolari,oppure non formano più lumi ghiandolari,ma hanno un aspetto solido(questo pone un problema di diagnosi differenziale con carcinoma squamoso ed è importante distinguere un adenocarcinoma solido da un carcinoma squamoso per tutte le problematiche terapeutiche di cui abbiamo parlato),e poi abbiamo una variante particolare di tumori che poi vedrete sicuramente nella mammella e ancor più nello stomaco,gli ADENOCARCINOMI MUCINOSI. Le cellule di questo tumore hanno un citoplasma molto ampio con nucleo spostato alla periferia. Questo cosa sembra (mostra un’immagine)? Un nucleo alla periferia con un citoplasma ricco di muco che sposta il nucleo alla periferia. Questo somiglia ad un anello con castone. Vengono detti mucinosi perché producono muco. Li ritroviamo nella mammella,nella prostata e anche nello stomaco.
Ora,ritornando al grading,abbiamo detto che è un parametro prognostico che ci indica dal punto di vista istologico la somiglianza delle cellule neoplastiche rispetto a quelle da cui si presume abbiano avuto origine. Ma non è sempre così perché gli adenocarcinomi del polmone si gradano in base al pattern di crescita. Abbiamo visto i vari patterns dell’adenocarcinoma polmonare,ma uno di questi è quello prevalente perché
la maggior parte dei casi di adenocarcinomi sono quelli misti. Possiamo avere componenti lepidiche,aciniche,solide,papillari,diversamente combinate. In base alla componente prevalente noi possiamo gradare l’adenocarcinoma del polmone. In particolare i tumori che hanno una prevalente componente solida e micro papillare sono quelli più aggressivi,quindi vengono identificati come tumori degli adenocarcinomi di alto grado;i tumori che contengono una prevalente componente papillare o acinica vengono definiti di grado intermedio,mentre i tumori che hanno una prevalente componente lepidica sono definiti tumori di basso grado perché di fatto non hanno infiltrato lo stroma,hanno permeato le vie aeree,diffondono attraverso le vie aeree. Chiaramente la definizione alto grado,basso grado non è una definizione istologica,ma una definizione clinica. Noi sappiamo che i tumori con prevalente pattern solido sono quelli più aggressivi. Quando noi formuliamo un referto anatomo‐patologico tumorale diamo delle informazioni prognostiche,istiotipo,differenziazione,se ci sono degli emboli dei vasi intorno al tumore,lo stadio,insomma,parametri prognostici. Anche la semplice morfologia,il semplice istiotipo sono dei semplici parametri prognostici che un clinico deve valutare per pianificare un intervento migliore per quel paziente.
Il problema più importante nella diagnosi differenziale di un tumore è la distinzione tra ADENOCARCINOMA SOLIDO e CARCINOMA SQUAMOSO. E’ importante questa distinzione perché il paziente avrà dei trattamenti diversi. In particolare,chi avrà un adenocarcinoma potrà fare il BEVACIZUMAB,oppure potrà fare un chemioterapico abbastanza comune,il PEMETREXED,usato solo nell’adenocarcinoma e NON nel carcinoma squamoso,che verrà trattato,invece,con il CISPLATINO.
Per fare diagnosi corretta l’immunoistochimica ci viene in soccorso. TTF‐1 identifica un fattore di trascrizione prodotto principalmente nella tiroide,ma anche nel cuore. E’ positivo esclusivamente negli adenocarcinomi dei polmoni. Se si tratta di un carcinoma squamoso questo sarà negativo. Il TTF‐1 è un marker ad altissima sensibilità e ad altissima specificità. La p63 è un marker epiteliale,ma in questo contesto marca carcinomi squamosi,non è un marker del tutto affidabile,non è sensibile,non è specifico. Può essere positiva negli adenocarcinomi. Esiste un 10% dei casi in cui il TTF‐1 è negativo anche negli adenocarcinomi,però quelle stesse cellule saranno negative anche a p63. TTF‐1 sarà positivo nella stragrande maggioranza dei casi di adenocarcinoma ! Quando ci troviamo dinanzi a un caso TTF‐1 positivo è sicuramente adenocarcinoma,quando è negativo ed è negativa anche la p63 può essere anche un adenocarcinoma. Nello squamoso la p63 è SEMPRE positiva. La p63 la dobbiamo analizzare anche negli adenocarcinomi però è debole è sfocata,non è diffusa come nei carcinomi squamosi,quindi c’è anche questo parametro di intensità e diffusione che va valutato sempre. Chiaramente voi immaginate che l’anatomia patologica è una disciplina ad ampio spettro in quanto abbraccia tutte le patologie. Però anche nel nostro settore esistono competenze specifiche nei vari campi, esiste l’esperto di linfomi, di mammella, di colon etc. Ovviamente la diagnosi anatomo‐patologica “banale” la devono fare tutti, però ricordate che anche nell’anatomia patologia esiste una certa specializzazione legata alle competenze. Dovete immaginare che noi interpretiamo dei dati, non esiste una macchina che ci dice il risultato. Il nostro è un lavoro di interpretazione legata ad uno studio continuo, competenze ed una certa predisposizione.
Esiste nell’ambito dei carcinomi polmonari, una minima componente di carcinomi cosiddetti “misti” in particolare il carcinoma “ADENO‐SQUAMOSO”, vedete già dal nome che combina sia aspetti squamosi che componenti dell’adenocarcinoma, sono in genere più aggressivi di entrambe le componenti prese singolarmente.
E poi abbiamo l’altro capitolo dei tumori che è quello dei carcinomi NEUROENDOCRINI. Sono tumori diffusi un po’ in tutto il nostro organismo, derivano da cellule di derivazione neuro‐ectodermica che si trovano
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ovunque, in tutte le mucose e in particolare l’apparato digerente come nel pancreas. Sicuramente sapete benissimo cos’è una cellula neuroendocrina, che è diffusa e che costituisce il sistema APUD. Dove si trovano queste cellule neuroendocrine nel polmone? Si trovano in genere a livello dello strato basale dell’epitelio bronchiale soprattutto la dove ci sono delle ramificazioni: vanno a formare il cosiddetto “corpo neuro‐epiteliale”. Sono cellule piccole. Sapete che in patologia oncologica uno dei riferimenti morfologici più importanti è la dimensione. Si usa come riferimento sempre il linfocita (o il globulo rosso) che ha dimensione di 7‐10micron. In base a questo definiamo che le cellule sono piccole, medie, grandi. Quindi quando dico piccole cellule (come nel k a piccole cellule) intendo cellule della dimensione più o meno di un linfocita. Al microscopio non posso misurare le singole cellule, quindi le confronto con il linfocita o il globulo rosso.
Esistono in generale 3 grosse categorie di tumori neuro‐endocrini:
carcinomi neuroendocrini ben differenziati carcinomi neuroendocrini moderatamente differenziati carcinomi neuroendocrini poco differenziati
Questo quadro vale per tutti i distretti tranne per il polmone dove sono rimaste terminologie antiquate:
Quelli differenziati (di basso grado):
Carcinoide tipico che corrisponde al carcinoma neuroendocrino ben differenziato, a prognosi più favorevole, raramente da metastasi. INDICE MITOTICO minore di 2 mitosi per HPF (v. dopo) e assenza di NECROSI
Carcinoide atipico carcinoma neuroendocrino moderatamente differenziato, più cattivello del precedente, hanno INDICE MITOTICO superiore di 2 mitosi x HPF (High Power Field, obiettivo che consente all’operatore di vedere a ingrandimento di 400 volte) e/o presenza NECROSI.
La differenza quindi è sia clinica, sia anatomopatologica.
I carcinomi neuroendocrini poco differenziati (di alto grado) invece possono avere tre nomi:
carcinoma neuroendocrino a piccole cellule (microcitoma): molto aggressivo, diagnosticato sempre in fase avanzata, tipico dei fumatori. I tumori a piccole cellule rappresentano circa il 20% di tutti i tumori del polmone (il restante 80% è detto “non a piccole cellule”), producono sostanze neuropeptidiche responsabili delle sindromi paraneoplastiche come la diarrea che è tipica.
All’osservazione osserviamo cellule piccole (in riferimento ad un linfocita), cellule con poco citoplasma, i nuclei molto delicati che appaiono stirati per dispersione della cromatina dovuta al prelievo stesso che distrugge i già fragili nuclei, vediamo strie bluastre segno di dispersione cromatinica. Hanno un pattern diffuso, che non forma ghiandole.
carcinoma neuroendocrino a grandi cellule: strettamente imparentato a quello a piccole cellule, anch’esso tipico dei fumatori, la sua incidenza sta diminuendo. Per molto tempo la sua origine è stata sconosciuta e quindi tutti i tumori con cellule più grandi erano detti “a grandi cellule”. Oggi sappiamo, grazie ai marker immunoistochimici, che l’80% esprime il TTF‐1 e quindi sono probabilmente di origine ghiandolare (come detto prima possibilità di somministrare bevacizumab e pemetrexed) mentre il 20% esprime, anche se meno intensamente, il p63 e quindi sono probabilmente di origine squamosa. Un piccolo subset non può essere incluso né tra gli squamosi né tra i ghiandolari e quindi viene detto ancora “a grandi cellule” nonostante l’utilizzo dell’immunoistochimica.
forme miste che combinano sia grandi che piccole cellule: che hanno anch’essi differenziazione neuroendocrina.
Questi sono tumori, i carcinoidi, ad andamento cosiddetto organoide, cioè formano noduli nello stroma riccamente vascolarizzato oppure possono formare delle strutture similghiandolari che non si chiamano però ghiandole ma rosette dalla forma tipica di rosa con lume centrale.
Possono essere centrali cioè al ridosso di un bronco principale (li riconoscete degli anelli cartilaginei, la loro ostruzione dà polmonite lobare), oppure periferici. Quelli dei fumatori sono di solito centrali.
Per individuare le cellule neuro‐endocrine possiamo cercare uno dei 3 seguenti marker istochimici (immunoprofilo):
1. cromogranina A (CgA) 2. sinaptofisina 3. CD56 (NCAM)
I carcinoidi tipico e atipico di solito esprimono tutti e tre i marker, mentre invece quelli ad alto grado possono perderne 1 o raramente 2. Comunque per essere definito neuroendocrino deve avere almeno due marker.
Si utilizza la DiaminoBenzidina (DAB), che precipita in presenza di una reazione antigene‐anticorpo dando colore marroncino, per individuarli.
Riepilogo sulle problematiche diagnostiche: più del 50% dei tumori vengono diagnosticati in fase avanzata, nelle lesioni periferiche il prelievo è TAC guidato (introducendo un ago dall’esterno, biopsia percutanea) poiché le lesioni sono profonde e intratoraciche (difficoltà in più rispetto ad un tumore come quello della mammella), gli aghi utilizzati sono di dimensioni minori poiché il polmone è un organo particolare, con rischio di emopneumotorace. Quello che si può fare, in base all’esperienza e l’audacia dei radiologi, è utilizzare aghi molto sottili che danno un semplice citologico, l’ideale sarebbe un prelievo di tessuto (come per tutte le neoplasie) che consente una serie di indagini, ma ciò molto spesso non è possibile. Per questo esistono delle alternative. Una è quella del “Cell Block”: è un prelievo agoaspirativo, ciò che è aspirato però viene messo in un fissativo, centrifugato e trattato come un prelievo istologico con la conseguente processazione permettendo di fare diverse indagini con lo stesso prelievo.
L’ideale è comunque la biopsia (materiale istologico e non citologico) che può essere fatta al massimo per piccolissimi frammenti tumorali che non consentono di fare tutto ciò che vorremmo fare.
Il broncoscopio ci permette di prelevare le neoplasie centrali, soprattutto le squamose che originano dai bronchi, con prelievo istologico o citologico. La lesione può essere centrale endobronchiale, facilmente bioptizzabile con pinze bioptiche o ago aspirati in corso di broncoscopia, o centrale extrabronchiale e qui bisogna penetrare il bronco e prelevare con aghi di diverse dimensioni la lesione nel parenchima (prelievo per ago sottile di una lesione al ridosso delle vie aeree). Si può fare un washing bronchiale, laviamo i bronchi, raccogliendo il materiale che viene inviato. Oppure quando vediamo la lesione possiamo fare un
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brushing, con spazzoline che con il broncoscopio sono introdotte fino alla lesione e ci permettono ovviamente solo di fare un citologico.
Possiamo infine avvalerci di una tecnica più recente che è l’EBUS, ecografo molto sottile che ci consente di visualizzare nell’ambito di una broncoscopia la lesione al di fuori del bronco e di fare un prelievo direzionale eco‐guidato.
L’alternativa è la MEDIASTINOSCOPIA, si fa un taglio nella parte superiore del mediastino, il giugulo, si entra nel mediastino con un endoscopio e si effettua il prelievo guardando dell’esterno.
Come detto, quando è parenchimale ma centrale si fa mediante broncoscopia con la guida, mentre se è più periferica si fa l’agobiopsia TAC‐guidata.
Spesso tutto ciò non è sufficiente e i pazienti possono ricorrere alla V.A.T.S. (Video‐Assisted‐Thoracic surgery) videotoracoscopia, tecnica chirurgica video‐guidata, si entra nella gabbia toracica e si provvede alla biopsia della lesione.
L’anatomo patologo è chiamato spesso a valutare se i prelievi sono adeguati con controllo citologico estemporaneo durante l’intervento (ottimizza i tempi evitando di dover ripetere le indagini invasive): Egli fa una colorazione rapida del materiale prelevato dal broncoscopista e può dire se c’è materiale sufficiente per fare una diagnosi (non può fare diagnosi ma solo dire se vi sono i requisiti), quindi verrà inviato all’anatomia patologica.
Stadiazione e Patologia molecolare nelle prossime lezioni.
Lezione 25/11/2015
Tumori polmonari:
Per quanto riguarda il tumore squamoso l’origine è sempre a livello bronchiale. In situazioni particolari,come un soggetto fumatore, si ha una metaplasia squamosa che è una protezione dal fumo di sigaretta , per poi arrivare ad una displasia di grado variabile fino al carcinoma in situ da cui origina la forma infiltrante. Un carcinoma è infiltrante quando supera la membrana basale,cosa visibile solo con una diagnosi istologica. Il carcinoma squamoso è riconoscibile perché in una parte dei casi fa cheratina e ,quando questa viene ad essere incistata dalle cellule neoplastiche ,si forma la ’ perla cornea’ e perché ci sono i ponti che formano come dei binari tra una cellula e l’altra. Per il carcinoma squamoso la gradazione è quella classica e si riferisce alla somiglianza che c’è tra epitelio tumorale ed epitelio epidermico, sia per la presenza di cheratina sia la presenza dei ponti. Le perle cornee occupano piu del 50 % dell’epitelio. Quando il carcinoma è scarsamente differenziato non si vedono né ponti né cheratina . Esistono aspetti particolari di carcinomi squamosi come i sarcomatoidi, detti così perchè somigliano al sarcoma in quanto, quando le cellule si differenziano in modo profondo, ricordano quelle mesenchimali presentando un aspetto fusato.
Il precursore degli Adenocarcinomi è l’iperplasia adenomatosa atipica che si sviluppa all’interno delle strutture alveolari o nei bronchioli terminali. Il profilo degli alveoli rimane lo stesso ma cambiano le cellule che non sono più piatte e ma sono piuttosto voluminose. Dal punto di vista clinico, radiografico e biologico si distinguono in periferici e centrali a seconda dell’ origine .Quando il tumore è periferico è un adenocarcinoma, quando è centrale, cioè è contatto con i bronchi principali, è potenzialmente squamoso ma potrebbe essere anche un adenocarcinoma. L’ adenocarcinoma polmonare in situ, a differenza degli adenocarcinomi degli altri distretti, ha una distinzione ben precisa perchè oltre a non infiltrare la tonaca sottostante deve essere anche inferiore ai 3 centimetri. È un tumore che ha una diffusione lepidica per cui il profilo degli alveoli rimane lo stesso e le cellule neoplastiche vanno a ricoprire gli spazi alveolari . Quando questa tipologia di tumore non infiltrante supera i 3 cm va trattato come un adenocarcinoma infiltrante. Adenocarcinomi nel polmone possono essere in varia forma: ci sono quelli lepidici e le forme vere e proprie infiltranti che sono l’adenocarcinoma acinare che deriva direttamente dal lepidico quando comincia a infiltrare lo stroma e cioè forma lumi ghiandolari normali come qualsiasi adenocarcinoma e poi ci sono forme particolari tipo quelle papillari, in cui il tumore si organizza a formare delle papille e quelli solidi in cui è raro vedere i lumi ghiandolari, in alcuni punti può sembrare addirittura un carcinoma squamoso. La differenziazione tra tumore squamoso ed adenocarcinoma è importantissima in quanto il paziente si sottopone a differenti terapie, ad esempio il bevacitzumab ed il pemetrexed si usano nell’adenocarcinoma e non nello squamoso, trattare uno squamoso con questi farmaci sarebbe inefficace per il tumore e dannoso per il paziente. La maggior parte dei tumori è diagnosticata in fase avanzata per cui un campione bioptico senza immunoistochimica non permette di fare diagnosi avanzata. Poi c’è quello a signet ring cell in cui il muco prodotto rimane nella cellula tanto che il nucleo è spostato alla periferia dando immagine ad anello a castone , ci sono laghi di muco in cui le cellule galleggiano (cosa visibile anche in tumore di prostata o mammella ecc) .Il Grading di adenocarcinoma a differenza degli altri grading si basa proprio sull’ aspetto del tumore. Nella maggior parte dei casi gli adenocarcinomi sono misti e il nome si attribuisce a seconda dell’aspetto che prevale. Quelli più aggressivi sono i G3, misti o puri che contengono componenti del signet per esempio, sono di basso grado quelli che hanno aspetto lepidico. Possono essere anche misti con aspetto di tumori squamoso e di adenocarcinoma contemporaneamente.
Apriamo poi il capitolo dei Carcinomi Neuroendocrini che derivano dalle cellule neuroendocrine (molto diffuse nel nostro organismo). Tra questi ci sono i carcinoidi tipici e quelli atipici , la differenza sta nel
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numero delle mitosi. Il cut‐off è 2 mitosi per 10 HPF (campi a maggiore ingrandimento), se le mitosi sono più di 2 per 10 HPF il carcinoide è atipico, se sono inferiori è tipico. I tumori neuroendocrini esprimono marker neuroendocrini che sono : la cromogranina , la sinaptofisina e il CD56. Per poter fare diagnosi di tumore neuroendocrino almeno due di questi marker devono essere positivi ( vale per i neuroendocrini di tutti i distretti, non solo per quello polmonare) e poi ci sono i carcinomi neuroendocrini di alto grado. I neuroendocrini difficilmente si possono operare perché diagnosticati spesso in fase avanzata. L’aspetto è diffuso non ci sono perle cornee, ci sono cellule molto piccole che ricordano i linfociti,la cromatina viene frequentemente dispersa nello stroma e lo si vede soprattutto nelle biopsie.
Carcinomi a grandi cellule (grandi cellule riferendoci ai parametri dati dai globuli rossi e dai linfociti) negli ultimi anni si è visto che in realtà derivano dagli squamosi o dagli adenocarcinomi.
Il Ttf1 nell’ambito del gruppo dei carcinomi non a piccole cellule è il marker positivo degli adenocarcinomi e negativo negli squamosi. Ttf1 sta per fattore di trascrizione tiroideo.
Infatti è un marker spesso iperespresso anche dai tireociti però negli adenocarcinomi è iperespresso nel 90% dei casi, mentre la p63 è un marker più specifico che colora i carcinomi squamosi. Quando noi abbiamo pochissimo materiale ci avvaliamo di questi anticorpi per fare diagnosi, alcuni dei quali sono particolarmente differenziati. Ad esempio per gli adenocarcinomi solidi che comunque sembrano dei carcinomi squamosi abbiamo necessità di classificarlo meglio. Quindi facciamo il TTF1 che è un marker tipico del 90 % degli adenocarcinomi e poi abbiamo la p63 che invece colora i carcinomi squamosi. Esistono anche adenocarcinomi che sono negativi per TTF1 e sono anche negativi per p63. Anche i tumori a piccole cellule sono positivi a TTF1, questo per segnalare che l’immunoistochimica non è in genere diagnostica ma deve partire sempre da un presupposto morfologico. Quindi quando io devo fare la diagnosi differenziale tra carcinoma squamoso e adenocarcinoma va fatto il TTF1, però se il mio problema è il microcitoma devo tenere presente che il TTF1 è positivo anche in questo caso.
STADIAZIONE: la stadiazione si basa sulla classificazione TNM. T sta per tumore, N sta per linfonodi ed M sta per metastasi. La stadiazione dei tumori può essere una stadiazione clinica e viene fatta sulla base degli esami strumentali e in questo caso il TNM è fatto precedere dalla lettera “c”; quando invece viene fatto precedere dalla lettera “p” è una stadiazione patologica; quando è preceduta dalle lettere “yp” è indicativo di una stadiazione di un tumore fatta dopo chemioterapia che quindi ha subito delle variazioni. La T indica le dimensioni del tumore ma non è sempre così, in realtà essa indica l’”estensione” : in genere negli organi parenchimatosi è la dimensione che fa la T, almeno negli stadi iniziali; nei tumori che nascono sulle superfici come ad es la cute oppure organi cavi quello che fa la T è lo spessore e quindi l’infiltrazione. Quindi un tumore più è superficiale più sarà di basso T e più è profondo più sarà di alto T. Immaginate un tumore del colon di 10 cm nella sua estensione massima questa informazione non mi dà un’idea della T, quello che è importante è lo spessore della parete, perché potrà infiltrare pochissimo e la T sarà comunque bassa. Se ho un tumore della mammella di 5 cm allora a quel punto sto dando una definizione della T e possiamo dire che quel tumore è in T2.
STADIAZIONE DEI POLMONI: sono organi parenchimatosi e quello che inizialmente rende il parametro T è proprio la dimensione. Quindi vedete che nei primi stadi quello che incide sulla T è la dimensione.
T1= tumore <3cm
T1a= tumore < 2 cm T1b= tumore >2 cm
T2= tumore compreso tra 3 e 7 cm
T2a= fino a 5 cm T2b= tra 5 e 7
In T2 si aggiungono altri parametri:
‐interessamento del bronco principale a 2 cm (distali) dalla carena (questo è il caso di un tumore centrale)
‐invasione della pleura viscerale: anche un tumore di 1 cm (adenocarcinoma, che è sempre periferico) che infiltra la pleura viscerale diventa T2 indipendentemente dalle dimensioni
‐tumore associato ad atelettasia
T3= tumore >7 cm
T4= infiltrazione di strutture che stanno al di fuori del polmone.
(Ovviamente le stadiazione non dovete saperle a memoria all’esame!E’ impossibile impararle tutte, però i principi fondamentali della stadiazione è importante che li sappiate)
Immagine di microscopia à
CARCINOMA SQUAMOSO: il tumore non forma ghiandole e ci sono binari tra le cellule che sono i ponti intercellulari.
Nei MICROCITOMI , TUMORI NEUROENDOCRINI DI ALTO GRADO, esistono anche carcinomi neuroendocrini di alto grado a grandi cellule che sono strettamente imparentati ai microcitomi, la stadiazione è diversa.
Nel 30% dei casi abbiamo una malattia limitata e quindi la classificazione TNM non ha nessun valore oppure abbiamo la malattia diffusa. Nella forma limitata il tumore è limitato ad un emitorace, un polmone, quando ci sono anche delle metastasi che sono ipsilaterali mediastiniche o sopraclaveari oppure quando ci sono dei versamenti pleurici.
E’ avanzata e diffusa quando il tumore sta anche all’altro polmone oppure ha già dato metastasi a distanza.
DIAGNOSI: ci avvaliamo di diverse tecniche, in particolare la ROSE (Rapid observation on site examination), è una valutazione che il patologo fa in corso di prelievo da parte dell’operatore sotto TC per valutare se il materiale che invierà alla diagnosi è idoneo per fare una diagnosi conclusiva. L’operatore lascia l’ago e aspetta la risposta del citologo per capire se quel materiale è utile altrimenti farà un’altra agoaspirazione o sposterà l’ago per centrare il tumore.
ALTERAZIONI MOLECOLARI
Negli ultimi anni è molto cambiato l’approccio terapeutico al carcinoma del polmone. In passato l’unica distinzione che dovevamo fare era “piccole cellule” e “non a piccole cellule” ora le distinzioni sono più corpose che devono essere fatte nell’ambito dei “non a piccole cellule” che sono più dell’80% dei tumori polmonari e questo perché in passato i pazienti con carcinoma “non a piccole cellule” dovevano fare chemioterapia al cis‐platino ed era uguale per tutti (la distinzione di terapia veniva fatta più sullo stadio). La terapia in prima linea si fa quando la malattia è localmente avanzata e in seconda linea quando la malattia avanza nonostante la terapia. La distinzione principale che va fatta nell’ambito dei “non a piccole cellule” è
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principalmente tra adenocarcinoma e carcinoma squamoso perché il PEMETREXED ed il BEVACIZUMAB vanno usati nell’adenocarcinoma (come chemioterapici). Poi si sono anche sviluppati dei farmaci molecolari biologici che vanno ad agire contro le principali alterazioni molecolari. Le due principali alterazioni molecolari sono: mutazioni di EGFR che è un recettore di un fattore di crescita (EGF) e di ALK che è un recettore sempre tirosin chinasico contro i quali esistono dei farmaci che vengono attualmente utilizzati nella terapia senza parlare di tutta un’altra serie di alterazioni per i quali esistono farmaci usati solo in determinati casi clinici. In un tumore al polmone (adenocarcinoma) vanno cercate queste mutazioni:mutazione di EGFR che rende i pazienti sensibili al trattamento con gli inibitori specifici (erlotinib e gefinitib).
Farmaci che terminano con “ab”= anticorpi monoclonali che vanno a bloccare il recettore(trastuzumab)
Farmaci che terminano con “ib”= intercettori molecolari che vanno a bloccare il funzionamento delle cellule
Quindi il ruolo del patologo è cambiato, non è soltanto di istologia e biochimica ma è anche di indirizzo alla terapia. Le mutazioni che noi abbiamo identificato a livello molecolare servono perché il paziente può instaurare un certo regime terapeutico.
Per quanto riguarda il tumore al polmone il materiale per la diagnosi è scarso per la rappresentazione dei tessuti ed è molto prezioso: si è effettua solitamente un prelievo per il citologico.
Quando il tumore è in fase avanzata (metastasi) è necessario prelevare più materiale possibile perché dobbiamo fare la morfologia, l’immunoistochimica e il molecolare che richiede molto materiale, per cui il citologico spesso può essere insufficiente. Quindi ricorriamo ad un trattamento che è quello del “Cell‐block”: trattamento per le cellule che sostituisce un po’ il tessuto. Le cellule vengono centrifugate e trattate con paraffina per cui si possono tagliare sezioni da cui fare in fretta il colorante. Cell‐block: inclusione in paraffina del sedimento dopo centrifugazione. E’ una tecnica complementare alla citologia tradizionale, l’architettura è più conservata!
Quali sono le mutazioni che rendono attivo da un punto di vista costitutivo il recettore EGFR?
‐Delezione dell’ esone 19
‐Mutazione puntiforme dell’ esone 21
Queste sono le mutazioni che noi andiamo a ricercare mediante indagine molecolare, facciamo il sequenziamento di queste regioni. Tali mutazioni sono frequenti negli adenocarcinomi dei non fumatori, soprattutto donne, ha una incidenza del 7‐8% nella popolazione nei carcinomi non a piccole cellule. Nei pazienti orientali l’ incidenza è maggiore infatti qui raggiunge il 15%. Nei pazienti occidentali è presente negli adenocarcinomi dei non fumatori, soprattutto donne, l’ incidenza è del 7‐8%, a volte anche di più. Con gli inibitori dell’ EGFR non curiamo il paziente ma hanno lo scopo di aumentare la sopravvivenza del paziente a volte di qualche mese, a volte di qualche anno ma hanno un’ efficacia maggiore rispetto alle chemioterapie convenzionali. Pazienti che rispondono a questi farmaci svilupperanno resistenza. La RESISTENZA è legata a mutazioni di c met oppure a mutazioni di T790M.
L’ altro protagonista della diagnostica molecolare del polmone è l’ ALK(Anaplastic lynphoma kinase) che è stato riconosciuto in un particolare tipo di linfoma che è quello anaplastico. E’ un recettore a tirosinochinasi a ligando ignoto. La sua attivazione determina la proliferazione cellulare. Il gene di questo recettore viene alterato a causa di traslocazioni in caso di linfomi o carcinomi polmonari. Ha un incidenza molto bassa cioè del 5‐7 % del carcinoma non a piccole cellule( se però consideriamo che un milione di persone nel mondo si
ammalano di tumore del polmone sono circa 70000 persone che presenteranno queste alterazioni). Contro questa mutazione viene utilizzato un farmaco che è il CRIZONIB, un inibitore dell’ alterazione dell’ ALK che inizialmente ha dato risultati ottimi. Anche in questo caso però si può avere lo sviluppo di RESISTENZE. E’ più frequente nei giovani maschi non fumatori che hanno un adenocarcinoma,soprattutto quelli mucinosi, sia che non espellono la mucina sia quelli che la espellono.
Il riarrangiamento di ALK non si tratta di una vera e propria traslocazione(che coinvolge due geni che si trovano in due posizioni diverse) ma il riarrangiamento avviene all’ interno del braccio corto del cromosoma 2, nella maggior parte è coinvolto il gene EML4 e il gene ALK che ha una porzione che codifica per la parte tirosinchinasica e un’ altra che codifica per i domini all’ esterno della membrana. Se si ha il riarrangiamento si ha la perdita di parte del cromosoma e ALK si accosta a EML4 che è attivo in maniera costitutiva, va sotto il controllo del promotore di EML4 e quindi viene espresso costantemente.
Esiste un altro riarrangiamento che è quello di ROS che ha sempre attività tirosinchinasica e che viene regolato da CRIZONIB che inibisce ALK,ROS e MET. Non è stata ancora individuata la mutazione di ROS 1.
Ci sono vari tipi di tumori polmonari, alcuni molto frequenti come l AMARTOMA, un tumore mesenchimale, è un tumore benigno che è costituito da cartilagine ed epitelio bronchiale.
Esistono tumori mesenchimali più rari come il SARCOMA SINOVIALE.
Bisogna soffermarci su altri tipi di tumori bronchiali, malformazione polmonare, bronchiectasia (complicanza di infiammazione /infezione polmonare dovuta a dilatazione dei bronchi su base infiammatoria).
Esistono anche altri tipi di tumori come i TUMORI MESENCHIMALI. Tra questi ultimi è importante ricordare l’amartoma, tumore benigno che nasce dall’alterazione di strutture di origine embrionale. In particolare, questo tumore è costituito da cartilagine ed epitelio bronchiale. Esistono, poi, tumori mesenchimali più rari come il sarcoma sinoviale. Esistono poi ancora altre patologie polmonari benigne. La BRONCHIETTASIA è spesso una complicanza dell’ infezioni e delle infiammazioni polmonari ed è caratterizzata da una dilatazione dei bronchi. L’ ATELETTASIA è il collasso del polmone che può essere totale o parziale. Può essere dovuto a cause intrinseche al polmone (ostruzioni‐?‐) o estrinseche (come la pleura che può comprimere). PATOLOGIA PLEURICA VERSAMENTI PLEURICI Si distinguono in versamenti di tipo infiammatorio e versamenti di tipo non infiammatorio. Quelli infiammatori,che possono essere trattati, sono caratterizzati dalla presenza di essudato. I versamenti non infiammatori sono l’ emotorace, l’ emopneumotorace, chilotorace. Le cause dell’ emotorace sono: traumi, tumori (altre cause dette dal posto non si sentono). Il chilo torace,invece,è l’ accumulo di linfa tra i foglietti pleurici (ricordate che i foglietti pleurici sono 2,viscerale,a ridosso del polmone e parietale,a ridosso della gabbia torace). Anche in questo caso riconosciamo una causa ostruttiva che può essere neoplastica.
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ANATOMIA PATOLOGICA
26/11/2015
PATOLOGIA PNEUMO-POLMONARE Mi sono reso conto che della FISH, come tecnica diagnostica, quest’anno non avete proprio parlato, quindi, almeno i principi, è bene chiarirli perché è una delle tecniche che si usa in anatomia patologica. L’esame di anatomia patologica è lunghissimo, su alcuni argomenti, in sede di esame, si può chiudere un occhio, su altri mezzo occhio, su altri bisogna avere gli occhi spalancati: a voi l’intelligenza di capire quali sono gli argomenti importanti. Mutazioni del gene ALK nel carcinoma del polmone non a piccole cellule. Mutazioni attivanti il GENE ALK, nel polmone, si osserva nel5-8% negli adenocarcinomi o carcinomi non a piccole cellule (tale mutazione spesso è presente in soggetti affetti dal tumore ma non fumatori). Il riarrangiamento porta ad una over-espressione della proteina che sarà aberrante perché costituita dalla attività tirosin-chinasica ⇒ quella responsabile dell’attivazione della proliferazione cellulare. Però questa subunità, codificata da una parte del gene, è il controllo di un promotore, un gene diverso, EML4 normalmente espresso nelle cellule umane ⇒ è detto promotore forte ⇒è over-espressa ed attiva costitutivamente ⇒ non ha necessità di ligando ⇒ è una proteina attiva. I riarrangiamenti sono diversi: le porzioni di EML4 che possono essere coinvolte sono diverse, mentre le subunità geniche di ALK che codifica per la porzione tirosin-chinasica è sempre la stessa. Quello che avviene normalmente:
• i 2 geni si trovano sul braccio corto del cromosoma 1 → EML4 e ALK • ALK è costituito da 3 porzioni: verde, arancione, grigia. La porzione
arancione è quella che codifica a 5’ per la subunità tirosin-chinasica. Nel riarrangiamento c’è un’inversione del gene, inversione paracentrica, per cui la porzione tirosin-chinasica va sotto il controllo di EML4 e viene distanziata
dall’altra porzione dell’ALK. (ci sono anche altri geni a quel livello, ma il più importante è EML4+ALK) Nella FISH utilizziamo delle sonde a DNA che vanno ad anilare con le catene del DNA che andiamo a testare. Normalmente abbiamo delle catene di DNA marcate con fluorocromi di colore diverso, nel caso dell’ALK utilizziamo una sonda che marca 5’ nello spectrum del green e una sonda che marca a 3’ nello spectrum dell’orange. Quando il gene è integro, lo percepiremo al microscopio a fluorescenza come un segnale di fusione dei 2 colori ⇒un segnale giallo che significa che il gene è integro. Quando c’è dissociazione del gene nella porzione 3’-5’ avremo una dissociazione anche del finale ⇒ percepiremo i 2 segnali dell’ALK come 2 segnali distinti: verde e rosso. Questo tipo di marcatura con la FISH si chiama BREAK APART perché visualizziamo la rottura del gene con 2 segnali di fusione dei 2 colori che abbiamo usato come fluorocromi. Per concludere sull’ALK: la tecnica di indagine FISH ci serve a definire i pazienti che possono fare un trattamento specifico con CRIZOTINIB. Il riarrangiamento dell’ALK è un fattore predittivo in risposta alla terapia con CRIZOTINIB. La differenza tra:
• FATTORI PROGNOSTICI → possono essere + o -, favorevoli o sfavorevoli, indicano il comportamento di un tumore
• FATTORI PREDITTIVI →indicano se un tumore risponde bene o no alla terapia. Possono essere diagnostici, ma non è sempre così.
PLEURA La PLEURA è il foglietto di rivestimento dei polmoni e può andar incontro a diverse patologie. La PLEURA è un sottile tessuto costituito da un mesotelio che poggia su un folio molto sottile costituito da una porzione viscerale, che poggia proprio sul polmone, e una porzione parietale che, invece, riveste la gabbia toracica. All’interno di questi 2 foglietti pleurici c’è un liquido, 10-15 ml, che serve a far scivolare bene il polmone sulla parete toracica. L’aumento di questo fluido
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pleurico è espressione di patologia. Abbiamo accennato ai versamenti che possono insorgere a livello polmonare e sono di tipo:
• NON INFIAMMATORI • INFIAMMATORI
VERSAMENTI NON INFIAMMATORI: TRASUDATIVI → dovuti a una compressione di tutto il sistema di scarico delle pleure, in particolare linfa e sangue. • Idrotorace: caratterizzato da un aumento della p idrostatica locale
• scompenso cardiaco • sindrome nefrosica (che dà anche una riduzione della p osmotica) • cirrosi epatica • tumori
• Chilotorace: raccolta di linfa tra i foglietti pleurici VERSAMENTI INFIAMMATORI: ESSUDATIVI → sono sempre su basi infettive ⇒ versamento si troveranno le cellule espressione di essudato ⇒ granulociti. Quando i granulociti sono particolarmente abbondanti, possiamo parlare di PUS nello scavo pleurico ⇒ EMPIEMA, complicanza di patologie infettive come la TBC.
ESAME DEL LIQUIDO PLEURICO
Prevalenza di linfociti – TBC, infezioni virali, fungine e carcinoma Prevalenza di granulociti – infezioni batteri Cellule pleomorfe - neoplasie
L’esame del liquido pleurico si fa in anatomia patologica non tanto per identificare i linfociti, ce aumentano in tutte le infezioni virali, ma anche nei carcinomi; oppure dei granulociti nelle infezioni batteriche; ma soprattutto per identificare la presenza di cellule neoplastiche. Una delle diagnosi che si può fare sul liquido
pleurico è quella di tumore, soprattutto polmonare, ma la pleura è spesso sede di metastasi di altre patologie tumorali, in particolare della mammella. Quando un versamento è costituito da un numero abbondante di granulociti è un essudato ⇒sospetto di una complicanza di un’infezione batterica che può essere polmonare. Plasmacellule e linfociti abbondanti ci fanno pensare a un’infezione virale. Cellule pleomorfe: si vedono con una colorazione particolare che si usa in citologia e ci fa vedere tutto blu → Giemsa, colora molto bene i nuclei ⇒ si vedono bene la cromatina e i nucleoli (elemento distintivo della categoria degli adenocarcinomi dei tumori epiteliali, anche quando il tumore è particolarmente indifferenziato). Anche quando non vediamo strutture ghiandolari (impossibili da vedere sul citologico anche quando andiamo ad esaminare singole cellule, talvolta aggregate) la presenza del nucleolo è indice di adenocarcinoma. I carcinomi comprendono un’ampia categoria di tumori che, però, si possono distinguere in 2 categorie principali: • ADENOCARCINOMI: riguardano tutti gli epiteli che formano ghiandole e dotti
⇒ stomaco, intestino, mammella, ghiandole salivari, pancreas • CARCINOMI SQUAMOSI: derivano dagli epiteli squamosi (⇒epiteli malpighiani)
che possono essere cheratinizzati (epidermide) oppure non-cheratinizzati come le mucose (in genere tutte le mucose che sono a contatto con l’esterno)
Una delle complicanze di versamento è il COLLASSO DEL POLMONE che può essere moderato, parziale o totale. Indica, dal punto di vista istologico, la scomparsa del disegno alveolare, di quell’aspetto spugnoso tipico del parenchima polmonare.
PNEUMOTORACE
• Spontaneo: enfisema, asma, tubercolosi • Traumatico: danno perforante
Aperto Chiuso A valvola
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Raccolta di aria all’interno dello scavo pleurico dovuto a un evento traumatico o spontaneo per rottura di bolle enfitematose. Abbiamo visto, quando abbiamo parlato dell’enfisema, cha la confluenza degli spazi alveolari per distruzione di parenchima, può essere tale da formare delle bolle che si vedono macroscopicamente. Quando queste bolle sono sottopleuriche e si rompono, l’aria passa direttamente dall’esterno nello scavo pleurico e abbiamo il cosiddetto pneumotorace con… In particolari condizioni, come nella TBC, le caverne, che sono delle strutture della tubercolosi post-primaria, possono aprirsi nelle vie aeree e anche nei foglietti pleurici e possono essere, dal punto di vista clinico, distinte in APERTI, CHIUSI e A VALVOLA.
MESOTELIOMA MALIGNO
• 5% dei tumori maligni pleurici (trend in aumento) • Più frequente tumore maligno pleurico primitivo, con frequenza
in progressione Relazione con esposizione all’amianto
• Esposizione in 80% pz con mesotelioma • Latenza esposizione – comparsa 30-30 aa • Spesso no placche ed altri segni asbestosi • 20-30 aa di latenza
Il tumore che deriva dalle cellule mesoteliali è nell’80% un tumore raro, è frequente nelle persone che sono state a contatto con l’asbesto (molecole di carbonato di silicio fibroso). L’asbestosi è una malattia professionale che rientra nelle pneumoconiosi e responsabile di un accumulo di fibre di asbesto nell’interstizio e dà quadri di patologia restrittiva con fibrosi conseguente. Un’altra complicanza dell’esposizione all’asbesto è, sicuramente, il MESOTELIOMA. È stato riclassificato recentemente in diverse categorie, mediamente della diagnosi, nonostante la terapia, la sopravvivenza è di 1 anno. Esistono forme:
• BIFASICHE, sono le più comuni, in cui c’è una componente epiteliode (componente tumorale che assomiglia alla cellula epiteliale) e una componente sarcomatoide (componente che è simile a un sarcoma);
• forme esclusivamente EPITELIODI; • forme esclusivamente SARCOMATODI. Rappresenta il 5% dei tumori pleurici, sono rari. Il tumore più frequente è il secondario. La diagnosi è sicuramente radiografica con ispessimento della pleura che piò essere focale o diffuso. Si diagnostica esclusivamente sui versamenti con esame citologico o su biopsie pleuriche che, in genere, si fanno a cielo aperto. I mesoteliomi sono soprattutto di tipo diffuso su tutto il foglietto pleurico, fino alle strutture vicine, oppure di tipo nodulare. L’aspetto istologico è di tipo EPITELIODE, sembra formi delle papille (sono strutture tipicamente epiteliali quando parliamo di struttura oncologica), oppure da strutture che ricordano delle ghiandole, il corum dell’epitelio è infiltrato da cellule che formano delle ghiandole. È un tumore che sembra epiteliale ⇒ necessita una diagnosi differenziale con tumori trans-epiteliali, in particolare il polmone. Quando il tumore è esclusivamente formato da cellule fusate, simula il SARCOMA. I mesoteliomi sono tumori maligni che cambiano entrambi gli aspetti ⇒ possiamo vedere aree che simulano un aspetto epiteliale e aree che simulano un aspetto mesenchimale; più raramente sono puri ⇒solo epiteliodi o solo sarcomatoidi.
MESOTELIOMA MALIGNO
RACCOMANDAZIONI: ALMENO 2 MARCATORI MESOTELIALI + 2 MARCATORI SULLA BASE DELLA MORFOLOGIA DEL TUMORE Se Pancitocheratina negativa, si considera la diagnosi differenziale: • melanoma (S100, HMB45 +ve)
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• angiosarcoma (CD31, CD34 +ve) • linfoma (CD45, CD3, CD20…)
Le pancheratine sono debolmente positive o negative in alcuni mesoteliomi sarcomatoidi
Ci serviamo dell’immunoistochimica: in un tumore che simula l’epitelio per es. per prima cosa cerchiamo il TF1 che è -, mentre sono +: • CALRETININA, marker tipicamente mesoteliale • WT1 marker di un fattore di trascrizione a localizzazione nucleare La CALRETININA ha un’esposizione sia citoplasmatica sia nucleare, mentre il WT1 è un marker nucleare. Per fare diagnosi ci servono almeno 2 marker mesoteliali + un pannello di anticorpi riferiti al tumore epiteliale diverso. La prima cosa che si fa è il TF1 nel sospetto di mesotelioma. La diagnosi di mesotelioma è complessa perché nella maggior parte dei casi non si fa su campione operatorio, ma su citologico o su biopsia: ecco perché l’immunoistochimica, in questo caso, è fondamentale. Almeno 2 marcatori mesoteliali + per la diagnosi di mesotelioma, diagnosi complessa perché va ad influenzare non solo quella epiteliale, ma anche altri tumori, in particolare quando hanno un aspetto particolarmente sarcomatoide come il … Chiudiamo la patologia pneumo-polmonare.
PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE
Con la Dott.ssa Costanzo avete iniziato a parlare di vasculiti. Non affronteremo tutte le problematiche, sperando che alcune vi siano note dalla patologia clinica e generale. Ricordare: • EDEMA → raccolta di liquidi che nella maggior parte dei casi non dà particolari
problemi, se non a livello polmonare; • TRASUDATO TISSUTALE di liquidi che può essere dovuto a un aumento della p
idrostatica e osmotica e le patologie che lo determinano come ipertensione o sindrome nefrosica per riduzione della p osmotica;
• ESSUDATO Nell’EDEMA POLMONARE vediamo la morfologia degli alveoli, i setti interventricolari repleti di sangue (son proprio rossi per la presenza di sangue), spazi aerei pieni di liquido sieroso. L’edema polmonare è mortale perché è una raccolta di siero proveniente dal sangue nel polmone che impedisce gli scambi gassosi e porta alla morte. L’edema polmonare è una complicanza di tutte quelle patologie che determinano un aumento della p idrostatica o ipervolemica in generale come, per es., gli scompensi cardiaco e insufficienza renale cronica acuta. La TROMBOSI è la formazione di un trombo che aderisce alla parete di un vaso, un coagulo. La sua risoluzione più frequente è la ricanalizzazione del vaso oppure una sua complicanza sono quadri embolici dovuti allo staccarsi di parti del trombo che vanno in circolo. Un embolo alla biforcazione del tronco polmonare causa EMBOLIA POLMONARE dovuta ad emboli provenienti dagli arti inferiori o dalla pelvi (⇒ terapia antiaggregante in caso di interventi pelvici). È una delle cause di MORTE IMPROVVISA ⇒ morte che avviene improvvisamente in condizioni di benessere o di stazionarietà di malattia, una morte inattiva. Le cause più frequenti di morte improvvisa nell’anziano sono di natura cardiovascolare, legate a problemi cardiaci soprattutto; nei giovani abbiamo, ad es., rottura di un aneurisma cerebrale o problemi malformativi.
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ATEROSCLEROSI
ARTEROSCLEROSI: - ispessimento ed indurimento delle arteriole • distruzione dello strato di muscolo • ipertensione e diabete mellito
C’è differenza tra ARTEROSCLEROSI E ATEROSCLEROSI. L’ARTEROSCLEROSI, normalmente, si riferisce ad un ispessimento ed indurimento delle arteriole, vasi di piccolo calibro, che porta ad una perdita di elasticità per una perdita delle fibre elastiche dello strato muscolare e può essere dovuto a diversi motivi. Nell'ATEROSCLEROSI il danno riguarda soprattutto i vasi di grosso e medio calibro e, generalmente, ed è danneggiata la tonaca intima per prima con un coinvolgimento secondario della tonaca media. I vasi sono composti da 3 tonache: intima, media ed avventizia: l'intima è molto sottile, rivestita da endotelio e da un sottilissimo strato di connettivo lasso dove si trovano anche alcune fibre elastiche; poi abbiamo la tonaca media che è composta da un'alternanza di fibre elastiche e di fibre muscolari che sono più numerose e consistenti nei vasi arteriosi.
FATTORI DI RISCHIO
Fattori di rischio Fattori di rischio epidemiologici non epidemiologici condizionabili condizionabili - Iperlipidemia
• Età - Fumo • Sesso maschile - Diabete • Familiarità per malattie - Ipertensione ischemiche premature - Stress
• Obesità • Scarsa attività fisica
I fattori di rischio: età, sesso maschile, familiarità, malattie ischemiche premature sono i fattori di rischio non condizionali, poi ci sono quelli condizionali come iperlipidemia, fumo, diabete, ipertensione, stress, obesità, scarsa attività fisica.
Le lesioni correlate all’aterosclerosi sono:
• Stria lipidica • Placca ateromasica • Placca ateromasica complicata
Le lesioni che portano all'aterosclerosi iniziano molto precocemente, nell'infanzia, con le strie lipidiche che sono accumuli di cellule schiumose, sono macrofagi che fagocitano i grassi, poi abbiamo la placca ateromasica che si forma a metà della vita adulta e che può complicarsi. Le complicanze sono la fissurazione, l'ulcerazione, etc. e tutte queste condizioni portano alla formazione di un trombo. Che cosa determina l'aterosclerosi? • riduzione del calibro del vaso, del lume e, quindi, anche dell'apporto di sangue
al distretto interessato; • una perdita di elasticità, perché abbiamo detto che, inizialmente il danno inizia
dalla tonaca intima, ma poi si estende anche alla media dove abbiamo le fibre elastiche ⇒ il vaso perde la sua elasticità.
PATOGENESI DELL'ATEROMA Il protagonista dell'ateroma è il macrofago. C'è una significativa disfunzione endoteliale, c'è un danno endoteliale causato da tutti quei fattori di rischio visti prima ⇒ un aumento della permeabilità per cui i macrofagi entrano nella tonaca intima e richiamano altre cellule effettrici del sistema immunitario, come le cellule B e T, e tutto questo determina la formazione della placca. Si accumulano nella tonaca intima anche i grassi circolanti, i macrofagi li fagocitano e formano il core morbido della placca. Tutte le cellule infiammatorie coinvolte richiamano, attraverso una serie di mediatori chimici come le interleuchine, i fibroblasti che proliferano, sintetizzano collagene e questi (fibroblasti e collagene) formano il rivestimento esterno al core lipidico (cellule schiumose). La disfunzione endoteliale è un danno dell’endotelio, determinato dai fattori di rischio, che determina una migrazione dei monociti nell’intima, una adesione delle piastrine (proprio per il danno che si è creato) e una distruzione dell’intima. I macrofagi e le piastrine producono una serie di fattori di crescita che richiamano altre cellule infiammatorie e tutto questo determina un aumento dei fibroblasti e un aumento della produzione di collagene.
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Abbiamo il core centrale costituito dai macrofagi fagocitati e rivestito da cellule infiammatorie, fibroblasti e, in superficie, il collagene. Nell'ambito della placca ateromasica abbiamo la placca ateromasica stabile che è particolarmente dura ha un bel colletto di fibroblasti e di collagene e difficilmente, raramente, può rompersi; e poi abbiamo la placca ateromasica complicata in cui il colletto fibroblastico è meno evidente e qualsiasi ulteriore danno si crei sull’endotelio fa sì che si venga a formare un trombo, una fissurazione, un’emorragia interna, per cui il calibro del vaso si riduce ancora di più e dal trombo possono partire degli emboli che possono complicare la ossigenazione dei tessuti a valle. (Fa vedere una slide riassuntiva e una serie di immagini con placche ateromasiche) La placca stabile ha il colletto di fibroblasti più consistente, molto compatto e, difficilmente, si danneggia; la placca instabile è quella in cui il colletto è meno evidente e ci sono dei punti più sensibili che portano alla formazione del trombo. Il restringimento del lume di un vaso importante porta a problemi ischemici ⇒ quando parliamo di infarto parliamo di una complicanza estrema e ci riferiamo principalmente al cuore o al cervello. Le complicanze della formazione degli ateromi sono principalmente la riduzione del lume, oppure la fissurazione con area emorragia all'interno della placca e questo ne aumenta il volume dell’ateroma e riduce ulteriormente il calibro del vaso. Ci sono, poi, dei danni anche a carico delle fibre elastiche dell’arteria questo porta ad una dilatazione che si chiama aneurisma. Ricordare l'anatomia vascolare del cuore. Dall’arteria coronaria di sinistra deriva il ramo circonflesso e il discendente. La formazione della placca può avvenire a qualsiasi livello e a valle l’irrorazione sarà alterata ⇒si hanno problemi ischemici in zone ben specifiche del cuore. Abbiamo detto che la formazione dell'ateroma può avere una certa stabilità quando il colletto fibro-collagenico è ben strutturato per cui difficilmente questa placca va incontro a danni e dal punto di vista clinico si riflette nella cosiddetta angina stabile ⇒ un dolore dovuto ad una scarsa irrorazione a valle del vaso in cui si è formato l'ateroma. Quando abbiamo una angina stabile che compare durante uno sforzo fisico quasi sicuramente alla sua base, fisiologicamente, ci sarà una placca stabile. Il nostro problema sono le placche instabili che vanno incontro a danni superficiali che possono essere erosioni o fissurazioni con formazione di trombi per cui il lume si riduce improvvisamente e, dal punto di vista clinico, possiamo avere: un'angina instabile, non motivata da uno sforzo fisico; un infarto acuto del miocardio; oppure la morte improvvisa (ricordate che la morte improvvisa è una delle manifestazioni cliniche della malattia ischemica).
Il cuore è un muscolo striato. Che differenza c'è con il muscolo striato scheletrico? Il muscolo striato scheletrico è costituito da fasci che sono dei sincizi anatomici, cellule fuse che condividono il citoplasma e hanno una serie di nuclei fusi posti alla periferia. Il muscolo cardiaco è un muscolo scheletrico, un sincizio anatomo-funzionale dove il nucleo è centrale e le fibrocellule comunicano con dei microfilamenti.
Manifestazioni IC
• Angina Pectoris: stabile, instabile • IMA • IC cronica • Morte improvvisa
• Sindrome Coronarica “Acuta”:
• Angina Instabile • IMA • Morte Improvvisa
CLINICA Le manifestazioni cliniche della malattia ischemica sono angina stabile, instabile, infarto acuto del miocardio, malattia ischemica cronica e la morte improvvisa. Quando parliamo di Sindrome Coronarica Acuta ci riferiamo, dal punto di vista patogenetico, all'ateroma instabile quello che si danneggia molto frequentemente e che può, dal punto di vista clinico, dare luogo all’angina instabile, infarto del miocardio e morte improvvisa, NON all’angina stabile e alla malattia ischemica cronica. Abbiamo detto che a seconda del danno in cui si è formato l’ateroma il miocardio soffre, perché può andare incontro a morte, può essere più o meno vasto: quando c’è un’occlusione dell’arteria coronaria di destra c’è un danno generalmente posteriore; quando c’è un danno dell’arteria coronaria di sinistra interessa la parte antero-laterale di sinistra e anche parte del setto; quando l’occlusione interessa l’arteria discendente il danno è antero-settale; quando l’occlusione è dell’arteria circonflessa è laterale. Quindi a seconda di dove sia la placca può cambiare la sede del danno. Il rischio della malattia ischemica è legata al numero delle placche, alla loro distribuzione, alla loro dimensione e alla loro struttura.
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Nella sindrome coronarica acuta abbiamo la conversione di una placca aterosclerotica stabile in una instabile, però, vi ricordo, che quando abbiamo una placca stabile nella maggior parte dei casi rimane stabile, però quando nasce instabile va incontro a fenomeni di erosione, di fissurazione. Dal punto di vista epidemiologico l’infarto del miocardio ha una sovrapposizione con l’epidemiologia dell’aterosclerosi perché nel 90% dei casi di infarto del miocardio sono legati all’aterosclerosi. Negli Stati Uniti nel 2010 si è calcolato un mezzo milione di morti per patologia ischemica cardiaca e nel ‘63 era un milione, il doppio ⇒ i nostri strumenti di prevenzione hanno dato buoni frutti, quindi la prevenzione riguardo i fattori di rischio ha ridotto l’incidenza della malattia ischemica e soprattutto delle sue complicanze più gravi come l’infarto del miocardio e la morte improvvisa e, ovviamente, è migliorata anche la diagnosi precoce di qualsiasi forma di patologia ischemica iniziale.
Sindromi coronariche acute
Conversione di una placca aterosclerotica stabile in una instabile per fenomeni trombotici causati da erosione superficiale, ulcerazione,
fissurazione, rottura o emorragia profonda.PATOGENESI A che cosa è dovuta la Sindrome Coronarica Acuta, che è quella che da l’infarto del miocardio, legata alla formazione della placca instabile? Alla modificazione della placca: erosione, fissurazione, ulcerazione. È importante non dimenticare il ruolo determinante che hanno alcune molecole, alcune citochine infiammatorie prodotte da alcune cellule infiammatorie presenti a livello della placca, e che determinano un maggiore accorso di fibroblasti e di altre cellule infiammatorie ⇒ una riduzione abbastanza rapida del lume del vaso e poi alla vasocostrizione, al vasospasmo, che su un vaso già danneggiato e ridotto di calibro incide determinando quei fenomeni che sono infarto acuto e morte improvvisa. Quello che è maggiormente incidente sulla Sindrome Coronarica Acuta sono: rottura, erosione, fissurazione ed emorragia acuta all’interno della placca (mostra alcune immagini di placche danneggiate). Quando si verifica uno di questi
fenomeni si ha la formazione di un trombo sulla superficie che determina l’occlusione totale o parziale del vaso, è un evento acuto, oppure può portare alla formazione di un embolo, i trombi più freschi sono quelli che più frequentemente possono dare origine ad emboli che si staccano più facilmente. Ricordate che, per quanto riguarda l’entità della stenosi, quando abbiamo un’angina stabile abbiamo una riduzione del calibro della coronaria del 75% ed è sempre evocata da uno sforzo fisico e si riduce con i nitroderivati. In tutte le altre condizioni come angina instabile, infarto del miocardio e morte improvvisa, invece, l’entità della stenosi può essere variabile può anche essere minima, è il danno che insorge su questa placca può determinare un’ostruzione parziale con queste conseguenze cliniche Quando parliamo di danno endoteliale ci riferiamo a quelle condizioni che determinano una perdita della superficie endoteliale del vaso con la formazione del trombo. Nell’ambito dell’angina pectoris, l’angina stabile rientra con il riposo e con il trattamento con nitroderivati, quella instabile è causata dai danni di cui abbiamo parlato. Dal punto di vista anatomico, gli infarti possono essere distinti in transmurali, che sono i più frequenti, e sub-endocardiali. Gli infarti transmurali coinvolgono l’intero spessore del cuore, quindi dal pericardio all’endocardio, invece i sub-endocardiali interessano soltanto la porzione miocardica che si trova al di sotto dell’endocardio. L’infarto si verifica quando si forma il trombo, responsabile della sindrome coronarica acuta, ma questo si dissolve rapidamente. Gli emboli raggiungono solo i rami ultimi delle ramificazioni. Quindi la sofferenza ischemica si ha soltanto nelle porzioni del miocardio sotto l’endocardio. Il 90 % degli infarti è legato all’aterosclerosi. Ma nel 10 % dei casi gli infarti sono dovuti a vasospasmo embolo di altri distretti o cause sconosciute. Dal punto di vista anatomico abbiamo delle alterazioni sia funzionali che istologiche del tessuto. Uno dei primi danni è la riduzione dell’energia (dopo qualche secondo). Le cellule miocardiche sofferenti prive di energia sono incapaci di contrarsi. La riduzione dell’ATP diventa significativa in 10 minuti (50 %) e arriva al 10% dopo 40 minuti. Dopo 40 minuti il danno è irreversibile. Dopo un’ora sopravviene l’infarto. Una lesione di questo tipo è caratterizzata da un tessuto pallido, ma questo pallore è evidente molto di più nelle fasi più avanzate
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dell’infarto. Si mette il cuore in nitroblu tetrazolio nelle prime 12 ore: si colorano soltanto le cellule ricche di ATP, le aree povere di ATP non si colorano. Successivamente il pallore diventa evidente anche macroscopicamente. Successivamente, in terza giornata, compare un’area emorragica congesta intorno a una lesione pallida (movimento di sangue compensatorio per salvare il salvabile). Successivamente abbiamo il danno irreversibile delle cellule che muoiono e sono sostituite da cicatrice. Ricordate che le cellule muscolari sono cellule che non sono capaci di rigenerarsi. Sono stabili labili o perenni? Perenni. Dal punto di vista istologico abbiamo questo edema. Dopo 24 72 ore accorrono le cellule dell’infiammazione acuta, i granulociti, che distruggono le cellule morte. Poi accorrono i macrofagi che vengono a spazzare i detriti cellulari. Successivamente accorrono fibroblasti che depongono collagene e formano la cicatrice. Fa vedere immagini. -Infarto del setto: quale arteria è coinvolta? La discendente anteriore. -Preparato istologico con fibre cardiache sofferenti, si vede che sono piene, un po’ chiare, idrope cellulare che indica sofferenza ischemica iniziale. -Questa colorazione particolare si chiama rosso Sirio e colora in rosso il collagene, questa è infatti un’area cicatriziale. L’infarto ha anche delle complicanze: • Rottura del cuore. Il paziente muore per emopericardio e tamponamento
cardiaco. • Trombo. Partono emboli che vanno in circolo • Aneurisma cardiaco • Bypass • Rottura muscolo papillare, che dà insufficienza valvolare ed edema polmonare
a monte. Questi pazienti muoiono di edema polmonare
(Sapete la differenza tra autopsia giudiziaria e autopsia con riscontro diagnostico fatta dall’anatomopatologo? L’autopsia giudiziaria è richiesta dal pubblico ministero, in genere per motivi di morti sospette, morti violente. Mentre il riscontro diagnostico viene richiesto al patologo dal clinico che ha seguito il paziente, che non capisce perché è morto e vuole che il patologo ricostruisca tutte le fasi che hanno portato alla morte del paziente).
• Cuore polmonare cronico: il ventricolo destro è aumentato di spessore. Le cause possono essere ipertensione polmonare o bronco-pneumopatie croniche ostruttive. (Nella malattia ischemica cronica non ci sono dei veri e propri infarti. C’è una estesa aterosclerosi. Ci sono dei danni importanti a livello delle camere cardiache come l’ipertrofia…)
• Morte improvvisa. È una delle manifestazioni cliniche della malattia ischemica. 350.000 morti in USA su base aterosclerotica. Nei reperti autoptici si ha un’occlusione del 75 % del lume di uno due o tre vasi. Uno dei momenti in cui può avvenire la morte improvvisa è anche in corso di guarigione, quando sembra che il paziente stia uscendo dalla fase acuta, probabilmente per la formazione di emboli.
• Aritmia. Quando si fa l’autopsia e non si trova una causa anatomica della morte, si parla di morte elettrica (si parla di causa di morte di “convenienza”, una volta che sono state escluse le altre cause)
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PATOLOGIA DEL MIOCARDIO NON INFARTUALE ‐ 01/12/15
ENDOCARDITI
Sono patologie infiammatorie che si estrinsecano a livello dell’endocardio valvolare ed eventualmente parietale con accumulo di materiale sulla superficie dei lembi valvolari.
• Malattia Reumatica → processo flogis co sistemico, su base autoimmune, che si realizza circa 2‐6 settimane dopo una faringite da streptococco B‐emolitico di gruppo A.
• Endocarditi Infettive → processo infiammatorio su base infe va che si estrinseca a livello dell'endocardio valvolare ed eventualmente, parietale. In passato erano principalmente i batteri a provocare le lesioni tipiche, oggi grazie alla terapia antibiotica sono divenuti più frequenti endocarditi da germi saprofiti e da miceti. I batteri (spesso stafilococchi, pneumococchi o streptococchi B‐emolitici) si impiantano su valvole sane dando origine a vegetazioni tromboemboliche friabili (raggiungono anche i 5 mm di diametro) e ad estese ulcere della valvola (da cui spesso il nome di endocardite ulcero‐poliposica)
• Endocarditi in quadri di malattie autoimmuni → più frequenti sono quella lupica (che colpisce entrambe le facce valvolari) e quella legata all'artrite reumatoide (che non da vegetazioni ma granulomi soprattutto a livello dell'ostio valvolare e miocardio
• Endocarditi trombotica non batteriche (Marantiche) → cara erizzate da deposizione di trombi friabili, di dimensioni variabili (in genere da 3 a 5 mm) disposti in maniera simmetrica sulla faccia assiale delle cuspidi valvolari, gli orifizi valvolari più colpiti sono, in ordine, la mitrale, l'aorta e la tricuspide.
Endocardite Reumatica
La Malattia reumatica è un processo flogistico sistemico, su base autoimmune, che si realizza circa 2‐6 settimane dopo una faringite da streptococco β‐emolitico di gruppo A. Lo streptococco a innescherà una risposta infiammatoria la cui conseguenza sarà una abnorme risposta immune con la produzione di numerosi anticorpi, alcuni dei quali agenti contro strutture dell’ospite. L’aspetto caratteristico della malattia reumatica è appunto la reazione contro epitopi self a livello articolare, vasale e contro glicoproteine dell’endocardio. L’infezione, quindi, stimola il sistema immunitario a produrre gli anticorpi che daranno la reazione crociata.
Tipica dei bambini, ma negli ultimi anni ha subito una riduzione notevole grazie all’introduzione di terapie antibiotiche.
• Clinica → Non predilige alcun sesso, anche se le complicanze valvolari croniche sono più frequenti tra le donne, è raro che il primo attacco della malattia si manifesti oltre i 30 anni e, con l'avanzare dell'età di esordio, la localizzazione carditica si fa sempre meno frequente
e la prognosi sempre più favorevole. Sebbene l'endocardite reumatica sia quella che lascia i maggiori reliquati a distanza, la miocardite è l'unica a mettere a repentaglio la vita del paziente durante l'attacco acuto (peraltro con mortalità di appena l'1%), i sintomi sono in genere rappresentati da aritmie, dilatazione acuta del ventricolo sinistro (che può essere responsabile di una insufficienza mitralica transitoria) e – nei casi fatali – di insufficienza contrattile. Si sviluppa in una
◦ Fase acuta → frequente in età pediatrica caratterizzata da una costellazione di manifestazioni: febbre, eritema cutaneo marginato, poliartrite migrante, episodi occasionali di corea, pancardite ( manifestazione clinica più importante della malattia). La pancardite in particolare si manifesta sotto forma di: Pericardite fibrinosa, Miocardite, Valvulite. La valvulite, in particolare, interessa la superficie valvolare cardiaca (in ordine di frequenza la valvola mitralica, valvola mitralica e aortica, solo aortica), ma può interessare anche i margini valvolari; l'interessamento isolato delle valvole del cuore destro è eccezionale.
◦ Fase cronica → si sviluppa nel corso degli anni favorita da ripetu a acchi acu della malattia ed è caratterizzata da vizi valvolari in stenosi o in steno‐insufficienza.
Di tutti i danni che provocherà a livello tissutale il danno endocardiaco assume particolare rilievo a causa dell’esito cicatriziale che crea delle aderenze tra le strutture dei lembi valvolari andando ad impedire l’apertura delle valvole semilunari con quadro di stenosi o limitandone la chiusura con insufficienza mitralica o aortica.La valvola più comunemente interessata dalla malattia reumatica è la mitrale con quadri di interessamento combinato mitro‐aortico. .
Macroscopicamente sarà possibile notare vegetazioni biancastre sulla superfice della valvola
• Quadro istologico → La mala a inizia con edema dei lembi valvolari in fase acuta. Nelle prime settimane dall’attacco acuto compare necrosi fibrinoide con infiltrato infiammatorio a carattere diffuso con maggioranza di linfociti e rari fibroblasti. Ad un anno dall’insorgenza della patologia, con il ripetersi delle recidive, le lesioni infiammatorie sono sostituite da
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tessuto connettivo che porterà alla formazione di collagene denso e tessuto ialino con ispessimento, irrigidimento e retrazione delle parti colpite.
• Esiti → Vizi valvolari di stenosi e steno‐insufficienza
Endocardite Infettiva
Colpisce, in ordine di frequenza, le valvole: mitralica, aortica e meno frequentemente la altre (nei maschi sarà più frequente l’interessamento della valvola aortica e nelle donne quello della mitrale).
• Si dividono in
◦ Acute → si sviluppano in un cuore sano e sono in genere sostenute da ba eri particolarmente virulenti come S. Aureus e streptococco di gruppo A. Danno delle vegetazioni di grosse dimensioni
◦ Subacute (o lente) → più subdole, sono sostenute da batteri meno virulenti (Streptococco viridans, enterococco), formano delle vegetazioni di dimensioni minori a quelle formate nelle endocarditi acute ma che possono ugualmente modificare la meccanica delle valvole. Si riscontra in questi pazienti spesso un infezione a distanza (soprattutto dopo interventi di chirurgia orale). Dal punto di vista patogenetico gli agenti eziologici variano se si considerano pazienti tossicodipendenti perché oltre a stafilococchi, streptococchi ed enterococchi si dovranno considerare Haemophilus e funghi come Candidae e Aspergilli.
Infezioni valvolari si possono avere anche su protesi valvolari biologiche e nei primi due mesi dall’impianto sarà più frequente l’infezione da stafilococco mentre nei mesi successivi le infezioni saranno sostenute soprattutto da streptococchi. L’introduzione della terapia antibiotica ha cambiato radicalmente la storia di queste patologie.
• Clinica →
◦ Febbre > 38 °C
◦ Soffio cardiaco
◦ Petecchie emorragiche
• Complicanze ed esiti
◦ Scompenso cardiaco da insufficienza valvolare acuta per ulcerazione o perforazione dei veli o rottura di corde tendinee
◦ Tumore settico di milza
◦ Embolie settiche
◦ Ascessi del miocardio
◦ Distacco di protesi valvolari
◦ Aneurismi cardiaci
◦ Noduli di Osler → piccole papule ciano che dolen della cute delle estremità, imputate a embolia settica o, più probabilmente, a vasculite da ipersensibilità
◦ Lesioni renali → infar , ascessi da embolia, glomerulonefrite focale da immunocomplessi
Endocarditi in corso di malattie autoimmuni
• Sindrome di Libman‐Sacks → nota anche come “endocardite verrucosa atipica”, è una forma frequente nei soggetti affetti da LES. Il lupus eritematoso sistemico è legato alla presenza di autoanticorpi, contro il DNA in particolare, che daranno una serie di alterazioni sistemiche. A livello cardiaco avremo endocarditi in cui si formano delle vegetazioni ma abbiamo anche quadri di infiammazioni del miocardio. Nelle endocarditi avremo soprattutto interessamento valvolare su entrambe le facce e questa è una caratteristica del lupus. Caratterizzata da:
◦ Macroscopicamente → vegetazioni asettiche (ricorda non ci sono batteri!) che colpiscono entrambe le facce ed anche il margine, sono piccole, friabili.
◦ Microscopicamente → il quadro, legato alla reazione infiammatoria, sarà composto da fibrina, neutrofili linfociti ed istiociti cellule giganti.
◦ Clinicamente → Asintoma ca, ma rispe o alla reuma ca che era cara erizzata dalla fibrosi, le vegetazioni della endocardite lupica, non sono stabili quindi posso partire degli emboli che nel caso della valvola aortica sono spinti a livello sistemico potendo raggiungere il cervello o dare infarto renale.
• Endocardite in corso di artrite reumatoide → Non è molto frequente, non coinvolge direttamente i lembi valvolari ma più frequentemente gli osti valvolari con un quadro di miocarditi che possono destrutturare o alterare gli osti con un minimo coinvolgimento retroattivo dei lembi.
◦ Microscopicamente → Granulomi reumatoidi, de noduli rematoidi, distribuiti un po’ in tutto l’organismo e caratterizzati da una degenerazione del collagene all’interno e cellule istiocitarie disposte a palizzata alla periferia
◦ All'istologia → il nodulo reumatoide con cellule a palizzata è patognomonico per l'artrite reumatoide.
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Endocarditi trombotiche non batteriche
Detta anche marantica o cachettica caratterizzata da vegetazioni sterili di grandi dimensioni 3‐5mm di diametro. Generalmente asintomatica con vegetazioni che sono attaccate molto debolmente ai lembi valvolari e che quindi possono dare embolia. Frequente in pazienti con tumori. Le vegetazioni dell'endocardite trombotica non batterica non sono diverse da quelle dell'endocardite infettiva ma sono generalmente più piccole di quest'ultime e la diagnosi differenziale si basa, macroscopicamente, sull'assenza delle tipiche ulcerazioni (dell'endocardite infettiva) e, microscopicamente, sulla mancanza di agenti infettivi all'interno delle vegetazioni trombotiche. Inizialmente questa forma fu descritta quale riscontro occasionale di autopsia, in soggetti cachettici in stadio terminale, per cui fu chiamata “marantica” o “cachettica”. L'avvento dell'ecocardiografia ha permesso di riconoscerla in vivo ed ha dimostrato che essa colpisce i soggetti di ogni età (ma più frequentemente > 50 anni) e non necessariamente affetti da condizioni cachettizzanti. Si ammette oggi l'esistenza di un duplice ordine di fattori predisponenti:
• Locali → vor ci (che favoriscono la deposizione di trombi previa marginazione delle piastrine), o corpi estranei o comunque aree di endocardio private del rivestimento endoteliale. Si comprenda quindi come questa endocardite prediliga valvole alterate da una lesione preesistente
• Generali → ipercoagulabilità del sangue
VIZI VALVOLARI Esistono due tipi di alterazioni valvolari che sono la stenosi e l’insufficienza. La stenosi è un’alterazione con cattiva apertura della valvola, l’insufficienza sarà legata a cattiva chiusura.
Nel caso della stenosi mitralica c’è una sofferenza a monte del piano valvolare con una dilatazione atriale e congestione dei vasi polmonari e riflesso sul cuore destro. Il cuore è un organo in grado di compensare queste alterazioni meccaniche fino ad un certo punto e poi si scompensa.
La malattia reumatica ricordate che è la causa più frequente di queste alterazioni meccaniche valvolari.
Ricordiamo che le valvole atrio ventricolari sono la mitrale e la tricuspide ma quella che più frequentemente è interessata da alterazioni è la mitrale. Ci sono poi le valvole semilunari, l’aortica e la polmonare con una particolare struttura a nido di rondine con interessamento maggiore per la valvola aortica.
Stenosi mitralica → È una malattia cronica progressiva della valvola mitrale caratterizzata dal restringimento dell’orifizio mitralico, che crea ostacolo al flusso dell’atrio sinistro durante il
riempimento diastolico del ventricolo.
Ispessimento dei lembi valvolari con disfunzione degli stessi, causa più frequente di stenosi è la malattia reumatica. Spesso avremo interessamento dell’apparato sottovalvolare, i muscoli papillari e le corde tendine si irrigidiscono. Si ha una ridotta apertura valvolare ed il piano valvolare mitralico può raggiungere anche 1 cm2.
FISIOPATOLOGIA
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CLINICA → i sintomi non compaiono prima che l'area valvolare sia inferiore a 1,2 cm^2 (normalmente è 4‐5 cm^2)
• Congestione polmonare → quindi dispnea, tosse ed emo si, voce bitonale (per compressione del nervo ricorrente sinistro ad opera dell'atrio sx e dell'arteria polmonare dilatati)
• Riduzione della portata cardiaca → quindi astenia (per ipoperfusione muscolare), lipotimia (per ipoperfusione nervosa), edema (per ipoperfusione renale e scompenso destro)
COMPLICANZE → flutter e fibrillazione atriale (per camera atriale dilatata e formazione di circuiti da rientro), fenomeni tromboembolici (per camera atriale dilatata e ristagno di sangue nell'auricola)
Insufficienza mitralica → Incompleta chiusura della mitrale con reflusso di sangue in sistole. Causa prevalente è la malattia reumatica con esiti cicatriziale, tra la cause anche: l’endocardite infettive, rottura dei papillari (con insufficienza mitralica acuta), dilatazioni dell’ostio valvolare.
CLASSIFICAZIONE → in base alla modalità di insorgenza si distinguono:
• Forma cronica: in cui il cuore ha il tempo di adattarsi al sovraccarico di volume impedendo, tramite dilatazione e ipertrofia, l’aumento di pressione.
• Forma acuta: in cui il cuore non ha il tempo di adattarsi e il sovraccarico di volume viene pienamente dissipato come aumento pressorio.
CLINICA
• Forma cronica → I sintomi sono attenuati ed insorgono gradualmente; Anche nelle forme rilevanti il paziente può rimanere asintomatico per molti anni. In circa un terzo dei pazienti le prime manifestazioni sono legate alla ridotta gittata e sono essenzialmente rappresentati da:
◦ Palpitazione: dovuta alla comparsa di flutter o fibrillazione in seguito alla dilatazione atriale sinistra.
◦ Diminuita resistenza allo sforzo: in quanto il ventricolo deve già a riposo espellere maggiore quantità di sangue.
◦ Dispnea (lieve)
• Forma acuta → La sintomatologia è legata alla congestione venosa ed all’ipertensione arteriosa polmonare:
◦ Edema polmonare acuto
◦ Dispnea parossistica notturna
◦ Emottisi
Stenosi aortica → Complicanza della malattia reumatica con cattiva apertura della valvola in fase di sistole, la valvola si apre molto difficilmente e non del tutto. Frequentemente riscontrata in corso di patologie cardiache congenite.
CLINICA → La stenosi aor ca può rimanere per molti anni asintomatica; la fase sintomatica compare in genere solo tardivamente (50 60 anni) ed è caratterizzata dalla triade classica: angina, sincope e dispnea.
• Angina → È il sintomo più frequente; è dovuta ad un aumento del consumo di ossigeno cardiaco accoppiato ad un’impossibilità di incrementare il flusso coronarico a causa della compressione del miocardio ipertrofico.
• Sincope → È causata da un’ipoperfusione a livello cerebrale. Generalmente avviene in seguito ad uno sforzo; in questo contesto la pressione ventricolare sistolica aumenta enormemente nel tentativo di mantenere il flusso richiesto all’esercizio muscolare. Ciò provoca un’abnorme stimolazione dei barocettori ventricolari, i quali a loro volta innescano un riflesso di brusca vasodilatazione periferica. Si tratta di un meccanismo regolatore di difesa per cui:Nel soggetto normale i barocettori inducono una riduzione delle resistenze periferiche in modo da evitare incrementi pericolosi di pressione ventricolare; ciò consente un maggiore flusso in aorta al fine di sostenere lo sforzo.Nei soggetti con stenosi la diminuzione delle resistenze periferiche, a causa del restringimento, non è accompagnata da quell’ incremento di flusso in aorta necessario per lo sforzo ragion per cui il paziente ha sincope.
• Dispnea → Nei soggetti stenotici, sotto sforzo, la pressione ventricolare non decresce perché il cuore, a causa del restringimento, non risente della riduzione delle resistenze periferiche. Quest’incremento pressorio si ripercuote in atrio sinistro e nel circolo polmonare determinando la comparsa dei sintomi da congestione polmonare.
MALATTIE DEL PERICARDIO
Membrana di origine mesodermica che circonda il cuore. E’ costituita da due foglietti un pericardio fibroso esterno ed uno sieroso interno che aderisce alle strutture cardiache ed è costituito da un foglietto parietale ed un foglietto viscerale tra i quali ci sono circa 30‐50 ml di liquido pericardico.
Le malattie del pericardio possono essere malattie primarie del pericardio oppure secondarie a patologie sistemiche come ad esempio il lupus.
Versamenti
Aumento della quantità di liquido pericardico. Il versamento di liquido può essere più o meno importante può essere trasudatizio o contenere sangue, parleremo di EMOPERICARDIO.
EMOPERICARDIO: quando?
‐Rottura del cuore ‐ Rottura aneurisma dell’aorta ascendente o altri vasi intrapericardici
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‐Traumatismi
‐Emorragie a partenza del pericardio
Se la causa di emopericardio è uno stillicidio c’è possibilità di adattamento distensivo del pericardio parietale. Se si istaura in tempi rapidi c’è tamponamento.
CLINICA → Dolore
COMPLICAZIONI → Tamponamento cardiaco: 200‐300 cc si sangue in parte fluidi e in parte come coaguli che impediscono la distensione delle camere cardiache.
Pericarditi
Patologia infiammatoria del pericardio che in genere coinvolge entrambi i foglietti del pericardio sieroso.
CAUSE
‐INFETTIVE (Soprattutto VIRALI coxsackie e ECHOvirus)
Sintomatologia acuta, agenti eziologici sono sia virus che batteri (stafilo, pneumo e steptococchi), funghi e bacillo della tubercolosi più raramente e lo potremo sapere con esame del liquido.
Le pericarditi acute sono distinguiamo in:
• Sierose → sostenute in genere da virus con essudato da limpido a lievemente torbido, più raramente si osservano nelle fasi iniziali delle pericarditi batteriche. Possono essere anche associate a malattie sistemiche quali: malattia reumatica, LES e artrite reumatoide.
• Fibrinose → + frequente, essudato sieroso arricchito di fibrina, ricordate la fibrina (la vedete in rosa nel vetrino) è il pane per formare un coagulo! Ricordate che il versamento va da abbondante ad assente (se è assente parliamo di pericardite secca!) L’accumulo di fibrina porterà alla formazione di un coagulo. Cause: infarto del miocardio, infezioni, insufficienza renale cronica, terapia radiante del polmone, malattia reumatica, les, artrite reumatoide. Nei casi più gravi, o negli stadi più avanzati, la superficie della sierosa è rivestita da una cotenna di fibrina grigio‐giallastra, di qualche millimetro di spessore. Questo deposito non ha aspetto omogeneo, a causa dell'azione meccanica di scorrimento impressa dai movimenti del cuore, per cui possono osservarsi rilievi irregolari (aspetto a “pane e burro”) o paralleli (aspetto pettinato) oppure depositi di forma papillare (cor villosum). Microscopicamente, si osservano i depositi di fibrina sulla sierosa e, nel connettivo sottostante, la presenza di un infiltrato infiammatorio cronico aspecifico. L'evoluzione può essere verso la dissoluzione dell'essudato e la guarigione, o verso l'organizzazione della fibrina da parte di un tessuto di granulazione, con formazione di placche fibrose o, più spesso di aderenze. Il quadro sintomatologico è dominato dagli sfregamenti pericardici, che tendono a scomparire con il progressivo accumularsi del versamento, altri sintomi sono rappresentati da dolore toracico, febbre e dispnea. Se l'essudato si forma rapidamente si può avere scompenso fino al tamponamento cardiaco.
• Purulente → essudato purulento (piopericardio), spesso è presente anche una componente fibrinosa o uno screzio emorragico che da all'essudato un aspetto a lavatura di carne
• Emorragiche → tbc, infezioni ba eriche gravi o impianto di neoplasia. Se c’è tbc osserviamo i i granulomi con cellule giganti ed epitelioidi con necrosi caseosa.
‐SECONDARIE ( LUPUS, MALATTIA REUMATICA, INFARTO DEL MIOCARDIO)
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Esiti delle pericarditi →
• Esiti aderenziali limitati al pericardio → conseguono in genere ad una pericardite fibrinosa o siero‐fibrinosa. È la fibrina in se a suscitare la proliferazione di un tessuto di granulazione. Quest'ultimo sostituisce gradualmente la cotenna fibrosa con un connettivo che, inizialmente lasso, tende a divenire sclerotico. Si costituiscono così aderenze fibrose tra i foglietti pericardici fino alla possibile sinfisi completa con obliterazione della cavità
• Esiti aderenziali estesi al mediastino → sopra u o in caso di pericardite tubercolare o in quella suppurativa. All'esame macroscopico si osserva la presenza di sinfisi pericardica e di propaggini fibrose, talora calcifiche, nel connettivo mediastinico che saldano il pericardio a strutture limitrofe quali la pleura, il diaframma o la gabbia toracica.
• Esiti costrittivi → sono secondari a pericardi tubercolari o suppura ve, raramente a forme a espressione fibrinosa. All'esame macroscopico il pericardio appare come una spessa cotenna di tessuto fibroso inestensibile (concretio cordis) talora calcifico (cuore a corazza), con completa obliterazione della cavità. Anche se non frequentemente, possono esserci aderenze con strutture adiacenti (accretio cordis). La terapia è la pericardiotomia e rimozione della cotenna sclerotica che strozza il cuore ed i vasi venosi.
MIOCARDITI E CARDIOMIOPATIE
‐ 03/12/15
LE MIOCARDITI: infiammazione e sofferenza del miocardio e dei miociti rispettivamente.le cause sono:cause infettive virali come il cocksakie virus,quelle da protozoi,batteri e funghi soprattutto nei pz immunodeficienti.pesse possono pero anke essere legate all uso di farmaci,malattie immunitarie come lupus eritematoso.le miocarditi poi possono anche essere tossiche quando legate all abuso di cocaina pero le principali sono quelle virali legate al cocksakie virus.dal punto di vista patologico distinguiamo una fase acuta,subacuta e cronica. Nella fase acuta c e il virus che comporta la lisi del linfocita.nella fase subacuta la distruzione dei linfociti e massiva per cui si evoca una rx infiammatoria di tipo immunita innata e si attivano i NK e i linfociti citotossici. successivamente vengono richiamati i T HELPER CHE COMPORTANO L ATTIVAZIONE DI ANTICORPI RIVOLTI CONTRO GLI ANTIGENI VIRAli. questa era la fase cronica in cui c e una massiva infiammazione. Nella maggior parte dei casi la miocardite si risolve cn un esito cicatriziale pero in alcuni casi la patologia e piu grave.la fase acuta normalmente dura 2 o 3 giorni.la fase subacuta dura circa quasi una settimana.nella fase cronica abbiamo che o per l ecceso degli antigeni o perche la rx immunitaria diventa una rx autoimmunitaria si va incontro ad una cronicizzazione che puo comportare una cardiomiopatia dilatativa che rappresenta una complicanza della miocardite virale infatti. la rappresentazione clinica della miocardite e UNA rapida insorgenza di insufficienza cardiaca che colpisce piu gli anziani e i bimbi. istologicamente ricordiamo le cellule infiammatorie nell interstizio e in perliiferia le fibrocellule.nella diagnosi istologica si seguono i criteri di gallas si basano sul riconoscimento dell infiammazione e sul danno a carico delle cellule cardiache. Non sempre ovviamente appare questo quadro cosi preciso.le miocardite possono essere legate anche all uso di farmaci e il quadro istologico e caratterizzato da granulociti eosinofili.poi abbiamo le miocarditi batteriche caratterizzate da ammassi di eosinofili e si poxono formare anke veri e rpr ascessi.le miocarditi possono anche essere dovute ad altre patologie che comportano la degerezione dei miociti. Una forma particolare di miocardite e quella a cellule giganti in cui ci sono cellule giganti istiocitarie ma anche miocitarie degenerative.come si classificano?con una classificazione morfologica oppure temporale.possiamo infatti anche avere miocarditi fulminee che comportano grave scompenso cardiaco anche con interessamento toracico. Esistono anche forme piu subdole che pero si complicano nella maggior parte dei casi con cardiomiopatie dilatative.
LE CARDIOMIOPATIE.
Che cosa sono le cardiomiopatie? Le cardiomiopatie in passato si definivano, molto semplicemente, come delle malattie primitive del miocardio per differenziarle dalle malattie secondarie ad altri problemi come ischemia, vizi valvolari che possono creare delle alterazioni del
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cuore come un'ipertrofia. Quindi le cardiomiopatie, cosi definite, erano quelle NON secondarie. Però qualcosa è cambiato. Tant'è che dal '95 la definizione delle cardiomiopatie è cambiata (sulla base della definizione data dalla società dei cardiologi americana) : queste sono patologie associate a disfunzione cardiaca elettrica o meccanica, indipendentemente dall'eziologia (che fino al '95 era ritenuta prevalentemente di tipo genetico).
Negli anni '90, quindi, le cardiomiopatie erano: dilatativa, ipertrofica e restrittiva; nel '95 si è aggiunta quella aritmogena..L'associazione dei cardiologi americana, ha invece riclassificato le cardiomiopatie in forme genetiche, miste ed acquisite.
Cardiomiopatie primitive:
dilatativa: la diagnosi dal punto di vista anatomo patologico è un'alterazione del volume del ventricolo sinistro, ma anche del ventricolo destro; quindi quando parliamo di cardiomiopatia dilatativa ci riferiamo ad una cardiomiopatia che mostra dal punto di vista macroscopico una dilatazione delle camere singole. (Aspetto globoso del ventricolo sx, cosidetto a palla). Quali sono le cause della cardiomiopatia dilatativa? Esiste ovviamente un subset in cui la causa è sconosciuta, esistono delle forme legate a malattie autosomiche dominanti, esistono anche delle forme recessive. Poi abbiamo le forme post‐virali e quelle immuno‐mediate. La forma più frequente è, sicuramente, quella post virale in cui appunto dopo un'infezione virale si ha una miocardite acuta che, in alcuni soggetti con predisposizione genetica, si può avere una autoalimentazione del processo autoimmunitario. Dal punto di vista istologico abbiamo:
MOSTRUOSITA' NUCLEARI, DEGENERAZIONE DELLE CELLULE (per esempio vacuolizzazione all'interno delle
fibrocellule) FIBROSI INTERSTIZIALE.
Dal punto di vista clinico come si rivela tutto questo? C'è un sovraccarico di volume a livello del ventricolo dx, quindi anche sulle strutture a monte, l'atrio non riesce a svuotarsi completamente, ed anche a carico del sistema venoso polmonare. E poi abbiamo una incapacità del muscolo cardiaco di contrarsi e di garantire, quindi, una normale gittata cardiaca. L'esito della cardiomiopatia dilatativa è verso lo scompenso cardiaco. La cardiomiopatia dilatativa colpisce una popolazione giovanile, tra i 35 e i 50 anni, maggiormente l'uomo rispetto alle donne.
ipertrofica: cardiomiopatia legata ad un'ispessimento della parte di un ventricolo. La zona che viene maggiormente colpita è il setto, ma il suo esclusivo interessamento è molto raro. L'incidenza di qeusta patologia non è bassissima (1:100 pz l'anno). L'eziologia è genetica con un pattern autosomico dominante (ad oggi sono conosciute molte mutazioni genetiche, ma tutte sono correlate ad alterazioni di particolari proteine. In particolare alterazioni della beta miosina e della proteina C. [Ricordate il sistema actina‐miosina dei sarcomeri di cui l'actina e la miosina sono sicuramente le proteine fondamentali che sono connesse tra di loro].
L'ipertrofia è una forma di adattamento delle cellule che è legato ad una maggiore richiesta di attività (la cellula cardiaca si organizza per avere più sarcomeri). Esistono delle situazioni che possono essere considerati dei fattori di rischio maggiori, come fibrillazioni ventricolari, aritmie sopraventricolari, storie familiari di morte improvvisa o altre patologie legate ad ostruzione del flusso. Dal punto di vista istologico abbiamo:
DISORGANIZZAZIONE DELLE MIOFIBRILLE (non sono allienate) FIBROSI INTERSTIZIALE (nell'interstizio c' è più collagene)
L'interessamento del setto influisce anche sulla dinamica del flusso aortico, per cui spesso c'è bisogno di una risoluzione chirurgica. Questo è un cuore che, perquanto ipertrofico, funzionerà. Dal punto di vista clinico c'è una disfunzione diastolica perchè il cuore non riesce a riempirsi e, quindi, non riesce a garantire il normale deflusso di sangue. Una complicanza è l'ischemia perchè chiaramente il cuore ipertrofico non ha supporto di sangue adeguato; un altra complicanza sono le aritmie. Queste aritmie aumentano con l'età, in particolare la fibrillazione atriale ha un picco tra i 40 e i 60 anni, mentre la tachicardia sopraventricolare è sicuramente più frequente. I pz possono restare anche asintomatici per tutta la vita per la capacità del cuore di adattarsi. Tuttavia nella maggior parte dei casi avremo, deducendo da quanto detto, sintomi di ischemia e di scompenso, oltre alle aritmie. La diagnosi si fa con le mutazioni genetiche, ecocardiogramma ed ECG. Il trattamento è chirurgico per ridurre lo spessore.
aritmogena (con aspetti microscopici e macroscopici molto particolari)
restrittiva Le cardiomiopatie restrittive possono essere distinte in: ‐idiopatiche o primitive : legate alla genetica ma non sono genetiche ‐secondarie: rappresentano la maggior parte delle cardiomiopatie e sono legate soprattutto a problemi metabolici
Le cardiomiopatie restrittive sono caratterizzate da un ridotto volume di riempimento diastolico di uno o di entrambi i ventricoli. Le cause principali sono:
l'amiloidosi: è una malattia genetica caratterizzata dall'accumulo di amiloide in particolare nel rene, nel cuore e nel sistema nervoso centrale. L'accumulo di amiloide all'interno del miocardio determina un'alterazione della capacità contrattile del cuore.
le glicogenosi: malattie genetiche soprattutto pediatriche l'emocromatosi: caratterizzata da un accumulo di emosiderina negli spazi intersiziali di
numerosi organi e tessuti; rappresenta spesso una complicanza della talassemia maior la sarcoidosi, nella quale una localizzazione tipica può essere il cuore e che in alcuni
casinpuò dare quadri abbastanza gravi di cardiomiopatia restrittiva. Quadro clinico: dispnea, edemi declivi, tutti gli aspetti correlati allo scompenso cardiaco come ascite,... e anche in questo caso …. La diagnosi è legata fondamentalmente all'uso di esami strumentali. Questo è un esempio di cardiomiopatia restrittiva di tipo amiloidosico: è caratterizzato da un ispessimento legato all'accumulo di materiale amiloide e questo rappresenta dal punto di vista
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anatomo‐patologico l'elemento di diagnosi differenziale con la cardiomiopatia ipertrofica connotata dall'ispessimento delle fibre e dalla fibrosi. L'aspetto macroscopico della cardiomiopatia restrittiva e di quella ipertrofica è in genere sovrapponibile: tuttavia nella cardiomiopatia restrittiva il lume ventricolare è sempre presente mentre nella cardiomiopatia ipertrofica spesso il lume ventricolare scompare. In particolare quando andiamo ad esaminare materiale cardiaco prelevato da biopsie o più raramente da casi autoptici il quadro è il seguente: questa è una colorazione con ematossilina‐eosina; evidenziamo un aspetto zigrinato delle cellule dovuto all'organizzazione miofibrillare dei sarcomeri presenti all'interno delle fibrocellule muscolari cardiache mentre nell'intersizio evidenziamo accumuli di amiloide che si distribuisce caratteristicamente intorno ai vasi. Con la colorazione ematossilina‐eosina abbiamo il sospetto che sia amiloide; ma per colorare l'amiloide ci serviamo di una colorazione che si chiama Rosso Congo, che conferisce all'intersizio un aspetto rossastro dovuto proprio all'accumulo di amiloide. L'emocromatosi è un'altra patologia che determina una cardiomiopatia restrittiva secondaria; nell'intersizio si accumula del pigmento emosiderinico. Anche per questo materiale utilizziamo delle colorazioni particolari come la colorazione di Perls che conferisce un colorito bluetto a questi accumuli di emosiderina. Poi abbiamo delle forme di cardiomiopatia restrittiva da fibrosi che possono localizzarsi sia all'interno dell'endocardio che del subendocardio. Infine abbiamo la cardiomiopatia del ventricolo destro aritmogena (il prof nella registrazione dice sinistro): dal punto di vista clinico può dare luogo all'insorgenza aritmie che possono essere mortali, mentre dal punto di vista anatomo‐patologico è caratterizzata dalla sostituzione, a livello del ventricolo destro, di parte del miocardio con tessuto fibroadiposo. Colpisce prevalentemente il sesso maschile e la comparsa avviene in età giovanile (il prof riporta una casistica belga in cui sono annoverati atleti deceduti al di sotto dei 35 anni a causa di morte improvvisa; di queste morti il 10,8% sono avvenute a causa della cardiomiopatia del ventricolo destro aritmogena.) Il ruolo della biopsia è importante; le biopsie vanno fatte in diverse sedi cardiache,sono multiple e sono piccolissime. La biopsia viene fatta per il monitoraggio...(minuto 55:48 a 56 incomprensibile) La biopsia può essere utile nelle cardiomiopatie restrittive per andare ad indentificare il materiale accumulato all'interno dell'intersizio; in particolare con le colorazioni come il Rosso Congo e il Perls si indentificano rispettivamente l'amiloide e l'emosiderina. La patologia cardiaca conduce allo scompenso: nella fase dello scompenso leggero riscontriamo un assottigliamento delle pareti ventricolari sia destra che sinistra. Infatti il cuore presenta una capacità di adattamento al sovraccarico pressorio o volumetrico abbastanza efficace, almeno nelle prime fasi, in quanto adotta come meccanismi di compenso un'ipertrofia concentrica quando il sovraccarico è pressorio e un'ipertrofia eccentrica quando il sovraccarico è di volumetrico. Tuttavia alla fine i sistemi di adattamento falliscono e il cuore si sfianca; la soluzione, dopo l'approccio farmacologico, è il trapianto del cuore. Nei centri dove si effettuano i trapianti la biopsia viene utilizzata per identificare quelle alterazioni iniziali o anche tardive a cui va incontro l'organo trapiantato; le cause di morte dopo il trapianto sono legate prevalentemente alle infezioni, anche infezioni chirurgiche. Il rigetto acuto un tempo era frequentissimo nelle prime fasi del trapianto, mentre negli ultimi anni si è notevolmente ridotto in seguito all'uso di particolari
farmaci immunosoppressori. Viceversa il rigetto cronico,che si verifica intorno ai 2 anni, è legato alla risposta immunitaria la quale agisce soprattutto a livello dei vasi e determina un' aterosclerosi galoppante, con la progressione delle placche ateromasiche e la comparsa di quadri ischemici.
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