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LIBERA UNIVERSITà MARIA SS. ASSUNTA - ORDINE DEI GIORNALISTI DEL LAzIO Periodico del MASTER IN GIORNALISMO - n. 30/31- aprile 2013 IN QUESTO NUMERO di Marcello Gelardini Nel bel mezzo di una profonda crisi istituzionale, le elezioni comunali di Roma di fine maggio rappresentano il primo vero test per i partiti dopo le politiche di febbraio. Le divisioni emerse in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica rischiano di riverberarsi anche a livello locale. Così, aldilà del mero risultato che uscirà dalle urne, la corsa al Campidoglio si riempie di significati ogni giorno di più. Riuscirà Alemanno a confermarsi sindaco? Impresa non facile. A sfidarlo, infatti, una nutrita schiera di avversari; in prima fila Ignazio Marino, il candidato del centrosinistra designato dalle primarie capitoline, e Alfio Marchini, il costruttore vicino alla sinistra ma ben introdotto negli ambienti che contano. I sondaggi indicano un testa a testa Alemanno-Marino, con Marchini possibile outsider. Sullo sfondo, una città dai mille volti e dalle molteplici proble- matiche; perché Roma, negli ultimi cinque anni, è cambiata; e non poco. Dal 2009 è la prima città metropolitana d’Italia, con un proprio statuto, maggiori poteri legislativi e un territorio che, pian piano, andrà a coincidere con quello provinciale. Un mega-comune difficile da amministrare e, troppo spesso, ostaggio di poteri forti e lobby imprenditoriali. Cementificazione selvaggia (servizio alle pagine 2-3), caos discariche, emergenza criminalità, traffico e degrado: sono solo la punta di un iceberg che sta minacciando il patrimonio storico-culturale della Capitale. Il prossimo sindaco, nuovo o vecchio che sia, dovrà perlomeno cercare di evitare la deriva. Accolto da uno scroscio di applausi. Così le Ca- mere, riunite a Montecitorio, hanno salutato il di- scorso d’insediamento di Giorgio Napolitano, al secondo mandato alla Presidenza della Repub- blica. Rieletto con una larghissima maggioranza (738 voti, più dei 2/3 del Parlamento), il Capo dello Stato ha avuto parole dure verso le forze politiche, accusandole di sterilità e invitandole a non auto- assolversi. Molte le responsabilità sulla situazione in cui versa il Paese, prima su tutte la mancata ri- forma della legge elettorale. È necessario rico- minciare, perché no, anche dalle larghe intese che, in un simile quadro politico, sono «tassative». E sulle parole di Berlusconi, «meno male che Giorgio c’è», si profila all’orizzonte un “Amato” go- verno tecnico. (DC) LA GRECIA CHE RESISTE Lumsanews ad Atene capitale di uno Stato alle prese con la crisi (serivizi alle pagine 10-11) TIBURTINA COME LAS VEGAS Roma nella morsa di slot e casinò. L’azzardo è il nuovo grande business (servizio a pag.6) Ciao Giorgio Bentornato Napolitano Duello Capitale Duello Capitale Si gioca sull’urbanistica e sui maxi-progetti edilizi lo scontro elettorale del 26 maggio tra Marino e Alemanno periodico numero 30:Periodico numero 27 26/04/2013 12.56 Pagina 1

Periodico lumsanews n.30

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periodico della scuola di giornalismo della LUMSA

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Page 1: Periodico lumsanews n.30

LIBERA UNIVERSITà MARIA SS. ASSUNTA - ORDINE DEI GIORNALISTI DEL LAzIOPeriodico del MASTER IN GIORNALISMO - n. 30/31- aprile 2013

IN QUESTO NUMERO di Marcello Gelardini

Nel bel mezzo di una profonda crisi istituzionale, le elezionicomunali di Roma di fine maggio rappresentano il primo verotest per i partiti dopo le politiche di febbraio. Le divisioniemerse in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblicarischiano di riverberarsi anche a livello locale. Così, aldilà delmero risultato che uscirà dalle urne, la corsa al Campidogliosi riempie di significati ogni giorno di più. Riuscirà Alemanno aconfermarsi sindaco? Impresa non facile. A sfidarlo, infatti,una nutrita schiera di avversari; in prima fila Ignazio Marino, ilcandidato del centrosinistra designato dalle primarie capitoline,e Alfio Marchini, il costruttore vicino alla sinistra ma benintrodotto negli ambienti che contano. I sondaggi indicano untesta a testa Alemanno-Marino, con Marchini possibile outsider.Sullo sfondo, una città dai mille volti e dalle molteplici proble-matiche; perché Roma, negli ultimi cinque anni, è cambiata; enon poco. Dal 2009 è la prima città metropolitana d’Italia, conun proprio statuto, maggiori poteri legislativi e un territorioche, pian piano, andrà a coincidere con quello provinciale. Unmega-comune difficile da amministrare e, troppo spesso,ostaggio di poteri forti e lobby imprenditoriali. Cementificazioneselvaggia (servizio alle pagine 2-3), caos discariche, emergenzacriminalità, traffico e degrado: sono solo la punta di un icebergche sta minacciando il patrimonio storico-culturale dellaCapitale. Il prossimo sindaco, nuovo o vecchio che sia, dovràperlomeno cercare di evitare la deriva.

Accolto da uno scroscio di applausi. Così le Ca-mere, riunite a Montecitorio, hanno salutato il di-scorso d’insediamento di Giorgio Napolitano, alsecondo mandato alla Presidenza della Repub-blica. Rieletto con una larghissima maggioranza(738 voti, più dei 2/3 del Parlamento), il Capo delloStato ha avuto parole dure verso le forze politiche,accusandole di sterilità e invitandole a non auto-assolversi. Molte le responsabilità sulla situazionein cui versa il Paese, prima su tutte la mancata ri-forma della legge elettorale. È necessario rico-minciare, perché no, anche dalle larghe inteseche, in un simile quadro politico, sono «tassative».E sulle parole di Berlusconi, «meno male cheGiorgio c’è», si profila all’orizzonte un “Amato” go-verno tecnico. (DC)

LA GRECIA CHE RESISTELumsanews ad Atene capitale di uno Stato alle prese con la crisi(serivizi alle pagine 10-11)

TIBURTINA COME LAS VEGASRoma nella morsa di slote casinò. L’azzardoè il nuovo grande business

(servizio a pag.6)

Ciao GiorgioBentornato Napolitano

Duello CapitaleDuello Capitale

Si gioca sull’urbanisticae sui maxi-progettiedilizi lo scontro elettorale del 26 maggiotra Marino e Alemanno

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Secondo il recentissimo rapportodell'ISPRA (Istituto Superiore perla Protezione e la Ricerca Ambien-tale) in generale negli ultimi anni ilconsumo di suolo in Italia è cre-sciuto ad una media di 8 metri qua-drati al secondo. Ogni 5 mesi vienecementificata una superficie pari aquella del comune di Napoli e ognianno una pari alla somma di quelladi Milano e Firenze. Le associa-zioni ambientaliste sono sul piededi guerra: «Il consumo di suolo –sottolinea Vittorio Cogliati Dezza,presidente di Legambiente - è oggiun indicatore dei problemi delPaese». E poi: «La crescita di que-sti anni, senza criteri o regole, è trale ragioni dei periodici problemi didissesto idrogeologico e tra lecause di congestione e inquina-mento delle città». Gli ambientali-sti sostengono che l’Italia è vittimadi una logica controversa:siamo iprimi a produrre cemento e gli ul-

timi a saperlo riciclare. Le ragioni,in buona parte, risiedono nellaquantità di nuove costruzioni rea-lizzate negli ultimi anni: 260 milasolo nel 2009 tra abitazioni e fab-bricati non residenziali. Secondogli ultimi dati dell’Istat, nel decen-nio 2001-2011, di fronte a un incre-mento della popolazione stimato inun milione di nuclei famigliari,sono stati costruiti 1 milione e 571mila nuovi alloggi residenziali. Se-condo Legambiente occorrerebbefare come negli altri paesi europei:si recuperano i materiali dalle co-struzioni e dalle demolizioni, pic-coli o enormi che siano.Noi chiudiamo la classifica con unmisero 10% (dati Eurostat e Ispra),mentre va a finire nelle discaricheo negli inceneritori il restante 90%,con tutti i costi ambientali ed eco-nomici che questo comporta.(AF)

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di Domenico Cavazzino

Italia, popolo di santi,poeti, navigatori ma so-prattutto, costruttori. Forsetroppo a giudicare dalla si-tuazione edilizia del nostroPaese. Ormai, è il caso didirlo, non c’è terra chetenga, nonostante si dicache il mercato immobiliaresia in crisi, si continua acostruire a tutto discapitodel territorio nazionale. Ilcontinuo “mangiare” divolta in volta i terreni agri-coli, convertiti in edifica-bili, è chiamatocementificazione. Un pro-blema serio che in Italiacoinvolge in particolarmodo la Lombardia, il Ve-neto, il Lazio e l’Emilia-Romagna, veri e propridivoratori di suolo pub-blico. E ad essere coin-volta non è solo l’Italia magran parte dell’Europa:l’allarme è stato lanciatodall’European Environ-

ment Agency – in Spagnagli ultimi anni c’è stato unaumento esponenzialedelle costruzioni abitativeche ha portato all’esplo-sione della bolla edilizia:palazzine intere disabitatein mancanza di acquirenti– ma nel nostro Paese il fe-nomeno persiste dal 1956,in pieno boom del dopo-guerra. Un cambiamentoradicale che ha portatol’Italia a trasformarsi daPaese fondamentalmenteagricolo a colosso indu-

striale e votato all’edilizia.Ma se in un primo mo-mento e negli anni a venirela cosa ha portato nonpochi vantaggi in terminidi occupazione e sviluppo,oggi la situazione non èpiù sostenibile: in Italia cisono solo 13 milioni di et-tari di superficie agricolacontro i 18 di 40 anni fa.Per questo motivo, loscorso settembre, il Go-verno ha deciso di affron-tare la questione. IlPremier, Mario Monti, ha

evidenziato come le pro-porzioni del fenomenosiano ormai preoccupanti eha annunciato l’approva-zione, in via preliminare,di un regolamento che di-sciplina l’autorizzazioneunica ambientale (Aua)oltre a un disegno di leggeche mira alla valorizza-zione delle aree agricole eal contenimento del suolo.Nel ddl si prevede chevenga fissata l’estensionemassima di superficie agri-cola edificabile nazionale,misura poi stabilita dalleRegioni su base territorialee ripartita tra i Comuni.L’obiettivo è chiaro comespiega il ministro delle Po-litiche agricole, Mario Ca-tania: «Limitare ilprocesso di cementifica-zione delle aree agricole eporre fine a un trend assaipericoloso per gli assettiidrogeologici, la filiera ali-mentare e il paesaggio».Plauso da tutte le organiz-

zazioni agricole anche seConfagricoltura pur mani-festando apprezzamentoper l’attenzione posta dalGoverno, è contraria al “li-mite sulla destinazione neltempo dei terreni agricoliche hanno beneficiato diaiuti di Stato e comunitari”

Il mattone fa ancora golae si continua a costruire

13 milioniGli ettari di superfice agricola

contro i 18 di 40 anni fa;166%

L’incremento della cementificazione dal 1971 al2010;

1 milione e 571milaGli alloggi residenziali costruiti tra il 2001 e il 2011(fonte ISTAT);

Le regioni più colpite dal fenomenoLombardia, Veneto, Emili-Romagna, Lazio

Dati sul cemento

La protesta degli ambientalisti

No al consumo del suolo

Una colata di cemento invade l’Italia. Persi in pochi anni 5 milioni di ettari di su primo p

Sono indicati come i principali colpevoli. Quei costruttori, accusati dipensare solo al profitto, incuranti delle conseguenze che il loro lavorocomporta per l’ambiente. L’Emilia-Romagna è uno dei territori più col-piti dal fenomeno della cementificazione, ma se è vero che a tutto c’èun limite, pare che, finalmente, ci si stia ravvedendo. Le associazionidei costruttori hanno riconosciuto che l’unico modo per l’edilizia di ri-sollevarsi e uscire dalla crisi che ha colpito in tutti i settori, sia quello diimpegnarsi nel recupero e nella trasformazione di quanto già costruito. Se pensiamo che anche Confedilizia, associazione dei proprietari immo-biliari, ha mostrato apprezzamenti per il disegno di legge proposto dalGoverno lo scorso settembre (v.d. sopra), ci sarebbe di che essere otti-misti. Invece a Parma, il Comune ha rilasciato nuovi permessi per co-struire mentre si esaminano le richieste fatte da imprese private cheandrebbero a coprire 850mila metri quadri di suolo. E la battaglia controil “consumo di suolo”? Alcuni dei progetti sarebbero già stati avviati inpassato e fermare tutto esporrebbe il Comune a una serie di risarcimentie penali. Intanto alla Regione, il Govenatore Vasco Errani è stato accu-sato dai consiglieri del MoVimento 5 Stelle che ricordano le promesse,finora non mantenute, fatte in campagna elettorale.E anche a Roma lasituazione non è delle più rosee: nella seduta comunale del 9 aprile èstata approvata la costruzione di 200 nuovi alloggi a Casal Brunori (pe-riferia sud); rimandata, invece, la delibera sulla demolizione e ricostru-zione di Tor Bella Monaca. Il sindaco, Gianni Alemanno, ha promessoche sarà uno dei primi provvedimenti in caso di rielezione. Sembra pro-prio che l’era del cemento non sia affatto conclusa. (DC)

Là dove c’era l’erbaE a Roma nuove “manovre” urbanistiche

il PeriodicoLUMSANEWS

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il PeriodicoLUMSANEWS 3

I danni del boom edilizioda Veltroni ad Alemanno

Nessuna barricata, per il momento,da parte dei costruttori. È chiaro,comunque, che un simile provve-dimento, con l’approvazione defi-nitiva, riserverà anche opposizionie polemiche ma, forse, se abbiamoa cuore la situazione dell’ambientee del nostro Paese, sarà bene nonascoltare alcune campane.

i superficie agricola

La Soprintendenza blocca il progetto di un Museo e di un hotel sul Lungotevere

Raccolta di firme per salvare via Giulia

o piano

di Alessandro Filippelli

Tantissimo cemento, difficilmentequantificabile, fra i dieci e i quin-dici milioni di metri cubi, qual-cuno si spinge oltre e parla diventi. Dal 1951, mescolando in-terventi di edilizia pubblica e pri-vata, in proporzioni a tuttovantaggio di quest’ultima, la Capi-tale si espande a un ritmo che nonha eguali nella propria storia. Lecase invendute sono uno degli ef-fetti di queste sproporzioni e, con-temporaneamente, il prodotto diun boom edilizio. Da quarant’anni,con lievi oscillazioni, Roma è de-mograficamente stabilizzata. Ilcensimento del 2011 indica che iromani residenti sono 2 milioni760 mila, 1 milione e 100 mila inpiù del 1951, ma appena 210 milapiù del 2001 e praticamente glistessi del 1991 e del 1971. C’èsproporzione fra il ritmo di crescitadei romani e quello di Roma, con-siderando anche l’aumento del nu-mero delle famiglie e segnalandoche l’incremento di residenti è so-prattutto prodotto dagli immigrati.Nel 2010, stando alle previsionidel Piano regolatore approvato nel

2008, l’area urbanizzata raggiungei 60 mila ettari. In sessant’anni lasuperficie del costruito è aumen-tata di 4,5 volte. Ma il mercato èfermo, le compravendite sonocrollate, i mutui non si erogano piùcome prima. Da Veltroni ad Ale-manno, a colpi di delibere, Romaeredita una colata di altri 100 mi-lioni di metri cubi di cemento chestravolgerà negli anni a venirel’assetto urbanistico della Capitale.Una “manovra urbanistica”, de-nunciano le associazioni ambien-taliste, che mette a rischio l'agroromano e mira a cementificarezone di pregio e periferie. Le delibere, oggetto di polemichedegli ultimi giorni in Consiglio, ri-guardano molte partite immobi-liari e diverse operazioni di cui

sono protagonisti nomi di noti im-mobiliaristi romani. Ecco alcuninumeri del famoso pacchetto chegiace da tempo in Campidoglio: aCasal Boccone, nel Municipio IV,sono previsti più di 33 mila metricubi per i 4 grattacieli da 16 pianie le 11 palazzine. Con il raddoppiodella centralità Anagnina - Roma-nina, nel Municipio X, ecco più di790 mila metri cubi. Oltre 1,5 mi-lioni di metri cubi per la valorizza-zione immobiliare delle casermenei municipi I, V, XI, XV, XVII,XVIII e XIX. E ancora, più 48mila metri cubi per il cambio didestinazione d'uso dell'area dell'exVelodromo nel municipio XII cheda cittadella dell'acqua si tra-sforma in residenziale. Circa 84mila metri cubi per i 270 apparta-menti per il personale dell'Aero-nautica militare tra la centralitàBufalotta e il parco delle Sabine,nel IV Municipio; più 50 milametri cubi per un palazzo di 6piani con funzioni residenziali,commerciali e terziarie al postodell'ex deposito Atac piazza Bain-sizza a Prati e oltre 96 mila metricubi per la riqualificazione dellavecchia Fiera di Roma.

di Annalisa Cangemi

Via Giulia era la via degli anti-quari e delle gallerie d’arte. Al-meno fino a quando il degrado el’abbandono non hanno preso ilsopravvento. Eppure via Giulia èconosciuta in tutta il mondo, comestrada simbolo del Rinascimento:voluta nel XVI secolo da Giulio II,su progetto del Bramante, è laprima via tracciata a Roma ad an-damento rettilineo. L’architettoMassimiliano Fuksas la considera“la prima strada moderna dellacittà”.Oggi le auto parcheggiateabusivamente ai lati della stradaimpediscono il transito dei pedoni.Un tempo però i negozi erano unvia vai di clienti e curiosi. Se lo ri-corda bene Paola Cipriani, pro-prietaria della galleria “LaChimera”, che nella via lavora daoltre 30 anni. La signora Ciprianiè presidente dell’associazione

“Amici di via Giulia”, che si battecontro il parcheggio selvaggionella storica strada, e ne chiede lapedonalizzazione. “Da quando nella via è stata collo-cata nel 1992 la Superprocura An-timafia – dice Paola Cipriani – lastrada è diventata invivibile. Sonostati realizzati dei garage, con latettoia in eternit, per le vetture deidipendenti”. Ma i problemi sonotanti. Quando piove la rete fognaria nonfunziona, causando allagamenti.L’Ama poi non sempre riesce a ga-rantire la pulizia della strada. Du-

rante gli scavi archeologici per larealizzazione del parcheggio inter-rato di Largo Perosi, sono stati rin-venuti gli spogliatoi e le stalledegli aurighi che correvano alCirco Massimo. La Soprinten-denza Archeologica ha così pre-sentato un progetto, firmatodall’architetto Stefano Cordeschi,per la costruzione di un Museo di2500 mq e di un Hotel. E proprio questo albergo divideoggi residenti, negozianti e intel-lettuali. “Via Giulia dal punto divista commerciale è morta -denun-cia Paola Cipriani – questo hotel

rilancerebbe la strada dal punto divista turistico, e potrebbe far ripar-tire l’economia. Abbiamo raccoltooltre 500 firme a favore della rea-lizzazione dell’opera”. Ma l’hotelnon piace al “Coordinamento perla tutela di via Giulia”, che chiedelo stop del progetto. L’appello, fir-mato da artisti e intellettuali comeCarlo Verdone Giovanni Minoli,Vittorio Emiliani, Piero Bevilac-qua, vuole sensibilizzare i cittadinie le istituzioni sui danni che unedificio moderno potrebbe arre-care alla via.Secondo il Coordinamento è ne-

cessario che venga istituito un co-mitato scientifico che studi il caso.Scopo della petizione è poi quellodi bandire un Concorso Interna-zionale di Idee, che possa valutarela migliore soluzione possibile. La questione resta comunque sultavolo della Soprintendenza, in at-tesa di nuove valutazioni.

Veduta di via Giulia a Roma

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di Claudia Nardi

La crisi dei mercati rionali a Roma c’è e si sente. La situa-zione si fa sempre più preoccupante per gli operatori del set-tore che, vuoi per la crisi economica generale, vuoi per laconcorrenza messa in atto dalla grande distribuzione, assi-stono a un calo vertiginoso delle vendite tanto che i com-mercianti fra tasse, stretta creditizia e crollo dei consumi,sono costretti a chiudere le proprie attività. Gli esercenti sisentono abbandonati dal Comune e denunciano di vivere incondizioni estreme, colpiti da abusivismo selvaggio, mer-catini biologici che spuntano da ogni parte e la solita piagadei mega centri commerciali che riduce la clientela.Criticità che si fanno sentire anche a livello culturale. Difatto, l’immagine simbolo del mercato come tipico luogodi ritrovo, di socialità e soprattutto di acquisto di prodotti diqualità a basso costo, ormai non esiste più. E' una tradizioneche come altre sta subendo gli effetti della globalizzazione;nel caso specifico, il mercato sta patendo l'aumento dellagrande distribuzione che sta penalizzando i venditori met-tendo a rischio la loro presenza. Un momento davvero pre-occupante, quindi, per una realtà che ha sempre fatto partedel tessuto sociale cittadino.

di Leonardo Rossi

Crisi nera per la vendita aldettaglio nella Capitale. Unbanco su quattro dei 5.343dei 126 mercati rionali dellaCapitale ha chiuso. Un casoclamoroso è quello di PonteMilvio. A spiegare questa si-tuazione drammatica è Do-menico Piazzolla, uno deititolari di un chiosco di ali-mentari, forse uno dei settoripiù colpiti dalla crisi. «Il pro-getto che è stato attuato dalcostruttore Andrea Caporlin-gua – dice Piazzolla – avevauna cubatura frutto di unaspeculazione che ha portatosolo danni».Il mercato, che si affaccia suuna stretta via, da pocotempo non più a senso unico,è a un piano ma sulla cartaoriginariamente dovevanoessere tre; per aumentare lacubatura il Comune avevapreso la decisione di dare inconcessione il terreno per co-struire una pizzeria dei Fra-telli la Bufala, togliendo«Stiamo chiudendo» dicePiazzolla. La situazione èdrammatica. Già molti eser-

centi hanno abbassato le ser-rande. Dopo aver chiesto la possibi-lità alle strutture competentidi trasformare il mercato diPonte Milvio in una zonacommerciale simile a Eataly,dove si può mangiare e com-prare, la risposta del Comuneè stata negativa: «Di punti disomministrazione – ci diceDomenico Piazzolla – nonce ne può essere più di uno»,come previsto da un decretolegge del’87. «Non abbiamoparcheggi – aggiunge – duepiani seminterrati sono solobox, e non abbiamo la giustavisibilità per essere rintrac-

ciati. Questo è un problemamacroscopico. Ci sono 3500metri quadrati di commerciosenza parcheggio, una deci-sione che ha causato un calodel 90% delle vendite». Nel caso del mercato diPonte Milvio la promessadella politica è stata quella dicreare lo Sportello Circoscri-zionale, con «tanta pubblicitàma pochi fatti».La sede c’è «ma è vuota».Gianni Giacomini, Pdl, sfi-duciato nel XX Municipio,fece alcune proposte madopo è seguita «solo propa-ganda». Anche il sindacoAlemanno non è stato da

meno: con la promessa dicreare un nuovo impianto diilluminazione, rispettata, haaggiunto anche la promessadi consegnare «dei carrelli edelle scritte, per un totale di90mila euro. Ma non c’è stato dato nulla».Anche il sindacato ha le sueresponsabilità. «Noi siamostati boicottati dal nostro sin-dacalista», dice Piazzolla.Franco Gioacchini, a capodell’U.p.v.a.d., associazionedei venditori al dettaglio diConfcommercio, è accusatodi «essersene sostanzial-mente fregato». Il sindacali-sta non ha «tutelato i nostri

interessi». Di progetti per ilmercato ne furono presentatiin quantità, spiega semprePiazzolla. Già dal ’92 i com-mercianti si rivolsero diretta-mente a degli architetti efurono presentati ben 11 pro-getti alla casina Valadier, dicui ne furono scelti tre, spe-diti quindi al Comune;quello approvato e pagatodai commercianti partì, ma irisultati non erano corrispon-denti alle aspettative.Quello che sta succedendo

nelle aree attrezzate per ilcommercio al dettaglio è ilfrutto di una situazione diffi-cile da gestire: infatti, spessoi progetti nascono sulla cartain un determinato modo, mafiniscono con l’essere svilup-pati in un altro. Ponte Milvione è un esempio lampante»dice Piazzolla. Al Comune iresponsabili sono tanti, unodi questo è Davide Bordoni,assessore alle Attività Pro-duttive, al Lavoro e al Lito-rale di Roma Capitale. A luiPiazzolla rivolge una do-manda: «Tutte le propostedei commercianti di PonteMilvio dove sono finite?».

Alle accuse mosse da Do-menico Piazzolla, in meritoal disinteresse nei confrontidei commercianti dei mer-cati rionali risponde FrancoGioacchini, presidentedell’Unione ProvincialeVenditori al Dettaglio.Ritiene che l’U.P.V.A.D. siacolpevole della situazionecritica in cui attualmenteversano i mercati rionali eche non ha tutelato gli in-teressi degli Operatori? «L’U.p.v.a.d. ha sempre cer-cato di svolgere nel miglioredei modi il suo ruolo istitu-zionale, nell’esclusivo inte-resse di tutta la categoria. Siè confrontata con gli opera-tori, si è rapportata con glienti locali, ha organizzatomanifestazioni di protesta,

scioperi, corsi di forma-zione, convegni, ha favoritoricerche di mercato, mo-menti di aggregazione.Per quanto concerne il mer-cato di Ponte Milvio, damesi stiamo sollecitando sial’Amministrazione Comu-nale sia la ditta costruttricead assumersi le dovute re-sponsabilità e a risolvere lenumerose criticità in es-sere». Secondo lei, quale respon-sabilità ha avuto la politica

nel declino dei mercati rio-nali negli ultimi anni? «La classe politica ha avutopesanti colpe nel declino deimercati rionali. Pensiamo alla realizzazionedei Project Financing diPonte Milvio, Trionfale eTestaccio, che sono statedelle vere e proprie specula-zioni immobiliari che nonhanno tenuto conto delle esi-genze degli operatori. Tra le mancanze dell’ Am-ministrazione Comunale,non possiamo non citare lamancata lotta all’abusivismocommerciale, ormai vera epropria piaga - economica esociale - della città e che stadiventando un vero pro-blema di ordine pubblico.(CN)

Intervista a Franco Gioacchini dell’Upvad

«Le colpe della politica»Calo delle vendite

«Assediati dagli abusivi»

Interno mercato di Ponte Milvio

4 il PeriodicoLUMSANEWS

Crisi, crollo dei mercati rionaliPonte Milvio, perché la nuova struttura allontana i clienti

roma

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Zingaretti, riapri quell’ospedale Appello per il San Giacomo. «Lo hanno chiuso con un inganno»

di Alessio Perigli

Era un pezzo di storia della capitale.Fondato nel 1328, l’ospedale SanGiacomo è stato chiuso nel marzodel 2008 e adesso la struttura non èutilizzata. Situato a via del Corso,vicino Piazza del Popolo, l’ospe-dale era un centro di eccellenza fun-zionante. Questo perchè la giuntaregionale Marrazzo-Montino avevaprovveduto alla ristrutturazione del-l’ospedale, dotandolo dei più mo-derni macchinari e di tutto quelloche occorre per garantire un servi-zio d’avanguardia aipazienti:pronto soccorso, rianima-zione, reparto oncologico, insommatutto ciò che serve per ospitare130.000 accessi l’anno. Nel luglio2008 questi lavori erano conclusi.Decine di milioni di risorse pubbli-che investite per potenziare l’ospe-dale. Poi la notizia shock: suRepubblica si parla della possibilecessione della struttura. Marrazzo lamette in vendita nell’agosto 2008. Ecco l’anomalia denuciata da Oli-via Salviati, fondatrice del comitatoche si è battuto contro la chiusuradell’ospedale: come è possibile che

sono stati spesi milioni di euro didenaro pubblico per poi vendere lastruttura? Qualcosa non torna. Aquesto punto cominciano le batta-glie del comitato.Viene interpellatauna ricercatrice di Italia Nostra,Francesca Di Castro che ha trovatoil testamento del card. AntonioMaria Salviati, che aveva donato lastruttura alla città di Roma conl’esplicita intenzione di utilizzarlasolo per fini ospedalieri insieme aldivieto di vendere l’immobile. Ilcontenuto è chiaro: non si può ven-dere. Di questo alla Regione non

importa, ma è costretta alla resasolo quando vengono presentati deivincoli storici all’utilizzo dellastruttura ospedaliera, ma è tutta ap-parenza. Il primo marzo 2009 l’edi-ficio viene invaso dai centri sociali:lo sgombero è immediato, solo chevengono cacciati anche i pazienti(che si sono presi anche delle man-ganellate) e viene chiusa tutta lastruttura. Ora nessuno ci può en-trare e dentro c’è solo un custodeche a malapena risponde a un cito-fono scassato. Tanti soldi spesi e unnulla di fatto. I macchinari sono

stati trasferiti in altri ospedali.Adesso sta alla nuova giunta Zinga-retti dare delle risposte in merito,visto che la sanità è competenza re-gionale. Per ora rimangono solo ve-leni e polemiche: Oliva Salviati hasottolineato in un video su Youtubeche i posti letto del San Giacomosono stati tagliati per trasferirli inuna struttura privata: al campus bio-medico dell’Opus Dei. Al di là delleaccuse di parte, la Regione Lazio èchiamata a specificare le reali deci-sioni di una scelta di cui i passaggilogici sono oscuri.

il PeriodicoLUMSANEWS 5

L’ospedale San Giacomo, abbandonato al degrado Piero Marrazzo

Il testamento (del 13 febbraio1601) presentato dal legale dellafamiglia Salviati e tradotto dallostudioso Sebatiano Bisson nonlascia grande margine di mano-vra alla Regione: l’ospedale nonsi può vendere. Ecco la parte ditesto che lo dimostra inequivoca-bilmente: il cardinale “ordina estabilisce che tutti i beni e i dirittidonati da lui stesso, enumerati inquesto instrumento, nonchè tuttigli altri singoli beni che in se-guito verranno da lui destinatidalla Chiesa alla confraternita eall’arciospedale di S.Giacomo odal collegio Salviati (...), in alcunmodo possano essere venduti, ce-duti, dati, donati, pignorati, ipo-tecati, obbligati nè totalmente nèin parte, anche minima a qual-siasi titolo o diritto, ad alcunapersona, luogo, collegio, univer-sità o capitolo; nè possano achiunque altro essere trasferiti opermutati per lungo tempo, datiin enfiteusi, a livello o affittati,

anche con il pretesto di qualsiasiutilità o necessità; nè possano es-sere alienati, nascondendo il ter-mine dell’alienazione sotto unqualsiasi pretesto o a causa di ur-gentissimi bisogni”. Poi il mo-nito decisivo:”egli dichiara estabilisce che la medesima proi-bizione all’ipoteca e alla vendita,come precedentemente espresso,sia ovunque e per tutti conside-rata in essere”. Difficile trovarecavilli che possano legittimare lavendita della struttura o una ri-conversione della stessa per finidiversi da quelli ospedalieri.Inoltre lasciar morire un nosoco-mio funzionante e da poco tempopotenziato con ingenti risorseeconomiche è un torto fatto allacittadinanza. L’auspicio è che lanuova giunta regionale possa farchiarezza su ciò che è avvenuto esi impegni nel far rispettare lavolontà del card. Salviati che,come dimostrato, è chiara e ma-nifesta. (AP)

La volontà del cardinale Salviati«La struttura non va venduta»

di Gianluca NatoliLa chiusura dell’ospedale S.Giacomo, voluta nel 2009 dalla regioneLazio, non ha lasciato indifferenti le istituzioni del centro storico romano,che sembrano non essersi rassegnate all’abbandono della struttura. Sullaquestione abbiamo intervistato Sabrina Alfonsi, candidata alle primariedel centrosinistra per la presidenza del Municipio I della Capitale.Cosa potrebbe fare il Municipio, nei limiti delle sue possibilità, perl’ospedale S. Giacomo? «Quello che può fare il Municipio è far conoscere i bisogni delle personeche abitano in questo territorio così vasto. In centro c’è una grande ri-chiesta di servizi sanitari, soprattutto dopo la chiusura di molti centri. IlS. Giacomo potrebbe diventare, per esempio, un poliambulatorio, unpronto soccorso leggero accessibile ai turisti». La nuova giunta Zingaretti ha già dato segnali per la possibile ria-pertura dell’ospedale? «Per quanto mi risulta la questione dell’ospedale S. Giacomo non è stataancora affrontata dalla giunta Zingaretti. Penso che sia giusto che ospe-dali piccoli con poca casistica vengano chiusi, ma le risorse risparmiatedevono essere investite in favore di altri servizi territoriali che snelli-scano le file in ospedale».Come giudica la gestione della vicenda da parte dell’ex presidentedella regione Piero Marrazzo, accusato di aver provato a vendere lastruttura?«Razionalizzare il sistema degli ospedali a lunga degenza non è sba-gliato, se la struttura viene spostata su altri servizi. L’intervento sul S.Giacomo invece è rimasto a metà. E’ stato chiuso un ospedale e non èstato sostituito da nient’altro».

Sabrina Alfonsi svela i piani “segreti” e attacca la Regione

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il PeriodicoLUMSANEWS

Il giro di affari delle new slot: il futuro delle scommesse passa da qui

Azzardo. Da Las Vegas Strip alla Tiburtina, ora i romani tentano la fortuna

di Marco Stiletti

Nessun altro gioco, nella storia dei concorsi inItalia, ha saputo fare meglio della New Slot che,dalla loro immissione sul mercato nel 2004,hanno conquistato il primo posto sul podio deigiochi più amati. Un giro di affari di oltre 25miliardi di euro quello delle slot che vengonodefinite “new slot” perchè vengono autorizzatedall’Amministrazione dei Monopoli di Stato,garante della legalità e della sicurezza in mate-ria di apparecchi di divertimento e intratteni-mento, che assicura la trasparenza del giocomediante la verifica di conformità alle prescri-zioni normative. A determinare il primato delleslot tra i giochi è la crisi economica, l’instabilità

politica e la mancanza di lavoro. La soluzioneper la maggior parte degli italiani a volte èquella di puntare tutto quello che è rimasto incambio di una possibile vincita. Le personesembrano giocare di più facendo soltanto ilgioco dello Stato che attraverso “Gratta evinci”, scommesse, slot e video poker arriva aun guadagno di 55 miliardi. Il giro di affari to-tale, considerando che ovviamente lo Stato nonè l’unico che guadagna , arriva anche a 100 mi-liardi se non più. Quindi in media ogni italianospende 1000 euro all’anno per giocare. Ovvero4000 euro per una famiglia media. Oltre al fat-tore economico entra in gioco per chi spendemolti soldi alle slot anche il fattore psicologico.E questo è un gran problema, poichè è difficile

da curare qualcosa che viene causato dallamente. Tutto questo non può essere consideratoun gioco: con un gioco qualsiasi ci si diverte, siraggiungono obiettivi, arrivano soddisfazioni;nel gioco d’azzardo si paga, si gratta la schedinao si schiaccia il tasto giusto, e si ritorna il quasipiù delle volte più poveri di prima a casa. Leslot, però, sono anche un ottimo modo per rici-clare soldi perchè si mettono dentro i soldi nellamacchinetta, senza giocare si clicca su “paga”o sul tasto assegnato per ritirare i soldi, siprende la ricevuta, si va alla cassa e si ritirano isoldi. Questi soldi, poi, possono provenire be-nissimamente da attività illegali, riciclati senzaspendere un centesimo. La maggior parte diquesti soldi appartiene di solito ai malviventi.

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di Claudio Paudice

È la Las Vegas Strip diRoma, ma senza CadillacEldorado che sfrecciano esenza quel turbinio di lucie riflessi che contraddi-stinguono la città del Ne-vada. Siamo sullaTiburtina, la via conso-lare fatta costruire dalconsole Marco ValerioMassimo Potito per colle-gare Roma a Tivoli. Illungo tratto che va da SanBasilio al Raccordo Anu-lare si è trasformato neglianni ’70 in un’area adalta concentrazione indu-striale. Poi, nel 2000, hascoperto la vocazione Hi-tech e si è lasciata sedurredal settore terziario. Ale-nia però ha iniziato a tra-sferire gli uffici a Torino,Technicolor a ridimensio-

nare le attività, le piccoleimprese della logistica,lentamente, a chiudere.Oggi la Tiburtina Valley ècostretta a cambiare dinuovo veste. Così è di-ventata la Las Vegas deipoveracci, il regno delleslot machines, delle mac-

chinette. Qui, per gio-care, non c’è bisogno dimettersi in tiro. Certo,qualcuno ben acchittatolo trovi sempre, di seranei weekend si vedonoanche Suv e moto con beimarmittoni. Ma, per lamaggior parte, sono im-

migrati, pensionati, uo-mini di mezza età cheprovano a sbarcare il lu-nario. Di mattina ancheragazzi che fanno sega ascuola e investono la loropaghetta. Gente sempliceben disposta a passare oredavanti allo schermo ve-dendo scorrere ciliegie,cactus, arance, piramidi,nella speranza che necompaiano tre o quattrosulla stessa fila. Ariastanca e occhi spenti. Per-ché qui quasi tutte le at-trazioni sonoautomatizzate. Solo alDubai Palace, oltre ai sa-loni delle slot e alla zonaroulette, c’è una salabingo, dove perlomeno cisi deve sforzare a segnarei numeri sulla cartella. Il Dubai Palace è il piùgrande e il più fornito dei

casinò della Tiburtina.Chi ha fame può anchecenare al ristorante e, secapita, ascoltare musicadal vivo o assistere a unospettacolo di cabaret. Dacontorno, schermi televi-sivi per quello che unodei proprietari definisce“intrattenimento inte-grato”. Il Dubai Palace ècertamente il pezzo fortedella Tiburtina d’azzardo.Ma ci sono anche il TerryBell e il Manhattan, piùpiccoli e modesti, e conmeno pretese. E il LasVegas, aperto 24 ore su24, una via di mezzo tra imiseri casinò automatiz-zati e i grandi saloni digioco. Ma la clientela chegira è sempre la stessa, lariconosci dalle facce sca-vate. Nell’ultima meta-morfosi di questo trattodella Tiburtina si leggetutto l’andazzo dei tempi.L’attività industriale boc-cheggia, ma se non c’è laforza di reinvestire tantovale dismettere. La for-tuna non conosce crisi, ocomunque segue cicli di-versi da quelli industriali.Il rischio in questo caso èl’infiltrazione di organiz-zazioni malavitose. LeFiamme Gialle hanno giàavviato verifiche patri-moniali. Ma la rivolu-zione pare ormai inar-restabile: questo è ilnuovo volto della Tibur-tina Valley, il Gran Ca-sinò della Capitale.Entrate, e fate pure il vo-stro gioco.

Fateil loro gioco

Eurispes, è allarme giovaniE’ preoccupante l'ultimo rapporto 2012 di Telefono Az-zurro e Eurispes. Secondo i numeri dell’istituto privato distudi politici, economici e sociali, il 7,8 dei bambini haprovato i Videopoker e il 6,9 % le Slot machines. Il 24,9degli adolescenti perde molti soldi giocando. Il gioco pre-diletto dai bambini è il Gratta e vinci per il 33,7%, mentrel’11,4% e l’11,1% ha invece giocato rispettivamente alleLotterie ed al Bingo. Per quanto riguarda il Videopoker ele Slot machines, Il 18,9% dei bambini riferisce di avergiocato per puro divertimento, l’11,1% per l’emozioneche suscita il gioco o perché lo ha visto fare ad amici e/oparenti, mentre il 9% sostiene di averlo fatto per vinceresoldi e/o premi. Infine, Il 69,4% dei bambini ha dichiaratodi non conoscere nessuno che gioca d’azzardo. (MS)

Ecco a voi

il Gran Casinò della Capitale

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Parla Vannini«Ci saranno anche

molti boxa rotazione»

Alessandro Vannini, Consiglieredelegato al sistema parcheggi diRoma Capitale, ci parla del PianoUrbano Parcheggi.Qual è la situazione dei PUP aRoma? «La situazione è molto compli-cata. I PUP sono parcheggi d’in-teresse pubblico, costruiti daprivati che, con fondi propri, rea-lizzano le opere. Oggi stiamo ac-celerando un processo dirazionalizzazione con la creazionedi parcheggi a rotazione, come adesempio quello di piazza Cavour.Quindi, non solo box, proprio perrisolvere problemi di traffico eviabilità. A fronte di questo, il pri-vato dà diritti di superficie chevengono prodotti dalle cubatureche realizza. Il municipio di ap-partenenza può realizzare, conquesti fondi, opere sul territorio».Sono stati aboliti circa 17 PUPrispetto a quelli previsti, comemai?«Alcuni sono stati aboliti senzaneanche essere iniziati. Altri in-vece sono stati fermati, nonostanteci fossero già delle attività. Comeper esempio in Via Albalongadove ora stiamo cercando di risol-vere il problema attraversol’escussione della polizza fideius-soria. Ogni parcheggio ha dellegaranzie economiche, mentrel’amministrazione e i cittadini de-vono avere delle garanzie di rea-lizzazione che ammontano alcosto di costruzione. Questo ciconsentirà di ripristinare la situa-zione com’era prima dell’iniziodei lavori».Il cittadino che deve comprareil box e non ha abbastanzasoldi, si trova senza neppureposti gratuiti. «Grazie ad una nuova ordinanza,i cittadini potranno usufruire deiparcheggi a rotazione. Tutto ciòche è gratuito non è reso valorialee questo ha determinato l’indiscri-minazione del traffico e dei par-cheggi. Se, a fronte di unadazione, si riesce ad avere un ser-vizio adeguato, la soluzione po-trebbe essere vicina».

Pup, vent’anni di problemi

di Francesca Polacco

Sulla questione del PianoUrbano Parcheggi diRoma, abbiamo intervi-stato Anna Maria Bianchi,portavoce dei Comitati NOPUP che hanno organiz-zato numerose manifesta-zioni di protesta contro ilComune.Qual è la situazione deiPUP e che sviluppi si pre-vedono, anche in vistadelle elezioni ammini-strative?La situazione è la stessa dialcuni anni fa, quando ab-biamo iniziato a crearequesto Coordinamento diComitati NO PUP che rac-coglie 30 comitati cittadini.Abbiamo fatto numerose

proposte all’amministra-zione sia sui singoli PUP,sia sulle regole da appli-care, perché vorremmo chei parcheggi fossero realiz-zati come opere di pub-blica utilità. Avevamochiesto delle migliorie ri-guardo il controllo sulle as-sicurazioni, maggiori tutelesulla vigilanza nelle proce-dure, l’informazione deicittadini e la loro partecipa-zione sulla sistemazionesuperficiale dei parcheggidato che, nei luoghi dovesorgono, hanno portatogrande degrado. Inoltre, icosti sono altissimi e pos-sono permetterseli solo inpochi. Tutto, però, è rima-sto uguale.Che cosa sono riusciti ad

ottenere i Comitati NOPUP con la loro attività?Innanzitutto il fatto di ren-dere più consapevoli i cit-tadini. Per quanto possanoessere di diverso colore po-litico le amministrazioni,per una corretta gestionedella cosa pubblica, biso-gna che i cittadini parteci-pino e soprattutto vigilino. Nella progettazione delpiano urbanistico, qualipriorità chiederete allanuova amministrazione?

Si pensa che i parcheggiservano a togliere le mac-chine dalla strada, ma nonc’è niente di più sbagliato.Il problema non è aumen-tare i parcheggi, ma dimi-nuire le macchine,rendendo il mezzo pub-blico più competitivo ri-spetto al mezzo privato.Inoltre, dalla costruzione diparcheggi sono i privati aguadagnare, al Comunevanno solo pochi spicciolidi oneri concessori.

La portavoce dei No-Pup: «Il Comune non ascolta le nostre richieste»

di Francesca Ascoli e

Francesca Polacco

I romani sono tanti, le mac-chine anche. Ci sono, in-fatti, 700 auto ogni 1000abitanti e questo spiegaperché il traffico nella Ca-pitale sia un grosso pro-blema. Per il Comune unapossibile soluzione sono iparcheggi interrati del PUP,il Piano Urbano, che pre-vede la realizzazione di45.000 nuovi posti auto in389 localizzazioni diverse. Tutto comincia vent’annifa con la legge Tognoli chevuole far fronte, a livellonazionale, all’emergenzatraffico nelle grandi areeurbane e quindi, anche perRoma, si pensa ai par-cheggi interrati. I box, co-struiti da ditte privatetramite concessione comu-nale del suolo pubblico,sono venduti ai residentiche, in questo modo, si as-sicurano il posto auto,prezzo permettendo. Negliultimi anni, in seguito allemodifiche apportate alpiano parcheggi, è stato de-

ciso che il 30% sia adibitoa parcheggio a rotazioneper facilitare il traffico incittà e rispettare il decorodelle aree urbane, troppospesso degradate dallasosta selvaggia. Il para-dosso però è che, con que-ste operazioni, al settoreprivato vanno notevoli pro-fitti, al Comune solo scarsibenefici. Molti cittadini ro-mani, contrari al progetto,si sono prima organizzati incomitati di quartiere e poiin un Coordinamento deiComitati NO PUP proprioper protestare contro il de-grado dei luoghi pubblici,la cementificazione delle

aree verdi, il rischio geolo-gico, il costo proibitivo deiposti auto, una maggioretrasparenza nelle proceduredi appalto. Vicenda emble-matica dei problemi urba-nistici nella Capitale è ilcaso del PUP di via Fermidove si vuole realizzare unmega-parcheggio interratocon più di 400 box auto,con il conseguente abbatti-mento degli alberi dellavia, nonostante ci siano giàtre parcheggi nelle stradelimitrofe, di cui due com-pletamente inutilizzati. Ilcomitato NO PUP Ferminon si è arreso e, per prote-stare contro l’amministra-

zione, ha compiuto ungesto simbolico adottandoi platani di via Fermi edando a ciascuno un nome.Nel panorama della Capi-tale non mancano le eccel-lenze come, ad esempio, ilparcheggio di piazza Ca-vour, ben inserito nel con-testo urbanistico e moltoutilizzato dagli automobili-sti. Resta il fatto che, ri-spetto ai progetti previstidal Piano, sono ancorapochi i parcheggi realizzati,molti quelli che da annisono cantieri a cielo aperto,ancora meno quelli ben riu-sciti.

A Roma 700 auto ogni 1000 abitanti: ma i parcheggi interrati non sono una soluzione

il Periodico LUMSANEWS

Macchine parcheggiate in Via Enrico Fermi

«Ecco perché i cittadinidevono partecipare di più»

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di Marco Potenziani

Com’era stato ampiamente previ-sto, per Pasqua Roma è stata lette-ralmente invasa dai turisti. Lavasta offerta turistica di impiantimuseali aperti straordinariamenteper le vacanze pasquali, unita-mente ai riverberi positivi delnuovo Papa, hanno consentito ditamponare il maltempo. L’Orga-nizzazione mondiale del turismoha calcolato che nel 2012 il nu-mero dei turisti a livello globale èarrivato ad un miliardo e che diquesti oltre 100 milioni sonoquelli che scelgono l’Italia. Roma,ovviamente fa la parte del leone.Nei prossimi mesi, grazie al pon-tefice argentino e proprio negli ul-timi mesi dell’Anno della Fede(che si concluderà il prossimo 24novembre) ci sarà una crescitapari al 20 per cento del flusso deipellegrini in visita nella Capitale.Le vacanze pasquali hanno regi-strato una crescita del 30 per centodel numero delle presenze. Romaè tra le più importanti mete reli-giose del mondo occidentale cheogni anno viene visitata da circa

16 milioni di pellegrini, dei qualicirca il 40 per cento rappresentatoda stranieri. Nei prossimi mesi ilnumero dei visitatori per motivi difede è previsto in continua cre-scita. Numeri che fanno rifletteresu quanto sia opportuno puntaresu questa forma di turismo per ri-lanciare l’intero comparto turisticoromano. Il turismo religioso vafatto conoscere e va diffuso, oc-corre sviluppare e migliorare lestrutture ricettive e culturali, farlidiventare dei business strategici,

in grado di attrarre turisti in tuttele stagioni, soprattutto gli stra-nieri. Rilanciare il turismo è unanecessità impellente, peroratoanche dagli organi di governo diRegione e Comune. La crescitadel turismo è stata notata in Cam-pidoglio. La strategia di comuni-cazione sta funzionando anchegrazie ad una modernizzazione in-terattiva. Il sito turismoroma.it, incinque diverse lingue, offre la pos-sibilità di consultare mappe, alber-ghi, trasporti, eventi, itinerari

tematici, collegamenti a Facebooke Twitter per un totale di oltre100.000 contatti/mese. Sulla basedi questa stagione positiva, si re-gistra una vera e propria luna dimiele con la stampa estera che ri-marca la bellezza della Capitalequale meta di vacanza. Il successodegli impianti turistici nazionali,non sempre all’altezza di quellidei concorrenti esteri, è anche do-vuto alla riscoperta delle vacanzelow cost e del turismo interno, in-crementato dalla crisi economica.In ogni fiera espositiva del settoreturistico dove gestori italianihanno esposto la propria offerta, siè riscontrato un grande gradi-mento da parte dei concorrentistranieri. Gli obbiettivi futuri re-stano comunque strategia di pro-mozione, miglioramento deiservizi e ampliamento dell’offerta.Alle porte c’è quindi una stagioneturistica che parte già bene graziead un effetto domino che in questoavvio di primavera sta portandonumerosi turist, specie anglosas-soni ed europei, il cui flusso si vaingrossando man mano che si vaverso l’estate.

Così Borgo Pio cambia voltoAutobus a due piani, turisti e ambulanti: a Prati sembra una gimkana

di Anna Serafini

Accorrono a Roma da tutta Italia e dall’estero, turisti e fedeli cristianipronti a cogliere l’occasione di un Angelus, di un Regina Coeli o diun’udienza Papale per conoscere il neo-eletto Papa Francesco. E in zonaSan Pietro, è un andirivieni di autobus.Noleggiatori di pullman e compagnie di bus turistici il giorno dopo l’ele-zione del Pontefice speravano già in un ciclone Bergoglio che risollevassetale mercato. E un ciclone c’è stato, sì, ma di lamentele. A parlare è Padre Mariano Cera, Parroco di Santa Maria in Traspontina,che denuncia il trasferimento di diverse compagnie di autobus turistici"open" da Via dei Corridori a Borgo Sant’Angelo, proprio là dove c’è l’in-gresso della sede parrocchiale. «I bambini che vengono per la catechesi,per l’oratorio e le attività parrocchiali – denuncia il sacerdote - hannopaura: i vu cumprà siedono ai nostri portoni», nella prossimità delle fer-mate dei bus, cercando di vendere ombrelli e souvenir. Tanti gli ambulanti,tanti i visitatori in attesa del giro turistico. E una passeggiata lungo ilBorgo diventa una corsa ad ostacoli.Non solo. Secondo il frate, la sosta dei pullman lungo Borgo Sant'Angeloimpedisce ai mezzi provenienti da Via dei Tre Pupazzi – che collega BorgoPio e Borgo San Vittorio, attraversando il "Passetto" – di immettersi in si-curezza in una strada dove la visibilità è di per sé limitata: per evitare unincidente con gli autobus fermi al capolinea, le macchine passano lungol'altra corsia e così «il doppio senso non esiste più. Una vecchietta ha ri-schiato di essere investita», ricorda il sacerdote. È di nuovo lui a puntare

i riflettori sul «troppo smog» che si respira in strada e che si somma al«mal odore proveniente dai cassonetti»: «sa, gli autobus fermi restano co-munque accesi!», ci racconta.Per questi motivi, il 12 aprile Padre Mariano ha chiamato a raccolta tuttii bambini della parrocchia con genitori e nonni per protestare contro gli"open": riunite, un centinaio di persone per denunciare che «nessuno ciha chiesto se per noi andava bene» lo spostamento dei bus. A questa pic-cola protesta seguirà «una nuova manifestazione se non verranno presemisure» a breve, attacca il frate che promette di coinvolgere le vicine Raie Università Lumsa che «condividono il disagio». «Polizia, Carabinieri ePolizia Municipale hanno espresso la loro solidarietà verso la nostracausa», riferisce il sacerdote, pronto a dar battaglia per far spostare i ca-polinea dei bus di Roma Vaticana, Ciao Roma Open Tour, CitySightSe-eing Roma, Roma Open Tour, 110 Open, Green Line Tours e ArrivederciRoma... «Goodbye, au revoir» ai bus, invece, verrebbe da parafrasare.

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Piazze e chiese mai così affollate. Tutti in fila al Vaticano

È arrivato il ciclone Bergoglio Il Papa rilancia il turismo a Roma. Più 20% di visitatori

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di Marina Bonifacio

L’Abate Luigi non può piùparlare, almeno per ora: deivandali, a quanto pare, glihanno tagliato la testa. Pec-cato che la statua era unacopia di un calco, realizzatonegli anni ’70 e adesso con-servato al Museo di Romain Trastevere. Da qui il dettoromano “l’Abate Luigi haperso la testa”: l’originaleera stata infatti trafugata giànell’800. Dal 1924 la statua si trovavain piazza Vidoni, dietro laBasilica di Sant’Andreadella Valle, in pieno centrostorico. La scultura dimarmo bianco, di età tardo-romana, raffigurava proba-bilmente un alto magistratodell’epoca. Ma in mancanzadi una precisa identifica-zione, gli è stato assegnatoquesto nome per la somi-glianza al sagrestano dellavicina chiesa del Sudario:l’Abate Luigi, appunto. Una delle sei statue parlantidi Roma, l’Abate Luigi harappresentato la voce dimolte “pasquinate”.

Così venivano chiamati imessaggi satirici, in versi oin prosa, affissi sulle statuedai cittadini, per lo più informa anonima, nei con-fronti dei personaggi pub-blici dell’epoca. Siamo tra il XIV e il XV se-colo e le pasquinate, nomederivato dal più noto rappre-sentante del gruppo, il Pa-squino, esprimevano in versio sotto forma di dialogo lavoce della protesta contro ilpotere costituito.

Oggi come ieri, le Statueparlanti di Roma servono adesprimere opinioni, criticheo proposte: icone sospese tramito e realtà, rappresentanouna preziosa memoria dellacittà, punto di contatto trapresente, passato e futuro. L’atto vandalico ai dannidell’Abate Luigi è stato de-nunciato dall’Associazioneabitanti del centro storico,che già nel 2009 aveva par-tecipato al restauro di quat-tro delle statue parlanti, tra

cui quella dell’Abate Luigi.L’intervento, allora, era co-stato 10mila euro a statua.Quanto costerà adesso ridareuna testa all’Abate Luigi?Non molto, tra i 3 e i 6 milaeuro, secondo il sovrinten-dente di Roma Capitale, ilprof. Umberto Broccoli.Il suo ruolo di statua par-lante, l’Abate Luigi, è testi-moniato anche dai versi chesi leggono alla sua base:“Fui dell’antica Roma un

cittadino / ora Abate Luigi

ognun mi chiama / conqui-

stai con Marforio e con Pa-

squino / nelle satire urbane

eterna fama / ebbi offese, di-

sgrazie e sepoltura / ma qui

vita novella e alfin sicura”.

Vita forse non tanto sicura,visto che la testa, l’AbateLuigi, l’ha persa più volte.Già nel 1966 sulla statuacomparve questa pasqui-nata: “O tu che m’arrubasti

la capoccia / vedi d’aripor-

talla immantinente / sinnò,

vòi vède? Come fusse

gnente / me manneno ar Go-

verno. E ciò me scoccia”.

Come dire, la storia si ripete.Allora come oggi.

il PeriodicoLUMSANEWS

Per Umberto Broccoli, so-vrintendente ai Beni Cultu-rali, la decapitazione dellastatua dell’Abate Luigi èsolo uno dei tanti atti vanda-lici ai danni dei monumentiromani. Cosa c’è dietro?«Nessun disegno strategico. Ilfilo rosso che lega questieventi è dovuto all’ignoranza.Noi siamo sempre stati un po-polo incivile».Come si può prevenire?«Un atto vandalico dura lospazio di un frame, quindi è diper sé imprevedibile. Tuttavia,la tecnologia ci può aiutare. ARoma, ad esempio, ci sonocirca 2500 telecamere di sor-veglianza a cui la sovrinten-denza ha accesso. Abbiamoanche una nuova centrale dimonitoraggio attiva di notte.Ed è grazie a questa che siamoriusciti a identificare il van-dalo che nel 2011 ha sfregiatola Fontana del Moro a PiazzaNavona».Lo Stato italiano ha le ri-sorse per tutelare da solo ilnostro patrimonio?«No. E per questo è necessa-rio, oggi più che mai, creareforme di partenariato con iprivati. In 2 anni abbiamo ac-cantonato 14 milioni di euro,reinvestiti poi in musei, into-naci e così via». Quindi Lei è d’accordo conle pubblicità affisse davantiai monumenti?«Un bene culturale non nascecome una reliquia, nasce peressere vissuto. Ben vengaquindi la pubblicità, altrimentila fontana o quel che sia mar-cirà». Costruire la metro a Romaè sempre stato un problema.Qual è la sua opinione?«Il problema se la metro servao meno bisognava porloquando il progetto è stato ap-provato. La metro C si farà. Ilpunto è trovare soluzioni aiproblemi che, inevitabil-mente, lo sviluppo porta consé.

Un altro atto vandalico in pieno centro: decapitato l’Abate Luigi

E le statue parlano ancora

Storia di satire e invettive appese al vecchio monumento

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La statua decapitata

BROCCOLI

«Un grave dannoper il patrimonio

culturale»

roma

di Domenico Mussolino

Una delle ultime pasquinateè dedicata proprio alla deca-pitazione dell’Abate Lugi,L’abbate zittato: “Si tajeno latesta / a le statue parlanti /AleDanno fa festa / e co luiso tanti / co l’anima racchia /c’arivonno la mordacchia.”Bersaglio il sindaco di RomaGianni Alemanno (ribattez-zato polemicamente Ale-Danno). Uno dei tanti esempidi messaggi di scherno versoi politici. Le celebri invettivein vernacolo vengono ancoraposizionate ai piedi del bustodi Pasquino, la più nota dellestatue parlanti di Roma. Si

prosegue così una tradizionerisalente al XVI secolo,quando la censura e le penesevere contro chi criticava ilpotere papale, impedivanouna manifestazione aperta didissenso. Si aggiravano i di-vieti con fogli in forma ano-nima appesi durante la notteal collo della statua. Oggi lepasquinate arrivano anche suinternet. Un blog intero,www.pasquinate.it, trascrivein rete le rime che compaionosul monumento. Così tutti(anchefuori dalla città) pos-sono leggere le satire. Maquesto non significa che lascultura sia trascurata. Anzi,nel 2009 è stata sottoposta a

pulitura e restauro con l’aiutodell’Associazione Abitantidel Centro Storico e di alcunisponsor privati. L’opera, cheera stata ritrovata nel XV se-colo durante i lavori neipressi di Piazza Navona, èdatabile alla fine del I secolo.Nel 1501 fu collocata nel-l’antica piazza di Parione(oggi Piazza di Pasquino). Ilnumero di pasquinate fu su-bito altissimo, tanto che giànel 1509 se ne pubblicò unaraccolta. L’origine del nome

dato alla statua è incerta. Maci sono due ipotesi. Secondoalcuni Pasquino era un perso-naggio noto in zona per i suoiversi pungenti. Per altri in-vece era il nome di un do-cente di grammatica latina icui studenti, notata la rasso-miglianza, avrebbero lasciatoper goliardia accanto alla sta-tua i primi fogli satirici. Lastatua dava talmente fastidioche il papa Adriano VI(1522) voleva gettarla nel Te-vere. Obiettivi delle satiresono oggi tutti i politici. Apartire dal rottamatore del PdRenzi “RENZInciuciante /sta dalla gente / molto di-stante: / PD-rompente, / pa-role tante, / pur questuante, /primo tra cloni / di Berlu-sconi.” Per arrivare ai sagginominati da Napolitano.“Nominati li saggi, / risemoner casino: / de re Giorgio so’paggi, / de Merkel tappetino.

I bersagli politicidi Pasquino e soci

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Dove non arriva più lo Stato

subentra la solidarietà tra cittadini

Buongiorno Atene

Ecco la Grecia che resiste alla crisi

iL rEpor

di Lorenzo Caroselli

In questa terra schiacciata dalla crisic’è qualcuno che crede nella solida-rietà, nell’attivismo sociale comeunica strada per uscire dal declino.Comuni cittadini che si rimboccanole maniche e fanno qualcosa per laloro città, i suoi abitanti.E la Grecia si sa, sta affrontando unperiodo difficile. Una lunga serie diproblemi che la attanagliano. Traquesti c’è, tra Atene e Salonicco, lapresenza di polveri sprigionatenell’atmosfera dalla legna bruciata.Dal dicembre 2010 a fine 2012, èaumentata del 200 per cento, arri-vando a superare nella capitalegreca di oltre 15 volte i livelli rac-comandati dall’Unione europea. Ilritorno alle stufe a legna, secondogli esperti, provoca un inquina-mento superiore di 30 volte all’uti-lizzo del gasolio da riscaldamento.“Ci siamo accorti che l’inquina-mento era più elevato in alcunigiorni, quindi abbiamo controllatola temperatura“, racconta Christo-

doulos Pilinis, professore e coordi-natore del gruppo di scienziati cheha condotto il principale studio sulfenomeno. “E abbiamo notato cosìche nei giorni in cui la temperaturaera sotto i cinque gradi la concen-trazione di sostanze inquinantinell’atmosfera aumentava significa-tivamente, soprattutto in Atene”.I camini hanno ricominciato a fu-mare da quando, l’anno scorso, ilgoverno greco ha quasi raddoppiatoil prezzo del gasolio da riscalda-mento a 1,5 euro al litro, provo-cando un crollo della domanda pariall’80 per cento. La decisione èstata presa per contrastare la crimi-nalità organizzata, che comprava ilgasolio da riscaldamento in grandequantità e lo rivendeva spaccian-dolo per gasolio da trasporto, checostava il doppio, dopo avere elimi-nato il caratteristico colore rosso inmodo che nessuno potesse distin-guerlo. Il governo ha deciso così dipareggiare le tasse sui due tipi di ga-solio perché stava perdendo troppodenaro.

Lo sanno bene i ragazzi di Pire-A-Ctive, stanchi di tutto questo e pienidi sogni e tanta voglia di migliorarele cose. Combattono la crisi con ini-ziative sociali quotidiane. Portanoin giro grandi e piccoli per visitaremusei e luoghi a costo zero, ripuli-scono strade e dipingono scuole. Sichiamano Athina, Flora e Pan ehanno tra i 28 e i 35 anni. Credonoin quello che fanno perché, dicono,“solo così si superano i momentidifficili”.Come loro gli Activistas, volontaripieni d’idee tutte al servizio deglispazi abbandonati. Ed è così cheTassos Chalkiopoulos decide di di-videre i suoi volontari in squadrechiamate team, ognuna con uncompito specifico. Il green team, adesempio, ha riqualificato piccolearee verdi urbane togliendole allasporcizia e alla malavita.Intanto c’è anche chi pensa a sfa-mare tutti, ricchi e poveri. Konstan-tinos è il fondatore di “The otherhuman”. La sua social kitchen, cu-cina sociale, è una “mensa mobile”

che raggiunge tutte le zone dellacittà per offrire gratuitamente unpasto a chi vuole. In un magazzinoci sono tutte le scorte di cibo offerteogni giorno da ristoranti e privatiche non consumano più. Sul loroblog Internet, di settimana in setti-mana, ci sono gli indirizzi per rag-giungerli.Intanto le recenti misure adottatedalla Grecia ''suggeriscono che i tra-guardi di marzo saranno con proba-bilità''' raggiunti presto. Per questo,''l'erogazione dei relativi 2,8 mi-liardi dal Fondo europeo Efsf, quotarimanente dalla precedente revi-sione, potrebbe essere concordatapresto dagli stati Ue-17''. E' la valu-tazione della troika (Ue, Bce e Fmi)al termine della sua missione adAtene, iniziata il 13 marzo scorso eoggetto di estenuanti trattative.La situazione greca sembra pianopiano migliorare dunque. A questoproposito pesano un'inflazione benal di sotto della media e una mag-giore flessibilità dei salari che aiu-tano il paese a tornare competitivo.

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E per l ’emergenza sani tàE per l ’emergenza sani tàspuntano gl i ambulatori social ispuntano gl i ambulatori social i

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di Giulia Di Stefano

C’è molta gente che aspetta sui divanetti dellasala d’attesa. Siamo nella clinica di Hellinikon,in uno dei quartieri periferici a sud di Atene. Unaragazza con il braccio ingessato, delle mammecon bambini, dei pensionati. Un via vai di volon-tari affolla i corridoi: c’è che smista dei farmacidagli scatoloni e li sistema sugli scaffali, dopoaver segnato la data di scadenza, chi risponde alletelefonate e segna gli appuntamenti sull’agenda.E poi i medici, alcuni già con il camice, pronti aricevere i pazienti. Il poliambulatorio sociale di Hellinikon è unadelle tante realtà sorte in questi ultimi anni in Gre-cia, per cercare di tamponare l’emergenza sani-taria che, con la crisi economica, sta toccandosempre più strati della popolazione. Ad accoglierci c’è Mary Sideris, una delle vo-lontarie che è qui dalla fondazione della clinica,inaugurata a novembre dell’anno scorso. “Quiabbiamo il latte in polvere per i bambini, panno-loni, siringhe e altre forniture sanitarie, e inquest’altro corridoio ci sono le stanze per le vi-site: ortopedia, pediatria…il dentista sta visitandoin questo momento”. Mary è orgogliosa di mostrarci questo piccologrande miracolo di solidarietà, cui si rivolgono,come ci fa vedere dai fitti appuntamenti segnatiin agenda, sempre più greci. Pensionati che sisono visti dimezzare la pensione da un giornoall’altro, chi ha perso il lavoro, i tanti giovani cheil primo impiego, invece, non riescono proprio atrovarlo. “Il comune di Atene ci ha dato in ge-stione l’edificio – ci spiega – e ci paga l’elettricitàe tutte le altre utenze. Per il resto non abbiamoaltri aiuti da parte del governo, tiriamo avanti condonazioni private e con il lavoro dei volontari,

personale medico e non. La solidarietà delle per-sone è straordinaria ma il governo deve comun-que fare qualcosa al più presto. Non so come,vista la crisi che non sembra mollare, ma deveprendere provvedimenti, la gente è disperata”. Ciporta nel magazzino delle scorte di farmaci, moltidei quali tenuti nei frigoriferi. “Ci sono alcunecose alle quali noi non possiamo provvedere. Cisono persone con il cancro, le cui medicine perfare la chemioterapia costano più di mille euro aconfezione. Alcuni settori sono fuori dal nostrocontrollo”. La Grecia infatti non paga, o paga troppo poco.E le multinazionali farmaceutiche tagliano la for-nitura di medicine, anche per le malattie piùgravi: dal diabete al cancro, passando per il cole-sterolo e l’epatite. Lo Stato, secondo il ministrodella Salute Andreas Lykouretzos, ha accumulatodebiti per circa 2 miliardi di euro nei confrontidelle multinazionali farmaceutiche. Negli ospe-dali pubblici i farmaci scarseggiano e si allun-gano le code davanti alle farmacie che hannoancora i medicinali. Il sistema sanitario grecoprevede infatti che i farmaci vengono distribuitigratuitamente negli ospedali pubblici, mentrenelle farmacie bisogna pagare di tasca propria easpettare il rimborso. Chi quindi non si può per-mettere di anticipare il denaro resta quindi senzamedicinali. Il dottor Vassilis Fotopoulos, ortopedico, ci ac-coglie nella sua stanza. E’appena arrivato in am-bulatorio e ancora non indossa il camice. “Sto quida circa quattro mesi – ci spiega – vengo un po-meriggio a settimana, quando sono libero dal la-voro in ospedale. Non è molto, ma il miocontributo, unito a quello di tanti altri medici chefanno come me, riesce a mandare avanti una re-altà importante come questa”.

porTaGE il Periodico

LUMSANEWS

1, 2, 4 - Atene, vedute dell’Acropoli3 - Pireo, una scuola ridipinta dal

gruppo di Pire-A-Ctive5 - I volontari di Social Kitchen sten-

dono il loro striscione prima dellamensa sociale

6 - Una dentista volontaria della cli-nica di Hellinikon

7 - Volontari di Social Kitchen conl’occorrente per cucinare

8 - Atene, piazza Monastiraki9 - La clinica di Hellinikon a sud di

Atene10 - Mary Sideris, volontaria alla cli-

nica di Hellinikon

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12 il PeriodicoLUMSANEWS EsTE

di Marco Potenziani

L’unione Europea si al-larga, sia in dimensioniche in problemi. Il 1° lu-glio la Croazia, che ne2010 ha chiesto l’ammis-sione all’Ue, potrà entrarein Europa, prima di unacordata di stati più ampiaancora in attesa di re-sponso da Bruxelles, checomprende nazioni comeTurchia, Islanda, Norve-gia, Montenegro e Alba-nia. Nazioni moltoeterogenee tra loro per sto-ria, cultura, e soprattuttoeconomia. L’allargamentodell’Unione a nazioni delcentro o nord Europa haportato un riequilibrio cheal pari degli enti geome-trici, ha portato il baricen-tro nettamente più a nord,tagliando fuori dalle sferedell’influenza politica ipaesi dell’area mediterra-nea. Sarebbe troppo sem-plicistico riconoscere la

geografia come unico cri-terio per inquadrare la si-tuazione attuale. Lediverse situazioni econo-miche dei vari paesi e inon rispettati obblighi pro-grammatici degli stessi pertenere sotto controllospesa pubblica e tenuta deibilanci, ha segnato unalinea di demarcazione tral’Europa centrale e le na-zioni mediterranee. L’al-largamento del 2008 haincluso paesi dell’Est Eu-ropa che uscivano a stentodal baratro dell’ex-Urss,

portando in dote alle cassedella BCE la loro quota diarretratezza che ha richie-sto l’ideazione di com-plessi contrappesi per farleviaggiare di pari passo adeconomie più floride. Lapartita infatti è esclusiva-mente economica, incen-trata sull’affidabilità che imercati possono fare suirispettivi paesi: la Monetaunica è un aggregante cheè diventato più importantedei trattati politici. Cosìnazioni come l’Italia, laGrecia e la Spagna, tutte

mediterranee (e tutte catto-liche), si trovano per dina-miche diverse,accomunate sia nella posi-zione geografica che nelguado dell’economia ri-spetto a paesi europei piùaffidabili come Germania,Francia, Olanda, tutti nor-dici e molto poco cattolici.Divisioni di tanti tipi, eco-nomiche ma anche di co-stume, di mentalità, chesanciscono l’inizio dellanuova “questione meridio-nale europea” del nordprogredito affardellato dal-l’indolenza dei “meridio-nali” mediterranei. La supremazia dei contipubblici sulle carte deiprincipi sta comportandouna retrocessione dei di-ritti e dei corollari politicitra i temi europei, sacrifi-cati sull’altare dei caveaudi Bruxelles. Avere le cartein regola con l’Unione si-gnificherà avere i conti inordine, e magari avere la-

cune in termini di leggi,garanzie di libertà o ineffi-cienza dei sistemi giudi-ziari? L’Unione si statrasformando in una sortadi ente esogeno alle istitu-zioni dei paesi che biso-

La bandiera dell’Ue e quella turca sve

di Sara Stefanini

Dal 1957, l’Unione Europea èpassata da sei a 27 stati membri.Ed i negoziati per nuovi ingressisono in corso. Croazia, Islanda,ex Repubblica iugoslava di Ma-cedonia, Montenegro e Turchia.Sono cinque i paesi candidati perfavorire l’allargamento nel-l’Unione Europea, mentre Alba-nia e Serbia non hanno ancoraottenuto lo status di paese candi-dato. Gli ultimi paesi che sonoentrati a far parte dell’Ue sonostati Romania e Bulgaria, dal 1gennaio 2007. Abbiamo intervi-stato Roberto Giovannini, gior-nalista di La Stampa che sioccupa di economia. Come è vista l’estensione ad estdell’Unione Europea?“Premesso che la Turchia è moltodifficile che riesca a entrare per

motivi politici, secondo me l’al-largamento è un aspetto positivoe tutto il processo europeo è po-sitivo. La crisi economica che hacolpito l’Ue non è colpa del-l’euro o dell’Europa ma è colpadi manovre estremamente sba-gliate che hanno fatto gli Statimembri. L’Italia, ad esempio, èindebitata per il 125% del Pil,non perché gli hanno rubato isoldi ma perché se li sono man-giati ed è stato speso troppo ri-spetto a quello che si poteva”.Le eventuali new entry potreb-bero attutire la crisi economicaeuropea?“L’ingresso di nuovi paesi nonpuò ripristinare l’equilibrio per-ché i paesi candidati all’ingresso,perché sono paesi piccoli e, inmolti casi, entrano per ragionipolitiche. Per esempio, ci sonopaesi che sono troppo vicini alla

Russia e vogliono protezione dal-l’Unione Europea, o ci sono altripaesi che credono al modello eu-ropeo. Una cosa è certa, dal 2007stiamo attraversando un mo-mento di crisi, ma per tanti annila crescita dell’Europa è stataanche superiore alla crescitaamericana. Il modello economico adottatodall’Europa è sbagliato?“No, il modello europeo non è

necessariamente sbagliato. Hadei pregi e dei difetti e sicura-mente può essere riformato. Se-condo molti, certe sceltegenerali, che sono state un po’imposte dalla Germania per varieragioni, sono state perdenti. Peròchi ha dovuto fare delle manovrespiacevoli, le ha dovute fare nonper cattiveria della Merkel o per-ché qualche malvagio glieleaveva imposte, ma perché eranostate fatte scelte sbagliate prima.Alla Grecia per esempio è statochiesto uno sforzo economicoche è assolutamente insosteni-bile. Per cui i greci fra poco si ri-troveranno di fronte a un nuovodefault. E sarà un fatto negativoper chi gli ha prestato i soldi. Eancora peggio per chi ha sba-gliato a imporre delle politicheesagerate e certamente non soste-nibili”.

Roberto Giovannini

L’espansione ad est non porta grandi vantaggi: parla un giornalista economico

Ma la colpa della crisi non è solo dell’euro

Europa, larga e poveraL’economia Ue minacciata dalle new entry

Aumenta il divario tra i Paesi del sud e quelli ricchi del nord e intanto si avvic

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13sTEriil Periodico

LUMSANEWS

di Sara Stefanini

“La Turchia non può scri-vere la storia senza l’Ue el’Ue non potrà scrivere lasua storia senza la Turchia”.Sono le parole dell’amba-sciatore turco in Italia,Hakki Akil che è interve-nuto al forum “Quo vadisTurkey in Ue” organizzatodallo Iai.Turchia sì, Turchia no.Continua l’eterno dibattitosull’entrata in Ue del paesemusulmano. Intanto, la can-didatura è ferma nel cas-setto europeo dal 1987. Nonsono pochi i motivi che fre-nano l’apertura alla Turchia.Oltre all’islamismo, l’insuf-ficienza della salvaguardiadei diritti umani, il coinvol-gimento turco a Cipro, la re-pressione militare dei curdie il genocidio armeno. Far-delli del passato troppo pe-santi per essere dimenticati.Lo scetticismo dei paesi eu-ropei dipende dal fatto che“non conoscono la nuovaTurchia”, afferma l’amba-

sciatore. Sarà presto “unpunto fondamentale -ag-giunge- tra Balcani, MedioOriente e Asia e perno pergli investitori europei”. Ilpaese ce la sta mettendotutta e dal 2005, anno in cuisono cominciati i negoziati,non ha smesso di attuare ri-forme per raggiungere i cri-teri di adesione. I progressici sono, tanto che il tasso dicrescita tra il 2002 e il 2011è stato del 5,2% e nel 2006l’economia ha registrato un+6%.Per l’Italia è sì politico.L’Italia è convinta sosteni-trice della Turchia, ma “nonpensate che 15 mln di ita-liani non vedono l’ora chela Turchia entri nell’Ue, lapropensione è più politicache altro”, spiega il deputato

europeo Lapo Pistelli. LaTurchia “è un paese gio-vane, popoloso, ha relazionicon Asia e Medioriente, haun’economia in crescita equeste sono tutte buone ra-gioni per pensare che l’ade-sione possa esserereciprocamente utile”. La Francia prudente.Marc Semo, giornalista diLiberation, ricorda che l’ar-rivo del presidente Hol-lande ha creato una sorta didisgelo tra Parigi e Ankara.“Hollande è molto prudentesu tutto e anche sulle rela-zioni con la Turchia”. Nonsembra prendere posizione,quindi, anche perché da unaparte non dimentica Sar-kozy che era contrario al-l’ingresso della Turchia,tanto che nel 2007 pose il

veto a nuovi negoziati.Dall’altra parte, c’è la co-munità armena che lo frenanel cambiare linea, per nondimenticare il genocidio ar-meno. La Germania diffidente.

Per Michael Thumann,giornalista del Die Zeit,“ancora non ci siamo macredo che le cose migliore-ranno”. Il problema per laGermania non è ideologico,ma è una questione di poli-tica interna tedesca. Merkelnon è contraria a prescin-dere e ha ultimamenteaperto al rilancio dei nego-ziati. Thuman ironizza:“Merkel e Erdogan hannocaratteri diversi e non sisopportano ma sono en-trambi pragmatici e pronti acambiare linea se con-viene”. La posizione della Germa-nia può fare la differenza. Inpiù, siamo in campagnaelettorale e se al prossimogoverno salissero i social-democratici le carte in ta-vola cambierebbero.

di Lorenzo Caroselli

Ci siamo: il parlamento sloveno, al-l’unanimità (82 “ja”, 8 astensioni enessun voto negativo) ha ratificato ilTrattato di Adesione della Croaziaall’Unione Europea. Cade così defi-nitivamente l’ultimo ostacolo politicoall’ingresso di Zagabria nel club diBruxelles, previsto per il 1° luglio2013.Una novità apparentemente solo bu-rocratica che porterà probabilmentequalche beneficio anche a turisti eviaggiatori.Infatti i vacanzieri italianiche sceglieranno le lunghissime costecroate o le tante isole dello Statoadriatico avranno qualche formalità inmeno da espletare superando il con-fine, che diventerà meno rigido equasi simbolico. L’applicazione degliaccordi di Schengen sulla libera cir-colazione tra i paesi della Comunitàavverrà soltanto nel 2015 ma già daluglio l’ingresso in Croazia sarà molto

semplificato.Le code al confine che hanno caratte-rizzato tante vacanze e tanti viaggiverso i Balcani dovrebbero sparire everrà creato un solo posto di confinegestito da croati e sloveni. Anche chisi imbarca sui traghetti diretti versoSpalato, Zara o Dubrovnik dovrebbevedere notevolmente velocizzate leprocedure di sbarco in quella che di-venterà la 28esima stella d’Europa.La Croazia rischiava di vedere la pro-pria data di adesione allontanarsi, sela Slovenia vi si fosse frapposta. Trale questioni bilaterali ancora aperte,oltre alla controversia sui confini ma-rittimi nel golfo di Pirano, restavaquella dei debiti della Nova Ljubljan-ska Banka che riguardava i risparmidi circa 130.000 cittadini croati depo-sitati nella banca poi divenuta slovenadopo la dissoluzione della Jugoslavia.Infine, la Croazia rischiava di restareimpigliata, vittima collaterale, nellevicende che hanno portato alla ca-duta del governo Janša.

Arrivano i croatii nostri vicini di casa

ca sventolano insieme in un fotomontaggio

Dopo l’accordo in extremis con il Kosovo

La Serbia dietro l’angolodi Alessia Argentieri

Si aprono nuove, importanti, prospettive per l’ingresso della Serbianell’Unione Euroea dopo l’accordo finalmente raggiunto nei giorniscorsi con il Kosovo. Grazie a questo trattato sottoscritto dal presi-dente serbo Ivica Dacic e quello kosovaro Hashim Thaci per Bel-grado, infatti, inizia il percorso definitivo per l’adesione all’Ue.A bloccare il percorso della Serbia verso l’Ue era stata per lungotempo l’insufficiente collaborazione con il tribunale internazionaledell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia. La situazione era giàcambiata però con gli arresti di Radovan Karadžić, ex presidentedella Repubblica serba, arrestato a Belgrado nel luglio 2008, diRatko Mladić, capo di Stato maggiore dell’Esercito serbo e diGoran Hadžić , consegnati nell’estate 2011, tutti protagonisti dellatragica guerra dell’ex-Jugoslavia e ricercati per crimini di guerra econtro l’umanità. Altro problema scottante per l’ adesione all’Eu-ropa era la questione del Kosovo, che si è dichiarato Stato indipen-dente nel 2008, anche se solo 99 su 193 Paesi dell’Onu hannoriconosciuto il suo status. Ci sono stati nei mesi scorsi ancora ten-sioni nei due paesi fino all’accordo dei giorni scorsi. La Serbia continua a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo,ma accetta che il controllo della parte settentrionale (abitata inte-ramente da serbi) del piccolo Paese resti sotto le autorità koso-vare.

gnerà assecondare ciecamenteper evitare ritorsioni di naturasanzionatoria? Era questa l’Europa che ave-vano in mente i padri fonda-tori nel secondo dopoguerra?

vicinano i Balcani

Il profli delle moschee di Istanbul

LaTurchia aspetta ancoraL’ambasciatore Akil:«Noi siamo pronti»

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Valentina Diaconale, ex studentessa di una scuola didoppiaggio romana.Come è strutturata la scuola di doppiaggio?«Il corso dura sei mesi ed è diviso in tre parti: laprima solo esclusivamente rivolta alla dizione, la se-conda rivolta alla recitazione, l’ultima fase concen-trata sul “sync”, che si svolge in sala di doppiaggioe si vedono gli spezzoni di film e si dimostra quelloche si è imparato nelle altri parti del corso».Qual è la parte più difficile?«L’interpretazione, la base per diventare eclettici». Quale utilità ha la scuola?«È fine a se stessa perché non può rilasciare attestati, serve come esperienzada inserire nel curriculum e nel proprio bagaglio culturale, ma non garan-tisce nessun accesso al lavoro, in quanto il mondo dei doppiatori è un cir-colo chiuso controllato da poche famiglie. E chi fonda le scuole didoppiaggio, principalmente attori di teatro o doppiatori in cerca di guada-gno, conosce la situazione lavorativa, e non crea false speranze, anzi. Al-l’inizio del corso avvertono di non specificare mai ai provini di aver seguitoun corso. Molto meglio fingersi autodidatti».Chi erano i tuoi compagni? E quanto costa la scuola?«La mia classe era mista, formata da 20 persone. I compagni, infatti, ave-vano età e professioni diverse. La scuola aveva un prezzo accessibile». (AP)

14 spETTaCoLiil Periodico

LUMSANEWS

di Alessandra Pepe

Ha ottant’anni, ma sembranon sentirli. Era il 1933quando è stato inventato ildoppiaggio, che ha fattoscomparire le multiple ver-sioni, una tecnica com-plessa usata dalle case diproduzione americane: lostesso film veniva girato piùvolte in diverse lingue. Conil doppiaggio, invece, lepellicole americane distri-buite in Europa avevanovoci diverse da quelle origi-nali. In Italia, in particolare,è stato favorito dalle leggifasciste, che proibivano difar circolare film stranierinon in italiano. Ma il grandeaiuto è arrivato con il PianoMarshall, così l’America hafinanziato il doppiaggio nelnostro Paese per avere unritorno economico. Quando in Italia c’era unalto tasso di analfabetismoil doppiaggio ha aiutato no-tevolemente gli spettatori,ma nel ventunesimo secoloha ancora un senso? Recen-

temente su La Repubblica

si è aperto un dibattito ri-guardo all’utilità del dop-piaggio dopo gli incassimaggiori ottenuti in un ci-nema romano da Django

Unchained di Quentin Ta-rantino in versione originalerispetto a quella doppiata initaliano. In merito ognunopuò avere la propria ideapersonale, ma i doppiatoriitaliani sono conosciuticome i più bravi al mondoda sempre. Ma come si diventa doppia-tori? Esistono scuole pri-

vate sparse n tutta Italia concorsi di varia durata, anchese non c’è un’accademia uf-ficialmente riconosciuta.Caratteristica principale persvolgere questo mestiere sideve essere attori. Poi spe-cifico del doppiatore è“l’avere orecchio” ed essereveloce perché la voce deverisultare ugualmente natu-rale senza l’aiuto dello stu-dio del copione prima e dicostumi di scena.La maggior parte degli studisi concentrano nella Capi-tale, in particolare a Roma

Nord. Motivo per cui a no-vembre scorso i doppiatorimilanesi si sono lamentatidi aver poco lavoro a causadi questa “centralità” tuttaromana. Le figure profes-sionali che ruotano intornoal mondo del doppiaggiosono varie: il traduttore, chetraspone il copione origi-nale nella lingua in cuiviene doppiata la pellicola;il dialoghista, che adatta idialoghi trovando sinonimie parole adatte in baseanche al labiale dell’attore;

il direttore del doppiaggio,che cura il casting e la reci-tazione delle battute; l’assi-stente di doppiaggio, che siconcentra sul sincrono esulla parte amministrativacon il piano di lavorazione;il fonico, che controlla laqualità dell’audio. Le fasi successive all’inci-sione sono la sincronizza-zione, dove si controlla laqualità della registrazione, ilmissaggio, dove si montanoinsieme musiche e dop-piato.

Rosalinda Bia-gioni, attrice edirettrice didoppiaggio. Qual è la diffi-coltà princi-pale per undoppiatore?«La sincroni-cità tra attore edoppiatore.

Tendenzialmente il doppiaggio è unlavoro di perfezione, non può sfuggireuna parola.Più il copione è scrittochiaramente, meglio è, perché i dop-piatori a differenza degli attori non de-vono imparare nulla a memoria, maleggere un testo.Rapporto tra doppiatori e attori?«Non c’è nessun complesso d’inferio-rità verso, perché fare il doppiatore èuna scelta, e il doppiaggio è una spe-cializzazione del lavoro dell’attore»Cosa è cambiato con la crisi del ci-

nema?C’è stata una drastica riduzione di filmdoppiati. Negli anni ’50 e ’60 le pelli-cole americane erano 300 e ora, in-vece, sono solo 30 all’anno, di cui il70-80% sono serie tv, mentre il 20-30% sono film. Anche dal punto divista tecnico è cambiato molto, si èpassati dalla pellicola, al vhs fino adarrivare al Dvd, che dal punto di vistafonico ha migliorato decisamente laqualità audio, mentre dal punto di vistarecitativo è peggiorato perché si hasempre meno tempo a disposizione. Quanto guadagna un doppiatore?«C’è un nuovo contratto di lavoro, ildoppiatore viene pagato 1.50 euro ariga, più un gettone di presenza. Sem-pre a causa della crisi si lavora su turnipiù brevi, se prima erano di 5 ore, oggisono di 3 ore in cui si leggono 200righe su colonne separate per rispar-miate. Si lavora senza soluzione dicontinuità». (AP)

Complesso d’inferiorità?«Per noi l’attore è un amico»

Caratteristico del doppiaggio italiano è essere un mondo“controllato” da famiglie di doppiatori, aiutati non solo dalcognome, ma anche dall’aver iniziato a lavorare presto dabambini. Una delle più importanti è la famiglia IzzoRenato Izzo: Paul Newman, Philippe Le Roy e direttoredel dopppiaggio Apocalypse now e Il cacciatore.

Giuppy Izzo: Renée Zellweger e Winona Ryder Fiamma Izzo: Jennifer Beals e Minnie Driver Rossella Izzo: Meryl Streep, Susan Sarandon e MichellePfeiffer.Simona Izzo:Kim Basinger e Melanie Griffith Myriam Catania: Keira Knigthley e Jessica Alba (AP)

Aiutati dai cognomi

Una sala di doppiaggio a Cinecittà

Doppiaggio, così amato così odiatoViaggio nel mondo di chi presta la voce agli attori

«Ma la scuola non dà lavoro»Molto meglio autodidatti

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CuLTura

di Paolo Costanzi

Sarà per moda, per passionepersonale, per far contenti ipropri genitori o perché siha l’occhio lungo. Fatto stache la lingua cinese si dif-fonde sempre più tra i gio-vani italiani che scelgono lelingue orientali, in partico-lare il cinese, come per-corso di studioall’università.Al giorno d’oggi sono oltrediecimila i nostri connazio-nali che stanno studiando ilmandarino nelle università,scuole superiori e medie in-feriori. Esatto sì, anchenelle scuole medie si inse-gna questa lingua così di-versa dalla nostra. Nellegrandi città come Milano ilcinese è curricorale anchenelle medie inferiori. «Nellesuperiori, dove non è curri-colare - a seconda della ti-pologia di scuola che si èscelta - la lingua cinese af-fianca le altre più classiche- francese, inglese e spa-gnolo -come terza lingua».

Afferma Giorgio Trentin,direttore dell’Istituto Con-fucio di Macerata . E conti-nua che «altre volte èaddirittura curricolare asso-luta e viene portata avantiper tutti e cinque gli anni».Ma la Cina non sta a guar-dare, tutt’altro. Per GiorgioTerrin il Paese del dragone«non solo favorisce gliscambi, ma li sostiene».Grazie ai finanziamenti delMinistero cinese gli IstitutiConfucio in Italia sono di-ventati addirittura 10 in

pochi anni. Il primo a esserefondato è stato quello diRoma presso l’UniversitàLa Sapienza - fondato nelsettembre 2006 - a cui nesono seguiti altri nove arri-vando fino all’ottobre 2011,anno di nascita dell’ultimastruttura, ossia quella diMacerata. L’influenza ci-nese è tanta e, soprattutto, inascesa. La Cina per molteaziende italiane è il modoper uscire dalla crisi. È unPaese non più da conside-rare come emergente, ma

addirittura «come secondase non prima economiamondiale». Per questo è in-teressante analizzare l’iden-tikit dello studioso dicinese. Per l’Istituto Confu-cio di Napoli, se prima laCina rappresentava un lidoriservato a una piccola nic-chia di elite, ora «sono per-sone di ogni tipo:commercianti, giuristi, uo-mini d’affari, studiosi e ri-cercatori. E di conseguenzal’accesso al cinese è richie-sto da persone con diverse

aspirazioni e vocazioni». Ilventaglio è ampio ancheperché, come afferma Patri-zia Carioti docente di storiae civiltà dell’estremoOriente, «per capire il ci-nese non basta lo studio deivocaboli, bisogna entrare insintonia con una culturamolto diversa dalla nostra ecapire davvero lo diffe-renze».Dunque, lo studio del ci-nese non è solo un feno-meno italiano. E purtropponoi siamo pressocché gli ul-timi nelle classifiche euro-pee. Ora va un po’ meglio,ma «fino a quattro-cinqueanni fa - afferma Trentin - leuniversità italiane ospita-vano massimo 150 studenticinesi, a fronte di Francia eInghilterra che ne attiravanomigliaia». In sostanza, siamo sullabuona strada, ma siamo an-cora gli ultimi dato che «glialtri Paesi sono cinque odieci anni avanti nelle poli-tiche di educazione al ci-nese».

Una lingua così geografica-mente lontana, ma così politica-mente importante. E sempre piùstudiata dai giovani italiani. neabbiamo parlato con ValeriaVarriano, docente di Lingua eLetteratura cinese presso l’Uni-versità Orientale di Napoli, checi descrive lati positivi e aspettipoco confortanti come l’arretra-tezza nei confronti del restod’Europa.È così importante il cinese?«Sì. È una lingua utile da cono-sere per entrare nel mondo degliaffari, della finanza e per le car-riere diplomatiche. Alcuni stu-denti - che vengono soprattuttodai liceii - la scelgono perchésemplicemente sono incuriositidalle culture orientali. Non solo,bisogna tenere in considera-zione che i parlanti di lingua ci-nese solitamente non parlanobene altre idiomi, a parte le

nuove generazioni che non di-sdegnano di studiare nelle uni-

versità europee».L’Italia è una meta ambita alivello europeo?«Non molto. Il primo problemaè che noi siamo bassi nelle clas-sifiche internazionali. I giovanicinesi vanno molto volentieri astudiare all’estero, ma si infor-mano su quali sono le miglioriuniversità. Aggiunga poi chenoi mettiamo troppi bastoni tra

le ruote a chi vuole studiare danoi».In che senso?«Per esempio vogliamo troppeassicurazioni economiche. Op-pure l’assenza didormitori/campus. Questi gio-vani cinesi che vengono quihanno difficoltà e non hanno ne-anche idea di come affittare unacasa. Se ne vanno a Londra, Pa-rigi o Vienna dove hanno un’of-ferta più chiara e semplice».Solo questo?No, un altro grande problema ri-guarda i “visti”. Da noi, quandoviene uno straniero a trovarcientra da un altro Paese europeo.E poi non ci dimentichiamo chenoi abbiamo la Legge Bossi-Fini. Una delle leggi che rendepiù difficile l’ingresso di un ex-tracomunitario. Tutto questo in-sieme poi lo studente cinese arecarsi altrove». (PC)

Ma il Belpaese è il fanalino di coda d’Europa nell’insegnamento delle lingue orientali

Il cinese diventa la lingua del futuro

Varriano: «È uno strumento di cultura, affari e diplomazia»

E serve anche per fare carriera

15il PeriodicoLUMSANEWS

Un gruppo di giovani cinesi a Roma

Qualche numero

►10mila gli italiani chestudiano cinese

►10 gli Istituto Confucio presenti inItalia

►2006 l’anno di nascita del primoIstituto Confucio a Roma

►1500 gli italiani che studiano negliIstituti Confucio in Italia

►500 gli studenti che studianolingua cinese all’Università

Orientale di Napoli►5-6 milioni di euro l’anno ifinanziamenti che il ministerodell’Educazione cinese mette adisposizione per borse di studio►18 le scuole che in Lombardia

tengono corsi in mandarino►57 i corsi di lingua cinese in

Lombardia►13 le scuole superiori e medie nel

Lazio nelle quali si insegnail mandarino

►7 gli atenei italiani dove si puòimparare il cinese

►30% di aumento distudentiogni anno

►300 gli Istituti Confucio nel mondo

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di Gianpaolo Confortini

e Alessandra D’Acunto

Decine di migliaia di per-sone lo scorso 13 aprilehanno preso parte alla mani-festazione di piazza Salottoa Pescara per dire no a Om-brina Mare, il progetto dicoltivazione del petrolio chesta per diventare realtà allargo dalle coste abruzzesi.Nei Comuni di Ortona, SanVito, Rocca San Giovanni,Fossacesia e Torino di San-gro, la tensione si taglia conil coltello. I cittadini sonomolto preoccupati e l’incuboche un giorno le trivelle per-foreranno i fondali marinidella costa dei trabocchiscuote i loro sogni. Un de-creto concertato dal mini-stero dell'ambiente e dei beniculturali del governo Montiha dato il via, lo scorso 28febbraio, all'attuazione delprogetto, che conferisce allasocietà inglese Medoil lapossibilità di installare unimpianto a poco più di 6 kmdalla costa dei trabocchi per

l’estrazione del greggio. Laraffinazione dello stesso sa-rebbe poi affidata a una pe-troliera, detta FloatingProduction Storage And Of-floading, (FPSO) lunga oltre315 metri e parcheggiata neipressi della piattaforma. Ilprogetto sarebbe operativoper 25 anni e scaricherebbepiù di 90 mila tonnellate digas tossici nell’atmosfera.La notizia ha suscitato laprevedibile indignazionedella Provincia, dei Comunie delle associazioni ambien-tali che si sono unite in unfronte unico per un secco noad Ombrina Mare, del tuttoincompatibile con i piani di

tutela ambientale in via direalizzazione sulla costa.Sono già due gli incontri chesi sono tenuti a Roma peristituire un tavolo perma-nente tra ministeri promotoridel progetto e rappresentantidel territorio, ma l'intenzionedi questi ultimi è di andareoltre e ricorrere al Tar nonappena sarà pubblicato il viadella Commissione tecnicaambientale.E’ in realtà unastoria lunga, fatta di pareri, esoprattutto decreti, contra-stanti. La società Medoil hapresentato nel 2009 al Mini-stero dello Sviluppo Econo-mico la richiesta diinstallare, su un fondale di

circa 20 metri, 4/6 pozzi, unserbatoio galleggiante ed uninsieme di tubature, per iltrasferimento del materiale,per un totale di 42 chilome-tri. Nel 2010 un decreto hastabilito il divieto di "attivitàdi ricerca, di prospezionenonchè di coltivazione diidrocarburi liquidi e gassosiin mare" nelle aree "a qual-siasi titolo protette", stron-cando di fatto l'attuazione diOmbrina Mare. Ma a giugno2012 l'articolo 35 del decretosviluppo ammette tali atti-vità. Per Legambiente "unvero e proprio condono alletrivelle petrolifere” nel no-stro mare.

16

Il presidente della Provin-cia di Chieti Enrico di Giu-seppantonio è il capofilaistituzionale della protestaad Ombrina Mare. Durantei quattro anni di incarico siè impegnato per promuo-vere diversi progetti di tu-tela ambientale, tra cuil’istituendo parco nazionaledella costa teatina e la ViaVerde, il percorso ciclope-donale attrezzato da realiz-zare sull'ex tracciatoferroviario tra Ortona eVasto. Ma allora perchè sce-gliere la zona della costadei trabocchi per un pro-getto di estrazione del pe-trolio? «E’ una zona ricca, ci sonogià delle piattaforem cheoperano da molti anni, cisono state probabilmentedelle ricerche che hannoportato a scoprire dei giaci-menti di petrolio. Però vo-gliamo dire che l’Abruzzoha già dato alla causa degliidrocarburi ed energetica.Si tratta ora di dire bastaperchè noi vogliamo unosviluppo turistico armonicoe Ombrina Mare mal siconcilia con l’industria delturismo, su cui staimo pun-tando per dare ricchezzaalla comunità e oportunitàai giovani»E la Regione in tutto que-sto che ruolo ha? «C’è un fronte compattodelle istituzioni per un noassoluto agli insediamenti ea qualsiasi attività di ricercadegli idrocarburi di frontealla nostra costa».E’ possibile individuareun colpevole, in questafaccenda?«Bè, il governo Monti, conil decreto sviluppo, ha ri-dato una possibilità agli in-sediamenti nell’ambito di 6miglia di fronte alle costeitaliane. Esiste una neces-sità nazionale ma,l’Abruzzo ha già dato».(ADA)

Lasceranno una profondis-sima eco le dichiarazioni diGiovanni Enzo di Rito, sin-daco di Rocca San Gio-vanni, il comune piùinteressato dal progetto Om-brina Mare. Il primo citta-dino del piccolo comuneteatino è noto tra i suoi abi-tanti per le battaglie contro lalottizzazione edilizia abusivae la cementificazione dellacosta abruzzese. “OmbrinaMare è un vero scempio: èuno schiaffo in faccia agente come me che da tantianni sta lottando per ottenereun turismo di qualità” dice ilsindaco senza mezzi termini.“Utilizzerò tutti i modi pos-sibili affinché questo scem-pio non avvenga -poiaggiunge - se questo incubodovesse concretizzarsi iosono pronto a riconsegnarela mia fascia da sindaco.”Poi dopo aver ricordato che

la sua amministrazione ha dasempre cercato di proteggerel’ambiente torna a parlaredei danni che la piattaformapetrolifera porterebbe al tu-rismo abruzzese. “RoccaSan Giovanni è da dieci annibandiera blu. Ci sono pre-notazioni da tutto il mondoper la costa dei trabocchi. Lagente vorrebbe vedere l’em-blema di questa costa. Que-sta piattaforma per il nostroturismo sarebbe la fine: larealizzazione di Ombrina èqualcosa che non dovrebbe

assolutamente avvenire ”. Anche il Presidente dellacostituente del Parco Nazio-nale della costa teatina, LinoSalvatorelli, da sempre inprima linea per la salva-guardia e lo sviluppo del ter-ritorio ha parlato degli effettinefasti che porterebbe Om-brina. “ Questo sarebbe unincubo. Della costituentefanno parte tante associa-zioni fra cui, WWF, Legam-biente e Arci. Il ProgettoOmbrina lo stiamo stu-diando- continua Salvato-

relli precisando che- Ogniassociazione ha fatto delleosservazioni e abbiamomesso a disposizione i nostrilavori e i nostri materiali atutti quei comuni che hannobisogno di un supporto tec-nico scientifico per elaboraredegli studi.” “Investire in Italia convienealle multinazionali del petro-lio straniere.Siamo ad unbivio: c’è uno scontro epo-cale- tuona infine Angelo diMatteo, presidente di Le-gambiente Abruzzo- dob-biamo scegliere traun’economia basata sul fos-sile o su un’economia legataalle fonti rinnovabili.Vincerequesta battaglia significhe-rebbe affermare un futurodiverso per l’Italia”. Vienespontaneo chiedersi se laproverbiale tenacia abruz-zese vincerà anche contro ipetroldollari esteri. (GC)

DI GIUSEPPANTONIO

«Solo inquinamento»

il PeriodicoLUMSANEWS

Una piattaforma petrolifera minaccia un’area protetta della costa adriatica

Sos trivelle, l’Abruzzo in alto mare

Il trabocco Pesce Palombo, Fossacesia (Ch)

Associazioni ambientali e sindaci uniti: “E’un vero scempio”

E per il no c’è chi è pronto a dimettersi

L’intervista al sindaco di Rocca San Giovanni

ambiEnTE

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«Il Governo condivide lanostra preoccupazione e abreve si troverà una solu-zione per dare subito un mi-liardo al cratere chepermetterebbe all'Aquila difar partire tutti i cantierientro la fine dell'anno perpoi ragionare nell'ambitodella legge di stabilità sucome finanziare la ricostru-zione fino al 2018.” Ne è si-curo il sindaco dell’Aquila,Massimo Cialente, che lo

scorso 16 aprile ha portato lecarriole a Roma in segno diprotesta per chiedere al Go-verno gli 800 milioni neces-

sari alla ricostruzione».Sindaco qual è il suo ap-pello alla politica?«L'appello che faccio è nonabbandonate L'Aquila, ne vadella dignità di un Paese. E'il secondo centro storicod'Italia come numero di edi-fici vincolati. Il primo comedimensione intramuraria divalore, aldilà delle grandicittà come Roma. E' unasfida per il Paese ricostruirla.Noi puntiamo a ristrutturare

nel giro di 9 anni il 90-95%degli edifici escludendo igrandi interventi come quellisulle chiese. Non è impossi-bile, vogliamo fare quelloche fecero i friuliani e il Go-verno italiano 40 anni fa». Il centro storico del-l'Aquila può essere messoin sicurezza e si potrà real-mente tornare ad abitarci? «Assolutamente sì. Ci sonoedifici che prima del sismaerano stati oggetto di un in-

tervento di restauro impor-tante e non si sono accortiche c'è stato il terremoto. Ilcentro storico può tornare si-curo. Adesso si deve discuteresolo dei tempi. Se dovesseroarrivare i soldi potremmogià pensare che per la prima-vera 2016 il centro del-l'Aquila sarà bello comequello di Roma. Forseanche di più». (GP)

17TErrEmoTo 4 anni Dopoil Periodico

LUMSANEWS

di Giulia Prosperetti

Ventuno. Il numero civicodi un palazzo giace a terradimenticato, più in alto ungroviglio di tubi copre lefacciate antiche, cerchiatedall’acciaio, ingabbiate dalreticolo di travi e pilastriche sorregge i palazzi. Sono passati quattro annidal terremoto ma il tempoall’Aquila sembra non scor-rere più, congelato comel’orologio della chiesa diSant’Eusanio, con le lan-cette ferme alle 03:33, unminuto dopo la fatalescossa.Nel silenzio della città vec-chia risuona, sordo, l’ecodei propri passi tra cigoliisinistri e lo sbattere dellepersiane. Cumuli di maceriecampeggiano nelle strade efanno capolino dai portonisocchiusi delle case sven-trate. Su un palazzo i panni stesi,grigi e abbandonati daquella sciagurata notte del2009. Nel centro non abitapiù nessuno. Gli edificisono stati messi in sicurezzacon un lavoro immane e lazona rossa è ridotta, ormai,a una manciata di vicoli, matornare a casa resta ancoraun miraggio. In una giornata di prima-vera, c’è chi passeggia tra ilCorso e piazza Duomo. Lostruscio con passeggini egelati per far finta che siatutto come prima, almenoquando c’è il sole. Ma levetrine sono rotte e i mani-chini nudi, violentati dallatragedia. I negozianti sisono trasferiti, chi c’è riu-scito ha aperto un’attivitàlontano dal centro. La bou-tique di intimo “Tezenis”,

Cialente: «Nel 2016 il centro storico sarà il più bello d’Italia

L’urbanista: «Ricostruire è possibile; ma servono i soldi». di Marcello Gelardini

«In 4 anni si sono solo sprecate risorse e parole». PierluigiProperzi, ordinario di pianificazione territoriale all’universitàde L’Aquila ed ex vice-presidente dell’Istituto Nazionale diUrbanistica, è tra quelli che maggiormente si è occupatodella ricostruzione del centro della città dopo il sisma.Cosa è stato fatto sinora per il centro storico?«Molto poco. Ad oggi sono appena una ventina i cantieriaperti; si è preferito puntare sulla periferia dove, su 10milapratiche, ben 8mila sono già state evase».Per quale motivo?«Il Ministero dei Beni Culturali, ponendo il vincolo e chie-dendo il parere vincolante della sovrintendenza, ha di fattorallentato l’intero iter».Eppure il ministro Barca assicura che in 8-10 anni tuttosarà a posto.

«Il crono programma del ministero è una base da cui partire;io credo chesi potrebbe riapriereil centro anche in menotempo; se solo ci fossero i soldi»Perché, non sono stati stanziati dei fondi?«Se tutto andrà bene per il prossimo anno saranno disponibiliper la ricostruzione poco più di 500 milioni di euro, su unfabbisogno stimato di circa 2 miliardi di euro; e parliamodelle pratiche già aperte»Quali sono le difficoltà incontrate per trovare i soldi ?«La crisi ci ha tagliato le gambe. Per risolvere il problemaoccorrerebbero oltre 5 miliardi di euro: soldi che lo Stato,oggi, non può impegnare».Quindi, guardando al futuro, lei è pessimista?«Servirebbe una costanza nell’erogazione dei fondi; du-bito che lo Stato possa garantirla nel breve periodo. Pur-troppo credo che il prossimo anniversaro ci troveremo aparlare degli stessi probelmi».

uno dei pochi esercizi rima-sti in corso Vittorio Ema-nuele, chiuderà i battenti afine maggio. Lo spopola-mento del centro e l’affitto,salatissimo, non permettonoalla titolare di andare avanti.“Siamo aperti”, la legatoria“San Bernardino” a via diVincenzo, esibisce fiera ilcartello. Un segno di vita edi speranza nella città fanta-

sma. Verso sera con il solese ne vanno anche le per-sone e arrivano le camio-nette dei militari. Sisvuotano il bar di piazzaDuomo e le casette di legnoche vendono souvenir. Ri-mane aperto il Bar delCorso, per chi si attarda sor-seggiando un aperitivo, e ilNero Caffè, uno dei pochilocali aperti la sera. Una

musica a tutto volumeriempe i vicoli deserti, finoalla via principale. E’ tra-smessa dalle casse posizio-nate a via Leosini eseguendola si arriva al risto-rante “Percorsi di gusto”, ilprimo a riaprire nel centrostorico. Un’idea della co-raggiosa proprietaria Mar-zia Buzzanca “per far capireche noi ci siamo”. E la vita

all’Aquila sembra ripartireproprio dalla musica. Dal30 aprile diverse band aqui-lane animeranno le serate albar di Corso Vittorio Ema-nuele II. Tassativamentefino a mezzanotte come im-pone il regolamento comu-nale per “evitare il disturboalla quiete pubblica”. Adirlo qui sembra unoscherzo.

Massimo Cialente

L’Aquilain gabbia

La Basilica di San Bernardino all’Aquila. E’uno dei tre cantieri di restauro avviati nel centro storico .

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di Federica Macagnone

Caro direttore non ti scrivopiù. E la causa è sempre lastessa. Parafrasando la sto-rica frase del film L’ultimaminaccia: “È il web 2.0 e tunon puoi farci niente”. Lacrisi ha colpito oltre all’edi-toria una delle istituzionistoriche dei quotidiani, enon solo. Le cassette dellelettere delle redazioni sonovuote da anni. È il segnodei tempi, si può pensare.Ma qualcosa non va anchenel fantastico mondo di in-ternet: a grande sorpresa,infatti, sono anche le mail ascarseggiare come anche icontatti su Facebook, il piùimportante social network. A segnalarlo è un articolodi Le Monde preoccupatoper la scarsa attenzione chei lettori pongono nell’inte-ragire con la redazione.Una ventina di tweet, duelike e nessun commento ocondivisione per l’ultimarubrica del “Mediatore”che mette in contatto i let-tori e il quotidiano francese.

“Un calo consistente”, con-stata Pascal Galinier che sioccupa dello spazio dal2011. Un crollo talmentepesante da parlare di mortedel giornalismo partecipa-tivo. “Eravate 199 al giornonel primo trimestre 2011, visiete ridotti a 38 oggi! Unvero crollo di oltre il68%!”, continua il curatoredella rubrica. Un dato cu-rioso che comunque fa acazzotti con i risultati posi-tivi dei siti internet: se daun lato si assiste alla lentaerosione del numero deigiornali venduti in edicola,diventa sempre più saldo ildato sugli accessi sui siti diinformazione dei giornali.

Un vero e proprio appellonell’articolo di Le Monde aquelli che definisce “unaspecie in via d’estinzione”.E mentre i cugini d’Oltre-alpe si interrogano sullascomparsa del “jornalismecitoyen” in Italia i giornalinon rinunciano ancora allapagina delle lettere. Quasiun modo per essere attac-cati a un passato che nonc’è più. Certo, la struttura ècambiata. Le lettere sono inpillole, piccoli commenti sugrandi fatti del mondo. Esoprattutto a risponderecome un tempo dietro unalettera 22 non c’è il più(quasi mai) il direttore mafirme autorevoli del gior-

nale. Da Furio Colombo sulFatto Quotidiano a CorradoAugias su Repubblica. I direttori si sono spostatialtrove. Quando le mailhanno iniziato a scarseg-giare l’unica strada per te-nere saldo un filo direttocon i lettori si è tradottonella presenza costante suisocial network, Twitter inprimis. L’immediatezza del con-tatto, la possibilità di una ri-sposta celere e diretta nonha lasciato scampo alle carevecchie lettere. E così per esprimere la pro-pria opinione al direttore diun grande giornale bastaavere un account sul micro-blogging e avere un’opi-nione da esprimere i 140caratteri. A rispondere, questa volta,dietro una tastiera o dalproprio mobile ci sarà ilnuovo direttore 2.0 che nonpotrà sottrarsi alle do-mande e alle opinione, avolte scomode, degli inter-nauti.

18 informazionE

di Mariangela Cossu

L’attualità raccontata daigrandi protagonisti e lecomplesse strategie peraiutare l'editoria ad usciredal pesante stallo. Maanche il futuro del giorna-lismo, e dei suoi operatori,nell'era della tecnologia di-gitale. E’ tornato in grandestile il Festival Internazio-nale del Giornalismo a Pe-rugia dal 24 al 28 aprile,con un nutrito programmache ha previsto più di 200eventi e la presenza di 400speaker. Cinque intensigiorni in cui si è discussosugli importanti temi dellamodernità, dando ampiospazio alla preoccupantecrisi della carta stampatache, sempre più agoniz-zante, passa il testimone aitablet. L’insufficenza di in-troiti pubblicitari sulle te-state tradizionali unita adun crescente disagio eco-nomico, hanno costituitouna congiuntura veneficache sta decretando la finedi un intero settore . Il mo-dello del giornalismo tra-dizionale, quindi, sembraessere obsoleto e non piùsostenibile. Soppiantatodalla velocità della rete,subisce i colpi di una tec-nologia sempre più effi-ciente e affidabile che statrasformando anche ilruolo degli stessi reporter,sfumando i contorni di unaprofessione che fino a undecennio addietro sembra-vano ben marcati. A sotto-lineare ancora di più lacentralità di questo tema lapresenza di alcuni ospitiinternazionali, che datempo riflettono sullagrande sfida che il giorna-lismo è tenuto ad intra-prendere di fronte allenovità di un mondo in tra-sformazione: da StevenButtry, a Emily Bell, daYoani Sanchez fino a Mat-tew Ingram e HarperReed.

A Perugia il futuro

del giornalismo

il PeriodicoLUMSANEWS

Le cassette della posta dei giornali sono vuote. Il filo diretto ora passa su Twitter

Caro direttore, non ti scrivo più

Tony Siino, esperto per i nuovi media, spiega perché si scrive meno ai giornali

«La snack culture vince sul web»

di Federica Macagnone

Un mondo in continuo di-venire. Talmente veloce danon poter stabilire regolevalide se non per un bre-vissimo lasso di tempo.Tony Siino, esperto per inuovi media e padre delblog palermitano Rosalio,spiega il fenomeno delladiminuzione dei com-menti, dei “like” e deitweet nell’universo 2.0.In Francia l’articolo diLe Monde denuncia uncrollo di affezione degliutenti che si traducenella latitanza sui socialnetwork. Oltralpe si ipo-tizza il tramonto del gior-nalismo partecipativo. Èipotizzabile?

«La sensazione è che sistia affermando semprepiù la snack culture, ov-vero un tipo di fruizionemordi e fuggi. Si “consumano”contenutisu internet senza partico-lare attenzione, in modooccasionale e in certi versiin modo confusionario. Inpiù negli ultimi anni i con-tenuti non si prestano aicommenti anzi suscitanonegli utenti apprensioneper la situazione di crisiche si stiamo attraver-sando. Dunque le abitudini difruizione che cambiano e icontenuti non molto stimo-lanti hanno portato a unasorta di disaffezione. Inol-tre oggi gli utenti tendono

a minimizzare il lorosforzo cognitivo prefe-rendo un “mi piace” a uncommento. Le Monde ha riscontratoun fenomeno che è spiega-bile ma non è lo strumentodel giornalismo partecipa-tivo che non funziona ma èl’agenda che non favoriscela partecipazione». Non si scrive più ai diret-tori ma i lettori preferi-scono contattarli tramiteTwitter e Facebook. Per-ché?«Oggi sie preferisce unacomunicazione più imme-diata. Gli utenti sanno che

il direttore in qualchemodo è obbligato a rispon-dere a quesiti che arrivanosu Twitter perché in casocontrario non ci fa unabella figura. La rete facendo disinter-mediazione rompe le bar-riere che si pongono tra didue interlocutori: in questomodo chi si rivolge a undirettore attraverso un so-cial network pensa chesarà lui stesso a rispon-dere, magari dal mobile inmaniera immediata. Questo ha portato a un tra-collo prima delle lettere epoi delle mail».

Tony Siino, web strategist

Le Monde denuncia la morte del giornalismo partecipativo

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19il PeriodicoLUMSANEWS informazionE

di Francesca Polacco

Dopo Zapping, Zapping 2.0. Lastorica rubrica di Rai Radio1condotta per 18 anni e mezzodal giornalista Aldo Forbice hacambiato nome per aprire unanuova stagione. Il 27 giugno del2012 è andata in onda l’ultimapuntata di Zapping, dal 2 lugliodello stesso anno è iniziata Zap-

ping 2.0, condotta da GiancarloLoquenzi. Fiore all’occhiello diRai Radio1, oltre 5mila puntate,700mila ascoltatori sintonizzatidal lunedì al venerdì dalle 19.40alle 21.00, un premio MediaAwards come “miglior pro-gramma giornalistico radiofo-nico dell’anno” vinto nel 2008,non sono bastati alla Rai perproseguire con la trasmissione.Zapping fu ideata nel 1994 daAlberto Severi e Livio Zanetticon lo scopo di essere una fine-stra sugli eventi di attualità, inprevalenza politici, con nume-rosi collegamenti con i TG e so-prattutto con la possibilità, daparte degli ascoltatori, di inter-venire liberamente, almeno inapparenza. Non è servito a sal-vare Forbice neppure l’appelloche 32 persone fra direttori ditestata, opinionisti e docentiuniversitari hanno rivolto alpresidente, al direttore generalee al consiglio d’amministra-zione della Rai per la sostitu-zione di uno dei giornalistiradiofonici più seguiti e in-fluenti d’Italia. «Sono in pen-sione dal 2007. Il contratto dicollaborazione con la Rai ve-niva rinnovato in modo auto-matico», ha dichiarato Forbice.«Antonio Preziosi, direttore diRadio1, mi aveva lasciato in-tendere che ci fossero marginidi manovra, dopodiché silenziototale», ha concluso. La spietataconcorrenza con La Zanzara,costruita sulla falsariga di Zap-

ping, è probabilmente la moti-vazione reale della chiusura delprogramma, motivazione maidichiarata esplicitamente dallaRai.

Cruciani e il prurito da Zanzara

Una spettacolarizzazione estrema dell’informazione,al limite dell’etica, che si nasconde dietro un alibi po-tente: “siccome il potere è oscuro, bisogna illuminarloa qualunque costo, anche quando il microfono o la te-lecamera hanno la stessa invasività di una rettoscopiafatta senza il consenso del paziente". Questa l’opinione di Michele Serra, editorialista de LaRepubblica, sullo scherzo telefonico che la redazionede “La zanzara” ha fatto a Valerio Onida, che Serra nonha esitato a definire un innocente che ha soltantoespresso delle opinioni personali in una conversazioneche pensava fosse privata. L’idea di fondo, espressadal giornalista, è che bisogna rivendicare il diritto allaprivacy e prendere esempio da democrazie che se-condo lui sono più evolute di quella italiana, dove l’in-formazione opera in maniera completamente diversa:“Solo occasioni eccezionali, storiche, come il Water-gatek, giustificano le registrazioni abusive e l’accani-mento giornalistico. Il resto è mobbing mediatico.Prendere in ostaggio pensieri e parole di una personanolente, non è cattivo gusto. È violare diritti. E in de-mocrazia, i diritti non si violano” ha scritto sulla sua“Amaca” il 5 Aprile scorso. (MM)

Privacy e diritto al silenzio

Dopo 18 anni di Zapping

ecco Zapping 2.0

di Manuela Moccia

Diritto alla privacy e dirittoall’informazione,uno scon-tro tra titani che questavolta si è svolto via eteresul ring di Radio 24. Lo scorso 4 aprile, chia-mato da una finta Marghe-rita Hack per il programmadi Giuseppe Cruciani «Lazanzara», l'ex presidentedella Consulta, ValerioOnida, non si è accorto del-l’inganno e ha cominciatoa parlare liberamente."Questa cosa dei saggi ame sembra sinceramenteuna cosa inutile", ha esor-dito l'imitatore dell'astrofi-sica toscana. "Ma guardi sì,probabilmente è inutile.Serve a coprire questo pe-riodo di stallo...” è statal’ingenua risposta di Onidache ha fatto infuriare i ver-tici del Quirinale. Per con-cludere poi con unariflessione personale sulleader del Pdl: “ Berlusconivuole solo protezione, è an-ziano e speriamo decida digodersi la vecchiaia la-sciando in pace gli italiani".

Che i 10 saggi designati daGiorgio Napolitano fosserostati messi lì per temporeg-giare fino all’arrivo di unnuovo presidente della Re-pubblica era sospetto dimolti, ma sentirlo dire di-rettamente da uno di loronon è stata cosa gradita e hascatenato numerose pole-miche, soprattutto in casaPdl. La risposta di Onidanon si è fatta attendere:pronto a dare le dimissionicon un comunicato ha chie-sto scusa al Presidente Na-politano “e le mie scuse aBerlusconi perché un mio

giudizio privato, espressoin chiave ironica e autobio-grafica, diventando pub-blico potrebbe averloingiustamente offeso”, hapoi concluso. Il conduttore di radio24però ci ha riso su e inun’intervista a “La Repub-blica” ha ammesso: “"Ineffetti un bersaglio cosìgrosso non c'era mai capi-tato. Ma in radio gli scherzitelefonici si sono semprefatti. Mi dispiace, mi rendoconto che l'abbiamo messoin difficoltà. Ma è semprestato un paladino della li-

bertà di stampa e sarebbebizzarro se si rimangiassela sua opinione", ha poiconcluso Cruciani, in ri-sposta alle proteste del sag-gio che aveva definito loscherzo come “una grandeviolazione della privacy”.Mentre sulla scelta di unafinta Margherita Hack haconfessato: "La verità?Non sapevo che inventarmiper la trasmissione. Così hochiamato Andrea Merkù, ilnostro imitatore, e gli hospiegato la cosa. Lui ov-viamente nemmeno sapevachi fosse Onida".

Il conduttore de “La Zanzara” Giuseppe Cruciani assieme al collaboratore David Parenzo

Mobbing mediaticoper Michele Serra

Pannella e Onida le ultime vittime del programma satirico di Radio24

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Lumsanewsil Periodico, Online, Radio, Tv

periodico numero 30:Periodico numero 27 26/04/2013 12.56 Pagina 19

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20 il PeriodicoLUMSANEWSnuovE TECnoLoGiE

«Il settore non può cresceresenza investire nel digitale, chedovrebbe essere prioritario perqualsiasi governo. Ma pur-troppo non è così». GuidoScorza, docente di diritto dellenuove tecnologie e presidentedell’Istituto per le politichedell’innovazione, non ha dubbisugli effetti positivi di una cre-scita degli investimenti pubblicinel settore.Perché?«L’investimento in banda largae nel digitale in generale pro-duce un effetto immediatomolto forte sul Pil di un Paese.Lo attestano decine di studi na-zionali e internazionali. Questoè ancora più vero per l’Italia,che proprio per questo suo ri-tardo è rimasta, a differenzadegli altri paesi, sotto loschiaffo delle televisioni emolto indietro sull’attuazionedell’Agenda digitale europea».Cosa prevede quest’Agenda?«Di connettere i cittadini allarete. Il problema è che in Italiasi è cronicamente in ritardo permancanza di investimenti pub-blici. Perchè in alcune aree delpaese non c’è interesse da partedei privati ad investire, permancanza di un ritorno econo-mico. Ma se non si porta l’in-ternet veloce a tutta lapopolazione come sin fa a farcrescere il settore delle start up?Metà dell’Italian non è servitadalla connettività a bandalarga».Popolazione attiva su inter-net, e-commerce, digitalizza-zione della pubblicaamministrazione. Siamo in-dietro su tutti gli indicatori ri-spetto al resto d’Europa.«Perché finora il digitale si èfatto solo per spot. Manca unacultura adeguata. L’Italia, adesempio, è posizionata benis-simo per numero di servizi chel’amministrazione digitale offreai cittadini, mentre finisce infondo alle classifiche se siguarda all’uso effettivo di quesiservizi». (CDF)

E’ boom per le start up italiane

di Carlo Di Foggia

Il Lazio prova ad inseguireil boom che, a livello na-zionale, è ormai un dato difatto. Secondo infocameresiamo sesti nella graduato-ria generale, con 35 nuovestart up registrate da gen-naio ad oggi. Se si guar-dano i dati a livellogeografico però, il risultatoè ancora più sorprendente,visto che al di sotto dellatoscana i numeri sonomolto più bassi. Nessunocome noi nel centrosud. Ei casi di successo non man-cano. Come Atooma, unastart up nata per sviluppareun applicazione per an-droid in grado di istruire losmartphone a compiereazioni in automatico senza

dover utilizzare codici diprogrammazione. Atoomaè stata sviluppata a Romada quattro ragazzi di 27anni, partendo dalla tesi dilaurea di una di loro, Fran-cesca Romano, oggi Ceodella società, che a feb-braio si è aggiudicata ilprimo premio ai “Barcel-lona premier awards”.Loro, come molti di questinuovi imprenditori digitali,non hanno una sede fisica.I bassi costi di produzionelo consentono. Si lavora dacasa, in remoto, o al mas-simo ci si appoggia ad unodei tanti di “coworking”nati negli ultimi anni esparsi un po’ ovunque perla Capitale. Luoghi dove iprofessionisti scelgono dimettere in comune le pro-

prie competenze, creandoaree di lavoro condivise,incubatori di idee e nuoviprogetti. Stiamo assistendoad una rivoluzione - spiegaTommaso Spagnoli, che aRoma ha creatoSPQwoRK, affittando po-stazioni di lavoro a profes-sionisti del settore -, questelocation diventeranno lasede privilegiata di quel-l’esercito di lavoratori au-tonomi che non ne può piùdi lavorare a casa o è co-stretto a viaggiare per la-voro”. I famosi“telelavoratori” si trasfor-meranno in “coworkers”,una soluzione anche per igiovani imprenditori cheavviano una start up. Ep-pure, nonostante premi ericonoscimenti, il futuro

non è scontato, anzi, repe-rire fondi per una start up èsempre più difficile in Ita-lia. Nessuno concede fi-nanziamenti, se nonattraverso il sistema degliincubatori. Atooma, adesempio, è passata dallaromana EnLabs e il pro-gramma di accelerazioneMind The seed. “Noi ab-biamo una sede negliUSA, perché ricevere fi-nanziamenti in Italia èquasi impossibile - spiegala cofondatrice Gioia Pi-stola, che in questi mesi ènegli Stati Uniti per Mindthe Seed -, spesso ti ten-gono in sospeso per mesi epoi non se ne fa nulla. GliAmericani sono più pra-tici”. Senza soldi, infatti, leidee, da sole, non bastano.

Tanti premi e la Regione rincorre il boom. «Ma i fondi scarseggiano»

«Ma occoronopiù investimenti

nel digitale»

di Fabio Grazzini

Sono 453 e continuano adaumentare. Stiamo par-lando delle start up italiane,le cosiddette aziende inno-vative nate da zero che al-l’inizio, per svilupparsi,necessitano di null’altroche di un pugno di persone,di una stanza e di qualchecomputer. I prodotti di que-ste imprese post-modernesono essenzialmente pro-grammi e servizi per dispo-sitivi tecnologici chespaziano dai pc ai tablet,passando per gli smar-tphone. Un settore che nelnostro Paese deve il pro-prio sviluppo al decretoCresci Italia il quale, fir-mato dal ministro delloSviluppo economico, Cor-rado Passera, tra le altre di-sposizioni contiene al suointerno, a partire da gen-naio di quest’anno, agevo-lazioni economiche perchiunque desideri fondareuna nuova start up. Per farripartire l’economia delPaese il Governo Monti,infatti, puntava molto suqueste imprese che in altri

paesi, in primis in Israele enegli Stati Uniti, generanoun alto volume di affari egrande prestigio internazio-nale.Importanti punti di riferi-mento per chiunque si af-facci in questo mondoparticolare sono poi gli in-cubatori d’impresa, ovverodelle imprese che – attra-verso risorse di sostegno,competenze specifiche econtatti consolidati – acce-lerano l’ingresso del nuovoarrivato nel mercato digi-tale. «Sono luoghi in cuichi vuole fondare una startup trova una stanza per ilsuo primo ufficio, connes-

sione internet, computer: lalogistica primaria a pocaspesa perché condivisa conaltri» racconta Mario Ma-riani, fondatore dell’incu-batore The Net Value e,assieme a Renato Soru, diTiscali. Originale è anche il metodoattraverso cui questo tipo diazienda cresce: i prodottiche vengono immessi sulmercato sono all’iniziocompletamente gratuiti, adisposizione di tutti gliutenti. Una fase propedeu-tica che viene superata soloattraverso l’exit, l’uscita.Per l’impresa tecnologicasignifica che il mercato ha

risposto bene al prodotto eche è arrivato il momentodi venderlo, recuperandoquanto fino ad allora inve-stito. E che queste start upabbiano delle buone pro-spettive per il futuro è datoanche dal fatto che a livellonazionale è già nata unasorta di Confindustria ad-hoc: Italia Start Up. «Nonvogliamo essere un organi-smo burocratico – sostieneil presidente, Riccardo Do-nadon – ma vogliamo rac-cogliere e dare voceunitaria a quello che ora vaconsiderato come un vero“settore”, condividendoesperienze ed esigenze».

Lazio primo nel centrosud

Dall’ inizio dell’anno con le agevolazioni del governo Monti, sono già diventate 453

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