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I NFORMAZIONE Il ruolo dell’informazione del Dott. Falleri L’ ESPERTO Il Prof. Pisano: “La minaccia terroristica in Italia” G IORNI D OGGI Povertà e terrorismo N EWS Ruoli tecnici della Polizia di Stato Il ruolo dell’informazione del Dott. Falleri Il Prof. Pisano: “La minaccia terroristica in Italia” Povertà e terrorismo Ruoli tecnici della Polizia di Stato IL GIUDICE CARLO P ALERMO IL DOTT . LOCKE FUNZIONARIO DI SCOTLAND Y ARD COMMENTA IL TERRORISMO IN EUROPA E I TUMULTI A PARIGI STORIA DELLA GEOPOLITICA PERCHECROLLARONO LE TWIN TOWERS? L’INTERVISTA: IL GIUDICE CARLO P ALERMO AL MICROSCOPIO: IL DOTT . LOCKE FUNZIONARIO DI SCOTLAND Y ARD COMMENTA IL TERRORISMO IN EUROPA E I TUMULTI A PARIGI GHEOPOLIS: STORIA DELLA GEOPOLITICA PARLIAMONE: PERCHECROLLARONO LE TWIN TOWERS? novembre - dicembre 2005 anno I n. 2 A periodico di geopolitica, sicurezza e informazione “ Per non dimenticare “ tlas rbis 1,50 1,50

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INFORMAZIONEIl ruolo dell’informazione

del Dott. Falleri

L’ESPERTOIl Prof. Pisano:

“La minaccia terroristica in Italia”

GIORNI D’OGGIPover tà e terrorismo

NEWSRuoli tecnici della Polizia di Stato

Il ruolo dell’informazionedel Dott. Falleri

Il Prof. Pisano:“La minaccia terroristica in Italia”

Pover tà e terrorismo

Ruoli tecnici della Polizia di Stato

IL GIUDICE CARLO PALERMO

IL DOTT. LOCKE FUNZIONARIO DI SCOTLAND YARD

COMMENTA IL TERRORISMO IN EUROPA E I TUMULTI

A PARIGI

STORIA DELLA GEOPOLITICA

PERCHE’ CROLLARONO LE TWIN TOWERS?

L’INTERVISTA:IL GIUDICE CARLO PALERMO

AL MICROSCOPIO:IL DOTT. LOCKE FUNZIONARIO DI SCOTLAND YARD

COMMENTA IL TERRORISMO IN EUROPA E I TUMULTI

A PARIGI

GHEOPOLIS:STORIA DELLA GEOPOLITICA

PARLIAMONE:PERCHE’ CROLLARONO LE TWIN TOWERS?

novembre - dicembre 2005anno I n. 2

A p e r i o d i c o d i g e o p o l i t i c a , s i c u r e z z a e i n f o r m a z i o n e

“ Per non dimenticare “

t las rbis€€ 1,501,50

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ESTERNIAMO

Dopo il grande successo del I° numero, evi-denziato anche dalla nota stampa AGI-PRESS (agenzia giornalistica d'informa-

zione), sono pervenute numerose richieste, siarelative ad eventuali abbonamenti alla rivista, siaper quanto concerne gli argomenti da trattare.Riguardo alla prima richiesta si precisa che"Atlasorbis" è distribuita gratuitamente e comple-tamente auto finanziata, pertanto la troverete neiluoghi dove avete trovato il primo numero, altri-menti potrete richiederla presso la nostra redazio-ne con una semplice e-mail, indicando il vostrorecapito; invece per quanto riguarda l'aspetto deitemi di maggiore interesse da Voi richiesti abbia-mo cercato di accontentarvi.Infatti questo numero è dedicato alla minacciaincombente del terrorismo, al quarto anniversariodel tragico attentato agli USA in cui morirono 3100persone. Inoltre abbiamo trattato altri argomenti digrande interesse come l'entrata in Europa dellaTurchia, l'importanza dei ruoli tecnici della poliziadi Stato ed interviste esclusive gentilmente con-cesse solo per il nostro periodico.Ci siamo avvalsi, come sempre di autorevoliesperti come riportato anche nei titoli di copertina,tra i quali il Prof. Vittorfranco Pisano colonnellodella polizia militare U.S. Army, già consulente delSenato americano, docente in prestigiose univer-sità degli Stati Uniti (Georgetown University), diMalta ed italiane (Master La Sapienza di Roma) eil Prof. Alessio Piccirilli consulente sia parlamenta-re che per l'Istituto Studi Ricerche InformazioniDifesa (I.S.T.R.I.D), docente al Master"Intelligence e Security" presso l'Università diMalta e ricercatore al Comitato AtlanticoItaliano(NATO).La cosa che onora di più questa redazione non silimita della collaborazione dei due illustri profes-sori che sono tra i maggiori esperti internazionalidi geopolitica e terrorismo, ma che hanno volutoaderire al Comitato dei Saggi di Atlasorbis, presie-duto dal "Maestro" Dott. Gino Falleri VicePresidente del Consiglio dell'Ordine Lazio eMolise.

Editor iale

FABRIZIO LOCURCIO

3l’espertoItalia: la minaccia terroristica

informazioneIl ruolo dell’informazione

l’intervistal’On Carlo Palermogiorni d’oggiPovertà e terrorismo

Massimo D’AnastasioLe simulazioni... simulanoepaIl terrorismo in Europa

Direttore Responsabile Fabrizio LocurcioVice Direttore Massimo D’anastasioRedazione Massimo Bartoletti, Maria Pia Bruno,Emanuele Cagnetti, Paolo De Donato, Simone Navarra,Ilias SpyridonidisRelazioni Esterne Giovanni GuerrisiRelazioni Estere Nicola ZichellaArt Director Mauro D’AgostinoGrafica e impaginazione Valerio CecconiHanno Collaborato Fedele Verzola, Franca Brusa,Fabio Locurcio, Andrea Gilli, Cesare Guaglianone,Alessia Rabacchi, Giovanni Iaquinta, Giuseppe Bozza,Andrea Baiocchi Comitato dei Saggi Presidente Dr. Gino Falleri, V.Presidente Ordine Giornalisti Lazio e Molise; Dott. FeliceAddonizio, Direttore Polizia Anticrimine Roma; Prof.Domenico Caccamo, Direttore Master Geopolitica “LaSapienza” ; Prof. Francesco Gui Ordinario di Storiad’Europa “La Sapienza” ; Prof. Nicola la Marca, Docentedi Storia economica “La Sapienza” ; Prof. Nicola Pedde,Segretario Generale ISGEO; Prof. Gianluigi Rossi. V.PresidenteISIAO (Istituto Italiano d’Africa e d’Oriente);Prof. Vittorfranco Pisano, Docente Università di Malta;Prof. Alessio Piccirilli, Consulente ParlamentareAtlasorbis periodico mensile di geopolitica, sicurezza einformazione - anno I nr.II novembre - dicembre 2005;registrazione del Tribunale di Roma nr. 161/2005 del22/04/05.Redazione Via Valdagno, 32 - 00191 RomaMail [email protected] tel. 328-2593076 Stampa OKprint - Roma

La responsabilità degli articoli pubblicati è dei singoli autori. Previo accordi scritti con laDirezione, la collaborazione a questo periodico è gratuita e non retribuita. I materialiinviati non verranno restituiti. La riproduzione è vietata a norma di legge. Copie 20000distribuzione gratuita. La pubblicità contenuta in questo periodico è a titolo gratuito.

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SOMMARIO

www.poliziaineuropa.comTumulti in Francia

Il nuovo volto dell’Intelligence

newsRuoli tecnici della Polizia di Stato

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psicologiaIl processo formativo dell’individuo16

20Dott. Giuseppe BozzaLa dipendenza dai videogiochi23

parliamoneIl crollo delle Torri Gemelle

Ferdinando SpagnoloIslam e terrorismo

gheopolisGeopolitica storica

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N on viviamo purtroppo intempi tranquilli. Il TerzoMillennio, senza scomodare

Nostradamus e le sue centurie, è disse-minato di problemi. A preoccuparesono innanzitutto quelli economici,legati in parte all'euro, che ha spintoverso l'alto i prezzi, nonché quelli dellacrescita. Il prodotto interno lordo, ilcosiddetto Pil ovvero la ricchezza pro-dotta, stenta a lievitare. Altre preoccu-pazioni sono invece legate agli episodidi intolleranza nei confronti delle ideealtrui. Episodi che evocano purtroppoprecedenti storici, che si pensava nondovessero più ripetersi.La società contemporanea, sempre piùmultietnica, ha inoltre altre preoccupa-zioni e non meno gravi. Vive da alcunianni in apprensione per quanto staaccadendo un po' dappertutto a causadell'integralismo islamico. E' dal set-tembre 2001, allorchè due aerei kami-kaze hanno centrato e distrutto le Torrigemelle di New York, che il mondooccidentale è in fibrillazione e convivecon la paura. Tanto da essere assurto aterreno di azioni terroristiche e gliattentati alle metropolitane di Madrid eLondra, con la loro scia di vittimeinnocenti, come peraltro a Sharm ElSheik ed in questi giorni a Bali, costitui-scono altrettanti campanelli d'allarmeda non sottovalutare per niente.Di qui l'impegno dei governi, riaffer-mato anche in occasione delle manife-stazioni per celebrare degnamente i 60anni dell'Onu, di far fronte comunecontro il terrorismo. Contro chi attentaalla vita della gente per i propri credipolitici e religiosi. I governi costituisco-no il braccio armato nei confronti dichi ha messo in atto una crociata all'in-verso, in nome e per conto di ragioniche l'uomo della strada, preso dai suoiproblemi, non comprende o stenta acapire. E non sempre approva, in man-canza di reciprocità, le molte apertureche talune forze politiche vorrebbero a

favore di chi seguecostumi e tradizionilontani anni luce dainostri. E' anchecompito dei gover-ni, ed il nostro l'haincominciato a fare,di preparare i citta-dini a saper fronteg-giare eventuali attac-chi terroristici.Come una volta,quando ancora itransatlantici attra-versavano gli oceani,i passeggeri eranocoinvolti nelle eser-citazioni abbandono nave, incendio abordo e recupero uomo in mare.Quanto sta accadendo porta alla ribaltal'informazione, con i suoi pregi e difetti.Ma anche con le sue difficoltà. Una dia-gnosi a tutto campo sarà fatta nel corsodel prossimo Forum di Gubbio, il quin-to della serie. Il tema conduttore è qualeinformazione per il nostro Paese. Unbene irrinunciabile in una società demo-cratica, come soleva ripetere Alexis deTocqueville e va difesa dai condiziona-menti e dalle intimidazioni. Da qualsiasiparte questi possano venire.Alla ribalta la riporta una domanda.Qual è il suo ruolo in momenti comequelli in cui stiamo vivendo? Dove lapaura collettiva può essere una nonragionevole consigliera. Può far distor-cere analisi e valutazioni. Innanzitutto,penso, una informazione terza al servi-zio del cittadino, che fornisca la realechiave di lettura del fenomeno. Inmaniera asettica, senza enfatizzare efare cassa di risonanza.Scolasticamente sappiamo poco delleetnie che si sono stabilite nel nostroPaese e quali possono essere stati imotivi reali per la scelta. Lo sa l'uomodella strada? Non sembra. Di conse-guenza più spazi di approfondimento.Ma forse anche meno braccia aperte.

Il discorso finora portato avanti cispinge ad una considerazione, che è poil'essenza del giornalismo.L'informazione, come sostiene da annila Fnsi, ha un suo ruolo nella società edi conseguenza la professione, quantomai ambita dai giovani, deve ancheessere approfondimento, analisi, criti-ca, ricerca, interpretazione e ricostru-zione. La verità e le critiche non sem-pre sono apprezzate dai poteri forti chereagiscono. Eccome. E' sufficiente dareuna scorsa alle pagine del settimanaleInternazionale per avere il termometrodei problemi che affliggono il giornali-smo dell'occidente, ma non solo quello.Conferma, a chiare note, che è unaprofessione bersaglio, come è statadefinita da Oleg Panfilov, direttore del" Centro di giornalismo " di Mosca eprima di lui dal rapporto annuale di "Reporter senza frontiere ".Sul fronte della notizia più di un gior-nalista non ha esitato il sacrificio per laricerca della verità. E la verità, inmomenti come quelli attuali, dovrebbecostituire l'obiettivo unico. Quello irri-nunciabile, senza colori. La gente ha ildiritto di sapere come effettivamentestanno le cose. Questo è in definitival'essenza del giornalismo del TerzoMillennio.

Quale ruolo per l'informazione, oggi?a cura di Gino Falleri

INFORMAZIONE

Il Vice Presidente dell’Ordine dei Giornalisti Dott. Gino Falleri

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Sin dagli anni Sessanta, epoca in cuisorge il terrorismo contemporaneo, laminaccia nei confronti tanto dell'Italia

quanto della comunità internazione è diduplice matrice: endogena ed esogena. Purnon essendosi totalmente esaurita la minac-cia del terrorismo interno (lo attestano irigurgiti dell'estremismo di destra e di sini-stra, particolarmente di stampo anarcoide, ele azioni violente di aggregazioni separatisteetno-nazionaliste), la fonte principale dellaminaccia proviene oggi dal radicalismo isla-mico, le cui dinamiche coinvolgono elemen-ti sia interni sia transnazionali. Basta ricorda-re, per restare nel mondo occidentale, gliattentati di New York e Washington (11 set-tembre 2001), di Madrid (11 marzo 2004) edi Londra (7 e 21 luglio 2005).Nel calcolo terroristico, il quale è accompa-gnato da costante progettazione comedimostrato dal modus operandi della reteche si ispira ad al-Qaida, diversi fattori ren-dono l'Italia un potenziale e pagante bersa-glio. Primo: gli impegni militari/umanitarinel mondo islamico, particolarmente inAfghanistan con circa duemila uomini ed inIraq con oltre tremila. L'Italia correntemen-te partecipa a 25 missioni internazionali in18 Paesi in buona parte di cultura/religioneislamica. Tutto ciò comporta visibilità inter-nazionale. Secondo: la stretta collaborazionecon gli USA nel contrasto al terrorismo. Perquanto riguarda specificamente l'impegno inIraq, l'Italia è in ambito europeo-continenta-le il più importante e palese alleato degliUSA. Terzo: gli arresti, processi, condanneed espulsioni di elementi radicali islamiciindiziati di terrorismo o attività di supporto.Gli arrestati sono stati 16 nel 2000, 33 nel2001, 64 nel 2002 e 71 nel 2003. Statistichecumulative per il periodo luglio 2001/giugno2005 rispecchiano 203 arresti. Gli osservatispeciali sono a loro volta circa 350. Quarto,ma non da sottovalutare: il ruolo fondamen-tale dell'Italia nello sviluppo della cultura eciviltà occidentale. Non a caso si trova aRoma la sede storica del cristianesimo.

Infatti, l'Italia è stata e rimane oggetto diripetute minacce, talune persino dirette alsuo attuale Presidente del Consiglio deiMinistri. Osama bin Laden ha personalmen-te minacciato l'Italia annualmente dal 2001 al2004, mentre le Brigate al Masri hannoemesso dichiarazioni intimidatorie una voltanel 2003 e due nel 2004, al Muqrin tre voltenel 2003 e altre aggregazioni almeno quattrovolte nel 2004. Ulteriori minacce hannoavuto luogo anche dopo i su ricordati atten-tati di Londra nel luglio di quest'anno.

Parimenti, bande armate irregolari e terrori-stiche hanno posto in essere violenze nonsolo contro il personale e le strutture istitu-zionali italiane in Iraq (Nassiriya e altrove),ma anche ai danni di privati cittadini nei set-tori della sicurezza imprenditoriale, del gior-nalismo e del volontariato di affiliazione"Ong", come dimostrato in sequenza daisequestri Quattrocchi-Agliana-Cupertino-Stefio, Baldoni, le "due Simone" Pari-Torretta e Sgrena. Detti sequestri e le relati-ve uccisioni di Quattrocchi e Baldoni sonoavvenuti dall'aprile del 2004 ad oggi. Perquanto riguarda la vulnerabilità degli obietti-

vi, va ricordato che nei calcoli e nelle dinami-che del terrorismo internazionale, a prescin-dere dalla matrice politica o politico-religio-sa, è spesso più agevole colpire cittadini, benie interessi di specifiche nazioni all'esteropiuttosto che sul loro territorio nazionale.All'interno dell'Italia, le risultanze investigati-ve, confermate da quelle giudiziarie, rispec-chiano soprattutto la costituzione di basi ereti i cui fini comportano l'agevolazione del-l'ingresso clandestino di connazionali/corre-ligionari; il reperimento o la contraffazionedi documenti d'identità o di viaggio; la rac-colta e il riciclaggio di fondi attraverso attivi-tà commerciali o caritative; l'acquisizione diarmi, esplosivi e agenti chimici da utilizzarein patria, nella stessa Europa o altrove; matri-moni con cittadini italiani per l'ottenimentodella cittadinanza, residenza e relative coper-ture; e il monitoraggio e reclutamento dimusulmani nell'ambito delle comunità isla-miche trapiantate inclusi i discendenti diseconda generazione per essere inviati a fre-quentare corsi di addestramento, tenutisifino all'inizio dell'attuale decennio prevalen-temente in Afghanistan, o a svolgere diretta-mente compiti eversivi o violenti in Europae altrove. A tali fini, gli estremisti islamiciattivi nel Paese sfruttano una serie di istitu-zioni ed esercizi commerciali, fra i quali risal-tano centri culturali, moschee, macelleriespecializzate, negozi di abbigliamento e caféinternet. A questi si aggiunge il noto stru-mento finanziario informale dell'hawala.Verosimilmente l'attività di prevenzione èstata sinora tale da non rendere possibile laconcretizzazione di atti terroristici eclatanti,anche se esistono episodi di non certa inter-pretazione.Gli strumenti giuridicamente e tecnicamen-te impiegabili debbono mirare alla dissuasio-ne, prevenzione, e repressione del terrori-smo interno e transnazionale, nonché alcontenimento dei danni da esso causati inquanto il terrorismo non è del tutto debella-bile. Questi strumenti includono l'intelligen-ce, l'apporto dei cittadini e delle organiz-

Italia:llaa mmiinnaacccciiaatteerrrroorriissttiiccaaa cura del Prof. Vittorfranco Pisanoconsulente per il Senato USA, Colonnello t.SG di Polizia Militare USA (Ris.), Docente nel Master in Intelligence & Security Link Campus University of Malta

L’ESPERTO

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Il collasso delleTorri Gemellea cura del Dott. Massimo Bartoletti e Mauro D’Agostino

zazioni private, la responsabilizzazione neimass media, la preparazione tecnica del per-sonale assegnato agli enti statali competenti,un'impostazione antiterroristica equilibrata ecoerente, gli accordi internazionali, la diplo-mazia, le sanzioni e gli incentivi economici edi altra natura, la collaborazione bilaterale emultilaterale tra Stati, il ruolo appropriatodelle forze armate, le operazioni speciali sag-giamente mirate e dosate e la protezione civi-le. Oltre all'esigenza di programmazione condebito anticipo, gli strumenti di contrastodebbono essere concreti, di reciproco rinfor-zo e coordinati fra loro. Solo raramente unsingolo strumento può rivelarsi determinan-te o prestarsi ad un impiego esclusivo, poiché

la propria applicabilità ed efficacia sonovariabili a seconda delle situazioni specifiche.Data la delicatezza del momento storico,riveste particolare importanza la sensibiliz-zazione dell'opinione pubblica, ausilio indi-spensabile per il controllo del territorio e perun'efficace impostazione antiterroristica.Solo se adeguatamente sensibilizzati e infor-mati, i cittadini e gli enti privati possonoesercitare la vigilanza del caso, ridurre la pro-pria vulnerabilità e collaborare, riferendoeventuali segnali di avvertimento e di perico-lo, con le forze statali preposte alla preven-zione e alla repressione della minaccia.Per quanto riguarda, poi, la collaborazionedelle imprese con le autorità costituite ai fini

del contrasto preventivo e del contenimen-to del fenomeno terroristico, è di notevoleimportanza lo sviluppo di criteri aziendali dimonitoraggio della minaccia attinente ailoro specifici settori, ad esempio, bancario,energetico, chimico o farmaceutico, nonchéquanto concerne le infrastrutture e i traspor-ti. In tutti questi settori altamente tecnici, leimprese sono in condizione di formularevalutazioni approfondite che normalmenteesulano dalle conoscenze istituzionali degliapparati di sicurezza statali. Ma tutto ciò nonè attuabile in assenza di una adeguata for-mazione di settore mirata alla tutela dellasicurezza privata nei confronti del terrori-smo.

Dal Rapporto del Federal EmergencyManagement Agency e del MassachusettsInstitute of Technology.

"Torri Gemelle" è l'appellativopiù diffuso con cui venivano(ed oggi, ancora, vengono

nella memoria del nostro dolore) chiamatii due immensi grattacieli costituenti il com-plesso del World Trade Center (WTC) diNew York andati distrutti a seguito del cri-minale attentato dell'11 settembre 2001.Le strazianti immagini di quel giorno sonoancora ben presenti in tutti noi, ma forse c'èun aspetto della tragedia che, perlomenonel nostro Paese, non è stato troppo discus-so: perché le "Torri" sono crollate?Uno dei maggiori esperti del genio militaree civile degli Stai Uniti, docenteall'Università della Florida e responsabileper la ricostruzione del Kuwait nel 1991 èil Generale Prof. Ralph Vito Locurcio, ilquale ci ha fornito spiegazioni relative allecause del tragico crollo delle Twin Towers.Le torri del WTC collassarono soprattuttoa causa dell'incendio sprigionatosi a segui-to della fuoriuscita del carburante rilasciatodagli aeroplani all'interno dell'edificio, non-ché dal peso dei piani in ricaduta uno sul-l'altro. L'impatto dell'aereo che colpì la

torre fu significativo, ma non sufficiente acreare il collasso dell'edificio che, infatti, erastato progettato per non crollare anche incaso di impatto con un aeromobile.Tuttavia, l'acciaio non era stato concepitoper sopportare un incendio causato dal car-burante di un jet. Sembra che uno dei rap-porti effettuati dopo l'attentato abbia stabi-lito che dopo l'impatto dell'aereo furonoversati 90.000 litri di carburante all'internodell'edificio. Il conseguente incendio resemeno resistente l'acciaio e lo indebolì a talpunto che questo, in breve tempo, non fupiù in grado di sopportare il peso per cuiera stato progettato.L'incendio si creò in cima alla costruzione.Quando uno dei piani crollò a causa delcedimento dell'acciaio andò a cadere sulpiano sottostante. Quest'ultimo non erastato concepito per sostenere il peso di duepiani e, a sua volta devastato dall'incendio,crollò sotto il peso del piano superiore edelle fiamme. Questi due piani insieme, per-tanto, collassarono sul piano immediata-mente sotto che, concepito con gli stessicriteri costruttivi, non fu in grado di regge-re, oltre al proprio peso, quello degli altridue ed inevitabilmente crollò. Tale "effettodomino" andò vieppiù accrescendosi ren-dendo sempre più insostenibile il peso per i

piani più bassi cosicché, una volta iniziato, ilcrollo non si fermò se non con la distruzio-ne dell'intero edificio. Questo tipo di cadu-ta è chiamata "collasso progressivo" perchéil peso della struttura aumenta sempre piùcon l'aumentare dei piani che collassano.

General Information:

Height: 1,368 and 1,362 feet (417and 415 meters)Owners: Port Authority of NewYork and New Jersey. (99 year leasedsigned in April 2001 to groups inclu-ding Westfield America andSilverstein Properties)Architect: Minoru Yamasaki, EmeryRoth and Sons consultingEngineer: John Skilling and LeslieRobertson of Worthington, Skilling,Helle and JacksonGround Breaking: August 5, 1966Opened: 1970-73; April 4, 1973 rib-bon cuttingDestroyed: Terrorist attack,September 11, 2001

Al centro il Generale Prof. Ralph Vito Locurcio docenteall’Institute of Technology Florida - working for Kennedy

Space Center NASA at Cape Canaveral

PARLIAMONE

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L'onorevole Carlo Palermo èstato magistrato e giudiceistruttore a Trento, dal 1975

al 1984. Nei primi anni ottanta si èoccupato di importanti indagini, qualiquelle sul traffico di armi e stupefa-centi, mafia e corruzione politica. Inseguito si è trasferito a Trapani, doveha svolto la funzione di PubblicoMinistero. Quaranta giorni dopo il tra-sferimento ha subito un attentato aPizzolungo. Qualche mese dopo halasciato la magistratura attiva e si è tra-sferito a Roma, dove ha lavorato qual-che anno al Ministero di Grazia eGiustizia.Nel 1989 ha lasciato definitivamente lamagistratura e negli anni seguenti si èimpegnato nell'attività politica, comedeputato al Parlamento, dimettendosipoi da quest'ultima carica e poi consi-gliere regionale a Trento. Dal 1992, inseguito alle stragi di Capaci e ViaD'Amelio, ha ripreso a tornare inSicilia avendo occasione di seguire igrandi processi sulle stragi mafiose inqualità di avvocato di parte civile,difendendo familiari, magistrati eagenti uccisi in episodi mafiosi.L'On. Palermo ha pubblicato, tra l'al-tro: Riflessioni di un giudice (1987);L'attentato (1992); Il quarto livello I° eII° atto (1997).

In esclusiva l'On. Palermo(intervista della quale loringraziamo ancora unavolta, consapevoli dei suoinumerosi e delicati impe-gni) risponde ad alcunequestioni di grande rile-vanza ed attualità, riguar-danti il terrorismo inter-nazionale di matrice isla-mica e la possibilità diprevenire attentati sul ter-ritorio italiano.

On. Palermo, l'11 set-tembre ha cambiato

connotazione al significato tradizio-nale di terrorismo; quali misure ritie-ne sia necessarie adottare per garan-tire l'incolumità pubblica?‹‹ L'11 settembre costituisce solo il cul-mine nella sua espressione più catastro-fica di un atto terroristico, ma la lottadell'integralismo islamico attraverso ilcosiddetto Jihad (guerra santa contro gliinfedeli), è cominciato già negli ultimidecenni contro i principali simbolidell'Occidente: Giovanni Paolo II e gliStati Uniti.In questo particolare contesto storico sicontrappongono due schieramenti pron-ti a reazioni di inaudita durezza: ilmondo occidentale, dietro il nome di"Enduring Freedom", contro quello isla-mico, che opera attraverso il terrorismofondamentalista di Osama Bin Laden,precedentemente sostenuto, finanziato earmato dagli stessi americani.Attualmente il problema della sicurezzaè fortemente minato dall'inizio di unaguerra estrema ed imprevedibile che,con i recenti attentati, ha così determi-nato un nuovo assetto nei centri di pote-re mondiali; assetto fondato non piùsulla "paura del comunismo", bensì sulterrore, con una nuova violenza estremaconnotata da una "guerra permanente"per il controllo politico ed economicodel mondo nel XXI secolo››.Dalla relazione della Commissione

parlamentare statunitense incaricatadi indagare sulle cause degli attenta-ti alle Twin Towers, è emerso che leresponsabilità di tali attentati sianodovute all'assenza di collegamentotra le numerose agenzie di intelli-gence e gli organi istituzionali civilie militari preposti alla sicurezza. Lacreazione di una sola agenzia(National Security Agency), checoordina tutte le 15 agenzie america-ne, diretta da John Negroponte riu-scirà secondo lei a prevenire altretragedie? E quanto è importante lacooperazione internazionale degliorganismi d'intelligence?‹‹ Le risposte finora date alla fondamen-tale domanda "chi risponde dei mancaticoordinamenti?", sono state modesterispetto alle aspettative: quando si verifi-cano attentati di tale portata, ci si aspettadi sapere chi abbia mancato alle proprieresponsabilità, chi sia stato negligente; cisi aspetta che siano al più presto indivi-duate le specifiche responsabilità sogget-tive. Cosa che non è avvenuta››.Crede che la sicurezza nazionale inItalia sia in grado di fronteggiare unterrorismo globale spietato ed impre-vedibile come quello di Al Qaeda?‹‹ In ciascun paese, qualsiasi misura pre-ventiva è sempre relativa, negli USA,come in Inghilterra, in Spagna, inIndonesia.Chi compie un atto terroristico ( e ce loinsegna proprio l'Italia), ha dietro di sé lapredisposizione e la possibilità pratica dicolpire nel punto debole. Difficile impe-dire un attentato; si può fronteggiare,tamponare, trovare i responsabili. Leesercitazioni recentemente svoltesi aRoma partivano dal presupposto di unevento avvenuto.Per quanto riguarda l'intelligence italia-na, se è mancato il coordinamento negliUSA, abbiamo prove del mancato coor-dinamento in Iraq ( vedi il caso Calipari),nonché nel caso di Milano.La mancanza di coordinamento è strut-turale››.

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""IIn ciascun paese, qualsiasi misurapreventiva è sempre relativa…"

a cura del Dott. Emanuele Cagnetti

L’INTERVISTA

intervista all'ex Giudice On. Carlo Palermo

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Nel mio precedente interventomi ero congedato promettendodi voler tornare sul tema dello

sviluppo sostenibile. A ben guardare, l'in-tento può apparire presuntuoso tanto èvasto e complesso l'argomento quanto ètiranno lo spazio limitato di un articolo.Tuttavia, l'agenda di lavoro del recentevertice G8 in Scozia impone al riguardouna riflessione che mi sembra opportu-no iniziare con un breve excursus cro-nologico.Per la prima volta l'espressione "svilupposostenibile" apparve in un documentoONU del 1987 conosciuto comeRapporto Brundtland (dal nome dell'alloraprimo ministro norvegese Gro HarlemBrundtland contestualmente presidentedi una Commissione delle Nazioni Unitededicata ad ambiente e sviluppo). Ildocumento fondamentale, intitolato OurCommon Future (Il nostro comune futu-ro), sosteneva che "lo sviluppo è sosteni-bile se soddisfa i bisogni delle generazio-ni presenti senza compromettere le pos-sibilità per le generazioni future di soddi-sfare i propri bisogni".Alle generazioni future, pertanto, andavagarantito lo stesso capitale di risorsenaturali oggi esistenti.Alla luce di quanto sopra esposto, lasostenibilità implica che si tenga contodei costi economici non solo locali, maglobali ed, altresì, di quelli futuri oltre chedegli attuali. Lo sviluppo, inoltre, vieneconsiderato non più esclusivamentecome crescita economica quantitativa,bensì anche e soprattutto come processoqualitativo sia dal punto di vista ambien-tale che umano.Nello stesso anno del RapportoBrundtland, venne sottoscritto da USA,paesi CEE ed altri Stati il Protocollo diMontreal volto ad eliminare progressiva-mente dal mercato i clorofluorocarburi(più noti con l'abbreviazione CFC) con-siderati i principali responsabili delcosiddetto "buco" nello strato di ozono

presente nell'altaatmosfera. Nell'annosuccessivo fu istituitoil già illustrato IPCC(Intergovernmental Panelon Climate Change) cheavvalendosi - nell'am-bito dei programmiONU - della collabo-razione di oltre 2500scienziati si occupa diprevedere i cambiamenti climatici e leloro possibili conseguenze sullo sviluppo(agricolo, economico, sociale ecc.).Successivi passi furono l'Earth Summitdel 1992 a Rio de Janeiro nel corso delquale 173 paesi discussero di cambia-menti climatici e biodiversità elaborando,al riguardo, una piattaforma programma-tica - l'Agenda 21 - volta a porre le basi diun modello di sviluppo sostenibile perl'ormai imminente nuovo millennio.Ancora, nel 1997 venne varato il bennoto Protocollo di Kyoto sul clima che pre-vede l'impegno da parte della comunitàinternazionale di ridurre le future emis-sioni di gas serra mantenendole stabili ailivelli del 1990. In effetti, solo la sotto-scrizione del medesimo da parte dellaRussia, avvenuta pochissimi mesi fa, haconsentito di raggiungere il quorumminimo necessario per la sua entrata invigore. Quel che è grave è che gli StatiUniti fanno orecchie da mercante su taledelicato argomento (affiancati, in questo,da più di qualche paese emergente timo-roso di vedere compromessa la propriaescalation nella conquista dei mercatiinternazionali) ed anche nell'ultimo G8hanno ribadito siffatta posizione purconcedendo che la concentrazione deigas serra nell'atmosfera è effettivamentein aumento. Hanno, tuttavia, convenuto- nell'ambito delle conclusioni del G8stesso - di partecipare al vertice sul climache è stato programmato a Londra per ilprossimo novembre.Purtroppo, negli stessi giorni del summit

di Gleneagles i criminali attentati verifi-catisi nella capitale britannica hannofatto passare in secondo piano quelledecisioni ed hanno riportato prepotente-mente alla ribalta i temi del terrorismoislamico e dello scontro di civiltà.Sorge, allora, spontaneo un interrogativo(più che mai inestricabile dal vivace dibat-tito in corso sulle cause ed i possibilirimedi alla povertà): il terrorismo nuocesolamente ai paesi islamici moderati eall'Occidente od anche, seppure di rifles-so, non finisce con l'affossare nel dimen-ticatoio della paura e della ricerca spa-smodica di sicurezza il sacrosanto dirittoallo sviluppo di quelle popolazioni (nonpoche di fede musulmana) che da troppotempo soffrono per cause storiche, eco-nomiche e sociali di varia natura?Al riguardo, il continente africano appa-re paradigmatico nel ruolo di vittimapredestinata dell'attuale contingenzainternazionale.Preda a tutt'oggi degli interessi geopoliti-ci delle ex potenze coloniali e degli USA(basti citare, per tutti, i casi della Costad'Avorio e della Guinea) rischia di vede-re compromessi anche quegli esperimen-ti di stato di diritto e buon governodemocratico che in alcuni paesi stannofaticosamente emergendo.Chi scrive, insieme ad alcuni validissimiamici con i quali ha il piacere di condivi-dere anche questa stimolante avventuraeditoriale, ha partecipato lo scorso annoad un progetto ideato dall'ISIAO pecu-liarmente incentrato sul migliora-

Loo ssvviilluuppppoo ssoosstteenniibbiillee ttrraappoovveerrttàà ee tteerrrroorriissmmooa cura del Dott. Massimo Bartoletti

Osama Bin Laden capo dell’organizzazione conosciuta come Al Qaeda

GIORNI D’OGGI

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mento dei diritti in ambito familiare delledonne africane, nonché sulla salvaguar-dia della loro salute.Il quadro, generalmente desolante,emerso dallo studio propedeutico ha,tuttavia, mostrato degli spiragli di luceravvisabili in alcune nazioni.Nel numero 29 di Aspenia, il periodicodel prestigioso Aspen Institute Italia, talitemi vengono affrontati in dettaglio. Gliinterventi, al proposito, spaziano dallalotta alla povertà alla necessità di inter-venti che, partendo dallo sviluppo eco-nomico, giungano alla democrazia edinfine all'indicazione del Ghana comepaese capace di coniugare felicementequesti esiti.Rimane, tuttavia, il forte dubbio che l'in-stabilità internazionale che stiamo viven-

do rischi di allontanarci vieppiù da undoverosamente corretto rapporto diaiuto e stimolo al Sud del mondo, mal-grado le dichiarazioni e le proposte dibuona volontà dei politici ed i concertidelle rock stars volti a sensibilizzare l'opi-nione pubblica. A mio sommesso parere,infatti, non va dimenticato il grandenumero di fedeli musulmani presentiproprio in Africa i quali finora non sem-brano essere stati particolarmente coin-volti dall'integralismo sanguinario chesta, invece, prendendo il sopravvento nelVicino e Medio Oriente (e, purtroppo,anche nelle nostre città). Evidentementel'Islam del Continente Nero ha caratteri-stiche diverse da quello col quale più abi-tualmente ci confrontiamo e scontriamo,ma il sentimento di abbandono provato

da milioni di persone che - comunque -fanno parte della ummah musulmanapotrebbe convogliarle nel novero dicoloro che, pieni di rancore e disprezzoverso un mondo considerato infedele ecorrotto, non esiterebbero a metterlo aferro e fuoco con i mezzi più violenti.In definitiva, ritengo che se la scelta diuna maggiore e più fattiva attenzioneverso un corretto sviluppo sostenibile,vuoi economico che democratico deiPVS - in particolare africani - è auspica-bile da un punto di vista esclusivamenteetico, nondimeno va considerato il suoaspetto utilitaristico volto ad ottenere lasopravvivenza stessa della nostra societàe dei valori in cui essa si riconosce.Anche dalla consapevolezza di ciò puòdipendere il nostro futuro.

IIslam e Terrorismo:fede e lucida folliaDue facce della stessa medaglia?a cura di Ferdinando SpagnoloCaporedattore di "SiulpNews" e dirigente sindacale SIULP Reggio Calabria

Il titolo dell'articolo apre, in manieravolutamente provocatoria ma credia-mo anche riflessiva, un argomento che

suscita notevoli preoccupazioni, ad ognilivello, in un'Europa che ha aperto i propriconfini, senza riserve e senza discriminazio-ni, e che si è ritrovata, invece, a contare ipropri morti, in nome di un dio che profes-serebbe morte e distruzione. Nell'analizzareil fenomeno, quello che è importante faremergere è la sostanziale distinzione delfondamentalismo islamico e del terrorismocon la religione, la cultura e la civiltàdell'Islam, altrimenti si rischia di favorirel'idea di uno scontro di civiltà. "Il fonda-mentalismo islamico è una questione inter-na al mondo islamico, con tragici riflessiesterni. Il terrorismo, di cui esso si serve,non è un fenomeno religioso, ma un feno-meno politico". Questa definizione del fon-damentalismo, per certi versi tra le piùaccreditate e condivisibili, espressione dialcune correnti di pensiero, riconduceall'obiettivo primario: la conquista del pote-re attraverso l'uso del terrorismo, strumento"ordinario" di lotta politica. Dalla monar-chia marocchina alla democrazia turca, quasitutti i Paesi islamici, anche se si oppongonocon estrema durezza al fondamentalismo e

l'estremismo terrori-stico, sono tuttaviamolto attenti allaquestione religiosa.Le loro costituzioni ele loro leggi, infatti,riconoscono l'Islamcome fonte essenzia-le del diritto, ma siritrovano ugualmenteavversati dai fonda-mentalisti, proprio aconferma che l'obiet-tivo a cui mirano nonè religioso ma politico. L'espressione ideolo-gica sostanziale dei terroristi è, senza dub-bio, il rifiuto politico del mondo occidenta-le e dello stato di diritto, utilizzando a tal finestrumentalmente la religione. Non sfuggo-no, a tal proposito, le affermazioni del leaderiraniano Khomeini il quale, in maniera espli-cita, dichiarò che l'obiettivo della sua rivolu-zione era quello dell'"annientamento com-pleto dell'occidentalismo", tragica espressio-ne di hitleriana memoria. Nonostante, però,gli estremisti siano un gruppo minoritario, ilfondamentalismo e il terrorismo hannoavuto una grande adesione tra i popoli isla-mici. Le interpretazioni potrebbero essere

molteplici e trovano evidentemente originenel radicato fanatismo religioso, nel suppor-to offerto ad una identità a rischio di isola-mento, grazie ai processi di globalizzazione,e nell'abile sfruttamento della lettura guer-riera del Corano, che ha trovato terreno fer-tile nel Medio-Oriente e nelle altre aree diconflitto etnico-religioso. Numerose le tesiavanzate per contrastare il fondamentali-smo. Dalla risposta armata contro i terrori-sti, che combattono "fuori dalle regole" unastrumentale e personale "Guerra Santa", aldialogo costruttivo con i musulmani pacifi-ci, teso a favorire l'integrazione. Tutti argo-menti validi, a seconda ovviamente dei

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casi; dalla chiusura e la regolamentazionedelle scuole islamiche illegali, ad una linea diintransigenza e ad una politica repressiva neiconfronti di coloro che agiscono nel nostropaese con intenzioni violente, fomentando ilfanatismo e l'intolleranza religiosa, fino adarrivare dall'istituzione della "Consulta perl´Islam italiano", il nuovo organo voluto for-temente dal Ministro dell'Interno, GiuseppePisanu, con funzioni esclusivamente consul-tive, per agevolare la formazione di unacomunità islamica italiana, serenamenteinserita nel tessuto economico e sociale delnostro paese, libera di professare le proprieconvinzioni religiose e di salvaguardare lapropria identità, ma al tempo stesso assolu-tamente rispettosa dei nostri valori e deinostri ordinamenti. Quest'ultimo assuntofornisce lo spunto per tentare di analizzaremeglio la "presenza" dei musulmani, almenodi una parte, sul nostro territorio. Intantosorge spontaneo chiedersi con quale Islambisogna confrontarsi, con quale autorità reli-giosa è necessario stabilire delle regole darispettare e, cosa più difficile, da far rispetta-re. Mentre l'identità cristiana è ben definita,quella musulmana è frutto di tanti padri spi-rituali, anche se riuniti sotto un solo Allah,ed ogni guida spirituale si sente legittimataad applicare nel proprio paese, o anche soloper un ristretto gruppo di persone, magarisu un suolo straniero, una sorta di religionepiù o meno restrittiva, più o meno elastica,che va dal naturale rispetto della persona,pur entro certi confini dettati dalla storia edalla cultura musulmana, a quella più estre-ma, dove la personalità e la dignità, soprat-tutto quelle della donna, figura piuttostoemarginata per non dire annullata in certipaesi islamici, sono calpestati in nome di unapersonale interpretazione di chi legge e pre-dica il Corano. Fatta questa premessa, essen-ziale per comprendere meglio le difficoltàall'apertura di un qualsiasi dialogo, viene da

domandarsi se un qualsiasi Adel Smith diturno possa permettersi di contestare vio-lentemente l'apposizione del crocefisso,affermando, tra l'altro,: "Potete tenervi ilcrocifisso a casa o appeso al collo, ma nonnella scuola di mio figlio", sconvolgendoancor prima che il simbolo religioso, la sto-ria e la culturale e religiosa degli immigratima loro devono, prima di ogni cosa, rispet-tare l´ordinamento giudiziario e il sistemapolitico del nostro Paese e, soprattutto, lavolontà democratica dei cittadini italiani. Fariflettere, oltre che preoccupare, la protestadi alcune famiglie musulmane, per giuntaappoggiata da pacifisti italiani, per la chiusu-ra della scuola araba di Milano, dopo anni diattività senza autorizzazione, dove venivanofatti crescere i musulmani del domani, dauna scuola coranica che dimenticava sempli-cemente di vivere e operare sul territorio ita-liano, in una comunità democratica e noncerto anarchica, con la quale dovrebberoconfrontarsi e, volenti o nolenti, integrarsi enon certo contrastarla. Nessuno ha mai loronegato l'insegnamento della lingua arabanelle scuole italiane, ma non si può insegna-re né seguire un percorso scolastico come sesi vivesse in un paese islamico. E' come se sicercasse di sovvertire non solo l'ordinedemocratico delle cose ma addirittura quel-lo naturale della vita e dei popoli. A partiinverse forse, nella peggiore delle ipotesi, imanifestanti sarebbero stati decapitati perstrada o, nella migliore, giacerebbero in unanuda e desolata cella! Non è possibile viverenel timore di festeggiare il Natale in casanostra, stravolgere le nostre tradizioni,anche culinarie, oltre che religiose e civili,per non offendere la loro religione. Cosìcome sembra inconcepibile essere "costret-ti" ad accettare, in certe situazioni, che ledonne musulmane camminino per le nostrestrade con il chador, che lascia spazio soload un paio di occhi, o chiedano addirittura di

utilizzare le foto, così coperte, per idocumenti di identificazione. Senzavoler drammatizzare o creare allarmi-smi fuori luogo, ricordando tristementele donne kamikaze o le vedove nerececene, crediamo fermamente che nonpossano essere stravolti, così semplice-mente, ordinamenti e leggi di un paesesolo per non urtare la suscettibilità reli-giosa o personale di chi sceglie, ricordia-mo consapevolmente, di vivere nelnostro paese. E si potrebbe continuarecon infiniti esempi. La pretesa di unrispetto per il proprio mondo, religiosoe civile, non può autorizzare nessuno adivenire titolare di un potere legislativo-religioso "ad personam" che gli consen-ta la violazione delle più elementarinorme del vivere civile e democratico eche purtroppo, per alcuni, diventa sino-

nimo di spargimento di sangue innocente, diuna guerra che non vogliamo e che dallaquale, invece, siamo costretti a difenderci innome di quella libertà e di quella democraziaper cui hanno combattuto i nostri padri ed inostri nonni. L'integrazione socialedell'Islam moderato è, nel medio-lungoperiodo, una delle armi più potenti per scon-figgere il terrorismo. Esiste una comunitàislamica moderata, molto rispettosa e benintegrata alla quale bisogna rivolgersi perfavorire il consolidamento di un Islam italia-no e la formazione di una comunità che nonsia chiusa in se stessa ma, al contrario, chesappia relazionarsi con le Istituzioni e lasocietà. Esistono esempi di comunità multi-razziali che fanno ben sperare, presenze,anche se ancora simboliche, all'interno diistituzioni civiche. Si notano, inoltre, alcunipiccoli ma significativi segnali di cambia-mento, che lasciano spazio a concrete spe-ranze. Basti pensare all'Arabia Saudita, chedopo aver "allevato", forse inconsapevol-mente, Bin Laden, da una parte è seriamen-te impegnata a riconoscere forme di plurali-smo all'interno dell'Islam ed a combattereattivamente il terrorismo e dall'altra tenta diaprire, cautamente, alcuni spiragli all'elezio-ne diretta, anche se parzialmente, dei consi-gli comunali. Pensiamo al profondo messag-gio lanciato all'Occidente dalle donne ira-chene che sono andate al voto, al significati-vo incontro tra re Abdullah di Giordania eTony Blair, che si sono ritrovati a discuteresulla necessità di contestare alla radice leragioni teologiche dell'estremismo e del radi-calismo. Anche per questi motivi il terrori-smo di matrice islamica sta perdendo la suasfida storica. Al Qaeda ha subito colpi duris-simi. Ha perso la sua base statuale inAfghanistan, non ha più una catena dicomando e la sua organizzazione si è ridot-ta ad una specie di rete a maglie, spesso divi-se, anche se ancora sparsa su diversi conti-nenti, che assomiglia più all'organizzazionedei famigerati cartelli della droga piuttostoche a quella di un partito rivoluzionariodell'800-'900. Il dato più significativo cheemerge è che il terrorismo sta perdendo ilsuo consenso popolare, a partire dallecomunità immigrate in Europa, specie dopoi tragici fatti di Londra e Madrid, per finirenell'Iraq dissanguato dalla violenza, ma piùavvertirà la sconfitta, più diverrà aggressivoe feroce. Proprio per questi motivi è neces-sario alimentare la fase di prevenzione erimanere determinati in quella della repres-sione, sia sul piano nazionale che su quellointernazionale. L'aspetto fondamentale,comunque, da tenere costantemente presen-te è quello di non credere ed investire tuttele risorse solo nell'uso della forza ma conti-nuare a credere nella paziente forza del dia-logo e della pace.

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Per l'esercitazioni antiterrorismo,invoco l'immunità alla critica.

Milano, Roma e Napoli, come laLondra del "sevenseven", poi altrecittà a campione, porti e stazioni ferro-viarie. Questo il programma messo apunto dal governo per fare in modoche il nostro paese sia attrezzato perfronteggiare un'attacco terroristico,considerato che, come ha spiegato ilministro Beppe Pisanu: "Di fronte alterrorismo internazionale bisognaessere pronti anche alla malaugurataevenienza ed essere consapevoli che hala possibilità di creare serio turbamen-to all'ordine ed alla sicurezza per alme-no altri 15 anni, come sostengono leanalisi più prudenti".Le esercitazioni di eccezionale allarmehanno preso il via il 23 settembre aMilano coordinate dal prefetto BrunoFerrante con l'utilizzo delle forze realia disposizione, in quanto sempre lostesso ministro Pisanu ha chiarito che:"il ricorso a risorse straordinare neavrebbe pregiudicato il senso"; il 3ottobre è stata la volta di Roma a coor-dinare il tutto il prefetto Achille Serra.Un kamikaze che si fa esplodere davan-ti al Colosseo, mentre nel giro di 45minuti esplosione nei presso della sta-zione Repubblica della linea A dellametropolitana, ed un ordigno su di unautobus tra Corso Rinascimento ePiazza Navona, poi toccherà alla cosid-detta macchina dei soccorsi mettere insicurezza la città esoccorrere le vittime.

In questi frangenti nasco-no sempre giustificati erispettabili dubbi sull'ef-fettiva validità di soccor-rere finte vittime ed arre-stare finti attentatori, manon va dimenticato che laposta in gioco è ben piùalta di un semplice giocodelle parti, dove si butta-no in campo opinionipolitiche e scuole di pensiero.Il pericolo incombe ed è reale pertantoprioritario, la simulazione dell'evento ètecnica ben collaudata anche in altricampi, le evacuazioni per calamitànaturali vengono provate anche nel-l'impossibilità di provocare realmenteil cataclisma, quindi la disciplina adot-tata dai vertici della sicurezza naziona-le è coerente e necessaria.Le critiche alla simulazione in quantonon reale vanno bandite financhecome metro di valutazione, chiaritoquesto rimane la nota "querelle" dellacomunicazione dell'esito.Apprezziamo il monito del ministroPisanu, quando replica piccato a chibolla come "inutile show", un eventodi questa portata e di questo impegno,ma se è improprio criticare una simula-zione perché simula, altrettanto impre-ciso sarebbe riferire di un successo del-l'operazione. Non si può fare politicasul diritto dei cittadini avivere sicuri.Politicamente parlando

esercitazioni di questa portata nonvanno ascritte al merito o al demeritodi nessuno, quello che deve prenderepiede è l'assuefazione della macchinasoccorsi agli allarmi eccezionali ed inquesto senso la scelta di non comuni-care ufficialmente ai mezzi d'informa-zione i teatri dei prossimi eventi, appa-re appropriata.Il ventaglio dei risultati va da Londra aNew Orleans, gli errori e le sottovalu-tazioni vanno sempre, per quanto pos-sibile evitate.Nel novero delle scelte collaterali aidispositivi di contrasto si è già appron-tata intanto una cosiddetta tecnica dicomunicazione, peraltro già sperimen-tata in parte a Londra ed in manierapiù evidente a Sharm El Sheik, la diret-tiva di non veicolare immagini dimorte e distruzione, così si prevedel'utilizzo di tende per oscurare i luoghidell'attentato.

““AA me sembra ovvioche le simulazioni,simulino...”a cura di Massimo D’AnastasioVice direttore Atlasorbis

Nelle foto tre momenti delleesercitazioni antiterrorismo.Le foto sono tratte dal sito dellacentrale operativa del 118 diMilano

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Parla l'ex funzionario di ScotlandYard Dott. Christopher Lockedirettore del mensile indipen-

dente di polizia del Regno UnitoConstabulary Magazine intervistatoper Atlasorbis

Dott. Christopher Locke in meritoai possibili futuri scenari impronta-ti nell'affrontare il terrorismo inter-nazionale ed eventualmente qualipotrebbero essere i prossimi obiet-tivi di attentati terroristici

‹‹ Gli attentati terroristici crescerannospecialmente in Europa, non ha impor-tanza quanto sia severa la sorveglianzadella Polizia per la sicurezza e se gliattentatori sono preparati per sacrifica-re le loro vite, e' relativamente facileper loro uccidere e mutilare personeinnocenti.

Penso che tutte le capitali siano arischio come pure i luoghi turistici e iluoghi di raduno che sono obiettivifacili per uccidere le persone prove-nienti da tutti i paesi del mondo.Nell'agire in questo modo i terroristi siassicureranno una pubblicità globaleche e' proprio quello che essi cercano.Il lavoro della polizia diventerà pro-gressivamente più pericoloso e la con-seguente necessita di addestramentodi agenti di polizia nell'attività dell'an-titerrorismo.In definitiva l'unicasoluzione saranno inegoziati con il soste-gno della comunitàislamiche in ogni paesedel mondo.Tutto quello che lapolizia può fare e' quel-lo di mitizzare le

opportunità per il terrorismo e di agireefficacemente quando si verifica unattentato terroristico.Se i cittadini desiderano avere unasocietà più sicura dovranno insistereperchè venga alzato lo status dei poli-ziotti e che i loro governi assicurinoche vengano fatti stanziamenti per ipoliziotti e gli equipaggiamenti di sup-porto per la tecnologia ››.

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PPericolo attentati in Europa“ il lavoro della polizia diventerà progressivamentepiù pericoloso... “

a cura di Nicola Zichella

Dott. Christopher Locke direttore mensile Constabulary Magazine Autobus fatto esplodere da un attentato kamikaze a Londra

Treno fatto esplodere da un attentatokamikaze a Madrid

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Risponde il Dott. Christopher LockeDirettore di Constabulary Magazine

La Francia In questi giorni stasubendo violenze da parte digruppi di rivoltosi immigrati,

essendo il Regno Unito un paese adalto tasso di immigrazione e quindiben a conoscenza del fenomeno, leicrede che cio' possa estendersi anchenelle altre citta' europee? E qualisarebbero le migliori tattiche di con-trasto della polizia inglese qualora siverificassero?‹‹ Penso che il problema che la Francia stavivendo e' il risultato di molti anni pernon aver indirizzato le questioni di ugua-glianza e razzismo. Abbiamo avuto glistessi problemi in Inghilterra negli annisettanta, Ottanta e nuovamente negli anninovanta e siamo passati attraverso unmaggiore programma di riforme che stalentamente aiutando per indirizzare alcu-ne delle ingiustizie che i neri e gli asiaticihanno subito in passato. Tuttavia, questesoluzioni sono politiche e devono essereindirizzate ai politici.Quando si verificano queste sommosse e,la polizia ha a che fare con le sommossecosì che e' vietato che la polizia vengaaddestrata in maniera adeguata. NelRegno Unito tutte le squadre operative

della polizia hanno ricevuto tutte quanteun addestramento specifico anti som-mossa che non avevamo qualche anno fa.E' così importante Londra che la PoliziaMetropolitana ha costruito delle cittadineper gli addestramenti di simulazione conuna strada dove gli agenti di polizia pos-sono addestrarsi in situazioni molto reali-stiche.Le squadre anti sommossa della poliziafrancese sono note nell'usare dure tatti-che, in particolar modo qualche anno fa.Al tempo d'oggi anch'essi possono esseremolto brutali e violenti e mi domando sequesto sia il modo giusto per affrontarequesti problemi. Essi potrebbero rivederei loro metodi, sebbene ultimamente nonsono in grado di risolvere da soli questesommosse d' aggressione.Se voi avete solamente gruppi casuali dirivoltosi disorganizzati, penso che gene-

ralmente la poliziapuo' tenere sotto con-trollo la situazione. Ilproblema reale si veri-fica quando i rivoltosiiniziano ad organizzar-si e cominciano a pia-nificare campagne diviolenza e di danneg-giamento. Spesso gliorganizzatori proven-gono da gruppi politici

cladestini e conoscia-mo le devastazioniche possono causarealla societa', bastoni esassi possono diven-tare in seguitobombe e armi dafuoco.Nel Regno Unitoimpieghiamo la poli-zia sotto copertura,

intelligence, telecamere fisse e mobiliCCTV e altri metodi elettronici per iden-tificare i capi rivoltosi schedandoli ed arre-standoli. Quando si verifica un evento disommossa noi usiamo gli scudi, manga-nelli,la polizia a cavallo e nei casi specificigas lacrimogeni e maniera inportante unastrategia ben pianificata con azioni di con-tenimento e di dispersione. Usiamo anchesquadre per arrestare i piu' violenti ed icapi banda i quali minano l'unita' dei rivol-tosi.La polizia deve tenere la situazione sottocontrollo altrimenti si potrebbero verifi-care escalation vicine all'anarchia comeabbiamo visto nel passato.Sara' interessante vedere come la poliziafrancese affrontera' queste sommosse. Almomento stanno solamente discutendosu come arginare le sommosse e arrestarei rivoltosi ma non stanno ancora discuten-do nel cercare di comprendere sul perche'questi gruppi violenti hanno intrapresoazioni di sommossa. L'altro giorno ilgoverno francese ha reintrodotto il copri-fuoco legalizzato, sperando che questometodo possa bloccare i rivoltosi ma lasituazione e' degenerata anche col copri-fuoco.Se una vasta maggioranza di cittadini sirifiuta di obbedire alla legge (la Polizia),allora il governo ha un problema maggio-re››.

www.poliziaineuropa.com

Tuummuullttiiiinn FFrraanncciiaa

Nicola Zichella

Nelle foto tre momenti degli scontri.

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Il prestigio e l'importanza degli esponen-ti del clero sciita è dato in larga parte daltipo di formazione cui hanno potuto

accedere, ed in questo modo l'importanzadei seminari e delle scuole di perfezionamen-to teologico assume un ruolo fondamentale.Terminati i primi due cicli di formazione reli-giosa, gli studenti ottengono il titolo diSaqatulislam, primo livello gerarchico nellastruttura religiosa del clero sciita.Successivamente a tale percorso di forma-zione, gli studenti possono scegliere tradiverse formule di perfezionamento, solita-mente spostandosi nella città di Qom, perpoter essere inseriti quali studenti dei piùfamosi ed autorevoli esponenti religiosi(marja' taqlid).La formazione avanzata e la progressione

accademica non sono organizzate secondo icanoni di studio occidentali. Non esistonoprogrammi organizzati o strutturati, cosìcome non è possibile individuare un elemen-to temporale certo per la conclusione di unperiodo di perfezionamento. Si instaura per-tanto un particolare e unico rapporto tra stu-dente e maestro, dove al primo spetta solita-mente la scelta del secondo e dove l'allievomatura progressivamente la propria autono-ma capacità di valutare quale grado di prepa-razione sia stato raggiunto in accordo con ilparere del maestro.Nella progressione gerarchica, dunque, conl'avanzare della formazione superiore gli stu-denti divenuti canonisti islamici ottengono laqualifica di Hojjatolislam.L'ulteriore perfezionamento, il contestuale

insegnamento e la pratica nelle funzioni reli-giose, porta successivamente al conseguimen-to del titolo di Ayatollah, ovvero un religiosodi alto rango riconosciuto per la sua prepara-zione e la sua competenza. A tale qualificapuò seguire quella di Ayatollah ul-Ozma, oGrande Ayatollah, riservata alle autorità teolo-giche di indiscussa fama. Un Ayatollah ul-Ozma deve vantare oltre ad un curriculumprestigioso,pubblicazioni ed esperienza didat-tica, e la produzione di trattati basati sulla pro-pria pratica (ressaleh amalieh).

Ecco quale curriculumsi deve vantare per diventareAyatollah

tratto da www.Tempi.it num.21 del 19/05/2005

Ayatollah Khomeiny

La costante esigenza di tutelare gli inte-ressi dell'uomo, anche i più elementa-ri per la propria sopravvivenza non-

ché la necessità di trovare un habitat sicuro,ha ingenerato fin dall'antichità, il bisogno di"spiare". Spiare, una definizione comune ten-denzialmente negativa, ma in una accezionemoderno-evolutiva, spiare acquista un parti-colare significato in quanto evoca settori eduffici civili e militari preposti alla tutela ditanto nobili e preminenti obbiettivi quali lasalvaguardia dello Stato. Questa essenzialepremessa precorre la genesi dello spionaggio,

che etimologicamente deriva da spiones plu-rale dal latino e spaiha o spaihon, parola goti-ca che venne usata per la prima volta nel1290 quale sinonimo di spia. La costante esi-genza di apportare nuove tecnologie e uomi-ni più preparati per un servizio spionisticopiù efficiente, spinge l'altro fronte, ovvero gliStati e gli eserciti spiati a fare di tutto perimpedire o limitare l'esito positivo dell'intelli-gence avversaria, attraverso lo schieramentodi un' attività di counter intelligence ossiacontrospionaggio.Rischio, seduzione e azione … l'intreccio cheha coinvolto la bella MATA HARI, è torna-to in auge con il caso Bond. Pistole beretta eWalther PPK, motoscafi, auto, moto e gio-ielli, hanno dato al famoso 007 non sololicenza di uccidere ma anche incontri specia-li sulla spiaggia di isole incontaminate, didonne bellissime e per giunta in bikini, comeUrsula Andress nel famosissimo film.Negli ultimi tempi l'escalation terroristica èun grave problema sociale e politico cherichiede una soluzione urgente.La reazione ufficiale per contrastare il feno-meno terroristico è stata la creazione di

norme giuridiche di repressione. Dopo l'11settembre è stato imposto il nuovo concettodi valutare la sicurezza e considerare in unanuova prospettiva, il meccanismo sotterra-neo che moltiplica le cause al fine di far pro-liferare il fenomeno del terrorismo.Il carattere imprevedibile e di rischio degliattentati terroristici che hanno insanguinatogran parte del pianeta, sono i fattori di desta-bilizzazione a livello globale, e proprio conl'attentato alle Twin Towers, il lavoro dei ser-vizi segreti cambia radicalmente volto, man-dando in crisi la nozione stessa, tradizionale,di attentato e di terrorista (kamikaze).Il terrorismo attualmente ha mutato aspettoin quanto l'azione terrorista si dirige versoqualsiasi obiettivo, ideologia e il fondamen-talismo non è più di un determinato territo-rio o nazione, ma coinvolge l'intera rete ter-roristica transnazionale non solo islamica, inquanto assume il braccio armato di movi-menti di liberazione nazionale. Di conse-guenza muta l'aspetto giuridico-penalistico evincola necessariamente ad una valutazionedel problema in termini di cooperazioneinternazionale di polizia e d'intelligence.

Il nuovo voltodell’intelligencea cura del Dott. Fabrizio Locurcio

a cura di Nicola Pedde

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L'odierna Turchia, se fosse una ragazzaassomiglierebbe a Fatima, una mae-stra della scuola elementare, forte e

indipendente. Fatima, ha avuto la possibilità distudiare, di laurearsi e di trovare quasi subitodopo un lavoro,per lei affascinante, come inse-gnante in una scuola pubblica. Nella scuola incui lavora il direttore le ha detto subito chesarebbe stato meglio per lei portare il velo. Lagiovane insegnante non l'aveva mai indossato einoltre non aveva nessuna voglia di farlo.Naturalmente, il direttore, vecchio tradizionali-sta, ad ogni minimo pretesto le sta crea proble-mi di ogni tipo. Fatima, fin dai tempi del liceo,è fidanzata con un giovane, un ragazzo impo-stole dai genitori che però lei non ama. Fatimavive in equilibrio tra una vita imposta e tradi-zionale ed un'altra che ha sempre sognato indi-pendente e moderna, una vita dove lei possascegliere. Infatti, la società turca e la Turchia sitrovano nel mezzo di due forze eterogenee, iltradizionalismo islamico e la modernità.Questa ambiguità della società turca fa nascerelo scetticismo europeo nei suoi confronti.L'UE sembra che non veda solo in Turchia unvasto mercato di settanta milioni di consuma-tori e neanche un paese diga all'emergente ecrescente fondamentalismo medioorientale.Per il think tank europeo, l'entrata della Turchianell'UE assume un carattere cardinalmenteimportante e unico, dato che si tratta di unpaese chiave e ponte dal punto di vista energe-tico. Comunque, la Turchia controlla una per-centuale, non indifferente, sia delle vie energe-

tiche marittime che dellevie energetiche terrestri difonti di ogni tipo (petro-lio, gas, acqua). In realtà,l'elemento più importan-te, che rende il paese cosìinteressante per gli euro-pei, sembra essere la reteche mantiene la Turchiacon tutti i paesi turcofonidell' Asia centrale.A z e r b a i g i a n ,T u r k m e n i s t a n ,Uzbekistan, Kazakistan,Kirghizistan sono paesicon i quali la Turchiamantiene legami e rela-zioni particolarmenteforti. Questa vasta zonacentroasiatica è appetibi-le, sempre dal punto divista energetico, sia per gliamericani che per i russima anche per gli europei.Alcuni di questi paesidell'Asia centrale sonoproduttori di gas o petro-lio mentre altri controlla-no i corridoi e le principa-li vie energetiche. E la

Turchia diventa un ponte naturale tra questazona centrale estremamente importante el'Europa.In realtà, qualora la Turchia entri a far partedell'UE, l'intera Europa si assumerà un rischiofondamentale; creare una confusione all'inter-no della società europea paragonabile e analo-ga con la confusione già esistente nella societàturca. Sarebbe particolarmente difficile, se nonimpossibile, per l'Europa degli stati laici, di unacultura basata sui valori della democrazia, delrinascimento e dell'umanesimo, trovare rispo-ste da dare a se stessa e ai propri cittadini quan-do dovrà affrontare al suo interno (con laTurchia ufficialmente stato-membro) questio-ni e fenomeni che già esistono e non vannoassolutamente d'accordo con i suoi principipolitici e sociali. E per essere chiari e realisti,praticamente si parla dell'unico e veramentestrano fenomeno del non ricoscimento di unostato membro della UE da parte di un altro,dato che la Turchia non riconosce laRepubblica di Cipro, entrato a far partedell'Unione dopo l'ultimo allargamento delmaggio 2004. È come se l'Italia non ricono-scesse la Germania pur facendo parte dellostesso organismo interstatale, l'UE, che tra l'al-tro aspira a di trasformarsi nel prossimo futu-ro in una federazione! Che tipo di rispostepotrebbe dare un alto dirigente dell'UE, men-tre nello stesso tempo lo Stato turco ha creatoproblemi al Vaticano per il prossimo incontrodel Papa con il Patriarca Bartolomeo alPatriarcato di Constantinopoli? Qual è la posi-

zione delle minoranze in Turchia e come sonotrattati migliaia di prigionieri politici? Cosa diràl'Europa ad un suo cittadino di domani, unkurdo della Turchia arrestato e incarcerato pervent'anni perchè semplicemente kurdo? Comunque, non solo l'Europa ma anche laTurchia deve trovare alcune risposte per quan-to riguarda questo matrimonio euro-turco.Non sono pochi all'interno del paese quelli chevedono nella distanza culturale l'ostacolo prin-cipale di questa convivenza nell'ambitodell'UE.Mentre la Repubblica della Turchia si trova invia di modernizzazione con lo scopo di diven-tare in futuro membro dell'Unione Europea,parallelamente affronta con scetticismo e conuna relativa difficoltà i due fenomeni principa-li che caratterizzano il mondo in questo perio-do e che hanno concentrato l'interesse dellamaggioranza della comunità internazionale.Da una parte il fenomeno della mondializza-zione, che crea problemi economici e sociali indiverse parti del pianeta, alimentando il mal-contento anche nell'ambito della società turcae guidando parte della popolazione ad esserefavorevole al rinascente fondamentalismo eradicalismo islamico sia interno che esterno;dall'altra il fenomeno della crisi dello statonazionale e la rinascita del micro-nazionalismoa livello internazionale non lascia indifferentealcuni gruppi etnici del paese. Questi ultimi, inalcuni casi esprimono un regionalismo forte edindipendentista (il largamente conosciuto casodella questione curda ), mentre in altri casi simanifesta un localismo modesto ed espressoin un modo abbastanza tranquillo (gli Arabidella provincia di Hatay, i lazi, gli aleviti ).Come in tutti i paesi del sud Europa, anche inTurchia esistono minoranze etniche, linguisti-che e religiose tra cui alcune parzialmente assi-milate, altre emarginate, altre ancora in perico-lo di estinzione, omogeneizzate, oppresse osterminate. Risulta da diversi studi, che laTurchia non è un paese omogeneo dal puntodi vista linguistico, religioso e culturale. Lo stu-dioso norvegese Peter Andrews nella suaopera registra 72 diverse etnie in tutto il paese(parte europea e parte asiatica). Di fatto, unadescrizione dei gruppi etno-linguistici sarebbeutile ma, allo stesso tempo anche scevra disignificato nel senso che bisognerebbe nonsolo analizzare la presenza delle peculiari iden-tità culturali delle minoranze di questa regione,ma anche descrivere l'ambito, le tendenze, levariabili e le correnti che caratterizzano in que-sto periodo la società turca e la influenzano,per potere avere un' immagine imparziale dellepotenzialità, del ruolo e della collocazione dellaTurchia in questa area del mondo.Indubbiamente il ruolo della Turchia, sia comeponte di avvicinamento, sia come muro protet-tivo per l'UE dai paesi del vicino e MedioOriente e dell'Asia centrale è importante edinoppugnabile.

Tuurrcchhiiaa::un’opportunità unica o una questione perl’Europa?a cura del Dott. Ilias Spyridonidis

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RRuoli tecnici dellaPolizia di Stato“più certezza sulle competenze e sulla qualifica di Polizia Giudiziaria”a cura di Andrea Gilli e Dott. Cesare Guaglianone

lI ruolo tecnico della Polizia di Stato è sem-pre stato considerato un profilo professio-nale marginale, in considerazione della non

ben definita collocazione giuridica dell'attivitàtecnico-scientifica che espleta all'internodell'Amministrazione.

Questo probabilmente dipende dai "compitidel tutto ausiliari e strumentali (tecnico -scien-tifica, ruoli sanitari, banda musicale), rispetto aquelli d'istituto preposti alla tutela dell'ordine e

della sicurezza pubblica ecc".Tale concetto è stato ribadito anche dalla notaN.557/RS/0170/2809 del 28 settembre 2004,proveniente dal Ministero dell'Interno-Ufficio per la Relazioni Sindacali, indirizzata alsindacato Coisp; sempre la stessa nota precisache ai sensi all'art.42 del D.P.R. 24 aprile 1982,n. 337 e tenuto conto del parere del Consigliodi Stato nr. 448 del 2001, il personale dei ruolitecnici, "qualora sia adibito in operazioni dipolizia viene impiegato "limitatamente alleproprie mansioni tecniche ed utilizza gli stru-menti tecnici propri del profilo professionaledi appartenenza".Le luci e, le contestuali ombre che non defini-scono la sistemazione lavorativa di questoruolo, impegnano sempre di più il personale inmansioni che spesso sviliscono il ruolo e lapreparazione rendendolo, alla stregua di unvero e proprio "tout court" professionale, unasorta di mera occupazione a tempo indetermi-nato di funzioni che non sono proprie.

E' necessa-rio con-durre ilr u o l overso un sentiero che sia scevro da interpreta-zioni dubbie, e che si collochi in maniera nettae determinante nel meccanismo indispensabi-le che offre sicurezza al cittadino, rivendicandouna dignità pari a quella dei ruoli "operativi",nei confronti dei quali, il ruolo tecnico non sipone in modo né funzionale, nè strumentale,né ausiliario, ma indispensabile come indispen-sabile è soddisfare la richiesta di sicurezza cheoggi il cittadino richiede a gran voce.Viste le numerose richieste pervenute al perio-dico, nel prossimo numero questo delicatotema sarà approfondito da esperti, quali, unautorevole docente universitario di procedurapenale ed un alto magistrato, anche riguardo lacontroversa limitazione della qualifica di agen-te e ufficiale di polizia giudiziaria del personaledei suddetti ruoli.

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La legge 178 del 3 marzo 1951 haistituito l'Ordine "Al Merito dellaRepubblica italiana" per ricom-

pensare coloro che si sono acquistatimeriti con opere utili per la Nazione nelcampo scientifico, letterario, artistico,economico ,nonché impegnandosi nellosvolgimento di cariche pubbliche , socia-li, filantropiche ed umanitarie, o ancoraprestando servizio per lunghi anni nellecarriere civili e militari.L'Ordine è composto di cinque gradi:Cavaliere, Ufficiale, Commendatore,Gran Ufficiale, Cavaliere di Gran Croce.

Il capo dell'Ordine è il Presidente dellaRepubblica.Lo Statuto dell'Ordine approvato conD.P.R. 31 ottobre 1952, pubblicato nellagazzetta Ufficiale n. 277 del 29 novem-bre 1952, regola lo statuto dell'Ordine.Le onorificenze proposte dal presidentedel Consiglio dei Ministri sono trasmes-se al Cancelliere dell'Ordine al fine difarle valutare dalla Giunta ai sensi dell'ar-ticolo 4, comma 1 della legge 178.Al Dipartimento del Cerimoniale diStato appartiene l'Ufficio che cura oltrealle onorificenze dell'Ordine e alle ono-

rificenze cavalleresche pontificie anchel'Araldica pubblica nazionale e locale.Il delicato compito dell'Ufficio è affidatoalla Dott.ssa ILVA SAPORA che dirigee coordina le istruttorie per il conferi-mento delle onorificenze, e che in ultimaanalisi rilascia il parere di conformitàdopo un esame accurato.La concessione delle onorificenze haluogo ordinariamente il 2 giugno e il 27dicembre, due ricorrenze fondamentaliper la nostra Repubblica, ovvero procla-mazione della Repubblica e promulgazio-ne della nostra Carta Costituzionale.

OOnnoorriiffiicceennzzee “Al Merito dellaRepubblica Italiana”

CommendatoreCavaliere Gran UfficialeUfficiale

a cura di Giovanni Guerrisi

NEWS

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La formazione è il momento piùimportante ed interessantedello sviluppo economico e

sociale italiano."Formare " si legge neldizionario di lingua italiana vuol direPlasmare, Sagomare, modellare qualco-sa perché assuma la forma voluta, edancora Creare, Educare, Sviluppare. Iltermine assume significato nel sensotradizionale di azione mirante lo svilup-po delle abilità del singolo individuo,alla trasmissione e all'acquisizione di uncomportamento più adeguato consonoal raggiungimento degli obiettivi proprie dell'organizzazioneLa Formazione all'interno delle orga-nizzazioni è la sintesi di numerose fun-zioni e competenze che possono varia-re molto a seconda delle dimensioni ela complessità della struttura aziendale.In estrema sintesi il compito dellaFormazione consiste nell'identificare,valutare e trasmettere quelle conoscen-ze che possono essere utili a svolgeredeterminati compiti secondo le modali-tà necessarie e si completa quando rag-giunge la combinazione armonica dicapacità specifiche e aspecifiche. Leprocedure tecniche sono capacità spe-cifiche il Sapere, e il Saper Fare , laprima rappresenta la conoscenza, per ilProf. Quaglino è considerato l'obiettivocentrale della formazione, la secondarappresenta le abilità da sviluppare.Dalle anzidette capacità specifiche sipassa a quella aspecifica, infatti chi letrasmette e chi le riceve deve essere inestrema sintonia. Il Sapere e il saperfare devono fornire quel costante econtinuo adattamento dell'individuo edella sua professionalità alle diversesituazioni lavorative, accettazione delproprio ruolo e appartenenza all'orga-nizzazione, cioè il Saper essere proce-dura aspecifica che va appresa come equanto quelle specifiche. Il formatoreda il sapere indica il saper fare e rappre-senta il saper essere, è il modello di

riferimento che va adottato al propriomodo d'essere.Immaginando la Formazione come unprocesso possiamo identificare almenotre fasi distinte: Pianificazione,Implementazione e verifica.

E' la fase della erogazione dei corsi insenso stretto: le giornate d'aula si suc-cedono seguendo il programma.Quando si analizza questa fase di solitoci riconcentra sugli aspetti di gestionedell'aula, sulla scelta delle tecniche edelle metodologie d'aula, sui modelli diperformance o sui sistemi di monito-raggio e valutazione.La complessità di tali argomenti lasciacome sullo sfondo aspetti meno appa-riscenti ma non per questo meno rile-vanti per la migliore riuscita di qualsia-si esperienza di formazione: fonda-mentali per la sua buona riuscita sonoanche: la dimensione logistica e lacapacità di sviluppare la motivazionealla formazione in tutti i livelli dell'or-ganizzazione.

La logistica e la motivazione devonomettere insieme innumerevoli dettagliche, come anelli di una catena semprein tensione, può spezzarsi nei punti diminore resistenza.

E' la fase finale del processo di forma-zione, il momento in cui si misura lavalidità del corso e i sistemi per rag-giungere tale valutazione.Fondamentale è la reazione dei parteci-panti anche se, su un piano strettamen-te metodologico, la reazione dell'aulapuò essere del tutto scollegata dall'ef-fettiva efficacia del corso.Un buon docente riesce spesso a farapprezzare un corso mediocre e unmediocre docente può rendere insop-portabile il migliore dei progetti.Contano molto le azioni esplicite eimplicite dell'organizzazione: l'aperturadi benvenuto e di presentazione a curadella Linea o di qualche altra funzionecollegabile al progetto. Se ci sono stateincomprensioni nella fase di presenta-zione le conseguenze emergeranno almomento della valutazione del gradi-mento. Si potrebbe osservare una situa-zione paradossale: quanto più i parteci-panti hanno apprezzato il lavoro deldocente e il programma, tanto piùeventuali segnali di scoordinamentocon l'intera organizzazione possono farcredere ai partecipanti che al loro ritor-no non cambierà niente.Più saranno stati bene e meno valute-ranno possibile trasferire quanto appre-so nel loro lavoro quotidiano.Altre considerazioni devono essereprese in esame per avere ben saldal'idea di cosa voglia dire formazione,l'apprendimento degli adulti la gestionedell'aula, l'uso delle metodologie didat-tiche, ma queste sono pillole, il resto loforniremo strada facendo.

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Psicologia

IIl processo formativodell’individuoa cura del Dott. Giovanni Iaquinta psicologo del lavoro

•Analizzare i bisogni dell'orga-nizzazione e degli individui

•Definire le caratteristiche delcompito e della performance dasviluppare

•Pianificare la disponibilità dellerisorse interne ed esterne

•Definire gli obiettivi, le meto-dologie e i sistemi di monitoraggioe di valutazione

•Adattamento degli elementiutili alla formazione già in posses-so o eventuale introduzione diinnovazioni

•Programmare la documenta-zione delle attività per il reportfinale

Pianificazione vuol dire in sintesi:

Implementazione:

Verifica:

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Nella memoria genetica umanaemerge una figura femminile"mamma di tutta l'umanità" vis-

suta centoventimila anni fa, probabilmen-te in Africa. Si tratta della cosiddetta EVAAFRICANA, ( che non ha nulla a chevedere con l'EVA BIBLICA), che da queitempi ha trasmesso geneticamente ilmitocondrio, un piccolo organo della cel-lula che costituisce il DNA. In realtà ilDNA, composto da nucleotidi e geni, ètrasmesso dai genitori ai figli in partiuguali, ma secondo il biochimico WIL-LSON, che ha calcolato con la tecnicadell'orologio molecolare questo dato, solodall'EVA AFRICANA, nasce questa tra-smissione in più, che solo per via maternasi è perpetuata fino ad oggi.La parola magica MAMMA che intrecciail rapporto tra la persona e la vita, la real-tà esterna con la realtà psichica, rappre-senta la soluzione di continuità. Lamamma, fonte d'amore, trasmette al figlio

il piacere di piacersi, di essere e di avere,di desiderare ed essere desiderato, diamare ed essere riamato.Il bambinoesprime facilmente la relazione ogget-tuale identificandosi tra l'avere e l'esserecosì come riferisce Freud con l'esem-pio:Io ho il seno! Io sono il seno! Soloin seguito il bambino stabilisce:Io ce

l'ho , dunque non lo sono!Questa relazione è fondamentale nell'es-sere umano perché origina la nostra crea-tività e la nostra capacità di sofferenzamentale. In effetti la nostra mente struttu-ra processi e operazioni quali ad esempiol'idea dell'infinito che in qualche modo sipuò ricollegare alla mamma. Nel nostroInconscio la mamma diventa la Madre ,totalità infinita di tutte le madri possibili,concrete e simboliche. Nell'Inconscio esi-ste l'identità tra parte e tutto perché con-seguente al principio , omnicomprensivo,aspetto essenziale dell'elemento psichico,dell'emozione. La Coscienza che è asim-metrica può considerare e focalizzare unacosa per volta, e perciò l'elaborazione del-l'infinito diventa l'immagine che ingenerail conflitto che nasce tra la Coscienza per-cepita e l'Inconscio. In effetti l'Inconscioè sempre in rapporto con il pensiero e lasua funzione rappresentativa si relaziona

con la Coscienza immaginativa che perorganizzare il reale, deve necessariamenteappoggiarsi sullo spazio percettivo. I rap-porti tra spazio e mente occupano la partefinale dell'Inconscio, come sede dei con-cetti finiti. Le molteplici dimensioni dellavita affettiva sono indispensabili non soloper lo sviluppo emozionale ma anche per-ché testimoniano lo stretto vincolo cheintercorre tra l'Inconscio e i confini dellaCoscienza dando così sviluppo concretoall'immagine generata dall'inimmaginabi-le. Le vicissitudini dell'Inconscio infantiletestimoniando la congiunzione tra fanta-sia inconscia e immaginario, formulanol'aspetto strutturale della realtà. Lamamma determina comunque un soste-gno insostituibile ed un tramite indispen-sabile se si pensa al piccolo organo , ilmitocondrio, che costituisce il DNA tra-smesso nell'umanità dalla prima mamma.Più informazione nel DNA più l'organi-smo si arricchisce aumentando la soprav-vivenza tra gli individui di questa nostraspecie umana che insieme devono spartir-si questo nostro mondo con maggioretolleranza tra le varie etnie che si sonodifferenziate in centoventimila anni e cheoggi hanno il dovere di fare il meglio perla specie umana futura.

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Specie...Umanaa cura della Prof.ssa Franca Brusa

LLAA SSUUAA FFOORRZZAA

Con la forza della fedeche solo Dio gli ha potuto dare

Karol ha saputo infondercicome nuovo

il più antico amore,ed ora di certo la sua anima

ha raggiunto il Signore,e delle glorie celesti sta godendo;

se dobbiamo piangere che sia di gioiaper il nostro amato

Papa… con l'accento.

Guido De Paolis

Dedicatoa PapaGiovanniPaolo II

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Come è noto con l'avvento delcd. Nuovo Codice diProcedura Penale, evento

ormai datato 1988, il nostro legislatoreha cercato di introdurre nell'ordina-mento italiano un principio che nelleintenzioni doveva fungere da strumen-to di attuazione della tanto sbandierata"seconda parte" della Costituzione: ilprincipio accusatorio. Si trattava, inbuona sostanza di una vera e propriarivoluzione copernicana. Ossia, liberareil nostro ordinamento giuridico dal pri-mato della preminenza assoluta delleesigenze dell'accusa rispetto ai dirittidei singoli cittadini soprattutto in temadi formazione della prova, retaggio delventennio fascista. A distanza di diciot-to anni si può tranquillamente afferma-re come in realtà a regolare il nostroprocesso penale viga (ad essere ottimi-sti) un principio solo moderatamenteaccusatorio. Una realtà cioè ben distan-te da un'effettiva parità tra accusa edifesa. Non essendo questa la sede peranalizzare le cause e le responsabilità diuna riforma incompiuta, così come adaltra sede è da rinviare il discorso suquali terreni non si sia realizzata con-cretamente la parità processuale, premeinvece sottolineare un tema di centraleimportanza in quest'ottica: le indaginidifensive, e vedere come per tale via sipotrebbe rectius si dovrebbe realizzareun'effettiva uguaglianza tra le parti pro-cessuali.Con la legge 7 dicembre 2000 n. 397 èstata attribuita pari dignità alle indaginiautonomamente svolte dal difensore"in favore del proprio assistito" rispet-to alle indagini condotte dal pubblicoministero e dalla polizia giudiziaria.Non si è trattato, invero, di una novitàassoluta, giacché già nel Codice del1988 era prevista una simile possibilità,peraltro confinata tra le disposizioni diattuazione al codice medesimo. Ed intale scelta già risiede una precisa volon-tà. Al di là delle affermazioni di princi-

pio, il favor attribuito dal legislatore alleindagini condotte dall'accusa in ordineall'accertamento della verità la dicelunga sulle reali intenzioni della rifor-ma. Sotto la spinta dei malumori del-l'avvocatura contro tale "ghettizzazio-ne" con la legge 397/2000 la prospetti-va pareva mutata, poiché si assisteva aduna estensione dei poteri di formazio-ne unilaterale della prova che fino aquel momento competevano all'accusa.Si trattava, invero, pur sempre di unalegge che concepita con nobili intenti,vedeva la luce già "orbata".L'attribuzione di un potere probatorioal difensore limitato alla ricerca di "ele-menti in favore del proprio assistito" enon anche nei confronti di terzi al finedella ricerca della verità, l'impossibilitàper il difensore di avvalersi delle illimi-tate risorse di mezzi e uomini di cuidispone l'accusa per le indagini, la serieinterminabile di avvertimenti e diadempimenti burocratici (con la pun-tuale previsione di sanzioni penali incaso di inosservanza) per il difensoreerano sicuri indici di un'impostazioneideologica volta a ribadire il primatodell'accusa. I primi anni di applicazionedella legge, poi, hanno smorzato i resi-dui entusiasmi di chi credeva in unreale riscatto dell'inferiorità della difesae in una attenuazione del monopoliopubblico delle indagini che eliminassele disparità. Anzitutto si assiste ad unaclasse forense quasi completamenteimpreparata a raccogliere la sfida.D'accordo sulla limitatezza degli spazi:sarebbe stato però auspicabile quel pas-saggio che illustriautori avevanodefinito da una"difesa di posi-zione" ad una"difesa di movi-mento". Per rea-lizzarla occorre-va uno sforzoaffinché i difen-

sori fossero realmente preparati all'in-vestigazione mediante la frequenza acorsi organizzati o a vere e propriescuole di specializzazione in modo darealizzare una categoria di avvocatiesperti in indagini da affiancare alla tra-dizionale categoria degli avvocati "daudienza".D'altro canto però non si può taceresulle responsabilità della magistratura.Si assiste pressoché impotenti al depre-cabile fenomeno delle indagini del p.m.sulle indagini difensive che scoraggia,vieppiù, il ricorso allo strumento delleindagini difensive da parte degli avvo-cati. Infatti, quando il difensore riesce atrovare il coraggio (poiché di ciò si trat-ta) e per dare compiutezza al mandatoricevuto si addentra nel terreno delleindagini riportando spesso risultati tut-t'altro che peregrini, talvolta accade chequalche p.m. trovi qualunque pretesto -anche ad indagini preliminari concluse-per "fare le pulci" al lavoro del legaleordinando attività integrativa di indagi-ne proprio sull'indagine del difensore.A quale scopo? Lasciamo la risposta allettore. Di certo il legislatore dovrebbefarsi carico anche di questo problemaprevedendo adeguati e concreti mecca-nismi sanzionatori (non solo proces-suali) per contrastare simile andazzo.Anche perché la strada per l'attuazionedel principio di cui all'art. 111 Cost.nella parte in cui sancisce l'uguaglianzatra le parti processuali è ancora tutta insalita con le inevitabili ricadute socialiche ne conseguono in termini diGiustizia sostanziale.

Le indagini difensive:una legittima aspettativa diparità tra accusa e difesaa cura dell’Avv. Michele Antognoni Foro di Perugia

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L'argomento trattato investe unallargamento della tutela giuridicanei confronti dei figli di persone

divorziate, nell' ipotesi in cui la casa adibi-ta a residenza familiare, non sia di proprie-tà del coniuge assegnatario.A prescindere, dunque, dall'esistenza di undiritto qualificato come diritto personaledi godimento (detto di abitazione atipico),in quanto privo di natura reale, sarebbeopportuno prendere coscienza, in unmoderno Stato di diritto, delle necessità edei bisogni essenziali dei figli, maggioren-ni e non, qualora l'altro coniuge abbia alie-nato o intenda spogliarsi dell'immobile incui vivono l'ex coniuge e figli.Sicuramente terzi rispetto al contratto, mai cui effetti inevitabilmente si ripercuotononegativamente su questi "terzi", e peraltrol'atto compiuto è inopponibile all'altroterzo, che è l'acquirente.Se ciò avviene, quale sarebbe il rimedioofferto dall'ordinamento, nessuno.

Mentre dovrebbe sussistere un divieto chein teoria dovrebbe essere sempre valido, amaggior ragione se vi sia una situazionepatrimoniale deficitaria, accertatadall'Autorità giudiziaria.Si attende la predisposizione di un'apposi-ta disciplina, anche ad integrazione delcodice civile, che impedisca, vista l'impos-sibilità di reintegrazione del bene, all'exconiuge di porre in essere atti dispositivi oanche costitutivi di diritti reali limitati digodimento in favore di terzi, che nerestringano la disponibilità.I figli di genitori divisi, coabitanti colconiuge assegnatario, formano sempre ecomunque una famiglia, un c.d. organi-smo etico che non può essere discono-sciuto dal legislatore ordinario.Bisogna anzi garantire l'unità familiare chedeve fondarsi su assistenza, aiuto recipro-co e sulla collaborazione, anche quando

siano venuti a mancare amore, affetto,conforto.Purtroppo anche al livello penale, la fami-glia non riceve una tutela piena, e soddi-sfacente.Un intervento è nell'interesse superioredella collettività familiare e non del singo-lo componente, a salvaguardia di ognimezzo o bene destinati al sostentamentodel gruppo.Infatti le norme costituenti il diritto difamiglia dovrebbero essere non solo pre-cettive ma anche munite di sanzione, vistoche tali disposizioni, normalmente incampo civile, ne sono prive.Può apparire un'intollerabile ingerenzagiuridica nel contesto di una relazionefamiliare, tuttavia non va dimenticato chesi sta parlando non di beni o cose qualsia-si, ma di quel bene della vita rappresenta-to dalla casa familiare insostituibile einfungibile, la cui perdita violenta è unalesione subita ingiustamente, in grado diprovocare pregiudizi permanenti.Insomma un figlio coattivamente estro-messo dal genitore o dal terzo acquirentedovrebbe essere reintegrato nel possessoo al limite nella detenzione, con il godi-mento e l'abitazione, anche a prescindereda un eventuale diritto reale di usufruttoconcesso a terzi.Pertanto l'ex coniuge, normalmente exmarito, in caso di vendita del bene,dovrebbe restituirlo, attribuendolo a favo-re del figlio, rimanendone proprietario.Oppure in caso opposto pur restandoproprietario, rimarrebbe privo delle facol-tà connesse al diritto dominicale ossiaquella di disporre della cosa.Quanto alle sanzioni, un eventuale nego-zio traslativo, dovrebbe essere nullo e per-tanto inefficace ex lege o al più annullabi-le ad istanza dei figli legittimati, con obbli-go risarcitorio a carico dell'alienante versol'acquirente in buona fede, il quale abbiatrascritto il relativo titolo.Moralmente, si tratterebbe di contenere ildisinteresse, l'insensibilità e l'indifferenzadel genitore divorziato nei confronti deifigli legittimi, a maggior ragione se privi dimezzi economici, che molto spesso corro-no il rischio concreto di finire in mezzoalla strada, manumilitari.Non è ammissibile porre sullo stessopiano la situazione giuridica del condutto-

re di immobili a quella del figlio, che nonpuò assistere impotente alla sottrazionedella casa familiare ovvero dell'habitat incui ha da sempre vissuto e di conseguenzadella porzione indisponibile ossia dei dirit-ti riservati dalla legge ai legittimari, (figlilegittimi).Quale miglior occasio legis per un provve-dimento veramente utile alla collettività, afronte di migliaia di testi vigenti ossia diquella abnorme e sconcertante espansionedi una quantità già smisurata di atti norma-tivi indecifrabili, inapplicabili o applicati inmodo distorto.Anche perché se è lecito espropriare ilproprietario del suo diritto per pubblicautilità, è altrettanto lecito limitarne i poteriin favore dei figli incolpevoli del fallimen-to di un'unione.Quelli più sfortunati devono avere unincomprimibile e intangibile diritto al lorobenessere anche economico e per cui psi-cofisico, ed alla loro dignità personale, perprevenire traumi esistenziali che possonodurare una vita intera.E'inconcepibile che un giudice, solo unatantum interpreti correttamente e per unfine di giustizia, la matrice costituzionale oi valori consacrati nella Costituzione stes-sa, con effettività della lesione anzichédella tutela, nella stramaggioranza dei casi.Non sono possibili interpretazioni rimes-se all'arbitrio di chi è chiamato a giudicare.Si fa riferimento, in particolare a quei limi-ti alla disponibilità della proprietà privata,ex art.42 Cost., volti a realizzare un inte-resse prioritariamente sociale, rispetto aquello privato, rendendo la proprietàaccessibile anche ai figli, vittime di gravisituazioni familiari.In questo modo si trasformerebbe in ille-cito un fatto immorale e perciò contrarioai propri doveri nei confronti dei figli, cosìcome, per assurdo è illecito e punito con lareclusione il vilipendio alla bandiera.La giustizia non è credibile, indipendenzavuol dire essere fuori dalla realtà, tradire leaspettative della gente.Ci si augura che sia più affidabile, credibi-le e non utopistica la giustizia internazio-nale, con un effettivo ricorso e tutela risar-citoria dei diritti azionabili e giustiziabili, edunque passibili di una protezione giuridi-ca anche a livello individuale.

DDiirriittttoo ddii ffaammiigglliiaa::ccoonnssaaccrraattoo mmaa nnoonn ttuutteellaattoo“il legislatore dimentica l’effettiva protezione dei figli”a cura dell’Avv. Fabio Locurcio

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Un'altra conseguenza di relazioniinternazionali, basate su una scarsaattenzione alle realtà locali, è il

fenomeno della nascita di rapporti privilegiaticon classi dirigenti che spesso non godonodel sostegno delle popolazioni.In molti casi queste ultime si sentono esclusedalla prospettiva di un miglioramento delleloro condizioni di vita e sono sospinte allaricerca di radici o di tradizioni soprattuttocome mezzo di protesta e di rivolta alla lorocondizione.Questo stato di forte disagio facilita l'attecchi-mento delle dottrine più estreme ed alimentail sorgere dei movimenti terroristici con le tra-giche conseguenze che stiamo sperimentan-do in ambiti sempre più estesi .Un superamento di questa condizione nelmedio-lungo periodo passa attraverso unsalto culturale ed una geopolitica orientataallo studio del dinamismo delle culture stori-che e dei fenomeni emergenti come base perl'individuazione di nuove potenzialità econo-miche e di sviluppo tra le varie aree.Il processo di globalizzazione, che sta modifi-cando le relazioni tra paesi, costituisce unesempio di quel dinamismo che da sempre haattirato l'attenzione della geopolitica.L'ampiezza del fenomeno, che ha suscitatotimori e aspettative, rappresenta una sfida allacapacità della nuova geopolitica per conciliareil rispetto delle diversità locali e regionali conla diffusione delle conoscenze e l'allargamen-to dei mercati.Passiamo ora ad un rapido "excursus storico"finalizzato a capire l'attuale mondo geopoliti-co, che ha nelle due guerre mondiali le sue

radici. La Germania, grande potenza indu-strializzata, ma di recente formazione, allafine del XIX secolo,non solo non poteva cre-arsi un impero coloniale e quindi non potevaaccedere a quelle risorse naturali per poter ali-mentare la propria industria, ma non avevaun proprio "spazio vitale economico-Lebensraum" in cui poter far riversare la suaproduzione industriale eccedente a condizio-ne di favore come invece facevano gli inglesied in più minima parte i francesi. La situazio-ne era aggravata inoltre dalla propria posizio-ne geografica che imponeva comunque unascelta politica di equilibrio sia con gli anglo-francesi ad occidente che con i russi ad orien-te. Questa situazione fu ben compresa dalBismark, il quale da un punto di visto geopo-litica ben comprendeva la necessità di tenerseparate la Francia dalla Russia.Il congresso di Berlino del 1878 fu la piùgrande vittoria del grande statista tedesco.Infatti estromise i russi dalla penisola balcani-ca (giova ricordare che gli stessi erano giunti aSanto Stefano vicino Costantinopoli). Diedeuna parvenza di equilibrio europeo (interesseprimario degli inglesi) ed ebbe delle impor-tanti concessioni da parte del morenteImpero Ottomano ( si progettò addiritturauna ferrovia Berlino-Baghdad), avendo inol-tre la possibilità di ottenere in concessione lazona petrolifera di Mosul. Ai francesi fu con-cesso di poter colonizzare a fondo l'Africamagrebina mentre furono messi ulterior-mente in contrasto l'Impero Russo conl'Impero Austro-ungarico sul territorio con-teso: "La penisola Balcanica".L'Inghilterra era messa in pericolo dalla cre-scente potenza tedesca ed avvertiva ormaiche il sistema di stati europei che fino ad allo-ra era riuscito ad evitare l'affermarsi di unapotenza egemone in Europa (principio cardi-ne del Congresso di Vienna del 1815) eraormai in crisi viste soprattutto due situazioni:

1) La Germania sia territorialmente,sia economicamente sia ideologicamente chefilosoficamente era ormai egemone sul conti-nente.

2) Gli imperi posti al confine erano

ormai impreparati a sopportare l'urto tede-sco:

pertanto la Gran Bretagna si attivò per blocca-re tutte le possibili linee d'espansione tedescalimitando l'accesso ai propri mercati "ante litte-ram" del Commonwealth ma soprattutto nonpermettendo di usufruire geograficamente deipassaggi obbligati per il transito di convoglinavali tedeschi (Canale di Suez et cetera…),inoltre nei confronti dell'impero ottomano.manifestatamene schieratosi con la Germania.attuò una politica di salvaguardia dell'etniaaraba finanziando rivolte scissionistiche.Da lì nascerà inoltre un contrasto ideologicotra una monarchia che pur avendo una con-traddizione in termini si considera la demo-crazia più liberale (magna charta del 1215) eduna monarchia, quella degli Hoenzollern cheper retaggio storico era, nella sua mentalità"militare", di concezione assolutistica conalcune aperture oligarchiche (Junker) Questo contrasto sarà prodromo del primoconflitto mondiale e conseguentemente delsecondo.Fu infatti la Prima guerra mondiale a far finirel'Ottocento, nell'orrore di eventi bellici distrut-tivi crollò tutto l'edificio del vecchio secolo. Fucome si fosse spalancato un immenso craterein cui scomparvero imperi plurisecolari: laRussia zarista, l'Impero ottomano, la Cina,l'Austria-Ungheria, forme di organizzazionepolitica e statale, modi di vivere.Ma da quelle rovine affiorò anche una nuovarealtà totalmente novecentesca, destinata adurare fino ai nostri giorni. Il mondo dellaproduzione di massa, dell'automobile, delpetrolio, dell'elettricità e il mondo del cinemae della radio.

GHEOPOLIS

•La Francia era rimasta scioccatadal conflitto con i tedeschi del 1871;

•L'impero austro-ungarico nonera omogeneo nella sua composi-zione e la classe tedesca dominante a Vienna stava sempre più entrandonell'orbita teutonica anticipandoquello che sarà poi l'"Anchluss" del1938;

•L'Impero zarista russo era istitu-zionalmente debole ed ambiva aconsolidare la sua egemonia ma nonin contrasto con i tedeschi bensìsugli slavi ortodossi della penisolabalcanica e soprattutto in Caucasoed in Asia centrale dove le risorsepetrolifere erano in forte crescita;

GGeopoliticastoricarubrica del Dott. Fedele Verzola

Dott. Fedele Verzoladirettore rubrica Gheopolis

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La dichiarazione di guerra dell'Austria allaSerbia (28 luglio 1914) innescò un dramma diproporzioni colossali. Fu nella Prima guerramondiale, infatti, che le operazioni belliche siestesero a tutti i continenti della terra. Il cuoredegli eventi militari, come quelli di politici,restò comunque, ancora la vecchia Europa.Gli imperi centrali: Germania e Austria-Ungheria erano impegnati ad est contro laRussia zarista, ad ovest contro Francia eInghilterra, a sud, nei Balcani, contro la Serbiae in seguito anche contro l'Italia.Il 1917 fu l'anno decisivo. L'evento più tragi-co fu il tracollo russo a cui seguì la "rivoluzio-ne di ottobre". A controbilanciare la defezio-ne russa ci fu l'intervento degli Usa a fiancodell'Intesa (il 1° aprile 1917). Già allora gliStati Uniti avevano un potenziale di dimen-

sioni impressionanti.Questo fu l'ingresso sulla scena politica inter-nazionale della potenza che tutt'oggi detiene ilpotere mondiale: gli Stati Uniti d'America.La guerra era finita: erano morti quasi 9milioni di soldati, con più di 21 milioni diferiti e di mutilati, mentre il totale dellespese belliche ammontò a 600 miliardi didollari (12 volte il reddito annuo degli StatiUniti nel 1916).Ma durante i trattati di pace esplose tutto ilrancore francese per i tedeschi. Le condizio-ni imposte a Versailles nel 1918 erano a dirpoco improponibili e disonorevoli nei con-fronti della Germania. Fu insomma gettatoil seme della discordia anche nei confronti dialcuni paesi vincitori come l'Italia non appli-cando quanto stabilito nel precedente patto

di Londra che segnò l'ingresso in guerra alfianco dell'"Intesa" del nostro paese. Da unpunto di vista geopolitico si pensò chebastasse creare una serie di stati medio gran-di al confine dell'Italia (Yugoslavia) e dellaGermania (Polonia e Cecoslovacchia) perpoterle tenere sotto controllo ed evitare checi potessero essere spinte espansionisticheaiutate da un eventuale frantumazione poli-tica nell'Europa centro-orientale, mutuandoun principio che usarono gli inglesi nell'epo-ca post napoleonica nei confronti dellaFrancia favorendo la formazione dell' Italiae di una confederazione prussiana antenatadella Germania stessa. Ma ogni decisione èfiglia dei suoi tempi ed è un grave erroreriproporre delle soluzioni passate ad epochemoderne.

Se si divide una torta tra dieci personeassegnandone i tre quarti a due e lascian-do i restanti otto a spartirsene il pezzetto

più piccolo, è probabile che i due beneficiaridella luculliana merenda si sentano in imbaraz-zo a divorarla. Ma basta che i due siano nellastanza a fianco e non sotto lo sguardo affama-to dei loro otto compagni, che non avranno dif-ficoltà a godersi l'abbondante porzione che ètoccata loro in sorte. Dilatando lo spazio e ilnumero dei soggetti coinvolti, questo avvieneogni giorno: non è difficile associare a questoesempio i rapporti economici tra nord e sud delmondo. Il commercio equo e solidale si inseri-sce tra le maglie di un simile sistema e ne cogliel'elemento principale di debolezza, per far levasu questo e provare ad introdurre una maggio-re giustizia sociale. L'anello debole della catena èquello che, così come ne garantisce il successo,una volta cosciente della sua distruttiva funzio-ne, ne può decretare il tracollo: il consumatore.Alla base dell'idea del commercio equo c'è infat-ti il concetto che ogni nostro acquisto quotidia-no possa fare la differenza e che sia necessarioessere consapevoli di cosa stiamo comprando eperché. Il consumo critico è un atteggiamentoquotidiano che consiste nella scelta meticolosadi tutto ciò che compriamo non solo in base allaqualità e al prezzo, ma anche conoscendo la sto-ria dei prodotti e le scelte delle imprese produt-trici. Ogni giorno siamo investiti da una valanga

di messaggi pubblicitari che ci decantano novi-tà, ci inducono desideri, ci presentano unmodello da seguire.Ogni nostra spesa è un votoinconsapevole sui prodotti e, di conseguenza,sul comportamento delle imprese: il gesto del-l'acquisto equivale ad un inconfutabile gesto diapprovazione, l'assenza di un prodotto dallanostra dispensa ad un pollice verso. Il commer-cio equo e solidale offre al consumatore la pos-sibilità di dare un senso profondo ad un gestoquotidiano, di essere consapevole che sfrutta-mento, povertà ed inquinamento dipendono inmodo diretto da queste scelte, di non contribui-re alla disparità tra le due fette di torta, facendopesare il proprio giudizio. In tal modo è possi-bile spingere le imprese verso comportamentigraditi ai consumatori e fare in modo che vi siadeguino, instaurando tra loro una nuova formadi concorrenza, non più basata sulle caratteristi-che estetiche ed economiche dei prodotti, masulle scelte sociali ed ambientali. Un prodottoqualsiasi può essere perfetto da tutti i punti divista, ma può essere stato fabbricato da unamultinazionale che possiede attività inquinanti,che esporta rifiuti pericolosi nel Terzo Mondo,che nell'Europa dell'Est sfrutta i lavoratori, cheè compromessa con un'impresa di armamenti.Il Commercio Equo e Solidale è un metodocommerciale alternativo: esso promuove giusti-zia sociale ed economica, sviluppo sostenibile,rispetto per le persone e per l'ambiente, attraver-

so la consapevolezza dei consumatori, l'educa-zione e l'informazione. Il commercio equo esolidale base la sua azione su precisi criteri ope-rativi: ai produttori viene assicurato innanzitut-to un compenso equo ossia in grado di garanti-re loro un degno tenore di vita, tenendo contodella forza lavoro, delle materie prime e dellecondizioni di vita; i prezzi stabili per i prodotticomprendono un margine da investire nellosviluppo dell'attività produttiva ed in progetti disolidarietà. I rapporti commerciali che si instau-rano, inoltre, mirano a rinforzare e incoraggiaregli sforzi di sviluppo autonomo, creando nuoviposti di lavoro effettivo e promuovendo unprocesso produttivo adeguato alle condizionilocali e che sia rispettoso dell'ambiente. Il com-mercio equo, infine, privilegia il rapporto diret-to con le strutture organizzate dei produttori,sottraendosi ad ogni genere di intermediari. Intal modo viene eliminata una causa di sfrutta-mento e si evita di far lievitare il prezzo del pro-dotto finito. La continuità del rapporto è un'al-tra importante modalità di sostegno. I prodottidel commercio equo sono in vendita presso leBotteghe del Mondo, organizzazioni di distri-buzione al dettaglio, che ne condividono gliobiettivi e ne rispettano i criteri.

a cura di Alessia Rabacchi

I ddiirriittttii uummaannii iinnvveeccee cchheeiill pprrooffiittttoo aall cceennttrrooddeellll’’EEccoonnoommiiaa

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Il Mediterraneo è da sempre il maredell'unicità di Dio. Un unico Dioper tre religioni diverse: quella cri-

stiana, musulmana, ebraica. Una stessagrande fede monoteista, che non riescetuttavia a nascondere le profonde diffe-renze connesse tra cultura, storia , spiri-tualità, che stenta a celare l'esistenza diun mosaico di diverse comunità.La diversità segna nel profondo soprat-tutto la umma musulmana, che vive que-sta divisione interna non solo fra sunnitie sciiti, ma anche fra grandi scuole giuri-diche dello stesso islam sunnita, nonchéfra comunità non riconosciute dall'islamufficiale come quella degli alauiti e deidrusi, presenti in grande percentuale inSiria e in Libano. La minoritaria comuni-

tà religiosa degli alauiti, considerata peranni una setta eretica e di conseguenzaestromessa da ogni forma di potere poli-tico, oggi vanta una percentuale di tuttorispetto (12% della popolazione siriana)ed un eminente rappresentante politico:il presidente Bashar Al Assad. Come si èpassati dalla discriminazione alla presa dipotere da parte di questa piccola parte difedeli musulmani? Occorre fare un passoindietro per comprendere questo diffici-le iter politico e spirituale.Se da una parte l'islam ha un preciso sta-tuto teologico circa la convivenza con lealtre religioni ( i monotesti cristiani edebrei hanno diritto di cittadinanza), nonaccetta né riconosce l'esistenza di devia-

zioni interne al proprio credo. Per questomotivo, nel passato agli "eretici" venivarifiutata la cittadinanza ed era loro con-sentito solo di vivere emarginati sullemontagne o in vallate isolate.All'origine della discriminazione verso glialauiti da parte degli integralisti musul-mani sunniti cè un motivo teologico-reli-gioso. Questa comunità viene considera-ta eretica a causa della sua deificazione diAlì ibn Abi Talib e della sua stretta simi-litudine con gli Ismailiti, con i quali con-dividono la fede in un sistema di incarna-zione divina e una lettura esoterica delCorano. Ma non è possibile conoscerecon esattezza i principi basilari di questafede poiché l'assoluta segretezza è parteintegrante dei loro dogmi, la pubblica-

zione dei testi sacri è vietata,e questo divieto contribui-sce ad aumentare la perce-zione di questa comunitàreligiosa come setta. Adaumentare il divario conl'islam ufficiale, cè il ricono-scimento del concetto di tri-nità e della reincarnazioneoltre al rispetto di alcunefestività come il Natale. Icinque pilastri dell'islamvengono riconosciuti ma

scarsamente applicati, le donne nonhanno l'obbligo di portare l'hijab e vivo-no costumi molto più liberi rispetto aquelli concessi alle donne sunnite. Nonstupisce quindi il rifiuto completo daparte della maggioranza sunnita di fron-te a simili affermazioni. Fino ai primianni del novecento gli alauiti non hannopotuto vantare diritti, sono stati allonta-nati ed emarginati da una classe politico-religiosa che li considerava pericolosi.E' stata questa emarginazione politica esociale che li ha portati nel corso deglianni ad una svolta strategica importante,a ricercare il conformismo religioso e unriavvicinamento teologico con la comu-nità sunnita. Lo sforzo di adattarsi alle

regole religiose sempre più inclini ad unritorno alla purezza originaria ha indub-biamente portato a ricche ricompensepolitiche, ma il prezzo da pagare è statola negazione della loro tradizione religio-sa. Resta da vedere quanto questo riavvi-cinamento sia realmente sentito dai citta-dini di fede alauita. Al di là delle differen-ziazioni religiose, l'ideologia laica delnazionalismo arabo ha trovato in Siria ipiù fervidi rappresentanti proprio nelpartito Baath, da sempre contrario aduna islamizzazione del paese. LaCostituzione del paese non riconoscel'islam come religione di Stato, ma solocome quella obbligatoria del presidentedella Repubblica. Per legittimare la suaguida del paese, infatti, il presidenteormai scomparso Assad si era fatto con-segnare una fatwa che dichiarava la settadegli alauiti come ramo dell'islam sciita.Questo quadro di laicità istituzionale hasempre permesso il mantenimento di untrattamento tendenzialmente egualitariotra le diverse comunità religiose.Tuttavia, nonostante questa laicità,oggiqualcosa sembra cambiato rispetto aglianni precedenti. Anche se gli alauitidominano all'interno dei vertici militari edei servizi segreti, il governo civile el'economia nazionale sono ampiamenteguidate dai sunniti. Il regime sirianosprofonda nella problematica delleminoranze in un contraddittorio sistemadi alleanze che cambiano repentinamen-te e si confronta sempre più con laminaccia dei nuovi fondamentalismi,arginati fino a questo momento con san-guinose repressioni. L'interrogativolegittimo legato alle ultime vicende poli-tiche riguarda la precarietà di una situa-zione legata al perdurare di un regimeautoritario anch'esso minoritario. Ci sidomanda fino a quando gli alauiti riusci-ranno a rimanere in questa situazione diprivilegio politico e quale posizioneadotteranno nello scontro religioso sem-pre più violento fra sunniti e sciiti.

GGllii aallaauuiittiissiirriiaannii...dalla discriminazione al poterea cura della Dott.ssa Federica Losito

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La tecnologiaattuale ha porta-to all'impiego del

computer in molti aspet-ti della vita quotidiana.Esso interessa e coinvol-ge tutti: dai ragazzi, chedovrebbero utilizzarne le

applicazioni per trascorrere in maniera diver-tente e più possibile istruttiva il loro tempolibero, agli adulti, che ne sfruttano le possibi-lità applicative in pressoché tutti i campi.Sono sotto gli occhi di tutti i vantaggi chesono derivati introducendo l'informatica neicicli di produzione, nella gestione delle risor-se, nell'insegnamento, nella ricerca, nellosnellimento della burocrazia e in tanti altricampi. In particolar modo, oggigiorno risul-ta fondamentale, oltre ad avere una buonaconoscenza della lingua inglese, conoscere irudimenti informatici che proiettano l'indivi-duo prima nel mondo dello studio e succes-sivamente in quello del lavoro.Specie nel contesto scolastico, l'elettronicaconsente anzitutto all'alunno di creare prodot-ti meglio rifiniti: perché il computer è un'otti-ma macchina da scrivere e, via via che ci siimpadronisce di determinati software (pro-grammi), anche un efficace strumento perdisegnare o per produrre grafici. Offre possi-bilità enormi al bambino,normalmente moltopiù propenso a impadronirsi di tutte le suepotenzialità di quanto non lo sia un adulto.

Ogni strumento di comunicazione chemonopolizza la ribalta e l'attenzione, suscitagiudizi contrastanti, spesso opposti. Il piùdelle volte a livello puramente istintivo. Ilcomputer casalingo, con il suo corteo divideogiochi, cd interattivi e Internet non faeccezione. Insomma, che il computer sia unutile strumento di lavoro non lo dubita piùnessuno. Ma i videogiochi, al contrario, subi-scono processi continui, dalle nonne ai gior-nali, dai genitori agli insegnanti. In famiglia, èimportante passare dalla demonizzazionedei videogiochi a un rapporto consapevole eresponsabile.Molti temono un altro pericolo: l'alunno abi-tuato a operare su schermi multimediali, cheoffrono la possibilità di replicare la realtà,potrebbe assuefarsi a convivere con oggettisoltanto virtuali. E così passerebbe molto delsuo tempo in una specie di "mondo a parte",diverso dalla realtà fisica che lo circonda, conovvie quanto deducibili conseguenze dalpunto di vista della crescita. SecondoVisalberghi (1998), sarebbe molto pericolo-so far perdere agli allievi il senso delle fontireali, fonti di tipo storico, testimoniale, libriclassici e non classici, ricerche scientifiche,insomma far perdere loro la consapevolezzache le basi della conoscenza stanno nellefonti scritte.Riprendendo nello specifico l'argomento"videogioco", questo promuove l'isolamen-to e conseguentemente l'egocentrismo del

giocatore. Conla fuga nelmondo appa-rente e virtualedello schermo,il giocatore sisottrae al confronto con i suoi simili: neibambini ricordiamo che è scarsamente defi-nito il confine tra finzione e realtà. Ne sonoun esempio i videogiochi di guerra che sonomolto diffusi. Essi trasmettono ai giovani lagioia di compiere azioni di guerra. Il giocato-re va a caccia di uomini, di avversari nel verosenso della parola, e viene premiato se li ucci-de. Cosa succede a questo punto? Succedeche il giocatore si investe di quella crudeltàveicolata dal gioco. La violenza appare ilmezzo migliore per la soluzione dei proble-mi. Con i videogiochi i ragazzi acquisisconoun potere decisionale nella realtà fittizia,senza saper valutare le conseguenze del loroagire e senza assumersi le responsabilità.Un controllo, un monitoraggio sarebbeauspicabile da parte delle figure di riferimen-to sia genitoriali che scolastiche, partendoanche dal presupposto che non è opportunoavvicinare il bambino al computer prima deisette-otto anni, se non per qualche giochettoche abbia comunque alla sua base un fonda-mento didattico.

Visaberghi A., in "Tèlema, attualità e futuro della societàmultimediale" intervista di Andrea Scazzola,n°12 del 1998

II ggiioovvaannii,, iill ccoommppuutteerree llaa ddiippeennddeennzzaa ddaaiivviiddeeooggiioocchhii

Giuseppe Bozza

E’nata una nuova rivista ATLASORBIS di geopoliti-ca, sicurezza e informazione diretta e fondata dal

dott. Fabrizio Locurcio e specialisti del settore della geo-politica, rappresentanti della forze dell'ordine e della ricer-ca universitaria,; distribuita gratuitamente, offre una pano-ramica nazionale e mondiale degli addetti ai lavori suglieventi che hanno influenzato i tempi di oggi.Un comitato di Saggi presieduto dal Vice Presidentedell'Ordine del Lazio dott. Gino Falleri, avrà il delicatocompito di introdurre le tematiche trattate oltre ad appor-tare la Sua grande esperienza di giornalista.Tra i nomi autorevoli che partecipano con articoli, saggi ecommenti vi sono il Prof. Nicola Pedde Direttore del

Globe Research docente diGeoeconomia, il Direttore delMaster di Geopolitica Prof. Domenico Caccamo, il Prof.Nicola La Marca di Storia Economica La Sapienza, ilProf. Gianluigi Rossi Vice Presidente dell'Istituto d'Africae d'Oriente, il Dott. Felice Addonizio Dirigente dellaPolizia Anticrimine di Roma, Prof . Francesco Gui ordi-nario di Storia d'Europa La Sapienza, e il consulente par-lamentare esperto di intelligence Prof. Alessio Piccirilli.Il secondo numero che uscirà a novembre con uno spe-ciale sul terrorismo, conterrà le dichiarazioni del Prof.Vittorfranco Pisano consulente del senato americano edocente presso l'Università di Malta, sui rischi ed il perico-lo del terrorismo in Italia.

www.agipress.it

a cura dello PsicologoDott. Domenico Giuseppe Bozza

Nasce una nuova rivistadi geopolitica e sicurezza

Agipress / Notizia n.4174del 09/11/2005 / 19.38.04

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L'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO), sito in Roma, Via Aldrovandi14, 00197 Roma, tel. 06.328551, è un ente pubblico non economico vigilato dalMinistero degli Affari Esteri. Sorto nel 1995 dalla fusione dell'IsMEO ("IstitutoItaliano per il Medio ed Estremo Oriente", fondato nel 1933 da GiovanniGentile) con l'"Istituto Italo-Africano" (IIA), l'IsIAO è presieduto sin dalla suacostituzione dal professor Gherardo Gnoli. L'Istituto, ponendosi al serviziodella nazione, opera attivamente nel campo della promozione culturale al fine dipropiziare rapporti sempre più validi e proficui tra l'Italia e i paesi dell'Africa edell'Asia. Presidente onorario Sen. Tullia Carrettoni; Vice Presidente Prof.Gianluigi Rossi; Direttore generale Dott.Umberto Sinatti.

PPrreesseennttaazziioonnee eedd OObbiieettttiivvii ddeell CCoorrssoo

II CAO, Centro di ricerca dell'IsIAO specializzato per gli Studie le Iniziative per l'Africa Occidentale, organizza nel quadrodelle attività didattiche dell'Istituto, in collaborazione conalcune Università italiane, un Corso di Perfezionamento inStudi Africani. Il Corso si svolgerà presso l'IsIAO da gennaio agiugno 2006 per un totale di 152 ore di insegnamento (vener-dì pomeriggio e sabato mattina) comprendenti lezioni e seminari,e sarà integrato con altre attività promosse dall'Istituto edalle Istituzioni universitarie partner del Corso. Obiettivo delCorso è fornire un livello alto di conoscenza delle problema-tiche di ordine politico, economico, sociale e culturale delContinente africano, nonché un'adeguata preparazione adaffrontare professionalmente i problemi dello sviluppo econo-mico e della società civile dei Paesi africani.II Corso è articolato in quattro aree (una introduttiva geogra-fica, storico-politica, antropologica; una politologica e giuridi-ca; una economica e dei problemi di sviluppo; una culturale);Sono altresì previsti seminari, anche ad orientamento profes-sionalizzante, tenuti da Rappresentanti del Ministero AffariEsteri, dirigenti di Agenzie e Organismi internazionali, nonchéda operatori ed esperti della cooperazione internazionale.Direttore del Corso è il Prof. Mariano PavanelloCCrreeddiittii Ai partecipanti verranno attribuiti un numero di creditiuniversitari di formazione concordati con leUniversità italianepartner del Corso.AAtttteessttaattoo ffiinnaallee Al termine del Corso, a tutti coloro cheavranno partecipato almeno a 90 ore di insegnamento, verràrilasciato un Attestato di Partecipazione. Il conseguimento delsuddetto Attestato del Corso rappresenta un elemento curri-culare rilevante per le professionalità operative in Africa e perla partecipazione a stage organizzati presso le AmministrazioniPubbliche, Organizzazioni di Cooperazione Internazionale,Organizzazioni non Governative.DDeessttiinnaattaarrii Al Corso possono partecipare: laureati del vec-chio e del nuovo ordinamento, iscritti alle lauree specialisti-che, dottorandi, funzionari ministeriali, funzionari diOrganizzazioni Internazionali e funzionari delle ONG, docentidegli Istituti Superiori, volontari nel servizio civile internazio-nale nonché esperti nella cooperazione internazionale.GGllii ssttuuddeennttii cchhee aavvrraannnnoo ccoonnsseegguuiittoo ll''aatttteessttaattoo ddeell CCoorrssoo eecchhee iinntteennddaannoo ppaarrtteecciippaarree aa ssttaaggee pprreessssoo RRaapppprreesseennttaannzzeeDDiipplloommaattiicchhee iittaalliiaannee,, OOrrggaanniissmmii IInntteerrnnaazziioonnaallii,, EEnnttii eeddIIssttiittuuzziioonnii aavvrraannnnoo ddiirriittttoo aadd uunnaa sseeggnnaallaazziioonnee ppaarrttiiccoollaarree ddaappaarrttee ddeellll''IIssIIAAOO.CCoossttoo II Costo del Corso è di 1.200,00 euro compresi i costidel materiale didattico.Per partecipare è necessario inviare la scheda di adesione (sipuò scaricare dal sito internet dell'IsIAO e del CAO) unita allafotocopia dell'avvenuto pagamento entro il 9 dicembreOOrraarriioo sseeggrreetteerriiaa ee SSeeddee ddeell ccoorrssoo IsIAO - Via U. Aldrovandi16, 00197 Roma - tei.: 06.328551 fax: 06.3225348 e-mail: [email protected] sito internet: www.isiao.it - www.cao.isiao.itTutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 13,00.

Corso di Perfezionamento in Studi AfricaniCorso di Perfezionamento in Studi Africani