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Supplemento Settimana verde 2014 ECONOMIA CIRCOLARE – Risparmiare risorse, creare posti di lavoro Rivista a cura della Direzione Generale Ambiente Ambiente L’Ambiente per gli Europei

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Supplemento Settimana verde 2014

ECONOMIA CIRCOLARE – Risparmiare risorse, creare posti

di lavoro

Rivista a cura della Direzione Generale Ambiente

Ambiente

L’Ambiente per gli Europei

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Editoriale

Svoltasi a Bruxelles nella prima settimana di giugno, l’edizione 2014 della Settimana verde, la conferenza annuale più importante d’Europa in materia di ambiente, è stata dedicata al tema dell’economia circolare, con il titolo «Circu-lar economy — Saving resources, creating jobs» (Economia circolare — Rispar-miare risorse, creare posti di lavoro). Più di 3 000 legislatori, scienziati e parti interessate dell’industria e della società civile hanno partecipato a dibattiti di ampio respiro su quadri politici, modelli aziendali, posti di lavoro verdi, ecoinnovazione e molti altri aspetti di questo tipo di economia.

Per il commissario europeo per l’Ambiente Janez Potočnik, «la competitività dell’Europa sarà determinata dalla sua capacità di usare le risorse in maniera efficiente e non ci sarà spazio per i rifiuti. Dobbiamo quindi abbandonare la nostra cultura dello spreco e passare a un modello più circolare, producendo meno rifiuti, che dovranno peraltro diventare una risorsa».

Dalle discussioni e dai dibattiti della Settimana verde sono emersi i benefici dell’economia circolare, ma anche la necessità che tutte le parti interessate collaborino attivamente per rendere un successo la transizione dal sistema lineare a quello circolare. Anche i legislatori dovranno quindi dare il proprio contributo, dimostrandosi ricettivi verso esempi ed esperienze e garantendo l’adozione di un approccio obiettivo e coerente.

Al termine della settimana, Potočnik ha confidato ai partecipanti un certo otti-mismo in merito al passaggio all’economia circolare: «So che può diventare realtà, so che diventerà realtà, so che è inevitabile… e dopo esser stato testi-mone di tante idee brillanti e di una forte volontà di affrontare il cambiamento, inizio ad avere il presentimento che ci arriveremo prima di trovarci costretti».

L’obiettivo del Settimo programma d’azione per l’ambiente dell’Unione europea è «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta». Questo supplemento alla rivi-sta L’ambiente per gli europei racconta i dibattiti svoltisi durante la Settimana verde in merito a tale obiettivo e dà spazio ad alcune delle parti interessate che hanno partecipato all’esposizione. Ci auguriamo che lo troviate di vostro gradimento.

L’Ambiente per gli Europei ec.europa.eu/environment/news/efe/index_it.htm

INFORMAZIONI EDITORIALIL’Ambiente per gli Europei è una rivista con frequenza trimestrale pubblicata dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione europea. È disponibile in bulgaro, spagnolo, ceco, tedesco, estone, greco, inglese, francese, italiano, lituano, polacco, portoghese e rumeno. Abbonamento gratuito. È possibile abbonarsi online all’indirizzo: http://ec.europa.eu/environment/news/efe/subscribe/subscribe_it.htmCaporedattore: Bettina DoeserCoordinatore: Jonathan MurphyPer maggiori informazioni rivolgersi all’unità Comunicazione:http://ec.europa.eu/environment/contact/form_en.htmInformazioni e documenti: http://ec.europa.eu/environment/contact/form_en.htmSito web de L’Ambiente per gli Europei:http://ec.europa.eu/environment/news/efe/index_it.htm

L’EUROPA AMBIENTALE ONLINEDesiderate sapere cosa fa l’Unione europea per tutelare l’ambiente, cosa si intende per prodotto della politica integrata o come avere i requisiti per ottenere il marchio comunitario di qualità ecologica Ecolabel? Per queste e ulteriori informazioni, consultate il sito web della DG Ambiente:http://ec.europa.eu/environment/index_it.htm

AVVISO LEGALENé la Commissione europea, né le persone che agiscono in suo nome sono responsabili per l’uso che può essere fatto delle informazioni contenute nella presente pubblicazione e per gli eventuali errori che sussistessero nonostante l’impegno dedicato alla stesura e alla verifica della pubblicazione.

Stampato su carta riciclata che ha ricevuto il marchio comunitario di qualità ecologica Ecolabel per la carta grafica. (http://ec.europa.eu/environment/ecolabel)

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2014ISSN 1563-4191 (versione stampata)ISSN 2363-1236 (versione epub)© Unione europea, 2014© Immagine di copertina: Commissione europea, 2014. Tutte le foto: EU-Patrick Mascart, trane pagg. 10 e pagg. 13 © Thinkstock, pagg. 15 © Paolo Andrea Montanaro - Courtesy Slow Food, pagg. 15 © Cor Kuyvenhoven; pagg. 16: © Umicore

Riproduzione autorizzata con citazione della fonte.Si proibisce la riproduzione delle immagini.Printed in Italy

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Indice

Una boccata d’aria fresca per l’ambiente 03

Un punto di partenza 05

Posti di lavoro verdi per una crescita inclusiva 06

Alle giuste condizioni 08

Urbanistica verde 10

Condividere le migliori pratiche 11

Nuovi modelli aziendali più ecologici 12

Una spinta gentile nella giusta direzione 14

Esposizione della Settimana verde 2014 15

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» ECONOMIA, STRATEGIA E INFORMAZIONE

Una boccata d’aria fresca per l’ambienteIl progresso verso un ambiente migliore ha subito una battuta d’arresto? Se così fosse, chi o cosa potrebbe dare il la ai cambiamenti necessari? Un nuovo tipo di ambientalismo potrebbe servire ad assicurarsi il sostegno di chi si trova nella terra di mezzo fra scetticismo e convinzione, oltre a motivare l’opinione pubblica? La Settimana verde 2014 si è aperta con un incontro che ha riunito attivisti e rappresentanti di spicco di arte, industria, politica e università per discutere in che modo rendere più efficaci le azioni e le politiche in materia di ambiente.

«Nonostante gli elevati investimenti in tecnologie pulite all’avanguardia, il sostegno di grandi fasce della società e la retorica politica che promette un’azione urgente, i modelli eco-nomici ecologici non si stanno diffondendo al ritmo necessa-rio», ha dichiarato James Murray, direttore di BusinessGreen, nel suo intervento di apertura dell’incontro.

«Siamo di fronte a una sorta di paradosso: sappiamo di avere le capacità per raggiungere un’economia sostenibile, ma non riusciamo a imboccare la strada giusta», ha continuato Jeffrey Sachs, direttore di The Earth Institute, che spiega l’apparente paradosso con lo slancio e l’inerzia dell’economia globale. La sfida che la nostra generazione deve affrontare […] è quella di trovare il modo di convivere in un mondo affollato, traboccante in termini di risorse sia ecologiche sia umane.«Abbiamo know-how,

tecnologie e necessità. Possiamo farcela!»

Se vogliamo vincere la battaglia a favore dello sviluppo sosteni-bile, è necessario che attori e azioni siano allineati, ha continuato Sachs, che ha poi concluso con una nota di ottimismo: «Abbiamo know how, tecnologie e necessità. Possiamo farcela!».

Poesia e prosaPer il regista Yann Arthus-Bertrand, «essere un ambientalista significa amare la vita e gli altri». Tramite i suoi libri, film e pro-getti, l’artista ha invocato una trasformazione spirituale, prima che tecnologica ed economica: «Si è sempre parlato troppo di colpa, ma non abbastanza di responsabilità personale».

Gli ambientalisti, ha dichiarato Marco Lambertini, direttore generale del WWF, devono abbandonare i sentieri battuti e spingersi oltre. Per trasformare la consapevolezza in azione, devono rivolgersi a circoli di interesse più ampi e raggiungere direttamente le persone: «Mobilitando miliardi di persone […] riusciremo a innescare il cambiamento».

«Dobbiamo assicurarci il sostegno di chi si trova nella terra di mezzo fra scetticismo e convinzione», ha concluso Lambertini, evidenziando l’importanza di conferire maggiori responsabilità alle persone nelle battaglie a livello locale.

Sandra Steingraber, biologa e autrice di Living Downstream, un documentario sulla relazione tra fattori ambientali e can-cro, ha iniziato il suo intervento ricordando che «siamo fatti al 65 % di acqua e inaliamo oltre mezzo litro d’aria a ogni respiro».

A causa della nostra dipendenza dai combustibili fossili, ha continuato la biologa, ci troviamo di fronte a due crisi, quella del cambiamento climatico e quella dell’inquinamento da sostanze chimiche, e secondo gli scienziati dobbiamo lasciare nel suolo l’80 % del carbonio rimanente. Per questo motivo, «la fratturazione idraulica è in realtà un vicolo cieco».

La fratturazione idraulica ha conseguenze ambientali e pun-tando su questo sistema impediamo all’economia circolare di svilupparsi, ha concluso Steingraber, invocando una valutazione completa degli effetti di questa pratica sulla salute.

Visione positivaAchim Steiner, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme, UNEP), seppur concordando sul fatto che la frat-turazione idraulica ci illuda di guadagnare tempo, ha portato anche un messaggio più positivo: «Siamo dei privilegiati. Non abbiamo mai avuto tanta informazione né tanta attenzione».

E anche se i grafici puntano tutti nella direzione sbagliata, ha continuato, gli ambientalisti sono «dalla parte giusta della storia»: il 12 % del territorio è ormai soggetto a una qualche forma di tutela e sono passati soltanto 25 anni dalle prime discussioni scientifiche di alto livello sul cambiamento cli-matico, eppure abbiamo già intrapreso un percorso per tra-sformare la nostra economia. L’anno scorso, ha sottolineato Steiner, gli investimenti in infrastrutture per le energie rinno-vabili sono stati superiori a quelli destinati cumulativamente a petrolio, gas e carbone.

Sebbene al paradigma economico sia stato permesso di defi-nire i prezzi delle risorse ambientali, abbiamo assistito allo svi-luppo di nuovi concetti, quali la felicità interna lorda, l’economia verde, l’efficienza delle risorse e, dalla Cina, la civiltà ecologica.

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In conclusione al suo intervento, Steiner ha affermato che il nuovo ambientalismo dovrà avere solide basi di economia, per affrontare gli aspetti finanziari e avanzare opportunità e soluzioni, non soltanto problemi.

Secondo Mitch Hedlund, fondatrice e direttrice esecutiva dell’organizzazione no profit Recycle Across America, il tasso di riciclaggio negli Stati Uniti si è assestato sul 34 %, ma se si riuscisse a portarlo al 75 % vedrebbero la luce 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Hedlund, sottolineando il fatto che i rifiuti globali sono destinati a raddoppiare entro il 2025, ha parlato del problema dell’etichettatura dei raccoglitori: i bidoni pubblici per il riciclaggio generano confusione, che a sua volta provoca scetticismo ed errori.

La sua organizzazione fornisce un sistema di etichettatura standardizzato per il riciclaggio e, in collaborazione con mezzi di comunicazione e grandi marchi, ha avviato una campagna di sensibilizzazione che può migliorare del 50-100 % i tassi di riciclaggio. L’obiettivo è distribuire 1 milione di etichette standardizzate entro la fine del 2014: 250 000 sono già state donate alle scuole. «Semplificando le cose, le persone si comporteranno correttamente», ha concluso Hedlund.

Per Jacques Perrin, regista e attore, il senso della vita è nelle relazioni: «A questo mondo, nessun essere vivente è davvero solo».Ferma restando la necessità di esplorare nuovi concetti, il futuro dell’Europa è da ricercarsi nella diversità, sia culturale sia naturale, ha dichiarato Perrin, per poi concludere affer-mando che ciò di cui abbiamo bisogno sono la «solidarietà ecologica» e una «dichiarazione di interdipendenza».

Il cammino (circolare) che ci aspettaIl commissario europeo per l’Ambiente Janez Potočnik ha iniziato il suo intervento citando l’esploratore polare Robert Swan: «La più grande minaccia per il nostro pianeta è la convinzione che a salvarlo ci penserà qualcun altro».

«La stragrande maggioranza degli individui e delle aziende fa le proprie scelte in base a quello che ritiene più conve-niente per sé», ha affermato Potočnik. Vi è dunque la necessità di politiche e accordi a livello nazionale e internazionale per limitare il comportamento dei singoli e delle aziende: in caso contrario, l’ambiente ne soffrirà.

Tuttavia, il cammino verso il benessere economico e quello verso la sostenibilità ambientale corrispondono: «Oggi abbiamo bisogno di una nuova rivoluzione».

«Credo che alla luce della scarsità delle risorse e dei prezzi in aumento saremo in grado di fare miracoli incrementando la produttività delle risorse», ha continuato Potočnik. «Per riuscirci dovremo poter contare su sviluppo e innovazione in campo tec-nologico, ma anche su nuovi modelli aziendali in grado di ridurre l’impatto lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti».

Il vecchio e il nuovo ambientalismo devono andare a brac-cetto, proprio come economia e ambiente: «Insieme dobbiamo far capire ai nostri governi, e ovviamente anche all’Unione europea, che l’economia non è tutto», ha concluso il commis-sario per l’Ambiente. In conclusione, Murray ha affermato che la tutela del nostro pianeta è correlata alla tutela della qualità della vita, perché, dopotutto, le tecnologie pulite sono migliori, le fonti rinnovabili hanno costi di gestione inferiori, le aziende verdi sono più sicure e gli investimenti nelle tecnologie a tenore ridotto di carbonio creano posti di lavoro.

Altre informazioni

» http://ec.europa.eu/environment/greenweek/

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» EFFICIENZA DELLE RISORSE

Un punto di partenzaIl passaggio a un’economia circolare richiede un cambiamento sistemico, che riguardi tutte le parti interessate nella catena del valore, e innovazioni di peso nelle tecnologie, nelle organizzazioni e nella società nel suo insieme. La Settimana verde si è aperta con una sessione introduttiva che ha creato una cornice in cui inserire le discussioni future.

«Possiamo vivere bene, ed entro i limiti del nostro pianeta, ma non riusciremo a farlo se continuiamo così», ha dichiarato Karl Falkenberg, direttore generale della DG Ambiente della Commissione europea, durante la sessione di apertura della Settimana verde.

In un certo senso, l’efficienza del nostro attuale sistema economico è il nostro peggior nemico, ha affermato Janez Potočnik, commissario europeo per l’Ambiente: «Il sistema lineare in realtà funziona molto bene. Il problema è che il mondo sta cambiando, tanto da renderlo presto inadatto alle nostre necessità».

L’Europa è alle prese con carenza di risorse, affollamento e invecchiamento. Nei prossimi decenni, secondo Potočnik, «i suoi vantaggi comparati saranno definiti dalla disponibilità relativa delle risorse e dalla nostra capacità di massimizzarne la produttività». Dobbiamo quindi abbandonare la nostra cul-tura dello spreco e passare a un modello più circolare, ovvero a prodotti innovativi progettati per durare, e per essere riparati e riciclati, e a modelli economici innovativi.

Riciclare le nostre ricchezzeFalkenberg gli ha fatto eco: «I rifiuti sono troppo preziosi per andare sprecati». Il riciclaggio e le attività di «urban mining» (ovvero il recupero di materie prime dai rifiuti urbani) consentono attualmente di ricavare 350 grammi di oro da una tonnellata di rifiuti elettronici: si tratta di un risultato di molto superiore a quello che è in grado di ottenere l’industria mineraria tradizionale.

Andreas Papastavrou, rappresentante permanente aggiunto della Grecia all’Unione europea (UE), ha continuato sulla stessa linea, affermando che basterebbe riciclare in questo modo appena il 3 % dell’oro esistente, ad esempio ricavan-dolo dai telefoni cellulari, per soddisfare il 100 % della nuova domanda. Inoltre, ha sottolineato come l’UE debba rafforzare l’elemento ambientale della strategia Europa 2020 al fine di superare le sfide future, tramite approcci adeguati alle differenti situazioni degli Stati membri.

«In un futuro non tanto lontano disporremo di sempre meno risorse per sempre più persone», ha ammonito Cyndi Rhoades, fondatrice e direttrice di Worn Again, un’azienda da lei stessa descritta come parte di una rivoluzione a ciclo chiuso nell’indu-stria della moda.

«Viviamo in paesi con tassi di consumo elevati, e questo signi-fica che in Europa disponiamo di risorse riciclabili», ha aggiunto. La sua azienda si basa sul concetto di «upcycling», ovvero l’uso di design innovativi per trasformare vecchi tessuti in prodotti di valore più elevato, e sta studiando nuove tecnologie per il recupero delle fibre miste.

Rhoades ha sottolineato che le imprese devono modificare il loro metodo di valutazione e rendicontazione del rendi-mento, e ha fatto l’esempio di Puma, la prima azienda a intro-durre il concetto di «profitti e perdite ambientali» e a ritenere necessario un modello unico di rendicontazione finanziaria, sociale e ambientale per l’intera industria.

Misurare l’economia circolareIl commissario europeo per l’Ambiente ha inoltre affermato che, dato l’elevato numero di parti interessate e aree politiche coin-volte, l’Europa ha bisogno di stabilire un obiettivo di efficienza delle risorse per indicare qual è la strada da seguire. A questo proposito, la Commissione ritiene che il miglior indicatore possa essere il consumo di materie prime in rapporto al PIL.

«L’economia circolare è emozionante, è il futuro», ha concluso Potočnik, «e sarà la grande sfida per l’innovazione nei prossimi decenni».

Per saperne di più

» http://ec.europa.eu/environment/greenweek/

» http://webcast.ec.europa.eu/eutv/portal/archive.html?viewConference=23014&catId=22743

» http://ec.europa.eu/environment/circular-economy/

Il 2 luglio, la Commissione ha adottato una serie di nuove politiche sull’economia circolare in cui sono definiti gli strumenti pertinenti, un approccio basato sul ciclo di vita e nuovi obiettivi di riciclaggio a lungo termine per l’Europa.

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» ECONOMIA, STRATEGIA E INFORMAZIONE

Posti di lavoro verdi per una crescita inclusivaL’economia circolare in Europa dovrà poter contare su una manodopera qualificata, competente e pronta a occupare posti di lavoro sempre più ecocompatibili.

Nell’ambito della Settimana verde, la sessione dedicata ai posti di lavoro e alle competenze verdi è stata incentrata sulla preparazione di aziende private ed enti pubblici all’imminente trasformazione. I relatori si sono trovati d’accordo sulla neces-sità di un quadro legislativo coerente a livello comunitario, che copra tutte le aree politiche pertinenti e sia dunque in grado di dare alle aziende tutta la fiducia e la sicurezza che gli investimenti in nuovi posti di lavoro richiedono.

La dott. ssa Cristina Martinez, dell’Organizzazione per la coope-razione e lo sviluppo economico (OCSE), ha sottolineato il fatto che i posti di lavoro verdi dovranno condurre alla realizzazione non soltanto di un’economia sostenibile, ma anche di una società più giusta e inclusiva, con molta più coerenza tra gli obiettivi ambientali e quelli occupazionali. «Storicamente, que-ste due aree sono sempre state separate», ha affermato Martinez, «ma ora abbiamo bisogno di un impegno multisettoriale».«Le politiche verdi non

generano automaticamente posti di lavoro, né li fanno

sparire. È una questione di metodo.»

Martinez ha presentato due recenti rapporti dell’OCSE, «Greener Skills and Jobs» (Competenze e posti di lavoro più ecocompatibili) e «Making Inclusive Growth Happen» (Realizzare la crescita inclu-siva). Secondo il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme, UNEP), l’occupazione in settori verdi quali l’energia solare ed eolica e la depurazione dell’acqua è in forte crescita.

La riorganizzazione e la riconversione sono necessarie in un ampio ventaglio di industrie tradizionali (mineraria, cementi-fera, petrolifera, chimica e altre ancora), perché le innovazioni in questi settori richiedono una manodopera dotata di compe-tenze estremamente differenti da quelle tradizionali. Le nuove posizioni, ad esempio nella gestione delle aziende verdi, ten-dono tuttavia a essere occupate da uomini. «Dobbiamo con-centrare la nostra attenzione sulle aree in cui il genere ha ancora importanza», ha affermato Martinez.

In passato alcuni settori, come il riciclaggio e la gestione dei rifiuti, hanno dato lavoro in buona parte a persone scarsamente qualificate, alle quali, ove possibile, dovrà ora essere offerta l’opportunità di migliorare le proprie competenze. Un altro esempio: l’industria mineraria è connotata dal punto di vista non soltanto del genere, ma anche dell’età. «Molti minatori hanno più di 50 anni e in caso di riorganizzazione dovranno cercare di cavarsela con le loro vecchie competenze. L’ecologizzazione dell’economia deve pertanto costituire anche un’opportunità di realizzare una crescita inclusiva», ha concluso Martinez.

Remunerazione del capitale investitoJosé Lopes, responsabile dell’eccellenza tecnica presso Jaguar Land Rover Ltd, ha illustrato l’approccio adottato dalla sua azienda per riconvertire la manodopera metalmeccanica, ren-dere i processi più efficienti e usare i materiali in maniera più sostenibile: «È importante far capire che sviluppiamo tutti i nostri prodotti non soltanto in base alle richieste dei nostri clienti, ma anche in base alle necessità di un’azienda sostenibile».

Ormai cinque anni fa, Jaguar ha avviato un programma di certificazione tecnica in collaborazione con otto università bri-tanniche. «Nel nostro percorso verso l’ecologizzazione dell’e-conomia dobbiamo adottare tecnologie nuove ed emergenti», ha spiegato Lopes. Jaguar ha dunque creato un programma in 50 moduli per migliorare le competenze della sua manodo-pera metalmeccanica: da una valutazione globale è emerso che tale programma ha condotto a una remunerazione del capitale investito superiore al 200 %.

Un problema persistente nel Regno Unito consiste nel fatto che soltanto il 7 % dei tecnici è di sesso femminile e i diversi tentativi di attirare la forza lavoro femminile non hanno avuto particolare fortuna: secondo Lopes, questa è una situazione molto preoccupante. Anche la collaborazione industriale tran-sfrontaliera è importante. «Le sfide tecnologiche che atten-dono il settore automobilistico», ha concluso Lopes, «sono probabilmente le più ardue di sempre. L’industria, le università e i governi devono quindi collaborare attivamente con l’obiettivo di far progredire nuove aree di ricerca».

Competenze in costruzioneL’Austria ha fatto registrare la maggior percentuale di beni e servizi ecocompatibili nell’Unione europea (UE). Johannes Fechner, coordinatore del settore istruzione e formazione pro-fessionale in seno all’iniziativa nazionale per il clima klima-aktiv, ha rivelato che il settore ecocompatibile austriaco sta crescendo bene, con un fatturato aumentato da €31 miliardi del 2008 a €35 del 2012 (12 % del PIL).

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Nel paese transalpino, l’approccio all’economia a basso tenore di carbonio si basa su tre pilastri: legislazione, economia e istruzione-formazione. Un sistema duale di istruzione pro-fessionale consente ai giovani di studiare mentre svolgono un apprendistato. Fechner ha illustrato il progetto «Build Up Skills», iniziativa di formazione mirata al miglioramento delle competenze degli operai edili. La direttiva europea sull’effi-cienza energetica degli edifici ha stabilito obiettivi ambiziosi di risparmio energetico, il cui conseguimento necessita della realizzazione di strutture di alta qualità, e dunque di compe-tenze supplementari. Avvalendosi del sostegno statale, kli-maaktiv ha sviluppato uno standard edilizio pubblicamente disponibile: oltre a fornire un principio guida per la proget-tazione ambientale ed efficiente sotto il profilo energetico, è corredato di strumenti per la formazione e la valutazione.

Le tre parole chiave, ha rivelato Fechner, sono «governance, networking e integrazione». Creare posti di lavoro verdi richiede trasparenza in merito ai costi (in questo ambito dovrebbe essere considerato anche il prezzo delle risorse limitate), nonché l’integrazione e il coordinamento fra stra-tegie nazionali ed europee e ai fini dello sviluppo di nuove competenze tecniche.

Le sfide futureA nome della direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione della Commissione europea, Detlef Eckert (direttore del servizio Europa 2020: politiche per l’occupa-zione) ha parlato di due sfide che attendono l’UE. La prima consiste nell’ottenere le giuste condizioni per creare più posti di lavoro alla luce della crisi economica, la seconda è il timore che posti di lavoro e competitività possano essere messi a rischio da obblighi ambientali troppo rigorosi.

«Le politiche verdi non generano automaticamente posti di lavoro, né li fanno sparire», ha dichiarato Eckert. «È una questione di metodo».

Discutendo in merito al possibile ruolo dell’UE, Eckert ha affermato che i risultati delle recenti elezioni europee evidenziano il fatto

che Bruxelles non è in grado di fornire tutte le risposte. L’Unione deve però promuovere la formazione di competenze, favorire la mobilità (poiché i lavoratori qualificati non sempre risiedono dove esiste la richiesta) e sostenere la riorganizzazione industriale, in collaborazione con le parti sociali, in particolare per contrastare la paura dei cittadini nei confronti della disoccupazione.

Per quanto riguarda l’istruzione e la formazione, Eckert ha dichiarato che le politiche del settore pubblico dovrebbero tendere allo «sviluppo di un’infrastruttura che consenta la cre-azione di competenze, a disposizione del settore privato», e in particolar modo delle piccole e medie imprese (PMI).

La Commissione ha già avviato diverse collaborazioni con organizzazioni internazionali, quali l’OCSE, e sta predispo-nendo iniziative settoriali volte a delineare strategie che aiutino i cittadini europei a raggiungere più speditamente la prosperità che si attendono. La presidenza italiana dell’UE, congiuntamente ai ministri del Lavoro e dell’Ambiente degli Stati membri, si sta adoperando per stilare proposte da avan-zare alla nuova Commissione. La coerenza fra le politiche europee finanziarie e quelle in materia di ricerca e sviluppo è fondamentale per garantire il progresso tecnico e tecnologico dell’UE. Dato che nessun finanziamento supplementare sarà reso disponibile nell’ambito dell’attuale bilancio europeo ai fini della riconversione, «dobbiamo rendere più efficienti i finan-ziamenti già esistenti in quest’area. Gli Stati membri dovreb-bero imparare l’uno dall’altro e avviare le riforme. Le sfide da affrontare saranno immani», ha concluso Eckert.

Per saperne di più

» http://webcast.ec.europa.eu/eutv/portal/archive.html?viewConference=23014&catId=22767

» http://www.oecd.org/knowledge-sharing-alliance

» http://www.klimaaktiv.at/english.html

» http://www.jaguarlandrover.com/gl/en/innovation/research-and-development

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» ECONOMIA, STRATEGIA E INFORMAZIONE

Alle giuste condizioniQuali sono gli ostacoli che impediscono all’Unio-ne europea (UE) di trasformarsi in un’economia circolare? In che modo possiamo avvalerci di obiettivi, imposte, politiche industriali e altri stru-menti per riuscire a superarli? Di questi argomenti si è discusso durante la sessione della Settimana verde dedicata alla creazione delle condizioni quadro per un’economia circolare («Creating the framework conditions for a circular economy»).

In apertura di sessione, Bas de Leeuw, direttore generale del World Resources Forum, ha chiesto subito ai relatori di parlare delle politiche necessarie per sostenere l’economia circolare.

«Per ben 100 anni, i prezzi delle materie prime e dell’ener-gia sono scesi con regolarità, ma nel 2002 questa tendenza ha subito un’inversione», ha spiegato Jocelyn Blériot, capo del servizio editoriale e affari europei della Ellen MacArthur Foundation: un intero secolo di costante calo nel prezzo delle materie prime è stato spazzato via in soli dieci anni.«In Europa le politiche

ambientali sono fissate dall’UE nella misura dell’80 % e il

95 % degli europei ritiene che proteggere l’ambiente sia

importante.»Seguendo un approccio basato sulle lezioni apprese dalla navigazione sulle lunghe distanze, ovvero viaggiare leggeri, gestire le risorse e ridurre i rifiuti al minimo, la fondazione MacArthur ha elaborato una strategia in quattro punti per tra-sformare l’attuale economia lineare in un modello circolare: a questo fine sono necessarie una filosofia di progettazione mirata al riutilizzo, l’attuazione di modelli aziendali che favo-riscano l’accesso rispetto alla proprietà, la logistica inversa per la raccolta e la rigenerazione dei prodotti, e una maggiore collaborazione fra settori e industrie.

Per incentivare tali cambiamenti, ha concluso Blériot, serve spostare il carico fiscale dalla manodopera alle risorse, cam-biare il tipo di responsabilità del produttore e dare maggiore spazio all’ecoprogettazione.

Un taglio netto ai consumiSebastien Godinot, economista presso l’ufficio per le politi-che europee del WWF, ha spiegato che la sua organizzazione utilizza come indicatori l’indice del pianeta vivente (Living Planet Index) e l’impronta ecologica globale (Global Ecological

Footprint): a causa del sovrasfruttamento delle risorse natu-rali e della pressione esercitata sui servizi ecologici, «allo stato attuale delle cose abbiamo globalmente bisogno di 1,5 pianeti Terra all’anno», ma se i consumi di tutto il mondo si ade-guassero ai tassi di consumo dell’UE, ecco che avremmo già bisogno di due pianeti.

Secondo l’economista, tutelare il capitale naturale richiede una trasformazione nel sistema politico ed economico, in par-ticolare per quanto concerne governance e aspetti finanziari. La chiave consiste nel tagliare il consumo di risorse in termini assoluti, non soltanto nel limitarlo. Dobbiamo fare in modo che i consumi calino anche se il PIL cresce.

Gran parte del sovraconsumo è correlato a sprechi e ineffi-cienza, ha aggiunto, e «nel mondo 1 miliardo di tonnellate di alimenti viene gettato via ogni anno anche se 1 miliardo di persone non ha di che nutrirsi».

In quanto alle possibili soluzioni, Godinot ha invocato la fissa-zione di obiettivi ambiziosi in materia di energia e clima (tra cui obiettivi obbligatori per l’efficienza energetica), un quadro comunitario in materia di efficienza delle risorse con obiettivi specifici per impronta di carbonio, acqua e suolo, l’integrazione nei processi politici di indicatori come la contabilità del capitale naturale (Natural Capital Accounting), l’uso di appalti pubblici verdi e l’attuazione di una politica industriale solidale. Quindi, ha ricordato al pubblico che il WWF ha già chiesto che entro il 2020 il gettito fiscale dell’UE sia composto da ecotasse nella misura del 10 %, corrispondente a un aumento di quattro punti percen-tuali rispetto alla media attuale nei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

L’UE deve inoltre porsi in prima linea a livello internazionale, eseguendo la transizione dagli obiettivi di sviluppo del Mil-lennio post 2015 agli obiettivi di sviluppo sostenibile e assi-curando il sostegno finanziario ad azioni in materia di clima e biodiversità nei paesi poveri. Godinot ha suggerito di eli-minare gradualmente le sovvenzioni che risultano dannose, ad esempio quelle per i combustibili fossili, e di destinare gli stessi fondi a problemi come la disoccupazione giovanile. Al termine della sua analisi del bilancio dell’UE, ha concluso che i fattori più efficaci in termini di creazione di posti di lavoro sono conservazione, efficienza energetica e delle risorse e investimenti nelle energie rinnovabili.

Infine, Godinot ha messo in evidenza l’importanza dei qua-dri politici comunitari. In Europa le politiche ambientali sono fissate dall’UE nella misura dell’80 % e il 95 % degli europei ritiene che proteggere l’ambiente sia importante».

Politica industrialeJean-Paul Albertini, commissario esecutivo per lo sviluppo sostenibile presso il ministero francese dell’Ecologia, dello sviluppo sostenibile e dell’energia, ha passato in rassegna le politiche che i governi potrebbero adottare, quali il coinvolgi-mento attivo delle parti interessate, gli investimenti in ricerca

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e sviluppo e l’elaborazione di approcci settoriali, territoriali e basati sulla catena del valore.

L’approccio settoriale servirebbe per stimolare la cooperazione, favorire gli accordi volontari ed estendere la responsabilità del produttore, ha spiegato Albertini, che ha inoltre suggerito di chiamare all’azione i governi locali e regionali nell’ambito di una nuova politica industriale, proprio come accade in Francia, dove ogni regione elabora strategie per l’economia circolare e l’ecologia industriale. Per quanto concerne il settore ricerca e sviluppo, si dovrebbe puntare maggiormente sull’ecopro-gettazione di prodotti, processi e servizi, analizzare più accu-ratamente il comportamento dei consumatori e adottare un approccio sistemico alla catena dell’innovazione.

In merito alle iniziative già attuate dal governo francese, Albertini ha parlato del recente varo di una strategia nazionale per politiche e posti di lavoro verdi che interessa il diritto dei consumatori, i prodotti con vita utile più lunga e l’etichettatura ambientale dei prodotti.

Entro il 2020, inoltre, la Francia sta programmando di dimez-zare i livelli di rifiuti nazionali rispetto al 2010, fornendo un sostegno più deciso alle politiche locali per la raccolta diffe-renziata e impegnandosi a integrare i costi sociali nei prezzi di smaltimento in discarica. In aggiunta, il governo francese ha avviato lo studio di ecotasse e indicatori di rendimento migliori.

A livello europeo, Albertini ha sottolineato la necessità di dare piena attuazione al Settimo programma d’azione per l’am-biente e di rendere più verde il semestre europeo di gover-nance economica nell’ambito della strategia Europa 2020, con l’inclusione dell’indicatore di «produttività dei materiali».

William Neale, membro del gabinetto del commissario Potočnik, ha evidenziato il fatto che l’economia circolare è essenziale per attirare e trattenere le industrie in Europa.

Concedendo un’anticipazione in merito al pacchetto di poli-tiche varato il 2 luglio, Neale ha sottolineato l’importante ruolo rivestito in passato dalla normativa europea sui rifiuti come motore del cambiamento. Le recenti proposte inten-dono mantenere la gerarchia dei rifiuti esistente e mirano ad aumentare i tassi medi di riciclaggio in Europa, portandoli ai livelli raggiunti negli Stati membri più virtuosi.

L’economia circolare, ha affermato Neale, non può essere trainata soltanto dalla tecnologia, ma richiede anche cam-biamenti nella domanda. Alla politica spetta dunque un ruolo importante di creazione dei fattori abilitanti, tra cui il mercato unico, l’attenzione all’impronta ecologica e ai cicli di vita dei prodotti, l’etichettatura ecologica, l’ecoprogetta-zione, gli incentivi basati sul mercato, le politiche di tipo «push-and-pull» per l’innovazione e i finanziamenti a più lungo termine.

Per quanto riguarda lo spostamento del carico fiscale, l’UE può stabilire degli obiettivi, ha concluso Neale, ma sta ai sin-goli Stati membri scegliere le azioni che ritengono più adatte. In questo senso, le imposte sullo smaltimento in discarica si sono rivelate efficaci.

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» AREE URBANE, INQUINAMENTO ACUSTICO E SALUTE

Urbanistica verdeLa densità abitativa elevata consente alle città di essere più efficienti in termini di risorse rispetto ai centri più piccoli, di far registrare un tasso in-feriore di inquinamento ed emissioni per abitante e di fungere da incubatori per l’innovazione.

Le città possono fungere da incubatori per nuovi modelli azien-dali e stili di vita, ha affermato Françoise Bonnet, segretario generale di ACR+, un’associazione di città e regioni per il rici-claggio e la gestione sostenibile delle risorse, durante la ses-sione della Settimana verde dedicata al possibile contributo dei centri urbani all’economia circolare («Gearing up cities for the circular economy»).

«Le città possono fare molto nell’ambito di un territorio geo-graficamente limitato», ha continuato Bonnet, la quale ha poi sottolineato la necessità, in tema di riciclaggio, di rendere pri-oritari la simbiosi e un ciclo chiuso il più breve possibile, a par-tire dai quartieri fino ad arrivare al livello globale, passando per le città, le regioni, le nazioni e l’Unione europea.

L’agricoltura urbana, ad esempio, può integrare la produzione di cibo, mentre i rifiuti alimentari possono essere usati per ottenere compost. Questo processo, ha concluso Bonnet, può funzionare in simbiosi con l’impegno a livello delle zone rurali, ai fini del conseguimento di un’agricoltura locale, sostenibile e stagionale, e con l’impegno a livello globale, dove si rende necessario un commercio equo e sostenibile.

Il professor Maarten Hajer, membro del gruppo internazio-nale per le risorse del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme, UNEP) e direttore della PBL Netherlands Environmental Assessment Agency, ha vincolato l’ambiente urbano a quello globale, ricol-legandosi al recente rapporto della PBL «Smart about cities».

«Abbiamo bisogno di un’urbanistica intelligente, non soltanto di città intelligenti», ha affermato Hajer. «Dobbiamo chiederci che tipi di tecnologie desideriamo. In insediamenti informali nel Sud del mondo, ad esempio, assistiamo all’uso di tecnologie alternative che consentono alle persone di organizzarsi autonomamente».

Il professore ha poi parlato dell’esigenza di nuove idee per aiutare il Sud del mondo a non commettere gli errori del mondo industrializzato. Secondo le stime, ha aggiunto, circa 800 milioni di persone si trasferiranno nelle città africane nei decenni a venire: si rende pertanto necessaria un’urbanistica di livello mondiale.

Paladini dell’innovazioneHajer è quindi passato a illustrare i vantaggi dell’apprendimento orizzontale fra città, tra cui la condivisione dei dati, la collabora-zione, gli approcci innovativi e l’impegno pubblico. A New York, ad esempio, è stato possibile allestire zone pedonali tempo-ranee superando le barriere burocratiche che impedivano la creazione di aree permanenti: la popolarità di questa soluzione

ha in seguito generato la volontà politica di rendere permanenti le zone temporanee.

Merete Kristoffersen, a capo dell’unità per la sostenibilità della città di Copenaghen, si è trovata d’accordo. Capitale verde europea 2014, la città danese vuole raggiungere le zero emissioni entro il 2025.

«Il nostro obiettivo di ridurre entro il 2015 le emissioni di CO2 del 20 % rispetto ai livelli del 2005 è già stato conseguito», ha affermato Kristoffersen, aggiungendo che tale risultato sta aiutando la città a crescere attorno a un nuovo sistema di valori.

Per Mark Hidson, direttore del Global Sustainable Procure-ment Centre, in seno all’ICLEI, gli appalti pubblici hanno tutte le caratteristiche per essere un fattore di traino per l’econo-mia circolare. Hidson ha consigliato di utilizzare in modo più sostenuto le analisi del ciclo di vita nelle decisioni di spesa delle amministrazioni cittadine e di prendere in considera-zione anche i benefici ambientali. Inoltre, si potrebbe incen-tivare l’uso di approcci più ecocompatibili tramite la gestione dei contratti, monitorare i risultati per mezzo del sistema di appalti elettronici e offrire attività di formazione durante giornate a porte aperte e seminari.

Hidson ha portato ad esempio le città olandesi di Amersfoort e Utrecht, che si sono impegnate a destinare il 10 % del loro bilancio per gli appalti a progetti basati sull’economia circo-lare. Per un ministero olandese, questo approccio si è rivelato un vero successo: ora, infatti, invece di pagare un’azienda per venire a prenderli, vende i propri rifiuti cartacei ai fini dell’estrazione di pasta di carta.

«C’è bisogno di politici coraggiosi che siano disposti a guar-dare al lungo periodo», ha concluso Hidson. «Abbiamo bisogno di paladini».

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» http://www.pbl.nl/en/

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» AFFARI INTERNAZIONALI

Condividere le migliori praticheLa transizione verso un’economia circolare richiede la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, ma anche politiche e iniziative a livello locale, nazionale e internazionale. Durante la sessione della Settimana verde intitolata «Circular economy: scaling up best practices worldwide» (Economia circolare: diffondere le migliori pratiche a livello globale) si è discusso di insegnamenti, esempi e successi da tutto il mondo.

Monica Frassoni, membro del consiglio di Friends of Europe, ha dato il via alla discussione ponendo una domanda ai parte-cipanti: In che modo è possibile diffondere le migliori pratiche su vasta scala per cambiare il mondo?

«Da sola, la tecnologia non porta risultati. Sono i consumi il nodo della questione», ha risposto Michael Kuhndt, diret-tore del Collaborating Centre on Sustainable Consumption and Production (il centro di collaborazione sul consumo e sulla produzione sostenibili), consigliando di valutare modelli di prestito e leasing, ma ammonendo che i consumatori non potranno mai adottare comportamenti sostenibili finché saranno circondati da infrastrutture che non lo sono.

L’inclusione sociale è fondamentale, ha affermato l’impact busi-ness director di Fundación Avina, Valdemar de Oliveira, il quale ha poi evidenziato l’esigenza di prezzi al dettaglio e utilizzi accessi-bili ai meno abbienti, poiché «le nuove tecnologie raggiungono i poveri solo quando sono ormai obsolete da decenni».

Secondo Zhou Hongchun, direttore del dipartimento per la ricerca sullo sviluppo sociale presso il Centro di ricerca sullo sviluppo del Consiglio di Stato cinese, «il progresso tecnolo-gico si ottiene passo dopo passo» ed è importante prestare attenzione alle esigenze dei consumatori più poveri.

Jean-Philippe Hermine, vicepresidente per la pianificazione ambientale strategica di Renault-Nissan Alliance, ha dichiarato che la sua azienda sta lavorando su un ciclo chiuso per mate-riali plastici, rame e convertitori catalici: «Circa il 70 % del nostro budget per la ricerca e lo sviluppo è destinato all’obiettivo di ridurre consumi ed emissioni, perché ormai il 20 % del prezzo di un’auto è rappresentato dal costo delle materie prime».

«Al giorno d’oggi esiste una discrepanza fra i sistemi della domanda e dell’offerta», ha dichiarato Jane Feehan, specia-lista delle risorse naturali presso la Banca europea per gli investimenti (BEI). «L’uso delle risorse ha un passo più veloce rispetto a quello che il nostro pianeta può sostenere».

Anche gli investitori hanno un ruolo da rivestire nel processo di creazione dell’economia circolare: la BEI ha messo in atto una serie di meccanismi di tutela sociale e ambientale, quali

il rifiuto della deforestazione tropicale al fine di proteggere la biodiversità, e si è prefissata l’obiettivo di accordare il 25 % dei prestiti ad azioni per il clima.

Un approccio olistico«I consumatori delle nuove tecnologie sono pronti anche ad accogliere nuovi modelli aziendali», ha continuato Hermine, facendo notare che gli acquirenti di veicoli elettrici sono inte-ressati a siglare contratti di leasing e ad acquistare «chilo-metri di mobilità», piuttosto che batterie. «Abbiamo bisogno anche di incentivi deducibili dalle tasse, come riduzioni dell’IVA sui prodotti riutilizzati».

«L’economia circolare non concerne soltanto i rifiuti», ha spie-gato Kuhndt. «I prodotti vengono realizzati da aziende diverse con diverse filosofie nella catena del valore. Ci serve un approccio olistico».

De Olivera gli ha fatto eco: «Dobbiamo elaborare nuovi modelli aziendali basati sulla comprensione della catena del valore». «Il processo della BEI in relazione alle decisioni di investimento è sempre più trasparente», ha dichiarato Feehan. Gli investi-tori devono rendere accessibili al pubblico le informazioni sui criteri di sostenibilità.

Kuhndt ha infine sottolineato come il 50 % dei prodotti rimanga nelle nostre case soltanto per un anno: «Non pos-siamo aspettare che i consumatori cambino comportamento: in un mondo dove il marketing rende spesso affascinanti e desiderabili comportamenti non sostenibili, è fondamen-tale proporre soluzioni dal lato dell’offerta, creando modelli aziendali sostenibili e intelligenti».

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» ECONOMIA, STRATEGIA E INFORMAZIONE

Nuovi modelli aziendali più ecologiciCome devono comportarsi le aziende per accelerare la transizione verso una società più sostenibile? E come possono farlo in modo che per loro sia anche redditizio? Nel corso della sessione della Settimana verde intitolata «New business models for sustainable lifestyles» (Nuovi modelli aziendali per stili di vita sostenibili), un gruppo di esperti ha discusso in merito agli esperimenti e alle innovazioni più recenti e alle sfide che ci attendono.

«Gli ecosistemi fissano un limite invalicabile per il nostro uso delle risorse e rappresentano un’argomentazione più che valida per il passaggio a un’economia circolare», ha dichia-rato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA). «Per vivere bene entro i limiti del nostro pianeta, ci serve un’economia circolare, dove nulla va sprecato».

Bruyninckx ha parlato della possibilità di vendere servizi, più che prodotti («Non ho bisogno di un trapano: quel che mi serve è un foro nel muro») e ha suggerito di modificare la gerar-chia dei rifiuti in modo da rispecchiare la desiderabilità della riduzione dei consumi: prima di arrivare a «ridurre, riutilizzare, riparare e riciclare», dovremmo iniziare a «rifiutare».«Non ho bisogno

di un trapano: quel che mi serve è un foro nel muro.»

Stiamo già assistendo alla nascita di nuovi modelli aziendali che promuovono questo approccio, come il «consumo collabo-rativo», che cambia il rapporto tra produttore e consumatore, o le sempre più diffuse attività di «urban mining», che consi-stono nell’estrazione di materiali da auto, prodotti elettronici e altri dispositivi non più in uso.

Johnson Yeh, dell’iniziativa per l’ambiente in seno al Forum economico mondiale (World Economic Forum, WEF), ha illu-strato i vantaggi di un’economia più circolare. Ad esempio, il WEF ha stimato che entro il 2025 potremmo risparmiare materiali per un valore di mille miliardi di dollari, generando benefici per 500 milioni di dollari entro 5 anni e creando 100 000 nuovi posti di lavoro.

La tecnologia ha certamente contribuito ad aumentare la pro-duttività della manodopera, mentre non si sono ancora registrati miglioramenti significativi in termini di produttività delle risorse.

«L’economia circolare non si è diffusa su ampia scala», ha affermato Yeh, che imputa la situazione alla mancanza di rapporti fra le industrie e lungo le catene di approvvigiona-mento. «C’è bisogno di un approccio multilaterale», che inne-scherebbe, ha aggiunto, una nuova rivoluzione industriale.

Dettaglianti e consumatoriBart Goetzee, del Senior Group on Sustainability (gruppo di esperti sulla sostenibilità) di Philips International, ha spiegato che la sua azienda ha già abbracciato la filosofia dell’economia circolare.

Philips ha infatti iniziato a usare una quantità maggiore di materiali riciclati e ha messo in atto programmi per racco-gliere i prodotti usati ed estrarne i componenti riutilizzabili. Inoltre, l’azienda sta vagliando modelli di manutenzione che promuovano la riparazione rispetto alla sostituzione.

La progettazione ai fini della modularità e della riparazione è una sfida per tecnici e designer, analogamente alle esigenze di innovazione del packaging per gestire il rientro dei prodotti e la fornitura di parti di ricambio. Philips, inoltre, sta studiando modelli che si basino sull’accesso, invece che sulla proprietà, e intravede opportunità nel settore B2B. A questo proposito, Goetzee ha fatto l’esempio delle aziende attive nell’edilizia popolare, che potrebbero includere nel contratto d’affitto un elenco di elettrodomestici condivisi fra i residenti, rendendo così più accessibili i nuovi modelli e facilitando le operazioni di raccolta e ritiro.

Aumentare la resistenza e la vita utile dei prodotti porta chiari vantaggi ai consumatori, ha affermato il capo dell’unità Stra-tegia in favore dei consumatori, rappresentanza e relazioni internazionali della direzione generale per la Salute e i consu-matori della Commissione europea, Carina Törnblom, la quale ha poi sottolineato l’esigenza di modelli aziendali basati sul noleggio che si dimostrino convenienti per i consumatori.

«I consumatori sono spesso meno informati e decisi di quanto non crediamo», ha aggiunto Törnblom: in materia di etichet-tatura ambientale, «soltanto il 22 % è in grado di identificare correttamente il significato dei loghi sui prodotti».

Törnblom ha messo in guardia dai vuoti legislativi che si sono creati relativamente ad alcuni nuovi modelli aziendali, in cui la distinzione tra produttore e consumatore è diventata più labile. È ad esempio probabile che nel settore dell’energia aumen-tino la microgenerazione, i contratti collettivi e le cooperative energetiche, ma la normativa a tutela dei consumatori non si è ancora adeguata. E poi, «quand’è che si diventa un’azienda?», si è chiesta Törnblom, parlando della «zona grigia» in cui i cittadini hanno la possibilità di rivendere energia alla rete.

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Quello del consumo collaborativo è un altro modello interes-sante, ma richiede attente attività di monitoraggio e analisi. L’economia circolare, ha concluso Törnblom, dovrà evitare le ricadute, ovvero le situazioni in cui i risparmi spingono i con-sumatori ad aumentare la spesa in altri beni che hanno un impatto significativo sull’ambiente.

Le sfide da affrontareLa sfida più grande per Philips, ha rivelato Goetzee, è con-vincere i dettaglianti del valore dei nuovi modelli aziendali, perché in molti tentennano di fronte al lavoro supplementare richiesto dai programmi di raccolta dei prodotti. Per Yeh, la sfida consiste invece nel far sì che i consumatori diano valore ai miglioramenti reali e nel convincere le aziende a collaborare al fine di modificare le loro catene di approvvigionamento.

Per Bruyninckx, dovremmo puntare sui finanziamenti pubblici e sull’autorevolezza dell’Unione europea al fine di diffondere su larga scala il concetto di economia circolare, ad esempio rimuovendo le sovvenzioni dannose per l’ambiente. Il direttore esecutivo dell’AEA ha inoltre ricordato che nei paesi europei il 35-50 % del PIL è legato al settore pubblico, fattore che dunque rappresenta una potente leva. Yeh gli ha fatto eco, affermando la necessità di modificare le sovvenzioni, pun-tare sugli appalti pubblici e definire standard, ma ha aggiunto che l’industria ha bisogno di un dialogo più fitto tra i governi e i settori pubblico e privato.

Nel suo ruolo di multinazionale, Philips ha la possibilità di diffondere i modelli dell’economia circolare tramite i propri appalti, ha dichiarato Goetzee, il quale ha poi sottolineato le nuove problematiche relative all’assicurazione e alla proprietà sollevate dal modello del leasing. Inoltre, ha suggerito che i consumatori ricerchino approcci del tipo «vendi e riacquista» o contratti in cui sia chiara la filosofia del «prima ripara, poi sostituisci» con un prodotto di seconda mano, e sostituiscano il proprio modello con uno nuovo soltanto al termine del contratto di leasing.

«Dobbiamo rendere più ecocompatibile l’intera economia» ha concluso Bruyninckx, in modo da evitare che il denaro sia incanalato verso attività negative. «Dobbiamo concentrarci sull’ecologizzazione del sistema fondamentale di produzione e consumo».

Il direttore dell’AEA ha concluso con un appello ambizioso: «Dobbiamo passare dai cambiamenti incrementali a un cam-biamento sistemico. Possiamo rendere più efficiente il motore di un’auto, ma se non modifichiamo il sistema della mobilità, in particolare ripensando l’uso delle auto private, non riusci-remo a trasformare la nostra rete di trasporti in un sistema a zero emissioni di carbonio».

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» ECONOMIA, STRATEGIA E INFORMAZIONE

Una spinta gentile nella giusta direzioneInfluenzare i comportamenti dei cittadini, in modo da ridurne l’impatto sull’ambiente, è una faccenda complicata. I soldi sono importanti, ma non sono l’unico incentivo.

Nella sessione della Settimana verde dedicata al cambia-mento dei comportamenti dei cittadini nell’ottica delle scelte ecocompatibili, Ysé Serret, dell’Organizzazione per la coope-razione e lo sviluppo economico (OCSE) di Parigi, ha presen-tato l’indagine «Greening Household Behaviour» (Promuovere comportamenti più ecocompatibili all’interno delle famiglie), condotta recentemente su 12 000 famiglie di 11 paesi. L’in-dagine dell’OCSE ha confermato come gli atteggiamenti nei confronti dell’ambiente svolgano un ruolo importante, seppure non immediatamente palese, insieme agli incentivi finanziari e come sia semplice modificarli.«Per promuovere

cambiamenti comportamentali desiderabili serve un mix di

strumenti politici.»Al momento di acquistare un’auto, ad esempio, i fattori più con-siderati sono la sicurezza, il prezzo e l’affidabilità. Un numero ragguardevole di persone acquisterebbe un’auto elettrica, anche se venisse a costare di più, ma in Europa questa disponibilità varia da paese a paese, passando dal 38 % degli intervistati nei Paesi Bassi al 13 % in Francia. La carenza di infrastrutture per la ricarica dei veicoli è risultata essere il maggior disin-centivo. «È importante che i governi si impegnino a migliorare l’offerta», ha affermato Serret. «Per promuovere cambiamenti comportamentali desiderabili serve un mix di strumenti politici».

Il fascino delle scelte razionaliLa cosiddetta «nudge theory», o teoria della spinta gentile, propone di cambiare i comportamenti tramite incentivi, piut-tosto che mediante l’assottigliamento del numero di opzioni

a disposizione. Sebbene gli economisti ritengano che un indivi-duo informato sia propenso a fare scelte razionali, per Stephen White, della direzione generale dell’Ambiente, «la realtà è più complessa». I cittadini sono influenzati allo stesso modo dalle abitudini e dalle routine, dal tempo e dalla convenienza, e per questo, sostiene White, «anche le minime modifiche in termini di informazione o legislazione possono fare la differenza».

Mentre gli psicologi studiano le «tattiche della spinta gentile», il governo britannico ha addirittura istituito una «nudge unit», un’unità interamente dedicata a questa tematica. Gli esperti sono alla ricerca di modi innovativi per influenzare famiglie e aziende. «E adesso come si procede?», ha chiesto White al pubblico. Adot-tare la teoria della spinta gentile è più semplice a livello europeo o locale? E come può essere correlata agli incentivi di prezzo?

Le strategie di fissazione dei prezziDominic Hogg, di Eunomia Research & Consulting, ha incentrato il suo intervento sulla varietà di strumenti economici a dispo-sizione dei politici in campo ambientale, tra cui imposte, appalti, costi di non conformità, sistemi di cauzione/restituzione, sovvenzioni e oneri.

Le multinazionali hanno sviluppato un interesse sempre maggiore per l’economia circolare da quando, attorno al 2000, i prezzi delle materie prime hanno iniziato a salire. Eppure, 100 anni fa i costi erano ancora più elevati, e potrebbero dimi-nuire nuovamente. «La strategia futura non dovrebbe basarsi sul presupposto che i prezzi delle materie prime continueranno a crescere», ha ammonito Hogg.

Nonostante siano meno dannose per le economie rispetto alle imposte sul lavoro e sul reddito, le tasse ambientali ammon-tano soltanto al 6 % di tutte le imposte nell’Unione europea (UE), ovvero soltanto al 2,8 % del PIL. Pochi paesi impongono tasse sulle materie prime, eppure grazie a misure di questo genere il Regno Unito è riuscito ad esempio nell’intento di ridurre l’uso degli aggregati primari nell’edilizia, e attualmente è il paese che utilizza la percentuale maggiore di aggregati riciclati (29 %) in tutta l’UE.

In altre parole, «i prezzi sono importanti», ha concluso Hogg, chiedendosi poi se le strategie di fissazione dei prezzi non dovrebbero essere più ambiziose e coordinate in tutta l’UE.

Per saperne di più

» http://ec.europa.eu/environment/greenweek/

» http://www.oecd.org/env/consumption-innovation/greening-household-behaviour-2013.htm

» http://webcast.ec.europa.eu/eutv/portal/archive.html?viewConference=23014&catId=22767

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Esposizione della Settimana verde 2014

Agli incontri in programma durante la Settimana verde erano abbinati un’esposizione a Bruxelles ed eventi satellite in tutta Europa.

Slow FoodSlow Food, associazione di portata globale aperta a tutti, immagina un mondo in cui chiunque possa permettersi e degustare cibo buono da mangiare, ma anche conveniente per chi lo produce e vantaggioso per il pianeta. Dal proprio stand, l’associazione ha promosso un’agricoltura «dei valori»: più olistica, con meno interventi e sviluppata con il know-how della tradizione.

Slow Food riunisce milioni di persone in oltre 160 paesi e organizza eventi come il Salone del Gusto, dedicato agli artigiani e ai piccoli produttori del settore enogastronomico, e Terra Madre, punto d’incontro globale delle comunità del cibo, in programma a Torino dal 23 al 27 ottobre 2014. » http://www.slowfood.com

Mari in salute«Healthy Seas, a Journey from Waste to Wear» (Mari in salute: un viaggio dai rifiuti agli indumenti), una collaborazione tra lo European Expertise Centre for Biodiversity and Sustainability, l’Aquafil Group e Star Sock, è un’iniziativa che mira a rimuovere dai mari i rifiuti, e in particolar modo le reti da pesca. Si tratta di un valido esempio di economia circolare: le reti recuperate sono infatti trasformate in filato di nylon riciclato, una materia prima di alta qualità che viene quindi usata per creare nuovi prodotti, come i bellissimi calzini disponibili presso lo stand. » http://healthyseas.org/

Una crescita verde dal Nord EuropaLo stand di «Green Growth the Nordic Way» era presente in rappresentanza del Consiglio nordico dei ministri, l’organismo per la cooperazione ufficiale a livello governativo tra i cinque paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia) e Groenlandia, isole Fær Øer e isole Åland. La cooperazione nordica è incentrata anche sullo sviluppo sostenibile, ivi comprese la crescita verde e la bioeconomia, da un punto di vista regionale.

Tramite lo stand, il Consiglio nordico dei ministri intendeva promuovere un’iniziativa sul riciclaggio e sui tessuti sostenibili, con la collaborazione di aziende di profilo internazionale quali H&M e Ikea. » http://www.norden.org

RREUSEReuse and Recycling EU Social Enterprises (RREUSE) è un’organizzazione ombrello europea che rappresenta reti nazionali e regionali di imprese sociali operanti nel settore del riutilizzo, della riparazione e del riciclaggio. Lo stand di RREUSE era dedicato alla riparazione e al riutilizzo, all’uso del design per elevare il livello dei prodotti e alle potenzialità di queste attività ad alta intensità di manodopera in termini di creazione di posti di lavoro (il quintuplo rispetto al semplice riciclaggio).

L’organizzazione si occupa inoltre del reinserimento nel mercato del lavoro: nelle file dei suoi 25 associati in 15 Stati membri dell’Unione europea sono impiegati 42 000 dipendenti equivalenti a tempo pieno e oltre 43 000 volontari e tirocinanti. » http://www.rreuse.org

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Seas at Risk e Surfrider Foundation EuropeSeas at Risk è un’associazione europea di organizzazioni no profit attive in campo ambientale che collaborano per proteggere e ripristinare l’ambiente marino dei mari europei e dell’Atlantico nord-orientale. L’associazione ha invocato la definizione di un obiettivo più rigoroso in materia di riduzione dei rifiuti marini in Europa e ha accolto con favore la proposta della Commissione di ridurre dell’80 % il consumo di borse di plastica in materiale leggero e il sostegno garantito in merito dal Parlamento europeo.

Lo stand era condiviso con un membro dell’associazione, Surfrider Foundation Europe, un’organizzazione no profit dedicata alla tutela, al salvataggio, al miglioramento e alla gestione sostenibile dell’oceano, dei litorali, delle onde e di chi ne usufruisce. » http://www.seas-at-risk.org » http://www.surfrider.eu

UmicoreUmicore è un gruppo globale operante nei settori del riciclaggio e della tecnologia dei materiali che si concentra su aree di applicazione quali la scienza dei materiali, la chimica e la metallurgia. In particolare, è attivo nel cosidetto «urban mining» (ovvero, il recupero di materie prime dai rifiuti urbani) e nel riciclaggio dei metalli contenuti nei rifiuti «tecnologici».

Egbert Lox, vicepresidente senior affari governativi di Umicore, ha dichiarato: «Oggi, nei veicoli troviamo catalizzatori, componenti elettroniche e batterie Li-ion che contengono metalli preziosi che vale la pena di riciclare. Il riciclaggio dei catalizzatori per il controllo delle emissioni è un settore molto attivo: già oggi una quantità significativa di metalli del gruppo del platino necessari per la produzione di nuovi catalizzatori viene ricavata da queste attività di riciclaggio». » http://www.umicore.com

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