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e r a v i g l i e Periodico dell’Associazione 180amici Puglia e del gruppo studio e ricerca “Marco Cavallo” di Latiano (BR) 1 n.21 2015 Il viaggio è il filo conduttore del nuovo numero del periodico. Da quello impervio e pieno di ostacoli che porterà alla fine del ricorso alla pratica della contenzione in psichiatria e che farà affermare a qualunque psichiatra: "... e tu slegalo subito!" a quelli più lieti che il Marco Cavallo intraprende per uscire dalle mura del Centro, per condividere le buone pratiche di salute mentale, per impararne di nuove o per semplici svaghi culturali. Il viaggio porta a nuovi incontri fra diverse culture, come quella egiziana. Il viaggio fa scoprire nuove diversità da comprendere e accettare. Buona lettura e buon viaggio. Libera interpretazione di Vincenzo Malorgio delle tematiche del libro "...e tu slegalo subito!" Settembre 180amici Puglia c/o centro Marco Cavallo Via C. Scazzeri 41 bis 72022 Latiano (BR) [email protected] 0831/728948 Centro Sperimentale Marco Cavallo Via C. Scazzeri 41 bis 72022 Latiano /BR) [email protected] 0831/727722 180 M

PERIODICO 180 MERAVIGLIE N21

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e rav ig li ePeriodico

dell’Associazione 180amici Puglia e del gruppo studio e ricerca “Marco Cavallo” di Latiano (BR)

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n.21 2015

Il viaggio è il filo conduttore del nuovo numero del periodico. Da quello impervio e pieno di ostacoli che porterà alla fine del ricorso alla pratica della contenzione in psichiatria e che farà affermare a qualunque psichiatra: "... e tu slegalo subito!" a quelli più lieti che il Marco Cavallo intraprende per uscire dalle mura del Centro, per condividere le buone pratiche di salute mentale, per impararne di nuove o per semplici svaghi culturali. Il viaggio porta a nuovi incontri fra diverse culture, come quella egiziana. Il viaggio fa scoprire nuove diversità da comprendere e accettare. Buona lettura e buon viaggio.

Libera interpretazione di Vincenzo Malorgio delle tematiche del libro "...e tu slegalo subito!"

Settembre

180amici Puglia c/o centro Marco Cavallo

Via C. Scazzeri 41 bis72022 Latiano (BR)

[email protected]/728948

Centro Sperimentale Marco CavalloVia C. Scazzeri 41 bis72022 Latiano /BR)

[email protected]/727722

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I N D I C E

EDITORIALE - “Fuori come va" Gennaro Dinota Pag. 3IL FUORI DEL MARCO CAVALLO - Comunicato stampa "... e tu slegalo subito!" Pag.4-5- "Leggiamo insieme..." Carlo Minervini Pag. 5-6- "Sete...di libertà" Anna Mevoli Pag. 7- "Perchè non si può tacere" Augusta Caforio Pag. 8- "La voce della contenzione" Anna Mevoli, Davide Monte, Maddalena Sterlicchio Pag.9 - Contributo d Giuseppina Di Cesare all'evento finale del 9 Giugno 2015 Progetto Inclusione Seconda Natura Pag. 10- Locandina finale "Inclusione secondo Natura" Pag.11- "VIII Incontro nazionale del Forum Salute Mentale Pistoia" Cosimo Venerito Pag.12- "Forum Pistoia" Davide Monte Pag. 13- "Gita a Matera" Cosimo Venerito Pag. 14- "Gita a Matera...una giornata particolare!" Annamaria Coluccia Pag.15 L'INTERVISTA - "Testimonianze dall'OPG" Francesco Trono Pag. 16IL DENTRO DEL MARCO CAVALLO - "Il ruolo che non c'è" Veronica Pesari Pag. 17- "Una delegazione egiziana al Marco cavallo" Maddalena Sterlicchio Pag. 18-"Salute Mentale senza confini" Gennaro Dinota Pag.19-20I LABORATORI - "Calcetto con...GIOIA" Gipi Tescari Pag.22-"Fuori dagli schemi: a Cisternino il calcio è luogo di vita!" Gianluca D'amico, Raffaele Amato Pag. 23- "Un'impresa...possibile" Veronica Pesari Pag. 24- "Va in scena la diversità" Rosario Diviggiano Pag. 24- "Un'esperienza entusiasmante" Francesco trono Pag. 25L'ANGOLO DELLA POESIA - "Amor e pillole" Maddalena Sterlicchio Pag. 26LE RICETTE DEL MARCO CAVALLO Pag. 26LOCANDINA EVENTO "...E TU SLEGALO SUBITO: VERSO UNA PSICHIATRIA NO RESTRAINT" Pag. 27LOCANDINA EVENTI OTTOBRE Pag. 28

Questo è il periodico del Centro Sperimentale di Ricerca e Studio per la Salute Mentale di Comunità “Marco Cavallo” e dell’ Associazione 180amici Puglia.Un centro del servizio Pubblico (Unità Operativa di Salute Mentale Mesagne / San Pancrazio - A.S.L. BR ) cogestito con l’Associazione.Un impegno collettivo per la costruzione di un percorso di salute mentale di comunità e, nel contempo, un tragitto che porta a riconquistare i diritti di cittadinanza e renderli realmente esigibili per tutti.Nel periodico riportiamo le esperienze di tutti i protagonisti organizzate e vissute all’interno e all’esterno del Centro.Il periodico è ora iscritto al Tribunale di Brindisi, cosi da poter diffondere maggiormente l’esperienza collettiva del Marco Cavallo e non solo e si avvale della collaborazione del giornalista Maurizio Distante che ha accettato la nostra richiesta nell’ essere direttore responsabile del nostro periodico 180Meraviglie.

COMITATO di REDAZIONEMaurizio DistanteGennaro Dinota

Simona Annè Augusta CaforioVeronica Pesari

Alessandro TaurinoAlessandra Incontro

Davide MartiBeatrice Solito

Cosimo VeneritoDavide Monte

Noemi AlbaneseAnnamaria Coluccia

Maddalena GuidaMaddalena Sterlicchio

Marguerite ChiricoPiero Di Stefano

e con la partecipazione di tutti coloro

che hanno qualcosa da dire2

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Fuori come va

All’inizio del Novecento, non era raro sentir magnificare la maestosità e l’efficienza di un qualche manicomio da parte di qualche psichiatra imbevuto dell’allora imperante cultura positivista.È passato un secolo; ci facciamo scudo della nostra “modernità” e facciamo finta che tutto ciò appartenga ad un passato buio e lontano. Ma il voler escludere il diverso è insito nell’uomo; cambia la forma, non la sostanza.E quindi anche oggi il rischio che vengano eretti dei muri per nascondere la follia è concreto. Magari quei muri avranno dei bei colori, non saranno corrosi dall’umidità; ma il loro significato rimane immutato.

Qualche giorno fa, mentre in una delle nostre consuetudinarie riunioni vagliavamo gli articoli da trascrivere sul periodico che avete tra le mani, non abbiamo potuto fare a meno di constatare quante delle nostre iniziative fossero tese “al fuori”, a quell’incessante lavoro di “contaminazione” del territorio, a quell’ideale di comunitarismo che è condicio sine qua non per un vero progetto di salute mentale.Si badi bene: non la mia, la tua, la sua salute mentale ma la salute mentale individuale come presupposto ineludibile per una salute mentale più grande, che trascende il singolo e si interseca con il benessere di tutti. Va da sé che occultare il malessere entro le quattro mura non risolve il problema: per quanto quelle quattro mura possano essere accoglienti, per quanto possano ospitare momenti di ludico rilassamento, non potranno che essere un goffo tentativo di disconoscere la follia, di non contemplarne nè la temporaneità né la trasversalità in seno alla società.

E allora oltrepassare le mura del nostro centro produce un fragore assordante; addirittura insostenibile per chi non riesce a fare a meno di quella netta linea di confine che separa il giusto dallo sbagliato, la normalità dalla follia.

E allora non possiamo fare a meno di varcare quella linea, emblema di una dicotomia che imbavaglia la complessità della vita, nascondendone l’intrinseca caoticità.Ognuno di noi ha la sua linea: quel sottile confine da non superare per non far fronte alle proprie paure, alle proprie insicurezze. La costruiamo meticolosamente, attenti a non sbirciare oltre. E le nostre singole linee si accumulano, fino ad erigere muri. Muri che separano il normale dal folle. E a volte basta un niente per ritrovarsi dalla parte sbagliata del muro.Ed è per questo che non possiamo proprio fare a meno di portare le nostre iniziative fuori, di “contaminare” il territorio, di mostrare che la follia esiste. E che quando non è un tabù fa meno paura.Oltrepassare quella linea è liberatorio. Da qualunque angolazione la si guardi.

Gennaro Dinota

Editoriale

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COMUNICATO STAMPA

... E TU SLEGALO SUBITO

Il nuovo libro della Collana 180 - Archivio critico della salute mentale, scritto da Giovanna Del Giudice

«Il libro, straziante e bellissimo, di Giovanna Del Giudice, percorso da una straordinaria passione della dignità umana, e da una sconvolgente descrizione di fatti che crudelmente la lacerano, si confronta con la questione radicale della contenzione in psichiatria nella quale è in gioco la dignità dei pazienti»

Dall’introduzione di Eugenio Borgna. É arrivato nelle librerie e nei principali book store on line il nuovo libro di Giovanna Del Giudice, psichiatra dell'equipe di Franco Basaglia a Trieste, protagonista nei percorsi della deistituzionalizzazione di numerose esperienze italiane e straniere, ... e tu slegalo subito. Sulla contenzione in psichiatria (2016, pp. 380, € 16, Edizioni Alphabeta Verlag di Merano). Il libro entra a far parte della Collana “180 - Archivio critico della salute mentale”, diretta da Peppe Dell’Acqua e che in soli quattro anni ha messo a catalogo già 13 titoli. Una collana editoriale che si pone come punto di coagulo e di convergenza delle varie proposte del mondo della salute mentale.

Corredato da un'introduzione affidata a Eugenio Borgna e da una postfazione a cura di Giandomenico Dodaro, il libro nell'attuale dibattito sulla contenzione fisica in psichiatria mostra, in maniera chiara e inequivocabile, essere la pratica del legare la persona affidata in cura una violazione dei diritti umani, un trattamento inumano e degradante assimilabile alla tortura. Il testo si propone come strumento operativo per chi lavora nella salute mentale, ma d'interesse anche per il cittadino attento al funzionamento delle istituzioni che le persone più fragili attraversano spesso con una diminuzione, o perfino una negazione, del diritto. Un dibattito quanto mai attuale in questi giorni in Italia, che dopo la condanna della Corte Europea dei diritti dell'uomo discute la legge in materia di "tortura".

In questo lavoro l'autrice,a partire dalla dolorosa vicenda di Giuseppe Casu, venditore ambulante abusivo di frutta e verdura della città di Quartu Sant’Elena, morto il 22 giugno del 2006 nel reparto psichiatrico di diagnosi e cura dell'ospedale civile di Is Mirrionis di Cagliari, dopo essere stato legato al letto per 7 giorni senza soluzione di continuità,

traccia i fattori, le circostanze, le giustificazioni che portano tuttora a contenere le persone in molti servizi psichiatrici ospedalieri italiani, mettendo in luce il paradigma che sostiene queste psichiatrie. Tutto ciò proprio nel contesto italiano dove, dopo le difficili battaglie degli anni settanta, si è arrivati alla chiusura del manicomio pubblico e alla Legge 180 che ha decretato l’ingresso nel mondo dei diritti, dell’uguaglianza e della solidarietà delle persone con disturbo mentale.

Quella morte non silenziata, non negata, non giustificata, ma indagata e assunta come limite invalicabile dell'agire psichiatrico, è diventata nel Dipartimento di salute mentale di Cagliari il punto di avvio di un tumultuoso quanto difficile cambiamento verso l'organizzazione di un sistema di servizi di salute mentale di prossimità capace di farsi carico delle persone anche con disturbo mentale severo, nella dignità e nel diritto, aperto ed attraversabile dalla comunità. Verso una possibile, praticabile quindi obbligata, abolizione della contenzione e di ogni pratica lesiva dei diritti umani.

Dal 2006 al 2009 la psichiatra ha diretto il Dipartimento di salute mentale di Cagliari, accompagnandone il cambiamento. La resistenza opposta è stata lacerante e violenta. Diviene chiaro che a Cagliari si è determinato uno scontro tra psichiatrie, tra differenti visioni, che ha coinvolto non solo il Dipartimento di salute mentale, i medici e la società degli psichiatri italiani, ma la città tutta, la regione, andando oltre i recinti degli specialismi ed aprendo un confronto sulla diversità, sui poteri, sui diritti delle persone più vulnerabili.

SULLA CONTENZIONE IN PSICHIATRIA

Ecco dunque che attraverso questo libro e la condivisione della sua esperienza, Giovanna Del Giudice ci mette di fronte alla questione radicale della contenzione in psichiatria - farmacologica, psicologica e fisica, questione nella quale entra in gioco la dignità dei pazienti, ma anche degli operatori. La contenzione offende la dignità

La spinta del Centro Marco Cavallo a portare le tematiche care al mondo della Salute Mentale in amibiti diversi da quelli consuetudinari è sempre presente. In questa sezione molti articoli sono dedicati all'importante incontro avvenuto con gli studenti presso l'Università di Bari per la presentazione del libro "...e tu slegalo subito" di Giovanna Del Giudice, ispirati dalla testimonianza dal vivo dell'autrice delle pratiche contenitive in psichiatria.A seguire i resoconti dei viaggi - studio e delle gite fuori porta nell'ambito dei nostri giovedì culturali.

Il "fuori" del Marco Cavallo

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della persona che la subisce ma anche di chi la attua, è prevaricazione sull'altro, segno di grave inefficacia ed inefficienza dei servizi . Ritorna come potente spartiacque che distingue la pratica medica dalla violazione dei diritti umani, uno strumento di cura da uno strumento assimilabile alla tortura. Come affermato dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani e degradanti”. In Italia oggi - e allo stesso modo in ogni altra parte del mondo- in 7 su 10 Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, la contenzione è pratica diffusa e non è difficile vedere letti con fasce che legano polsi e caviglie, corpetti che inchiodano sul letto le persone affidate in cura.

La contenzione non costa nulla, non ha bisogno di assistenza né di relazione, ma legare un individuo vuol dire negare la sua soggettività, annientare la sua identità, violare il suo corpo, privarlo di autonomia e libertà, renderlo oggetto inerme alla merce di ognuno. "La contenzione - sottolinea Eugenio Borgna nella sua prefazione - frantuma ogni dimensione relazionale di cura e fa ulteriormente soffrire esistenze lacerate dal dolore e dall'isolamento".

Ma un cambiamento è possibile. Si può dimostrare che è percorribile contrastare il ricorso alla contenzione anche nelle situazioni di esasperata durezza, che è possibile rimuovere la resistenza e la refrattarietà e dimostrare che il ricorso alla contenzione non è necessario né ineluttabile. E come dice Franca Ongaro Basaglia "se tutto questo è stato possibile, significa anche che ora ricade su tutti la responsabilità di continuare a cercare e, per me, per quelli che sanno che cosa siano stati la forza ed il significato di questo cambiamento, di continuare a testimoniarlo, continuando a metterlo in pratica."

La violazione dei diritti umani è una questione che riguarda tutti i cittadini e tutte le organizzazioni, e richiede una precisa presa di posizione affinché nessuno possa più subire, in nessun luogo, tali tipologie di trattamenti. In tal senso, l’opera di Giovanna Del Giudice riguarda tutti e come lo definisce Borgna è un libro di straordinaria importanza nel far conoscere le sorgenti della violenza in psichiatria e i modi in cui superarla nel rispetto della dignità e della libertà.

Leggiamo insieme …

Abbiamo saputo del nuovo libro della collana 180 scritto da Giovanna Del Giudice da una sua mail; oltre a congratularci con lei per la fatica e l’impegno, lo abbiamo subito ordinato in un decina di copie programmando nel contempo, per uno dei giovedì culturali del Marco Cavallo, un seminario di lettura collettiva.

Appena ricevuto il libro l’ho letto con interesse ed attenzione, anche perché ero io ad aver ricevuto l’incarico nel gruppo eventi di introdurre il seminario recensendolo. Sono stato contento della pubblicazione anche perché conosco Giovanna da oltre 35 anni, cioè da quando nel 1977 sono andato a conoscere Franco Basaglia a Trieste. Voglio qui ricordare che Basaglia, dopo l’esperienza di Gorizia e di Parma, andò a Trieste su invito del Presidente della Provincia Michele Zanetti: questi era rimasto sconvolto da quanto aveva visto quando, appena eletto, si era recato in visita all’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste e aveva pensato di chiamare appunto Basaglia per cambiare radicalmente la situazione. Basaglia accettò l’incarico a condizione di avere carta bianca per poter procedere nella riforma verso l’abolizione del manicomio e la costruzione di servizi alternativi nel territorio (cosa non riuscitagli a pieno né a Gorizia né a Parma). Parte della sua strategia fu proprio quella di attorniarsi di giovani psichiatri, spesso alla prima esperienza, non ancora contaminati da pratiche manicomiali e disposti a mettere in gioco il proprio entusiasmo e la propria motivazione. E tra questi la stessa Giovanna Del Giudice.

Franco alle domande dei “giovani” su come dovessero comportarsi trovandosi di fronte ad un malato legato a letto ripeteva “… e tu slegalo subito”! Giovanna ha voluto intitolare il libro proprio così perché è da questo impegno a slegare la persona contenuta che si comincia ad impostare un lavoro che può definirsi “terapeutico” solo se è basato sul rispetto dell’altro e su un rapporto innanzitutto umano. Più volte poi negli anni ci siamo incontrati nei nostri percorsi di vita e di impegno nella pratica della salute mentale. Per me Giovanna è un punto di riferimento essendo una persona che ha coerentemente portato avanti la pratica e le idee “basagliane” mettendosi sempre direttamente in gioco e assumendosene le responsabilità.

Nella pagina precedente: la copertina del libro "...e tu slegalo subito"Sopra: Giovanna Del Giudice durante il suo intervento. Insieme a lei

Alessandro Taurino e Carlo Minervini.In Alto a destra: ancora Giovanna Del Giudice e Carlo Minervini

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Ho anche avuto l’occasione di lavorare al suo fianco per alcuni anni, tra il 2003 e il 2007, nell’esperienza pilota al sud ad Aversa sperimentando i famosi CSM aperti 24 ore. Per questo la lettura del libro per me è stata particolarmente emozionante perché parla di questioni da me conosciute e accenna anche alla stessa esperienza di Aversa. Conosco bene la tenacia di Giovanna nel tenere sempre vivo l’impegno iniziato da Franco Basaglia già da Gorizia, quando il primo atto terapeutico è stato proprio quello di abolire ogni forma di contenzione! Condivido completamente la sua idea quando afferma che l’avvio di una pratica di cambiamento in un DSM deve partire dal punto più critico, che nell’esperienza di Cagliari, di cui racconta Giovanna nel libro, come in quella di Aversa, era il reparto ospedaliero (SPDC). Questo servizio d’altra parte si presenta, in quei dipartimenti, come quello più forte e che da il senso delle pratiche, in questo caso non adeguate alla mission indicata dalla legge 180. Come dice la Del Giudice:"se in un luogo deputato alla cura si lega, non si può non cominciare dall’impegno contro questa pratica di violazione dell’altro; diventa urgente evidenziare il paradigma, la cultura, i riferimenti sedicenti scientifici che sottendono il ricorso a questi inaccettabili comportamenti e ripristinare una condizione di rispetto e di diritto per l’altro”.

Voglio però sottolineare anche come l’attenzione della Del Giudice alla costruzione il più possibile condivisa di una nuova pratica l’ha portata, anche a Cagliari, alla scelta di evitare un immediato strappo con gli operatori ed invece di impegnarsi in un percorso graduale, faticoso, costante e coerente che potesse far maturare negli operatori una diversa cultura: “con insistenza mi ripetevo, anche se in maniera conflittuale, che se volevo avviare in quel Servizio un percorso di discussione e di partecipazione per una diversa modalità organizzativa e di presa in cura dell’altro, non potevo cominciare con una azione di rottura e di svalutazione”. Anche ad Aversa ha iniziato il suo impegno trasformativo partendo dal reparto, che era uno dei peggiori

d’Italia. Era tra l’altro caratterizzato da tutta una serie di buchi nei muri: alla richiesta di spiegazioni in merito il personale raccontò a Giovanna che erano dovuti alle capocciate di un giovane uomo che era in reparto da anni e perennemente contenuto. Per lui avevano addirittura inventato le fascette da passeggio in modo da poterlo portare di tanto in tanto fuori dall’ospedale “in sicurezza”!

Grazie alla Del Giudice si è sviluppato un progetto individuale che ha permesso a quella persona di uscire dall’ospedale ed essere ospitata in un appartamento supportato da alcuni infermieri, quelli più affezionati a lui e motivati a sperimentare nuove modalità di assistenza anche (soprattutto?) con i pazienti più difficili. Nel libro Giovanna, inoltre, insiste, ed io concordo pienamente con lei, sulla “necessità di allargare lo sguardo all’intero sistema dei servizi della salute mentale, al modello organizzativo, alle culture e alle convinzioni degli operatori, alle pratiche della cura, alle relazioni, ai poteri, all’attraversabilità dei servizi, alle connessioni con gli altri soggetti istituzionali, giacché è tutto questo che alla fine conferma o contrasta, assume o mette in discussione, azioni di negazione dei diritti e di violazione dell’altro”. Credo che questa attenzione all’intero circuito di risposta alla sofferenza psichica sia fondamentale; infatti non è sufficiente costruire all’interno di un dipartimento di salute mentale dei punti di eccellenza perché si avvii un vero cambiamento! A tal proposito mi preme sottolineare almeno altri due aspetti che mi sembrano molto importanti, anche per la

nostra esperienza al Marco Cavallo. Il primo riguarda il suo richiamo all’impegno che bisogna mettere in campo per costruire rapporti di alleanza con la cittadinanza e le sue organizzazioni: quindi lavorare a fianco delle Associazioni per la tutela della salute mentale. Questo può

Il titolo del libro di Giovanna Del Giudice sulla lavagna dell'aula di psicologia dell'Università di Bari

Fra i presenti al convengo anche operatori della Salute Mentale fra i quali Mariella Genchi e Michele Grossi

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sembrare scontato ma non lo è affatto. Spesso i nostri servizi non incentivano la nascita di Associazioni ed esperienze di protagonismo delle persone con esperienza e dei loro familiari. Anche lì dove le Associazioni sono già presenti i servizi di salute mentale non si impegnano in un rapporto costante e sincero di collaborazione. A tale proposito così si esprime l’autrice raccontando l’esperienza di Cagliari: ”nasce un rapporto stabile, che continuerà nel tempo, con l’associazione dei familiari ASARP con il coinvolgimento di un certo numero di psichiatri. In realtà il confronto con i familiari risulta spesso difficile, difensivo, quando non conflittuale; sembra quasi che gli psichiatri facciano fatica a riconoscere la presenza di un soggetto esterno organizzato e non riescano a sopportare di essere messi in discussione …”.

Il secondo aspetto riguarda il fare scelte specifiche affinché : ”il CSM sia in maniera significativa qualificato negli spazi, negli arredi, nei colori. Perché sia garantita l’accessibilità, la gradevolezza, la vivibilità. Bisogna combattere la miseria, la bruttezza, l’abbandono violento dei luoghi della psichiatria. Conosco che i luoghi della cura alludono ai modi della cura!!!”. Ultima riflessione, per certi versi malinconica, che pongo alla vostra attenzione è che “per negare il valore delle buone pratiche basta isolarle, considerarle un esperimento possibile ma solo in quel luogo e in quella condizione" (Marco Cavallo?). Sappiamo quanto sia difficile diffondere le buone pratiche quando queste, uscendo dagli spazi della tecnica, mettono in discussione i rapporti di potere!!!”.

Termino questo mio breve intervento (il libro presupporrebbe ben altra approfondita analisi) invitando tutte e tutti a leggere “… e tu slegalo subito”.

Grazie Giovanna

Carlo Minervini

Sete...di libertà

Mercoledì 13 maggio 2015, ho partecipato al seminario “…e tu slegalo subito” Riflessioni Collettive sulla contenzione in psichiatria. Anche se in piedi e camminando, ho seguito tutti gli interventi e mi sono meravigliata di me stessa per la naturalezza con la quale sono intervenuta dicendo che ormai sono passati quasi 13 anni da quando fui trascinata con l’inganno in una clinica psichiatrica privata, con la scusa che avevo la pressione bassa. Ero perfettamente cosciente di quello che stavo facendo nella mia vita ma i miei familiari non mi hanno capita. Mi furono somministrati dei farmaci a rilascio prolungato con esiti devastanti sul mio corpo. Grazie al fatto che frequento il centro sperimentale pubblico “Marco Cavallo” sono riuscita a parlare della mia esperienza di contenzione in psichiatria. I miei familiari firmarono per la mia dimissione, in quanto lo stesso giorno mio fratello conveniva a seconde nozze con la sua attuale moglie. Mi ricordo che uscii dal reparto psichiatrico non imbottita di farmaci ma per mesi mi rimase un trauma: avevo un bisogno smodato di bere e la sensazione di secchezza delle fauci. La sensazione era di essere vissuta in un deserto! Si parla di comitato di bioetica…. Sembrano belle notizie ma la contenzione e altre pratiche psichiatriche disumane si praticano ancora! Queste cose mi rendono triste perché limitano la libertà dell’essere umano. Va bene un supporto per le persone con disagio da parte di un’equipe esperta ma la violenza nell’uomo non ha portato mai a buoni risultati.E’ necessario aprire la mente dei singoli cittadini: il malessere che abbiamo è spesso dovuto a questa sociètà che ci fa correre spesso senza avere un obiettivo preciso ed oggi avere le idee chiare su cosa fare giornalmente è già un gran passo avanti.Quando la nostra mente, il nostro intelletto sono impegnati nelle proprie attività quotidiane giunge in maniera spontanea il benessere psico-fisico, definito meglio come Salute.

Anna Mevoli

In alto a destra: Anna Mevoli interviene durante il dibattito

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PERCHE’ NON SI PUO’ TACERE

Il 13 maggio 2015, alle 15.30, presso l’Università di Bari, precisamente presso una delle aule dove lo psicologo Professor Alessandro Taurino insegna Psicologia Clinica, per gli studenti di quel corso di studi c’è stata una lezione speciale, cioè un seminario che consisteva nella presentazione del libro “…. e tu slegalo subito” di Giovanna Del Giudice. L’evento è stato proposto dal Centro Marco Cavallo di Latiano e dall’Associazione 180amici Puglia. Accolta la proposta, Alessandro Taurino ha subito concesso il suo tempo per collaborare all’organizzazione di tale seminario-lezione, che non è stato utile ai soli studenti, ma anche ai diversi operatori della salute mentale presenti in sala, tra i quali alcuni esponenti di Psichiatria Democratica.

Mente della proposta è stato Carlo Minervini che pianificando l’eventualità di tale evento e proponendola ai SEPE, prima ancora che all’Università, ha riscontrato piena adesione ed entusiasmo da parte di essi di collaborare in tal senso, sposando in toto l’urgenza di discutere della tematica della contenzione, problema sempre attuale e purtroppo scottante, mediante , appunto, l’ultimo libro della Del Giudice, in passato collaboratrice di Franco Basaglia, e per molti anni operatrice della salute mentale a Trieste. Il suo libro è sembrato essere una grande lezione di civiltà, coraggio, nonché, aimeh!, un avanguardistico modo di vedere la persona che soffre di disagio psichico come soggetto e non come oggetto. Purtroppo il termine avanguardia è il più azzeccato, considerato che tutt’ora, lo ripetiamo ancora, nei reparti di SPDC di quasi tutta Italia, la prassi del legare le persone con crisi psichiche è molto diffusa, spesso con risvolti negativi, non costruttivi e molto tristi.

È proprio in seguito ad un decesso del 2009, accaduto nell’SPDC di Cagliari, città dove la Dottoressa Del Giudice negli ultimi anni è stata la direttrice del dipartimento e dove ella stessa ha avuto il coraggio di segnalare al direttore generale di quel periodo il triste evento, che si è ispirata a scrivere il sopra citato libro, perché, queste cose, non devono accadere, non devono essere taciute o rimanere nel dimenticatoio di cause legali che non si concludono mai e dell’opinione pubblica. La Dottoressa Del Giudice ha ritenuto di essere stata fortunata a trovarsi di fronte ad un direttore generale disponibile, diversamente sarebbe stata costretta a dimettersi. A Cagliari grazie all’intervento di questa grande donna, dopo tanta resistenza da parte degli operatori, le cose finalmente sono cambiate e le statistiche parlano ormai di risultati positivi, rispetto alle tante contenzioni che c’erano prima. Mi convinco sempre di più che si può fare diversamente e che la persona sofferente migliora con altri metodi e prassi, come ampiamente nell’introduzione della giornata ha illustrato Carlo Minervini. Attorno a queste convinzioni di qualcuno come la Del Giudice e altre poche mosche bianche, dev’essere fatto tanto rumore, tanta rivoluzione culturale. A convincersi devono essere gli operatori, ma anche i cittadini tutti. Solo così acquista un senso il seminario di formazione che si è tenuto a Bari e il lavoro del Marco Cavallo che il più delle volte parte e va “in missione” verso gli altri per la contaminazione di valori di civiltà e di dignità.

Augusta Caforio

In alto a sinistra: Augusta interviene nel dibattito al convegno

Nella pagina accanto: Anna legge l'intervento dal titolo "la voce della contenzione" durante il convegno

"...e tu slegalo subito. Verso una psichiatria no restraint" , tenutosi il 7 Settembre 2015 presso il

Castello di Mesagne

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LA VOCE DELLA CONTENZIONE

Contenuti o voler essere contenuti?Si può scegliere di essere contenuti all’interno di una stanza di ospedale?Si può scegliere di ritornare dopo un po’ di tempo in quella stessa stanza o in un’altra perché questa decisione si presenta come unica soluzione ad un momento difficile da affrontare?Negli SPDC è possibile assistere alla ribellione di qualcuno che in quel momento critico urla o prende a calci qualcosa… e dopo che accade? Quella stessa persona può essere sedata o legata…Ma un buon psichiatra non si limita a fare questo!!! Bensì a volte tace, altre volte cerca di presentare buone pratiche e soluzioni quali una passeggiata, una chiacchierata, una cena insieme ad amici, un giro in barca a vela, una partita a carte, una bella tisana ai frutti di bosco o una camomilla. A volte si ricorre ad una soluzione farmacologica.Ci chiediamo: ''Ma la persona che sceglie di andare in un reparto risolve i suoi problemi? Si sente a proprio agio?” Alcuni non sono affatto contenti della decisione che è stata presa per loro perché non è delle più consone. Cosa succede a coloro che nei reparti o negli OPG, nelle strutture residenziali, nelle REMS vivono la paura , la tristezza, la depressione o la necessità di ribellarsi a quello che gli stanno propinando o proponendo…fate un po’ voi?Sicuramente per loro quella soluzione non è adatta.A coloro che vengono mandati in SPDC o in OPG o nei nuovi OPG chiamati REMS che cosa viene offerto? Le pappine? Non sarebbe meglio dare alle persone la possibilità di avere una casa propria da condividere con amici? Ancora meglio sarebbe dare la possibilità alle persone che hanno già una casa di rimanere con la propria famiglia e coinvolgere i loro familiari nella propria “recovery”.Nel momento in cui lo psichiatra si ritrova costretto a prendere delle decisioni, che cosa ottiene? Una sconfitta? Potrebbe intraprendere

nei confronti del paziente una decisione che però gli comporta una sofferenza individuale oppure potrebbe fregarsene completamente delle conseguenze che subirà la persona malcapitata.Quanti tipi di contenzione allora ci sono? Meccanica, farmacologica, psicologica e forse altre ancora. Aiutateci a capire meglio. Quale contenzione ci fa più paura? E’ comune a tutti quella strana forma di sicurezza che alcuni potrebbero avvertire entrando in un SPDC o al CSM? Quello che ci fa più paura è il potere dell’equipe medica che ci troviamo di fronte che diventa un muro invalicabile e che a volte ti paralizza.Alcune volte il farmaco si presenta utile ed indispensabile. Oltre al farmaco possono essere utili altre soluzioni: una bella passeggiata in montagna, più Centri di Salute Mentale di comunità aperti ventiquattro ore, un sereno dialogo tra persona con esperienza e terapeuta… Il Centro Sperimentale Pubblico “Marco Cavallo” rappresenta un buon esempio di servizio pubblico che, oltre a dare la possibilità di inserimento lavorativo alle persone con esperienza, restituisce ad essi dignità, protagonismo e la possibilità di recuperare le proprie risorse e le proprie capacità. Riuscire ad accettare le varie proposte che ci vengono offerte al “Marco Cavallo” rappresenta per noi un enorme cambiamento che ha completamente rivisitato le nostre vite. Cosa si viene a creare intorno alle Persone nei momenti di difficoltà? Una protezione data da una forte rete che soddisfi la propria richiesta di aiuto. In questo modo si creano delle strategie. Attraverso una chiacchierata si instaura una relazione empatica. E’importante sottolineare la presenza nel territorio di un luogo come il Centro Sperimentale nel quale le persone con esperienza si sentono accolte e supportate nel proprio disagio. Al Centro operatori e persone con esperienza diretta e indiretta (i SEPE) cercano di supportare e fronteggiare, insieme alla persona con disagio, la crisi così da evitare il ricovero.Può anche succedere che un SEPE riceva al “Marco Cavallo” il supporto dall’equipe medica e dagli altri SEPE.Per tutte queste ragioni concludiamo col dire che Il Centro Sperimentale Pubblico “Marco Cavallo” è, come dice Roberto Mezzina, “Il CSM aperto 24 ore che non c’è”.

Anna Mevoli ,Davide Monte,

Maddalena Sterlicchio

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Contributo di Giuseppina Di Cesare all’evento finale del 9 giugno 2015

Progetto Inclusione Secondo Natura promosso dalla ASL TA e cofinanziato dal

GAL Luoghi del Mito

Il Dr. Vitucci, promotore dell’idea progettuale, che con me ha coordinato il progetto Inclusione Secondo Natura in questi due anni di attività è stato martellante su un costrutto (termine o concetto) il SENSO e mi ha “costretta (si fa per dire) ad interrogarmi sul senso del progetto

Il Dr. Barberio, attuatore del progetto in qualità di Presidente dell’Associazione Masserie Didattiche Grande Salento, con il quale ho interagito costantemente ha contribuito a riempire di contenuti il costrutto SENSO

Il SENSO: andare oltre lo strumento BORSE LAVORO, la cui valenza rimane comunque e per una parte delle persone afferenti ai nostri servizi, al fine di garantire un’alternativa rappresentata dal LAVORO seppure ad una minuscola parte dell’utenza

Il SENSO: attraverso il ricorso al MONDO AGRICOLO e alle Masserie Didattiche, che lo rappresentano, è stata restituita dignità alle persone coinvolte, è stato permesso alle stesse di recuperare l’autostima ed un minimo di equilibrio psico-fisico dal contatto con la natura socializzando e condividendo con gli altri le giornate apprendendo

Il SENSO: aver creato una rete – verticale ed orizzontale – che permettesse al progetto di perseguire e raggiungere la sua finalità colmando lacune presenti come ad esempio le modalità di trasporto

Il SENSO: aver determinato ricadute positive sul

territorio, seppure circostanziate, determinando un significativo momento di crescita soprattutto culturale

Il SENSO: aver creato relazioni con strutture/servizi di altre ASL che ha significato INCLUSIONE nell’INCLUSIONE fornendo opportunità lavorative ad altre persone

Il SENSO: in attesa di nuovi bandi e nuove opportunità da monitorare e cogliere, prevedere di cofinanziare l’inserimento lavorativo di alcuni beneficiari del progetto Inclusione Secondo Natura all’interno delle MMDD con il sostegno economico della rete qui presente

Il SENSO: i potenziali beneficiari dell’intervento, che potremmo intitolare “A seguire il progetto Inclusione Secondo Natura”, divenuti MANUTENTORI/CURATORI (figura versatile idonea per la stagionalità del settore), unitamente ad altri ex beneficiari faranno gruppo attingendo ad esempio dai fondi del bando START-UP per creare una cooperativa sociale al servizio delle MMDD

Il SENSO: credere nelle cose che facciamo e cooperare perché si traducano in realtà

Il progetto "Inclusione secondo natura", promosso dalla ASL di Taranto, ha previsto, nella sua organizzazione, una collaborazione con il Centro Marco Cavallo affidandoci la commessa per la stampa del materiale cartaceo divulgativo. La partecipazione agli incontri, è stata di grande interesse, oltre che per i temi trattati, per le prospettive di collaborazione future fra le due ASL.

In alto a sinistra: Pina Di Cesare interviene durante l'incontro

Sopra: Maddalena Guida e altri partecipanti all'incontro

Nella pagina accanto: la locandina conclusiva del progetto

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VIII Incontro nazionale del Forum Salute Mentale

Pistoia, dal 4 al 6 Giugno 2015

Per il viaggio studio a Pistoia Maddalena si è occupata del viaggio e del Bed & Breakfast dove alloggiare, io l’ho aiutata nel fare i biglietti del treno. Viaggiare in aereo, questa volta, non era conveniente. A Pistoia c’era l’VIII incontro nazionale del Forum Salute Mentale che ci ha aggiornati sulla situazione della Salute Mentale in Italia e tra l’altro ha visto il cambio di portavoce. Giovanna Del Giudice si è dimessa a favore di Vito D'Anza, attuale Direttore del DSM di Pistoia. È meglio che il portavoce sia una persona in attività, questa la motivazione del cambio. Il Forum si è svolto nella sala del dopolavoro ferroviario del comune di Pistoia, proprio nella piazza della stazione. Noi alloggiavamo 20 minuti a piedi da lì. Il Forum si è svolto in 3 giornate: nella prima giornata c’è stato l’intervento di Carlo Minervini, nella seconda giornata quello mio, di Davide e Maddalena, ascoltati in qualità di SEPE del Centro Sperimentale Marco Cavallo di Latiano.

La prima impressione su Pistoia è stata quella di una città accogliente e senza dubbio più tranquilla rispetto alle grandi città caotiche e più dispersive, con un bel centro storico da visitare e in cui trascorrere delle belle serate in compagnia. La sala del dopo-lavoro ferroviario non era climatizzata e bisognava adoperarsi per ventilarla perché le giornate erano piuttosto calde. Nella prima giornata il giovane sindaco di Pistoia ha spiegato il suo ruolo di garante della salute dei cittadini e la posizione scomoda in cui si trova il sindaco di fronte ad un TSO: Chi sono io per firmare o non firmare?Carlo Minervini nel suo discorso ha sottolineato come, a differenza di alcune strutture della Salute Mentale dove c’è l’esigenza di firmare le presenze per poter rendicontare la retta giornaliera che spetta alle strutture che ospitano le persone con disagio psichico, nel Centro Marco Cavallo invece da sempre quella di firmare è una buona abitudine che ha coinvolto tutti come segno di appartenenza e di voler esserci. Questa abitudine si è poi trasformata nella consuetudine obbligatoria nel mondo del lavoro di timbrare il proprio cartellino a dimostrazione dell’orario di lavoro svolto.

Il mio intervento ha preso spunto da una passeggiata fatta la sera prima. Ci siamo fermati davanti a una vetrina di un’ agenzia per il lavoro. C’erano 2 annunci che ci hanno colpito: Cercasi aiuto-cucina e un altro annuncio in cui si cercava un autista. Il confronto con il nostro Centro Marco Cavallo era inevitabile. La figura dell’aiuto-cucina e dell’autista c’è anche

da noi, a dimostrazione del percorso riabilitativo verso un reale inserimento lavorativo. Davide e Maddalena hanno raccontato le loro esperienze al Marco Cavallo e hanno fatto di tutto per essere invitati al Màt di Modena, la settimana della Salute Mentale che si tiene in Emilia Romagna a Ottobre e che vede il DSM di Modena in prima fila. Delle esperienze presentate al Forum colpisce senza dubbio quella degli amici della salute mentale di Brescia. La loro cooperativa imbottiglia vini locali di qualità eccellente riconosciuta e quindi riesce ad essere competitiva e ben inserita nel mondo del lavoro. Inoltre ho potuto notare il modo di fotografare di un fotografo professionista presente al convegno, ad esempio lui usava sempre il cavalletto per sistemare l’inquadratura della foto, e una “collega”, Anita, che si occupava di fotografare e filmare persone ed esperienze presentate al convegno: davvero professionale!

Cosimo Venerito

La locandina dell'evento

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Forum Pistoia

In data 4-5-6 giugno 2015 i sepe Cosimo, Maddalena, Davide e Carlo Minervini hanno partecipato alla 8° edizione del forum tenutosi a Pistoia. Ci siamo organizzati alloggiando in un bed & breakfast e portando con noi quello che ci occorreva per una permanenza di 3 giorni. Come facciamo sempre nei viaggi studio, abbiamo portato la telecamera per fare le riprese e la macchina fotografica, per documentare le nostre giornate e poi riportarlo sul nostro periodico. Naturalmente eravamo emozionati ma allo stesso tempo preparati a fare la nostra testimonianza davanti a tante persone. Sono state 3 giornate intense, ricche di interventi, testimonianze e dibattiti su temi caldi della salute mentale. Si è vista una partecipazione attenta di operatori ,persone che hanno vissuto o vivono l’esperienza del disagio mentale, famigliari, sindacalisti, avvocati, magistrati e giornalisti.

Ad aprire la prima giornata è stato il sindaco di Pistoia, che ha spiegato con enfasi che i temi della salute mentale vanno sviluppati concretamente, guardando alla dimensione reale di vita delle persone. Questo è possibile attraverso buone pratiche di intervento, supporto e responsabilizzazione della singola persona. Inoltre ha sottolineato l'utilità del confronto tra istituzioni e figure professionali con l'obiettivo di scegliere quale strada intraprendere affinchè si costruisca un contesto di società civile basata su valori quali ad esempio l'uguaglianza senza trascurare la cultura del proprio territorio.Successivamente dopo l’intervento del sindaco, il presidente del tribunale di pistoia Fabrizio D'Amato che spiega come il forum conduca battaglie di civiltà ed etiche sui temi della salute mentale da 30-40 anni. Bisogna attuare delle scelte politiche qui in italia: la giustizia è diventata una questione quotidiana e c'è bisogno di una riqualificazione culturale dei magistrati. Successivamente alla giornata innagurale dei saluti anche l'intervento di Roberto Abati direttore generale ASL 3 che illustra l'esperienza sanitaria toscana che vive un momento di trasformazione. Altre esperienze che hanno portato la loro testimonianza sono state quella di Napoli(società pericolosa), movimento che è nato nella Università degli studi di Napoli e che interagisce direttamente con realtà quali ospedali pischiatrici, REMS e altri posti della stessa salute mentale.

Le questioni fondamentali affrontate riguardavano argomenti quali ad esempio i servizi territoriali di salute mentale che spesso rischiano di ridursi a delle realtà esclusivamente ambulatoriali, motivo per cui molte persone non ripongono fiducia nei servizi di salute mentale radicati sul territorio. A mio avviso è opportuno rafforzare tali servizi puntando sulla loro qualità. I servizi di salute mentale devono prendere atto che si ha la necessità di una presa in carico forte, delle stesse persone, attraverso una reale costruzione di percorsi individuali personalizzati. Un’ altro aspetto da considerare riguarda il servizio pubblico

nel quale c’è carenza (di cosa?)e molta burocrazia (?dei tempi), quindi è necessario costruire una vera regia pubblica forte e autorevole. Le istituzioni hanno un ruolo importante, che possono esplicare attraverso utili proposte per un governo nazionale che si occupi anche di salute mentale garantendo un migliore assetto organizzativo dei servizi.Si avverte il bisogno urgente di un’adeguata formazione degli operatori e psichiatri dei dipartimenti di salute mentale, e di un coinvolgimento attivo delle famiglie e delle associazioni territoriali. Altre importanti tematiche affrontate nella giornata riguardavano gli psicofarmaci, le comunità terapeutiche, nelle quali coloro che rimangono per molto tempo rischiano di cronicizzarsi, la lotta per l’abolizione delle pratiche di contenzione, che viene tutt’ora praticata negli SPDC. Infine si è discusso anche della questione degli obsoleti OPG e della salute mentale in carcere: una soluzione, solo temporanea, potrebbe essere rappresentata dalle REMS (Residenze per l'Esecuzione della Misura di Sicurezza). Sulla base di questi presupposti, la magistratura deve prendere atto di una riqualificazione culturale attraverso l’affermazione dei diritti di tutti. Relatori di questo forum Peppe Dell'Acqua, Giovanna Del Giudice, Vito D'anza. Nel corso del convegno anche la presentazione del libro di Franco Rotelli. Giovanna Del Giudice, co-fondatrice del forum salute mentale, ha ceduto il testimone come nuovo portavoce nazionale a Vito D'Anza . Giovanna ha spiegato che continuerà a lavorare nel forum impegnandosi a sostenere le cause per una salute mentale di prossimità, per una cura che rispetti la dignità e i diritti dell'altro, per la costruzione di alleanze politiche attente ai bisogni delle persone più fragili. Si conclude questa ottava edizione del forum scattando una foto di gruppo. Una bella esperienza che avro modo di ripetere

Davide Monte

Carlo, Maddalena e Davide si incamminano verso la sede del Forum

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GITA A MATERA

Per il 21 Maggio il centro Marco Cavallo ha organizzato un’ uscita a Matera nell’ambito dei Giovedì culturali. Era anche l’occasione giusta per visitare il Gran Casale delle Gravine da poco inaugurato, così mentre al mattino abbiamo pensato di fare un giro a Matera e ai Sassi accompagnati da una guida turistica, il pranzo e il pomeriggio l’avremmo passato al Gran Casale, a pochi Km dalla stessa Matera, sulla Statale per Taranto, a 2 passi dal parco della Murgia Materana. Il gruppo che si era prenotato al Giovedì culturale era piuttosto numeroso, circa 30 persone. Per gli spostamenti ci siamo organizzati con 2 pulmini e 3 auto.Il punto di ritrovo era la piazzetta antistante la salita che porta al Castello di Matera. Lì ci aspettava la guida turistica. Da poco avevamo terminato l’ultima commessa per la ASL di Taranto, la stampa di locandine e sagnalibri per l’evento finale del progetto “Inclusione secondo natura”, affidatoci dalla Dott.ssa Di Cesare. Abbiamo approfittato della gita a Matera per consegnare la commessa al CSM di Castellaneta.

Ci siamo spostati tutti insieme seguendo l’auto di Carlo Minervini che conosceva la strada, in alternativa c’erano anche i navigatori che ci avrebbero aiutato. All’arrivo a Matera, nonostante qualche giro in più per trovare il nostro punto d’incontro, ci siamo diretti verso l’entrata del Castello situato sopra una collinetta, poi abbiamo notato il resto del gruppo nella piazzetta che avevamo attraversato poco prima e siamo scesi giù per incontrarli. La guida turistica ha cominciato a spiegare che il centro storico di Matera, i “Sassi”, sono un insediamento urbano che si è sviluppato nel corso dei millenni, dal Paleolitico fino all’attuale recupero iniziato a partire dal 1986 grazie ad una legge apposita. Non sono mancate le foto di particolari dei Sassi, al paesaggio intorno e alcune riprese video girate mentre la guida turistica spiegava il tutto. Alla

fine della visita abbiamo degustato alcune specialità gastronomiche locali offerte dall’operatore turistico che ci aveva accompagnati e poi ci siamo diretti al Gran Casale per il pranzo vero e proprio. Arrivati al Casale abbiamo visitato il posto, che conoscevamo già dalle foto che ci aveva mostrato Maddalena Guida, alcune delle quali utilizzate per preparare la brochure illustrativa del “Country Resort”. Poco dopo ci siamo seduti a tavola. I piatti erano sofisticati, ottimi. Durante il pranzo abbiamo scattato alcune foto e, chiacchierando, siamo arrivati al caffè. Dopo pranzo c’è stato un momento di relax fuori, all’aperto, qualcuno ha continuato a visitare il Casale e poi abbiamo fatto una foto di gruppo sul terrazzo. Ci siamo diretti infine sulla strada per il rientro. Nonostante il tempo nuvoloso la giornata è stata molto interessante.

Cosimo Venerito

In alto a sinistra: splendida panoramica di MateraSopra: il pranzo al Gran Casale e una foto di gruppo

di tutti i partecipanti

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Gita a Matera…una giornata particolare!

Giovedì 21 Maggio 2015 il Centro Marco Cavallo trascorre l’intera giornata fuori dalle solite mura poiché, durante uno degli incontri del gruppo eventi del martedì, decide di organizzare una passeggiata ai Sassi di Matera. Aderisce all’iniziativa un gruppo alquanto numeroso, composto da 33 persone. I partecipanti ci sono, ora occorre trovare i mezzi con cui spostarsi dato che due pulmini da nove posti non sono sufficienti. Dopo un breve giro di ricognizione, atto a valutare le disponibilità, riusciamo ad individuare e quindi ad aggiungere tre auto da cinque posti ciascuna, evitando, così, che quanti si erano già prenotati per l’uscita rimanessero a terra.Partenza prevista ore 8.00; l’obiettivo è arrivare presto, considerato il tragitto da compiere, perché sul posto ci attende una guida incaricata di accompagnarci per tutta la visita al centro storico della città. Nonostante le svariate raccomandazioni, non mancano i soliti ritardatari ma che gita sarebbe se tutti fossimo puntuali, in fondo!!!????

Bando alle ciance, ora si parte per davvero! Tutti entusiasti per questo momento di puro svago e divertimento, giunto in un periodo in cui ancora ci si deve riprendere dalle “fatiche” organizzative del convegno sulla diffusione delle buone pratiche in salute mentale e della presentazione del libro “e tu slegalo subito” di Giovanna Del Giudice tenutisi a Bari, nonché delle tante altre attività programmate dal Centro.Nella stessa giornata, una nostra cara amica/collega è impegnata con la tanto attesa promessa di matrimonio presso il comune di Latiano e durante il viaggio il nostro pensiero va a lei e alla sua famiglia; un pensiero non altrettanto allegro lo rivolgiamo ad un’altra cara amica che, purtroppo, proprio durante il tragitto, ci informa della morte del padre. Una giornata piuttosto particolare…!

Momenti di gioia ma, al contempo tristezza, ci accompagnano per tutto il percorso e poi finalmente giungiamo a destinazione, stranamente puntuali, nonostante la pioggia e il traffico incontrati.

Punto di ritrovo con la guida è l’ingresso del castello; inizia il giro turistico presso il centro storico. Il tempo è stato clemente almeno durante la passeggiata a piedi. La guida è molto preparata e ci illustra, strada facendo, monumenti e piazze descrivendone storia e particolarità. Ci addentriamo in quelle che erano le abitazioni di un tempo e ammiriamo la ricostruzione dei vari ambienti di vita dell’epoca. Noi scattiamo foto e commentiamo; decisamente affascinanti e suggestivi le case cisterna e i vari vicoli che attraversiamo. Da ogni parte del centro storico si intravedono svariati gruppi di turisti e scolaresche; il nostro viaggio alla scoperta di Matera continua per le vie, scale, discese e salite ma ad un certo punto tanto la stanchezza quanto la fame si fanno sentire…un ultimo sforzo prima di salutare la guida perché intanto ci attende un delizioso momento di degustazione dei prodotti locali presso l’agenzia viaggi che ha organizzato la nostra visita guidata. Dopo il breve assaggio ritorniamo alle auto e ai pulmini e raggiungiamo il Gran Casale delle Gravine per il pranzo; la struttura dista 10 km da Matera ma la fame è talmente tanta che neanche ci rendiamo conto della strada che percorriamo. La nuvola di Fantozzi ha ripreso a seguirci…

Apprezziamo la location nel suo complesso, il vasto giardino, le sale ricevimento, l’ampio piazzale con annesso forno ma, più di tutto, apprezziamo le diverse pietanze che man mano giungono ai nostri tavoli. Brindiamo al Marco Cavallo e degustiamo con immenso piacere tutti i piatti che ci vengono serviti. Il menù è a sorpresa ma decisamente ben accolto dall’intero gruppo. Durante il pranzo si scattano foto, si scherza, si commenta quanto visto durante la mattinata, ci si scambiano pareri e riflessioni rispetto alle iniziative concluse e quelle in fase di programmazione del Centro. Chiacchierando chiacchierando arriva il momento del dolce finale, al termine del quale ci si prepara per rientrare; un’ultima foto di gruppo e poi nuovamente in viaggio verso il Marco Cavallo.Una giornata lunga e intensa, ricca di emozioni e condivisioni, un’occasione in più per comprendere l’importanza e il valore del gruppo nella vita di ognuno di noi, nonché un’esperienza che ci permette di staccare temporaneamente dalla solita routine della vita e che noi tutti ci auguriamo possa capitare più spesso.

Annamaria Coluccia

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Testimonianze dall'OPG

Cari lettori, chi scrive è Francesco Trono che continua a raccontarvi delle sue esperienze nelle strutture di riabilitazione psichiatrica. Oggi mi ritrovo nuovamente in una comunità riabilitativa che si trova a San Pietro Vernotico ma continuo a frequentare il Centro Marco Cavallo. Nella comunità siamo dodici utenti (sei uomini e sei donne), tutte persone molto socievoli e simpatiche. Le giornate si svolgono in questo modo: la mattina sveglia alle 8:30; dopo la colazione si lavano le tazze e poi si fuma una sigaretta. Poco dopo si misura la pressione e viene somministrata la terapia, si cura l’igiene personale e, tutti insieme,iniziamo le faccende domestiche come sistemare il letto, spolverare nella propria stanza, spazzare e lavare il pavimento. Avendo notato che c’era dell’erbaccia nelle aiuole mi sono impegnato a pulirle e a fare del giardinaggio. Alle ore 10 si fa un break che consiste nel prendere un caffè al bar tutti insieme. Poco dopo si fuma un’altra sigaretta (si fumano otto sigarette al giorno).

Ma veniamo al vero motivo che mi ha spinto a scrivere un nuovo articolo per il “180 meraviglie”: voglio raccontarvi la storia di una ragazza che vive nella comunità in cui mi trovo e che ha conosciuto, in prima persona, il disagio dell’ospedale psichiatrico giudiziario. L.S. è un’ex internata di un OPG situato a Firenze. La sua permanenza all’interno dell’ospedale psichiatrico è durata dal Febbraio 2010 al Marzo 2011 per un reato di sequestro di persona e maltrattamenti verso la madre. Racconta che inizialmente condivideva la cella con un’altra ragazza, poi una volta rimasta sola, nonostante si impegnasse a mantenere la sua cella pulita, lo sporco prevaleva sempre. Le docce erano in comune, il water d’acciaio. Era un palazzo di diversi piani.

Mi dice che le guardie si comportavano apparentemente bene ma in realtà rubavano cibo e vestiti ai detenuti. Inoltre, avendo il compito di prelevare i soldi dei detenuti, trattenevano qualcosa per loro. In seguito venne spostata in una cella con altri 4 detenuti dove succedeva di tutto, qualcuno praticava anche dell’autolesionismo. Il suo compito era chiamato della “scopina” cioè si occupava di spazzare migliaia e migliaia di mozziconi di sigaretta sparsi ovunque. Inoltre si occupava di pulire le celle di chi non era autosufficiente. Questa ragazza si ritrova in una comunità riabilitativa per buona condotta. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, accade che in OPG, come racconta la rappresentazione “3500 parole” della compagnia teatrale del Marco Cavallo della quale faccio parte, “si sa quando si entra ma non si sa quando si esce”.

Francesco Trono

L'intervistaLo spettacolo della Murgia suscita suggestioni ed emozioni. Una visitatrice del Gran Casale, Morena, ci fa dono delle sue e noi le pubblichiamo volentieri.

Quel posto aveva conosciuto l'abbandono di moltitudini di greggiE la gente che l'abitava se ne stava a guardare dalle pietre della MurgiaChe un giorno sarebbe arrivato un altro Padrone a togliere tutti dal silenzio.Pure il Serpente andava sibilante a verificare ogni spostamento E il Lupo si leccava le fauci da anniche l'acquolina in bocca s'era fatta acqua gassata!E loro arrivarono Ed erano tanti.Una di quelle famiglie di un tempoNove figliCinque femmine e quattro maschiCinque sorelle e quattro fratelli.Fecero di quel luogo un faro nella notte Era di un bianco spolverato adesso il casale.E ripresero i suoni e le parole umane e la gioiaE lo sguardo della grande Madre con l'uncinetto in mano e i giochi dei bambiniE al serpente, in uno dei suoi ultimi sopralluoghi,toccò d'essere preso per la coda e scaraventato fuori di casa come lazo il cowboy.

Morena

Il Gran Casale delle Gravine

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Il ruolo che non c’è

Dal libro “Psicologo domani” di Kaneklin e Gozzoli: “Qual è il ruolo dello psicologo?...Tali domande e l’uso del termine “ruolo” esprimono in prima istanza l’attesa di risposte certe sul “fare”, su cosa lo psicologo è chiamato a operare o può fare nei suoi diversi contesti lavorativi. Intesa così la domanda ci riporta a modelli culturali ottocenteschi… ove una concezione amministrativa circa la divisione del lavoro tendeva ad assegnare ad ogni lavoratore un insieme di comportamenti ben definiti, entro contesti stabiliti, disegnati in modo meccanico; o modelli culturali di stampo libero professionale ove professioni “forti” (es. medico, avvocato, fisico…) erano abilitate dalla corrispondenza tra una scienza e una sola professione. …entrambe le prospettive culturali evocate sono però in contrasto con le professioni psicologiche tra loro unificate da un elemento irrinunciabile: la necessità di operare nella intersoggettività per poter perseguire obiettivi attraverso la cooperazione, il dialogo, il confronto con persone concrete, in situazioni specifiche. Sarebbe quanto meno bizzarro quindi cercare di concepire un ruolo, un’immagine costruita presupponendo un Io senza l’Altro, senza un Noi, senza un Contesto specifico!”In queste parole molti psicologi (o altri professionisti della salute mentale) in erba come me, troveranno conforto; altri invece le sentiranno un po’ strette o troppo ampie a causa della necessità di delineare dei confini ben precisi del proprio essere.

A mio parere la domanda “ma io chi sono? E cosa faccio nella vita?” trova in esse una risposta chiara e concisa. E in esse io ritrovo tutti i principi cardine del Centro Marco Cavallo. E cosi, trovano senso anche le domande: “perché facciamo tutto questo? Perché le continue riunioni assembleari? Perché i gruppi di lavoro, la ricerca e i viaggi studio?”Perchè l’intersoggettività e il dialogo trovano spazio all’interno dell’assemblea, luogo in cui ogni Io ha la sua importanza e il suo potere decisionale. Perché è

nel gruppo di lavoro che la cooperazione e il confronto si esplicano al loro massimo livello e il “fare” assume una sua forma mai troppo inquadrata, incasellata, cosicché i ruoli possano cambiare, modificarsi, in un modo che permette di “mettersi nei panni dell’Altro” e di prepararsi alla continua evoluzione che il mondo del lavoro oggi esige.Il tutto è legato dalla ricerca continua di nuove forme di benessere e modi di “fareassieme” che si spingono oltre i confini metaforici del “già dato” e di una cultura della sommessa accettazione del proprio malessere attraverso il formarsi e il formare, e oltre i confini reali delle mura del centro, della città, della regione e anche dell’Italia, attraverso i viaggi studio.

È qui, allora, che ognuno di noi trova la sua concretezza; qui, nella relazione con l’altro, nella convivenza quotidiana, nella condivisione del pranzo e, perché no, anche nella lite (purché costruttiva), ognuno trova la prova del proprio esistere.Perché tutti nella vita, prima o poi, giungono a chiedersi “ma io chi sono?” e, spesso, il non trovare risposta anche nell’Altro, nella relazione, nella socializzazione, porta a perdersi in se stessi e a non vedere via d’uscita. Il Marco Cavallo, dunque, diventa un contesto specifico costruito dal e sul Noi; un contesto aperto, pronto ad allargarsi, a spostarsi, a crescere e ad accogliere sempre, cosicché ognuno ritrovi se stesso al di là di quel ruolo o etichetta specifica che la società tenta di imporre.

Veronica Pesari

Il "dentro" del Marco Cavallo

Le iniziative all'esterno sono sempre accompagnate da un'attività all'interno del Centro Marco Cavallo sempre in fermento. In questa rubrica le riflessioni sul nostro FARE e sulla meravigliosa esperienza della venuta della delegazione egiziana nell'ambito del Progetto Remedy e dell'incontro fra due paesi, due culture, due modi di fare salute mentale che si incontrano e si fondono.

Veronica Pesari, Alessandra Incontro e Stefano Arnò impegnati nel lavoro nella Sala Ricerche del

Centro

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UNA DELEGAZIONE EGIZIANA AL MARCO CAVALLO

Dal 10 al 13 giugno una delegazione egiziana è venuta in visita al Marco Cavallo nell’ambito del progetto “Remedy”. Gli egiziani erano già venuti in Italia per conoscere da vicino e apprendere le consuetudini dell’Associazione “Mediterraneo” e del DSM a Livorno, dell’Associazione “180amici Puglia” e del Centro Sperimentale Pubblico “Marco Cavallo” a Latiano. Anche in quell’occasione, in aprile 2011, la loro venuta era stata organizzata nell’ambito del progetto “Mehenet”. La singolarità di quest’ultima venuta sta nel fatto che per la prima volta il gruppo era composto, oltre che dallo staff medico egiziano, anche da persone con esperienza diretta di disagio psichico. Loro frequentano o hanno frequentato il “Franco Basaglia Center” e in questo periodo svolgono numerose attività presso “l’Alex work-shop Center” ed hanno dato vita ad un’associazione: “Amici di Franco Basaglia”. Mi ha fatto un enorme piacere rivedere in Italia le persone che ho conosciuto in Egitto, dove sono stata per ben 4 volte, perché chiamata a portare testimonianza di quanto avviene al Marco Cavallo che frequento dal 2010. Ero così contenta per la venuta dei miei amici egiziani che ho deciso di restare a dormire al Centro per poter essere

sempre presente durante la loro permanenza. In quei giorni sono andata a prenderli al bed&breakfast e a riaccompagnarli, portandoli in giro per il paese, al bar, al supermercato e, la prima sera, a cena fuori. Con me altri SEPE del Marco Cavallo hanno fatto parte di questo “comitato di accoglienza”, e Mariella Genchi ed Emanuela Forcella si sono unite al gruppo assieme allo staff del Marco Cavallo. Emanuela e Mariella hanno seguito da vicino il progetto

“Mehenet” prima, e il “Remedy” dopo. Noi tutti abituali frequentatori del Centro abbiamo condiviso la gioia della venuta della delegazione egiziana e il dispiacere della mancanza di 2 uomini (persone con esperienza), ai quali il Consolato Egiziano non ha concesso il visto, per paura di un loro mancato rientro in patria. Anche questa volta stare con i miei amici egiziani si è rivelata un’esperienza molto arricchente. Anche se la traduttrice Shereen era sempre disponibile ad aiutarci per comunicare, sorprendentemente riuscivamo a farlo anche senza il suo supporto. In quei giorni sono anche riuscita ad apprendere alcune parole arabe e ad utilizzare l’inglese con mia grande soddisfazione. Insieme a Franca, sua madre, Vincenzo, Donato, Augusta, Loredana, Nicola, Maddalena Guida, Mariella Brugnano ed Eman Sorour abbiamo preparato numerosi manicaretti da mangiare il giorno del seminario, che abbiamo organizzato per la mattina e il pomeriggio dell’11, al quale hanno preso parte numerosi amici del Marco Cavallo. Il confronto e lo scambio culturale avvenuto l’11 è stato molto proficuo e stimolante.

La mattina del 12 giugno abbiamo fatto una gita presso la città di Ostuni e nel primo pomeriggio ci siamo recati al mare nel campeggio che anche quest’anno il progetto “Marco Cavallo” ci ha permesso di frequentare.In compagnia dei nostri amici abbiamo ballato tutte le sere danze arabe e occidentali. Siamo stati molto bene insieme ed io ho pianto la sera prima della loro partenza anche perché sono ritornata a casa e non ho potuto accompagnarli la mattina dopo in aeroporto. Sono convinta che esperienze come questa siano molto utili per tutti, non solo per le persone con esperienza diretta di disagio psichico ma anche per tutti gli operatori della salute mentale che si adoperano affinchè si possano creare situazioni simili. Credo che esperienze di scambio sia a livello culturale che umano ed affettivo come quella che abbiamo sperimentato siano molto più efficaci anche di una terapia farmacologica.

Maddalena Sterlicchio

Egiziani ed italiani insieme per la Salute Mentale di Comunità

A destra la delegazione egiziana partecipa alla riunione dell'Agire collettivo

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Salute mentale senza confini

Giovedì 11 giugno 2015, il Centro Marco Cavallo ha avuto il piacere di ospitare la giornata di studio dal ti-tolo “Cooperazione internazionale in Egitto: nuovi percorsi di salute mentale”, organizzato nell’ambito del progetto Remedy e finalizzato all’implementazio-ne di pratiche di salute mentale di comunità in Egitto.

All’incontro ha partecipato una delegazio-ne egiziana, composta da operatori del-la salute mentale e, per la prima volta, perso-ne con diretta esperienza di disagio psichico.

Era anche presente la referente italiana del pro-getto Remedy, Mariella Genchi. Il seminario

Il seminario è stato organizzato dai S.E.P.E. (Soci Esperti per Esperienza) del Centro Marco Cavallo, con la supervisione di Carlo Minervini (direttore UOSM Mesagne – San Pancrazio), Maddalena Guida e Ma-riella Brugnano (rispettivamente psicologa e tecni-co della riabilitazione della stessa unità operativa).

Il dibattito, svoltosi in un clima informale, ha evidenzia-to l’unanimità dei presenti nel considerare l’approccio comunitari stico alla Salute Mentale come ineludibile nell’affrontare le dinamiche collegate al disagio psichico.

Maddalena Guida ha spiegato agli astanti le pe-culiarità del progetto Marco Cavallo: un’idea di salute mentale avversa alla logica neo-manico-miale a volte ancora presente nel nostro territorio, imperniata sul protagonismo degli utenti, sul coin-volgimento nei processi decisionali e organizzati-vi. Un assumersi in prima persona il peso del pro-prio percorso di recovery, senza rinchiudersi in un asfittico immobilismo che demanda esclusivamen-te alle istituzioni la soluzione ai propri problemi.

Carlo Minervini ha fatto un breve excursus dell’espe-rienza basagliana: la ferma convinzione che prima di ogni “malattia”, anche la più “grave”, ci sia una per-sona, con il suo vissuto, le sue esigenze, la sua gioia

e il suo dolore. Questa brillante intuizione è stata la scintilla che ha fatto divampare la necessità di cam-biamento nel campo della salute mentale: i manicomi d’improvviso apparivano per quel che erano, dei con-tenitori che non avevano nulla di curativo. E si capiva che il disagio non si curava solo coi farmaci, ma resti-tuendo ai “matti” il diritto ad esprimere la propria opinione, a provare sentimenti, ad avere aspettative. Si conferiva loro nuovamente lo status di persone.

Un primo riscontro in tal senso si è avuto dall’in-tervento di Domenico Suma, direttore del DSM di Brindisi, che ha riconosciuto nel nostro cen-tro una risorsa non solo nell’ambito provinciale del Dipartimento, ma per tutta la Regione Puglia.

Mariella Genchi è stata sin dall’inizio, per conto dell’ARES Puglia, una delle referenti della partnership italo-egiziana per il progetto di riforma della salute mentale nel paese nordafricano. Ha ricordato con emozione il primo viaggio in Italia della delegazione egiziana, allora composta solo da operatori, avvenuta quattro anni fa, in seno al progetto Mehenet. Progetto quest’ultimo che è stato la condizione indispensabi-le affinchè vedesse la luce l’attuale progetto Remedy, che ha avuto in questi anni come finalità il potenzia-mento dei percorsi di riabilitazione psicosociale, il rafforzamento dei gruppi di automutuoaiuto e dell’associazionismo. Fra i tanti momenti forti dell’e-sperienza ne ha ricordate due in particolare: la confe-renza finale del progetto Mehenet e la nascita dell’As-sociazione “Amici di Franco Basaglia”, che ha fatto propri i principi della salute mentale di comunità.

Domenico Semisa, direttore del DSM di Bari, non ha nascosto la curiosità professionale per il progetto di cooperazione internazionale italo-egiziana; ricono-scendo nell’iniziativa innanzitutto un grande valo-re sociale, un affermarsi dei valori di solidarietà e rispetto che non conoscono confini. E che aiutano ad arricchirsi e migliorare reciprocamente, a differenza di quanto avviene quando ci si limita a curare il pro-prio orticello. Questo progetto ha fatto crescere i suoi collaboratori che ne fanno parte, e di riflesso anche lui.

Eman Sorur, responsabile da parte egiziana della riforma dei servizi di salute mentale nel suo paese, vanta una pluriennale esperienza lavorativa in In-ghilterra; proprio dall’esperienza all’estero prende le mosse per apportare una riforma dei servizi di salu-te mentale in Egitto; da qui il ritorno in patria. Non nasconde la propria soddisfazione per il fatto che in questo secondo viaggio in Italia siano presenti anche le persone con diretta esperienza di disagio psichico. I primi timidi tentativi di apportare queste riforme ri-salgono al lusto 2000-2005, grazie al supporto di un eminente psichiatra egiziano, anche se alcuni suoi

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Sopra: momento dell'Agire Collettivo Sotto: tutti insieme con Marco Cavallo

colleghi non condividevano questa linea. In quel pe-riodo non era infrequente trovare ospedali psichia-trici che arrivavano ad ospitare sino a 600 persone, metà delle quali non erano mai dimesse giacchè non vi era una rete di supporto (in primis familiare) che ne agevolasse il percorso post ricovero. L’inaugura-zione del primo centro di salute mentale è avvenuta proprio mentre il paese nordafricano viveva i primi vagiti di quello che sarebbe stato un movimento po-polare teso alla caduta del vecchio establishment. Il progetto Remedy terminerà alla fine del 2015, ed è già in cantiere un nuovo progetto che ne dovrà proseguire il lavoro di rafforzamento dei servizi di salute mentale, passando dal protagonismo delle persone con diretta esperienza di disagio psichico.

A dimostrazione di quanto questo modo di vedere il rapporto tra operatori e utenti stia prendendo piede, vi è la testimonianza di un giovane operatore egizia-no: ricorda che durante il primo anno di università, gli è capitato più volte di dare sostegno a persone in difficoltà, eludendo il rapporto formale e gerarchi-co tra medico e paziente. Chi gli stava di fronte non veniva ridotto ad un’asettica diagnosi, con tanto di risposte preconfezionate. Ma se ne avvertivano do-lori, aspettative e domande. E questa esperienza è stata decisiva nel convincere lo studente riguardo alle modalità con cui avrebbe svolto la sua profes-sione. E sicuramente questo è stato un buon viatico nella realizzazione di esperienze di recovery alterna-tive all’approccio esclusivamente ambulatoriale. In questo senso è emblematica la novità rappresentata dall’Alex Workshop Center, un laboratorio artistico e creativo nel quale afferiscono le persone con diretta esperienza di disagio psichico, e che, come racconta-no loro stesse durante il seminario, non funge solo da momento ludico ma fornisce anche competenze professionali. Tutto ciò si evince dal fatto che i fre-quentatori del laboratorio hanno tenuto dei corsi di formazione nelle scuole inerenti alle tecniche di la-vorazione acquisite durante la frequentazione dell’A-lex Workshop Center. Il fatto che delle persone con esperienza di disagio psichico assurgessero al ruolo di formatori era impensabile sino a qualche anno prima e se oggi è una splendida realtà è dovuto al nuovo paradigma della salute mentale di comunità che da qualche anno sta prendendo piede in Egitto. Con ripercussioni anche sullo stigma, anche intrafa-miliare: metodologie di aiuto che prevedono anche un percorso di carattere più strettamente sociale, aiuta a smontare quell’associazione tra persona e malattia, quel farne un’unica e indistinguibile entità.

Gennaro Dinota

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Alcuni momenti di condivisione durante la giornata di studio

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Calcetto con ... GIOIA

In data 25 Giugno ho trascorso un bellissimo pomeriggio in un campo di calcetto di Casalini, nelle campagne di Cisternino con i SEPE del Marco Cavallo di Latiano. La squadra, allenata da Fernando, ha partecipato ad un torneo con altre 3 formazioni allestite da Cooperative Sociali e Case-Famiglia di Latiano, Cisternino e Martina Franca. L’iniziativa era organizzata dalla Coop. Verde e Dintorni che opera nel sociale da molti anni nel territorio di Cisternino e la cui esperienza si è vista nell’ottima organizzazione dell’evento e soprattutto nel buffet di chiusura a base di panini con ottima salsiccia locale.

La squadra del Marco Cavallo è stata sorprendente: ha vinto 2 partite e ne ha pareggiata 1 aggiudicandosi il Trofeo messo in palio . L’importante è partecipare (si dice sempre) ma quando si vince è ancora più bello! E la sorpresa è venuta anche dal fatto che la nostra squadra era considerata un’outsider dato che nelle altre formazioni c’erano giocatori quotati che, si pensava, avrebbero vinto da soli le partite! Non è andata così! Davide, Donato, Emanuele, Gennaro, Giorgio, Pietro, Vincenzo, Samuel, Piero, Stefano, Matteo, Cosimo si sono impegnati e appassionati così tanto da ribaltare ogni pronostico che li dava per sfavoriti.

Devo ammettere che, in veste di tifoso, mi sono via via sempre più immedesimato nella parte al punto che alla fine del Torneo ero senza voce dato che avevo urlato come un ... matto! Ero andato per passare un lieto pomeriggio fra amici ma mi sono emozionato nell’atmosfera agonistica e nel vedere la passione e la voglia di giocare dei partecipanti. Non ero l’unico agitato: anche Maddalena Guida si è fatta sentire non con gli urli ma con un campanaccio che risuonava ad ogni goal del Marco Cavallo.Insomma ci siamo divertiti e appassionati tutti, questo alla fine è lo scopo di queste iniziative: creare delle ‘esperienze’ positive ed appassionanti. Non penso di esagerare se dico che attraverso un’attività di svago, un viaggio o, come in questo caso, una partita di calcio si può stare insieme con GIOIA, tutti. Scrivo GIOIA in grassetto, con enfasi, perché abbiamo più che mai bisogno di GIOIA per vivere bene. Mentre scrivo, sui media, rimbalza la notizia dell’ennesima morte di un 45enne durante un TSO.

Cosa c’entra, dirà qualcuno, con un Torneo di calcetto? Cosa c’entra con la GIOIA un evento così drammatico ma purtroppo ricorrente, essendo il terzo episodio da Giugno?

Per approfondimenti rimando ad un articolo su “Internazionale” scritto da Peppe Dell’Acqua, psichiatra, collaboratore di F. Basaglia, docente di Psichiatria Sociale presso la Facoltà di Trieste.http://www.internazionale.it/opinione/peppe-dell-acqua/2015/08/10/malati-psichiatrici-tsoNon sono un esperto di Sanità nè di problematiche legate al mondo della psichiatria, mi sento solo vicino a tutti gli amici del Marco Cavallo che ho avuto la fortuna di incontrare, continuo a stupirmi di come possano ancora accadere simili fatti e mi prende una tristezza infinita. Ecco a cosa serve la GIOIA, a sostituire questa tristezza! Cito l’articolo di Dell’Acqua: “... Eppure buone psichiatrie capaci di incontrare l’altro, di disporsi all’accoglienza, di contrastare veramente lo stigma e di curare sono presenti e possibili ...”Presenti, possibili e praticabili come è successo quel giorno.In fondo non ci vuole molto, a volte può bastare un Torneo di calcetto!

Gipi Tescari

I laboratori

La nostra squadra al gran completo

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Fuori dagli schemi: a Cisternino il calcio è luogo di vita!

Sia che si tratti di stadi prestigiosi che di strade fangose di periferia il calcio è tempo e luogo di vita vissuta, incontro dinamico, imprevedibile, confusionario, luogo di bellezza e quindi di alterità; ogni goal, direbbe Pasolini è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Il calcio è il gioco più bello e popolare del mondo ed è per questo che lo scorso giugno, ci è venuta in mente l'idea di poter organizzare, come cooperativa Verde&Dintorni, un torneo, coinvolgendo altri Centri che si occupano di salute mentale. Abbiamo deciso di chiamarlo significativamente “Fuori dagli schemi” coinvolgendo 5 realtà territoriali: la cooperativa Verde&Dintorni di Cisternino, il Centro diurno Inchiostro Libero di Ostuni, il Centro sperimentale per la salute mentale Marco Cavallo di Latiano, la Fondazione EPASSS di Grottaglie e la Fondazione Bartolo Longo di Latiano.

Basaglia diceva che questa battaglia (quella della liberazione dei matti) non la si può vincere ma che almeno si deve convincere tramite la pratica e l'azione sul campo; lo scorso 25 giugno abbiamo tentato, seppur per un solo giorno, di convincere che la sofferenza mentale non deve essere sinonimo di esclusione ma che le persone portatrici di questo disagio possono, al contrario, essere, nella loro individuale e particolare maniera di vivere, delle risorse per l'intera Comunità di appartenenza. Per poter riconoscere e valorizzare queste risorse bisognerebbe modificare i luoghi e i tempi della cura psichiatrica e per far questo accantonare il paradigma bio-medico ancora vigente in psichiatria per far posto al paradigma della de-istituzionalizzazione, della restituzione al malato della sua dimensione di Persona, di soggetto di diritto, di cittadino. Detto ciò, non potremo mai incontrare la malattia mentale, quanto piuttosto le Persone che ne soffrono. Lo spazio e il tempo di questi incontri sono, purtroppo nella maggior parte dei casi, gli spazi e i tempi della cura, della riabilitazione alla vita in società.Paradossale e a tratti comico pare il fatto che la cura e la riabilitazione siano finalizzate al reinserimento sociale, ma adibite in luoghi (le comunità residenziali) chiusi alla stessa società, lontani dalle piazze, dalle scuole; ma la peculiarità del problema della malattia mentale fa si che essa sia una contraddizione dell'intera società, dell'intero territorio di appartenenza e non un problema da affrontare tra le anguste mura delle comunità. Non esistono e mai esisteranno soluzioni definitive né al problema psicopatologico né a quello relativo all'esclusione sociale quanto piuttosto la possibilità di un cambiamento culturale (in senso antropologico) dell'intera società; società

che riconosca il problema della sofferenza mentale come proprio e che quindi capisca di poter essa stessa guarire solo affrontando ogni giorno questa contraddizione che è la patologia psichica.

Giovanna del Giudice direbbe che ci servono, per riconoscere e dialogare con questa contraddizione, luoghi di vita e non luoghi di cura! Luoghi in cui poter comunicare liberamente le proprie diversità, il proprio diritto ad essere Altro.Quel 25 giugno il gioco del calcio non è stato solo un pretesto per divertirsi, fare nuove conoscenze, “passare una giornata diversa”; non ci interessa “passare le giornate”, quanto piuttosto vivere pienamente ogni giorno e vivere pienamente ci permette di essere liberamente noi stessi, di urlare la nostra ostinazione, di bestemmiare la nostra irriducibilità, la nostra diversità. Non ci servono luoghi di cura perché non ci sono organi da curare ma ci servono luoghi di vita, luoghi attraversabili da tutta la società. Non intendiamo affatto negare l'importanza della sofferenza psichica, quanto piuttosto evitare che la psichiatria, nelle sue pratiche e ideologie continui ad essere solo un'istanza e un sistema di controllo sociale e di appiattimento culturale. La psichiatria, come pratica di società e come scienza dovrebbe confrontarsi con la malattia mentale mettendo continuamente in gioco e quindi sollevando perennemente dubbi sulle sue pratiche e sulle sue teorie; solo attraverso questo dinamicità e solo all'interno di questo paradigma de-istituzionalizzante potremo, noi tutti operatori e utenti della salute mentale , liberarci da qualsiasi riduzionismo medico e biologico e riappropriarci di quella particolare e complessa modalità di essere al mondo che è la malattia mentale.

Gianluca D'AmicoRaffaele Amato

Foto di tutti i partecipanti al torneo

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Un’impresa…possibile

Il laboratorio teatrale del Centro Marco Cavallo è giunto al suo secondo anno. Il gruppo è sempre lo stesso, con qualche nuovo elemento ad arricchirlo. Dopo le fatiche e il successo della prima rappresenta-zione, “3500 parole. Dialogo tra Marco Cavallo e il Drago”, sembrava difficile ritrovare l’armonia che po-tesse portare ad un altro buon risultato.

Quello che all’esterno potrebbe apparire come un semplice svago, un modo per riempire un paio di po-meriggi alla settimana, un’attività quasi ludica...è in realtà un impegno costante che richiede spirito di partecipazione, coerenza e tenacia. Un vero e pro-prio lavoro per svolgere il quale la coesione diviene fondamentale. Ma all’inizio, durante gli incontri del laboratorio, l’entusiasmo non era più quello di una volta, fra i tanti impegni del centro diventava difficile trovare la voglia e le energie necessarie per concen-trarsi. Inoltre il gruppo riceve dei duri colpi quando, in diversi periodi, alcuni partecipanti vivono dei mo-menti di difficoltà e di crisi interiore che influiscono, inevitabilmente, sul gruppo stesso. Quest’anno, in particolare, nasce dalle attività quotidiane una rap-presentazione che vede come personaggio principale un giocoliere che smarritosi, si ritrova in uno stra-no mondo popolato da eccentrici personaggi. Scene euforiche, a tratti comiche nelle quali diviene diffici-le immedesimarsi quando la mente è attanagliata da mille angosce. Giunti agli ultimi incontri sembrava quasi impossibile riuscire a portare a casa un nuovo risultato. Ma il potere del gruppo è proprio questo: il problema del singolo è un problema di tutti per-ciò lo si affronta insieme. Nel gruppo la solitudine diventa “11tudine” (11 è il numero dei partecipanti al laboratorio) e, così, quella grande angoscia, così pe-sante sulle spalle di una sola persona, diventa molto più leggera se condivisa. Nonostante questo, l’allon-tanamento di alcuni dei protagonisti per problemi di salute è invitabile con grande dispiacere di tutti. Ini-ziava a sembrare un’impresa impossibile. Ma come si suol dire “the show must go on”. Gli assenti vengono a malincuore sostituiti ma durante le ultime prove ven-gono riaccolti a braccia aperte dal gruppo e accettano i cambiamenti avvenuti in loro assenza. Giungiamo così, fra non pochi ostacoli, al 6 Luglio, giorno della prima che si svolge nel cortile del NIAT. Il giocoliere è pronto per intraprendere il suo viaggio per ritrovare se stesso, contro il pregiudizio e lo stigma. Alla fine della rappresentazione lo sfondo del palco e i visi degli attori si tingono di vernice colorata e in quei colori vivaci l’angoscia dei mesi precedenti si disperde per diventare solo un ricordo.

Veronica Pesari

Va in scena la diversità

Lunedì 6 luglio è andato in scena per la prima volta, nel cortile del NIAT di Latiano, "La Diversa Commedia - Il Giocoliere e Marcovaldo ", il nuovo spettacolo della compagnia teatrale del Centro Marco Cavallo "L' Urlo". La rappresentazione è nata all' interno del laboratorio teatrale condotto da Rosario Diviggiano nato ormai due anni fa. Grande entusiasmo per la "prima" : tante le prove , le riflessioni, gli accorgimenti necessari affinchè anche quella che è stata una sorta di prova generale fosse curata nei minimi particolari. Il nuovo lavoro della compagnia , dopo il successo di "3.500 parole"dello scorso anno, tratta i temi dell'amicizia, del rispetto reciproco; pone l' attenzione sul grande valore della diversità e della multiculturalità, che deve essere il primo passo, serio e decisivo, verso una società più a misura d'uomo.Il Giocoliere è stato creato grazie alle idee dei partecipanti, di tutti gli attori. Non si è partiti da una drammaturgia esterna; per questo secondo anno si è scelto di costruire il lavoro giornata dopo giornata, incontro dopo incontro, mettendo insieme spunti e contenuti emersi durante i laboratori. Una scelta non facile; ma di sicuro di grande valore collettivo ed artistico. Si è voluto dare il senso profondo del teatro, quello vero, quello che parte dalla sensibilità personale di ognuno e che diventa gesto, suono, corpo, voce, anima. Si riparte così , sperimentando le proprie potenzialità, all' interno di un percorso pensato anche per chi ignora il beneficio di stare in un gruppo che riflette e che , su uno spazio scenico fa vivere ( o ri-vivere) le proprie idee, le proprie fantasie, le proprie esperienze.

Rosario Diviggiano

Parte della compagnia "L'Urlo" del Marco Cavallo

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Un'esperienza entusiasmante

Quest'anno l'attività di teatro si è conclusa con una faticosa ma divertente nuova rappresentazione. Dico "una nuova" perchè lo scorso anno, con la compagnia "L'urlo", abbiamo messo in scena una rappresentazione che trattava il tema degli O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario). Essa si concluse con successo e corrispose con la messa in atto della chiusura degli stessi. Durante il laboratorio di quest'anno, rivelatosi piuttosto faticoso, è nata la piece "Marcovaldo e il giocoliere" Gli attori sono: Veronica Pesari, Francesco Trono, Cosimo Belluscio, Antonio Gennaro, Gennaro dinota, Samuel De falco, Donato Bruni, Antonella Gallo, Davide Monte, Piero Di Stefano, Luigi Rogoli, guidati dal maestro d'arte Rosario Diviggiano. La compagnia "L'Urlo" questa volta ha messo in luce il tema dell'amicizia (contro le false apparenze dove l'abito non fa il monaco!) e di un libro magico dove, dai buoni consigli degli amici, il giocoliere doveva riuscire a scrivere il vero senso della sua vita. Io ho interpretato il ruolo del giocoliere e sono stato contento della parte che ho interpretato perchè sono riuscito a far sorridere il pubblico. Ne traggo la conclusione che nella compagnia si cresce tantissimo ed è bello relazionarsi e donarsi agli altri, con un pizzico di autoironia, mettendosi in gioco.

Francesco Trono

Alcuni momenti della rappresentazione. In alto a destra il Giocoliere (Francesco Trono)

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PAPPARDELLE AI FUNGHI

INGREDIENTI

-Farina integrale 150 gr ,-Farina 00 150 gr, -champignon puliti 100 gr, -Porcini puliti 100 gr, -Finferli puliti 100 gr, -Shiitake puliti 100 gr, -Formaggio castelmagno 100 gr, -Uova 3 pz, -Aglio, Prezzemolo, Peperoncino fresco, Olio extravergine di oliva, Sale

Miscelate la farina 00 e la farina integrale, poi impastatele con le uova, fino a ottenere un panetto elastico e omogeneo. Lasciatelo riposare coperto per circa 1 ora.Stendete la pasta con la sfogliatrice, sottile, e tagliatela con una rotella zigrinata in strisce lunghe circa 20 cm e larghe 2 cm. Tagliate a tocchetti i funghi e portate a bollore una casseruola di acqua, salata. Lessate la pasta.Soffriggete in una padella uno spicchio di aglio schiacciato con 2-3 cucchiai di olio e un pizzico di peperoncino tagliato sottile. Unite i funghi e saltateli per 5 minuti. Aggiungete una cucchiaiata di prezzemolo tritato e aggiustate di sale. Scolate la pasta nella padella dei funghi, mescolate bene e mantecatela con il castelmagno sbriciolato.

Come di consuetudine pubblichiamo una delle ricette elaborate dal gruppo cucina del Centro Marco Cavallo

AMOR E PILLOLE

Cassetti che si riaprono

per poi richiudersi

Ricordi che affiorano

ma poi svaniscono

La mia mente prigioniera

ancora una volta

Oggi si ricompone

ordinatamente

Maddalena Sterlicchio

L'angolo della poesia Le ricette del Marco Cavallo

Proponiamo qui di seguito una poesia di Maddalena Sterlicchio, SEPE del Centro Marco Cavallo

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Locandina dell'evento tenutosi al Castello di Mesagne organizzatto dalla ASL BR in collaborazione con il Centro Marco Cavallo

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28Periodico informativo-culturale sulla Salute Mentale. Dir. resp. Maurizio Distante. Aut. Trib. di Brindisi n. 537/15 del 28/04/2015