12
M§§UL§ § ll lavoro di base della nostra mente Perché abbiamo l'impressione che la mente non lavori? Come possiamo intuire che la mente lavora? Commette errori? 1. COME E PERCHÉ LA MENTE LAVORA NELLA PERCEZIONE 1.1. Lavora dawero? Provo a guardarmi intorno e subito descrivo quel che vedo: c'è il mio libro con sopra la matita, sotto c'è il piano del tavolo e un po' più in e più in basso il mio ginocchio. Ho descritto un'intera scena, fatla dioggetti di- versi in rapporto tra loro. La descrizione è affiorata alla mia coscienza con estrema naturalezza: non ho fatto alcuno sforzo, non mi sono reso conto di nulla e tutto è an/enuto in un istante. È stato calcolato che mediamente per riconoscere una sce- na è sufficiente un decimo di secondo. Possibile che la mia mente abbialavorato? Si direbbe piuttosto che la realtà circo- stante sia stata come registrata, in qualche modo folografata, senza lavorarci sopra. Eppure le cose non stanno così. Per arrivare a descrivere la scena la mia mente ha fatto un gran lavoro: solo che 1o ha fatto automaticamente, senza che ne fossi co- sciente e con estrema rapidità. 1.2,lndizi del lavoro mentale. Cl sono situazioni particolari in cui nasce il sospetto che sotto la percezione ci sia qualche forma di pensiero. In questi casi fac- ciamo esperienze che ci danno f impressione di star pensando, seppure inconsa- pevolmente, senza che nessun pensiero affiori alla coscienza. . Sbagliarsi. Forse non ci abbiamo mai riflettuto, ma una delle caratteristiche del pensiero è che è soggetto a errore: quando facciamo un ragionamento, esprimia- mo un giudizio, cerchiamo di risolvere un problema o prendiamo una decisione, 'I ooO '3?'SES m rc Fig. I.l . lllusionipercettive. Nell'illuslone orizzontole-verticole (o) il segmento verllcole sembro più lungo di quello orizzontole. Nell'illusione dl Delboei.rf {b) e in quello di Ebbinghous {c) i due cerchi interni oppoiono di dìverso grondezzo, nonostonte siono uguoll. ll cerchio e il quodroto del- l'illusione di Orbison {d} si direbbero deformoti, mentre sono perfettomente normoli. [ìilusione dl Hering ie) fo opporire leggermente curve le due porollele colorote. Iillusione di Zollner {f) creo iq folso impressione che le due linee porollele divergonoverso l'ollo. A destro vediomo come combio lo grondezzo opporente dello luno se lo guordlomo ottroverso un foro in modo do eliminore lutlo ciò che stq oll'orizzonte.

Percezione Slide 1

Embed Size (px)

DESCRIPTION

percezione

Citation preview

  • MUL ll lavoro di base della nostra mente

    Perch abbiamol'impressione che la

    mente non lavori?

    Come possiamointuire che la mente

    lavora?

    Commette errori?

    1. COME E PERCH LA MENTE LAVORA NELLAPERCEZIONE

    1.1. Lavora dawero? Provo a guardarmi intorno e subito descrivo quel chevedo: c' il mio libro con sopra la matita, sotto c' il piano del tavolo e un po' piin l e pi in basso il mio ginocchio. Ho descritto un'intera scena, fatla dioggetti di-versi in rapporto tra loro. La descrizione affiorata alla mia coscienza con estremanaturalezza: non ho fatto alcuno sforzo, non mi sono reso conto di nulla e tutto an/enuto in un istante. stato calcolato che mediamente per riconoscere una sce-na sufficiente un decimo di secondo.

    Possibile che la mia mente abbialavorato? Si direbbe piuttosto che la realt circo-stante sia stata come registrata, in qualche modo folografata, senza lavorarci sopra.Eppure le cose non stanno cos. Per arrivare a descrivere la scena la mia mente hafatto un gran lavoro: solo che 1o ha fatto automaticamente, senza che ne fossi co-sciente e con estrema rapidit.

    1.2,lndizi del lavoro mentale. Cl sono situazioni particolari in cui nasce ilsospetto che sotto la percezione ci sia qualche forma di pensiero. In questi casi fac-ciamo esperienze che ci danno f impressione di star pensando, seppure inconsa-pevolmente, senza che nessun pensiero affiori alla coscienza.. Sbagliarsi. Forse non ci abbiamo mai riflettuto, ma una delle caratteristiche delpensiero che soggetto a errore: quando facciamo un ragionamento, esprimia-mo un giudizio, cerchiamo di risolvere un problema o prendiamo una decisione,

    'I ooO '3?'SES mrcFig. I.l . lllusionipercettive.Nell'illuslone orizzontole-verticole (o) il segmento verllcole sembro pi lungo di quello orizzontole. Nell'illusione dl Delboei.rf {b) e inquello di Ebbinghous {c) i due cerchi interni oppoiono di dverso grondezzo, nonostonte siono uguoll. ll cerchio e il quodroto del-l'illusione di Orbison {d} si direbbero deformoti, mentre sono perfettomente normoli. [ilusione dl Hering ie) fo opporire leggermentecurve le due porollele colorote. Iillusione di Zollner {f) creo iq folso impressione che le due linee porollele divergonoverso l'ollo.A destro vediomo come combio lo grondezzo opporente dello luno se lo guordlomo ottroverso un foro in modo do eliminore lutloci che stq oll'orizzonte.

  • UNT& { La percezionespesso ci sbagliamo. All'inizio dell'unit abbiamo visto che nellapercezione possiamo commettere errori, proprio come accadequando pensiamo. Si conoscono diverse illusionipefcettive nevediamo alcune nella figura 1.1. Per la maggior parte si verificanoquando guardiamo disegni ideati dagli psicologi. Questo pu farpensare che la nostra mente cada tn errore perch c' un traboc-chetto e che in condizioni naturali non si ingannerebbe. Senonchritroviamo le illusioni percettive anche nell'esperienza di tutti igiorni. L'illusione di Poggendorf

    -

    quella su cui abbiamo rflettutonelf introduzione all'unit

    - c' sia che guardiamo il disegno sia

    che guardiamo 1o schermo radar.Possiamo ancora avere il dubbio che quando guardiamo l'am-

    biente naturale non si verifichino errori di percezione: uno scher-mo radar pur sempre un aftefatto, un prodotto della tecnologia.Sono note per anche illusioni prodotte dall'ambiente naturale, Fig. 1.2

    . Lo giovone-vecchio.

    come f illusione della luna (fig. 1.1).Abbiamo mai notato che la luna appare molto grande quando vicina all'ortz-

    zonte e si staglia sulle case o sui campi, mentre piccola quando la vediamo iso-lata nel cielo? Or,,viamente la luna resta sempre della stessa grandezza e si mantie-ne alla stessa distanza dalla Tera. Si tratta di un'illusione che ha affascinato fin dal-l'antichit, tant' che gi l'astronomo greco Tolomeo (I sec. d.C.) aveva gettato lebasi della spiegazione scientifica del fenomeno. Quando la luna ci sembra enorme,possiamo renderci conto che ci stiamo ingannando con un semplice esperimento.Prendiamo un cartoncino forato e guardiamola dal foro: tutti gli oggetti all'orizzon-te spariranno e la luna torner delle sue normali dimensioni.

    L'illusione dor,.r:ta alfatlo che la nostra mente, nel tentativo di interpretare le in-formazioni che arrivano dal mondo esterno, fa un ragionamento che la porta fuoristrada, per cui finisce per raffigurare una luna pi grande di quel che . Capiremocom' possibile questo ragionamento pi avanti, studiando la percezione della pro-fondit (par. 5.D. La mente fa i suoi calcoli, arriva alle sue conclusioni, ma noi nonci rendiamo conto di nulla, perch tutto ar,.viene rapidamente, automaticamente, fuo-ri dal controllo della coscienza. Vediamo solo il risultato finale: un'enorme luna.. Scegliere. Guardiamo la figura 1.2. Forse vediamo una giovane signora in pel-liccia, con una ricca acconciatura, da cui spunta una piuma. Pu darsi per che ab-biamo visto una vecchia ricurva con un fazzoletto in testa, un grosso naso e un men-to prominente. Se prima avevamo visto la giovane, adesso riusciamo a vedere lavecchia. Oppure, se in prima battuta avevamo visto la vecchia, vediamo \a giova-ne. Per quanto ci sforziamo, non riuscia{no a vedere simultaneamente tutte e due:dobbiamo scegliere. I1 massimo che possiamo fare passare in rapida successioneda un'immagine all'altra. Allora come se cadessimo in uno stato di indecisione.

    La giovane-vecchia un esempio di figura ambigua o, meglio, di percezionefluttuante. Queste figure sono interessanti, perch ci inducono a scegliere o ci met-tono in uno stato di indecisione, cio ci fanno fare due esperienze che tipicamen-te si fanno quando si pensa. Allora, quando percepiamo qualcosa, in qualche mo-

    .;r \\.\\\,, \\t i,

    , \ i, It,\ I //,''\].M

    .:? -

    k\ffi"f li\

    Decide che cosapercepire?

    75

  • MCIULO X ll lavoro di base della nostra mente

    Si lascia influenzareda ci che si aspetta?

    Pu prescinderedagli stimoli esterni?

    do pensiamo. Certo ancora una volta notiamo che abbiamo a che fare con un la-voro mentale che somiglia al pensiero, ma diversamente da questo rapidissimo,automatico e inconsapevole.. Vedere quel che si ha in mente. Guardiamo la figura 1.3. Probabilmente ve-diamo solo quattro linee disposte a croce. Se per ci concentriamo sull'incrocio epensiamo a un cerchio, ecco che ver fuori: leggermente pi bianco del biancodella pagina edha un delicato contorno. Adesso pensiamo a un quadrato: potreb-

    be volerci un piccolo sforzo, ma lo vedremo al posto del cerchio.Si direbbe che, entro certi limiti, per quello che gli stimoli ester-

    ni consentono, vediamo ci che pensiamo di vedere. Del resto tor-niamo a riflettere sulla figura della giovane-vecchia. Siamo passa-ti dall'immagine della giovane a quella della vecchia (o viceversa),quando ci arrivato il suggerimento che si poteva vedere l'altraim-magine. Abbiamo cos interpretato in chiave diversa vari elementidel disegno: il volto della giovane diventato il naso della vecchia,l'orecchio l'occhio, il naso una verruca sul naso della vecchia, lacollana labocca della vecchia, il petto dell'una il mento dell'altra.

    pensare che nella percezione larealtsi impone semplicementeallanostra mente. Al-meno in parte la mente a definire quel che vediamo in base a ci che ci aspettia-mo di vedere.. Vedere quel che non c' e non quel che c'. Guardiamo il disegno di sinistra del-la figura 1.4.Yediamo distintamente un triangolo: pi chiaro del resto dellapagina,sembra che abbia un contorno e venga in primo piano. In realt il disegno del trian-golo non c'. Si tralTa di un'illusione, nota come triangolo di Kanizsa. A destra ve-diamo una serie di figure geometriche alquanto bizzane: si direbbero pezzi di unpuzzle. Ma guardiamo meglio. Non c' per caso laparola "FLY"?

    Nel primo caso vediamo un oggetto che non c' e abbiamo bisogno di riflettereper renderci conto che in effeui non c'. Nel secondo invece abbiamo bisogno di ri-flettere per riuscire a vedere un oggetto che c', anche se mascherato. Siamo inpresenza di un'altra prova che, in ultima analisi, la nostra mente a stabilire che co-sa c' da vedere.

    oY7ovf frilwFig. I.4 . ll triongolo di Konizso e lo scritio moscherotro.

    76

  • UNTA t La percezione

    ATLUCINAZIONI E SOGNINon facciamo l'esperienza di percepire quel che non c' solo davanti a stimoli inqannevoli come il trian-

    g.olo di Kanizsa. Avolte.cicapita di percepire cose in assenza diqualsiasistimolol rn quttiiuiii r r"-stra mente a produrre da sola la percezione.

    Percezioni senza stimoli esterni si hanno nelle allucinazioni. Queste possono essere dovute a lesioni delcerveilo o a m.atattie mentati, quati ta schizofrenia o iuupiritoi;;;;;!. i;iir"ir rr.r,.;;#;;;;-sono avere,allucinazioni. Seppu.re di rado, pu accader di perce[ire una luce, un'immaging un trn,un odore che non cisono, specie al momento di addormentarsi o al risveglio.

    I sogni consistono in percezioni senza stimol. Sono percezioni principilmente visive, ma spesso ancheuditive. A volte risultano particolarmente vivide, come se fossero non *fo 1."rf i61 ,n.t1" intensamentesperimentate.e vissute. Nelsogno la nostra mi,, pr"o"r*.d.r," rp"r*J;il;;. ffiin..an;;;molto da capire su come si generano i sogni. Sembra assai probabile che siano il prodotto di una menteoziosa. Durante il sonno gli siimoli che arriiano dal mondo ert"r.,o scompaiono

    ",jruri. sii*o ,.rt" i"rt-tivi, smettiamo di dedicarci a specifiche occupazioni. La nostra mente perci senzL lavoro. f "

    qu"iti ion-dizione comincia a esplorare la memoria. Peica dati nella gran massa dei nostri ricordi e poi li arganizza, ticollega secondo un filo logico e riempie i vuoti in modo d-a creare scene e vicende r"nru't".

    ' Avere bisogno di tempo. Guardandoci intorno, riconosciamo all'istante le cose

    che vediamo. Ma quanto durano questi istanti? Se li misuriamo con strumenti raffina-ti, scopriamo differenze significative a seconda dei casi. Pi lavoro la nostra mente de-ve fare per arrivare a percepire, pi la percezione lenta.

    lmpiega semprelo stesso tempo?

    Proviamo a riconoscere la Tnelle due tavo-le della figura 1.5. Forse noteremo che ci r.uo-le un po'pi di tempo nella tavola di destra.In ogni caso, misurando il tempo con gli stru-menti adegtali, si appurato che occorronomediamente due decimi di secondo in pi.Per riconoscere la T tra le Y e le I basta che lamente rintracci la stanghetta orizzontale (so-1o la T ce l'ha). Per riconoscere invece laT trale I e le Z, dopo aver lrovato le stanghetteorizzontali, occore stabilire se si incrocianocon verticali o con oblique (altrimenti possia-mo prendere per T una Z). Questo lavoro ul-teriore spiega i decimi di secondo in pi.

    A prima vista sembra che la percezione non richieda alcun lavoro mentale. Se rittettirno peO su +cun casi particolari (illusioni percettive, percezioni fluttuanti, figure apparenti, figure mascherate) os.ulfatto che iltempo impiegato dipende da quanto impegnativa la'percezione] intuiamo che nel-l'istante in cui percepiamo qualcosa la nostra mente svolge u'attivit simile al pensiero. Ragiona, sce-glie,.dubita, immagina, seppure automaticamente, molio velocemente e inconsapevolmente.

    Adesso cerchiamo dicapire perch la mente nella percezione lavora. Non pu iimitarsia registra-re gli stimoli presenti nell'ambiente? come mai li elabora? A quale scopo?

    YI

    I

    TY

    YI

    Y

    Y

    I

    I

    Y

    zz,ztzI

    l7t_' I z I

    Zz

    Fig. 1.5 o Lovoro menlole e lempo dello percezione.

  • Mm-iL& ll lavoro di base della nostra menteCome devono essere

    le percezioni peresserci utili?

    Quale ruolo hannoi concetti nella

    percezione?

    Che cosa vuol direche i concetti

    sono attivatoridi conoscenze?

    1.3. Trasformare l'informazione ambientale in concetti. re informa-zioni che ci arrivano dall'ambiente, se restassero cos come sono, per noi sarebbe-ro inutili. La percezione ci serve per orientarci nel mondo, cio per regolare i no-stri comportamenti sulla base di ci che ci accade intorno. Per questo abbiamo bi-sogno di riconoscere gli oggetti del mondo. Riconoscerli llol dire ricondurli alleconoscenze sul mondo che abbiamo gi.

    Immaginiamo di cercare un cacciavite nella cassetta degli attrezzi. Decideremodi prendere qualcosa quando, tra i tanti oggetti che la cassetta contiene, avremo ri-conosciuto un cacciavite. Diremo.ecco un cacciavite, e lo afferreremo. Solitamen-te ci spingiamo pi in l, siamo pi fini. Ad esempio, riconosciamo un particolarecacciavite, di una data gtandezza, che possa andar bene per la nostra vite e per illavoro che dobbiamo fare.

    Gli strumenti per riconoscere gli oggetti che percepiamo sono i concetti. Un con-cetto una rappresentazione mentale che ci permette di categotizzare, cio dirag-gruppare le tante cose di cui facciamo esperienza in classi o categorie. La nostra men-te non tratlale cose di cui facciamo esperienza (colori, suoni, odori, forme ecc.) co-me se fossero uniche, ma le raggruppa in insiemi cognitivamente equivalenti, cio chedal nostro punto di vista, date le nostre conoscenze e i nostri interessi, hanno lo stes-so significato e lo stesso valore. Ad esempio, quando cerchiamo nella cassetta degliattrezzi, tutti i cacciavite o tutti i cacciavite di un certo tipo per noi si equivalgono. Leclassi o categorie sono per l'appunto insiemi di oggetti cognitivamente equivalenti.

    I concetti non ci consentono solo di raggruppare gli oggetti in categorie. Sonoanche mezzi per attivate conoscenze. Sono porte di ingresso attraverso le qualiaccediamo ad altri concetti tra loro collegati, che formano un pezzo del nostro sa-pere sul mondo. Cos, quando ci viene in mente un concettc), come se accendes-simo una parte della rete delle nostre conoscenze sul mondo. Nel caso di certi con-cetti molto evidente che si lratta di porte di accesso alla nostra conoscenza. Pen-siamo al concetto "un buon regalo di compleanno". Ci vengono subito in mente tan-

    Tt VANTAGGIO DI CATEGORIZZARERaggruppare gti oggetti del mondo in categorie per noi vitale. 5e non lo facessimo, la nostra mente

    sarebbe sopraffatta da un carico insostenibile di informazioni. Pensiamo, ad esempio, ai colori. E stato cal-colato che un uomo mediamente in grado di distinguerne 7 milioni e 500 mila. Se dovessimo trattarecome distinte gli oltre 7 milioni di sfumature dl colori che vediamo, non riusciremmo a pensare ai colo-ri, n a parlare dei colori. Fortunatamente gti oltre 7 milioni di sfumature di colori nei ragionamenti e neidiscorsi correntivengono ricondotti a pochi concetti. ln italiano sono appena 1 1 i nomi di colori usati cor-rentemente: nero, bianco, rosso, giallo, verde, blu, marrone, porpora, rosa, arancio, grigio.

    Categorizzare vantaggioso anche per un altro motivo. Se raggruppando gli oggetti alleggeriamo lamente del carico di trattare tante inform azioni,liberiamo risorse per altre attivit mentali, pi utili per noi.Pensiamo, ad esempio, alla lettura. Riusciamo a leggere agevolmente e a comprendere il senso di quelche leggiamo, perch per noitutte le oole b o le csonosemplicemente delle oo delle b o delle g indi-pendentemente da come sono scritte. Se dovessimo distinguere le lettere o anche le parole sulla base dicome sono scritte, saremmo talmente impegnati in questo lavoro, da non avere pi risorse per capire eriflettere sui testi che leggiamo.

    18

  • UNTA La percezioneti altri concetti: una maglia, una sciarpa, tJtta festa, una cena ecc. I concetti che civengono in mente in un caso del genere sono particolarmente eloquenti: diconoqualcosa del nostro modo di vedere il mondo, sono parte del nostro personale ba-gaglio mentale. Tutti i concetti per in qualche misura attivano le nostre conoscen-ze, anche i pi banali. Ad esempio, f idea di cacciavite ci fa pensare che il manicopu essere di plastica o di legno, di una forma o dell'altra, che la punta pu esse-re piatta o a stella, che si pu usare per alvitare o per svitare o per funzioni impro-prie, come far leva o intagliare un legno.

    La percezione serve al suo scopo -

    orientarci nel mondo -

    solo se produce con-cetti con i quali riconosciamo gli oggetti. Le informazioni che ci arrivano dall'am-biente non sono fatte per di concetti. Sono di natura fisica. Perci dobbiamo tra-sformare l'informazione ambientale: parlendo da determinate caratteristiche fisiche delmondo che ci circonda dobbiamo arrivare a concetti che lo descrivono,

    Cerchiamo di capire meglio come f informazione ambientale arriva a noi. i no-stri sensi captano variazroni di energia nell'ambiente. Ad esempio, i recettori del tat-to distribuiti sulla superficie del corpo sono sensibili alle sollecitazioni meccaniche.Quelli dell'udito, nell'orecchio, sono sensibili ai suoni, che sono in realt treni dicompressione e rarefazione dell'aria. I recettori della vista, nell'occhio, captanol'energia trasmessa dalla luce, formata da onde elettromagnetiche e da un flusso diparticelle, i fotoni.

    Gli oggetti del mondo stimolano i nostri sensi nella misura in cui la loro presen-za produce variazioni energetiche. Il cacciavite stimola la vista perch la sua super-

    Come ci arrivanole informazioniambientali?

    tA PRINCIPESSA E I RANOCCHI: C' MODO E MODO DI PERCEPIRENormalmente percepire per noi vuol dire riconoscere glioggetti, prendere coscienza di ci che abbia-

    mo davanti e quindi regolarci di conseguenza: ecco il cacciavite, lo prendo. Seppure di rado, ci capita pe-r di percepire qualcosa e agire di conseguenza senza riconoscere nulla e senza renderci conto di nulla.lmmaginiamo di vedere improwisamente un'ombra, qualcosa, che si ingrandisce sempre pi come seci venisse addosso. Non sappiamo di che si tratta, ma automaticamente chiudiamo le palpebre, faccia-mo il gesto.di ripararci.o ci'scansiamo. ln questi casi entra in funzione un sistema p"r.ettiro meccanico:un meccanismo semplice, che connette un dato stimolo sensoriale a certi comportamenti, prescinden-do dalle conoscenze e dalla coscienza. Come si capisce dall'esempio dell'ombra che si awicina, certi mec-canismi sono funzionali (forse evitiamo di prendere un colpo), anche se sono un po' rigidi e pi sogget-ti a errore (forse cispostiamo senza motivo e rischiamo ditarii male proprio spostandci).

    I sistemi percettivi meccanici, eccezionali nell'uomo, sono il modo comune di percepire di molti anima-li. Le nostre percezioni meccaniche sono tracce diforme pi semplici di percezione che permangono an-che se ne abbiamo sviluppate di pi complesse. Un esempio affascinante di sistema meccanico la per-cezione visiva di rospie'rane, che due studiosi della percezione, Milner e Coodale, hanno illustrato conuna fiaba, ispirata al Principe Ronocchio deifratelli Crimm.

    Una principessina tenta di catturare ranocchi. Fa uso delle usuali strategie di caccia: mette intorno alla fon-tana mosche e altri insetti come esche e aspetta oppure si awicina di soppiatto cercando di non farsivedere.Puntualmente per fallisce: le esche sembrano non interessare i ranocchi, che saltano subito via non appenala principessa prova ad awicinarsi. Disperata, si rivolge a una strega, che sorride e le dice: *Bambina mia, in-genua principessina, devi sapere che le rane nemmeno vedono il loro cibo preferito, se non attraversa il lorocampovisivo:soIogliinsettichevolanoesimuovonodiventanopredadi.unarana.Cuardaquestafigural>

    79

  • MmU-& ll lavoro di base della nostra mente

    Come operanoi sensi?

    Perch la mentedeve elaborare

    i prodotti dei sensi?

    ficie in pafie assorbe e in parte riflette la luce: in questo modo la luce che provieneda quella porzione di spazio cambia rispetto al resto.

    Che cosa fanno gli organi di senso una volta che hanno captato variazionidi ener-gia? Trasformano l'energia captatain energia nervosa. che sia luminosa, sonora, mec-canica o di altro tipo, l'energia proveniente dal mondo esterno viene sempre trasfor-mata in scariche eiettriche che viaggiano lungo le fibre nervose, veri e propri cavi dicollegamento, dagli organi di senso periferici fino alla corteccia cerebrale, la parte picomplessa del cervello. Nel linguaggio tecnico si dice che gli organidi senso sono deitrasdutori, cio dispositivi capaci di conveftire opporlunamente e trasmettere l'ener-gia in un sistema.

    A dire il vero, gli apparati sensoriali non si limitano a captarc l'energia ambien-tale, trasformarla in nervosa e trasmetterla. Fanno anche un primo lavoro di anali-si: discriminano i vari tipi di stimoli, li ordinano e li organizzano in modo da crea-re le condizioni per interpretarli. Possiamo rendercene conto vedendo com' fattoe come funziona l'apparato visivo, che, assieme all'uditivo, il sistema sensorialepi complesso di cui disponiamo (fig. 1.6).

    i sensi ci consegnano complessi di stimoli formati da scariche di energia nervosa.Ma come arriviamo ai concetti? qui che si rende necessario il lavoro della mente, Par-tendo dagli stimoli nervosi essa deve innanzifutto ricostruire le immagini degli oggerti, descriverli e rappresentarseli. Poi confronter le descrizioni che ha elaborato con leconoscenze di cui dispone e potr riconoscere gli oggetti collegandoli a concetti.

    ) Questa rana morir difame, pur avendo a disposizione tutto il cibo che pu desiderare, solo perch quel ci-' bo sta fermo. lnoltre, e per le stesse ragioni, basta che una superficie qualsiasi passi a oscurare per un momen-

    to il cielo, perch la rana si dia alla fuga. Essa interpreta quel breve oscuramento come la presenza di un pos-sibile predatore, non importa se un veloce falcheito o una principessina capricciosa.

    La strega ha spiegato molto bene come funziona la vista di una rana o di un rospo. Cli apparativisivi di que-

    Questo rono rnorir di fome, pur aven-do o disposizone tonlo cibo, solo per-ch quel cibo sto fermo.

    sti animalisono sensibili esclusivamente agli stimoli in movimento. 5el'oggetto che si muove in alto, si rannicciano, altrimenti, se in bas-so o alla loro altezza, tirano fuori la lingua per catturarlo. ll iutto mec-canico, ma per le esigenze della rana o del rospo, visto I'ambiente in cuivivono, funziona bene. I predatori sono di solito uccelli che passano vo-lando in alto; rannicchiandosi rane e rospi si rendono meno visibili. Leprede sono o mosche o vermi che strisciano a terra, tirando fuori la lin-gua per catturarli rane e rospi si procurano il cibo. La principessina per-ci sbaglia a mettere esche ferme e a tentare di sorprendere la rana av-vicinandosi dall'alto.

    llfatto che rane e rospi vedano solo cio che si muove non deve mera-vigliare..Sono molti gli animali in grado di vedere solo stimoli in movi-mento. questo il modo pi semplice divedere e anche il pi antico nel-la storia deiviventisulla Terra. La visione degli oggettifermi una capa-cit pi complessa, che solo gli animali pi evoluti hanno sviluppato.

    Quando hanno sviluppato la capacit di vedere oggettifissi, gii ani-mali hanno anche affinato la percezione del movimto. Rane rospivedono che qualcosa si muove, ma non vedono bene di che cosa sitratta. Per loro conta l'angolo di visuale dell'oggetto che si muove: se in alto un predatore, altrimenti una preda. La loro, come quella dimoltialtri animali, una percezione primordiale del movimento.

    20

  • Uh{lTA I La percezione

    6. LE COSTANZE PERCETTIVE

    6.1. Aggiustare i cambiamenti apparenti. L'apparato visivo ci infonnasugli oggetti come appaiono nella situazione in cui li guardiafiro, non su come so-no di per s. Le imrnagini che si formano sulla retina dipendono infatti dal nostropunto di osservazione e dalle condizioni di illuminazione. Se ci affidassimo esclu-sivamente ai sensi, certe propriet degli oggetti, qualila grandezza,la forma, la lu-minosit, il colore, la posizione, cambierebbero continuamente, e. come abbiamogi osservato (par. 1.5), per riconoscerli dovremmo tenere in memoria una quan-tit infinita di descrizioni degli oggetti.

    La mente rirnedia alf incapacit dei sensi di distinguere tra cambiamenti reali de-gli oggetti e cambiamenti apparenti, dovuti al contesto di osservazione, Molto sem-plicemente ignora quei cambiamenti degli oggetti che, stando a quanto indicanoaltre informazioni(circala profondit, l'illuminazione, i nostd movimenti), sono do-mti al nostro punto di osservazione o alle condizioni ambientali. Cos facendo, ren-de in un certo senso meno soggettiva e piir realistica la percezione. Le costanze per-cettive sono i meccanismi attraverso i quali la mente azz,eralevattmioni ap-parenti della realt.

    6.2. Costanza di grandeZZ. Come dice la legge dell'angolo visivo (par. 5.8),la grandezza delf inmagine che un oggetto forma sulla retina dirninuisce propor-zionalmente al crescere della sua distanza.

    QUANDO rA COSTANZA Dt GRANDEZZAVTENE MENOLa costanza di grandezza non sempre funziona. Quando sono molto lontani, gli oggetti ci appaiono pic-

    coli. Dalfinestrino di un aereo case, alberi, strade sono miniature. La costanzidi grndezzaviene menoanche se l'illuminazione discontinua. il motivo per cui nelle discoteche a volte'si ha l'impressione checose e persone stranamente si ingrandiscano e si rimpiccioliscano awicinandosi e allontanandosi da noi.

    La costanza poi si perde nelle fotografie. Le montagne in fotografia sono menomaestose che dalvero, perch la fotografia non aggiusta la misura in ragione del-la distanza.

    Sebbene permanga, il meccanismo della costanza digrandezza diviene menoefficiente quando l'angolo di visuale va dal basso verso l'alto. Lo possiamo con-statare mettendoci sotto un palazzo particolarmente alto o una torre. Avremol'impressione che questiedifici siano aguzzi, perch non ingrandiamo a doverela loro parte superiore tenendo conto delfatto che pi distante. L'architettura,dal XIV secolo in poi, tiene in considerazione la caduta della costanza di grandez-za legata all'angolo divisuale dal basso. ll campanile di Ciotto a Firenze uno deiprimie pi famosi esempi di costruzioni alte pensate con leggera divergenza dalbasso in alto allo scopo di bilanciare la caduta della costanza di grandezza. Vistodi fronte, mettendosi in una posizione all'incirca alla stessa allezza del secondopiano, come nella fotografia, si nota che il campanile svasato verso l'alto. Perchi guarda dalla piazza del Duomo, il campanile per si slancia verso il cielo uni-formemente, come se fosse tutto della stessa larghezza.

    I

    I

    le costonzeperceillve neibombinipiccoli

    37

  • MUt& I ll lavoro di base della nostra mente

    tE OSSERVAZIONI DI CARTEIOCartesio, filosofo del XVll secolo, in un saggio di ottica pubblicato nel 1637, Lo diottrica,.fa alcune.os-

    servazioni che corrispondono sorprendentemente alle nozionidi costanza di grandezza e diforma elabo-it" lf, piicoiogia'Oel XX secolo. Non usa questi termini, ma parla chiaramnte dei meccanismi corret-tivi applicati dallinostra mente alle sensazioni visive. Cos scrive Cartesio:

    Anche i! nostra giudizio sulla formq degti oggetti [poco.prima ha parlato della grande.zza] dipende dallo.conoscenzq reale ipotetico del ropportidetteTorie porti dell'oggetto e non dolle.imyogini che siformano suinostri occhi, che rappresentono degli ovoli e dei rombi, mentre noivediomo dei circoli e dei quadrati.

    Come mai vediamogli oggetti della

    stessa grandezzaaprescindere dalla

    distanza?

    Perch conl'inclinazione noncambia la forma?

    Fig. t.23 . Formo e inclinozione.

    Se la mente si limitasse a seguire le informazioni dei sensi, un oggetto ci dovreb-be apparke tanto pi piccolo, quanto pi lontano. Invece generalmente questonon si verifica. Ci sembra che resti delle stesse dimensioni.

    facile rendersi conto della costanza di grandezza qtando si in un gruppo dipersone riunite in una stanza, come in un'aula scolastica. Le teste ci sembrano al-f incirca della stessa misura. Eppure le immagini sulla retina sono sicuramente digrandezze differenti, dato che le persone non sono tutte alla stessa distanza da noi.Se non intervenisse la costanza di grandezza, le teste delle persone a due metri do-vrebbero essere la met di quelle a un metro.

    Come fa la mente a mantenere costante la percezione della grandezza degli og-getti? Combina le informazioni sulla grandezza dell'oggetto basate sulla dimensio-ne dell'immagine retinica con le informazioni sulla dislanza ncavate dagli indica-tori di profondit (par. 5).

    6.3. GOStanza difOrma. Un piatto ciappare rotondo, sia che lo teniamo drit-to davanti a noi sia che 1o incliniamo (fig. 1,2r. Eppure l'immagine che si formasulla retina nel primo caso circolare, nel secondo ellittica. La nostra mente aggiu-

    sta la forma in ragione delf inclinazione. Per calco-lare l'inclinazione si serve degli indicatori di pro-fondit: se cefte parti dell'oggetto sono pi lonta-ne di altre, l'oggetto inclinato e maggiore ladff er enza di distanza, ma ggiore sar l' inclin azione .

    Se confrontiamo le fotografie del piatto dellafigura 7.23 con i disegni schematici a fianco, no-tiamo che in fotografia il piatto inclinato sembrapi tondo che nello schema. La ragione che nel-la foto sono presenti indizi di profondit (le om-bre, la deformazione della fascia tra le due linee),assenti nello schema. Nella realt f impressione dirotondit sarebbe arrcora maggiore, in quanto en-trerebbero in funzione indicatori di profonditben pi potenti di quelli pittorici presenti in unafotografia.

    38

  • UN*T,E 1 La percezione

    6.4. Gostanza di Iuminosit e di colore. La neve sotto la luce della lunaci sembra decisamente bianca. Eppure riflette all'incirca la stessa quantit di lucedel carbone in condizioni di illuminazione artificiale e meno luce del carbone sot-to il sole. Noi tendiamo a vedere gli oggetti alf incirca della stessa luminosit qua-li che siano le condizioni di illuminazione: gli oggetti chiari sono sempre chiari, gliscuri sempre scuri.

    La nostra mente mette assieme le informazioni sulla quantit di luce riflessa dal-l'oggetto che arrivano alla retina con le informazioni sull'illuminazione dell'am-biente e calcola la luminosit relativa dell'oggetto, cio la percentuale di luceambientale che l'oggetto riflette. Siccome questa sempre la stessa, in quanto unacaratteristica strutturale dell'oggetto, ecco che gli oggetti restano sempre della stes-sa luminosit.

    Qualcosa di simile accade per i colori. Il colore degli oggetti dipende dalle con-dizioni di illuminazione. Ad esempio, sotto una luce fluorescente il verde vira ver-so il blu. Nonostante ci, la camicia verde ci appare verde anche sotto le lampadeal neon del negozio. Forse ci capitato di comprare un capo di abbigliamento e,una volta a casa, vederlo di colore diverso. La costanza di colore non perfetta, co-me del resto anche quella di luminosit. Tuttavia le variazioni che vediamo sonosfumature. Se dal'vero vedessimo le differenze ottiche che ci sono sotto le diverseilluminazioni, saremmo impressionati e penseremmo di aver preso un vestito perun altro.

    6.5. Costanza di posizione. I nostri occhi si muovono continuamente. So-no animati da scosse molto rapide (di pochi centesimi di secondo) e involontarie,le saccadi, e compiono movimenti pi ampi e graduali per spostare 1o sguardo.Mentre noi ci muoviamo, gli occhi si spostano con il nostro capo.

    Quando gli occhi cambiano posizione, le immagini degli oggetti migrano sullaretina. Lo stesso accade se muoviamo uno schermo sul quale stiamo proiettando:le immagini si spostano da un punto all'altro. Se la mente si basasse esclusivamen-te sulle informazioni che arrivano dalla retina, ogni volta che spostiamo gli occhidovremmo vedere la scena intorno a noi spostarsi. Invece questo non accade:mentre gli occhi si muovono continuiamo a percepire il mondo fermo, con gli og-getti sempre allo stesso posto,

    Evidentemente la mente tiene conto del fatto che gli occhi si stanno spostando eignora il movimento apparente. Come fa? Gli occhi si spostano solo se il cervello loordina. Il movimento oculare sotto il controllo di centri cerebrali. Anche nel casoin cui spostiamo il capo o la parte superiore del corpo o l'intero corpo, i comandipartono sempre da centri nervosi. La mente mette insieme le informazioni che ar-rivano dalla retina e i comandi di movimento impartiti agli organi periferici. Se lospostamento delle immagini retiniche coincide con quello prevedibile sulla base deimovimenti che il cervello ha ordinato,fafinta di nulla e vede tutto fermo, Nello stes-so momento in cui dai centri cerebrali partono gli ordini per il movimento degli oc-chi e della testa, ne partono altri per annullare impressioni fallaci di movimento delmondo circostante. La coslanza di posizione funziona grosso modo cos.

    Come mai gli oggettisembrano di ugualeluminosit edello stesso colorequalunque sia laluce sotto la qualeli vediamo?

    Come facciamo astabilire quando ilmondo che si muovee quando siamonoi a muoverci?

    lo percezione delmovimenlo

  • M*m&iL* ll lavoro di base della nostra mente

    HERRINGTON E HETMHOLTZ: AFFERENZA O EFFERENZA?Nell'Ottocento due importanti personaggi della storia della scienza hanno espresso pareri discordi sul

    meccanismo della costanza di posizione. Sherrington, fisiologo inglese, sosteneva che il cerveilo applicala costanza di posizione sulla base delle informazioni che gli arrivano dai muscolistessi che producono ilmovimento. questa la teoria dell'afferenza o afflusso, detta cos perch spiega il fenomeno in base alleinformazioni che dalla periferia (dai muscoli degli occhi) arrivano al centro, cio alle strutture cerebrali dicontrollo. Helmholtz, ilfisiologo tedesco che ha formulato la teoria delle inferenze inconsce ("ll contribu-to di Helmh oltz" , p.36), era del parere che gli ordini per la costanza di posizione partissero dagli stessicentri nervosi che comandavano il movimento. Alla base delfenomeno per lui c'era un passaggio di in-formazioni dal centro alla periferia: la teoria dell'efferenza o efflusso, Secondo Helmholtz il cervello nonaveva bisogno di analizzaie i segnali provenienti dai muscoli degli occhi, visto che era il cervello stesso aordinare agli occhi di muoversi- Le informazioni sul movimento degli occhi erano gi presenti nei centrinervosi prima ancora che gliocchisi muovessero. Aveva ragione Helmholtz.

    Che cosa accadese mancano

    informazioni sullasituazione in cui si

    sta osservando?

    Possiamo fare da soli una prova assai semplice. Copriamo un occhio e spostia-mo l'altro globo oculare dolcemente con la pressione del dito. Vedremo la scenaintorno a noi spostarsi in senso opposto. Siccome il cervello non ha dato alcun or-dine circa il movimento degli occhi,l'impressione di movimento dell'ambiente nonviene annullata.Ineffetti il cervello ha ordinato di muoversi al dito, non agli occhi.

    6.6. Quando le costanze non possono funzionare. Per applicare le co-stanze percettive la mente ha bisogno di disporre di informazioni sul contesto diosservazione. Se queste mancano, non applica le costanze in situazioni in cui do-vrebbe applicarle e il risultato una visione distorta della realt.

    Guardiamo un quadro stando di fronte e poi spostandoci di lato. Le forme che l'ar-tista ha rappresentato non cambiano. Scattiamo ora due fotografie del quadro stesso,

    una di fronte, l'altra di lato (fig. 1.24). Nella foto scat-tatadaun lato scopriremo una sorprendente deforma-zione. Come mai? Gtardando la foto non abbiamo gliindizi di profondit che avevamo guardando il quadronella realt. La nostra mente non ha motivo di suppor-re che nella foto presa di lato il quadro sia inclinato. Diconseguenza non applica la costanza difclrrma e vedel'immagine come risulta sulla retina, deformata,A nulla serve sapere che quella foto stata scattata di

    lato. La decisione di applicare o meno una costanzapercettiva viene presa attraverso un lavoro mentaleautomatico e inconsapevole, che non pu essere cor-retto dopo con un ragionamento cosciente.

    6.7. La stanza di Ames. Adelbert Ames, pittore e psicologo americano, haideato parecchie illusioni percettive. La pi famosa La stanza che porta il suo no-me (fig. 1.25).

    Fig. I .24. Hinclinozione distorce lo formo.

    40

  • UeYe, tr La percezione

    L'osservatore guarda da un foro nella parete. Sorprenden-temente scopre che nella stanza ci sono due persone, una gi-gantesca, l'altra piccolissima. La sproporzione enorme, in-credibile. Dove sta il trucco? In effetti la stanza non di for-ma normale: un lato assai pi lungo dell'altro. Guardandodal foro la deformazione non si coglie. Quando veniamo asapere che la forma della stanza irregolare, ci spieghiamoI'apparente disparit delle due figure umane. Una persona ineffetti lontana, mentre l'altra vicina a noi. Tuttavia se,a\ute tutte le spiegazioni, torniamo a guardare nel foro, ve-diamo le due persone aflcora di grandezze assai diverse. L'il-lusione forte. Svanisce soltanto se ci lasciano entrare nellasta za, trattenerci a lungo e controllare bene ogni cosa.

    Come si spiega l'illusione di Ames? Evidentemente fallisce la costanza di gran-dezza: se l'applicassimo, vedremmo le persone della stessa grandezza. La costan-za fiofi funziona perch non disponiamo di sufficienti indicatori di profondit, an-che perch guardiamo con un occhio solo da un foro ela stanza costruita in mo-do tale da ingannarci sulle distanze. Potrebbe per aiutarcilafamrliarit che abbia-mo con le dimensioni delle persone: quando mai abbiamo visto persone di misu-re cos diverse? Senonch la nostra mente si trova a scegliere tra vedere persone didimensioni diverse o vedere ufla stanza di forma insolita. Preferisce supporre chela stanza sia di forma normale e cos finisce per vedere una persona molto pi gran-de dell'altra.

    Fig. 1.25 . lllusione di Ames.

    Dopo esserci resi conto del fatto che la mente nella percezione lavora, abbiamo cercato di capirepi in dettaglio come opera. Abbiamo visto che organizza gli elementi percettivi seguendo i princ-pi gestaltici, che ricostruisce le forme sfruttando un alfabeto di tratti e di forme elementari, che iso-la gli oggetti staccando le figure dallo sfondo, che calcola la profondit a partire da vari indicatori,che ignora l'apparente cambiamento delle cose alvariare delle situazioni in cui le guardiamo.

    Fin qui abbiamo esaminato il lavoro che fa la mente nella percezione senza chiederci se ci awen-ga allo stesso modo per tutti. Se ci pensiamo bene, gi sulla base di quel che abbiamo imparato, c'motivo di sospettare che ci siano differenze nel modo di percepire tra una persona e l'altra. Proba-bilmente cisiamo accorti che non tutti reagiamo allo stesso modo davanti a un'illusione percettiva,una percezione fluttuante o una figura mascherata. Ad esempio, nel caso della giovane-vecchia c'chi vede prima una figura e chi l'altra, chi fa presto a scorgere la figura non vista prima e chi ha bi-sogno di pi tempo, chi oscilla senza problemi tra le due e chi lo trova faticoso.

    C' un'altra ragione per chiedersi se percepiamo tutti allo stesso modo. Abbiamo imparato che lapercezione guidata dall'alto, cio che quel che vediamo dipende anche da caratteristiche della no-stra mente che tendono a farci organizzare e interpretare gli stimoli in un modo piuttosto che in unaltro. Ora credibile che, almeno in parte, queste caratteristiche mentali varino da un individuo al-l'altro, a seconda dell'et, dell'istruzione, della societ in cui si cresciuti e persino dello stato men-tale del momento.

    Passare in rassegna alcune differenze nel modo di percepire pu aiutarci a capire che una stessasituazione non necessariamente identica per persone diverse.