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53 Lettera Matematica 87 N el 2012 ho parte- cipato a un Con- vegno [1] sulla formazione degli insegnanti, tenu- tosi a Roma, con una relazione [2] nella quale ho affermato che “la Ma- tematica per il cittadino è uno slogan per me infelice”. Mi è stata allora chiesta una spiegazione o una preci- sazione più estesa di quelle poche parole pronunciate in un contesto complesso, dandomi la disponibilità di cinque o sei pagine per esporle. Lo spazio concesso è decisamente in- sufficiente per una trattazione che dovrebbe affrontare compiutamente temi di grande rilevanza, ma ritengo che possa bastare per dare un’idea approssimativa di quanto volevo di- re. Le forme, gli esempi e i toni usati sarebbero forse inappropriati in una situazione più ampia ma spero che sappiano creare le suggestioni giu- ste per riassumere e comunicare le mie perplessità. Confusione di obiettivi Nella relazione citata ho parlato di slogan infelice”, intendendo focaliz- zare l’attenzione sulla parola slogan nella sua accezione letterale: “Una frase memorabile e intesa per essere facilmente memorizzabile che viene usata in un contesto politico o com- merciale, come espressione ripetiti- va di un’idea o di un proposito, e che usata politicamente esprime in gene- re uno scopo o un’aspirazione (“Pro- letari di tutti i Paesi, unitevi!” o “Mar- ciare per non marcire!”)[3]”. Nel no- stro caso, lo slogan ha entrambi i con- notati: esprime un’idea, la necessità di insegnare la Matematica privile- giando i suoi connotati di uso pratico a favore di un cittadino che deve af- frontare una società ormai comples- sa, che gli chiede di sapersi destreg- giare con le percentuali, i grafici a torta e la statistica, e anche l’aspira- zione di rendere l’apprendimento della Matematica più gradevole e na- turale, calando finalmente la materia nella realtà. PERCHÉ “LA MATEMATICA PER IL CITTADINO” È UNO SLOGAN PER ME INFELICE di Laura Catastini Laura Catastini Laureata in Matematica a Pisa, ha per diversi anni in- segnato Matematica e Fisi- ca nei Licei. Parallelamente alla docenza, ha intrapreso una personale attività di ri- cerca sui rapporti tra neuro- scienze e didattica della Matematica sotto la gui- da di Lamberto Maffei (al tempo ordinario di Neu- robiologia alla Normale di Pisa, attualmente pre- sidente dell’Accademia dei Lincei), che ha curato la prefazione al suo primo libro Il pensiero allo specchio (La Nuova Italia, 1990). Dal 2000 è comandata presso la Facoltà di Scienze del- l'Università di Roma “Tor Vergata” per sviluppa- re le sue ricerche in didattica della Matematica e la docenza in corsi ad esse collegati. Fa par- te del Consiglio direttivo del Centro di Ricerca e Formazione per l'Insegnamento delle Discipline scientifiche dell'Università di Roma “Tor Vergata”. LM87_53-58_Catastini.qxp:Layout 1 15-11-2013 13:25 Pagina 53

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Nel 2012 ho parte-cipato a un Con-vegno [1] sullaformazione degliinsegnanti, tenu-tosi a Roma, conuna relazione [2]

nella quale ho affermato che “la Ma-tematica per il cittadino è uno sloganper me infelice”. Mi è stata allorachiesta una spiegazione o una preci-sazione più estesa di quelle pocheparole pronunciate in un contestocomplesso, dandomi la disponibilitàdi cinque o sei pagine per esporle. Lospazio concesso è decisamente in-sufficiente per una trattazione chedovrebbe affrontare compiutamentetemi di grande rilevanza, ma ritengoche possa bastare per dare un’ideaapprossimativa di quanto volevo di-re. Le forme, gli esempi e i toni usatisarebbero forse inappropriati in unasituazione più ampia ma spero chesappiano creare le suggestioni giu-ste per riassumere e comunicare lemie perplessità.

Confusione di obiettiviNella relazione citata ho parlato di“slogan infelice”, intendendo focaliz-zare l’attenzione sulla parola slogannella sua accezione letterale: “Unafrase memorabile e intesa per esserefacilmente memorizzabile che vieneusata in un contesto politico o com-merciale, come espressione ripetiti-va di un’idea o di un proposito, e cheusata politicamente esprime in gene-re uno scopo o un’aspirazione (“Pro-letari di tutti i Paesi, unitevi!” o “Mar-ciare per non marcire!”)[3]”. Nel no-stro caso, lo sloganha entrambi i con-notati: esprime un’idea, la necessitàdi insegnare la Matematica privile-giando i suoi connotati di uso praticoa favore di un cittadino che deve af-frontare una società ormai comples-sa, che gli chiede di sapersi destreg-giare con le percentuali, i grafici atorta e la statistica, e anche l’aspira-zione di rendere l’apprendimentodella Matematicapiùgradevole ena-turale, calando finalmente la materianella realtà.

PERCHÉ

“LA MATEMATICAPER IL CITTADINO”È UNO SLOGANPER ME INFELICE

di Laura Catastini

Laura Catastini

Laureata in Matematicaa Pisa, ha per diversi anni in-segnato Matematica e Fisi-ca nei Licei. Parallelamentealla docenza, ha intrapresouna personale attività di ri-cerca sui rapporti tra neuro-

scienze e didattica della Matematica sotto la gui-da di Lamberto Maffei (al tempo ordinario di Neu-robiologia alla Normale di Pisa, attualmente pre-sidente dell’Accademia dei Lincei), che ha curatola prefazione al suo primo libro Il pensiero allospecchio (La Nuova Italia, 1990). Dal 2000 ècomandata presso la Facoltà di Scienze del-l'Università di Roma “Tor Vergata” per sviluppa-re le sue ricerche in didattica della Matematicae la docenza in corsi ad esse collegati. Fa par-te del Consiglio direttivo del Centro di Ricerca eFormazione per l'Insegnamento delle Disciplinescientifiche dell'Università di Roma “Tor Vergata”.

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Andando a vedere cosa propongonogli americani,maestri in questo cam-po, ho trovato James Stein, professo-re di Matematica presso la CaliforniaState University, che in un suo re-cente libro [4] si domanda (e si ri-sponde): “Di quanta matematica c’èbisogno per essere un cittadino pro-duttivo, arricchire la propria vita equella del gruppo di cui si fa parte?Alquanto a sorpresa, l’aritmetica stu-diata da uno scolaro di undici anni vicondurrà incredibilmente lontano sela utilizzate bene, e potrete spingervianche oltre con pochi strumenti sup-plementari facili da acquisire. Nonc’è bisogno dell’algebra, della geo-metria, della trigonometria, del calco-lo. […] Devo ancora trovare una spie-gazione soddisfacente sul motivo percui nel sistema scolastico si continui-no a fare indigestioni di algebra dallemedie in poi. Dopotutto a chi servedavvero l’algebra? Certo, a chi inten-da intraprendere una carriera scien-tifica o ingegneristica, e può essereutile a chi si occuperà di investimen-ti, ma questo è quanto. La conoscen-za dell’algebra è richiesta nei diplomidi scuola secondaria di molti Stati,nonostante prove inconfutabili che,al di là delle persone che davvero nehanno bisogno (i gruppi summenzio-nati), l’algebra non serve quasi a nes-suno, soprattutto dopo aver superatoi test di ammissione al college”.Tutto il libro poi cala la Matematica(anzi, direi quasi la sola Aritmetica)nella realtà della vita, addestrando ilcittadino a usare la materia nel modopiù produttivo, nella soluzione diconcrete situazioni quotidiane. Housato il verbo addestrare per sottoli-neare come in effetti non sia imme-diato il trasferimento di nozioni arit-metiche alla soluzione di problemipratici, più o meno complessi. Ecco,per chiarimento, il titolo di alcuni deimolti problemi trattati: I contratti diestensione della garanzia per l’elet-tronica e gli elettrodomestici sonouna truffa? Quante probabilità avetedi vincere alla roulette? Frequentarel’università, ne vale la pena? Chi invi-tare al ballo del diploma? Perché le

donne sono considerate volubili e gliuomini affidabili? Com’è riuscita lastatistica a prevenire il colera nellaLondra del diciannovesimo secolo? Èpiù probabile incontrare un uomo al-to più di due metri o un ultracentena-rio?Come si può stimare il costo di undisastro?“Probabilità” e “previsione” sono itermini più usati nelle soluzioni diquesti problemi. Le soluzioni si tro-vano poi solo con la conoscenza deicontesti appropriati nei quali glistessi problemi si creano e gran par-te del lavoro esplicativo consistenella descrizione di questi contesti,senza la quale nulla si potrebbe fare.Nel primo problema citato, ad esem-pio, si spiega come non tutti gli ap-parecchi elettronici e gli elettrodo-mestici si comportino ugualmentedi fronte alla possibilità di rompersie viene presentato il risultato di unostudio di rilevazione, una tabellache descrive in percentuale il nume-ro dei prodotti che hanno bisogno diriparazione in un dato numero di an-ni, facendo notare come tra di essi icomputer siano in testa alla lista conil 43% delle riparazioni mentre i tele-visori catodici sono solo al 6%. Sisuggerisce di calcolare il costo del-l’estensione della garanzia e quellomedio di sostituzione: se il costodell’estensione è più elevato del co-sto medio della sostituzione, quelcontratto è una truffa e così via…Questo è fare davvero ciò che sugge-risce lo slogan “Matematica per il

cittadino”: presentare problemi sen-sati e aggiornati di pratica di vita,spiegare e dare informazioni anchecomplesse sui contesti reali nei qua-li sono collocati, insegnare al cittadi-no tecniche per risolverli, ridurre laMatematica alle poche conoscenzenecessarie per fare conti, leggere ta-belle, calcolare percentuali, confron-tare risultati. Questo è ciò che pro-pone Stein, coerentemente con lesue premesse.Volendo comparare questo tipo diproblemi per il cittadino con quelliproposti dall’UMI, ho scelto il proble-ma del grissino [5], proposto nel Pro-getto 2003 per una quarta superiore:Un grissino di lunghezza b vienespezzato in tre parti a caso. Qual è laprobabilità che i tre pezzi formino untriangolo? Ecco l’inizio dello svolgi-mento proposto:

Si invitano gli studenti a formularedelle congetture (magari provando aspezzare in tre parti un grissino…);dalla discussione emerge che affin-ché i tre pezzi di grissino formino untriangolo essi devono avere una cer-ta lunghezza! La necessità di porrecondizioni sulla lunghezza porta atradurre il problema in linguaggiomatematico: si consideri il grissinocome un segmento che deve esserediviso in parti in modo da poter for-mare un triangolo. Si rappresenti unsegmento di lunghezza b e siano x ey due delle sue parti:

È facile capire che x + y < b traduce,in linguaggio formale, la condizioneche il segmento possa essere divisoin tre parti. Si sa che ciascuna delletre parti per poter formare un trian-golo deve avere una lunghezza mi-nore della somma delle lunghezzedegli altri due; tradotto formalmente:x < b/2 ; y< b/2; x + y > b/2. Il pas-saggio dal grissino al segmento non èbanale! Richiede un processo diastrazione che, in questo contesto, si

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Tutto il libro calala Matematica (anzi,direi quasi la solaAritmetica) nella realtàdella vita, addestrandoil cittadino a usarela materia nel modopiù produttivo,nella soluzionedi concrete situazioniquotidiane.

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propone di realizzare utilizzando leabilità relative al calcolo delle proba-bilità. Per giungere ad esso è oppor-tuno aver già abituato i ragazzi a cal-colare la probabilità nel caso di spaziinfiniti di eventi come rapporto diaree, proponendo ad esempio eserci-zi del tipo seguente.Si vuole colpire un bersaglio di formacircolare. Qual è la probabilità di col-pire il bersaglio in un punto più vici-no al centro che alla circonferenza?

È necessario osservare che il seg-mento, a differenza del grissino, èomogeneo rispetto ai suoi punti percui si può congetturare che tutti ipunti sono equiprobabili (cioè il seg-mento si può “spezzare” in ogni pun-to); si può quindi applicare la defini-zione classica di probabilità comerapporto tra casi favorevoli e casipossibili.

Andando così avanti nella modelliz-zazione della situazione reale, si arri-va alla soluzione: se si indica con p laprobabilità cercata, si ha: p = ¼ .Il contesto di cui si parla in questoproblema è (con mio sollievo) quellodella Probabilità e della Geometria;l’attività proposta è: argomentare,congetturare, dimostrare. La realtà,quella che il cittadino deve affrontarenella sua vita quotidiana, è costituitada un concreto grissino, da spezzarecasualmente in tre pezzi che forminoi “lati” di un triangolo, e dalla doman-da che egli potrebbe porsi: qual è laprobabilità che ciò avvenga? Credoche appaia evidente che in questocaso, a differenza della “Matematicaper il cittadino americano”, il grissino

è solo un pretesto per mascherare unproblema matematico interessante[6] in sé, risolubile con il calcolo delrapporto tra due aree definite da duesistemi di diseguaglianze in x e y. Perrisolvere il quesito occorre aver benstudiato argomentimatematici teori-ci che spaziano dalla Geometria al-l’Algebra e alla Probabilità e sapersiin essi destreggiare, come chiestodai nostri programmi nazionali. Lamia predilezione per l’aspetto forma-tivo della Matematica mi fa apprez-zare più ilmantenimentodi questi ar-gomenti che non lo studio della solaAritmetica per gli scopi utilitaristicidi Stein ma, mi chiedo, perché alloral’esigenza di questo slogan?Volendo approfondire la questione,nella premessa al progetto Matema-tica 2003, leggo tra gli intenti: “L’edu-cazione matematica deve contribui-re, insieme con tutte le altre discipli-ne, alla formazione culturale del citta-dino, in modo da consentirgli di par-tecipare alla vita sociale con consa-pevolezza e capacità critica. Le com-petenze del cittadino, al cui raggiun-gimento concorre l’educazionemate-matica, sono per esempio: esprimereadeguatamente informazioni, intuiree immaginare, risolvere e porsi pro-blemi, progettare e costruire modellidi situazioni reali, operare scelte incondizioni d’incertezza. La cono-scenza dei linguaggi scientifici, e traessi in primo luogo di quello matema-tico, si rivela sempre più essenzialeper l’acquisizione di una corretta ca-pacità di giudizio. In particolare, l’in-segnamento della matematica deveavviare gradualmente, a partire dacampi di esperienza ricchi per l’allie-vo, all’uso del linguaggio e del ragio-namento matematico, come stru-menti per l’interpretazione del reale enon deve costituire unicamente unbagaglio astratto di nozioni [7]”.“Partire da campi di esperienza ricchiper l’allievo, all’uso del linguaggio edel ragionamento matematico, comestrumenti per l’interpretazione delreale”: questo è uno dei nuovi obiet-tivi ma non è facile individuare inquesta espressione significati diver-

si da quelli che ci fornisce il professorStein. Anche i quesiti della maturitàa volte non aiutano a capire, amplifi-cando invece l’ambiguità. Ecco, co-me esempio, il quesito della casse-ruola (maturità scientifica 2008): “Frale casseruole di forma cilindricaaventi la stessa superficie S (quellalaterale più il fondo), qual è quella divolume massimo?”. Dalle premesseprecedenti, che auspicano la cono-scenza del linguaggio e del ragiona-mento matematico, ci si aspettereb-be uno svolgimento nel quale lo stu-dente deve saper trattare la casse-ruola non inseguendo il suouso in cu-cina ma considerandola geometrica-mente per quel che è: un oggetto so-lido (poiché le pareti hanno spesso-re), concavo (si può idealmente otte-nere sottraendo un cilindro più pic-colo a un cilindro coassiale più gran-de), con un volume proprio e una pro-pria capacità (il volume del cilindropiù piccolo). La conoscenza dei lin-guaggi scientifici e l’attitudine al ra-gionamento porterebbe allora a cer-care di calcolare il volume massimodei solidi concavi come le casseruo-le (anche perché altrimenti si sareb-be trattato di calcolarne la capacità)manon si capiscebeneper qualemo-tivo il problema chieda in realtà il vo-lume massimo tra tutti i cilindri, soli-di convessi, aventi una stessa super-ficie, uguale a quella laterale più ilfondo della casseruola. Quali compe-tenze dovrebbe misurare questoquesito, qualcosa come “operarescelte in condizioni d’incertezza e in-terpretare il pensiero del proponentel’esercizio”?

La Matematica e la complessità, laMatematica e la politicaLeggendo a fondo i progetti presen-tati dall’UMI, mi sembra di poter af-fermare che uno degli aspetti cheprincipalmente ne emergono èl’esemplificazione e l’esortazioneall’uso di forme laboratoriali nell’in-segnamento della Matematica, qualiquelle già proposte da Emma Castel-nuovo. Sono proposte sperimentatecon successo nel Piano Nazionale

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Lauree Scientifiche (PNLS), promossoe finanziato dalMIURdal 2004 e tutto-ra invita.C’èperòuna sostanzialedif-ferenza tra ledueproposte: il PNLSve-de i laboratori e gli argomenti in essitrattati come lavori generalmente ex-tracurricolari, nei quali affrontare lamodellizzazione matematica della re-altà attraverso problemi spesso trattidalla storia della disciplina e non ne-cessariamente dal programma dasvolgere in classe, mentre la propostadell’UMI affronta la Matematica e ladidattica in orario curriculare e sug-gerisce cambiamenti significativi ne-gli argomenti tradizionalmente tratta-ti a scuola. Si può ritenere opportuno,per esempio, aumentare l’enfasi e lospazio dati alla Probabilità e alla Stati-stica togliendone alla Trigonometria,al metodo dimostrativo o alla Geome-tria sintetica. Le Indicazioni Naziona-li (si vedano quelle del 2010), d’altrocanto, in linea con questi suggeri-menti, non contengono più elenchi diargomenti diMatematica ritenuti fon-damentali e prescrittivi per un parti-colare percorso – il Liceo scientifico,ad esempio – ma si preoccupano “so-lo” di determinati aspetti dell’istruzio-ne. Così comincia il documento del2010: “Le Indicazioni nazionali degliobiettivi specifici di apprendimentoper i licei rappresentano la declinazio-ne disciplinare del Profilo educativo,culturale e professionale dello studen-te a conclusione dei percorsi liceali. IlProfilo e le Indicazioni costituiscono,dunque, l’intelaiatura sulla quale leistituzioni scolastiche disegnano ilproprio Piano dell’offerta formativa, idocenti costruiscono i propri percorsididattici e gli studenti sono messi incondizione di raggiungere gli obiettividi apprendimento e di maturare lecompetenze proprie dell’istruzione li-ceale e delle sue articolazioni”.Lo spostamento dagli “argomenti diapprendimento” agli “obiettivi di ap-prendimento” avvenuto inquesti anniha portato varie scuole a gonfiare iprogrammi senza averne spessoun ri-torno soddisfacentenelle competenzedegli studenti. In un recente colloquioprivato, l’attuale presidente dell’UMI

Ciro Ciliberto si lamentava con meproprio della mole eccessiva di conte-nuti presenti nelle scuole secondarieedelle lacune sempre più numerose egravi negli studenti universitari delprimo anno che mostrano profondecarenze nelle tecniche di calcolo, inquelle ragionative e dimostrative, nel-le conoscenze di base indispensabiliper affrontare i corsi scelti. Questeconsiderazioni ormai si sentono faresempre più spesso all’interno delleUniversità italiane scosse anche dallediscussioni sull’ANVUR [8]. Come siè arrivati a questo?La ormai costante presenza dei siste-mi di valutazione standardizzati sullascena dell’istruzione fa guardare alloslogan “Matematica per il cittadino”con uno sguardo diverso. Sembra chevoglia dirci in realtà “Matematica perla valutazione del cittadino europeo”.In effetti, ciò che ha determinato lescelte dell’UMI si ritrova esplicita-mente nel Consiglio Europeo di Li-sbona del 2000 e nei Consigli succes-sivi fino ad oggi, nei quali si chiedeagli stati dell’UE di adeguare i proprisistemi educativi a principi interna-zionali dettati dall’esigenza di valuta-re e confrontare risultati nazionali at-traverso rilevazioni statistiche e stan-dardizzate. L’esigenza di valutare econfrontare processi complessi ha in-trodotto come indispensabili, all’in-terno della materia e del suo appren-dimento, categorie e termini classifi-

catori che, a differenza dei terminiscientifici, non godono affatto dellamancanza di ambiguità (per esempiocompetenze, abilità, mobilitazionedei saperi, ecc.) e non sono quindiproprio il massimo come presuppostiper unamisurazionedi tipo statistico.L’ambizione di aumentare il rendi-mento degli studenti e di renderlomi-surabile attraversometodi internazio-nali di modellizzazione matematicaha portato il progetto UMI alla se-guente individuazione classificatricedi nuclei tematici: il numero; lo spazioe le figure; le relazioni; i dati e le pre-visioni e di tre nuclei trasversali cen-trati sui processi degli allievi: argo-mentare e congetturare; misurare; ri-solvere e porsi problemi. I nuclei pro-posti sono stati poi adottati dall’IN-VALSI come propri quadri di riferi-mento per le prove di valutazione del-l’apprendimento della Matematica.Ecco, amepare che sia ancora prestoper pensare di essere in grado di ca-talogare e valutare fenomeni di natu-ra psichica così complessi e delicaticome i processi personali di appren-dimento, che solo in parte sonoquan-titativi, attraverso quadri o nuclei dinatura arbitraria la cui validità di mi-surazione non è confermata e anzi, incerti casi, è addirittura messa forte-mente in dubbio non solo all’internodella comunità psico-pedagogica [9]ma anche dalle recenti acquisizionineuro scientifiche. L’argomento èestremamente complesso e non di-vulgabile in due parole. Solo per dareun’idea, teniamo presente per esem-pio che le connessioni tra i due emi-sferi cerebrali, che sono tra l’altro es-senziali per le decisioni e il ragiona-mento in situazioni non routinarie,non si completano nel cervello uma-no se non dopo la maturazione ses-suale, quindi con tempi anche moltovariabili da persona a persona. Il no-stro cervello è così potente ancheperché continua a formarsi e a cre-scere durante tutta l’adolescenza. Ilragionamento, quindi, ha confini ecolori diversi da un dodicenne all’al-tro. Alcune prestazioni particolarinon sono legate solo alla capacità di-

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La ormai costantepresenza dei sistemidi valutazionestandardizzati sullascena dell’istruzionefa guardare allo slogan“Matematica peril cittadino” con unosguardo diverso.Sembra che voglia dirciin realtà “Matematicaper la valutazionedel cittadinoeuropeo”.

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dattica dell’insegnante e alla buonavolontà dello studente, ma anche allostadio particolare della personalecrescita e della maturazione neuro-nale di quest’ultimo. I quesiti deicompiti interni alle classi, o interni al-la scuola intera come nel caso degliesami finali di terza media, valutanoancora sensatamente il livello di ap-prendimento dello studente adottan-do forme che rispettano queste com-plesse caratteristiche biologiche maproprio per questo, paradossalmen-te, non sono funzionali a una stan-dardizzazione lineare di tipo INVAL-SI. Questo difficile rapporto tra lacomplessità di un sistema e il suocontrollo attraverso l’uso di sistemi divalutazione standardizzati viene cosìdescritto da Alain Berthoz [10] in unsuo recente lavoro sulla complessitàdei sistemi, tra cui quelli viventi: “Difronte alle sfide della complessità [delmondo, della società] assistiamo auna proliferazione di metodi per sem-plificare. Tali metodi, destinati a evi-tare la follia collettiva e individualedovuta all’impossibilità, per il nostrocervello, di elaborare l’immensaquantità di informazioni necessarieper vivere, agire e comprendere,sbandierano un’apparente semplicitàespressa attraverso teorie matemati-che astruse, che mascherano l’inca-pacità dei loro autori di cogliere il rea-le. Questi modelli matematici, legatiagli interessi privati che nascondono,provocano regolarmente drammi, co-me dimostrano la recente crisi finan-ziaria e il fallimento dei sistemi ban-cari. Possiamo fare un altroesempio: per facilitare la decisio-ne si tende a ridurre l’uomoaunaserie di processi logici e amodel-lizzarlo mediante una serie diteorie logico-matematiche chesemplificano la realtà del vissu-to. Ma, nonostante gli sforzi volti atrovare soluzioni efficaci, le “sem-plici euristiche per farci furbi”[11], dobbiamo per forza pren-dere atto che oggi l’uomo è unTeseo perso in un labirinto, sen-za un filo di Arianna in grado difargli ritrovare la via [12]”.

Riguardo ai metodi dilaganti di de-scrizione e di previsione statistica difenomeni economico-sociali di cuipalava Berthoz, la mia opinione si ri-trova anche nelle parole di VincenzoZeno-Zencovich, rettore della Lu-spio, che in un recente workshop sulruolo e la responsabilità dei modellimatematici nell’attuale crisi econo-mica ha sottolineato l’importanza deicriteri sottesi alla rilevazione dei datida interpolare: “Chi voglia osservarele questioni in una prospettiva olisti-ca trae proprio dalla crisi delle rela-zioni fra Economia e Matematica,evidenziata dal fallimento di talunimodelli predittivi, spunti per suggeri-re non certo l’abbandono di un dialo-go più che bicentenario, bensì una ri-considerazione della funzione e del-l’utilità di tale rapporto. Agli econo-misti il giurista (…) sollecita l’atten-zione verso la ragion d’essere della lo-ro scienza, e cioè la descrizione deifenomeni economico-sociali. Solo sequesta è la più corretta possibile – se

cioè utilizza

strumenti di rilevazione appropriati –essa potrà essere utile a cogliere co-stanti e accidenti nei comportamentidella comunità in esame. Non hadunque molto senso incolpare la Ma-tematica o l’Econometria quando ildato di partenza è errato o impreciso.Da qui l’avvertenza ad evitare approc-ci dogmatici (i fatti devonoconformar-si alle teorie e, se non lo fanno, sono ifatti ad essere “sbagliati”) (…). Il chesollecita un ulteriore caveat: se lascienza economica deve basarsi sudati fedelmente raccolti, è intuibileco-me essi varino notevolmente non soloda un continente all’altro (e.g. l’infan-tile pretesa di applicare modelli statu-nitensi all’Europa) ma all’interno diuno stesso mercato nazionale [13]”.Aggiunge ancora Zeno-Zencovich:“Quel che il giurista sollecita al mate-matico è la capacità di evolvere il pro-prio raffinatissimo linguaggio peresprimere e descrivere fenomeni chesolo in parte sono quantitativi e ap-partengono a espe-rienze psichiche e

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sensoriali. La strada da percorrere èlunga ma gli studi – affascinanti esempre più approfonditi – dell’areadelle neuroscienze dimostrano comesi possa dare forma a quanto sino apoco fa appariva inconoscibile o sem-plicemente irrilevante”.

Non so davvero se siamo come tantiTeseo senzaun filo salvifico –comeaf-ferma Berthoz – ma sicuramente sia-mo in unmomento estremamente de-licato per la sorte della nostra cultura edella ricerca scientifica. La fibrillazio-ne si percepisce non solo nelle scuole,dove l’INVALSI ha creato moti di ri-bellione da parte dei docenti, ma an-che nelle Università. È recente l’epi-sodio della divulgazione delle classifi-cazioni ANVUR e del nervosismo deiCentri di ricerca [14]. Abbiamo giàavuto esperienze infelici, nella nostrastoria italiana e in quella europea del‘900, nelle quali le esigenze e le sceltedelle necessità nazionali hanno agitoinmodo repressivo sulla culturamate-matica e nei confronti delle comunitàscientifiche. Ma proprio la naturacomplessa e fondamentale delle que-stioni in gioco dovrebbe “suggerirenon certo l’abbandono di un dialogopiù che bicentenario, bensì una ricon-siderazione della funzione e dell’utilitàdi tale rapporto [15]” escludendo unacritico accoglimento di proposte lacui validità scientifica, nel senso inte-so dal rettore Zeno-Zencovich, èquanto meno dubbia. Come avverto-no Angelo Guerraggio e Pietro Nasta-si in L’Italia degli scienziati, il consen-so degli scienziati è fondamentale: “[Ilruolo della scienza nello sviluppo dellasocietà] è un bene pubblico che nonpuò essere lasciato all’improvvisazio-ne,ma va al contrario aiutato nella suacrescita. La nostra storia parla di statinazionali che sono disposti a spende-re, a investire, ma vogliono dire la lorosugli indirizzi della ricerca. Pensanoche l’efficienza delle comunità scien-tifiche vada in qualche modo verifica-ta e inserita in una logica più ampia.Rimane allora aperta la questione del-l’intensità e della modalità di questaattenzione da parte dello Stato. (…).

Non si può pensare che la ricerca dibase sia separata e assolutamente di-stinta da quella più applicata. Non sipuò pensare di punirla, anche nel ca-so in cui intenda puntare sulle appli-cazioni. Sono proprio queste a richie-dere un maggior impegno nella ricer-ca fondamentale. Per costruire la ne-cessaria rete di canali di collaborazio-ne e comunicazione tra Stato, politica,società e scienza occorrono tempo ecompetenze, una diffusa educazionescientifica, uno sviluppo delle forzeproduttive e la ricerca del consensodegli scienziati [16]”.

La scuola e l’istruzione sono semprestate coinvolte in questo turbine diinteressi. Non resta che sperare che inostri matematici, i nostri scienziati,chiamati oggi a contribuire al pianoeconomico dell’Europa con provve-dimenti e indicazioni sull’istruzione,sappiano imporre i tempi e imodi ne-cessari per individuare i giusti stru-menti che portino a proposte scienti-ficamente ben supportate e adegua-te alla complessità [17] dei temi. An-che perché le competenze e la men-talità per farlo sono ancora eccellentinei matematici italiani!

Scuola e dintorni

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Note

[1] Convegno dell’8 giugno 2012, “La formazione degli insegnanti di Matematica”, Uni-versità di Roma “Tor Vergata”.

[2] Si veda Catastini L., “Quale idea di laboratorio nell’insegnamento matematico?”, La for-mazione degli insegnanti di Matematica. Italia ed Europa a confronto, PRISTEM/Storia36, 2013.

[3] Da Wikipedia, parola chiave: slogan.[4] Stein James D., Come la MATEMATICA può salvarti la vita, Newton Compton, Roma,

2013, pp. 12-13.[5] Si veda “Grissini e triangoli” (http://umi.dm.unibo.it/old/italiano/Matematica2003/

sesta/12_GRISS.PDF) in UMI, Matematica 2003 (http://umi.dm.unibo.it/old/italia-no/Matematica2003/matematica2003.html).

[6] Si può sottolineare come un modello matematico, per potersi applicare alla realtà e con-sentire previsioni realistiche, utilizzi una serie di ipotesi semplificative necessarie per pas-sare al modello ma ben lontane dalla realtà, estremamente più complessa, dato che ilgrissino non è omogeneo, è quasi cilindrico e la probabilità di rompersi non è la stessain tutti i suoi punti. Si può sottolineare, cioè, come il valore “oggettivo” del risultato diuna previsione matematica diventi “soggettivo” se si tiene conto di come sia legato al-le scelte di semplificazioni della realtà introdotte dal solutore.

[7] Si veda http://umi.dm.unibo.it/old/italiano/Matematica2003/matematica2003.html.[8] Acronimo di Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca.[9] Si veda ad esempio Crahay M., “Dangers, incertitudes et incomplétude de la logique

de la compétence en éducation”, Revue française de pédagogie, 154 (janvier-mars2006), pp. 97-110.

[10] Alain Berthoz è docente di Fisiologia della percezione e dell’azione al Collège de Fran-ce e membro dell’Accademia delle Scienze di Parigi. Dal 1989 dirige il Laboratoire dephiysiologie de la perception e de l’action (CNRS, Collège de France).

[11] In ambito economico, si veda Gigerenzer, Todd e ABC Research Group, 1999.[12] Berthoz A., Semplessità, Codice Edizioni, Torino, 2011, p. VIII.[13] Si veda Boffi G. (a cura di), I modelli matematici di fronte alla crisi economica e finan-

ziaria, Atti del workshop “Matematica ed Economia: presente e futuro”, Roma, 14-15settembre 2012, PRISTEM/Storia 31, Milano, 2013, p. XII.

[14] Una divulgativa (oltre che competente) spiegazione dell’accaduto si trova inhttp://www.roars.it/online/archimede-pitagorico-ci-spiega-perche-le-classifiche-vqr-non-hanno-senso/.

[15] Zeno Zencovich V., op. cit.[16] Guerraggio A., Nastasi P., L’Italia degli Scienziati, Bruno Mondadori, Milano, 2010.[17] Suggerisco, riguardo alla complessità del tema “valutazione”, il recente articolo “Due o

tre cose sul progetto VALeS” di Giorgio Tassinari, professore ordinario di Statistica eco-nomica nell’Università di Bologna, reperibile al link http://www.inchiestaonline.it/scuo-la-e-universita/due-o-tre-cose-sul-progetto-vales/.

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