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Persone finte. Paradossi dell’individualismo e soggetti collettivi

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LDB

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Individualismi di ogni tipo imperversano oggi sulla scena sia pubblica siaprivata, mentre vecchi soggetti collettivi, come partiti e sindacati, che hannoaccompagnato l’era della società industriale sembrano entrati in una fase dideclino. Contemporaneamente il mercato globale si afferma come supremaforma di regolazione e di controllo dei conflitti e delle aspirazioni. In questocontesto,gliattorie isoggetticollettivi, le"personefinte",nonscompaiono,sitrasformanoegeneranoparadossi:sonoproprioinuovisoggetticollettivi,infatti,comelegrandiimpresemultinazionalidell’informaticaedellacomunicazione,apromuovere edesaltarepratiche e culture individualiste. Il libro ci consentediscoprire la vera natura di queste "persone finte", rivelandone tutta la portatapolitica.

GianPrimoCellaèstatoprofessorediSociologiaeconomicaediTeoriasocialenellaFacoltàdiScienzepolitichedell’UniversitàdiMilano.TralesuepubblicazioniperilMulino:"Tracciareconfini.Realtàemetaforedelladistinzione"(2006)e"Relazioniindustrialiecontrattazionecollettiva"(conT.Treu,2009).

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GianPrimoCella

PersonefinteParadossidell'individualismoesoggetticollettivi

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Copyright©bySocietàeditriceilMulino,Bologna.Tuttiidirittisonoriservati.Peraltreinformazionisivedahttp://www.mulino.it/ebook

Edizioneastampa2015ISBN978-88-15-25436-8

Edizionee-book2015,realizzatadalMulino-BolognaISBN978-88-15-32327-9

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Indice

PremessaCapitoloprimoIl«paradosso»dell’individualismoCapitolosecondoLostranoindividualismodiungrandeteoricosocialeCapitoloterzoLarappresentanzaattraversosoggetticollettiviCapitoloquartoDadoveoriginanogliattoricollettivi

Conclusioni

Riferimentibibliografici

Indicedeinomi

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aBeatrice,Isabella,Tommaso

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Ringraziamenti

Nelportareaterminequestolavoro,secondoun’abitudinechenonosochiamare«stile»,misonomosso in solitudine. In questi casi i ringraziamenti, almeno in apparenza, potrebbero essereridotti,ancheseilsolitariochestudiaescrivedovrebbeesseremoltogratoatutticoloroche,conriconoscimenti espliciti o impliciti, gli permettono di non punirsi troppo di questa condizione.Dueamiciecolleghivoglioperòricordare:FrancoRositieRobertoPedersini.Alprimo,dalqualehosempreappresosapienzasociologicainquasicinquant’annidirapporti,devolasollecitazioneinizialeaoccuparmidisoggetticollettivi,nonchéqualchepreziosoconfortocriticosualcunepartispecifiche.Alsecondosonoriconoscenteperl’attenzioneelapazienzaconcuihalettolaprimastesuradelsaggio.Unaletturachemièstatamoltoutilespecieperchéprovenientedaunbenpiùgiovanecollega.

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Premessa

Inoccasionedella stesuradiquesto saggio il tema si è imposto innanzituttoattraverso la percezione di una sorta di paradosso, quello che riguarda ladiffusione a tratti inarrestabile, non solo nelle scienze sociali, di argomenti ditaglio individualistaper interpretare le relazionie ledinamichesociali,proprionelmomento in cui si affermano e talvolta dominano attori e soggetti di tipocollettivo, che individui di certo non sono. È attraverso tali argomenti che sipercepisce per contrasto la rilevanza di questi attori/soggetti, ma è lo stessosuccesso della loro diffusione che impedisce di cogliere la natura e laconsistenza delle entità collettive. Il paradosso è stato attenuato, o nascosto,dall’indubitabile declino di alcuni dei soggetti collettivi che hannoaccompagnatol’eradellasocietàindustriale,partitipoliticiesindacatifraquesti,edallacontemporaneaaffermazionedelmercatoglobalecomesupremaformadiregolazione e di controllo dei conflitti e delle aspirazioni. Ma l’immagine disoggetti che si aggirano liberati per le vie del mondo, o semplicemente diInternet,compiendoscelteedecisioniall’internodellapropriasferaindividualeè del tutto fuori luogo. Talvolta le pratiche e le culture individualiste sonoproprio favorite dalle scelte degli stessi soggetti collettivi che, come le grandiimprese multinazionali dell’informatica e della comunicazione, così operandocontribuisconoadefinireeacostruirelarealtàsociale,nelmentrepretendonodiforniresolostrumentiutiliafavorirelescelteindividuali.

Da questa percezione sono partito per tentare di approfondire la natura deisoggetti collettivi per i quali si è disposti, nelle scienze sociali come nellinguaggio ordinario, a utilizzare attribuzioni, proprietà, predicati verbali chenormalmenteriserviamoaisoggettiindividuali.Èunanaturacheèbenpresente

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e dibattuta nella teoria del diritto fin dalle sue origini,ma che viene data perscontata nella teoria sociale la quale (con le poche grandi eccezioni di cuiparlerò,primafratuttequelladiJamesS.Coleman)èportataasottovalutareilcontributodecisivodelledisciplineedelleprofessionigiuridichealladefinizionedellarealtàsociale.Dopoilparadossosièportatiperciòascoprireunafinzione,eilsuoapportosociale,quellochecipermettediconsiderareisoggetticollettivicome se fossero soggetti individuali. Talvolta, lo vedremo, la finzione sitrasformaininvenzione,etraleduefigurenonriusciremosempreadistinguere,anche se potremo tenerle entrambe separate da una terza strada, quella delrealismoche, specie sull’ereditàdeldiritto associativogermanico, èportata adattribuireaisoggetticollettivicorpoevolontà,talvoltaun’anima.Tramitequesta«scoperta», tale almeno in buona parte della teoria sociale, incontreremoindividui chenon sonopersone,personechenon sono individui, individui chesono persone collettive, soggetti collettivi che non sono persone. E sel’invenzione ci richiama con il suo fascino, potremo imbatterci addirittura insoggetti che appartengono a due nature nello stesso tempo (è la famosaimmaginedei«duecorpidelre»diKantorowicz).Unabellavarietàdisoggetti,nonc’èdubbio.

Dopo il paradosso e la finzione incontreremo un processo che si articolaproprioattraversoisoggetticollettivi:èilprocessodirappresentanza.Sappiamoda Hobbes, ma anche dal significato latino di persona («maschera»), che ilconcettodipersonasottendesempreunaformadirappresentanza,mainquestocaso il rapporto è più esplicito: si tratta della rappresentanza che si attuaattraverso soggetti collettivi, comeaccade tipicamentenelle relazionipluralistefra igruppiorganizzatipiùcheneisistemipolitici,dove larappresentanzaallafinesitraducesemprenell’elezionedirappresentantiindividuali.Conisoggetticollettivi, e dunque con le «persone finte», si manifesta l’intenzionalità dellaricerca di un noi rivolto a superare gli ostacoli oggettivi che gli individuiincontrano nelle diverse forme della convivenza sociale, e che impone a

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un’aggregazionedisoggettiindividualilanaturadisoggettodecisore.Inquestoprocesso la costituzione del soggetto collettivo è facilitata dalle definizioniunitariedelgruppoespressedairappresentantistessiattraversoattiperformativi.

Ai soggetti collettivi della rappresentanza verrà dedicata un’attenzioneparticolarenonsoloperchécostituisconoforseiltipopiùemblematicofraquestisoggetti, ma anche per la possibilità di verificare con essi la teoria delriconoscimentoepercompetereesplicitamentecongliargomentiindividualisti,che talvolta si rivelano dotati di particolare efficacia esplicativa. I casi e gliesempi sindacali saranno rintracciabili lungo tutto il libro (e non solo nelcapitoloIII):dallaleggeLeChapelier(ilcasopiùclamorosodiesclusionedellarappresentanzapergruppi,nellaFranciarivoluzionaria)allasentenzaTaffVale(all’origine della creazione di persone finte che non sono in tutto e per tuttopersonegiuridiche, nellaGranBretagnadegli inizi delNovecento), alWagnerAct(chepromuoveisoggetticollettividelsindacalismomoderno,negliannidelNew Deal rooseveltiano), fino alla definizione del «sindacato dei diritti»nell’esperienzaitalianadellafinedelXXsecolo(comeesempiodidefinizioneerappresentazionecherasentala«magiaperformativa»).

Ilparadossoindividualista,lafinzionenellacreazionedipersonecheindividuinon sono, la rappresentanza attraverso queste persone, delimitano buona partedegliargomentichesarannopropostiinquestosaggio,perauspicarenellateoriasociale una più attenta considerazione degli attori/soggetti collettivi, della loronatura, della loro affermazione. Ma almeno una conseguenza di questaaffermazionemeritadiessereaffrontatainmodoesplicito:quellariguardanteledecisioni(oleelezioni)attraversoilvotoamaggioranza,unrequisitonecessarioanchesedicertononsufficientedeisistemipoliticidemocratici.L’ammissibilitàdi questo voto è subordinata all’esistenza e al riconoscimento di soggetticollettivi, e dunque di persone finte. Con il voto a maggioranza bisogna inqualchemodoriconoscerecheadesprimersinonsonotantogliindividuimembridelgruppo,quantoilgruppostesso,dalmomentochenessuno,filosofooteorico

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politico, è riuscito a proporre una giustificazione solida e accettabile delsemplice fatto che più individui debbano prevalere su meno individui. Losappiamo risalendo secoli addietro fino all’elezione delle due carichefondamentali di tutta la storiamedievale, il papa e l’imperatore.Ma sappiamoanchecheledemocraziepluralistecontemporaneesonoriusciteconsuccessoafar convivere ledue formedidecisione,quellaamaggioranzanelle assembleepolitiche e quella all’unanimità (di antica origine) nelle relazioni fra i gruppiorganizzati.Oggiquestasoluzioneèclamorosamenteindeclino,eladecisioneamaggioranza,piùomenoimpostadaistituzioninondemocratiche(comeglientidiregolazionedell’economiaedellafinanza),sembraestendersiinognicampo,masenzalacreazionedisoggetti/attoricollettiviaccettatiecondivisiingradodigiustificareladecisionestessa.Èconquestachiaveinterpretativachepotremmoleggere le polemiche italianedi questi ultimi anni contro la concertazione e leconnesserelazionifraigruppi.

Le pagine di questo libro non sonomolte e così, mi auguro, il lettore nondovrà assumersi un percorso troppo difficoltoso per cogliere le ragioni chespingonoversounaconsiderazionepiùesplicitadeisoggetti/attoricollettivinellateoriasociale.Conun’avvertenzaperò:dovràaccettaretalvoltadirisaliremoltoindietronellastoria,versovicendenonsempreconsideratenellescienzesocialideinostrigiorni.È lostesso filodiargomentazionecheavevoseguitonelmioprecedentelibrosuiconfini[Cella2006].Alloracomeoggisuquesterisaliteesuquestirichiamimantengoperòalcunidubbieperplessità.Nonsarannopercasoscambiatidal lettorecomesemplicimezziper impreziosireundiscorso teoricoche su ben altri argomenti dovrebbe fondarsi? E talvolta non sono veramentetali? Idubbi sono riaffioratianchenelcorsodella stesuradiquestepagine, finquando ho ritrovato un conforto autorevole nelle bellissime lezioni che PierreBourdieutennealCollègedeFrancenel1989-1992sultemadelloStato,dicuisono apparse di recente le trascrizioni [Bourdieu 2012]. Perché ritornare, sidomandailgrandesociologo,finoaicanonistimedievalichehannoinventatolo

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Statomoderno?Perchériandarefinoallesituazionioriginarie,oagliaffascinantiinizi?Eccolarisposta:«questerisalitesonointeressantiteoricamente,perchéciòche sembra derivare da qualcosa di spontaneo e automatico, annullandosidunque in questo qualcosa, è ancora cosciente, ancora visibile, spessodrammaticamentevisibile»[ibidem,81].Noncredopropriosipossadiremeglio.

Inquesta risalitaverso ilMedioevoci si imbatte in figure (pontefici romanisoprattutto)che,aldilàdellaloroenormerilevanzanellastoriadellaChiesaeditutto l’Occidente, acquistano una posizione di inattesa centralità nella teoriapoliticaesociale.AltempodiTracciareconfinimieroincontratoconGregorioVII (al secolo Ildebrando di Soana), il protagonista di quella «rivoluzionepontificia» che nei decenni finali dell’XI secolo, nell’elaborazione delcompromesso fra il papato e l’autorità imperiale, diede inizio alle istituzionigiuridiche moderne, all’autonomia del diritto, della politica e della scienzapolitica,delloStatostesso,ponendofineall’indeterminatezzadeiconfinipoliticieterritoriali.Inquestaoccasionel’incontroèstatoconInnocenzoIV(Sinibaldode’Fieschi)che,ametàdelXIIIsecolo,conlasuateoriadellapersonaficta(acuimisonopermessodi ispirarmiper il titolodel libro)e laconnessadottrinadellafinzione,hapostolebasiperlamodernateoriadellepersonegiuridicheeperl’introduzioneeladiffusionedelprincipiomaggioritarionell’elezionedelleautoritàreligioseepolitiche.L’ammirazioneversol’elaborazionediquestopapaè unanime, da Gierke a Kantorowicz fino a Coleman, ma forse da nessunoespressa meglio che da Edoardo Ruffini: «il pontefice giurista, pur nel suoristrettissimocampo,hatoccatoillimitedelgenio»[Ruffini1977,82].

Sonoquesti i consigliper la letturachemi sentivodipremetterealvolume,dove non si troverà tanto uno «stato della questione» sul tema dei soggetticollettivi,conlarelativaedovutarassegnadelleteorie,quantol’individuazioneproblematicadiunospaziodiriflessioneperlescienzesocialiedellesueorigini.Il lettorepazienteebendisposto troverà,miauguro,anchequalcheargomentononinutileperintervenirenellevicendepoliticheesocialideinostrigiorni.

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Capitoloprimo

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Il«paradosso»dell’individualismo

Il capitolo parte da una sorta di paradosso, quello che riguarda la diffusione, non solo nellescienze sociali, di argomenti di taglio individualista per interpretare le relazioni e le dinamichesociali, proprio nel momento in cui si affermano e talvolta dominano attori e soggetti di tipocollettivo, che individui di certo non sono. Il paradosso è stato attenuato, o nascosto,dall’indubitabile declino di alcuni dei soggetti collettivi che hanno accompagnato l’era dellasocietà industriale,partitipoliticiesindacati fraquesti,edallacontemporaneaaffermazionedelmercatoglobalecomesupremaformadicontrollodeiconflittiedelleaspirazioni.Mal’immaginedisoggettichesiaggirano"liberati"perleviedelmondo,osemplicementediInternet,compiendoscelte e decisioni all’interno della propria sfera individuale è del tutto fuori luogo. Talvolta lepraticheelecultureindividualistesonopropriofavoritedallesceltedeglistessisoggetticollettiviche,comelegrandiimpresemultinazionalidell’informaticaedellacomunicazione,cosìoperandocontribuiscono a definire la realtà sociale, mentre pretendono di fornire solo strumenti utili afavorirelescelteindividuali.

Lepersonesonosianaturalicheartificiali.Leunichepersonenaturalisonouomini.Leunichepersoneartificialisonocorporations.Lecorporationssonosiaaggregatecheuniche.

F.W.Maitland,1900

Lacosiddettapersonafisicanonè[...]unuomo,bensìl’unitàpersonificatadellenormegiuridichecheattribuiscono doveri e diritti al medesimo uomo. Non è una realtà naturale, bensì una costruzionegiuridicacreatadallascienzadeldiritto.

H.Kelsen,1960

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1.IndividuiepersoneNellinguaggioquotidiano,peridentificareisoggettidiqualcheazioneoper

nominareglioggettidiunanostraargomentazioneodiunanostraespressionedisentimentiutilizziamonormalmenteduetermini,nonsempreintercambiabilifraloro: individuo e persona. Si potrebbe dire che queste parole hanno la stessadenotazione,ma una diversa connotazione, e che disponiamo almeno a livellointuitivodeglistrumentiperdistinguerneidiversisignificati.Lasciamodapartele attribuzioni di genere, femminile omaschile, presenti in alcune lingue (manonintutte)chepotrebberogiustificarelasceltafraiduetermini,peresempionella lingua italiana dove la parola persona ha il raro vantaggio di poteridentificare senza equivoci soggetti femminili o maschili. Le capacità didistinguere sono segnalate dal ricorso ad accenti ironici, possibili e diffusiquando si utilizza individuo (pensiamo alla dizione «un bell’individuo») mapiuttosto rari e incerti quando si ricorre a persona (la dizione «una bellapersona»èquasisempreunivoca).Sipotrebbedirechel’ambitodiriferimentodel presente libro è in fondo tutto racchiuso in queste ambiguità e in questadistinzione;manonanticipiamotroppogliargomenti.

Se si passa alla storia del pensiero, la distinzione è evidente, anche se peralcuni aspetti fuorviante. Il termine individualismo è poco discriminante senzaun aggettivo a seguire, identifichi esso un carattere nazionale (per esempiotedesco),un’appartenenzasociale(peresempioborghese),unafasestorica(peresempioromantico),un’attribuzionedisciplinare(peresempiometodologico).Iltermine personalismo identifica invece senza dubbi una corrente di pensiero,quellanatanegliambienticristianidellaFranciadellaprimametàdelXXsecolo(anche se con precursori in età classica) e che vede nel filosofo EmmanuelMounierilsuointerpreteprincipale.Unacorrentefondatasuun’esplicitaaccusadell’individualismo,ritenutounaveraepropriamalattiacheavrebbe«sostituitoallapersonaun’astrazionegiuridicasenzasostegni,senzastoffa,senzacontorno,

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senza poesia, intercambiabile, abbandonata alle prime forze che capitano»[Mounier1955,92].Vedremoche,quantoad«astrazione»,anchelapersonanonnesaràimmune,macertoladistinzionecolpisce.

Nellateoriasocialeepoliticataledistinzioneassumecaratteripiùchiari,esudi essa potremo procedere. Con l’aiuto della teoria scopriremo come siincontrinospessopersonecheindividuinonsono,machesonosoggettiplurimi,collettivi. A questa sorpresa seguirà dunque una giustificata domanda dichiarimento o di approfondimento del tipo: non sarà perché la personarappresentasemprequalcosaoqualcuno,mentrel’individuonongodediquestacapacità?Laquestioneèbennotaerisale,losivedrà,amoltisecoliaddietro,maforsedanessunoè stataesplicitatacomedaHobbesnelcelebre (ecitatissimo)incipitdelcapitoloXVIdelLeviatano(1651):

Unapersonaècoluilecuiparoleoazionisonoconsiderateocomesueproprie,ocomerappresentanti–siaveramentesiamediantefinzione–leparoleoazionivuoidiunaltrovuoidiqualunquealtracosacuivengonoattribuite.Quandosonoconsideratecomesueproprie,alloraèchiamatapersonanaturale;mentre,quandosonoconsideratecomerappresentantiparoleeazionidiunaltro,allorasitrattadiunapersonafittiziaoartificiale[Hobbes2008,173].

Hobbesinquestadistinzionefrapersonanaturaleepersonafittiziaricorrealsignificatolatinodipersona(«maschera»),ovvero«iltravestimentoosembianteesteriore di un uomo camuffato sul palcoscenico e, qualche volta, piùparticolarmentequellapartediessochecamuffailvolto,comeunamascheraouna faccia posticcia» [ibidem]. È una distinzione che verrà ripresa ai nostrigiorni,conaccentidiversi,daunafoltaschieraditeoricisociali,daPizzornoallaPitkin,aDumont,conl’intenzionedicoinvolgereproblemidiriconoscimento,dirappresentanza, di attribuzione. La persona, per operare come tale, dovrebbeessere riconosciuta da altri, oppure rappresentare altri o qualcosa, godendo omenodiun’attribuzionedidirittiintalsenso.EMounier,sulpianodelsoggettoriflessivo,sispingeràadire:«lamiapersonanonèilmioindividuo»[Mounier1955,87], restringendorispettoaHobbes ilcampodiapplicazionedel terminepersona che, seguito dall’aggettivo naturale, potrebbe sovrapporsi al termine

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individuo.Cisidovràabituareaquesteincertezzeterminologiche,apattodinondimenticareilnostroobiettivo,cheèquellodiparlaresoprattuttodellepersonecheindividuinonsono.

Iduepassipostiinepigrafefornisconoperilrestouninizioadeguatoaquestocapitolo introduttivo.Nelpasso,cherisaleall’iniziodelXXsecolo,delgrandestoricoinglese(trattodalsaggioTheCorporationSole)sidistinguefrapersonenaturali e artificiali (sono queste, come vedremo, le personae fictae, ovvero isoggetti e gli attori collettivi), e si constata inoltre l’esistenza di personeartificialichenonsonosolocollettive,maancheindividuali(ilreinnanzitutto).Queste ultime sono entità che, pur essendo individuali, non sono soggette ailimitidellepersonefisiche,lamortalitàinprimoluogo.Conosciamoleoriginidiquestarappresentazioneteoricaeimmaginaria,maconeffettirealinellapoliticadelle istituzioni (è la teoriadei«duecorpidel re»),e sudiessa torneremopiùoltre inquesto libro (cap. IV).Per ilmomentobasti ricordareche l’artificialitàdeisoggetti,edunque la loroderivazionedaunacostruzione intenzionale,nonhariguardatosoloquellicollettivi,masièestesaancheaquelliindividuali.

Nel passo di Kelsen tratto dalla seconda edizione dellaDottrina pura deldiritto [Kelsen1966] si contestaaddirittura l’idea stessadipersonanaturale (edunque anche di individuo), affermando la sua origine dalla costruzionegiuridica, e perciò dalla intenzionalità collettiva, se si vogliono utilizzare itermini dell’ontologia sociale (anche su questo torneremo più avanti), cheprevede, come dice Searle [2003, 28], la distinzione fondamentale «fra quegliaspetti della realtà che sono indipendenti dall’osservatore (o indipendentidall’intenzionalità) e quegli aspetti della realtà che sono dipendentidall’osservatore (o dipendenti dall’intenzionalità)». Possiamo ritenere che lapersonafittiziaoartificialeappartengasenzadubbioallasecondacategoria,maanche che l’appartenenza dell’individuo o della persona fisica o naturale allaprimacategorianonpossadarsiper scontata.Unasiffattaorigineedistinzionenon è tanto dimenticata dalla teoria sociale o politica, quanto non considerata

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nella proposizione degli svariati argomenti che, per brevità, è possibilericondurre alle differenti versioni dell’individualismo, prima fra tutte quelladell’economianeoclassicapostaafondamentodelmainstreamdelladisciplina.

Questi due passi racchiudono molti, se non tutti, gli argomenti utilizzabili,senza ricorrere a contrapposizioni di tipo olistico, oggi francamente nonproponibilinellalorointegrità,percontrobattere,operridimensionare,letesiincircolazione nelle scienze sociali in tema di individualismo e diindividualizzazioneo, se si vuole, per affrontare il «paradosso» storico-socialedell’individualismonella contemporaneità[1]. Il crollo dei legami comunitari inmolti contesti contemporanei, l’indebolirsi dell’immagine à la Mounier dellacomunitàcome«personadipersone»,noneliminailparadossodiricondurre,odi imputare, o di ridurre, talvolta in modo esclusivo, agli individui scelte,preferenze,decisioniinuncontestochevedelacrescenteprevalenzadisoggetti(o di attori) collettivi. In questo ambito non mancano certo i segnalicontraddittori, quelli che indicherebbero una sorta di ritirata dei soggettiall’interno dei propri orizzonti individuali: è l’immagine del bowling alone,illustrata da un libro famoso di Putnam [2000], anche se in seguitoridimensionata dallo stesso autore in conseguenza della ricerca di legamicomunitari succeduta alle vicende dell’11 settembre. Un fenomeno che hacolpito soprattutto gli osservatori critici della contemporaneità, come lopsicanalistaLuigiZoja,chehascrittocontonidrammatizzanti:«Losvuotamentodelle chiese è l’aspetto fisico della morte metafisica di Dio. Lo svuotamentodelleassociazionicivililoèdellamortedelprossimo»[Zoja2009,100].Siamoposti sull’avviso di queste dinamiche anche dagli andamenti di indicatori piùoggettivi,comequellirelativiallasindacalizzazione(chescende,macomunquenoncrolla)oallapartecipazionepolitica.Questaritiratadeisoggettiindividualiall’internodeipropriconfini(usoilterminefatidico),tuttavia,noncomportainalcunmodoun’affermazioneindiscussa,oegemonica,dellecapacitàdisceltaedidecisioneattribuiteaglistrettiambitiindividuali[2].

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Ilparadossovaalloraconsideratopiùattentamente,manonseneattenua lasua portata.Unparadosso che, ricordiamolo, ha qualche precedente filosofico,ben illustratodauna fontenon sospetta, il filosofoMarcoSantambrogio: «pursimpatizzandoperl’individualismo(ontologico,epistemologicoemetodologico)devo ammettere che non conosco nessun argomento convincente che riesca astabilirnelaverità»[Santambrogio2003,126].Nonsi trattadi«affondare»deltutto l’argomento generale dell’individualismo, appare invece più produttivomisurarsi con«le teorie particolari sull’ontologia sociale». Il che, dal puntodivista della teoria sociale, significa prendere in considerazione imeccanismi didefinizione, se non di costruzione, dei soggetti, individuali e collettivi, e diimputazioneagliunioaglialtridellescelte,dellepreferenze,deicorsidiazione.

Seèdifficilestabilirnelaveritàfilosofica,èaltrettantodifficileconstatarnelarealtà nell’ottica delle scienze sociali, come ci ha ricordatoPizzorno in unbelpassodelsuoultimolibro:

vièmaicapitatonellavitadiincontrareunindividuoinquantotale,cioènondefinitodallarelazione,convoioconaltri,incuièposto,edall’azionechecompienelcontestodiquellarelazione?Insomma,dai primi passi della sua esistenza, quello che viene ontologicamente conosciuto come «individuoumano»èinrealtàdefinitoalmenodalsuonomeecognomeanagrafico,quindidaunaappartenenzasocialedeterminata;epoidaaltreetichettemirantiacollocarloinmolteplicirelazionisociali[Pizzorno2007,133-134].

In questa osservazione sono soprattutto implicati gli argomenti teorici delriconoscimento, ma ad essi potremmo affiancare, senza stravolgerli, quelli inriferimento ai soggetti collettivi. Per le finalità di questo saggio, la domandapotrebbeesserecosìtrasformata:avetemaiincontrato,specienellavitadioggi,un individuo che non sia inserito (o coinvolto) in soggetti collettivi, che nonabbia continui rapporti con soggetti/attori collettivi, chenonceda (piùomenospesso) le sue facoltà di scelta o le sue capacità decisionali a soggetti/attoricollettivi?

Ècuriosoosservarecomeunadomandasimile,siapureintutt’altradirezione,se la ponga Louis Dumont [1993, 187] ricordando la reazione delle correnti

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empiriste anglosassoni nei confronti delle rappresentazioni collettivedurkheimiane. Così si esprime l’antropologo francese: «Avete mai incontratounarappresentazionecollettivaall’angolodellastrada?Esistonosolouominiincarneeossa».Inrealtà,agliangolidellestradenonincontriamonéindividuiné«entità sociali collettive», se non ci poniamo come osservatori nella giustapredisposizionepercogliernelanaturaintenzionale.

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2.QualcheraccontosorprendenteRicordandomitalvoltadiessereunsociologoedidoverassolvereunqualche

obbligodispiegazionedellarealtàstorico-sociale(memore,perscomodareconriguardo l’ammonizione weberiana, della sociologia comeWirklichkeitswissenschaft),misonoguardatounpo’attornoinquestiannie,percosì dire, ho scoperto non poche situazioni in grado di generare sorpresanell’osservatore.Sullarealtàstorica,ovverosueventisignificativididefinizioneecostruzionedisoggetticollettivi,odinegazionediessi(comenella leggeLeChapelierdellaRivoluzionefrancese),misoffermeròpiùoltre.Per ilmomentotraggodallarealtàdellavitaquotidianasituazionichesonoingradodimettereindubbio i più diffusi racconti individualisti, se mi è permesso l’uso di questoaggettivo in forma più che altro evocativa di modi interpretativi diffusi nellacontemporaneità. Sono situazioni che non coinvolgono, almeno in formaesplicita,problemidirappresentanza(cheverrannoaffrontatinelcapitoloIII).Esonoanchesituazionichenonprevedono,ononrichiedono,l’operaredirapportidiautoritàentrosistemiorganizzativi,rendendocometalipiuttostoproblematicalaletturaattraversoilmodelloprincipal-agent.

La prima osservazione riguarda Praga, non poi così fuori luogo visto chesiamo partiti con la citazione daKelsen che proprio in questa città è nato. Inoccasione di un convegno qualche anno fa mi trovavo in quella città (checonoscoabbastanzabeneechehovisitatoindiverseepochestoriche)duranteilfine settimana del 1º maggio. La città era invasa da moltitudini di turisti(soprattutto italiani, spagnoli, tedeschi) che contribuivano perfettamente atrasformarla inquellacaricaturadi se stessaverso laqualequesto luogounicosembra irrimediabilmente avviato. Un ambiente da Disney World, tanto perintendersi.Nonvogliosollevarelesolitereprimendeneiconfrontidelturismodimassa,perchénonèquesto(osoloquesto)ilproblema.Quellochemihacolpitoerache talimoltitudini si aggiravanoper i luoghi famosi (lapiazzadellaCittà

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vecchia, il ponte Carlo, il Castello ecc.) seguendo in ordine i cartelli (o gliombrelli)delleguideodegliaccompagnatorideitouroperator.Sembravanotuttipredadelrifiutodiessere«turistifaidate»(ricordiamo?)[3].Maunacosasonolaforestaamazzonica,oiconfinidelTriangolod’oronelsudestasiatico,oilparconaturale di Serengeti, un’altra cosa è il centro storico di una delle città piùfamosedellaMitteleuropa.Possiamoinquestocasoparlarediscelteindividualiditurismo,odiprocessiindividualizzatidiviaggio?Misembraarduo.

Ilsecondocasochericadeentroquestasorpresariguardalesceltedirisparmioe il rapporto fra risparmiatori e consulenti finanziari. Alcuni anni fa (diciamounaquindicina)mirecaiallamiabancaperunaqualcheoperazionedicuinonricordolanatura,emiaccomodaiinunodiquegliscompartidestinatisoprattuttoallaconsulenzafinanziaria.Micapitòcosìdiascoltare(conevidenteviolazionedella privacy) l’operato del «consulente» dello scomparto a fianco che, udite,stava consigliando a una signora (non tanto anziana) della buona borghesiamilanesel’acquistodibondargentiniediobbligazioniParmalat.Ilminimochesipuòdireèchefosseuninvestimentoadaltorischioperunrisparmiatorechenonmisembravafosseallaricercadiquello.Laperfezione(quasiunparadossodei paradossi) è stata raggiunta quando il corporate actor (o il soggettocollettivo), ovvero le banche, è stato costretto a elaborare (soprattutto percautelarsidallarivalsadeirisparmiatori)un«profilodirischio»individualeche,inbuonaparte,venivaredattosullabasedellacomposizionedeiportafoglititolidei singoli clienti, costruiti proprio attraverso i «consigli» delle banche stesse.Resta un mistero, a questo punto, come possa essere possibile da parte deglieconomistiodegliosservatorieconomico-finanziariparlaredisceltefinanziariedei risparmiatori, immaginando l’esistenzadiunattoreatomisticosullabasediun’astrazionedeltuttoeroica[4].

Un terzo caso attiene, nell’esperienza italiana, ai rapporti fra cittadinipensionatiedentiprevidenzialieriguardalasituazionediuncongiunto,chehopotuto seguire direttamente. Il pensionato in questione è titolare di una

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modestissima pensioneminima (circa 100 euro), non integrata come pensionesociale,inquantononricadentenellecondizionifamiliaridiindigenzapreviste.Qualche anno fa il governo ha deciso un’integrazione di queste pensioni diqualche centinaio di euro (una sorta di quattordicesimamensilità), di fronte aun’autodichiarazione del pensionato di non possedere, oltre alla casa diabitazione, redditi superiori a una certa cifra. Il pensionato, letta lacomunicazione dell’ente, ha tempestivamente inviato l’autodichiarazione perlettera raccomandata. Con altrettanta tempestività è arrivato l’accreditodell’integrazione.Tuttobeneallora?Nossignori.L’annosuccessivoilpensionatosi è visto trattenere sulla modesta pensione, rateizzato, l’ammontaredell’integrazioneottenuta.Cos’erasuccesso?Ilpensionatohatelefonatoall’entee ha scoperto che i cittadini non sono abilitati a tenere relazioni con esso,madevono passare obbligatoriamente attraverso un ente assistenziale (di naturasindacale,associativaodialtrotipo).Problematicodunque,difronteasituazionisimili,parlaredirapportifraamministrazioneecittadinisingoli.Ammettocheinquestocasosiaggiunge,rispettoaidueprecedenti,unacomponenteistituzionaleche a questi mancava, ovvero una decisione di attribuzione esclusiva di unafacoltàdi intermediazione(nonparlerei inquestocasodirappresentanza)adeisoggetti collettivi nei rapporti fra singoli e amministrazione. Ma questo noncambia la natura del problema ed evidenzia semmai un’ulteriore necessità diridimensionamentodellepiùaffermateinterpretazioniindividualiste.

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3.IndividuieindividualizzazionePer dirla à la Pizzorno, se la giustificazione di un discorso teorico risiede

principalmente (forse non solonelle scienze sociali) nella sorpresagenerata inosservatori, legittimati in qualchemisura da un uditorio competente o almenointeressato,dallo scostamento frauna realtà e ipiùaffermati argomenti teoricidedicati a descriverla e a interpretarla, resterebbe da chiedersi quale sia lasorpresa generata da casi come quelli descritti, e da molti altri, di certo piùrilevanti[5],cheomettiamodiricordaresoloperragionidispazio.Comesemprenelle scienze sociali ci si accorgerà non solo delle ampie implicazioni che ildiscorso teorico comporta per il discorso comune, ma anche della possibilesovrapposizione delle logiche e delle pratiche interpretative fra i due ambitidiscorsivi.Sonocontingenzecheriusciamoapercepirerifacendociancoraoggiaquello che resta il più famoso contributo di sociologia della conoscenzadell’ultimo mezzo secolo, ovvero quello di Berger e Luckmann, laddove siafferma che «la concezione sociologica di “realtà”e di “conoscenza” si trovapressappocoametàstradatraquelladell’uomodellastradaequelladelfilosofo»[BergereLuckmann1969,14].

Lasorpresaèalimentatadalparadossoacuisièaccennatosopraeconduce,da una parte, verso una riconsiderazione della portata esplicativa dei discorsiindividualisti,dall’altraversounridimensionamentodellacapacitàdescrittivadiconcettisociologicicomequellodiindividualizzazione,unconcettoconillustriebenfondatiantecedenticherisalgonofinoallaSociologiadiSimmel.Sulprimoversante ritorneremopiùvolte nel corsodi queste pagine.Sul secondo forse èutile soffermarsi fin da ora, utilizzandone almeno un esempio recente diapplicazione sociologica, quello condotto da Paci [2005] in tema di nuovowelfare e di nuovi lavori (ovvero lavori non-standard). Nuovi, ovviamente,rispetto al passato industriale-fordista. Una novità che, nella ricostruzione delnotosociologoitalianocondottanonacasoneglianniprecedentilagrandecrisi

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economico-finanziaria, dovrebbe condurre a rivedere, se non a capovolgere,moltidiffusigiudizinegativisulladecadenzadellaprotezionesocialeconnessaatalinovità,checorrisponderebbepiuttostoalle trasformazioni innescatepropriodalprocessodiindividualizzazione.

Delresto,seconquestadizionecisivuoleriferireall’approfondirsiequasialcompletarsi di quel processodi affrancamentodai legami sociali tradizionali edall’appartenenza esclusiva a gruppi sociali sovrastanti l’individuo, da quelloche Coleman aveva definito il capitale sociale derivante dall’organizzazionesociale primordiale, si confermano dinamiche ormai ben note nelle scienzesociali,echesonostateosservateconefficaciadanumerosiautori,Dahrendorf[1981]fraiprimi.Masequestadizionepretendedirappresentarciuninsiemedisoggettichesiaggiranoperleviedelmondo(omagarisolodiInternet)animatida sentimenti e da ambizioni (come dalla frustrazione) personali[6], chedispongonoinquantosingolidellerisorsenecessariepersoddisfaretalidesideriopreferenze,chesonoingradodifarefronteataliopzionieallecorrispondentiscelte sulla base esclusiva della propria razionalità individuale, allora talerappresentazione si rivela inadeguata e parziale nel rendere conto della realtàsociale contemporanea. Una realtà percorsa in lungo e in largo da attori esoggetti collettivi, i cui comportamenti possono essere ricondotti a quelli disoggettiindividualisoloconsforziinterpretativieroici.

Si tratta perciò di considerare che nelle strutture sociali, fra gli attoriindividuali e le scelte, o gli eventi, se si vuole adottare un termine piùimpegnativosulpianostorico,c’èmoltospessounattorecollettivo,chemalesiprestaainterventiinterpretatividitiporiduzionistainchiaveindividualista.Nonsi tratta invece di respingere sempre e comunque le spiegazioni di tipoindividualistadeicorsidiazione,speciequelleàlaOlson[1983]riguardanti ilperseguimento di beni pubblici. Basti solo ricordare, tanto per sgombrare ilterrenodamolteconfusioniterminologiche,chenell’ambitodellateoriasociale,quando si parla di azione collettiva, ci si dovrebbe riferire non all’azione

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condotta dagli attori collettivi[7], bensì all’azione intrapresa dagli attoriindividuali, in una ricercata o meno cooperazione con altri, per ilraggiungimentodiobiettivicomuni(lafornituradibenicollettiviopubblici).Èsolo in questo caso che è applicabile il paradosso del free riding, ovvero ilparadossosecondoilqualenonsipuòdareperscontatoilperseguimentodifinicollettiviapartiredallarazionalitàindividualedeisoggetticomunqueinteressatiall’ottenimentodeifini.L’attorecollettivo,unavoltacostituito,possiedemolterisorse,derivantidaisistemidiautoritàinterniodaivincoliistituzionaliesterni,per sfuggire a tale paradosso. La sua costituzione può invece incorrerepienamente nel paradosso, e questo dovremmo tenerlo ben presente. Ma lapropensionedegliattoriindividualiadagireattraversoattoricollettivipotrebbeasua volta essere interpretata come una sorta di disponibilità ad aggirare ilmanifestarsidelparadosso.

Permostrarecomelarealtàsocialepresentinonpochesituazioniperlequalièefficacelaspiegazioneindividualista,useròunaltroracconto,anch’esso(comequellodiPraga)dinatura«turistica».Unaquindicinadiannifavisitai,durantelevacanzediCapodanno,unodeipiùstraordinarisitiartisticidelMediterraneo:ilduomodiMonreale,conisuoiciclidimosaiciafondoorodiscuolabizantinadifine XII-inizio XIII secolo. I mosaici, di grande estensione (oltre 6.000metriquadrati), collocati nella navata mediana e nell’abside, potevano essereilluminatiattraversodiversidispositivia tempo,azionabiliconl’inserimentodiunamoneta da500 lire (non era ancora entrato in vigore l’euro).Nella chiesac’eranomoltivisitatori,tutticolpitidallabellezzadelluogo(iofraquesti).Saràper deformazione professionale,ma di quella occasionemi ricordo soprattuttoperunaperfettaconfermadellateoriadiOlson:ineffetti,lacattedralesembravaaffollatadaunamoltitudinedifreeriders!Tuttidesiderosidiammirareimosaiciilluminati,matuttirestiiaintrodurrelamonetaperl’attivazionedeldispositivodi illuminazione, in attesa che lo facessero altri. Mi sono così fermato aosservare il comportamento deimiei simili, cercandodi individuare quelli che

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più erano disposti a contribuire alla fornitura del bene pubblico(l’illuminazione).Dopounpo’diattesal’osservazionehaavutosuccesso:eranodisponibili a inserire la moneta le turiste donne (forse perché più predisposteall’attenzioneartistica),francesi(ènotoillorotradizionaleamorepourlaSicile),fornitediunostrumentoqualificatocomeilGuideBleu.LateoriadiOlsonerapienamente confermata, anche laddove prevede che in un gruppo con fortidisuguaglianzeèpossibilechesirealizzilafornituradelbenepubblicoinquantoi membri del gruppo con maggiori interessi sono disposti ad accollarsene laspesa completa. In quel gruppo di visitatori le differenze (e, se si vuole, ledisuguaglianze negli interessi) non mancavano: certo, erano tutti turistibenestantiecolti(lametaèfamosa,manonpoicosìscontata),magliinteressieleemozioniculturalidialcunieranobensuperioririspettoallamedia.Ilraccontononsarebbecompletosenonricordassicheauncertopuntosiaggiravaper ilduomoungruppo(nonmoltonumeroso)divisitatoridiunviaggioorganizzato,cheammiravanorilassati imosaici illuminatimediante lemoneteregolarmenteinseriteneidispositividapartedelloroaccompagnatore.

Idiscorsiteoricicoinvoltiinquestoracconto«individualista»sonomolteplici:da quello che riguarda la distinzioneà laElster (invero poco convincente) fraazioni spinte dalla razionalità strumentale e azioni tirate dalle norme sociali aquello dei meccanismi di riconoscimento, a quello della formazione delleidentità.Non è qui opportuno affrontarli inmodo compiuto, e peraltro questoapprofondimentopotrebbe fardeviaredal centrodelnostropercorso: l’operaredegli attori collettivi. Il centro che contribuisce a svelare quel «paradossodell’individualismo» al quale non si dedica abitualmente una sufficienteattenzione teorica, e che si affianca all’altro paradosso, quello dell’azionecollettiva (di origine olsoniana), per il quale si dispone invece di adeguatistrumentiteorici.

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4.IndividuienominalismoÈproprioil«paradossodell’individualismo»quelloincuisitrovacoinvoltala

teoria sociale contemporanea, con ladiffusione inogni compartodelle scienzesocialidiargomentiteoriciindividualisti,checonsistono,daunaparte,inteorieanimate dalle versioni, morbide e dure, dell’individualismo metodologico,dall’altra dalle varie sociologie dell’individuo[8], che interpretano l’individuostessocomeunincessanteprocessodiautocostruzione,proprioneimomentineiquali è più che mai estesa la diffusione di attori (soggetti per molti lati)collettivi. Il tentativo, più o meno esplicito, attuato dagli adepti della primacorrente,diaggiramentodelparadossoattraversounariconduzione totaledegliattori collettivi alle loro componenti individuali, con le connesse preferenze escelte, com’è nell’ambizione degli economisti, di molti scienziati politici e dialcuni sociologi, incontra degli ostacoli non facilmente sormontabili in quantopervieneaunatotalesemplificazionedeiproblemiedeimeccanismidiidentitàedi identificazione, di riconoscimento, di rappresentanza, di definizioneintenzionaledellarealtàsociale(quiintesasecondolagiàricordatateorizzazionediSearle).

È la strada sulla quale si è incamminato, fra gli altri, Angelo Panebianco[2009], in un libro dedicato alle teorie dell’azione e ai connessi meccanismiesplicativi, dotto e molto accurato, anche se reticente nel privilegiare unparticolare approccio fra i tanti ascrivibili alla teoria dell’azione razionale.L’autore,conuncuriosolinguaggio,dichiaradinonvoler«farsiimpiccareaunasola teoriadell’azione» [ibidem,95].Una reticenza,eunascelta,chesonoperalcuniversiapprezzabili,anchesenonaiutanoillettoreafarsistradafrateoriechetendonospessoapresentarsiconvisioniesigentiedesaustive.

Taleimpostazione«moderata»,ecomprensivadellesfumaturetraledifferentitesi, non è peraltro applicata in tutte le parti del libro, laddove prevalgonoposizioni più tranchantes. Non è certo cauta e possibilista la posizione

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dell’autoresultemadegliattoricollettivi.Cosìsiesprime,senzamezzitermini,il notopolitologoprendendosela con individualisti suigeneris comeBoudoneColeman: «Delle loro teorie accolgo [...] l’enfasi sull’importanza dei percorsimicro-macroma respingocomeunnonsequitur,unacontraddizione internaalloro pensiero, l’accettazione dell’idea che sia comunque utilemetodologicamente,eanaliticamenteconveniente,postularel’esistenzadiattoricollettivi»[ibidem,11].QuellediBoudoneColeman(unautorecheavràgrandespazio in queste pagine) sarebbero, secondo questa interpretazione, posizioniche,persinoaiseguaciconvintidell’individualismometodologico,renderebberodifficile distanziarsi dalla riprovevole «tendenza all’antropomorfizzazione deigruppi organizzati» [ibidem]. Ciò che è lecito alla cultura giuridica, sostienePanebianco, ispirandosi aWeber, non dovrebbe essere lecito alla riflessione eall’indagine delle discipline storico-sociali. Ma la lettura dei famosi passi diWeber che apronoWirtschaft undGesellschaft (1922), scritti rispondendo alleesigenzedellasociologiacomprendente,misembrasemplicisticaeparziale,cosìcomelacorrispondentecitazione.Seritorniamoaquellepagineweberiane(nelcapitolo I, dedicato ai Concetti sociologici fondamentali), riscopriamo unaposizione molto più aperta nei confronti della considerazione degli attoricollettivinelleargomentazionidellateoriasociale:

per differenti scopi conoscitivi (per esempio giuridici) o per fini pratici può essere opportuno, eaddiritturainevitabile,considerareleformazionisociali(comelo«stato»,la«compagnia»,la«societàperazioni»,la«fondazione»)precisamenteinqualitàdiindividuiparticolari–cioècomeportatorididirittiedidoveri,ocomesoggettidiazionigiuridicamenterilevanti.Perl’interpretazioneintelligibiledell’agire, a cui la sociologia aspira, queste formazioni sono invece semplicemente processi econnessioni dell’agire specifico di singoli uomini, poiché questi soltanto costituiscono per noi ilsostegnointelligibilediunagireorientatoinbasealsenso.Tuttavialasociologianonpuò,ancheperisuoiscopi,ignorareinalcunmodoquelleformazioniconcettualidicaratterecollettivo,propriedialtreformediconsiderazione[Weber1974,12].

La giustificazione per questa considerazione delle formazioni di caratterecollettivo si svolge lungo tre direzioni, fra cui almeno le prime due sono digrande rilievo per gli argomenti di queste pagine. Nella sociologia, afferma

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Weberappenadopoilpassocitato,l’usodiquesticoncettinoncomportacertoilriconoscimentodialcuna«personalitàcollettivaagente»,maimplicacomunquel’indicazionediun«determinatoprocessodiunagiresocialeeffettivoocostruitocomepossibile»[ibidem].Èl’argomentodelcomese,chevedremoricomparirealtre volte nel corso di questo saggio. La seconda direzione riguarda leformazionicollettivecome«rappresentazionidiqualcosacheinpartesussisteeinpartedeveessere,lequalihannoluogonellementidiuominireali»[ibidem,13]echefungonodaorientamentoalloroagireindividuale.Inqueldeveessereritroviamo qualcosa che incontreremo nell’intenzionalità collettiva. La terzadirezione richiama l’impostazione olistica (e funzionalista) della «cosiddettasociologia organica» [ibidem], per la quale la considerazione delle formecollettive è richiesta dall’interpretazione dell’agire individuale come derivantedallatotalità.LadistanzadiWeberdaquestaimpostazioneèfermaebennota,anche per i connessi ripetuti sconfinamenti sui giudizi di valore chel’organicismo commette, ma ciò non toglie interesse all’accurata illustrazionecritica che l’autore conduce su questa terza possibilità di considerazione delleformazionicollettive.

Risultadunquedeltuttoproblematicofondaresulleargomentazioniweberianeildiniegodellaplausibilitàdiconsiderareattori(esoggetti)collettivinellateoriasociale. Ma c’è ancora qualcosa di più nel discorso weberiano, qualcosa chePanebianco non considera ma che potrebbe costituire una terza epigrafe (dicarattere metodologico) a questo capitolo (in aggiunta a quelle diMaitland eKelsen),ovverolanecessitàdi«eliminareilgravissimofraintendimentocheunmetodo “individualistico” significhi una valutazione (in qualsiasi sensopossibile)individualistica»[ibidem,16].Inquestavisionel’analogiaesplicitaèconlaconsiderazionedelcaratteredirazionalitàconnessoall’agire: ilcarattere«razionalistico»dellacomprensionenoncomportanessunascontataassunzionedirazionalitànell’azionecomemotivoesclusivodiorientamento.Ilcheècomeribadire che un metodo o un punto di osservazione individualisti[9] non

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comportano in alcun modo l’inutilità della considerazione delle formazionicollettive o la loro riconduzione (o riduzione) esclusiva al livello individuale.Resterà sempre da scoprire, ricordaWeber anticipando di decenni accenti chevanno affiancati agli argomenti della filosofia del linguaggio ordinario,attraversoqualipercorsiisingolimembridellaformazionecollettivahannoresopossibile«chequestasiasortaesussista»[ibidem].

L’interpretazionedelleargomentazioniweberiane,parzialeenonconvincente,ricordaaltresottovalutazioniodimenticanzenelleriflessionidiPanebianco.Misembrano totalmente accantonati sia il problema della rappresentanza degliindividuiattraversosoggetticollettivi(suquestosivedainfra,cap.III)siaquellodella costituzione dei soggetti, individuali o collettivi che siano. In posizionicome quelle del politologo italiano, è come se il rifiuto del realismo, neiconfrontideisoggettiedegliattoricollettivi,siarrestassedifronteall’individuo,la cui considerazione invece, per molti aspetti, potrebbe giovarsi di un’otticanominalista.Inaggiunta,lapresadidistanzadalleconcezionirealistedegliattoricollettivi (quelle à la Gierke, tanto per intendersi) è per molti aspetticondivisibile,ma anche nell’ambito delle concezioni nominaliste occorrerebbealmeno considerare che queste entità sono comunque formate da strutture direlazioni, non riducibili in tutto e per tutto agli individui occupanti i nodistrutturali[10].

Non sfuggono del tutto al paradosso anche lemolteplici, e già ricordate (siveda supra, nota 8), «sociologie dell’individuo» che, specie nella culturasociologica francese, hanno teso a differenziarsi dagli argomentidell’individualismo metodologico. In questo caso, al distacco nei confrontidell’azioneintenzionale(tipicadegliapprocciindividualisti)siaccompagnaunanonconsiderazionedeipossibilimeccanismidi intenzionalità collettiva edelleformedicostruzioneesternaall’individuodell’individuostesso.Essoèvistoinqueste argomentazioni teoriche all’interno di una costante autocostruzione delsé,comeunprocessoincontinuatrasformazione,senzachevisiaalcunarisposta

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alla potenziale domanda su chi definisce o contribuisce a definire l’individuo,dall’esternodell’individuostesso(sivedaMartuccelliedeSingly[2009,51]).

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5.Ipercorsimicro-macroCertamenteèscomparso,osièquasideltuttodissolto,nellatardamodernità,

il«capitalesocialeprimordiale»,fondatosuilegamifamiliari,tribali,comunitari.Quello che in modi appropriati sosteneva gli argomenti di tipo olistico, dailegami deterministici alla considerazione realista, se non alla personificazione,delleentitàcollettive.Daquestopuntodivistaapprocciindividualistiallarealtàsocialesonoinmolticasinonsoloopportuni,manecessari(comesièvistodalpiccoloraccontosulduomodiMonreale).Etuttoquestoproduceeffettirilevantisuipercorsiesplicativi,einterpretativi,ditipomicro-macro.Sappiamocomelaspecificitàdellateoriasociologicaconsistasemprenellaspiegazionedifenomenimacro, ovvero degli stati di sistemi sociali, intesi in tale accezionesemplicemente come insiemi strutturati di relazioni sociali. Questo restal’explanandum tipico, ma l’explanans può ben essere di ordine micro, el’adozionedi talepercorso,nondominantenella tradizionesociologicasesi faeccezioneperlacomplessaereditàweberiana,ègiustificatanontantoononsolodaragioniteoriche,madalletrasformazionisocialidellacontemporaneità.

Negli ultimi decenni è aumentata la frequenza delle spiegazioni di ordinemicro, e in questa tendenza sono stati rilevanti gli apporti delle teorieinterazioniste e delle impostazioni cognitiviste, nonché, lo sappiamo bene,l’influenza della teoria economica delmainstream. Con tale innovazione dellatradizione lo spessore teorico della spiegazione sociologica si è elevato, senzaunacorrispondentegraveperditadi identitàdelladisciplina,vistochequestasifondasulcosasispiega(fenomenidiordinemacro)enonsuicaratteriteoricidelprocessoesplicativo.Selogoramentodiidentitàc’èstato,questoèstatopiuttostodovutoall’attenuarsidelladimensionecritica,allaconcorrenzatalvoltainvasivadialtrescienzesociali,all’accavallarsiincontrollatodidiversiparadigmiteorici.

Nonhoperciòdifficoltàa ritenerecheattraverso l’adozionediexplanansdiordinemicro la spiegazione sociologica possa fare passi in avanti significativi

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(neavremounaprovanelcapitoloIIconl’esempiodiColeman),nonsoloalsuointerno, ma anche nei confronti delle altre discipline delle scienze sociali.Sicuramentesaràfavoritalariflessionediconfine.Celoavevaricordatomoltobeneunostoricoeconomico(neoclassicoinpartepentito)comeNorth,findagliinizi degli anniNovanta: «costruireuna teoriadelle istituzioni sullabasedellescelte individuali è un passo verso una migliore armonia tra la scienzaeconomicaelealtrescienzesociali»[North1994,26].Mal’explanansmicrodeisociologi non dovrebbe essere lo stesso degli economisti, quello che conduceall’appagamento,o alla riduzione,dell’ossessioneper lamicro-fondazione.Glispaziperlaspecificitàsociologica,neisuoisforzidiaffrancamentodaglieccessidideterminismomacrosociale,nonmancheranno.Inquestispazicidovràesserelapresa inconsiderazionedegli attori collettivi, senzaeccessidi riduzionismo,evitandoinsommadiricondurlisenzaresiduiallelorocomponentiindividualiedirisolvere(oridurre)questioniteoricheinproblemidimetodologia[11].

Occorrerà piuttosto utilizzare il percorso esplicativomicro-macro anche perrenderecontodeirapportifrasoggettiindividualiesoggetticollettivi.Cosìcomeandranno considerate le conseguenze sugli individui e sui loro spazi di azionedell’orientamento e della disponibilità verso i soggetti collettivi (ovvero, chiconsidera gli effetti sui corsi di azione individuali dell’operare dei soggetticollettivi?). E infine, e molto semplicemente, una volta costituiti (se resioperativi), non si potrà negare che essi giochino almeno un rilevante ruolointermediofraleazioniindividualiegliesitifinalidellescelte.

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6.IlparadossoeunviaggioincanoaRitorna il paradosso di cui si parlava all’inizio. Siamomessi sull’avviso di

questoparadossopropriodaJamesS.ColemannelsuobellissimoPresidentialAddressdel1992all’AmericanSociologicalAssociation,quellochecontieneladescrizione di un viaggio in canoa lungo il Wisconsin River (sul qualeritorneremonelcapitoloII)echecostituisceforseilviaggio-emblemadiquestolibro. Le società del futuro, diceva Coleman, saranno sempre più costruiteattraversoildisegnoistituzionalediattoricollettivi.Ricordiamociditreparole:disegno, costruzione, attori collettivi (corporate actors nella dizione diColeman),inquantosonoproprioesseapermetteredimisurareladistanzadelleposizioni di Coleman dagli argomenti dell’individualismo metodologico,avvicinandolo per molti aspetti a quella tradizione di pensatori che Hayekavrebbe inserito tra i «falsi individualisti»[12]. L’inizio del capitolo XX deiFoundations (1990), intitolatoNaturalPersonsandtheNewCorporateActors,contieneun’esplicitaammissionedell’inadeguatezzadelleteorieeccessivamente(o ingenuamente) individualiste. Se non avessi il dubbio di affollare troppo lecitazioni«diispirazione»,èanch’essounpassochepotreiriportaresopracomeepigrafe(laquarta!)aquestocapitolo:

In buona parte del libro ho rappresentato un sistema sociale dove tutti i diritti e le risorse sonoinizialmente in possesso delle persone individuali in quanto attori: solo i loro interessi decidono ilcorso degli eventi. In qualsiasi sistema sociale funzionante, in cui siano nate delle persone, questaassunzioneè falsa:unagrandequantitàdipoterestanegliattoricollettivi.Potrebbequindisembrareche la teoria presentata nel libro sia ingenua, o che abbia una concezionedei sistemi sociali troppoindividualista[Coleman2005,73].

Leautoaccusesonounartificioretorico,el’autoreammettedinonsentirsidaessevulnerabile,perchéilpuntodipartenzaconcettuale,l’elementodibasedelpropriosistema teorico,nonpuòcheessere ladisponibilitàpergli individuidiquesti diritti e risorse. Ma l’ambiente sociale che circonda tali individui è inbuonaparteunacostruzione,chesovrastasempredipiùunambiente«naturale»

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checrescevainmodoautonomoalcresceredellesemplicirelazionisocialichesisviluppavanoalsuointerno.L’esempiopiùrappresentativodiquestacostruzionesociale è costituito daimoderni corporate actors, formati da strutture di ruolioccupati da individui (imprese produttive, uffici amministrativi pubblici,sindacati e così via), entro sistemi di autorità interpretabili attraverso la teoriadell’agenzia [Coleman 1990, 44]. Le trasformazioni del paesaggio e delterritorio, quelle che egli vededurante il viaggio sul fiume, rappresentanounaperfettaanalogia,senonunametafora,diquantoaccadenellerelazionisociali.Èa partire da questa immagine che Coleman inizia il suo percorso daindividualista sui generis, ed è permolti aspetti curioso (ma di grande rilievoteorico)chel’argomentazioneindividualistaritrovigliargomentidi limitazione(o di strutturazione) in modo crescente nella contemporaneità, ovvero neicontesti utilizzati più spesso nelle scienze sociali per respingere le teorie dicarattere olistico o per fondare nuove sociologie dell’individuo. Il mondo delweb,chehasviluppatolesueenormiecrescentipotenzialitàdopolascomparsadiColemannel1995,confermainmodoclamorosoquestaimmagine.Ilcontestoutilizzato da molti interpreti, e anche nelle esperienze di vita comune, perillustrare e confermare la validità degli argomenti individualisti viene scopertosemprepiùcomeregolatodacolossalicorporateactorschenonsoloinvadonolasfera della privacy (il che può essere scontato), talvolta in collusione con leautoritàpolitiche,macheorientanoedeterminano le sceltedegli individui,e ilorostessicorsidiazione.

Non solo, è un’altra, ma connessa, distinzione introdotta da Coleman asegnare questo percorso teorico: quella fra relazioni sociali semplici ecomplesse.Lerelazionisemplicifragliattorisonoquelleche,cometipicamenteaccadenell’ambientesociale«naturale»o«primordiale»,sicaratterizzanocomeauto-rinforzanti(self-sustaining),ovveroquellecheritrovanoallorointernogliincentivi richiesti per il loro funzionamento. Le relazioni complesse, tipichedegli ambienti sociali «costruiti», richiedono invece per la loro conduzione

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incentivifornitidall’esternodellarelazionestessa,daunaterzapersonaodaunaterzaparte[ibidem,43].Èquestoiltipodirelazionicaratteristicodeicorporateactors,dellerelazionichehannoluogoallorointernoeanchediquellefraattoriindividualieglistessiattoricollettivi.Certo,ladistinzioneècategoricae,specieperlarappresentazionedelprimotipodirelazioni,correilrischiodell’ossimoro,avvicinandosi a qualcosa di simile a un individualismo olistico. Difficilesostenerechenonsiano,inparticolarenegliambientisocialiprimitivi,ancheleistituzioni a fornire, dall’esterno della relazione fra gli attori, gli incentivi (lericompense) e le garanzie per la conduzione delle relazioni (e degli scambi),soprattuttoquandol’elementotemporaleintervienearendereincertol’esitodellerelazioni stesse. Ma le riflessioni à la Polanyi, per esempio sul tema dellareciprocità come forma di allocazione, non sono prese in considerazione daColeman[13].Restacomunquealladistinzionecolemanianalacapacitàdisvelarela debolezza sociologica della riconduzione teorica delle relazioni che vedonocoinvoltiattoricollettiviallesemplicirelazioniindividualisottostanti.

Allora, per continuare su questo percorso in grado in qualche modo diaffrontare il paradosso di cui sopra e per parlare, sia pure con tutte le cauteleteorichenecessarie,dell’azioneedelledecisionidiunattore collettivooccorremisurarsi con una sua definizione che non consista in una sua più o menoimplicita reificazione o personificazione, o in una semplice estensionemetaforica del soggetto individuale, come abitualmente viene fatto nellinguaggio comune (anche se questo, come vedremo, non sarà privo diimportantieffettiteorici).Cosìcome,perrespingerelametaforaeogniconnessatentazione di carattere essenzialista, non si dovrebbe negare di fatto ogniconsistenzaagliattoricollettiviriconducendoli(oriducendoli)senzaresiduialleloro componenti individuali. Sarà opportuno resistere ai richiami delriduzionismo,inqualchemodoconnessiatutteleargomentazioniindividualiste,oper lomenoessereconsapevolidellanonsoliditàdellepretesegeneralizzantiditalirichiami.

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Mentresipotrà(sidovrà?)esseresensibiliairichiamidell’ontologiasociale,percercarediscoprireifondamentidelleentitàcollettivecherisultanocoinvoltenelleargomentazionisugliattorienellelororappresentazioni,tenutocontodellaloroincertezzaeinstabilitàdefinitoria.Chiochecosafannosì,peresempio,chei lavoratori iscritti a un sindacato vengano considerati, talvolta o da qualcuno,«individui iscritti»ealtrevolte«sindacato».Proprioper il frequente ricorso inquesto saggio ad esempi sindacali, giustificato non solo dalla loro importanzaper il tema degli attori collettivima anche dal percorso di studi di chi scrive,sono rimasto colpito dal racconto cheSearle [2010] propone nelle conclusionidel suo ultimo libro di un incontro, in un convegno a Parigi (dedicato allamemoria di Pierre Bourdieu), con un sociologo americano specializzato nellaricercasuisindacatideilavoratori.Allafinedellasuarelazionefuavvicinatodalsociologo,chegliriferìcomeilpropriolavorodiricercainiziassequandoquellodel filosofo aveva termine. «Penso volesse dire – scrive Searle – che non eranecessarioperluiconoscereifondamentiontologicidelsindacalismo».

Potevaavereragione–continua–sebbeneilmioistintomiportasseapensarecomefossesempreunabuona idea quella di comprendere i foundational issues [...] Comunque sia, in questo libro non stotentando di fornire una filosofia per le scienze sociali esistenti, bensì di offrire un’analisi logicadell’ontologia fondamentale delle entità studiate dalle scienze sociali.Questo potrà – o non potrà –rivelarsiutileallescienzesocialidelfuturo[Searle2010,200-201].

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7.LepersonefinteÈaquestopunto,dopol’esortazionediSearle,cheènecessarioesplicitareil

significato evocativo del titolo scelto per questo libro. L’espressione personefinterimandaatempimoltolontani(finoalXIIIsecolo)eaunpapa,InnocenzoIV (ovvero il ligure Sinibaldo de’ Fieschi), la cui immaginosa costruzionegiuridicafuraccoltamoltisecolidopodagrandistoriciegiuristicomeSavigny,Gierke,Maitland,Kantorowicz,Ruffini (Francesco eEdoardo) e utilizzata perrendere conto dell’evoluzione di alcuni degli aspetti fondamentali dei sistemipolitici ed economici occidentali, dall’operare delle istituzioni politiche eamministrative alla diffusione del voto a maggioranza, all’affermarsi dellasocietàper azioni, al ritornodiquelle appartenenzeassociative che fondano ledemocrazie pluraliste dopo l’individualismo assoluto degli inizi della societàborghese.È lo stessoKantorowicz, inun saggiodel1950-1951,dal titoloPropatriamorianch’essoquantomaievocativo,arendereomaggioaquestolascito,che trasformava attraverso una nuova astrazione giuridica la tradizionale emisteriosavisionedellaChiesacomecorpusmysticuminunapiùcomprensibile«personamistica»,ovverol’equivalentedellapersonafittiziadeigiuristi:

Questi concetti giunsero all’apice della loro evoluzione quando, a metà del XIII secolo, papaInnocenzoIV,cheeraanchegiurista,introdusse–oelaborò–lanozionedipersonaficta,lapersonafittiziao(comelachiameremonoi)giuridica,chealtrononèchel’astrazioneditutteleaggregazionidell’uomo–corporazione,comunitàorango–senzalequalilasocietàsemplicementenonesisterebbe[Kantorowicz2005,87].

Ma chi poteva prevedere che questo lascito venisse raccolto, attraverso lamediazione di Maitland, dal più grande teorico sociale degli ultimi decenni,ovvero dall’individualista sui generis James S. Coleman? Proprio riflettendosulle trasformazioni delle concezioni della sovranità fin dall’età medievale,Coleman concludeva che «una teoria della società basata sull’azioneintenzionaledeveprenderecomepropriattorielementarisialepersonenaturaliche i corpi collettivi, perché entrambi presentano le proprietà essenziali degli

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attori»[Coleman2005,686].Comesivede,èunmodoperaccettareilparadossodicuisièparlatonelcorsodiquestocapitolo,nonchéperrifiutarelascontataecategoricacontrapposizionefraindividualistieolistimetodologici.

Certamente,comeciharicordatoLoredanaSciolla[2003,201]inunsaggiodiqualche anno fa, una cosa è parlare di attori collettivi, un’altra è parlare disoggetticollettivi.Neldiscorsodellescienzesociali idue termini sonodiffusi,mailprimo(attori)piùdelsecondo(soggetti).Quest’ultimoèpiùimpegnativo,irischi di reificazione sono maggiori, ma non dovrebbero impedire alla teoriasocialedimettersiallaprovaanchesuquestoversante:

ilconcettodisoggettocollettivo,purimplicandounapproccionon-riduzionista,ossial’ideachenellaspiegazione dei fenomeni sociali contino non solo le proprietà degli individui, ma anche quelle dientità sociali aggregate a questi non riducibili, non comporta la rinuncia a considerare i processiattraversoiqualisicostituisceunattorecollettivo[ibidem,205].

Delresto,nell’ambitodell’azioneintenzionale,almenofinoauncertopuntol’esistenzadi un attore presupponequella di un soggetto, con la premessa cheper il nostro tema, soggetti e attori collettivi, l’aggettivo è più importante delsostantivo.Certo,disporrediuna teoria ingradodi ricomprenderenella stessaentità soggetto e attore, con l’attribuzione al primo della riflessione e delriconoscimento e al secondo dei compiti dell’azione, potrebbe rendere piùagevoleilcammino.Versounapportodiquestotipo,comesivedrànelcapitoloII, si muoverà l’argomentazione di Coleman con l’utilizzo di una (rivisitata)teoriadell’agenzia,ilcuilegameallaradiceconleteoriedellepersone(naturalie finte)èmostratodalleparolediHobbes,risalentiabentresecoliprimadelladiffusionedelmodelloprincipal-agentnell’ambitodelledisciplineeconomiche,come si puòvederedaquestopassodelLeviatano, quasi altrettanto celebrediquellocitatoinprecedenza:

Dellepersoneartificiali,alcunehannoilriconoscimentodelle loroparoleeazionidapartedicoloroche essi rappresentano: allora la persona è l’attore, colui che ne riconosce le parole e le azioni èl’AUTORE,einquestocasol’attoreagisceconautorità[...]Dondesegueche,quandol’attorefaunpattoconautorità,vincolaconessol’autorenonmenochesequest’ultimol’avessefattoeglistesso,e

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nonmenoquestinesubisceleconseguenze[Hobbes2008,174].

Il cammino che vorrei invitare a percorrere comprenderà da un lato lariflessione sulla rappresentanza attraverso soggetti collettivi e dall’altro laconsiderazionedeiprocessididefinizioneedicostruzionedellarealtàsociale(inquestoprocederenonsipotràrinunciareagliargomentidiBourdieuedeifilosofidellinguaggioordinario,daAustinaSearle).Solomisurandosiconquestolatodel percorso si potrà tentare di rispondere a domande del tipo: chi definiscel’individuoe chi il soggetto collettivo?, chi e comedistingue fra individuale ecollettivo?,comesiattribuisceallescelteilcaratterediindividualeecollettivo?ecc.Maprimadiquesti passaggi saràopportuno ripresentare il percorsodi unindividualistaanomalocomeJamesS.Coleman.

[1] Alla dizione paradossi dell’individualismo ricorre anche, nel contesto di un’opera torrenziale maimportante,lopsicologoeconomicoLuigiFerrari[2010].L’evocazionedeiparadossitrascorredaDefoeaCamus[ibidem,235ss.].

[2] Nell’alluvionale produzione letteraria di Bauman si trovano osservazioni molto efficaci su questiaspetti,comequandosiosserva,richiamandosiadargomentazionidiLeoStrausssullalibertà,«chec’èundivario crescente tra l’individualità intesa come destino e l’individualità intesa come capacità pratica diautoaffermazione»[Bauman2008,34-35].[3]Aunparagone turistico ricorreancheMounier,per ricordarecomenelle formeelementari (e forse

improprie) la comunità possa costituirsi contro la persona. Ma la situazione è per molti aspetti senzasperanza: «la partenza collettiva non riesce meglio della partenza individuale a rompere la sferadell’impersonale.Siachesivadaallepiramidi,nellaforestavergineoalNiagaraèsemprel’AgenziaCookcheregolailnostroviaggio»[Mounier1955,107-108].

[4]Secisivuolerifarealleargomentazionieaiconcettidell’economianeoistituzionale,andrebbedettochel’innovazionetecnologica(inquestocasoleretitelematiche),conlariduzionedeicostiditransazione,rendepiùpraticabilieforseanchepiùdiffuselescelteindividualieffettuateattraversositiwebspecializzatinell’ingressosuimercatifinanziari.Equalcosadisimilecapitaancordipiùnellescelteturistiche(soggiorniinalberghi,viaggiecc.),facilitatedall’esistenzadisitiingradodipermetterelecomparazionifraleofferte.Mainentrambiicasi,vistoquellochesiscopreproprioinquestigiorni(2014)sulruoloesullesceltedeigrandi gestori di dati, il problema non si cancella, spostandosi semmai a un livello più alto e(apparentemente)piùlontano.[5]Sipensisoloalcontrolloeall’orientamentodellescelteindividualieffettuatidaicolossidelweb,per

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esempioattraversol’usodeicookies.

[6] Quasi come nella struggente visione tardo-romantica del giovane viandante nei Lieder einesfahrendenGesellendiGustavMahler,onelleingenuecontinuesorpresedelvagabondoSimon,neiluoghieneilavori,neiFratelliTannerdiRobertWalser.[7]IntaleequivocoincorrelatraduzioneitalianadeiFoundationsdiColeman,dovesitraduceconazione

collettiva l’espressionecorporateaction,chesiriferisceproprioall’azionedeicorporateactors,gliattoricollettivi. Per questi problemi di traduzione, e non solo per la sua versione parziale, citerò talvoltadall’edizioneoriginale.

[8]Ènecessariomantenereunadistinzionenettafraiduetipidiletture«individualiste».Èilpercorsocheseguono in un utilissimo libretto dedicato alle varie sociologie dell’individuo (specialmente in ambitofrancese) Martuccelli e de Singly: «A differenza significativa dell’individualismo metodologico, non èl’azioneintenzionaleadesserenecessariamenteprivilegiata[...]Leragionioleintenzionidell’agirevannostudiateinrelazioneconillavorosulsé[...]Diconseguenzal’individuoèstudiatosistematicamentecomeun processo» [Martuccelli e de Singly 2009, 51]. La distinzione è ribadita anche sul piano degli aspettimetodologicidella ricerca sociologica, con il rifiutodiunaltroparadosso incui incorre l’individualismometodologico:quellodiaffermareche«l’individuoisolatoèl’elementodibase,appoggiandosiilpiùdellevolteastatistichechepropriogliindividuifannoscomparire»[ibidem,81].[9]Eilmetodoel’otticadiWebersicuramenteindividualistilosono,comecivienericordatopiùvolte

nellamonumentalebiografiascrittadallostoricoJoachimRadkau[2011],cosìcomeindividualisticaeralasua concezione dell’uomo.Weber, secondoRadkau, «sulla base della sua conoscenza storica così comedella sua esperienza personale credeva che l’uomo fosse individualista per natura e che il suo egoismominasse permanentemente tutti gli sforzi collettivi» [ibidem, 509]. Ma tale presupposto teorico-metodologico – lo si scopre proprio dalla sua biografia – non lo conduce in alcun modo versointerpretazioniditiporiduzionista.

[10] Su questi aspetti rinvio al poderoso trattato di Udehn [2001] sull’individualismo metodologico.Udehn, parlando della scuola austriaca, ricorda come sia Mises sia Hayek avessero notato «una chiaraconnessionefraindividualismoenominalismo,ecollettivismoerealismo,rispettivamente»[ibidem,118].Mafraidueautoriesistevanocomunquedellesfumature,eHayek,purnegandoconsistenzaoggettivaalleentità collettive (come i mercati), era comunque disposto a considerarle strutture di relazioni. NelleconclusionidelsuolavoroUdehnricordacomenellasociologiadegliinizi«l’individualismometodologicofosse spesso chiamato nominalismo sociologico, in contrapposizione al realismo sociologico. Ilnominalismo è la dottrina per la quale solo i particolari esistono. Gli universali sono solo nella mente.Applicato alla società, questo significa che solo gli individui esistono,mentre le collettività sociali sonocostruzionidellamente»[ibidem,324].SuquestoconcordaancheDumont[1993,26]quandosostieneche«ilnominalismo,cheaccordarealtàagliindividuienonallerelazioni,aglielementienonagliinsiemi»,nonèaltroche«un’altradefinizionedell’individualismo,opiuttostounadellesuefacce».[11]ÈproprioColemanaevitaredirisolvere«lateoriainmetodologia»,comeosservaRositi[2014,28],

ricordando che ciò è «tanto più meritevole se si considera la competenza matematica e metodologica

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dell’autore».

[12]ÈancoraUdehn[2001,119]aricordarequestogiudiziodiHayekeilsuorifiutodiqualsiasiaspettoprogettuale nella vita sociale: «L’elemento più sbagliato del “falso individualismo” è la “teoriaprogrammatoria” [design theory] delle istituzioni sociali, ovvero la credenza che la società possa esserecostruita in accordo conunpiano, o conunprogetto». Il gruppodei falsi individualisti, secondoHayek,sarebbebenaffollato:dai filosofidell’Illuminismo francese (Rousseau in testa), finoaBenthameaidueMill.NonsarebbesbagliatoaggiungerviColeman.[13]Ineffetti,Colemanèpiùdispostoaconsiderarequestiargomentiquandopassaatrattareisistemidi

scambio sociale. Su tali aspetti ricorda persino il cerchio Kula degli scambi nelle isole Trobriand diMalinowski[Coleman1990,125].

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Capitolosecondo

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Lostranoindividualismodiungrandeteoricosociale

Ilcapitolovuoleapprofondirelanaturadeisoggetticollettiviperiqualisièdisposti,nellescienzesociali come nel linguaggio ordinario, a utilizzare attribuzioni, proprietà, predicati verbali chenormalmenteriserviamoaisoggettiindividuali.Èunanaturacheèbendibattutanellateoriadeldirittofindallesueorigini,machevienedataperscontatanellateoriasociale.Sièportatiquiascoprireuna"finzione",e ilsuoapportosociale,quellochecipermettediconsiderare isoggetticollettivi"comese" fosserosoggetti individuali.Talvolta la finzionesi trasformain invenzione,etra le due figure non si riesce sempre a distinguere, anche se si possono tenere separate dallastrada del realismo. Tramite questa "scoperta" si incontrano individui che non sono persone,personechenon sono individui, individui che sonopersonecollettive, soggetti collettivi chenonsono persone. Il capitolo indaga i soggetti collettivi della rappresentanza, le componenti delsoggettoecomenasconogliattori/soggetticollettivi.

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1.UnindividualismostrutturalistaCome abbiamo osservato nel capitolo precedente, la teoria sociale

contemporanea deve affrontare un paradosso abbastanza sorprendente, quellodella diffusione nelle scienze sociali (nell’economia in primo luogo, ma nonsolo) di argomenti teorici individualisti o, meglio, di teorie sospinte dalleversioni più o meno radicali ed esaustive dell’individualismo metodologicoproprio nel momento nel quale è più che mai estesa la diffusione di attoricollettivi,siapureincontestipervasidapraticheecultureindividualiste,alorovoltafavoritedallesceltedegliattoricollettivistessi(sesivuole,unparadossodeiparadossi).Ilcontributoditaliattoriallacostruzionedellarealtàsocialenonè contestabile, come possiamo rilevare dall’operare delle grandi impresemultinazionaliche,comeaccadenelcampodell’informatica, fornisconovalori,definizioni, orientamenti nelle scelte nel momento in cui sembrano offriresoltantostrumenti.Ilparadosso,cometale,nonapparefacilmenterisolvibile,eiteorici sociali (nonché talvolta gli osservatori) quasi sempre preferiscono nonmisurarsiconesso,timorosidiricadereneirecintidellaparteavversa.Idubbiosisulle pretese esaustive, o egemoniche, degli argomenti individualisti non siesprimono inmodoesplicitoproprioperché temonodi incorrerenell’accusadi«fiancheggiamento»degliargomentiditipoolistico,moltideiqualifrancamentenonpiùsostenibilioutilizzabilinellaricercasociale.

Non mancano i tentativi, specie fra gli economisti, di aggiramento o disuperamento del paradosso attraverso una riduzione, più o meno totale, degliattoricollettiviagliinteressiindividualideiloroappartenenti,conlepreferenze(rigorosamenteconsideratecomedate)e lesceltechesonodaessiderivanti.Èquesta l’ambizione, o l’ossessione, per la micro-fondazione, talvolta vissuta epraticata come una semplice abitudine interpretativa. Ma sono tentativi nonsempre convincenti in quanto conducono a una semplificazione eccessiva, senon a una cancellazione, dei problemi e dei meccanismi di creazione delle

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identità,diriconoscimento,dirappresentanza.Èl’impressionechesiricava,peresempio,dallamaggiorpartedelleriflessionicondottenegliultimiduedecennidaglieconomistidel lavoro,ovverodaglistudiosiaddettiallaricercasull’arena(ilmercatodel lavoro e le relazioni industriali) più caratterizzatadall’azione edallapresenzadiattoricollettivi,sianoessisindacati,imprese,associazionivarieopubblicheamministrazioni. Inqueste riflessioni si èdisposti troppo spessoaricondurre iprocessidi regolazionea scambi fra attori individuali, assimilabiliagliscambichehannoluogosulmercato,conevidentieffettiriduzionisti.

È per il tentativo di misurarsi con questo paradosso che appare di rilievofondamentale (come è stato già anticipato) la costruzione teorica di James S.Coleman,unindividualistasuigenerisounindividualistastrutturalista(conunaltro ossimoro implicito), per usare alcune delle immagini con le quali è statorappresentatoquellocherestaforseilpiùimportanteteoricosocialedegliultimicinquant’anni. Proprio dall’aggettivo strutturalista occorre partire percomprendereladiffidenzadiColemanneiconfrontidelricorsosistematicoallamicro-fondazione basata sull’individuo razionale. Questa diffidenza, se nonquestaavversione,appareinmodoesplicitoquandoColemanaffronta(all’iniziodelcapitoloIXdeisuoiFoundations)iltemadelcollectivebehaviour,ovveroifenomenilegatiallefolle,aitumulti,alpanico,allemode,allefobie.Èuntemaclassicoche,conl’eccezionedeilavoridiSmelser[1963],èstatoperlunghiannilasciatoaimarginidellariflessionesociologica,forseperchémalsiadattavasiaal paradigma dominante, di ascendenza durkheimiana (dove sarebbe finita lasocietà come fonte della morale?), sia a quello emergente in qualche modoascrivibilealle teoriedellasceltarazionale(qualisarebberoivantaggiattesidaquesticomportamenti?).AtalepropositoColemanparladieclettismo,senondidisordineintellettuale,dellateoriasociologica,daunaparteincline,comenellateoria classica dell’organizzazione, a fondare le proprie argomentazioni su unindividuo razionale rivolto verso una coerente azione intenzionale, dall’altradisposta a ricorrere nella spiegazione a un individuo emozionale, eccitabile,

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soggettoalcontagioeagli«effettiipnotici»dellefolle.E«isociologi–continuaColeman [2005, 257] – hanno imparato a convivere con un tale disordineintellettuale»,creandoa livellomicroconcettidi individuodestinatiaprodurreper aggregazione a livello sistemico i fenomeni sotto osservazione, che sianol’organizzazione burocratica orientata alla razionalità o la mobilitazionecollettiva animata dalla emozionalità. Ma questo non è un modo corretto diprocedere, osserva Coleman, svelando non solo una sorta di disagiointerpretativo, ma anche una inadeguatezza esplicativa dellamicro-fondazioneindividualista, che nonviene respintama fortemente ridimensionata.La stradaopportuna per la teoria sociale è un’altra, più difficile: «conservare unaconcezione unitaria di come sono fatti gli individui e generare i varicomportamenti dei sistemi non partendo da creature diverse, ma da diversestrutture dei rapporti in cui queste creature si trovano» [ibidem, 257-258]. Èquestoilsensodell’aggettivostrutturalistachequalificailfatidicoepretenziosotermineindividualismo.

Sarà soprattutto attraverso l’argomentazione sull’attore collettivo cheriusciremoascoprire,comeavverteancoraSciolla, laparticolaritàdellostranoindividualismo di Coleman, ovvero una «versione debole» dello stesso,definibile proprio come «individualismo strutturalista», non distante dalleposizionicheinquellostessoultimodecenniodelsecoloassumeràBoudon,siapureinunaposizionepiùsfumataemenocentratasullarilevanzadellestrutture:

IlavoridiColemansonodaquestopuntodivistaesemplari.InColemanlastrutturasocialeegliattoricollettivi [corporate actors] prendono la forma di un insieme di posizioni interdipendenti che sonoprecedenti l’interazione tra gli individui che occupano queste posizioni. Per Coleman, dunque, ilcosiddetto«problemadell’aggregazione»,caroaglieconomisti,èfuorviante[...]Seesistonoposizioniinterdipendenti che gli individui occupano prima che essi interagiscano tra di loro, allora è questastrutturacheinfluenzagliindividuielalorointerazione[Sciolla2003,204].

Su questo ridimensionamento, o su questa riqualificazione,dell’individualismodiColemansiamocondottianchedaUdehn[2001]nelsuogrande ed esaustivo contributo sull’individualismo metodologico. Secondo

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Udehn, il«consistentestrutturalismo»diColemanappareal lettorecome«unosforzocostantediunireolismoeindividualismo»[ibidem,293].Talerilievopuòforse apparire forzato, ma certo colpisce in una rassegna delle teorieindividualiste, e solleva perplessità rispetto alle interpretazioni avanzate daTrigilia [2005, XIX-XX] nella premessa all’edizione italiana, che sembranoprocedere in tutt’altra direzione, ricollocando Coleman senza residui fra queiteorici della scelta razionale dai quali invece sono disposti almeno in parte aestrarloeconomisticomeFrank[1992,148].Nellepaginefinalidell’opera(nonricomprese nell’edizione italiana) sarà lo stesso Coleman ad ammettere cheproprio ilmodellodell’attorecollettivo (ilcorporateactor)«apre lapossibilitàdi superare una centrale debolezza della teoria basata sull’azione razionale»[Coleman1990,946].Icorsidiazionenonsonodeterminatiinmodoesclusivodalle scelte autointeressate. È la costituzione interna degli attori, individuali ecollettivi,aorientarequesticorsi,e,scriveràColemanproprionelleultimerighe,

larazionalitànonconsistenell’agireinaccordoconipropriinteressi,manelcostruirelacostituzioneinternainmodotalecheleazionigeneratedalsistemainternodiazioneapportinoall’attoreilmassimodiattuabilità[...]Questononeliminal’intenzione,malaspingeall’indietroaunlivellopiùprofondo,lacostruzionediunacostituzioneinterna.Questoèilpuntodipartenzaperunateoriadelsé[ibidem,949].

Qui, dall’ultima riga delle mille pagine, comprendiamomeglio non solo leragionidell’insoddisfazionedell’autoreperilcapitoloXIXdedicatoalsé(sucuitorneremo),maancheladistanzadallateoriastandarddell’azionerazionale.

Ècosìchescopriamounindividualistametodologico,perusaredellecategorieforseabusatemanonrifiutatedallostessoColeman,chenonhaavutotimorediricadereinquelletrappolerealistichedicuièdisseminatoilcampoconcorrente,oavverso,quelloolistico.Edèpropriodaquestograndeteoricocheènecessariopartire, anche in un percorso come il presente che non ha alcuna pretesa (ointenzione)difornireunarassegnasistematicadellaletteraturaditeoriasociale,e che è rivolto piuttosto a rispondere a una sorpresa, se non a reagire a unainsoddisfazione interpretativa. È stato comunque l’incontro con le riflessioni

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colemaniane sull’attore collettivo (i corporate actors) che ha reso esplicita lasorpresaehastimolatoquestareazione.

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2.LaperditadelcapitalesocialeprimordialeNel già ricordatoPresidential Address del 1992, due anni dopo l’uscita del

suo grande corpus teorico, Coleman, con immagini che destano ancora oggiemozione, descrive attraverso le trasformazioni del paesaggio a cui assistediscendendoincanoailWisconsinRiverversoilMississippi ilquadrostorico-sociale che è caratterizzato dal ruolo prevalente degli attori collettivi. Latrasformazione che Coleman vedeva nella progressione del paesaggio edell’ambiente da una situazione «naturale» a una «costruita» e che scopriva edescriveva ai suoi figli è quella da una «primordial» a una «purposivelyconstructed social organization». E il paradosso da cui siamo partiti, ladiffusione degli argomenti teorici individualisti in un contesto che vedel’affermazione netta e progressiva degli attori collettivi, è implicitamenteevocato (non risolto) dall’ammissione di un cruciale errore conoscitivo einterpretativo, commesso nella convivenza sociale come nella sociologia. Unerrore,tuttavia,sempliceecorreggibile,ammetteColeman:

Non riusciamo a riconoscere che il capitale sociale dal quale dipende l’organizzazione socialeprimordialestasvanendo;nonriusciamoariconoscerechelesocietàdelfuturosarannocostruiteechenoidobbiamodirigerelanostraattenzionealdisegnodiquestestrutturesociali[Coleman1993,10].

Equestacostruzionesarà inbuonapartefruttodiundisegnoistituzionalediattori (e soggetti) collettivi, che dovrà essere interpretato e orientato da una«nuova scienza sociale» adatta a «una nuova struttura sociale» (si veda ilcapitolo XXIV dei Foundations), dove il capitale sociale delle origini potràessere almeno parzialmente sostituito da organismi collettivi costruitiintenzionalmentee ingradodi assolvereaquelle funzioni inaltri tempi svoltedallefamiglieodallecomunitàlocali.Unascienzasocialecapacedicoglieresiailcontrastofragli interessi individualiequelliperseguitidagliattoricollettivi(uncontrastoignoratodallateoriadelleorganizzazioniformali)sialadiffusionedei fenomeni di free riding in tutti i casi in cui l’ottenimento di beni pubblici

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senzagliopportunivincoli istituzionalièproblematico. Inquesto invitononsiabbandona del tutto la teoria dell’azione razionale, fondata sullamassimizzazione delle utilità, ma si ammette «che l’unità massimizzatrice èquellasbagliata:lamassimizzazioneindividualeproduceunrisultatosubottimaledell’azionedeicorporateactors»[Coleman1990,451].Ladisparitàfraquestamassimizzazioneel’azionedegliattoricollettivi,olanonriducibilitàdiquestasecondaallaprima,«creaunproblemadibenipubblici».Unascienzasocialechesia in grado di comprendere e interpretare, specie in settori cruciali (benconosciuti dalla ricerca di Coleman) come quelli dell’istruzione odell’educazionedell’infanzia,icompitichesipongonogliattoricollettivi,dopola sostituzione degli attori tradizionali. Ritengo sia soprattutto questo, accantoallacaratterizzazionestrutturalista,aridimensionaregliargomentiindividualistidi Coleman[1] e a renderli del tutto specifici: la costruzione esogena dellestrutture sociali e il lorodipenderedal disegno intenzionaledi attori collettivi.Gli attori (e i soggetti) individuali saranno pure liberati dal capitale socialetradizionale, con le norme sociali e i vincoli istituzionali connessi, e questogiustifica ladiffusionenelle scienze socialideimodelli teorici individualisti, oalmeno permette di spiegarne le potenzialità interpretative, ma gli individuisaranno sempre di più obbligati a interagire con attori collettivi, o ad esserecomponentideglistessi(eciòsollevailparadossodicuicistiamooccupando).Èpropriolapreminenzadegliattoricollettivi, ritieneColeman, il trattodistintivodella società contemporanea, come si rileva nell’accurata rassegna sullasociologia colemaniana curata da Marsden [2005, 16], che si sofferma anchesulledueprecedentioperediColeman [1974;1982]esplicitamentededicateaicorporateactors.Daquestacentralitàderivalanecessitàdelcontrollosocialeditaliattori,attraversopercorsichevannodallaregolazionesull’ambienteesterno(per esempio mediante il mantenimento della competizione pluralistica fra igruppi organizzati) agli interventi sulle strutture di autorità interne agli attoristessiperevitarepossibilidegenerazionioligarchiche.

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Attorichenonsonoinalcunmodoriconducibiliesclusivamentealleimprese,comesembraaccaderenellaletturadeglieconomistisiapure«diconfine»comeFrank[1992],machesonoidentificabiliintuttalaampiaedeterogeneaseriediistituzioni politiche e sociali inventate dalla modernità la cui natura diattori/soggetticollettivinonpuòesseredataperscontata.

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3.Attoricollettivierapportimicro-macroGli attori collettivi agiscono, creano, ritengono, disegnano, ma la teoria

socialenonèsembrataaccorgersene inmodoappropriato.Per rendereesplicitiquesti ruoli e per fornirne un’adeguata collocazione teorica, sarà opportunoriandare alle origini, quando si cominciava ad affrontare il problemadell’esistenzadisoggettieattoridiversidagliindividui,odallepersonenaturali.Inquestoprocedere,ècomeseColemanrifondasselateoriasocialenelterrenopredispostomolti secoli fa dal diritto canonico, dal pensiero giuridico e dallateoriapoliticaconlascoperta,ol’invenzione,delconcettodipersonagiuridica(sivedasupra,cap.I,par.7).Inquestari-fondazione,Colemansisoffermasulcambiamento delle concezioni della sovranità a partire dal Medioevo, persostenere una tesi che conduce a trasformare una buona parte degli assuntiindividualisti,ovveroquellicheriduconogliargomentidella teoria sull’azioneintenzionale al solo agire degli attori individuali. L’ammissione è esplicitanell’intervistaconcessaaRichardSwedbergnel1990,lostessoannodell’uscitadeiFoundations: «per alcuni tipi di analisi è giustificato considerare gli attoricollettivicomeseavesserotutteleproprietàdiunattore.Conciòiointendounagireacuisipuòattribuireunalogicaintenzionale,unagire,cioè,coerente,nonanormale o particolare, ma che possa essere considerato intenzionale»[Swedberg1994,57]. InquestaammissioneforseColemaneccede,correndo ilrischiodellaconcezionerealistadellestrutture(edelleorganizzazioni),ancheseè sostenuto da una visione relativa (e analitica) del rapporto micro-macro,secondo la quale non sta scritto da nessuna parte che il livello micro debbacoincidere in modo esaustivo (e riduttivo) con quello dell’attore individuale.Coleman giunge a osservare come «l’individualismo metodologico possafunzionare a diversi livelli» [ibidem, 56]. Certo, quello vero «considera lepersone naturali e le loro azioni come l’unico dato di partenza [...]ma si puòusare lo stesso impianto teorico anche per gli attori collettivi». Sarà difficileritrovareaffermazionipiùeccentricherispettoalleimpostazioniindividualiste.

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Nel Presidential Address, ispirato dalla trasformazione del paesaggio edell’«organizzazione sociale primordiale», ripensando alle origini«rivoluzionarie» degli scenari della modernità (la Rivoluzione francese e larivoluzione industriale), Coleman riscopre accenti à la Kantorowicz,avvicinandosialleambizionidell’ontologiasociale,quandoricordal’invenzionesociale con il connesso potere di definizione che precede di secoli le duerivoluzioni, permettendogli di collocareunpapadelMedioevo (Innocenzo IV)traifondatoridellateoriasociale.Unalungacitazione,chesiaffiancaaquellariportatanelprecedentecapitolo,èquinecessaria:

Un’invenzionesocialeprecedequesteduerivoluzionierendepossibileunadifferentestrutturasociale,una differente forma di corpo collettivo [corporate], una forma che poteva essere interamenteindipendente dalla famiglia e dalle sue estensioni. Chiamo questa forma nuovo attore collettivo[corporateactor]perchélalegge–primainInghilterraepiùtardinelcontinente–lariconobbecomenuova.Questo nuovo attore collettivo entrò in funzione lentamente, a partire dalXIII secolo circa,nellaformadichiese,città,comuniimpegnatiinattivitàeconomicheperproprioconto,indipendentidaqualsiasi feudo, indipendenti dal re, sotto la direzione di agenti, come i rappresentanti dei comuni.Questinuoviattoricollettivirichieseroun’invenzioneconcettualenelsistemagiuridico(eperciònellastruttura legittimata di attività che compongono la società). Un giurista italiano, che divenne papaInnocenzoIVnel1243,proposeproprioquestainvenzione.Definìilnuovoattorecomeunapersonaficta,una«personafittizia»(Gierke1900),conunostatuslegalecomeunapersonanaturale,masenzaalcuncorpofisico[Coleman1993,2][2].

Certo, per parlare dell’azione, delle decisioni, addirittura dei progetti o deidisegnidiunattorecollettivooccorreprocedereconunasuadefinizionechenonconsistainunasuapiùomenoimplicitareificazioneopersonificazione,oinunasemplice estensione metaforica del soggetto individuale. Ricordiamoci,insomma, che parlando di qualcosa che, fino a quando non si percorre ilcamminosuggeritodall’ontologiasociale,nonesistenellarealtàsociale(l’attoree il soggetto collettivo), o meglio che esiste solo strutturalmente (in quantostruttura di relazioni) ma non nelle connesse implicazioni soggettive, larappresentazione teoricaèdecisivaper la logicadiargomentazionedella teoriasociale.Laquestioneèvecchia,richiamaargomentiàlaPoppermariconducibilifino all’epicureismo, e se si vuole à la Thatcher nella polemica politica. È

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questioneunpocoscontata,edinaturaextra-sociologica,comeciha ricordatoRositi [2003],manonpossiamoprescinderedaessa[3].Oltretutto,acomplicarel’inserimentodegliattoricollettivinell’argomentazione teorica,operanospessoin modi effettivi i meccanismi della rappresentanza (si veda infra, cap. III),speciedisoggettiindividualiattraversosoggetticollettivi,equesto,comunquelosi voglia interpretare, costituisce un secondo vincolo da tenere presentenell’argomentazione. Un vincolo non sempre affrontato da Coleman in modoesplicito o compiuto.Non siamo solo di fronte a una semplice distinzione frasoggetti individualiesoggetticollettivi,dobbiamoancheconsiderareunavastapresenza di soggetti collettivi che rappresentano (in senso proprio) soggettiindividuali.Suquestoritorneremo.

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4.SoggetticollettividellarappresentanzaDirerappresentanza, losappiamobene,nonbasta,enelprossimocapitolo il

tema verrà approfondito.Ma alcuni argomenti vanno anticipati fin da ora, percogliere potenzialità e limiti dell’approccio di Coleman agli attori (e soggetti)collettivi.Nelcasodiquestisoggetti,èlamodalitàdirappresentanzaactingfor(secondo la terminologia della Pitkin [1967]) a rivelarsi più appropriata per lasuacapacitàdispiegareun’attivitàcheècondottasoprattuttoinnomediqualcunaltro.Essarichiedeperciòunapprofondimentodell’agiredeirappresentanti,maperlateoriasociale,adifferenzadellateoriaeconomica,questariflessionenonpuò essere condotta che a partire dalla natura e dalla consistenza del soggettocollettivo che rappresenta altri soggetti individuali. Nulla può essere dato perscontato,sesivuolerisponderealladomandasulcomesiesercitatalefacoltàdiagire. Le argomentazioni di Coleman permettono, sia pure con qualcheincertezza,laproposizionediunasiffattateoria.

È interessante ricordare che nei contributi di analisi sul tema delle mappecognitiveperlaricostruzionedeiprocessidecisionalicollettivi(peresempionelcampodegli studidipolitica internazionale)sièproceduto,comehaosservatoCodara[1998,60-61],attraversofortisemplificazioni:laprimaèconsistita«nelricondurre la decisione collettiva a quella del leader [...] del gruppo che, inquanto tale, dovrebbe determinare l’esito del processo», la seconda «nelconsiderare ilgruppounsoggettounitario».Laprimarischiadi incorrerenellatrappola del realismo (per utilizzare immagini simmeliane) o, se si vuole, inquella dell’essenzialismo, la seconda in quella metaforica. Per il percorso diqueste riflessioni, nessuna delle due semplificazioni sembra rivelarsiparticolarmente utile. La prima reifica la teoria senza chiarire i processiattraverso i quali si giunge alla definizione e al riconoscimento dell’entitàcollettiva.Lasecondarisolvenell’immagineiproblemidicuidovrebbefornireuna spiegazione. Che sono, per altri aspetti, proprio simili alle trappole nelle

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quali cade la teoria economica quando procede attraverso la semplificazionedell’agenterappresentativo(siaessounimprenditoreounconsumatore),ovveroquelsoggettoindividualechesipresupponeagiscainmodosimile,omogeneo,aquellodimoltialtri soggetti,magari facentiparte (rappresentatiomeno)diunattorecollettivo.

Per la teoria sociale, sul temadell’attore/soggetto collettivo, il contributo diriferimento è ormai da tempo quello di James S. Coleman, avanzato inmododefinitivoneiFoundationsmagiàanticipatoinoperedeiduedecenniprecedenti.Coleman non affronta in modo diretto l’argomento della rappresentanzaattraverso soggetti collettivi, ma compensa tale carenza con i numerosiriferimenti alle associazioni di rappresentanza degli interessi a cui l’autore sirivolge, memore anche della sua partecipazione giovanile alla famosa ricercasulla democrazia sindacale nella InternationalTypographicalUnionguidata daSeymourM.Lipset[Lipset,TroweColeman1956](sivedainfra,cap.III,par.8).Propriosuitemidell’attore/soggettocollettivoscopriamocomeilcontributodi Coleman possa essere veramente considerato quello di un «gigante» dellateoriasociale,perrifarsiallabennotametaforarilanciatadaRobertK.Merton[4],a cui fra l’altro il libro è dedicato con manifesta riconoscenza di allievo amaestro.Soloun«gigante»potevareggeresullesuespalle,semièpermessalaparafrasi,untalecomplessodiapportiteorici(trattidallescienzesociali,manonsolo), con tali capacità di argomentazione, esemplare anche per gli aspettistilistici. Uno stile dell’argomentazione fondato su un continuo rimando frateoria e riferimenti empirici, inusitato nella produzione sociologica (si pensi aParsonsperunostileopposto)echenonsidimentica.SoloColemanèriuscitoaestrarre i modelli dell’azione razionale dal campo esclusivo, talvolta«imperialistico», degli economisti per introdurli a pieno titolonel campodellateoria sociale, qualificandosi, ha osservatoFrank [1992, 148], comeun vero eproprio«un-apologetic rational choice theorist»bene ingradodi differenziarsisu aspetti di decisivo rilievo dalle teorie del comportamento dominanti

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nell’economiadelmainstream.

Èildistaccocriticochesiconsuma,peresempio,sullateoriadell’agenziaconilconnessomodelloprincipal-agent,assuntodalpensierogiuridico-politicomareso così neutrale nelle versioni standard degli economisti (si veda Stiglitz[1989]) rispetto al problema del potere, ai requisiti e alle dinamiche dellarappresentanza, con i relativi problemi dell’identità e del riconoscimento[5]. Inquesteversioniilmodelloriconducesempre,indefinitiva,al«problemacentraledegli incentivi economici» [ibidem, 242], con una semplificazione eccessivadelle dinamiche dei rapporti fra soggetti e interessi. Il modello, utilizzato inmodo invadente in economia e nella scienza politica, è di certo innovatorerispetto alla tradizionale analisi neoclassica che si limitava a sottolineare la«simmetrianellerelazionieconomiche»,marestaentrounageneraleeriduttivaimpostazione individualista, che potrebbe semmai essere accettata nella teoriasocialesolocomepuntodipartenzaelementare.CosìaccadeinColeman.

Egliutilizzapienamenteilmodello,ancheperchésiinquadranelsuoobiettivodi sottolineare il rilievo dell’argomentazione giuridica nella teoria sociale,maperapprezzarneladistanzadaglieconomistisivedanocomeesempiolepaginecheilsociologoamericanodedicaallaaffineagency[Coleman1990,157-162],ovvero all’«organizzazione dell’azione tramite identificazione», vista nei casidell’identificazione con un parente stretto, con la nazione, con un datore dilavoro,conunpadrone,conunpotentedetentore(captor),conunacomunità,diun attore collettivo con altri attori simili. Di certo questo tipo di azioneavvantaggia il principal, che ottiene a costi ridotti benefici che non potrebbetrarredarapporticonagentiordinari.Mailmodelloeconomicononpuòspiegarei meccanismi dell’identificazione (quali sarebbero infatti i benefici perl’agente?), che richiedonouna teoria del soggetto (quella che sarà tracciata daColeman nel capitolo XIX dei Foundations). Sorprende invece, ancora unavolta,comeColemannoncolgaquestiesempipersoffermarsisulprocessoesuimeccanismi della rappresentanza.Meccanismi che possono condurre in taluni

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casiaunasortadicapovolgimentodeiruoli,conlatrasformazionedell’agenteinqualcosadisimileaunprincipale(accadenelledegenerazionioligarchiche),oinunprincipale toutcourt,comesisuggerisce talvoltanelleargomentazionidellascienzapolitica.

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5.LecomponentidelsoggettoDelle mille pagine dell’edizione originale dei Foundations ben

duecentocinquanta sono dedicate ai soggetti collettivi, nella dizione del tuttoparticolare(corporateactors)usatadaColeman,maicapitolipiùappropriatiperilfinediquestosaggiosonoilXVI(TheCorporateActorasaSystemofAction)e il XIX (The Self), affascinante ma forse insoddisfacente e non del tuttocoerente con il resto dell’opera, secondo quanto osservato da Pizzorno,riportando un’opinione dell’autore stesso. L’incipit del capitolo XVI èchiarissimo:

Unapersonanaturalecontieneinunsolocorpofisicoduesédistinti:ilséoggetto[objectself]eilséattivo [active self], o principale e agente. Il piùpiccolo attore collettivo si creaquandoprincipale eagentesonoduepersonediverse.Conquestastessastrutturaminima,ilprincipalepuòessereunattorecollettivo,o lopuòessere l’agente,oentrambi [...]L’attorecollettivopiùampiamentesviluppatohadiversiprincipali,chenecostituisconoilséoggetto,ediversiagenti,chenecostituisconoilséattivo[Coleman2005,533].

E poche righe dopo Coleman così esemplifica in riferimento aun’organizzazione di rappresentanza: «In un sindacato le due metà sono imembri, che costituiscono i principali dispersi, e l’apparato organizzativo,ovvero gli agenti attraverso i quali il sindacato entra in azione» [ibidem].NelcapitoloXVIilfunzionamentodell’actingselfèconsideratoapartiredaicasidiattoricollettivicomplessicomeleorganizzazioni,edèquestounprocederenonconsueto nella teoria sociale, in specie di quella di ascendenza weberiana,abituata a considerare solo l’autorità centrale (e unitaria) dell’organizzazionestessa come attore intenzionale, ma nel capitolo XIX si ritornerà a parlaredirettamente del sé. In un semplice attore individuale, le due componentidell’object self (il ricettore) e dell’acting self (l’attuatore) sono riunite nellastessaunità,egliinteressicostituisconoillegamefralecomponentistesse.Negliattoricollettivilamedesimadistinzionesirivelanellaterminologiadelprincipal(ricettore) e dell’agent (operatore), e corrisponde non solo a una distinzione

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teorica, ma anche a una differenza fra ruoli sociali [ibidem, 504]. Anche inquesto caso il duplice ruolo degli interessi è decisivo nel ricollegare le duecomponentidelsé:perilricettoreindicanoillivellodisoddisfazionecollegatoalraggiungimentodi alcuniobiettivio al controllodi risorsedeterminate,pergliagenti, o operatori, rappresentano l’orientamento dell’azione, gli elementi chespingonoall’azionee l’ammontaredellerisorseresedisponibiliper ilcontrollodeglieventi[ibidem,509].MisembracheColemanlascisullosfondoiprocessidi interpretazione degli interessi che compiono i rappresentanti (ovvero glioperatori)[6],ma i percorsi di approfondimento sono più chemai resi possibilinell’ambito teorico proposto. Forse Coleman eccede nel ritenere che laproblematicitàdeirapportifra leduecomponentidelsépossaesseretrascuratanell’attore unitario, accantonando così, se non tutti gli apporti delle scienzecognitive (à la Tversky e Kahneman) e le riflessioni sulla debolezza dellavolontà(àlaElster),dicertoleloroconseguenzesull’argomentazioneteorica.

Lo dirà esplicitamente nell’intervista a Swedberg: «una delle cose che ineffetti trovo scarsamente interessanti è il lavoro sulle variazioni dellarazionalità»[Swedberg1994,60].Nonconvincenteèquestasuaaffermazione:

Unagiustificazionepertrascurareinquestolibro(validaomenochesialateoriacheessocontiene)ledeviazionidalla razionalitàècheessenonsono insostanza rilevantiper la teoriasocialepresentata.Perdirladiversamente,lamiaassunzioneimplicitaècheleprevisioniteorichequiformulatesarebberosostanzialmentelestessesianelcasochegliattoriagiscanopropriosecondolaconcezionecomunedirazionalità, sia nel caso le loro azioni presentinodeviazioni comequelle di cui si è detto [Coleman2005,641].

Maèefficacenelsostenerecomequestirapportisianoaltamenteproblematicinegliattoricollettivi,rifondandoinmodopiùomenoesplicitogranpartedellateoria sociologi ca dell’organizzazione. In modo piuttosto inatteso, come hanotato Pizzorno [2006, 315], Coleman non approfondisce una possibile terzacomponentedelsé,oltrealséoggettoealsésoggetto,ovveroilségiudicante(ovalutatore), sia pure ricordato da lui nelle pagine dedicate allo Smith dellaTeoriadeisentimentimorali.Cosìfacendoècomesesirendesseroesogenigli

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aspettinormativididefinizionedelsoggetto,odiriconoscimentodapartedialtrisoggetti.ForsenascevanoanchedaquileinsoddisfazionidiColemanperquestocapitolodecisivodellasuaopera.

Addiritturaegligiungeràadire che«unattoreunitarioè, analiticamente,uncasodegeneratodell’attorecollettivo(corporateactor),unattoreperilqualelecomplessità della struttura interna possono essere tralasciate» [Coleman 1990,508].Ilcapovolgimentodiprospettivaèquasiparadossale,mad’orainavantigliaddetti alle scienze sociali avranno di fronte un ostacolo (o un avvertimento)teoricoinpiùogniqualvoltaverrannopresidallatentazione,opiùsemplicementedall’abitudine,dellapersonificazione,anchesoloperviametaforica,deisoggetticollettivi.Potrebberoessereproprioisoggetticollettiviadessereutilizzaticomemetaforeperisoggettiindividuali!

Un chiarimento sulla rappresentanza (da approfondire in seguito) è statoproposto, un fondamento teorico sulla natura dei soggetti collettivi è statoincontrato.Ma come nascono questi soggetti?Come si forma la loro identità?Comevengonoriconosciuti?Unulteriorepassaggioènecessario.

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6.Comenasconogliattori/soggetticollettiviMacome sorgonoo come si creanoquesti attori/soggetti collettivi (oquesti

corporateactors)?Comesiconfiguralaloroidentità?Comeavvieneilprocessodiriconoscimentoincerchiesocialipiùomenoampie?Vistochenonsonopiùproponibili, proprio per la caduta dei vincoli comunitari e dunque per lascomparsadelcapitalesocialeprimordiale,visioniessenzialistedeltipodiquelleascrivibili a Gierke, i percorsi da seguire per rispondere a queste domandeportanoadistinguereinqualchemodol’attoredalsoggetto,datochegliaspettigenetici non necessariamente coincidono per entrambi. Per l’attore potremoriflettere sull’attribuzione di diritti ad agire, e anche sui processi connessi diinvenzioneedidefinizione(sivedainfra,cap.IV).Perilsoggettocollettivogliargomenti dovranno riguardare l’insieme delle relazioni con altri soggetti, edunquegliambitidelcontrattoodelriconoscimento.IlprimoèpresoinesamedaColemaninmododettagliato,sottolaspeciedelloscambiodeidirittiadagire,odei controlli su risorse e eventi. Il secondoè invecepiù trascurato, eppureèdifficile per un attore pretendere di costituirsi come soggetto senza ilriconoscimento come tale da parte di altri.Andrà a questo punto suggerito unulteriore passaggio teorico, per il quale sarà necessario staccarsi in partedall’apporto di Coleman, compiuto e forse esaustivo per ciò che attieneall’attore,ma non del tutto definito per quanto riguarda il soggetto.Di ciò, inquanto non del tutto riconducibile alla teoria dell’azione razionale, comeabbiamogiàosservato,eraeglistessoconsapevole.

Nonpossiamo comunque dare per scontato che un attore collettivo si formisempreattraversounprocessodirettodiattribuzionedidiritti.Anchenell’ipotesichesiapossibileritrovareunataleorigine,un’originecheèmoltevolteesclusa,pergliattori/soggettidellarappresentanzacollettiva,quandocisitroviinassettidi tipoautoritarioo totalitario,chepongonodivietiesplicitial sorgerediattoricollettivi, o in contesti di individualismo assoluto, che non tollerano nessun

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corpointermediofraloStatoeisingolicittadini,rimarràsempredaspiegareilprocessodicreazionediidentitàdelsoggettocollettivo.Misuriamoinquesticasila differenza fra l’attore e il soggetto. L’identità del soggetto si formerà soloattraversorelazionisocialiconaltrisoggetti, individualiesoprattuttocollettivi,relazionichepossonoappartenere,comehasostenutoPizzorno[2000,213-216],alle due grandi categorie del contratto oppure del riconoscimento. La primacategoria, o meglio la prima concezione, visto il ruolo che in essa svolgel’interpretazione della teoria sociale, si ricollega a un’origine hobbesiana, lasecondaaun’originehegeliana:«Nelloschemadelcontrattualismoloscontrotraindividuo e individuo (o, meglio, il coesistere di fini contrapposti) prende laforma della concorrenza, o competizione; nello schema del riconoscimento, laformadelconflitto»[ibidem,216].Nelprimocasoisoggetticompetono,ancheinformaaspra,per ilprevaleredegli interessidegliunisuglialtri;nelsecondocaso lo scontro è attivato per ottenere il riconoscimento dall’altro, unriconoscimentochepuòessereaddiritturadellapropriapossibilitàdiesistere.Inentrambi i casi quello che è in gioco non è solo la determinazione di unaripartizione di beni nello stato presente, ma anche la condizione di questaripartizionenellostatofuturo[7].Einquestasecondadeterminazioneunsoggettocollettivo (che sia una persona giuridica o un’associazione di rappresentanzafunzionale degli interessi dotata o meno di tale qualità) ha ben maggioripossibilitàdisuccessorispettoaisoggettiindividuali.

Pizzorno non distingue inmodo esplicito fra soggetti individuali e soggetticollettivi,e ilsuodiscorso teoricoèconsistentesoprattuttoper ilprimotipodisoggetti.Perquellicollettivigliargomentinonappaionoperòcosìincompatibili(anche se si deve essere ben consci dei rischi di personificazione a cui siaccennavanelprecedentecapitolo),e,dalpuntodivistadinamico,almenonegliassetti pluralisti, lo schema del contrattualismo può essere considerato quelloconsueto nelle relazioni fra i gruppi organizzati, mentre lo schema delriconoscimento è applicabile nei momenti delle origini, come in quelli del

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cambiamentoinmomentidiparticolaremobilitazionecollettiva.ForselostessoPizzorno potrebbe accettare questa distinzione, in quanto autore giunto aldiscorsoteoricodelriconoscimento(bendistintodaquellodelleutilità)proprioapartiredallostudiodello«scambiopolitico»(fragoverniemovimentisindacali),eattraversoimeccanismidiformazionedelleidentitàcollettive.Èproprionelleprimepaginedel saggiocompresonella raccoltadi scritti in suoonoreche, inrisposta a osservazioni e stimoli, leggiamo: «non si potrà [allora] non esserefruttuosamentesorpresi,nelloscoprirecomeattraversoquesta,perdircosì,“viasindacale” la nozione di riconoscimento fa la sua entrata nel discorso teorico,esplicitamente distinta dalla nozione di utilità» [Pizzorno 2000, 200]. Lasemplicerazionalitàeconomico-strumentale,conilconnessoschemamezzi-fini(espliciti), ci dice piuttosto poco sul processo di formazione dei soggetticollettivi con compiti di rappresentanza, che sono, come si vedrà, una partesignificativadell’interoinsiemedeisoggetticollettivi.

QuestaformazionepuòesserericostruitasecondounpercorsoinpartediversodaquellosuggeritodaColeman,peresempionelcapitoloXIIIdeiFoundations,dedicato alle «costituzioni» (formate da norme congiunte o disgiunte) e allacostruzione degli attori collettivi. L’attribuzione di diritti, o l’ammissione algiocopluralista(odellerelazionifrainteressifunzionali),puòessereconsiderataunapremessanecessariaperilformarsidiattoricollettivi,mainseguitolaloroidentitàcomesoggettisiinterpretainmodopiùefficaceattraversoimeccanismidel riconoscimento.Questa attribuzione o questa ammissione possono talvoltanon essere neppure necessarie, come nei casi di soggetti formalmente(«costituzionalmente» direbbe Coleman) abilitati, che intraprendono strade diaffrancamento dai rigidi vincoli istituzionali delle origini, come accade pertaluneassociazionisindacalinelletransizioniversoassettidemocratico-pluralistidaregimiautoritariototalitarididestraodisinistra.Inaltrefasil’occasionedelsorgeredelleassociazionidirappresentanzapuòesseredatadaunasituazionedisotto-rappresentazione degli interessi, percepita come tale soprattutto in

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momenti di inconsistenza o di squilibri di status, o di forte instabilità dellestrutture sociali con relativamodificazione delle identità sociali. In queste fasiinizialilaconstituency,oilprincipalsesivuoleusareinmodoimpropriolapiùcrudaeneutraterminologiadelmodelloeconomico,èmoltopiùampiadiquelladegli aderenti all’associazione. Ciò condurrebbe a pressoché insormontabiliproblemidiazionecollettiva(ovverodifreeriding).Colemanèmoltochiaroinproposito,ovveronelriconoscerecomesialafornituradibenipubblicidapartedegliattoricollettiviariproporre ladisparitàfra ilcalcolomassimizzantedegliindividui e la corporate action: «Il problema fondamentale è che l’unitàmassimizzatrice è quella sbagliata: lamassimizzazione individuale produce unrisultatosubottimaledell’azionecollettiva»[Coleman2005,572].

Masonoproblemichepossonoessererisoltiattraversolacreazionediidentitàche si ottiene mediante il riconoscimento, a sua volta generatore di capitalesocialeingradodirenderepiùdifficiliquelledegenerazionioligarchichechesirivelano la causa di corrosione più rilevante della rappresentanza. Solo a chipartecipa all’azione collettiva è riconosciuta identità e ammissione nella retedellerelazionipluralistiche.Soloattraversomeccanismiorizzontalidifiduciasiriducono quei compiti di mediazione fra gli interessi rappresentati, o fra gliobiettivi dell’attore collettivo e le preferenze o le aspirazioni dei singoli, cheattivanoepotenzianoiruolidelleoligarchieorganizzative.Infasedimaggiorestabilità e di maggiore consistenza del modello «contrattualista», se vogliamotornare alle proposte teoriche di Pizzorno, tali problemi tenderanno aripresentarsi.

Sarà così necessario porsi sempre delle opportune domande sullo stato delriconoscimentodeisoggetticollettivi,dellarappresentanzamanonsolo,tuttelevoltechesimettonoinrapportolepreferenzeindividualiconlescelteeleazionidegliattoricollettivi.Mailriconoscimentononèsoloattribuitodaglialtriattori,individualiocollettivi,èanchericercatoerafforzatoall’internodegliambitidirappresentanza, dellaconstituency di ciascun attore. Per questi fini scopriremo

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che, nelle circostanze appropriate, il dire è altrettanto rilevante dell’agire inquantoproduttoredieffetti,comeciharicordatocongrandeefficaciaBourdieu[2001].Suisoggetticollettivialtridiscorsiteoricisarannodirettamentecoinvolti,ma potremo sempre appoggiarci sulle solide «spalle» dei Foundations[8]. Ilparadosso di cui si parlava all’inizio di questo libro troverà in tali fondamentiottimiargomentiperessereraccontatoeaffrontatodalpuntodivistateorico.

[1]ComenotatodaUdehn[2001];sivedasupra,cap.I,nota10.L’erroreècorreggibileinsociologia,secondoColeman,«riconoscendocheilnostrocompitononèmeramentequellodidescrivereeanalizzareilfunzionamentodellasocietà[...]maèanchequellodeldisegnoistituzionale»[Coleman1993,10].Comehaosservato ironicamente Pizzorno, un grande ammiratore della sua opera, in un seminario del 2006all’UniversitàdiMilano,èquestala«cattivastrada»sullaqualesierapostoilsociologoamericano.

[2] Riporto un commento significativo di Udehn a questo proposito: «Coleman si ricollega per ladistinzione fra persone naturali e corporate actors a studiosi di diritto come Otto von Gierke e F.W.Maitland.Entrambi,mailprimoinparticolare,sonocollocabili fragliarci-olistinellastoriadelpensierosociale»[Udehn2001,381].SuquestiaspettitorneremonelcapitoloIV.[3]Ritornandodopoundecenniosuquestitemi,Rositiproporràunadistinzionecherifiutaunagenerale

attribuzionedisoggettivitàagliattoricollettivi,echesuonacomeun’implicitacriticaaColeman:«nonsoloè generico ma anche pericolosamente confusivo attribuire soggettività a tutte le organizzazioni, senzadistinguerefraquelleche,comeinparticolareloStato,sifondanopropriamentesullaindeterminazionedeifini[...]equellechesirealizzanoperfinispecificientrocontestiprivatiopubblici»[Rositi2014,41].

[4] Merton ha scritto un coltissimo divertissement intellettuale [Merton 1991] sul famoso aforismaattribuitoaNewton:«Sehovistopiùlontano,èperchéstavosullespalledeigiganti».[5] Coleman riprende in modo esplicito una simile critica nell’intervista concessa a Swedberg: la

tradizione neoclassica «non ha dedicato uno spazio adeguato al potere; anzi non ha alcun concetto dipotere»[Swedberg1994,62].Aunadomandaspecificasuirapportifraeconomiaesociologiaeconomica,Colemansi sbilancia inmodo inatteso,conpretesequasidi tonoparsonsiano:«Pensochegli economistiabbianodimostratodiaverealcunilimitieancheunacertacecità,echeinfuturol’economiapotràritrovarsiadessereunasortadisotto-disciplinadellasociologia»[ibidem,64].Quelfuturononèancoragiunto,eletendenzedell’ultimoventenniosembranosemmaiindicareunpercorsoinverso.

[6] Inquesticasi,comesivedrànelcapitoloIII, lacomponentedell’actingself si tradurrànella formadell’actingfor.[7] In questo si rispetta la definizione hobbesiana del potere di un uomo («consiste neimezzi di cui

disponealpresenteperottenereunapparentebenefuturo»),secondol’incipitdelcapitoloXdelLeviatano

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[Hobbes2008,111].Suquestocfr.ancheMacpherson[1973,79].

[8] Un indicatore, arido fin che si vuole, ma di certo efficace, del rilievo continuo e crescente deiFoundationsnellescienzesociali,enonsolonellasociologia,ècostituitodalSocialScienceCitationIndex,chedal1990al2004mostraunostraordinariotrendcrescentedellecitazioni[Marsden2005,18].

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Capitoloterzo

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Larappresentanzaattraversosoggetticollettivi

SappiamodaHobbes,maanchedalsignificatolatinodipersona("maschera"),cheilconcettodipersona sottende sempre una forma di rappresentanza, ma nel caso trattato il rapporto è piùesplicito: si tratta della rappresentanza che si attua attraverso soggetti collettivi, come accadetipicamentenelle relazionipluraliste fra igruppiorganizzatipiùchenei sistemipolitici,dove larappresentanza alla fine si traduce sempre nell’elezione di rappresentanti individuali. Con isoggetticollettivi,edunqueconle"personefinte",simanifestal’intenzionalitàdellaricercadiun"noi"rivoltoasuperaregliostacolioggettivichegliindividuiincontranonellediverseformedellaconvivenzasociale,eche imponeaun’aggregazionedisoggetti individuali lanaturadisoggettodecisore. In questo processo la costituzione del soggetto collettivo è facilitata dalle definizioniunitarie del gruppo espresse dai rappresentanti stessi attraverso atti performativi. Ai soggetticollettivi della rappresentanza viene dedicata un’attenzione particolare non solo perchécostituiscono forse il tipo più emblematico fra questi soggetti, ma anche per la possibilità diverificareconessilateoriadelriconoscimentoepercompetereesplicitamentecongliargomentiindividualisti.

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1.IsoggettiindividualietuttoilrestoUna volta introdotto l’argomento attraverso il paradosso dell’individualismo

incui ci si imbattenella contemporaneità, con la sorpresacheessoprovoca, epresentato il contributo di un grande teorico sociale (James S. Coleman),individualista sui generis, sarebbe plausibile attendersi la costruzione di unatipologia dei soggetti collettivi in grado di porre ordine nell’argomento e disostenere l’incontro fra teoria e realtà sociale. Francamente potrebbe rivelarsiinadeguataquelladrasticadistinzione,cheprovieneinmodiimplicitioesplicitidagliapportidell’individualismometodologico,frasoggettiindividualietuttoilresto,conlaconnessaesigenzadiricondurrenell’argomentazioneteoricaquestoampio resto, questa eterogeneità di strutture e finalità, alle componentiindividuali sottostanti, proprio per ritrovare un elemento unificante di talecategoriaresiduale.Unatipologiachedovrebbealloraesserecomposta,secondoleindicazioniweberiane,datipiideali,oastratti,ingradodipermetterelaletturadellarealtàsocialeattraversoilconfrontofraquestarealtàelateoriaproposta,eil suo orientamento conoscitivo. Una tipologia che come tale dovrebbe esserealtracosadaunatassonomiatesaallaclassificazionedeglielementidellarealtàsociale. Sarebbe infatti arduo procedere con una tassonomia dei soggetticollettivi,inassenzadiunadefinizionecondivisasullanatura,econsistenza,diquestisoggetti.

Ogni volta che incontriamo una classificazione dei soggetti collettivi o unasemplice elencazione di tutto il resto – e questo succede sia nella storia deldiritto[1],sianellostessoWeber(sivedasupra,cap.I),sianelleargomentazionidell’ontologiasociale(sivedainfra)–sperimentiamoilbrivido,eilsorriso,coni quali ripensiamo alla celebre classificazione degli animali che Borgesattribuisce a una presunta enciclopedia cinese (la ricordiamo: a) appartenentiall’imperatore; b) imbalsamati; c) ammaestrati; d) lattonzoli; e) sirene; f)favolosi;g)canirandagi;h)inclusiinquestaclassificazioneecc.)eche,assieme

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adaltreclassificazionialtrettantoarbitrarie,vienegiustificataconquesteparole:«notoriamente, non c’è classificazione dell’universo che non sia arbitraria econgetturale. La ragione è molto semplice: non sappiamo che cosa èl’universo»[2]. Parafrasando Borges potremmo dire che una classificazione deisoggetticollettiviciapparesemprecomepocopiùchearbitraria,proprioperchénon sappiamo bene né cosa siano i soggetti collettivi stessi, né quali siano lefinalitàperlequaliliintroduciamonell’argomentazione.

Per ilmomentodovremoaccontentarcidiunadistinzione, rimandandoapiùoltre una opportuna classificazione, una distinzione comunque meno rozza diquella fra individui e tutto il resto, quella, tanto per intendersi, che conduce aporrenellostessoinsiemeunacorporation(unasocietàperazioni),unsindacatodimestiere,unachiesa,unpartitopolitico.Vistoil titolodelcapitolo,sicapiràsubitochesivuolepartiredallarappresentanza,eche ladistinzionepropostaèfrasoggetticollettiviconcompitidirappresentanzaesoggettichenonassumonoesplicitamente talicompiti. Iniziaredaquestadistinzionevuoldire innanzituttoammetterecheisoggetticollettiviconcompitidirappresentanzasonoimportantinella realtà sociale, sonomolti, sono identificabili con facilità, anche se non èscontato nelle scienze sociali e politiche l’approfondimento della natura diun’attività di rappresentanza che si svolge non con soggetti individuali maattraverso soggetti collettivi. Se prendiamo sul serio il concetto dirappresentanza,scopriremochequestisoggetticollettividicertosonotanti,manonsono tutti, ancheseHobbes sembravadispostoa farcoincidere lepersonefittizie con la rappresentanza. Da questo punto di vista, un sindacato è unsoggetto collettivo con compiti di rappresentanza,mentrenon lo è una societàper azioni, costituita certo da un attore/soggetto collettivo (il tipico corporateactordiColeman)cheèbendistintodaisuoisoci, iquali tuttaviamantengonoundirittodiproprietàsudiessoattraversolequoteazionarie.Nulladisimilepuòessereconsideratalatesseradiiscrizionealsindacatoperunlavoratoresingolo,eancormeno il rapportodi fiduciache lega, in talunimomentie inparticolari

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contesti,ilavoratorisingolialsindacatoanchesenzal’iscrizioneformale.

Cisiaccorgeràsubitocomeconisoggetticollettivicheesercitanocompitidirappresentanza si attenui, senza scomparire del tutto, la contrapposizione franominalismoedessenzialismo,acquistisignificatimeno traslati l’intenzionalitàcollettiva (ovvero l’intenzione di tante persone di ricorrere al noi), e come lostesso dualismo fra attore e soggetto possa giungere a una sorta diricomposizione.Perprocedereoccorreràfindasubitoaffrontareundilemmabennoto nella teoria politica della rappresentanza, ma forse non ancora preso inconsiderazionedallateoriasociale,quellofrarispecchiamentoeinterpretazionee che possiamo rendere con una semplice domanda: i soggetti collettivi dellarappresentanza tendono a rispecchiare gli individui che rappresentano, opiuttostosonoportatiainterpretareilorofinieleloropreferenze?

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2.Chirappresentachi(ecosa)La teoria politica, specie quella che si occupa delle diverse concezioni del

federalismo o dei diversi modelli di rappresentanza elettorale, fornisce lecoordinatedifondoperquestariflessione,maèdalle(nonmolte)ricerchesullarappresentanza sindacale e sulle dinamiche della sindacalizzazione che sitraggono gli stimoli più opportuni per affrontare quel dilemmarispecchiare/interpretarecheèsottostanteallanaturadeisoggetticollettiviconcompitidirappresentanza.Delresto,sonoproprioisindacatiacostituireilcasopara digmatico dei processi di rappresentanza effettuati attraverso soggetticollettivi.

Nelvolumecheriportaipiùsignificativimaterialidell’importantericerca,dioltreundecennioaddietro(edunqueantecedentelacrisieconomico-finanziaria)maancoraattuale,sulruolodeisindacatiinEuropapromossadallaFondazioneRodolfo Debenedetti, proprio nella prefazione si ritrova un’osservazione sullanatura della rappresentanza tramite soggetti collettivi che può costituire unefficace punto di partenza per queste riflessioni sul tema, e in particolare suldilemmarispecchiare/interpretare:

anchequandoisindacatinonhannounmeccanismodecisionaleinternotrasparente–sitrattaspessodidemocraziealtamenteimperfette–lepreferenzedegliiscritti,primaopoi,sonodestinateaprendereilsopravvento.Inaltri termini,amedio-lungotermine–l’orizzontetemporaleadottatodagliautoridellibro–ciòcheilsindacatofaràdipenderàinprimoluogodachisonoisuoimembri[Boerietal.2002,XII-XIII].

La ricerca è condotta da economisti del lavoro, ritornati in forza su temi diquestotiponegliultimiduedecennidopolunghiperiodididisattenzione.Losicapisce fin dagli inizi dall’utilizzo di un termine, preferenze, inconsueto nelcampodellariflessionedellescienzesocialiinsensostretto.Losicapisceanche,se si percorre tutto il volume, dall’eccessiva semplificazione con cui siaffrontano le relazioni industriali e le loro indubbie specificità nella logica enellapraticadiregolazione(chenonècomparabilesolointerminidiefficienzaa

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quellafornitadalmercato),svelandoinquestolepotenzialitàmaanchei limitidelmodelloeconomico.Ciònonostante,laricercaètuttosommatosoloinpartesfiorata dal «pensiero unico» che è stato dominante nella labor economicsalmeno fino agli ultimi anni (fino al tempo della grande crisi economico-finanziaria),epuòessereaccoltanellapiùampiafamigliadellescienzesociali.Le implicazioni sul piano della teoria sociale che possono essere tratte dallacitata osservazione sono molteplici e tutte inerenti al tema, la rappresentanzaattraversosoggetticollettivi,acuièdedicatoquestocapitolo.Notiamochenonèchiaro lostatusdell’osservazione(ilciòchedipendedalchi):sederivadaunarelazione teorica dovrebbe essere meglio fondata, se nasce so prattutto darilevazioni empiriche queste non sono rese esplicite attraverso i materiali diricerca.Mapossiamoaccoglierlacomeunsuggerimento,unostimolo,oforseunpretesto.

La questione sollevata dalla citazione diBoeri et al. è comunque ancora dipressanteattualitànelcasoitaliano,inpresenzadiunasituazionediaccentuatoeasprodissensofraigrandisindacaticonfederali,einspecietralefederazionideimetalmeccanici. Per scoprire le ragioni di questo dissenso, sembravano volersuggerire i nostri autori, più che alle differenze politiche e culturali,bisognerebberifarsiallacomposizionesocio-professionaledegliiscritti.Sarebbeunpercorsononfacile,mautileeperalcuniaspettipossibilesullabasedeidatiesistenti sugli iscritti, che sono abbastanza accettabili anche se non sempreaffidabilissimi, disaggregati per settori e per aree economico-sociali tipiche(molto più problematici sono i dati sulle caratteristiche demografiche oprofessionalidegliiscritti).Dubito,però,cheallafinediquestofaticosopercorsosipossarilevarequalcosaingradodispiegare,peresempio,ilgraveconflittotraFiom-Cgil e Fim-Cisl (le due maggiori federazioni dei metalmeccanici),scoppiatonellaprimaveradel2003nelcorsodelrinnovodelcontrattonazionaledi lavoro; un conflitto ripetutosi nel 2009 e inaspritosi ancor di più nel corsodellavicendalegataall’accordoperlostabilimentoFiatdiPomiglianonel2010,

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epoinelle successive tappedi questavertenza.Oppure, se la simette in altromodo, qualcosa in grado di illuminarci sui caratteri che avranno avuto ilavoratoridelsettoreiscrittiallaFiomperricevere,opermeritarsi,nel2003unapiattaforma contrattuale che ancora oggi appare di inusitata arcaicitàrivendicativa.

Un contrasto, quello fra i metalmeccanici, almeno in apparenza insanabile,proprioinunafasenellaqualenonsololecomposizionidegliiscrittideigrandisindacati confederali sembrano sempre più avvicinarsi[3], ma anche l’aumentodellaeterogeneitàdel lavoro(neldeclinodellafase taylorista-fordista)conduceper molte strade a erodere le identità professionali tradizionali. È plausibileritenerecheeventualidifferenzefraisindacatiinunacomposizionedegliiscrittipertuttidigranlungapiùeterogenearispettoadaltrefasi industriali,edunquemenocreatricediidentità,dovrebberotradursiinconseguenzediminorerilievosul comportamento delle singole sigle sindacali. La tentazione di moltiosservatori del caso italiano di rifarsi alla dimensione politica per spiegare ilcontrastoècomprensibile,mapiùcomplessadiquantosiritiene,vistocheèoggimessaindubbioanchelapressochétotalepreferenzadegliiscrittiallaCgilperipartitidellasinistra[4],ecomunquenulladicesulfattocheigruppidirigentidelsindacatodovrannoritrovaresempresulpianosindacaleunalegittimazionealleloroscelte.

Il percorso sarebbe comunque reso complesso dai differenti processi diformazionedelle identitàacuisi rifanno legrandicentraliconfederali italiane.Perstarealleduemaggiori,sololaCislfariferimentoesplicitoeprioritarioagliiscritti(quellichesarebberopiùfacilmente«rispecchiabili»),mentreperlaCgil,secondo una tradizione consolidata e che risale ben addietro nella storiasindacaleitaliana,ilriferimentoprincipeèailavoratori(oalla«classe»,intempipassati). In questo secondo caso il meccanismo di rappresentanza con cuimisurarsi è duplice (iscritti e gruppo dirigente, lavoratori non iscritti econfederazione), con il problemaconnessodi stabilirequaledeiduecanali sia

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più rilevante per la formazione del soggetto collettivo. Ma non è questo,comunque, ilpercorsochesi intendequiseguire,dedicatopiuttostoafare lucesui meccanismi che operano o, meglio, che si ritiene plausibile far operare,prima dell’instaurazione del rapporto fra composizione degli iscritti e sceltesindacali, e a fondare teoricamente talimeccanismi (proprio ciò a cui non erainteressatol’interlocutorediSearledicuialcapitoloI).Ilmodoconilqualesipervieneadapprofondirela«natura»dellarappresentanzasindacalepotràservireasvelarciqualcosadipiùsuisoggetticollettiviconcompitidirappresentanza.

Ilpiùdideterminismo(ilchideterminantedelciò)chesiriusciràaevitareintalepercorsosaràtuttodiguadagnatodalpuntodivistadellateoriasociale.Undeterminismo che andrebbe evitato anche per i caratteri di sistemi a «legamideboli»chetendonoadassumeretutteleassociazionidirappresentanza(sivedaZan [1992, 90-104; 2002, 64]). Caratteri che, fra l’altro, potrebbero spiegarel’elevata autonomia e l’indipendenza nella formazione delle identità di cuispesso godono le sottounità organizzative. Non è detto che l’influenza dellacomposizione degli iscritti su un livello organizzativo si ripercuota sugli altrilivelli,cosìcomeglistessilivelli(peresempiolediversefederazioni)potrebberorispondereconmodalitàdifferentiacomposizionisimili.

Ilproblemadacuipartirenelcasodelleassociazionidirappresentanzadegliinteressi funzionali – che siano associazioni di lavoratori dipendenti, dicontadini, di lavoratori autonomi, di piccoli imprenditori o commercianti, diconsumatori o di utenti poco importa – è un caso di rappresentanza che sirealizzaattraversosoggetticollettivi,ovveroattraverso ilgruppoorganizzato. Irappresentanti individuali,sesiescludonoeventieccezionali,hannounoscarsorilievo: un aspetto dato quasi sempre per scontato non solo nella polemicaquotidiana,speciedicaratteregiornalistico,maanchenelpiùappropriatoambitodelle scienze sociali. Il problema, come già opportunamente osservato (cfr.anche Offe e Wiesenthal [1979]), è in parte differente per le associazioni dirappresentanza delle grandi imprese, che si configurano a loro volta non solo

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comesoggetticollettivicompostidaaltrisoggetticollettivi(ilmanagement,gliazionisti,talvoltaillavoro),maanchecomeassociazioni(dinaturamonologica)disoggettiingradodipercepiregiàcomesingoliipropriinteressiedicondurlinelle pratiche negoziali con altri soggetti collettivi (su questo cfr. Martinelli[1994,91-94]).Saràperciòopportunoconsiderarericompresasoloparzialmente,inquestaargomentazionesulleassociazionidirappresentanza,lacategoriadelleassociazionidellegrandiimprese,odominatedaesse.

Qualcosa, almeno sul piano analogico, si potrà trarre anchedalla riflessionesullarappresentanzaneisistemipolitico-parlamentaritramiteipartitipolitici,mainquesticasi,siapureindifferentisistemielettorali,esistesempreunaformadirappresentanza diretta attraverso il soggetto del rappresentante individuale, diimportanza decrescente a partire dai sistemi elettorali con collegi uninominalifino a quelli proporzionali puri (e con l’eccezione di sistemi eterodiretti dalvertice dei partiti come quello italiano attuale). Nulla di simile accade nelleassociazioni di rappresentanza degli interessi, almeno per quanto riguarda gliorganismidivertice,doveappareinbuonapartedissolto(oirrilevante)illegamedirettofrailrappresentatoeilrappresentante.

Lo scopo di questo capitolo, con scoperti intenti teorico-metodologici, saràquello di individuare, quasi per elencazione, gli ambiti teorici che potrannoessere coinvolti per l’analisi dei casi di rappresentanza attraverso soggetticollettivi. È auspicabile che combinando questi ambiti e soprattutto facendolicomunicarefralorosiapossibileindicareunpercorsodirappresentazioneteoricadi questo tipo di rappresentanza (mi si perdoni il gioco di parole) dotato diplausibilitàeutilealmenoai finidella ricercasociale.Com’èovvio,moltopiùarduosarà influiresullepretesedella ricercaedella riflessionedelledisciplineeconomiche, legate in modi più o meno espliciti alle diverse variantidell’individualismometodologico(sivedasupra,cap.I),maaquestodovremmoessereabituati.Per ilmomento,comunque, talepercorsodi rappresentazioneèsolopossibile,talvoltasolointuito,pernullacertoedefinito.

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3.Idiscorsiteoricicoinvolti(inmododirettoeindiretto)I diversi ambiti della teoria sociale coinvolti, con i corrispondenti discorsi

teorici, sonoalmeno sei, quattrodeiquali inmododiretto e costante, edue inmodo indiretto, subordinato, discontinuo. Fra i primi quattro, innanzitutto lateoriadellarappresentanza:undiscorsochevienecoinvoltosianelcasoincuisi consideri lo status, il ruolo, l’azione di chi agisce in nome del soggettocollettivo, sia nel caso in cui si affronti il problema dal versante dellarappresentanza attraverso il soggetto collettivo di una realtà di soggettiindividualipiùampiadeisempliciaffiliati(opartecipanti)alsoggettocollettivostesso. Nel primo caso il discorso può essere ricompreso in una delle tantivarianti(forsetroppe)dellateoriadell’agenzia,utilizzatadaglieconomistimadioriginegiuridica,edelcorrispondentemodelloprincipal-agent.Così,perusareconsoloqualcheforzaturaiterminidellateoriaeconomica,l’agentpotràessereconsiderato chi opera (segreteria, presidenza, esecutivo ecc.) in nome delsoggetto collettivo e il principal gli affiliati (o gli iscritti). Nel secondo casol’agent può risultare lo stesso,ma il principal potrebbe coincidere con la piùampiarealtàdeisoggettidiriferimento(ilavoratori,iscrittienoniscritti,perunsindacato).Nonsipuòescludereinoltreche,sempreinquestasecondamodalità,potrebbetalvoltarisultareopportunoconsiderarecomeagentsenonilsoggettocollettivo nel suo insieme, almeno quella parte di esso che occupa incarichiorganizzativianchesenondirettivi(l’apparatodifunzionari).

Ilsecondoambitoèquellodelladecisioneo,piùingenerale,dell’azione,ediconseguenza dell’attore, ovvero del soggetto dal quale l’azione proviene. Lacorrispondente teoria della decisione non potrà essere del tutto mutuata daquellaapplicabileall’azioneindividuale,apattodiincorrereinciòcheSimmelnei suoi lineamenti di filosofia della storia avrebbe chiamato «trappola delrealismo»[Simmel1982]o inundifettodipersonificazionedellestruttureche

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Boudonpotrebbeascrivereallasindromedelpregiudiziostrutturalista,ovveroalvezzodi interpretare in «maniera realistica categorie concettuali che in quantotali non si applicano testualmente a nessuna realtà» [Boudon 1985, 141].Ricordiamocisemprechestiamoparlandodiun«soggetto»odiun«attore»chetrovariscontronellarealtàsoloscontandol’usometaforicodeitermini.

Il terzo ambito di teoria sociale è quello che attiene alla formazione delsoggetto, attraverso processi di costruzione dell’identità e del riconoscimentosociale.Èundiscorsoteorico,addiritturanecessariocomepremessaaogniteoriadell’azione individuale, che a livello dei soggetti collettivi risulta di certoappropriato in tutti i casi nei quali la formazione dei soggetti collettivi nondiscende direttamente da processi «costituzionali» (per usare l’inconsuetolinguaggio di Coleman) o comunque legal-burocratici di attribuzione diprerogative o diritti. Per un sindacato ufficiale, se si vuole richiamare unesempioovvio,inunsistematotalitariodidestraodisinistranonsaràessenzialeil processo sociale di riconoscimento, sarà sufficiente l’attribuzione diprerogativedapartedelpoterepolitico. Ilprocesso socialepotrà inveceesserenecessario ogniqualvolta lo stesso sindacato intenda operare come organismorappresentativo,almenoinparte,degliinteressideilavoratori.Incollegamentoaquest’ambitopotràesserecollocatoildiscorsoteoricodelcapitalesociale(ormaibennoto,anchesetralasciatonellateoriadellarappresentanza);sarannoinfattiledotazioni di capitale sociale, per esempio quelle derivanti da comunità dipratiche e destini professionali, a favorire il riconoscimento dei soggetticollettivi,medianterisorsedaspendereall’internocomeall’esternodeisoggettistessi,ancheperteneresottocontrolloiparadossidelfreeriding.

Ilquartoambitoteoricoèsollevatodaldiscorsodelpotereperformativo,coniconnessi argomenti della filosofia del linguaggio ordinario, applicato aimeccanismi di rappresentanza per rispondere alla domanda sul come e sulquandostianellefacoltàdeilegittimatirappresentantiilcreareoilrafforzarelarappresentanzae il soggettocollettivo stessi,oalmenoalcune loromodalitàdi

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funzionamento, attraverso la parola o l’attribuzione di nomi o definizioni.Un’attribuzione che può addirittura portare ad esistenza un soggetto darappresentare, magari unificando pretese o rivendicazioni frammentate edisperse.

Sequesti sono iquattroambiti teoricicoinvolti inmododiretto,neesistonoalmenoaltriduechepossonoessereimplicatiinmodoindirettoodiscontinuo.Ilprimoattieneallateoriadellademocrazianelleorganizzazionidirappresentanza,non solo politiche o sindacali, e può ricollegarsi come origine al ben notodiscorso michelsiano sulla legge ferrea delle tendenze oligarchiche. Ilcollegamentoconilprimoeilsecondoambitoteoricosopraespostièevidente:la teoria della rappresentanza dovrebbe considerare la possibilità dellalimitazione,odelladeformazione,ditipo«oligarchico»deidiversimodellidellarappresentanza stessa; la teoria delle decisioni dovrebbe tenere presente lapossibilità di uno stravolgimento sostanziale del ruolo e della consistenza delprincipal, non riconducibile in modo a-problematico ed esclusivo all’insiemedegliaffiliatiodegliiscritti.

Il secondo ambito teorico coinvolto in modo indiretto riguarda l’azionecollettivae i suoiconnessiparadossi.È, tantoper intendersi subito, ildiscorsoolsoniano,sevogliamoconquestadizionerichiamareleargomentazioniteoricheespresseinTheLogicofCollectiveAction(1965).Derivadaquestodiscorsoladomanda fatidica: perché soggetti individuali razionali dovrebbero dar vita asoggetticollettivi, sopportandone i relativicosti,per l’ottenimentodiqueibenipubblici(comunquefruibili)neiqualisitraducebuonapartedegliobiettividelleassociazioni di rappresentanza? Tale discorso potrà essere per molti aspettiaccantonato,odatopersuperato,nelcasocisioccupi,comeinprevalenzaquiaccade,disoggetticollettivigiàesistenti.Maperaltriaspettiassumeràrilievointutte levarie formediorganizzazione,dipartecipazioneodimobilitazionedelprincipal.Sottoquestaveste ildiscorsosi ritroverà indirettamente implicato inspeciedalsecondoedalterzodegliambititeoricicoinvoltiinmododiretto.

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Normalmente,anchenelleriflessionidellescienzesociali,questiambiti,conirelatividiscorsiteorici,tendonoadessereaffrontatiinmodoseparato,inqualchemodosostenutidalriferimento,implicitoometaforico,alsoggettoindividuale.Èquanto accade tipicamente alla teoria della rappresentanza che procede quasisempreavendocomeriferimentostandardilrappresentanteindividuale.Certoleeccezioni esistono (da Coleman a Pizzorno), e su alcune di queste mi sonosoffermatoeritorneròpiùoltre,dopoaveresposto inmodosintetico icaratteriessenziali dei diversi discorsi utili per affrontare il tema della rappresentanzaattraverso soggetti collettivi. È altrettanto certo che con questo procedere si èancoralontanidaunacompiutaedefficaceteoriadellarappresentanzacollettiva,cisiincamminasolosuunpercorsoutileperraggiungerlainunafasesuccessiva,che dovrà essere all’insegna della semplificazione, della riduzionedell’affollamento dei discorsi teorici coinvolti, al momento invero tropponumerosi[5].Maèquestaunafasenecessaria,ancheperchéquasisempretenutanascosta,oconsiderataimplicita.

Ciascuno dei quattro discorsi teorici direttamente coinvolti (quello sullarappresentanza,quello sull’azionee sulladecisione,quello sul riconoscimento,quellosulpotereperformativo)acquistaasuavoltaunadimensioneparticolare,talvolta insospettata, quando viene applicato a soggetti collettivi. Unadimensione che non sarà sempre agevole far emergere, anche per il rischio diricaderecostantementenelprocederemetaforico.Inquesticasineancheilsensocomuneaiutachifadella teoriasociale, inquantoprevalenelleespressionidellinguaggio quotidiano come nelle rappresentazioni sociali il processo giàrichiamato,implicitofinchesivuole,mapresentefindaltitolodiquestolibro,della«personificazione»dellestruttureodegliorganismicollettivi.

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4.IldiscorsodellarappresentanzaIldiscorsoteoricodellarappresentanzaèovviamenteilpiùimportanteperle

riflessionichestoquiproponendo.Quellodellarappresentanza,losivedebene,è un fenomeno quanto mai esteso e persistente per il quale non è semplicetrovaredelle ragionidi caratteregenerale chene spieghino sia lanascita sia ilmutamento. L’origine etimologica, da re-praesentare, «rendere presente omanifestoopresenteancora»[Pitkin1967,8e241],cidicemoltomanontutto.Noncidicenullasulladifferenzafrarappresentanti«animati»e«inanimati»(fraundeputatoeunabandiera,per intendersi), epressochénulla sulladistinzione(già anticipata nel capitolo precedente) fra il rappresentare nello «stare»(standing for) e il rappresentare nell’«agire» (acting for), o fra il darstellen(«rappresentare»,maanche«descrivere,illustrare»)eilvertreten(o,insensopiùformale, repräsentieren, «rappresentare»,ma anche «difendere, curare»), se sivoglionorichiamareiverbitedeschi[6].Ilricorsoallalinguisticacomparativaèdiparticolare importanza (la Pitkin vi ricorre anche nel suo libro successivodedicatoaWittgenstein)inquantointroduceildiscorsosulpotereperformativo,ovvero non solo la possibilità di definire inmodo diverso la stessa realtà,maanchequelladicontribuireacrearla:«illinguaggiopuòcreareoggetti,piuttostoche limitarsiaconcettualizzareoggettipre-esistentidel tutto indipendentidallanostraconcettualizzazione»[Pitkin1972,104].

La prima distinzione (fra «stare» e «agire») è soprattutto importante: essaidentifica da una parte una rappresentanza di tipo descrittivo, che siede nelleassemblee con il compito di rispecchiare i rappresentati, o di rifletterne gliinteressi,dall’altraunarappresentanzadestinatasoprattuttoall’agire,nellaquale,più che le modalità dell’elezione, contano i modi con i quali i rappresentantiseguonoeinterpretanogliinteressideilororappresentati[Pitkin1967,116].Nelsecondotipol’indipendenzadeirappresentantiècertamentemaggiore,edèperquesto che la distinzione si sovrappone almeno in parte a quella fra

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rappresentanzaconosenzavincolodimandato,richiamandoilfamosodibattitoche precedette la ratifica della Costituzione americana fra gli «antifederalisti»(sostenitori del rispecchiamento) e i «federalisti» come teorici dellarappresentanza indipendente (su questo, oltre a Pitkin, si veda il più recenteManin[1992,54-57]).

Sul piano dell’estensione è evidente la portata del fenomeno: ci si farappresentarenonsolonegliinteressiparticolari,maanchenelladeterminazionedei fini ultimi (è questa, come dicePizzorno, la politica «assoluta»), non solonella ricerca degli strumenti, ma anche nella scelta degli obiettivi. Sul pianodella persistenza è evidente uno straordinario aumento delle relazioni e dellestrutture di rappresentanza nelle moderne società pluraliste, ma si ritrovanomeccanismi di rappresentanza anche nelle società medievali, specie dopo ladissociazione fra potere spirituale e potere temporale (cfr. su questo ancoraPizzorno[1993,64-73]eBerman[1998,cap.I]),laseparazionecheèall’originedei sistemi giuridici occidentali e che, privando re e imperatori delle funzioniecclesiastiche, impose alle autorità politiche la ricerca di nuove forme dilegittimazione.

Il fenomeno, accanto alle profonde distinzioni sopra ricordate, è segnato daampitrattidiomogeneità,peresempionellasuadistanzadameccanismiditipogerarchico.Certo,nelladefinizioneformalistadellarappresentanzapropostadaHobbes quest’ultima deriva solamente da un atto di autorizzazione, ancheillimitata.Maquesta resta un’immagine estrema, utile semmai permisurare ledistanzedaessa.Attraversoisistemielettoralidipiùvariotiponasconostrutturediautorità,maperessel’esigenzadilegittimazioneècostante.Èperquestochelefunzioniessenzialidelleelezionisonopropriolasceltaelalegittimazione.Ese la prima può essere cancellata, come avviene nelle dittature, dalla secondanon si può mai prescindere, svelando le esigenze profonde dei rapporti dirappresentanza.Unaformadilegittimazioneèperciòsemprenecessariaalruolodi rappresentante,madaquesto ruolononderivano inmodidiretti enecessari

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autoritàecorrispondentirapportigerarchici.«L’autoritàsopraglialtri,ildirittodidareordinièunacosa;larappresentanzaèun’altra»cidiceHannaF.Pitkin.«Talvoltaleduecosevannod’accordo,maaltrevolteno»[Pitkin1967,53].Diquesto ognuno di noi fa esperienza quotidiana: abbiamo tutti (più o meno)autorità sui nostri figli, ma non li rappresentiamo se non in negozi giuridiciparticolariesolodurantelaminoreetà.

Un tratto comune più nascosto, ma da riconsiderare proprio oggi per ladiffusione delle rivendicazioni etnico-localiste, talvolta separatiste, è il legamedellarappresentanzaconiprocessididefinizioneeri-definizionedeiconfini.Ilprimo compito di un sistema di rappresentanza politico è proprio quello delladefinizionedeiconfini,ciharicordatoPizzorno[1993,14-15].Qualunquetipodi rappresentanza, tantoquella politica quantoquella funzionale opluralista, èdestinato a creare una distinzione (e dunque un confine, non sempre in sensosolo metaforico) fra rappresentanti e rappresentati, tra forme e tipi dellarappresentanza, tra rappresentati e non rappresentati.Confini necessari sia allarappresentanza politica sia a quella di tipo funzionale tutte le volte che ècoinvolta la fornitura di beni pubblici, per tenere sotto controllo i problemi difreeriding:sipensiaiconfinidegliStatinazionali,maancheaprerogativecomeilclosedshopperleassociazionisindacali.Asuavolta,lalimitazioneattraversoi confini ha addirittura il compito preliminare di determinare le opportunità disuccesso delle rappresentanze, come nei processi di «ritaglio» dei collegielettorali(ilcosiddettogerrymandering).

Cosacisuggerisceildiscorsoteoricodellarappresentanzanelmomentoincuicisioccupainmodoesplicitodisoggetticollettivi?Isuggerimentichevengonodalla teoria politica sono molteplici, ma il tema non è affrontato in modoesplicito, neanche in quello che è forse ancora oggi il migliore contributodisponibile,quellogiàricordatodiHannaF.Pitkin[1967],costruitoattraversoimetodidellafilosofiadellinguaggioordinariodiAustin(sivedailfamosoHowtoDoThingswithWordsdel1962).Qualcosasipotrebbetrarredallariflessione

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sui partiti politici,messi al centro delle analisi dalla questione della scelta trarappresentanza indipendente o tramite mandato. In quest’ottica i partitipotrebberoessereconsideratiocomeunmezzoperrendereirappresentantipiùautonomidaidesideri(odallepreferenze)dellaloroconstituencyemenoliberidi interpretarea lorogradimento l’interessenazionale,oppurecomeun legametrapreferenzedicaratterelocaleeinteressinazionali[ibidem,147-148].Manondimentichiamo che i partiti politici conducono sempre, come si è già notato,all’elezione (o designazione o nomina) di rappresentanti entro assembleeformate da individui che mantengono una (maggiore o minore) autonomiadecisionale. Le assemblee politiche, almeno negli assetti liberali o liberal-democratici,sonosempreassembleediindividui.Nulladituttociòesisteperleassociazioni di rappresentanza degli interessi funzionali (o pluralisti), se si faeccezione per gli organismi di consulenza di non grande rilievo istituzionale(come il Cnel italiano o organismi similari in altri paesi e nella Comunitàeuropea)esiprescindedallestrutturecorporativerealizzatedairegimiautoritarididestra,osoloadombratenellepropostedelsocialismogildistadiG.D.H.Cole.Sonoproprioquesteassociazionidirappresentanzadegliinteressiacostituirelaforma più tipica della rappresentanza attraverso soggetti collettivi,allontanandosi nettamente da quella di tipo democratico in senso proprio,destinata a dividere (o a ricomporre) i cittadini sulla base di valutazioni chedovrebberotrascendereipropridirettiinteressiindividuali.Questocarattere,hanotato Nadia Urbinati [2009, 78], «rende la rappresentanza democraticapressochéunica e fa sì che essa sia l’oppostodella rappresentanza corporativapropugnatadaiteoricidella“partecipazionedigruppo”edellagestionepluralistadellademocrazia».

La difficile considerazione teorica, e invero anche pratica, di tale tipo dirappresentanza è ben comprensibile se si tiene conto inoltre del dilemmaorganizzativochealmandatoleassociazionidegliinteressidevonoaffrontareeche, proprio in quanto dilemma, non sono mai in grado di risolvere

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definitivamente: quello riguardante la tensione, per usare l’immagine di Zan[1992, 32-47], fra «logica di classe e logica di associazione», fra larappresentanzadiunampioambitosocialediriferimentoelarappresentanzapiùomenoesclusivadeipropriiscritti.Èquestocaratterecheaccentualedifficoltàdi applicazionedelmodello economicodelprincipal-agent allequestionidellarappresentanza.Talidifficoltàsonogiàelevatenellapolitica–èdifficileinfatticonsiderare una constituency come un principal –, ma si complicanoulteriormente nella rappresentanza pluralista, con l’incertezzanell’identificazionestessadelprincipal.Èl’imperfettainformazionesulleazioniche l’agent ha intrapreso o che dovrebbe intraprendere a fondare il problemaeconomico e a impostare le soluzioni attraverso forme opportune di incentivi(cfr.Stiglitz[1989,241-242]).Quest’assenzadiinformazionesiriproduceanchenellarappresentanzafunzionaleopluralista,maqualèilprincipalperilqualesiproducel’asimmetria:ilgrupposocialediriferimentoogliaffiliati?Forsequestiultimineisindacatipotrebberoessereconsiderati«ilprincipalefra iprincipali»(cosìGrandori[2001a,22]),dispostisoprattuttoafarvalerelaloroinfluenzaneimomenti dei rinnovi contrattuali, ma laddove (come nella maggior parte deisistemimodernidirelazioniindustriali)nonsonoprevisteprerogativesindacaliesclusive, l’accountability degli agenti contrattuali deve in qualche modoriferirsiancheainoniscritti.

Dal contributo teorico diHannaF. Pitkin possiamo trarre tuttavia i concettiutili almeno per inquadrare la categoria della rappresentanza di cui ci si staoccupando.Larappresentanzaattraversoleassociazionidegliinteressipluralistisi configura soprattutto, almeno nei contesti a pluralismo non altamenteorganizzato, comeuna rappresentanza per l’azione, ovverodel tipoacting for,come tale orientata verso una certa autonomia dei rappresentanti, versol’interpretazione più che verso il rispecchiamento. È quello che accade neisindacati industriali, ovvero nei sindacati moderni per eccellenza, dove larappresentanza si esercita soprattutto attraverso il compito della contrattazione

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collettiva.Talvoltaquestocompitoèdefinitodaunvincolo similealmandato,almenonelle intenzionidei rappresentati, equestocorregge inmodosensibile,nelle attribuzioni dei poteri negoziali, l’autonomia dei rappresentanti-negoziatori. Ma la natura della rappresentanza per l’azione non cambia nellasostanza.

Il rispecchiamento dei gruppi sociali rappresentati, e la fedele riproduzionedelle loro preferenze, sembrerebberomal conciliarsi con questa versione dellarappresentanza, essendo più compatibili con il tipo di rappresentanza standingfor.Èlateoriapoliticaaricordarecome,inquest’ultimotipo,«ilrappresentantenonagisceperaltri;eglisiede(stands)perloroinvirtùdiunacorrispondenzaoconnessione fra loro, una rassomiglianza o un rispecchiamento» [Pitkin 1967,61].Sono lemetaforedello specchio,odellamappa, adesserepiù richiamate,specie dai sostenitori della rappresentanza politica di tipo proporzionale. Unariprova sul piano empirico la possiamo ritrovare nella struttura ai vari livellidelle grandi organizzazioni di rappresentanza degli interessi (le grandiconfederazionisindacaliperesempio),dovesaràarduoscorgerenegliapparatienegliorganismidirettiviunospecchiofedeledellacomposizionedegliiscritti(odel più complessivo e lontano ambito sociale di riferimento), per settoreproduttivo, per qualifica professionale, per territorio, per caratteristichedemografiche.Legrandiconfederazionisonodicertopiùsimiliaunarepubblicacheaunademocrazia,perusarelafamosadistinzionepropostadaMadisonneldecimoFederalist Paper (si veda ibidem, 193-194), ed è questo carattere chepermette loro di esercitare la rappresentanza per un’estensionemolto vasta dilavoratori,qualificandosicomeencompassingorganizations,nelsensodiOlson[1984].

L’osservazione tratta dalla ricerca sui sindacati europei da cui siamo partitinon sembrerebbe dunque ben fondata sul piano teorico, anche se forse puòritrovarequalcheconfermasulpianodell’analisicomparativa.Abbiamochiaritoaspetti tipici della rappresentanza attraverso soggetti collettivi, specie per le

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associazionidegli interessi funzionali,maciòèancora insufficiente.Èpropriosulsoggettocollettivochedovremoadessodirequalcosa, richiamando inparteosservazionigiàavanzateneiprecedenticapitolidiquestolibro.

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5.IldiscorsodelsoggettocollettivoIl discorso teorico del soggetto collettivo dovrebbe a questo punto essere

delineato nei suoi elementi di fondo, anche se andrebbe riconsiderato per gliaspetticonnessialfenomeno,oaiprocessi,dellarappresentanzainquanto,comeabbiamogiàosservato,nontuttiisoggetticollettiviassolvonoinmodoesplicitoa compiti di rappresentanza. Sappiamo che per parlare dell’azione o delledecisionidiunsoggettocollettivoènecessariopartiredaunasuadefinizionechenonconsistainunasuapiùomenoimplicitareificazioneopersonificazione,oinuna semplice estensionemetaforicadel soggetto individuale.Ancoraunavoltaricordiamoci che, parlando di qualcosa che non esiste nella realtà socialeoggettiva in modo univoco o indiscusso, la rappresentazione attraverso illinguaggio è decisiva, una rappresentazione che può anche assumere unadimensione teorica nella logica di procedimento delle scienze sociali. Se ilsoggetto collettivo come tale non esiste, siamo peraltro sicuri che esiste ilprocesso di rappresentanza, talvolta formalizzato in un rapporto concreto (peresempio l’iscrizione a un’associazione sindacale) e non semplicementericonducibile a una preferenza, a una predisposizione, a una manifestazioneestemporanea.Sipotrebbe, seguendo laPitkin,continuare ricordandocomefrarappresentazione (Darstellung) e rappresentanza (Vertretung) le relazioni discambiosianocontinue,masuquestotorneremopiùoltre.Siamodifronteaunarealtà incerta (il soggetto collettivo) e a un processo certo, concreto (larappresentanza). La domanda si pone inmodo immediato: come (e perché) sipassadal secondoallaprima?Le risposte sonomolteplici enon scontate, e inquanto tali richiedonounapprofondimento teorico,cercandodi sfuggire, comeabbiamogiàosservato,siaalla«trappoladelrealismo»(ilsoggettocollettivochepensa e decide come un soggetto individuale) sia alla «trappola metaforica»(l’immagineunivocadelsoggettounitario).Levieperrisponderealladomanda,che è in fondo una questione di genesi (del soggetto collettivo), sono almenodue: la prima si diparte dalla razionalità individuale, la seconda dalla

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intenzionalitàcollettiva.Lestradenonsonodeltuttodivergenti,madalpuntodivistateoricoconvieneconsiderarletali,ancheperchélaprima,piùfondatanellalogica delle scienze sociali, non ci fa scopriremolto sulla natura del soggettocollettivo,elaseconda,provenientedalleargomentazionidell’ontologiasociale,ci forniscequalcosadipiùsuquestanatura,masenza tutti inecessari requisitidellateoriasociale.

Conlaprimastrada,cheènellasostanzaquellaseguitadaColeman(sivedasupra, cap. II), il processo della rappresentanza viene di fatto assunto entro irapportidiautoritàcongiunta[Coleman1990,cap.IV],ovveroquellineiqualiilcorrispettivo per il perduto controllo sulle proprie azioni da parte del singolosoggettoindividualeafavorediunaltrosoggettononconsisteincompensazioniesplicite e immediate, quelle compensazioni che sono invece presenti neirapportidi autoritàdisgiunta,ma solo inaspettativeo speranzedi ricompensa,influenzatedallarappresentazionedisituazionifuture.Illavoratorechesiiscriveaunsindacatocedealsoggettocollettivolafacoltàdinegoziare il trattamento,salariale e normativo, della propria condizione di lavoro, attendendosi unvantaggiodaquestacessione.Ilsoggettochescegliedifarsirappresentaredaunattore(inquestocasomegliodisoggetto)collettivoèquasisemprecollocatoinstrutturedi relazioni individuali che lovedonoprovvistodi risorseodotazioniconsideratenonparticolarmentepregiateo apprezzate.È il casodel lavoratoresingolo che si considera detentore, per ragioni personali o di congiunturaeconomica, di un inadeguato potere di mercato. Sappiamo peraltro che gliattori/soggetti collettivi, perseguendo la fornitura di beni pubblici ai proprirappresentati, incorrono in quel paradosso olsoniano dell’azione collettiva (sivedainfra)chesaràcompitodeirappresentanticercarediteneresottocontrollo.Un paradosso più aggirabile nei casi, come quelli di forte disorganizzazionesociale (pensiamo ai momenti di dopoguerra) o personale (si pensi alle crisiadolescenziali), in cui i soggetti collettivi (movimenti politici o religiosi) sonofortementeplasmatidall’agiredileadercarismatici.

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Tale strada, se può risultare abbastanza convincente, una volta tenuto sottocontrollo il paradosso del free riding, per rendere conto della genesi degliattori/soggetti collettivi, non interpreta in modo adeguato il processo dirappresentanza che, come abbiamo già ricordato, non è in tutto e per tuttoriconducibile ai rapporti di autorità.La forzatura, comprensibilenell’ambitodiuna teoria della razionalità individuale, poco ci dice in merito ai processi dirappresentanza(chesonoinveromoltotrascuratinelcomplessosforzoteoricodiColeman), edunque sullanaturadei soggetti collettivi conprecipui compiti dirappresentanza, anche se qualche passo in avanti è stato compiuto dagliargomentidell’accountability con leconnessecapacitàdi sottoporrea«calcolorazionale»ilrapportofrarappresentatieassociazioni.

La seconda strada, qui tracciata con drastica semplificazione, si dipartedall’intenzionalitàcollettivaepossiedeilpregiodirisponderealladomandasulpassaggiodalprocessodi rappresentanzaal soggetto collettivonel tentativodivalorizzare, evitando sia la trappola del realismo sia quella metaforica, quel«noi» che in talune circostanze appare coinvolgere e formare le scelte deisoggetticollettivi,attraversoilmezzofondamentaledellinguaggio.ÈSearlechecosìciconduceall’originedellasocietàedellestruttureistituzionali(fralequalipossiamosicuramenteincludereisoggetti-attoricollettivi):

Macomesi formano tali strutture istituzionali?Lamia tesi fondamentaleèche si forminograzieallinguaggio, ma prima di vedere nel dettaglio come, occorre soffermarsi su di una caratteristicaintenzionale fondamentale dell’uomo: la capacità di cooperare, ossia l’intenzionalità collettiva.L’uomo ha naturalmente la capacità di formare intenzioni che non prendono la forma dell’«iointendo...»,mapiuttostolaformadel«noi intendiamo...».Si trattadiunaformaprimitiva,ossianonriducibile a un’intenzione individuale o a costruzioni complesse di intenzioni individuali. Anzi èl’intenzioneindividualeaderivaredaquellacollettiva:l’intenzionechehalaformadell’«iointendo...»derivadaquellaconlaformadel«noiintendiamo...»[Searle2009,106].

Searleèdispostoaricercarenellanaturabiologicaleradicidiquestacapacitàdipossedereemanifestareintenzionicollettive:«l’intenzionalitàcollettivaèquelfenomenospecificoconsistenteinformecondivisediintenzionalitànell’ambito

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della cooperazione umana e animale» [Searle 2003, 30]. Il filosofo americanoosserva come l’intenzionalità collettiva sia posta a fondamento della societàanche dai grandi teorici sociali (Durkheim, Simmel,Weber),ma «la domandachequestiautorinonhannoformulato(esonoora ioaformulare)è, invece, laseguente: Come si passa dai fatti sociali ai fatti istituzionali?» [ibidem]. Perquesto passaggio sono necessari due ulteriori elementi: l’«imposizione difunzioni» e «regole costitutive». Le funzioni sono soprattutto «funzioni distatus»(che impongonounostatusauna realtàoggettiva), le regolecostitutivesonoquelleche«nonsoloregolano,macreanoanche lapossibilitàstessa,o ladefinizione,dinuoveformedicomportamento»[ibidem,32].Nelpassaggio«illinguaggio e il simbolismo non hanno soltanto la funzione di descrivere ifenomenima sono, invece, in parte elementi costitutivi dello stesso fenomenodescritto» [ibidem, 35]. Il linguaggio, di conseguenza, diventa «costitutivo deifattiistituzionali»,secondoleindicazionidellafilosofiadellinguaggioordinario.

Il percorso dell’ontologia sociale conduce a descrivere il meccanismo dellarappresentanzaattraversosoggetticollettivicomelaricercadiun«noi»rivoltoasuperare, nell’affermazione dei propri obiettivi, gli ostacoli oggettivi che ilsoggetto individuale incontra nelle diverse configurazioni della convivenzasociale. Tale ricerca si conclude con la creazione, per un’aggregazione diindividui,dellanatura,omegliodellacostituzione,disoggettodecisore.Ilpregiodiquestastrada,sunonpochiaspettisorprendenteperiteoricisociali,consistenella rappresentazione della rappresentanza (mi si perdoni ancora il gioco diparole) senza esiti riduttivi in direzione degli individui (i soggetti collettiviricondotti senza residui agli individui membri) o in direzione dellapersonificazionedellestruttureistituzionali(isoggetticollettiviricondottiversounapersonaunitaria). Ildifettodiquestastradariguarda lanonconsiderazionedeiparadossidell’azionecollettivaapartiredallarazionalitàindividuale(perché,einqualicircostanze,un«io»dovrebbededicarsiaun«noi»,sepuòottenereivantaggidel«noi»restando«io»?).Searle[2009,107-108]sembrerebbepersino

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disposto a rovesciare il paradosso facendo derivare (in tutti i casi dicollaborazionecomequellidiunmovimentopolitico,diunasquadrasportiva,diungruppomusicale)l’intenzionalitàindividualedaquellacollettiva[7].Tuttavia,comevedremo,cosìfacendoilparadossosirovescia,manonsirisolve.

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6.Ildiscorsodell’identitàedelriconoscimentoL’endiadi attore/soggetto si risolve sul versante del soggetto soprattutto

attraverso la costituzione (o l’attribuzione) di identità e le varie forme diriconoscimento,conpossibilirafforzamentireciproci.Sesiescludonolefasidimobilitazione o di effervescenza, quando i soggetti collettivi sono del tuttoinformali e ancora lontani dai sentieri di istituzionalizzazione, il processo dirappresentanzasiesercitaattraversosoggetti identificatiericonosciuti.Nelsuotesto più recente, lo stesso Searle [2010, 8] sottolinea che l’attribuzione difunzioni di status può operare solo laddove esista riconoscimento, anche sequestononimplicanecessariamenteapprovazione.

Nel capitolo precedente (si veda supra, par. 6) questi aspetti sono già staticonsiderati e perciò possiamo qui richiamarli solo a grandi linee, in direttoriferimento al processo di rappresentanza.L’argomento utilizzato daColeman,per la formazione di tutti i soggetti collettivi, riconduce a un procedimento dicostituzione, ovvero di attribuzione (o di negazione) di diritti. In effetti, perquanto attiene alla rappresentanza attraverso soggetti collettivi, ritroviamoesempi evidenti di questo procedimento nei due secoli di nascita etrasformazionedeisistemipoliticirappresentativi,dallafasedell’individualismoborghese (che conduce a negare tali diritti) a quella della piena affermazionedelledemocraziepluraliste(lepoliarchiesecondoilfamosotermineconiatodaDahleLindblom[1963]nel1953)cheportaapromuovere i soggetticollettividella rappresentanza e ad ammetterli con piena legittimazione nel gioco dellerelazionipluraliste.

Ilpiùclamorosoesempiodicostituzionenegata,odiesclusione,deisoggetticollettivi è rappresentato dalla legge Le Chapelier, approvata dall’Assembléenationale il 14 giugno 1791 in un impeto di individualismo assoluto rivolto acancellareogniresiduodelregimefeudale,che,respingendoogniinterposizionedigruppioassociazionifragliindividui(icittadini)eloStato[8],difattovenne

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utilizzata per vietare ai lavoratori qualsiasi forma di organizzazione sindacale.Nonèl’unicaleggesiffattanell’Europadiqueglianni(sipensiaiCombinationActsbritannicidel1799e1800),maèdicertolapiùfamosa.Lavisionemonistadellestrutturesocialisiesteseancheallavitapolitica,elostessoLeChapelierfurelatoredeldecretovotatodall’Assemblea(appenaprimadelsuoscioglimento)il 30 settembre dello stesso anno che dichiarava illegali tutte le forme diassociazioni politiche, associazioni (o partiti) che si giustificavano solo nellafase rivoluzionariadellaconquistadelpotere,mache in seguito impedivano ilritorno«all’ordinepiùperfetto»(sivedaRosanvallon[2005,170]).Saràdifficileritrovare un simile caso di privilegio assoluto alla rappresentanza individuale(entroleassembleeelettive)edicontemporaneaesclusionediquellacollettiva.

L’esempiopiùrilevantefragli interventidiammissione,odiattribuzionedidiritti,ècostituitodalWagnerAct(ilnomeconcuièabitualmenterichiamatoilNationalLaborRelationsAct), emanatonel1935,nelperiodopiùcreativodelNew Deal rooseveltiano[9]. È l’atto legislativo che fonda tuttora il sistema direlazioniindustrialinegliStatiUniti(anchedopolesignificativerestrizionialleprerogativesindacaliintrodottedallaleggeTaft-Hartleynel1947)echemettevafineaunlungoperiododisquilibriodipoteriatuttovantaggiodelleimprese.Unperiodo,quellochiamatodell’openshop,diveraepropria«esclusione»,senondirepressione,deisoggettisindacalidiversidaisindacatidicomodo.Unnuovoattore/soggettoiniziavaadaffermarsi: ilmodernosindacatoindustriale,ovveroilsoggettoimpegnatoafavorirelarappresentanzadeilavoratoridiinterisettoriindustriali,senzadistinzionedimestiere,diqualifiche,digenere.Nellastoriadelsecolo industriale non mancheranno altri interventi legislativi (fra questi loStatutoitalianodel1970)rivoltiall’attribuzione(oallapromozione)didirittidirappre sentanza ai soggetti collettivi,ma l’atto elaborato dal senatoreWagnerresta sicuramente il capostipite delle politiche orientate al rafforzamento delledemocraziepluraliste.

Per la formazione di un’identità può non bastare l’attribuzione di diritti,

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ovvero l’ammissione che giunge dall’alto dell’autorità politica. L’identità siformasoprattuttonellerelazioniconaltrisoggetti,relazioniche,secondolagiàcitata riflessione di Pizzorno, appartengono alle due grandi categorie delcontrattoodelriconoscimento.Nellaprimacategoriaisoggetticompetonoperilprevalere dei propri interessi; nella seconda il conflitto è messo in atto perconquistaredall’altroilriconoscimentodellapropriaidentità,eperconfermareilproprio diritto di esistere. Per i soggetti collettivi le due categorie non siescludono: la via del contrattualismo è quella consueta nelle relazioni fra igruppi organizzati (nelle relazioni industriali, ma non solo); la via delriconoscimentosiapreneimomentidiorigine,diammissionealgiocopluralista,e nei momenti di mobilitazione collettiva, come nei grandi cicli di lotte. Èsoprattuttoinquestasecondaviachelarazionalitàeconomico-strumentaledellesceltedi rappresentanzahapocodadirci sull’affermazionedegliattori/soggetticollettivi,inquantolarazionalitàpresupponeun’identitàeilriconoscimentodapartedialtrisoggetti. Il rapporto tra lepreferenzee lesceltedi rappresentanzaattraverso soggetti collettivi dovrà sempre tenere conto del livello delriconoscimento da parte di altri attori.Ma il riconoscimento non si manifestasolonellerelazioniconglialtriattori,èperseguitoancheall’internodelproprioambito di rappresentanza, per rendere possibile l’espressione fruttuosadell’intenzionalità collettiva. Per questi fini, ormai lo sappiamo, il dire ha lastessa rilevanza del fare. Su questo si soffermerà l’ultimo discorso teoricocoinvolto in modo diretto nella rappresentazione dei soggetti collettivi concompitidirappresentanza.

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7.IldiscorsodelpotereperformativoCheildiresiaaltrettantoimportantedelfareedell’agirequandoprovienedai

ruoliistituzionalilegittimatiaparlare,echesiaaddiritturaequivalenteproprioalfare e all’agire lo avevano proposto più di mezzo secolo fa i filosofi dellinguaggio ordinario (Austin [1987] soprattutto), e la seconda fase dellariflessionediWittgenstein,quellacontenutanellePhilosophical Investigations,apparse postume nel 1953. È ancora Hanna F. Pitkin che ci accompagna inquesto percorso nel suo libro del 1972 dedicato al senso e alla rilevanza diWittgensteinperilpensierosocialeepolitico.Illinguaggio,proprioperchénonèsolounostrumentodiautoespressioneperl’esposizionedell’individualità,maanchelaformadilegameedicomunionediquestaconglialtri,diventalaformadiespressione(edicostituzione)delcollettivo.Diconseguenza,«illinguaggiosicollocaalcuoredelproblemadell’appartenenzacollettiva(membership)–inungruppo, in una società, in un ordinamento politico – e come tale è centrale inpressoché tutte leargomentazioni teorichenegli studi socialiepolitici» [Pitkin1972, 3]. Questo secondo modo di considerare la natura del linguaggiocorrispondeall’ultimafasedelpensierodiWittgenstein–unfilosofotwice-born,dicelaPitkin–,nellaqualesipassadallaconcezionedellinguaggiocomemododi riferimento alle cose nelmondo alla concezione dello stesso comediscorso(speech) e come attività [ibidem, 24]. «Le parole sono anche atti», scriverà ilfilosofo,conlaforzadellasemplicitàdisarmante[10].

Ma è stato sicuramente Bourdieu che, nei decenni successivi, ha saputointrodurre nella teoria sociale il discorso del potere di emettere enunciatiperformativi, proponendo argomentazioni di efficacia e fascino indiscutibili,rivolteafondareinmodopiùsolidoquellateoriadelladistinzionechepotrebberisultare altrimenti di non facile utilizzazione nella teoria e nella ricerca.Un’argomentazione che, almeno nelle ispirazioni di partenza, è fortementedebitrice nei confronti del grande linguista francese Émile Benveniste[11]:

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«secondolaformuladiBenvenisteapropositodel linguaggio,esseredistintivoequivale a essere significativo. Significativo si oppone a insignificante nellediverseaccezioni»[Bourdieu1995,21].

Da questo punto di vista la rappresentanza si qualifica innanzitutto comepoteredelleparole,dirilievoparticolarenellarappresentanzaattraversosoggetticollettivi, dove la «magia delle parole» agisce fino a far esistere il soggettostesso,mediante un processo di reificazione (o qualcosa di più) di cui devonoessereavvertiti loscienziatosocialeegliosservatoriqualificati,machenondimeno realizza risultati come l’azione stessa di rappresentare. Su questocolpisconoleargomentazionidiBourdieu:

Ilmistero dellamagia performativa affonda così le sue radici nelmistero delministero (secondo ilgiocodiparolecaroaicanonisti),cioènell’alchimiadellarappresentazione(neidiversisignificatideltermine) attraverso la quale il rappresentante costituisce il gruppo stesso che lo ha costituito. Ilportavocedotatodipienopotereaparlareeaagireinnomedelgruppoesulgruppo,grazieallamagiadellaparolad’ordine,sostituisceilgruppocheesistesoloinvirtùdiquestaprocura(Bourdieu[1988,81];sivedaancheBourdieu[1997,220-221]).

Una «magia» che costituisce non solo il soggetto collettivo, ma anche ilgruppocheproprioattraversoquestosoggettopretendediessererappresentato,vistochetaleformadirappresentanzailpiùdellevoltenonèrichiestadasingoliindividui ma da interi gruppi sociali che ambiscono a una loro unità e a unacorrispondente identità. È quella che Bourdieu chiama la teoria dellarappresentanza(orappresentazione)unificante:«Lamoltitudinedegliindividuiisolati accede allo status di persona morale quando essa ritrova nellarappresentazione unitaria della propria diversità che le concede il suorappresentantel’immaginecostitutivadellapropriaunità;altrimentidetto,essasicostituisce come unità riconoscendosi nella rappresentazione unica» [Bourdieu2001, 267]. Seguendo Bourdieu, è il fatto che i rappresentanti dicano: «ilavoratori ritengono», «laCgt pensa», che permette di dire senza incertezze oironieche«laCgtèstataricevutaall’Eliseo».

Ma la «magia» non si ferma qui; è altrettanto decisivo il ruolo dei

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rappresentantinelfaresistereobiettivieaspirazioni(conleconnesseaspettative)deisoggetticollettiviattraversol’apposizionedialcuninomiinvecedialtri.Uncompito, quello con il quale si fanno esistere le cose nel momento in cui sipretendesolodidirleodistudiarle,nelqualehannodasempreeccelsoigiuristi,machesembratalvoltainterpretatoperfettamentedairappresentantideisoggetticollettivi:«nonèuncasose,comericordaBenveniste,tutteleparolechehannounrapportoconildirittohannounaradicechesignifica“dire”»[ibidem,213].Ilrichiamo sembra essere a questo passo delVocabulaire: «Abbiamo constatatouna relazione frequente tra terminicheservonoaqualificare istituzionieverbicheindicanoinunmodoonell’altro lanozione“dire”.Fra l’attodiparolae ildiritto, la regola, in quanto organizzano certe funzioni sociali, vi è spesso unrapportostretto»[Benveniste1976,vol.II,392].

Il«nominare»lerivendicazioni,ogliobiettividell’azionedirappresentanza,specie quando sono nominabili come «diritti», è un compito di cui abbiamotestimonianze continue. Lo vediamo all’opera quando le associazioni sono incompetizione fra loronello stesso ambito di rappresentanza, una competizioneche spesso si traduce nell’utilizzazione di nomi diversi per l’indicazione dellostesso obiettivo o della stessa posta in gioco. E lo vediamo anche quando isoggetticollettivilottanoperilriconoscimentoneiconfrontidellecontroparti,unimpegnochespessositraduceneltentativodiimporreunnome,noncondiviso,aunobiettivo.Levicendedelcasoitalianonell’ultimoventennio,conglisforzidellamaggioreconfederazionesindacale(laCgil)diimporreilnome«diritti»atuttaunaseriedirivendicazionieobiettividitutelaoprotezionedellavoro,sonoemblematiche di questo procedere dei soggetti collettivi. La «creazione» del«sindacato dei diritti» avviene con le parole di un prestigioso, e più chelegittimato, dirigente come Bruno Trentin, che chiuse il congresso di Riminidella confederazione nel 1991 con queste esemplari parole: «Abbiamo deciso,abbiamo cominciato.Oramai siamo la nuovaCgil».Questo nuovo soggetto, el’inizio della sua operatività, erano creati proprio con l’utilizzo in quella sede

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legittimata(ilcongresso)dellaparoladiritti.

Con il discorso sul potere performativo, ovvero sul «dire» legittimato,costitutivo del soggetto, del gruppo rappresentato, degli obiettivi dell’azione,dovrebbeesserepossibilescoprirequalcosadinonscontato(edinonesplicito)sullanaturaesulledinamichedeisoggetticollettivi.Maqualcosamancaancora:sono gli argomenti riguardanti gli assetti democratici interni ai soggetti e lecondizioniperilpassaggiodall’individualealcollettivo.Vediamodiaffrontarlirapidamente.

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8.Idiscorsiteoriciindiretti,conunprovvisorioriassuntoAltri discorsi teorici, quello del controllo democratico interno ai soggetti

collettivi di rappresentanza (il problemamichelsiano, per intendersi) e quellodell’azionecollettivaedeiconnessiparadossi (ilproblemaolsoniano), fra lorointerconnessi,sonocoinvoltisolo inmodoindiretto,mameritanocomunquediessere almeno ricordati. Ritengo che dagli argomenti teorici fin qui esposti siintravedanoleloromodalitàdicoinvolgimentoneldiscorsoteoricocomplessivoinmerito alla rappresentanza attraverso soggetti collettivi. Un coinvolgimentochesaràsubordinatoediscontinuo,bendiversodall’autonomiaedallacontinuitàcon cui risultano coinvolti i quattro discorsi diretti (la rappresentanza,l’attore/soggettocollettivo,l’identitàeilriconoscimento,ilpotereperformativo).Senza sollevare il problema del controllo interno dei rappresentati suirappresentanti avremo una descrizione incerta, per esempio, sul pianodell’identità e del riconoscimento, ma non sarà impossibile parlare di unsoggettocollettivo:unsindacatononcessadiessereunsindacatoperilfattodiessere controllato in modo oligarchico, anche se l’intenzionalità collettivaespressadalgruppopotrebbeesserestravolta.Ilparadossodell’azionecollettivapotrebbe rendere vana questa stessa intenzionalità, ma la sua manifestazionecomporta,quasiperdefinizione,unasortadisuperamento(odiaggiramento)delparadosso.Ilparadossoritornainveceafarsentireappienoisuoieffettipropriosul problema del controllo democratico interno ai soggetti collettivi. Uncontrollocherichiedel’impegnoelapartecipazionedeirappresentati,macheinquantobenepubblicopotrebbeincorrere,senzacorrettivioincentiviopportuni,nelladefezionedeifreeriders.

Sembra comunque possibile respingere la pretesa di applicabilità costantedell’argomentazionemichelsianasullaleggeferreadelletendenzeoligarchicheatutte le associazioni di rappresentanza politiche e sindacali, una pretesa che

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aveva animato lo stesso Michels[12]. Su questa mancata universalità diapplicazionesi soffermaColeman, ritornandoaUnionDemocracy,ovveroallagià ricordata ricerca condotta con Lipset alla fine degli anni Quaranta sullaInternationalTypographicalUnion,uncasochedimostranonsolocomelaleggediferrodelleoligarchiediMichelsnonsempresiavalida,maanchecomeesistaun insieme (forse non l’unico) di condizioni atte a impedirne l’applicabilità[Coleman1990,361].Unquarantenniodopo,redigendoiFoundations,Colemanè disposto a leggere attraverso la categoria teorica del «capitale sociale» talicondizioni di agibilità democratica: un antidoto contro le degenerazionioligarchiche delle organizzazioni, tratto dalle dotazioni di relazioni dellecomunità professionali, in grado di sostenere e alimentare quell’impegnodemocraticochepotrebbeesserepregiudicatodal freeriding.Auna«dialetticadegliinteressiorganizzativi,chelasciamaggiorelibertàalledinamichestoricheeagli uomini che ne sono protagonisti», per controbattere l’universalità dellaleggeferrea,era invecericorsoGuidoRomagnoli inpaginemoltoefficaci,cheispireranno poi il titolo della raccolta di saggi postuma [Romagnoli 1992, 15-24].

Perquantoattienealdiscorsoteoricodell’azionecollettivaeaisuoiparadossi,come abbiamo già osservato più sopra, il suo coinvolgimento solo parziale eindiretto è innanzitutto giustificato dalla supposta previa esistenza di soggetticollettivicheabbiamoassuntonelcorsodiquestepagine.Soggetti,dunque,chesi suppone abbiano già dovuto aggirare i paradossi indotti dalla razionalitàindividuale, magari attraverso un più o meno efficace ricorso agli incentivinegativi epositivi allapartecipazione (si vedaOlson [1983, cap. II]).Peraltro,sull’incerta applicabilità del discorso olsoniano nelle fasi di affermazione deinuovisoggettiedi ricercadel lororiconoscimentoabbiamogià implicitamenteriferito, sulla linea delle argomentazioni di Pizzorno, secondo le quali lapartecipazione all’azione è condizione preliminare per la costruzionedell’identitàdelsoggettocalcolatoredeicostiedeibenefici.Resterebbecertoda

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approfondire il tema del rapporto fra la composizione dei partecipanti e delleloropreferenzecongliobiettividell’azionedeisoggetticollettivi,alvariaredeitipi di associazione, da quelle di tipo particolaristico, che non sono tenute asopportare le esternalità delle loro azioni, a quelle di tipo encompassing,condannateafarsicaricopropriodiquesteesternalità.Pertaliaspetti,ilrapportotrapreferenzeeazionièprobabilesiapiù immediatonelprimo tiporispettoalsecondo.Èquesto di sicuroun tema chemerita di essere approfondito, specienella ricerca sulle dinamiche della sindacalizzazione nei sistemi moderni direlazioniindustriali.

Alcune righe finali vanno invece dedicate a un rapido riassuntodell’argomentazione proposta. Il problema affrontato è quello, abbastanzatrascurato nel linguaggio quotidiano e anche nelle scienze sociali, dellarappresentanza attraverso attori/soggetti collettivi. Il punto di partenza hariguardato un’osservazione tratta da una ricerca sui sindacati europei che faderivare,inultimaistanza,lesceltediquestiultimidagliinteressitipicideiloroaffiliati.Scopri lepreferenzedegli iscrittie,alla fine, tidiròchesindacatosei,sembrano suggerire i ricercatori. Assistiamo a una sorta di micro-fondazionedella rappresentanza collettiva. Il modello economico mezzi-fini, sia pure inversionemoderata,sembrerebbeprevalere.Èpossibilechequestaconstatazioneconduca a qualcosa di empiricamente accertabile sul piano dell’analisicomparativa[13], ma non ci dice nulla di fondato sul come si instauri questorapportofracomposizionedegliiscrittiesceltesindacalidelsoggettocollettivo,e questo, ce lo ha ricordato molto bene Elster [1993, 14], è sempreinsoddisfacente dal punto di vista della scienza sociale (in senso proprio edunque non comprendendo in essa l’economia). Inoltre, questa modalità dirapporto tra preferenze dei soggetti individuali e rappresentanza collettivasembrerebbe conciliarsi soprattutto con la categoria della rappresentanzastanding for (o del rispecchiamento), non con quella acting for (odell’interpretazione),piùappropriataperiltipodiassociazionicheabbiamoqui

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prescelto.

Diventerà a questo punto necessario misurarsi con la natura del soggettocollettivo,chenonpuòesserefacilmentericondotto,néperviariduttivanéperviametaforica, a quello individuale. Nel soggetto collettivo principal e agentoccupano ruoli sociali diversi, e il loro rapporto è costruito attraversol’interpretazione degli interessi, un’interpretazione che ricollega il soggettocollettivo ai meccanismi della rappresentanza. Il soggetto collettivo si formaattraversoprocessidiriconoscimentosocialespecieneimomentidelleoriginiedi instabilitàdelle strutture sociali. Inquesticasi il riferimentoai rappresentatipuòesserepiùampiodiquelloaisempliciiscritti,proprioperfavorireilsorgereel’affermazionedell’identità.Alorovolta,irappresentantilegittimatiavrannoadisposizioneipoterieiconnessicompitiperformativipercostituireilsoggetto,ilgrupposocialepiùampiochesiambiscearappresentare, ladefinizionedegliobiettivistessidell’azionedirappresentanza.

Nontanto,ononsolo,allepreferenzeeallacomposizionedegliinteressidegliaffiliatibisogneràdunquerifarsipercercaredirenderecontodellaparticolaritàdelle azioni di attori/soggetti collettivi come le associazioni di rappresentanzafunzionale (sindacati in primo luogo). Bisognerà piuttosto ricostruire iprocedimenti di interpretazione degli interessi che avvengono attraverso lerelazioni contestualizzate fra principal e agent nelle diverse associazioni,tenendocontodellaformazione,odellemodificazioni,dell’identitàdelsoggettocollettivo attraverso i processi di riconoscimento. Senza dimenticare i ruoliperformativisvoltidai legittimi rappresentanti,nellacostruzionedelsoggettoedeglistessiobiettividell’azione.

Il percorso è tortuoso e certo potrebbe richiedere semplificazioni eaggiustamenti.Sperocheserva,senonaevitare,almenoadaggirareletrappoledellapersonificazionea-problematicadeisoggetticollettivi,dicuièdisseminatoilcamminochesipercorre,nellascienzasocialeenellaquotidianità,perrendereconto della loro natura e della loro azione. Anche se fosse solo un modo,

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purtropponon«facile»,percomplicareàlaHirschman[14]ildiscorsoeconomicoprevalenteperfinonellescienzesociali,nonsarebbedeltuttoinutile.

[1] Francesco Ruffini (sul quale torneremo ampiamente nel capitolo IV) si imbatterà in unaclassificazionesimile,quelladellostoricodeldirittoArnoldHeise(GrundrisseinesSystemsdesgemeinenCivilrechts, 1807), che per persona giuridica intendeva «tutto ciò che, all’infuori dell’uomo singolo, èriconosciutonelloStatocomesoggettodidiritti»[Ruffini1936,22].

[2]RitroviamolaclassificazionenellaraccoltaOtrasinquisicionesdel1952(orainBorges[1984,vol.I,1004-1005]).Ricordocheessaèpostacomeoriginedell’analisidiFoucault inLesmotset leschosesdel1966. Ecco l’incipit: «questo libro nasce da un testo di Borges: dal riso che la sua lettura provoca,scombussolandotuttelefamiliaritàdelpensiero»[Foucault1998,5].[3]Inpassatolaquotadilavoratoridell’industria(inprevalenzaoperai)iscrittiallaCgileradigranlunga

superioreaquelladi iscrittiallaCisl;ora leduequotesi sonoavvicinate,purmantenendounanon lievedifferenza:31,2%fragli iscrittiattiviper laCisl,39,7%per laCgilnel2009.Utilizzoqui idatidi fonteCisl, riportati da I. Storti in «Conquiste del lavoro», 23 settembre 2010. Non conosco dati attendibili ecompletiperquantoattieneallacomposizioneperqualificheprofessionali.

[4]Inpropositounrisultatosorprendente(ilgrandeseguitodellaLegaNordfraglioperaivenetiiscrittiallaFiom)èfornitodallaricercadiCasellatoeZazzara[2010].[5]Unosforzosinteticomolto interessante,cheattraversaalcunideidiscorsi teoricicoinvolti,èquello

costruitoattornoall’accountabilitydelleassociazionidirappresentanza,importantespecieneldelinearegliaspetti interni, ovvero i caratteri del rapporto che intercorre fra rappresentati e rappresentanti. Perun’applicazionealleassociazionisindacalisivedailbelvolumecuratodaGrandori[2001b].

[6] A queste distinzioni si potrebbe aggiungere quella, di ascendenza schmittiana, fra identità erappresentanza.Con il primo termine si sottolineano i tratti personali e l’autorità del rappresentante, unacondizionecheèbendiversadalsemplice«stareperaltri»(sivedaAccarino[1999,151]).[7] Richiamo un’assonanza sorprendente con la propensione (un poco provocatoria) di Coleman a

considerarel’attoreindividualeuncaso«degenerato»diattorecollettivo(sivedasupra,cap.II,par.5).

[8]Èquantomaieloquentel’art.1dellalegge:«L’anéantissementdetoutesespècesdecorporationsdescitoyensdumêmeétatetprofessionétantunedesbasesfondamentalesdelaConstitutionfrançaise, ilestdéfendudelesrétablirdefait,sousquelqueprétexteetsousquelqueformequecesoit».Perunapuntualericostruzione storico-giuridica della legge e del suo significato anche nel tempo attuale si veda Simitis[1990].SimmelnelsuosaggioL’individuoelalibertà(1913)ricordacomelaRivoluzionefranceseavesseportato«lalibertàindividualeaunataleassolutezzadanegareailavoratoriaddiritturaleassociazionidirettealladifesadeilorointeressi»[Simmel2001,49].[9]Cfr.illungosaggiodiBarenberg[1993],cheinterpretailWagnerActcomeunaregolazionerivoltaa

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sconfiggerelemanipolazioniegliopportunismidifontepadronale,alfinedell’affermazionediequilibraterelazionipluraliste.

[10]Riportodalpasso546dellePhilosophicalInvestigations,chemeritaunacitazionepiùcompleta:«leparole possono erompere da noi – comeun grido.Le parole possono esseredifficili da pronunciare: talisono,peresempio,leparoleconlequaliesprimiamounarinuncia,oconfessiamounadebolezza.(Leparolesonoancheatti)»[Wittgenstein1967].[11]LavicinanzadeidueautorièconfermatadalriconoscimentodiBenveniste,chenellaprefazioneal

famosoVocabulaire des institutions indo-européennes ricorda le utili osservazioni di Bourdieu e la suarevisionedell’interotesto.Nell’insieme,però,letesidiBourdieu,espressesoprattuttoinCequeparlerveutdire(1982),nonfuronoaccettatedallagranpartedellacomunitàdeilinguisti(sivedaEncrevé[2003,257]).

[12] SuMichels e sulla sua «legge ferrea» la letteratura è ampia.Mi piace qui solo ricordare i forsedimenticati scritti di Pino Ferraris [1993], in specie sul legame con GaetanoMosca e la scuola elitistaitaliana.Sulrapporto,intensoanchesulpianoumano,conWeberrimandoaRadkau[2011,216-221].[13] Peraltro, in una delle poche ricerche sull’argomento a mia conoscenza, non sembrano emergere

nemmeno sul piano empirico conferme sostanziali a questa tesi. Mi riferisco all’indagine condotta daPaoletti su interessi e aspettative degli iscritti ai maggiori sindacati in un insieme di aziendemetalmeccanichelombardeericompresanelvolumegiàcitatosull’accountabilitysindacale[Paoletti2001,187-209]. L’ipotesi di partenza del ricercatore era che le forme di relazione con il sindacato variasserosecondo i contesti organizzativi aziendali di appartenenza (divisi in tradizionali e innovativi).Un’ipotesiche viene respinta, in quanto sembra «che nella formazione delle attese degli iscritti verso il sindacatoprevalgano elementi di isomorfismodipendenti dai processi di istituzionalizzazionedi sfondo rispetto adesigenzeparticolarideterminatedai contestiorganizzativi» [ibidem,196].Èunpeccatochenonvenganoresedisponibili,nell’esposizionedeidati,ledisaggregazionipersiglasindacale.

[14] Il riferimento è al famoso saggio Contro la parsimonia: tre modi facili di complicare alcunecategoriedeldiscorsoeconomicodel1984,orainHirschman[1987,116-131].

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Capitoloquarto

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Dadoveoriginanogliattoricollettivi

Sitrattaquideisoggettinell’ambitodeldirittoaffrontandoinparticolarel’aspettodelledecisioniattraverso il votoamaggioranza.L’ammissibilitàdiquestovotoè subordinataall’esistenzaealriconoscimentodisoggetticollettivi,edunquedipersonefinte.Conilvotoamaggioranzabisognariconoscerecheadesprimersinonsono tantogli individuimembridelgruppo,quanto ilgruppostesso, dal momento che nessuno, filosofo o teorico politico, è riuscito a proporre unagiustificazionesolidaeaccettabiledelsemplicefattochepiùindividuidebbanoprevaleresumenoindividui.Sappiamocheledemocraziepluralistecontemporaneesonoriusciteconsuccessoafarconvivere le due forme di decisione, quella a maggioranza nelle assemblee politiche e quellaall’unanimitànellerelazionifraigruppiorganizzati.Oggiquestasoluzioneèclamorosamenteindeclino,eladecisioneamaggioranzasembraestendersiinognicampo,masenzalacreazionedisoggetti/attoricollettiviaccettatiecondivisiingradodigiustificareladecisionestessa.

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1.Personeinattese,osorprendentiPenso sia ormai chiaro il senso del percorso che abbiamo sin qui condotto.

Stiamocercandodireagireallasorpresachecicoglietuttelevoltechesentiamo«nominare» un attore collettivo con appellativi, e argomentazioni, che loavvicinanoaunapersonanaturale.Einteoriasocialenonbisognerebbemaifarsisfuggiregliinterrogativipostidaunasorpresa,ognivoltachesièbendisponibiliacoglierla.Inquesto«nominare»nonc’èsoloquestionediidentificazione,maspesso anche una questione di attribuzione, più o meno esplicita, di diritti.Tuttavia lasorpresanormalmentenonècolta,e laragioneèprestodetta:nellescienzesocialisidisponeditanteteoriespecifichequantisonogliattoricollettiviche operano sulla scena della contemporaneità. Teorie che sono in grado difornire risposte più o meno soddisfacenti ai problemi sollevati dalcomportamentodegliattoricollettivi,sianoessiimprese,organismiistituzionalio amministrativi, partiti politici, sindacati, organizzazioni di vario tipo ecc. Abenvedere,sonosemprerispostesulcomportamento,quasimaisullanatura,osull’origine,degliattoricollettivistessi[1].Ascuotercieainvitarciareagireallasorpresa, almeno nella ristretta cerchia di quanti sono in qualche modoriconosciuti come legittimati a trarre conseguenze da questa reazione, è statanegli ultimi decenni la diffusione di correnti teoriche che si sono costruite (oricostruite),siapureinmodieterogenei,apartiredaassuntieargomentazioniditipoindividualista.Teoriechenonappaionocomunqueingradodiaffrontareinmodi appropriati il paradosso che contribuiscono a creare. È il paradosso(descritto nel capitolo I) legato alla disponibilità a ricondurre, a imputare, aridurre agli individui, in modi più o meno esclusivi, corsi di azione, scelte,preferenze,decisioni inuncontestochevede ladiffusionecrescente, senon laprevalenza, di attori (talvolta soggetti) collettivi. È il paradosso a cui tenta direagire Coleman, nell’intero corpo degli scritti dei suoi due ultimi decenni diattività.Edèproprioalgrandesociologoamericano,losisaràormaicapito,chedobbiamol’implicitoinvitoareagirealparadosso.

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D’altronde,questesorprese,anchesenoncomuni,nonsononuove.ComenonricordarequellachecolpìKantorowiczecheluistessodescrivenellaprefazionealsorprendente(ambiguoegeniale)TheKing’sTwoBodies(1957)?Dodicianniprimadell’uscitadellibrolostoricotedesco,chesierastabilitoormaidaqualcheannonegliStatiUnitidopoessereemigratodallaGermanianazistaacausadellepersecuzionirazziali,ritrovòfralasuapostaunestrattodaunperiodicoliturgicoche indicava come editore «The Order of St. Benedict Inc.». La sorpresa èdescrittaconefficacia:

Per uno studioso proveniente dall’Europa e non abituato alle sottigliezze del pensiero giuridicoangloamericano, nulla avrebbe potuto essere più sconcertante del trovare l’abbreviazione «Inc.»,usuale per le società commerciali o d’altro tipo, connessa alla venerabile comunità fondata da S.Benedetto sulla collina di Montecassino nello stesso anno in cui Giustiniano abolì l’AccademiaplatonicadiAtene[Kantorowicz1989,XXIX].

NeparlòconMaxRadin,unillustrecollegaprofessoredidirittoaBerkeley,ele sorprese si accrebbero, allorché apprese che negli Stati Uniti non solo lecongregazionimonasticheeranoineffetticonsideratedellecorporations,echeilmedesimocriterio si applicavaallediocesidellaChiesacattolica[2],macheglistessi vescovi potevano essere considerati come una corporation sole.Da qui,nella conversazione con il collega, il risalire ai famosi studi di Maitland fuimmediato. Questa l’origine del famoso capolavoro di «teologia politicamedievale»(cosìnelsottotitolo),sucuitorneremopiùoltre.

Mapiùdiuncinquantenniodopo,semprenegliStatiUniti,potremmotrovarealtreragionidisorpresa[3],amostrarcicheladefinizionediattorecollettivoelaconnessa attribuzionedi diritti al pari delle personenaturali è tuttora in corso,lungi dal ritrovare una soluzione definitiva. Ce lo documenta un articolodell’«Economist»[2011,69],chegiàdal titolo(PeculiarPeople)èquantomaieloquente. Oggetto dell’articolo sono due sentenze della Corte suprema chehanno prodotto due veri e propri punti di riferimento sulla regolazione della«metaforaalcuoredella leggesocietaria,ovverodell’ideache le impresesonopersone legali». Purtroppo, nota l’articolista (che si nasconde dietro la rubrica

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Schumpeter),leregoleindividuatepuntanoindirezioniopposte.NellasentenzaCitizensUnited (2010) laCorte ha affermato che il primo emendamento dellaCostituzione concede alle imprese (companies) lo stesso diritto alla liberaespressione attribuito alle persone naturali (flesh-and-blood people). Con laconseguenza che esse hanno lo stesso diritto delle persone individuali diinterveniremediantepubblicitàalfinediinfluenzarelecampagneelettorali.Manel marzo 2011, in un’altra sentenza, riguardante la AT&T, la Corte, incontraddizionealmenoapparenteconlaprecedentesentenza,hastabilitocheleimpresenonhannoalcundirittoallaprivacypersonale.Nell’articolosiricorda(equesto è ben noto e studiato) che la definizione legale delle companies comepersone naturali ha costituito un’eccezionale ragione di vitalità per laperformance del capitalismo, almeno assicurando longevità e stabilità alleimpresestesse,caratteriche,peresempio,sonoassentineldirittoislamico[4].Èancheperquesto che laCorte suprema, apartiredagliultimidecennidelXIXsecolo,nonhaesitatoadestendereallepersoneartificiali(chenoncomprendonosolo le imprese, ma anche i sindacati e altri attori collettivi) molti dei dirittiattribuiti alle persone naturali. E il percorso di definizione e di attribuzioneprosegue anche se, raccomanda l’articolista, non è conveniente neanche per leimprese, oggetto come sempre di preoccupazione privilegiata da parte delsettimanale britannico, spingere troppo oltre, attraverso lametafora, l’analogiapersone artificiali-persone naturali: presto o tardi, a ogni ulteriore dirittopotrebbero corrispondere onerose responsabilità. La sorpresa è generata dallacapacità di questi processi di definizione legale di riportarci indietro, moltoindietro,nellastoria.Èpossibilechelescienzesociali,conpocheeccezionicheormaiconosciamo,nonsianodisponibiliareagireaquestasorpresa?

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2.IldirittochecambialestrutturesocialiInColemanlasorpresasitraducesoprattuttoinuninvitoaconsiderarequella

che potremmo chiamare la definizione giuridica della realtà sociale, rivolto atutta la tradizione sociologica moderna. I sociologi, afferma Coleman [1990,537], hanno largamente ignorato il diritto (e le relative definizioni oautorizzazioni)considerandocomepropriooggettoprevalente,senonesclusivo,gli aspetti comportamentali. La ragione di questa disattenzione è riconducibilealla «liberazione» dei soggetti individuali (ovvero delle persone naturali) daquellerigidedeterminazioniedefinizionidistatuschecaratterizzavanolarealtàsociale nell’età medievale, orientate alla preservazione dell’unità organica egerarchicadellasocietà,caratterizzateeperalcuniversiminacciatedaunestesoe radicato pluralismo istituzionale. Le persone, nella contemporaneità, simuovono fra diverse appartenenze sociali, e sono coinvolte in appartenenzeplurime. La stabilità della società è assicurata dalle posizioni occupate dagliattori collettivi e dallo svolgimento delle loro funzioni, e per la descrizione diquesteposizioni ediqueste funzionidisponiamodi teorie specifiche, anche setutte comportamentali. Teorie che non si pongono la domanda sulla natura esull’origineditaliattoriperchénonconsiderati,comenell’etàmedievale,alparidi irruzioni anomale in contesti caratterizzati dall’ordine naturale dellecollocazionigerarchichedegliindividui.

Certo la sociologia moderna, continua Coleman, deve tener conto di dueformediorganizzazionesociale:laformacheprevedelerelazionifralepersonenaturaliequellacheprevedegliattoricollettivialcentrodiunaretecomplessadi relazioni fra gli attori collettivi stessi e fra le persone naturali con altre nelruolodiagentidegliattoricollettivi.Mainquestaconsiderazionelapresenzadiquestiultimièilpiùdellevoltedataperscontata.Ladomandasulperchéesulcome tali attori, considerati talvolta come persone, si presentino sulla scenasocialerestasullosfondo.Ilperchédovrebbeesserericercatofraleesigenzedi

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stabilità, continuità, sopravvivenza non affrontabili dagli instabili, volubili,mortalisoggettiindividuali.Ilcomespingerebbearisalirealleoriginistorichediquestiattori,odellelorodefinizioni,finoaltempoincuilaloronascitadovevaessere resa compatibile con l’ordine giuridico esistente, di fonte religiosa opolitica.

Aquesta ricercadelcome,eaquesta inconsuetaconsiderazionesociologicadel diritto nell’ambito delle riflessioni di teoria sociale, siamo spinti anche dasociologi economici come Richard Swedberg [2003, 209-210], che giunge aproporre una «sociologia economica del diritto», in grado di misurarsi conl’irruzionenellerelazionisocialienelletrasformazionieconomichedelconcettodi persona fittizia, o giuridica. Per alcuni versi, e per usare una facile frase aeffetto,nonèildirittochecambiaperchécambialasocietà,maèlasocietàchecambia perché cambia il diritto. In questo ambito possiamo scoprire le originidelmodernodiritto commerciale findal lontanodiritto canonicomedievale.Aquestopuntononpossiamochecoglierel’invitodiHaroldJ.Berman[5],espressoinquelDirittoerivoluzionechecostituisceunodei testichiavepercogliere leoriginistorico-politichedellanostraepoca:

esisteancheilpericolodiconsiderareildirittosemprecomeconseguenzadelcambiamentosocialeepoliticoemaicomepartecostitutivaditalecambiamentononché,inquestosenso,qualecausadiesso.La nuova giurisprudenza del tardo undicesimo secolo e del dodicesimo, infatti, fornì una trama perl’istituzionalizzazioneelariduzioneasistemadellerelazionicommercialisecondoinuoviconcettidiordineegiustizia[Berman1998,315].

È lo stesso Swedberg a riscoprire nella sociologia weberiana del diritto,sempre al fine di spiegare la natura e le origini delle relazioni economichecapitalistiche, le capacità di «autorizzazione» e di empowering possedute daldiritto.ÈquestoilpassodiWebersulqualeSwedbergèportatoariflettere:

Ildirittopuòanchefunzionare[...]inmodotaledarenderepossibile,conlasuaefficaciacoercitiva,ilsorgere di determinate relazioni economiche, vale a dire di ordinamenti del potere di disposizioneeconomica o delle aspettative economiche fondate su una stipulazione, consentendo che venga poicreato razionalmente aquesto scopoundirittooggettivo.Ciòpresuppone certamenteuna situazione

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assaispecificadel«diritto»;ediquestipresuppostioccorreanzituttodirequalcosa[Weber1974,vol.II,18].

Inquestoambitosiinscrivequelladefinizionedeisoggetticollettiviattraversola personalità giuridica che è nello stesso tempo soluzione di un problema (laposizione di un gruppo nei rapporti contrattuali) e creazione giuridica di unsoggetto. La personalità giuridica, scriveràWeber [ibidem, 61], «è altrettantoartificialedelconcettogiuridicodicosa».Comeabbiamogiàosservato(sivedasupra,cap.III)sullatracciadiBenvenisteeBourdieu,suquestiaspettivediamoall’operaunamagiaperformativa (lacreazioneattraverso ildefinire,o ildire),manell’unicocasoincuiladefinizionepossiedenellostessotempo,almenoneisistemididirittorazionaledoveildirittocoincideconlalegge,ipotericoercitiviin grado di garantirne l’applicazione. Tuttavia, senza indulgere in toni dapositivismo giuridico, quasi à la Hobbes, vedremo che per il teorico socialeancor più utile sarà risalire a quei contesti dove il diritto non coincide con lalegge,ovverodoveladefinizioneelaproduzionedeldirittononsonoaffidatialmonopolio dell’autorità dello Stato, ma sono radicati nelle strutture sociali. Èstato negli ultimi anni un autorevole storico del diritto medievale a indicarequestopercorso:

ildirittonelmondomedievaleappartienealprofondodellasocietà.Èrealtàdiradici,èunordinechehaunasuavitaaunlivellodiversodallarissosaeconfusasuperficiesocio-politicaedhaovviamentepocoavedereconessa.Ildiritto,proprioperquestasuadimensioneradicale,nonsiconfondeconglientipoliticichepassanoemutanoconvulsamente.Afrontedella instabilitàe fluiditàdel«politico»,rappresenta la stabilità e la saldezza del «sociale». Ed è diffusa la coscienza che sta in esso ilsalvataggio,l’ancoraggiofortediunasocietàsuperficialmenteincompostaedisordinata[Grossi2011,76].

Forse Grossi eccede nella sua rappresentazione di un «diritto senza Stato»,perché con la riformagregoriana e con laprogressivadelineazionedei confiniterritorialisiiniziavacomunqueunprocessodicostruzionedelloStato,matalerappresentazione resta di grande stimolo per il teorico sociale interessato aseguiredalleoriginiipercorsididefinizionedellarealtàsociale.Ècosìcheuna

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riflessione sulperché e sul come riguardo alla comparsa (o alla nascita) degliattori collettivi fornirà anche una strada per rispondere a quella domanda cosìspessoripropostanellateoriapoliticaegiuridica,macosìspessoaccantonatainteoria sociale, in merito alla giustificazione e alla legittimazione del voto amaggioranzanegliorganismidirappresentanza,politici,economiciosocialichesiano. Sono stati approfonditi gli aspetti che riguardano le condizioni, lemodalità, le conseguenze del voto a maggioranza, ma trascurati quelli cheattengono alla sua ammissibilità. Si potrà scoprire così come la riduzioneindividualista incorra proprio su questi aspetti in un evidente fallimentoesplicativo. È forse possibile spiegare, per esempio attraverso le lucideargomentazioni di Simmel nella Sociologia, perché il voto dei più debbaprevaleresuquellodeimeno;moltopiùarduoèspiegareperché(edaquando)ilvotodiunamaggioranzadiindividuipossarappresentareilsoggetto(ol’attore)collettivo nel suo insieme. Difficile senza affrontare «quel concetto di unitàdell’assemblea trascendente gli individui che dovrebbe legittimare il principiomaggioritario», come scrisse Edoardo Ruffini [1976, 99][6] in un mirabilelibriccino,chesiapreconunincipitdigrandeefficacia:

La comunissima regola, per cui in una collettività debba prevalere quello che vogliono i più e nonquellochevoglionoimeno,racchiudeunodeipiùsingolariproblemicheabbianoaffaticatolamenteumana.Di ciò ben pochi sembrano essersi accorti, troppi essendo coloro che la considerano con lostesso occhio col quale il fisico guarda la risultante di due forze contrarie, e pertanto si appaganodicendocheilprincipiomaggioritarioèqualcosadinaturaleediintuitivo[ibidem,11].

Occorreràcosìriandarealleorigini,all’ordinegiuridico-politicomedievale,eall’insiemedelleteoriechefondanoilconcettodipersonagiuridica(edunquediattore collettivo nelle sue varie forme, distinto dagli attori individuali), unconcetto forse scontato nella teoria del diritto, ma non apprezzato in teoriasociale. Scopriremo così che sono state almeno tre le strade percorse pergiungere a questo concetto. La prima potremmo chiamarla la strada delriconoscimentoattraversolafinzione(odelladefinizioneconautorizzazione);laseconda quella dell’invenzione; la terza quella della scoperta delle radici.

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Richiamando termini bennoti alla filosofiamedievale (e non solo), potremmoinscrivere le prime due nell’ambito delle teorie nominaliste, la terza in quellodelleteorierealiste(oforseessenzialiste).Vediamodiripercorrerlerapidamentetenendocontoanchedegliscambiedellecomunicazionicheintercorronofraletre vie. Il riconoscimento non può prescindere dall’immagine e dallarappresentazionedelsoggettochesivuolericonoscere(oautorizzare),equestaimmaginepuòfondarsisuunametaforaosuun’autonomainvenzione.Finzionee invenzione, a lorovolta, potrannoavvalersi, per ragionidi legittimazione, diuna realtà sociale da scoprire o da valorizzare proprio nelle strutture socialiconcrete,piùomenodicaratterecomunitario.Maladivisioneintrestradepuòessere comunque utile per l’individuazione delle modalità di costruzione deisoggetticollettivi.

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3.Laviadellafinzione[7]

Se Kantorowicz rimaneva sorpreso, nei suoi anni americani successivi allafinedellasecondaguerramondiale,del riconoscimentodipersonalitàgiuridicaall’ordinebenedettino,inquestasorpresaimplicitamenterisollevavaquell’anticaquestionefranominalismoerealismocheavevaspintopiùdiseisecoliaddietroGuglielmo di Occam, nella sua polemica contro il papato, a negare qualsiasiesistenzarealeall’ordinefrancescano,alqualeperaltroapparteneva.CelodiceLouis Dumont, quando ricorda come Guglielmo, uno dei veri grandi padridell’individualismo,riconoscessesolol’esistenza«deimonacifrancescanisparsiperl’Europa»[Dumont1993,91],ridimensionandoamerafinzionegiuridicaladefinizionedi«ordine».Ma laviadella finzioneaveva,nelladefinizionedellestrutturesociali,contattisorprendenti,eimprevedibili,conlealtrevie.

Lecomunicazioniegliscambifraletrediversestradeapparirannosubito.Lameta era presente fin dai lontani secoli dedicati alla costruzione del corpo didiritto canonico, ma poi riapparirà sotto diverse forme, alcune fantasiose esorprendenti, nei secoli successivi, fino ai giorni nostri, come abbiamo vistodallesentenzedellaCortesupremaamericanapiùsopraricordate:qualestatutoconcedereaquei soggetti,oaddiritturaaquellepersone, chepotevanovantaresoloun legamemetaforicooallegoricocon i soggetti e lepersone individuali,comunquealorovoltafruttodiripetutedefinizionigiuridiche(comericordatodaKelsen nel passo riportato in epigrafe al capitolo I). Se gli interscambi fra ilprimocammino(quellodelriconoscimentoedellafinzione)eilsecondo(quellodell’invenzione) sono ben comprensibili, più sorprendenti restano lecomunicazionitrailprimoeilterzocammino(quellodelleradicicomunitarieodellegameorganico),ovverofralastradanominalistaequellarealista.Edèloscambio,sevogliamoilrapporto,fraunpapagiuristadelXIIIsecolo,Sinibaldode’Fieschi[8] (il cuipontificatoduròdal1243al1254), l’autoredi riferimentoperlaprimastrada,eungrandestoricodelleistituzioniacavallofraXIXeXX

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secolo,OttovonGierke,ovveroilprotagonistaindiscussodellaterzastrada,cheviene ricordatoproprio in aperturadel famoso saggiodiFrancescoRuffinidel1898[9],dedicatoallaricostruzionedegliapportidelpensierodiInnocenzoIVedi Friedrich Carl von Savigny (1779-1861), forse il più autorevolerappresentantedelladottrinaromano-canonicainambientetedesco.

Francesco Ruffini, infatti, nelle prime righe [Ruffini 1936, 5-6], dopo unomaggio rivolto aGierke («ilmaggiore conoscitore che la storia dellamateriaabbiacertamenteavutomai») ricordaquestopasso tradottodallamonumentaleopera dello storico tedesco (Das deutscheGenossenschaftsrecht, vol. III): «Ladottrinadellepersonegiuridichecisipresentanell’operadiInnocenzoIVinunostatodicosì improvvisaperfezione,che fameravigliaadontachenonmanchiuna certa preparazione anteriore. Egli diede difatti a tale dottrina una nuovaconfigurazionemarcatissima»[10].L’intenzionediGierkeeraquelladiavversare,sulla base della sua impostazione organicistica, l’invadente ruolo inGermaniadelladottrinadioriginecanonica,maancheperquestolasuaammirazioneperl’elaborazionepapaleèancorpiùsignificativa.

Lefontideldiritto romanocon lequalisimisuravaSinibaldoeranoperaltrodel tutto reticenti in tema di persone giuridiche, e di collettività di personedefinitechesianocomeuniversitas,collegium,corpusoanchesocietas.Ruffiniricordaalpropositoilbrocardoprevalente:universitasnihilaliudest,nisisingulihomines qui ibi sunt, un principio che sembrerebbe sottoscrivibile in toto damolteargomentazioni recentidell’individualismometodologico (sivedasupra,cap.I).Periglossatori,ciavverteancoraRuffini,«lacorporazionenonèsenonilcomplessodeisuoimembri;valeadirechel’unitàrisultanongiàpervirtùdiunaastrazione,odiunafusioneorganica,odiunaimpostazioneautoritaria,mainvecedallapuraesemplicesommamaterialedellepartisingole.Unitàetotalitàsonoperessiconcettiidentici»[ibidem,10].Maeraun’impostazioneincapacedicogliere i nuovi rapporti giuridici nei quali il soggetto di diritti non era lapersonanaturale,bensìunqualcosachepotevaesseredefinitocomeunapersona

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fittizia,unapersonaficta:ècosì«chelametaforaletterariasicambiainfinzionegiuridica:eccoimeriticapitalidiSinibaldo»[ibidem,13].

Partendodaquestoriconoscimentodeisoggetticollettiviattraversolafinzionegiuridica Sinibaldo elaborò una classificazione del tutto nuova delle personegiuridiche. Una classificazione sensata (ovvero non à la Borges) in quantoproveniente dauna conoscenzadell’universodei soggetti in gioconei rapportigiuridici interni alla societàmedievale, e che prevedeva una prima distinzionefra Collegia realia (le città, i borghi, le chiese) e Collegia personalia (diprofessionisti,dinegoziatori,diuffici,direligiosi,distudenti).Unadistinzionedensadiconseguenzepratichesulpianodelriconoscimentogiuridico,inquantoperlaprimacategoriasarebbestatasemprenecessariaun’approvazionespecificaedirettadell’autoritàsuperiore(quilafinzioneassumevatrattiinusitati),mentreper la seconda sarebbe stata sufficiente una semplice autorizzazione, concessapervastecategoriedisoggetti.Unasecondadistinzioneeraquella fraCollegianecessaria et naturalia eCollegianonnecessaria et voluntaria, sulla basedeicriteri di partecipazione (naturali e vincolati per la prima categoria, puramentevolontari per la seconda) e delle possibilità di uscita da parte dei soggettiindividuali (molto ristrette per la prima,molto ampie per la seconda) [ibidem,18-20].

Ruffininonnascondecheladottrinadellapersonafintasiavvalevadiqualcheargomento in più rispetto a quelli utilizzati dai glossatori: sono gli argomentiteologicisperimentatiper ladefinizionedellaChiesacomecorpusmysticumdiCristo,eraquestaladefinizionechepermetteval’interpretazionedellaChiesaedellasuasoggettivitàpatrimonialecomeunaveraepropriaistituzione[ibidem,14].Potremmoaggiungerechel’utilizzazionedelterminepersona(cheinlatino,non lo si dimentichi, significava«maschera»[11]) rivolta all’identificazione e alriconoscimentodisoggetticollettivialtririspettoaisoggetti individualidovevainmodoquasi inevitabilerifarsiadargomenti teologici.Suquesto, lovedremopiùavanti,insisteràKantorowiczperpresentarelastradadell’invenzione,esarà

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un altro interscambio fra le tre differenti strade di definizione dei soggetticollettivichesonostate,conqualcheforzatura,presentatepiùsopra.MaRuffiniricordaunaltrocaratteredelcontestoculturaleincuisicollocavanoleriflessionipapali,esaràun’altraoccasioneperavvalersidelleosservazionidiGierke:

Il trionfodellateoriadellafinzioneerapotentementefavoritodalpredominiodelNominalismonellafilosofia del tempo.Enoi possiamoben credere alGierke allorché ci attesta che nonmai nelle suelunghe ricerche gli occorse pur una traccia dell’influenza del Realismo sulla dottrina delle personegiuridiche[ibidem,20].

MalaprofonditàdellariflessionediFrancescoRuffinilapercepiamoquando,dopoaverricostruitolaposizionediSavigny(cheinsostanzatoglieilconcettodi finzione dalla definizione di persona giuridica), si rivolge alla teoria dellafinzione con argomenti, da storico del diritto, non distanti da quelli utilizzatidall’ontologia sociale dei nostri giorni: «contro tutte le numerose dottrine cosìdette della realtà, quella sola della finzione può vantarsi di essere stata, perrispetto al diritto positivo e alla giurisprudenza pratica, una dottrina reale»[ibidem,36].

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4.Laviadell’invenzioneLasecondastradaperdefinire,esottoalcuniaspettipercreare,entitàsociali

come soggetti collettivi, anche se trattate proprio come tali ovvero comepersone,èstataquellaall’insegnadell’invenzione.Nondovrebbesorprenderciilfatto che i riferimenti alla teologia, con la connessa trasformazione in teologiapolitica,sianostatiprevalentienecessari.Acosacisipotevarivolgere, infatti,percrearedeisoggetti«nonnaturali»opermanipolarne laconsistenza,senonall’elaborazione teologica? È a questa invenzione che ci mette di fronte lariscopertadiKantorowiczsui«duecorpidelre»(uncorponaturalecaducoeunopolitico perenne), in riferimento alle elaborazioni dei giuristi inglesi di etàelisabettiana, ispirati comunque da un pensiero precedente, che avevaattraversatoisecolisuccessivialXII.Certo,èilfascinodelladescrizioneedellarappresentazionedellostoricotedesco,giàmesseallaprovainetàgiovanileconlacelebrebiografiadiFedericoII,asostenerelarilevanzadiquestariscoperta,manonsidovrebbedimenticarecomelastoriapoliticadell’ultimomillenniosiasegnatadallacomparsadinumerosealtre invenzioni,anchese (ammettiamolo)menobizzarre,daiconfiniinlinearetta(compitodelrex)aiconfininaturali,allenazioni,allapatria.NonfuKantorowiczilprimoariscoprirequestainvenzione,oquestabizzarria.GiàMaitland inunodei suoi famosi saggi,quellodel1901dedicatoallacoronacomecorporation,avevaaccennato(anchesulletraccedelLeviatanodiHobbes) a questa «curiosa argomentazione», ammettendo di nonaver trovato in intereseriedi testigiuridiciunsimile«meravigliososfoggiodimetafisico o, potremmo dire, di metafisiologico nonsense» (ora in Maitland[2003,35e50]).È lostessoKantorowicz [1989,3]a ricordareagli inizidellasua opera questa stroncatura del «grande storico del diritto inglese» e il suo«tocco fortemente sarcastico ed ironico», ma questo non gli ha impedito dicondurre una monumentale riflessione su un’entità politica non facilmentecollocabilenegliesclusivicampiteologici.

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Partiamodagliinizi,daiReportsdiEdmundPlowden,unpraticantelegalealMiddleTemplecheallametàdelXVIsecolositrovòacommentareunafamosacausa riguardante una concessione di affitto di alcune terre al ducato diLancaster da parte del re minorenne Edoardo VI. La causa in sé non era digrande rilievo,ma le argomentazioni ad essa collegate lasciarono un’improntasignificativa sul cammino della definizione di soggetti non vincolati ai limitidegli individui naturali. Riportiamo dunque parte del passo con il qualeKantorowiczinizialasuaricostruzione:

secondoildirittocomunenessunattocheilrecompiecomerepotràessereannullatoacausadelsuodifettodietà.Perchéilrehainséduecorpi,cioèilcorponaturaleeilcorpopolitico.Ilcorponaturale[...]èuncorpomortale,soggettoatutteleinfermitànaturalieaccidentali,alladebolezzadell’infanziae della vecchiaia e a tutti i consimili inconvenienti cui vanno incontro i corpi naturali delle altrepersone.Mailsuocorpopoliticoèuncorpochenonpuòesserevistootoccato,consistentedicondottapoliticaedigovernoecostituitoper ladirezionedelpopoloe laconservazionedelbenepubblico,equestocorpoèpalesementeprivodiinfanziaedivecchiaiaedituttiglialtridifettiedebolezzecuièsoggettoilcorponaturale,eperquestomotivo,ciòcheilrefaconilsuocorpopoliticononpuòessereinvalidatoo annullato a causadi alcunadebolezzadel suo corponaturale (Plowden inKantorowicz[1989,7]).

Paradossalefinchesivuole,mageniale,anchesedalfascinorischioso[12],enonpoicosì lontanoedivergentedalla«finzione»diSinibaldo,comeabbiamogiàrammentatoinpropositocitandoilsaggioPropatriamoridiKantorowicz.Iltrasferimentonellapoliticadelladottrinateologico-canonistadellaChiesaedellasocietàcomecorpusmysticumdiCristoeraavvenuto.Lariflessionedellostoricotedescosuuncampofinoadalloratrascuratoeraaperta:

Mentre è stato spesso rivelato come le nuovemonarchie fossero permolti versi delle «Chiese» pertraslato, assaimeno di frequente è stato analizzato in dettaglio in qualemisura gli Statimoderni etardomedievali fossero effettivamente influenzati dal modello ecclesiastico, soprattutto daquell’onnicomprensivo prototipo spirituale del concetto di corporation rappresentato dal corpusmysticumdellaChiesa[ibidem,167].

Dalla riflessione di teologi e canonisti del XII e XIII secolo Kantorowiczscopregliantecedentipiùprecisidell’invenzionedei«duecorpidelre»,contonie argomenti che anticipano di tre decenni la teoria di Coleman sui corporate

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actors. La distinzione proposta fra i due corpi di Cristo «non si identificavasemplicementeconl’anticadistinzionecristologicatraleduenaturediCristo,ladivina e l’umana [...] era piuttosto una distinzione sociologica tra un corpoindividuale e un corpo collettivo» [ibidem, 170]. La distinzione cristologicastava trasmigrando verso altri campi, verso una vera e propria «concezionecorporativa»:nonsologiungevaaidentificarecomecorpopoliticolaChiesa,ma«qualsiasicorpopoliticonelmondomoderno»[ibidem,177].Ladefinizionedicorpomisticoerapronta a invadere la società e adessere applicata aunvastoinsieme di unità secolari, territoriali e politiche, dai villaggi alle corporazioni,allecittà,airegni.Ilconfinefral’astrazionedellapersonafittiziael’invenzionedei«duecorpidelre»diventavaevanescente.Eranoevidentiirapportifraquestepersone fittizie create dai giuristi mediante le categorie universali, «che inominalisti usavano chiamare fictiones intellectuales» [ibidem, 259]. Eranodunquebenlontanedallecostruzioniantropomorfedelcultoclassico,ilrealismonon passava certo attraverso tali rappresentazioni: «le personificazioni deigiuristi, invece, erano creazioni filosofiche appartenenti al dominio dellaspeculazione» [ibidem, 260]. Erano puri nomi, erano persone «fittizie» o«rappresentate»,noneranopersonerealima,proprioallastreguadipersonechenon potevano morire, avevano implicazioni o conseguenze reali, come avevaricordatoFrancescoRuffini,primafra tutte lacapacitàdi risolvere ilproblemadella continuità dei soggetti: il re non muore mai o, meglio, dignitas nonmoritur. Attraverso questo principio, si concretizzavano gli altri due principi,«quello della continua successione degli individui e quello della perpetuitàcollettiva della corporation». Tra finzione e invenzione erano nati i soggetticollettivi, e la sorpresa di Kantorowicz per la trasformazione in corporationdegliordinireligiosi,dacuisiamopartiti,trovavaunagiustificazione.

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5.LaviadelleradicirealiLa terza strada a questo punto è delineata, se non altro per opposizione a

quelle della finzione e dell’invenzione: è la strada delle radici «reali», nellestruttureenellerelazionisociali,degliattoriedeisoggetticollettivi.Suquestastrada si incontreranno non solo le immagini, le rappresentazioni, più distantidagli argomenti individualisti, ma anche i tentativi di fornire nelle finzioni onelleinvenzionidellebasisocialipiùomenoesplicitealledefinizionigiuridiche.Dellebasicheavrebberoresopossibilegiustificareglieffettidiunadefinizione(per esempio la responsabilitàdellepersonegiuridiche) conunanatura socialenonindividualedegliattorisupposticollettivi.Sappiamochequesteimmaginiequeste concezioni risultano molto deboli nella resistenza agli argomentidell’individualismo, non solo metodologico, come già lo furono a quelli delnominalismo,etuttaviameritanoancoradiessereconsiderate,senonaltroperisospetti e i dubbi chepossonogenerarenelle argomentazioni di teoria sociale,anchequandoquestesiriferisconoaunarealtàbendistantedaquelladelcapitalesocialeprimordiale(perusarelaterminologiadiColeman),dovelafisicitàeladensitàdeilegamicomunitariavrebberocontribuitoadissolvereunabuonapartediquestisospettiedubbi.

Per rappresentare tale strada, e per rimanere coerenti con la ricerca delleorigini medievali, l’autore di riferimento d’obbligo è Otto von Gierke (1841-1921)conlasuagiàricordatastoriadeldirittoassociativotedesco,un’operanonsolo imponente (quattro volumi comparsi fra il 1868 e il 1913), ma ancheleggendariaperl’accuratezzadegliapparatifilologiciedeisupportidocumentali.Un’opera spessoattaccataper il suodogmatismoe la suaverbosità, specieneicontributipiùtardi,elasciatacaderenell’oblio,ancheperleletturestrumentaliacui fu sottoposta in Germania dopo il 1933 [Black 2002][13], ma che restainsuperata per la ricostruzione negli ambienti tedeschi della nascita e dellatrasformazione di tutte le formazioni in senso lato associative, dalle comunità

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ruraliallecorporazioni,allecittàecc.Unastrutturaassociativalacuicomplessitàaveva colpito lo stesso Weber: «La ricchezza delle forme medievali diconsociazioneinGermania[...]costituisceedhacostituitounfenomenounicoalmondo»[Weber1974,vol.II,81].ÈMaitlandasintetizzareconefficacialatesi,omegliolateoria,generalediGierke,ovverolatedescaGenossenschaftstheorie:

La nuova teoria doveva essere filosoficamente vera, scientificamente fondata, moralmente giusta,conveniente sul piano pratico, orientata dal punto di vista storico, genuinamente tedesca, e forsegermanistica in modo esclusivo. Qualunque cosa, sembra dire, abbia potuto essere la universitasromana – e il dottorGierke è per ascrivere i giuristi romanisti nel pensiero di Savigny –, la nostraGermanfellowshipnonèfinzione,nonèsimbolo,nonèunpezzodellamacchinadelloStato,nonèunnomecollettivoperindividui,bensìunorganismoviventeeunapersonareale,concorpoemembrieunavolontàsuapropria.Essapuòvolere,essapuòagire;essavuoleeagisceattraversogliuominichesonoisuoiorgani,propriocomeunuomodecideeagiscepermezzodelcervello,dellaboccaedellemani.Nonèunapersona fittizia;èunaGesammtperson, e la suavolontàèunGesammtwille;èunapersona-gruppo,elasuavolontàèunavolontàdigruppo(MaitlandinGierke[2002a,XXV-XXVI]).

Possiamoricavaredaquestasinteticarappresentazioneunesempioperfettodiolismo metodologico declinato con dosi di realismo non comuni. Le personecollettive, a qualunque definizione giuridica appartengano, si fondano su unadocumentata realtà storica, che trovanellevicendedellegenti tedesche, speciedei secoli finali dell’età medievale, il suo periodo aureo. Sono i secoli chevedono, attraverso la separazione tra il diritto pubblico e quello privato, ilsorgere del concetto di personalità ideale del gruppo (idealeGesammtpersönlichkeit, nelle parole di Gierke). Certo la dottrina romano-canonicaavevafornitol’ideadellapersonagiuridica,mal’ambientegermanicoaveva favorito la trasmutazione della persona ficta nel concetto di unapersonalità di gruppo realmente esistente [ibidem, 68].Èun casodi «realismosociologico»,perusarelaterminologiadiUdehn(sivedasupra,cap.I,nota10),elaborato con uno sforzo eccezionale di ricostruzione storica. L’incipitdell’opera di Gierke è folgorante come affermazione di valori e comeorientamentoallaricercastoriografica,propriolacombinazionedipensieroedistudio contro la quale reagivaWeber [1958] nella sua famosa riflessione sulla

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«avalutatività»dellescienzeeconomicheesociologichedel1917.Leintenzionidellostorico,ilcomestudiareilpassato,sireificanoinmoltipuntineicontenutiscoperti dalla ricerca storiografica. Ma in questo inizio si ritrova anchel’esplicitazionedi quella esigenzadi continuità dei soggetti, e degli attori, checaratterizzatutteleelaborazionianticheemoderneintemadipersonecollettive,daInnocenzoIVaColeman,tantoperintendersi:

L’uomo deve quello che è all’unione con il suo uomo-compagno. La possibilità di formareassociazioni[Associationenneltestooriginale],chenonsoloaumentailpoterediquelliviventiaqueltempo,maanche–einmodopiùimportante,perchél’esistenzadelleassociazionivabenoltrequelladellepersonalitàindividuali–uniscelegenerazionipassateconquellefuture,ciconcedelapossibilitàdell’evoluzione,dellastoria(1868,orainGierke[2002b,2]).

Da qui alla costruzione del mito associativo del popolo tedesco il passo èbreve.Le«genti tedeschehannoundonochemancaadaltripopoli,permezzodelqualehannodatounaspecialesostanzaall’ideadilibertàeall’ideadiunitàunpiùsicuro fondamento,ovvero ildonodi formareassociazionidicompagni[Genossenschaften]» [ibidem, 4][14].Ovvero un insieme di corpi intermedi chericevonoispirazioneedenergianondall’alto,madaunistintoassociativochesialimentanellestruttureassociativedibase(Gemeinwesen).Sicapiscecome,aldi là delle coloriture romantiche, questo pensiero abbia influenzato un’interagenerazione di pluralisti inglesi, daMaitland a Cole a Laski. Se si compie losforzodi liberarsidallametafisicadiGierke,osservaunostudiosodelpensieropolitico medievale come Antony Black, «l’idea di un diritto autonomo eautogenerato delle associazioni e delle comunità – Genossenschaftsrecht – èoggi tantovera e fruttuosaquanto lo eranel 1868» [Black2002,XXX].Se lastrada per la definizione degli attori collettivi che essa rappresenta non potràessere interamente percorsa dalla teoria sociale odierna, essa dovrà comunqueesseresempreconsiderata.

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6.GliscambifralevieeancoraunaquestionesindacalePresentateletrestradeperladefinizionedegliattoricollettivi,resterebberoda

esaminare quei percorsi che procedono intersecandole di continuo, passandodalla finzione all’invenzione, alla ricerca dei suggerimenti, o delle esigenze,provenienti dalla concreta realtà sociale. Saranno forse questi i percorsi piùeloquenti per la teoria sociale dei nostri giorni, alle prese con i paradossidell’individualismo,ovverocon iparadossidiuna realtàsocialeattraversata inlungoe in largodaisoggettiedagliattoricollettivi,machesivededescrittaeinterpretata dallemolteplici varianti dell’individualismo stesso.Abbiamo vistocomegliinterscambifralediversestradesianosemprepresenti,sollecitatidallecontingenzestoricheedallespecificitàdelleculturegiuridiche.

Maunambiente,quelloinglese,esoprattuttoungrandeautore,F.W.Maitland(1850-1906),già incontratosuciascunadellestradeproposte,cipermetterannodi tener conto di questi percorsi particolari, non tanto frutto di sincretismogiuridico, quanto imposti, secondo le migliori tradizioni inglesi, dalla praticasociale e politica (persino quelle connesse agli scioperi proclamati da piccolisindacati).Duesarannoleindicazionidisorprendenterilievoperlateoriasocialeche sipotranno trarredaquestopercorso.Laprima riguardaquell’esistenzadisoggettiindividualiconsideraticomesoggetticollettivi(èlafamosacorporationsole),cheColeman[1990,540-541]utilizzeràpermostrarecomeilconcettodicorporation non si riduca semplicemente alla rappresentanza di soggettiindividuali,ma richiamipiuttostodifferenti insiemididiritti edi interessi, conrilevantiimplicazioniperlateoriadeiruoli(sivedasupra,cap.II).Inapparentecontraddizione con questa, la seconda indicazione, con vaste implicazionisociologicheepolitiche,riguardal’esistenza,eladefinizione,diattoriesoggettidi indubitabile natura collettiva che non vengono considerati tali dal punto divista degli effetti giuridici, specie sul piano della responsabilità. È una

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distinzione, quest’ultima, non presa in considerazione nelle consueteargomentazioni sociologiche. In definitiva, come notato nell’introduzione diRunciman e Ryan al recente volume che raccoglie i saggi fondamentali diMaitland [2003], nella tradizione del diritto inglese, orientato più dalla praticasociale e politica che dalla restrittiva coerenza giuridica, abbiamo «gruppiduraturichenonsonocorporationsecorporationschenonsonoaffattogruppi»[ibidem,XIII].

Sulriconoscimentodellacorporationsoleabbiamogiàricordato(inepigrafealcapitoloI)l’incipitdelfamososaggiodiMaitlanddel1900,checomunquequimerita di essere ripreso, aggiungendo qualche elemento di distinzione dallateoriadellafinzioneedaquelladelleradicirealistiche:

Lepersonesonosianaturalicheartificiali.Leunichepersonenaturalisonouomini.Leunichepersoneartificialisonocorporations.Lecorporationssonosiaaggregatecheuniche[sole].Questo,presumo,sarebbeuninizioortodossoperuncapitolosullaLeggeInglesedellePersone,comelosarebbestatoinqualunquetempoalmenodaigiornidiSirEdwardCoke[...]InInghilterrasiamoentrounamisurabiledistanza dall’affermazione che le uniche persone conosciute alla nostra legge sono uomini e certigruppiorganizzatidiuominichesonoconosciuticomegruppiaggregatiincorporations[ibidem,9-10][15].

La teoria dellacorporation sole sembraprendere le distanze sia dalla teoriadellafinzione(igiuristiromaninonneavevanonozione,ricordaMaitland),siadaquellarealisticaàlaGierke,siadaquellacoevadeiduecorpidelre,ancheseè alla prima che sembra in qualche modo avvicinarsi. Essa piuttosto sicostituisce, da quando fece la sua comparsa (negli ultimi decenni del XVIsecolo), come una sorta di risposta a problemi pratici, per esempio quelliriguardantil’individuazionedelproprietariodiunachiesa,un’attribuzioneperlaquale, anchequi inmodobizzarro, sipensòdi ricorrereperfinoalla figuradelsanto a cui la chiesa era dedicata. Tramite questa risposta si stabilì diconseguenza che «non vi poteva essere alcuna transazione legale, alcun attogiuridico fra la corporation sole e l’uomo naturale che ne era l’unico e solocorporator»[ibidem,29].Unvescovoounparrocononavrebbepotutoaffittare

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asestessounterrenodiproprietàdellachiesa,perchénonavrebbepotutoessereallo stesso tempo locatario e locatore. Si configurava non tanto come unapersonaoccupantedueruolisociali,quantocomeduepersonedifferenti,chenonpotevanoavererapportifradiloro.

Lasecondateoria,quelladeigruppiedelleassociazionichenonacquisisconola figura di corporation (e perciò di persona giuridica), è di certo piùsorprendente, ma anche più rilevante per gli argomenti di teoria sociale.Introduce una distinzione che di solito non viene presa in considerazione dalpunto di vista sociologico (e ciò accade in non poche parti di questo stessolibro), ma che si rivela essenziale per la definizione dei soggetti collettivi,nonché per la corretta applicazione delmodello principal-agent. Nella culturapolitica(primachegiuridica)anglosassonel’esplicitazionedi tale teoria,conilconnesso animato dibattito, è legata a una vicenda sindacale dell’inizio delNovecento: la sentenza Taff Vale. Da questa è necessario partire. La celebresentenza fu promulgata in seguito agli scioperi attuati nel 1900 su una lineaferroviaria del Galles meridionale (la linea Taff Vale appunto) di crucialeimportanza per il rifornimento dei porti carboniferi, in un momento di forterialzodeiprezzidelcarboneprovocatodallaguerraanglo-boerainSudafrica.Lasentenza, confermata inviadefinitivadallaCameradeiLordsnel luglio1901,ritenevaresponsabilisulpianocivileisindacati(inquestocasolaAmalgamatedSocietyofRailwaysServants)peridannicausatidalleazionidiscioperoindettedaiproprirappresentanti.NellaricostruzionechediquestavicendafannoClegg,FoxeThompson[1964,316]siriconoscecheitemiingiocoandavanobenoltrequelli, pur decisivi, della responsabilità civile dei sindacati: «la questione ingioco riguardava la responsabilità legaledi un sindacatoper le azioni dei suoifunzionari, ma dietro tale questione stavano i problemi delle relazioni frasindacati, Stato e società sui quali le opinioni erano francamente divise»[ibidem].Fuperreagireaglieffettidiquestasentenza,causadiunacadutadegliscioperinegliannisuccessivi,chenel1903alcuniimportantisindacatidecisero

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lacostituzionediunpartitopoliticoindipendente.NacqueroilLabourPartyeilmovimentodelleTradeUnions,elerelazioniindustrialibritannichenonfuronopiùlestesse.Insomma,lasentenzaTaffValefuunveroepropriospartiacque.

ÈriflettendosuquestasentenzacheMaitlandscrivel’altrosuofamososaggio,The Unincorporated Body, comparso postumo nel 1911, ma scrittoprobabilmente fra il 1901 e il 1903, per il dibattito in un circolo riservato diCambridge. L’incipit è come sempre molto eloquente: «Sul caso Taff Vale èprobabile che avremo molto a sentire in futuro. Le Trade Unions non sonocontente;cisarannoagitazioni;forsecisaràlegislazione»[Maitland2003,52].La via d’uscita per la questione (la figura giuridica dei sindacati con leconseguenze sul piano della responsabilità civile) era individuata daMaitlandneldirittodeiTrusts,unasoluzione,un’idea,tipicamenteinglesi:«Conferiscileterre,ibeniaunuomooadegliuomini.Ladomandadipersonalitàèsoddisfatta.Le terre, i beni, hanno un proprietario: un proprietario per difenderli e perricostruirli;unproprietariodietroalqualeunacortedicommonlawnonguarderàmai.Tutto il restoèmeraequità» [ibidem,58].Èquesta lapiùspecificamenteinglese di tutte le nostre istituzioni giuridiche, dirà Maitland in uno scrittosuccessivo[16],difficilmente riconducibilealdiritto romano-canonicooaquelloassociativotedesco:

Tuttoquellochepossodirequièche lasoluzionedierigereunmurodi fiduciari [trustees]ci rendepossibile costruire dei corpi che non sono tecnicamente corporations e che sono tuttaviasufficientementeprotettidagliassaltidella teoria individualista.Lapersonalitàdiquesticorpi–cosìpotreimetterla–, sebbeneesplicitamentenegatadaigiuristi, è stata tuttaviamoltobene riconosciutanellapratica[ibidem,70].

LavicendaTaffVale si concluseattraverso ilTradeDisputesAct del1906,dopoleelezionigeneralidellostessoannoquandolaquestionefusollevataconaccenti drammatici damolti candidati laburisti.Un testo legislativo che, comeosservano Runciman e Ryan [ibidem, 60], potrebbe o meno aver sorpresoMaitland,proprioperleconcessionicheessofornivaaisindacati,confermandoerafforzandolaloroidentitàcomegruppinonriconosciutiincorporation.Come

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gruppi, cioè, i cui agenti o operatori non coinvolgono la responsabilità deisindacati stessi nei diversi tipi di azione (scioperi e altro) proclamati in loronome. La legge, oggetto di dispute fino agli anni della Thatcher, avrebbecomunque confermato Maitland nella sua interpretazione della storiaistituzionaleinglesecomeluogodellaprevalenzadelsozialpolitischerispettoalrechtswissenschaftliche.Daquestocontestoapprendiamodue insegnamentiperladefinizionedeisoggettiedegliattoricollettivi:chepossonoesisteresoggettieattorisiffattimasenzaresponsabilitàcollettiva,eanchechequelloriconoscibilein ultima analisi come ius in personam a fini pratici può essere trattato comeequivalenteaunoiusinrem[ibidem,53].

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7.LavicendadelvotoamaggioranzaMaè forse sull’ammissibilità del voto amaggioranza che la definizionedei

soggetti collettivi, attraverso la creazione, l’invenzioneo il riconoscimento, halasciato la traccia più significativa, ma anche più trascurata. Lo abbiamoricordato più sopra riandando all’incipit dell’aureo contributo di EdoardoRuffini, dove simenzionavaproprio la singolare artificialitàdiquesto criterio,chehaaccompagnatosecoliesecolidiriflessionisullateoriaesullastoriadellademocrazia, senza peraltro incorrere in tentativi approfonditi e convincenti disondarneleragionidiammissibilità.Sappiamobeneormaicomelademocrazianonsiariducibilealladecisioneassuntamediante ilvotoamaggioranza,masidanno troppo spesso per scontate le condizioni che rendono ammissibile taledecisione, anche se sull’avviso dovremmo essere posti almeno dalla quantitàdellelimitazionipostealsuoesercizio, limitazionispaziali innanzitutto(equi ilimitidiventanoconfini),maancheconnesseall’esclusionedialcunemateriedaquesta procedura, o ai requisiti particolari e più o meno rigorosi posti per lavalidità della sua espressione (l’individuazione degli aventi diritto al voto, glieventualiquorumrichiesti,lequalificazionidellemaggioranzenecessarie).Forsel’abbandono del tema dell’ammissibilità del criterio di maggioranza nelsottofondo della teoria della democrazia è in parte direttamente collegatoall’estendersidelleargomentazioniditipoindividualista,chesiritrovanoinnettadifficoltà nel fornirne spiegazioni esaurienti. Sono semmai gli studi sullerelazionipluraliste,piùomenoorganizzate,fraigruppidiinteresse,ovverosuicontestidovedinormaledecisionivengonoassunteall’unanimità,adaffrontareiltema,madiquestononcidovremmomeravigliarevistoilcollegamentoditalistudiconlesvariateversionidelleteoriedeisoggetticollettivi.Esonostudichecomunque devono spiegare la possibile convivenza fra i due criteri, quellodell’unanimitànellerelazionifraigruppiequellodellamaggioranzaall’internodeigruppi.

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È nel già ricordato excursus della Sociologia di Simmel dedicato al«soverchiamentodelleminoranze»[Simmel1989,162-169]cheritroviamoforsela più convincente riflessione sull’operare dei due criteri, unanimità emaggioranza, e sulle loro implicazioni per le forme della socialità[17].Dove siapplicano le decisioni a maggioranza, dice Simmel [ibidem, 164], «lasubordinazione della minoranza può avvenire in base a due motivi, la cuidistinzioneèdellamassima importanza sociologica». Ilprimo,moltocrudo, siriconduceasemplici,eprimordiali,ragionidiforza:imoltisonopiùpotentideipochi,epossonodunqueimporreconmaggioreagiolepropriedeliberazioni.Lavotazione servirebbe a impedire il confronto delle forze, a gestire il conflittosottostante, mostrando alle minoranze l’inutilità (o inopportunità) di unacombattivaresistenza.Dellostessotipo,ancheseconcuriosevariazioni,era lagiustificazione avanzata da Hobbes due secoli e mezzo prima [Hobbes 2008,176-177], dove la parte di voti della maggioranza superiore a quella dellaminoranza, rimasti senza contraddizioni, poteva essere considerata l’unicaespressionedelrappresentantecollettivo.

Sipotrebbeaggiungerecheanchel’esigenzadellarapiditàdelledecisioni,conla quale si giustifica spesso il ricorso al criterio della maggioranzacontrapponendolo alle lentezze spesso disarmanti del perseguimentodell’unanimità,potrebbeappartenereaquestimotivi,semplici,crudi,primordiali(almenodaquandoleconvivenzesocialihannoiniziatoavalutarelascarsitàdeltempo).

Mailsecondomotivoèdisicuropiùrispettosodelleesigenzedellasocialità,in quanto la scelta della maggioranza, seguendo ancora Simmel, potrebbesignificare

nonpiùlavocedellapotenzamaggioreall’internodelgruppo,mailsegnochelavolontàunitariadelgruppohadecisoinquestadirezione.L’esigenzadell’unanimitàpoggiavacompletamentesuunabaseindividualistica[...]Difronteaciòsihaunasvoltafondamentalmentenuovaquandovienepresuppostaun’unitàoggettivadelgruppoconunapropriaunitàvolontaria,siainmanieraconsapevolesiachelapraticaprocedacomeseesistesseunatalevolontàdelgrupposussistentedipersé[Simmel1989,165].

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Conquesto secondomotivo, secondoSimmel, simanifesta, anchemedianteuna«finzionenecessariaeutile» (corsivomio), ladistinzione fra l’uomocomeindividuoel’uomocomeesseresociale.Lafinzione,necessariaperlasocialità,non risolve peraltro tutti i problemi e le possibili contraddizioni, fra le qualiquellaapparente«cheperòilluminailrapportonelsuofondo,chepropriodovesussiste, o viene presupposta, un’unità sovra-individuale, è possibile ilsoverchiamentodellaminoranza,mentredoveessamanca,occorre l’unanimitàchesostituisceinpraticaquell’unitàdiprincipioconl’eguaglianzaeffettivacasoper caso» [ibidem, 166-167]. Si svelano così i motivi dell’ammissibilità delcriteriodellamaggioranza,senzanascondernecontraddizionioaporie.

L’accettazione della decisione a maggioranza, così problematica nella vitaprivatainquantoritenutafontedirinunceodisottomissioninongiustificabili,èpossibile nella vita politica senza grosse resistenze soprattutto quando sonooperanticonfinisocialieterritorialichenegarantiscanolalimitazioneamaterienoncoinvolgentigliinteressicostitutividelleidentitàdeigruppi,chetalvoltaneassicurano la loro stessa sopravvivenza. È scontato che tale accettazione simanifesti con minore facilità negli assetti segnati da un più o meno fortemulticulturalismo, come ha ben compreso il pensiero politico comunitario[18].Ma oltre ai confini che delimitano, sarà necessaria la definizione, o ilriconoscimento, di un soggetto collettivo, altro dai soggetti individuali, chefavorisca e sancisca una rinuncia dei singoli ad esprimere un potere di veto,attraverso il voto uti singuli, come ha osservato con chiare parole NorbertoBobbio in un saggio non sempre ricordato: «il passaggio dalla regoladell’unanimitàaquelladellamaggioranzaavvienesempreconilcostituirsidiuncorpocollettivo»[Bobbio1981,45].Pertornarealleoriginidiquestopassaggio,ovvero all’introduzione vera e propria del criterio maggioritario, ci ricordaBobbio, bisognerà risaliremolto indietro, fino alla Bolla d’Oro (1356) con laquale l’imperatore Carlo IV stabilì in modo completo e definitivo le regoledell’elezioneimperiale.Malaveraoriginedelcriteriovafattarisalireaqualche

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decennioaddietro,all’interventodell’arcivescovodiTreviri, ilconteBaldovinodi Lussemburgo, come viene descritto in una bellissima pagina di EdoardoRuffini:

ForseilSacroRomanoImperodiNazionegermanicasarebbefinitocinquesecoliprima,seunuomoeccezionalecomeBalduinononsifossetrovatoallatestadeisuoidifensori.Equibisognasegnalareunodeipiùsingolariesempidiquantounconcettogiuridicopossapesaresuifattidellastoria.Giàneldecretoelettoraledi suo fratelloArrigoVII (1308)Balduinoaffermò,edenergicamente tutta lavitapropugnò,ilcaratterecorporativo–finoalloraignoto–delcollegiodeiprincipielettori,nelsensochetitolare solo ed esclusivo del diritto elettorale fosse il collegio come persona giuridica e non i suoicomponenti,aiqualinonrestavaperciòchelafunzionedinominare.Daciòdiscendevache,seanchealcuni principi cedevano alle lusinghe o alle minacce straniere, non ne restava per nulla intaccatal’unità del collegio, finché rimaneva una maggioranza decisa a difendere la preziosa prerogativadell’Impero. Insieme al principio corporativo trionfava, come una sua naturale conseguenza, ilprincipiomaggioritario[Ruffini1976,47].

Fuquestaun’affermazionedella«dottrinacorporativaromano-canonica[che]avevaserratoilegamifracorporazioneeprincipiomaggioritario»[ibidem,75].Leintuizioniegli insegnamentidiInnocenzoIVavevanofattostrada,siapurefratensionidrammaticheecontrastiinterniallachiesa.Ilprincipiocorporativoeil connesso principio maggioritario sarebbero stati sollevati più volte (peresempiodaMarsiliodaPadova)perdifendere lacausa imperialenellecontesecon il papato, come nella questione dell’elezione di Ludovico il Bavaro,contestato dalla curia romana in quanto eletto solo dalla maggioranza delcollegiodeiprincipielettori,dopolascomparsadiArrigoVII.Nellatradizionegermanica, permeata dalla cultura unanimistica, almeno fino al Medioevoavanzato, non era assente il principio dimaggioranza, che però si legittimavasolo,secondol’interpretazionediGierke,neiKörperschaftenenonanchenelleGenossenschaften,ovveronellecollettivitàriconosciutecomepersonegiuridicheorganicamente unitarie. In questa tradizione il realismo era sempre presente,come ci ha ricordato Francesco Galgano nella sua storia del principio dimaggioranza:

Perquestogiurista,eperlostuolodeisuoiseguaci,diffusipertuttal’Europacontinentale,ilprincipio

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dimaggioranzaerasolounprincipiodiorganizzazione,cheregola laformazionedellavolontàdellapersonagiuridica,all’internodellaqualelevolontàdeisingolimembrisifondonoinun’unicavolontà,cosìassorbendoivotididissenso[Galgano2007,186].

Questanonsaràlastradaseguitanellaculturainglesedeldiritto,lontanadallafondazione organicistica della persona giuridica, ma comunque disposta allaricercapragmaticadelledefinizioniingradodiproteggereisoggetticollettivi(opensati come tali) dalle dinamiche e dalle pretese di origine individualista.Nell’insieme sono, ancora una volta, le spiegazioni individualiste a doversimisurareconlanaturaeledinamichedeisoggetticollettivi,ovveroconleentitànecessarie a permettere quel voto a maggioranza da troppi considerato soloespressionedipreferenzeointeressiindividuali.

[1] Ricordiamoci della reazione di Searle alle obiezioni dello studioso di sindacalismo, riportate nelcapitoloI.

[2]Quest’attribuzione è riemersa, negli ultimi anni, in tutte le sue conseguenze, nel corso delle causeintentate contro le diocesi americane per i risarcimenti connessi alle scoperte di pratiche di pedofilia dapartediappartenentialclerocattolico.[3] Di fronte alla legge californiana sulla creazione della corporation la sorpresa ammirata, proprio

mezzo secolo dopo Kantorowicz, è anche di Searle (una «legge bellissima»): «possiamo creare unacorporationsemplicementedichiarandochelacorporationesiste»[Searle2009,118-119].

[4]Suquest’assenzaesullesueconseguenzedimancatosvilupposivedaKuran[2011].[5] L’opera di Berman è veramente il libro di una vita: iniziato nel 1938, è stato arricchito

successivamenteindiverseedizioni.Inquellainglesedel1983,nell’introduzionel’autorepresentalastoriadeldirittoinOccidente«comeunametaforadellanostraepoca»[Berman1998,9].UnadellericostruzionipiùnotediBerman riguardaquella rivoluzionegregorianache, iniziatadaGregorioVIInell’XI secoloeseguitadallalottaperleinvestiture,fornendoilmodellodellaChiesacomesocietàsovranaoffrìilmodellooriginario per la nascita dello Stato moderno. Su questi aspetti mi sono soffermato nel mio precedenteTracciareconfini[Cella2006].NelcontestoitalianosignificativisonostatiiriconoscimentifornitidaPaoloProdi sia nell’opera dedicata alla storia della giustizia [Prodi 2000] sia in quella curiosamente rivolta ariflettere su «furto e mercato nella storia dell’Occidente» [Prodi 2009]. In questo secondo lavoro ilriconoscimentoè esplicito:«anchenel collegamento tra la rivoluzionepapale equella commerciale sonolegatoalleintuizionisviluppatedaHaroldJ.Berman»[ibidem,41].

[6]Èconemozionecheintroducoqui,inun’argomentazionediteoriasociale,unastraordinariacoppiadi

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autoriitaliani,storicideldiritto,padreefiglio,FrancescoeEdoardoRuffini.Sulleriflessionidelprimo,inmerito al concetto di personalità giuridica, mi soffermerò più oltre. Sul secondo, di cui utilizziamo quiquesto libro (pubblicato nel 1927), basti dire che esso corona una serie di contributi (tutti scritti in etàgiovanile)sullastoriadelprincipiomaggioritario.Entrambigliautori,èdoverosoricordarlo,appartengonoallosparutogruppodiprofessoriordinari(12su1.250)chenel1931rifiutaronodisottostarealgiuramentodifedeltàalfascismo,conlaconseguenzadidoverabbandonarel’insegnamentouniversitario.IlsacrificiodiEdoardofuilpiùgrande,perché,avendoalloratrent’anni,videlasuacarrierauniversitariastroncataagliinizi.Perquestiaspettirinvioall’ottimaricostruzionediGiorgioBoatti[2001]che,descrivendovita,opere,personalitàdeidodiciprofessori, dedica alcunepagine [ibidem, 184-186]proprio all’analisi delprincipiomaggioritariocondottadaEdoardoRuffini.[7]Occorreunaprecisazionesull’usodiquestaparola,nonscontatonellateoriasociale.Celasuggerisce

ChaïmPerelman [2012,722], ricordandocome la finzionegiuridica siopponganonalla realtà inquantotale,bensìallarealtàgiuridica.[8]PernotiziesullavitadiSinibaldoeunadettagliatacronologiasivedaBertaeDeFerrari[1996,11-

26].

[9] È il saggio, senza dubbi un lavoro magistrale, sul quale verrà basata questa rapida ricostruzionedell’apportodiSinibaldo.Illavoro,destinatoagliScrittiinonorediFrancescoSchupferdel1898,saràpoiripubblicatonellaraccoltapostumaScrittigiuridiciminori,sceltieordinatidaMarioFalco,ArturoCarloJemoloeEdoardoRuffini,apparsinel1936.Lecitazionineltestosiriferisconoaquestaedizione.[10]LacitazionesecondolatraduzionediRuffiniètrattadall’edizionedel1881(vol.III)dell’operadi

Gierke. Per ragioni di disponibilità dei testi, nonché per difficoltà linguistiche, in seguito mi avvarròsoprattutto della magistrale traduzione inglese a opera di Maitland di una selezione di questo volume,apparsaaCambridgenel1913(unarevisionedellaIedizionedel1900).Èdisponibileoggiunaristampadeltestodel1913(Union,N.J.,TheLawbookExchange,2002).SulleformedellarappresentanzamedievalesivedailbelsaggiodiDiBello[2009].

[11] Su questo, ricordo le riflessioni di Marcel Mauss: «Sapete tutti quanto sia normale, classica lanozionedipersonalatina:maschera,mascheratragica,mascherarituale,mascheradiantenato.Essainiziagià all’inizio della civiltà latina» [Mauss 1965, 367]. E ancora: «la “persona” è più che un fatto diorganizzazione, più che un nome o un diritto a un personaggio e una maschera rituale; è un fattofondamentaledeldiritto»[ibidem,368].[12]Peresempioilfascino,olatentazione,dellareificazionedeimiti,comeaccaddeaKantorowiczper

lapienaadesionetardo-romanticaaimitidelnazionalismotedesco,giàmostratanellabiografiadiFedericoII.Una tentazione, quella di soggiacere aimiti nazionalisti, che condivideva, pur nella contrapposizioneideologica, con un altro grande storico di origine ebraica,Marc Bloch, che aveva fatto dell’adesione alnazionalismorepubblicanofranceseunacostantedellasuavita,comeprovatodallapartecipazioneatuttalaprimaguerramondialeedaquellacomevolontarionel1939-1940,permorirepoinellaResistenzauccisodaitedeschioccupanti.IduestoricisiincontraronoaOxfordnel1934,anchesedataleincontrononnacqueuna stabile relazione personale e scientifica. Di questo ci parla, nei suoi saggi sull’Olocausto, Saul

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Friedländer [2009,72], cheosserva: «Entrambigli storici si immerseronello studiodelmito, del nucleomiticodelcristianesimochelicircondava,nelpotereguaritoredeire(Lesroisthaumaturges)enelpoterepacificatoredell’imperatoresegreto(FedericoII).Edentrambicredevanonellaforzamobilitantedelmitoall’internodelle loro rispettive società».Nonci sorprendiamose sulla figuradiKantorowicz,di famiglia«ebreaefervidamenteprussiana»,sisiasoffermato,concuriosiapprofondimenti,unmaestrodelpensieromiticoedesotericocomeElémireZolla[2009,175-178].

[13]AntonyBlackèilcuratorediun’altraaccurataemeritoriaedizioneinglesediGierke[2002b],oltreaquella di Maitland ricordata alla nota 10, contenente una selezione dal volume I,Rechtsgeschichte derdeutschenGenossenschaft.[14]Nellatraduzioneingleseildonospecialepossedutodallegentitedescheètradottocongiftsuscitando

involontarieambiguità.Tenendocontodelledegenerazionicomunitarieacuiquestodonohadatooriginenellavicendatedesca,nonsipuònonricordareilsignificatochelaparolaGifthaproprionell’altragrandelingua germanica: «veleno». Un’equivalenza che dice molto sull’ambiguità del dono, fondamento dellegamesocialemaancheespressionediuna«doppiaverità»(sivedaBourdieu[1997,229]).

[15] Sir EdwardCoke (1552-1634) fu giudice, politico e scrittore di diritto. Il primo volume del suoInstitutes of the Laws of England fu pubblicato nel 1628. Inizialmente a favore delle prerogative reali,divenneinseguitouncampionedellacommonlaw.[16]ÈilsaggioMoralPersonalityandLegalPersonalitydel1904.InquestoscrittoMaitland[2003,63]

ricorda un divertente scambio di battute avvenuto aiComuni fra il primoministroBalfour e un distintogiuristadaibanchidell’opposizionepropriosultemadellepersonenaturaliedellecorporations.IldeputatointerruppeBalfouresclamando:«TheTradeUnionsarenotcorporations».«Iknowthat»risposeBalfour.«Iam talkingEnglish, not law».Un’ammirabile risposta, che deriva da una lunga storia, è il commento diMaitland.

[17] Traduciamo con questo termine, seguendo i convincenti suggerimenti di Pizzorno [2007, 17], iltermine chiave simmeliano Vergesellschaftung, per il quale, nella pur ottima traduzione italiana dellaSoziologie,siutilizzailpiùgenerico,eanodino,associazione.[18] Su questi aspettimi permetto di rinviare al capitolo III (I confini nei discorsi dell’uguaglianza e

dellarappresentanza)delmioTracciareconfini[Cella2006].Inquestotestomisoffermosullerichiestediestensione del voto amaggioranza che seguonomolto spesso ai processi di rivendicazione localista e direvisione dei confini, ovvero agli sconvolgimenti dei limiti che regolavano lematerie e l’estensione delcriteriodellamaggioranza.

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Conclusioni

Se leargomentazionidella teoria socialenasconodauna sorpresaprovocatadaspiegazioniointerpretazioniconsolidatechenonsonopiùingradodirendereconto di fenomeni o eventi che si presentano entro contesti trasformati direlazioni sociali, occorre però ricordare che i tentativi di rispondere alledomande sorte da tale sorpresa sono quasi sempre sollecitati da un’emozioneprovata da chi si accinge a proporre, conqualche formadi legittimazione, talinuoviargomentiteorici.Agliinizil’emozionesembrerebbedestinataarimanerenascosta, ma in seguito potrà essere utilizzata come esempio privilegiato, ericorrente, per sostenere la plausibilità degli argomenti proposti. Anche chiscrivequestepaginededicateagliattori/soggetticollettivipuòricordareunataleemozione,edèquellaprovatafindaragazzoquando,ascoltandoletelecronache(o le radiocronache) di sedute del parlamento italiano, dopo una votazione suuna mozione (più o meno importante) arrivava il momento nel quale ilpresidentedelleassembleepronunciavalaformulafatidica«laCameraapprova»o«ilSenatoapprova».Èun’emozionecheprovoancoraoggi,quandomisembradiascoltarequestecronachesoloinattesadellaformulafinale,nonostantelenonbrillanti prove di efficienza e di responsabilità fornite dalle istituzionirappresentativedelnostrosistemapolitico.Ammettocomeagliinizil’emozionenonavessegiustificazioniteoriche(sarebbestatopreoccupante),derivandosolodaingenuereazioniaunacertasolennitàistituzionale.Mainseguito,specieneimomenti in cui mi sono ricordato di essere un sociologo, le domandeacquistavano una dimensione teorica. Chi e che cosa erano questa Camera oquestoSenatoche«approvavano»o«nonapprovavano»,eperiqualivenivanoutilizzatipredicativerbalidinormaattribuitiasoggetti individuali?Perchénon

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si utilizzava la più realistica dizione «i deputati (o i senatori) approvano»? Inaltreoccasioni,neilunghiperiodiincuimisonooccupatodirelazioniindustrialiedimovimentisindacali,forsenonun’emozionemacertounaqualchecuriositàmicolpivatuttelevoltechesentivopronunciareespressionideltipo«laCgilnonpuòaccettare»o«laCislnonpuòrifiutarsi»(sonostatequesteleespressionipiùcorrispondenti alla realtà sindacale dell’ultimo decennio). Chi o cosarappresentanoquesti soggetti, trattati inmodo implicito ilpiùdellevoltecomepersone,macheindividuinonsono,echesiconfiguranopiuttostonellavestedipersone apparenti o di persone come se? Da queste emozioni e curiositàemergeva la necessità di considerare negli scenari della teoria sociale concetticomequellidipersonagiuridicabennotiallateoriadeldiritto,malasciatinellosfondo dalle riflessioni sulle relazioni sociali. L’incontro di un grande teoricosociale(JamesS.Coleman),conilsuorichiamoaungrandepapaegiuristadelXIIIsecolo(InnocenzoIV)eallasuacreatura(lapersonaficta),hafattoilresto.Daquiiltitolodiquestolibro.

Per cominciare, qualcosa ci viene detto dall’utilizzazione nel linguaggiocomune,quasicomesinonimi,diduetermini:individuoepersona.Unminimodiaiutoteorico(speciequelloprovenientedaHobbes)ciporteràastabilirechenellarealtàsocialeincontriamospessodellepersonecheindividuinonsonomachecorrispondonopiuttostoasoggettiplurimi,collettivi.Ilsignificatolatinodipersona,ovvero«maschera»,contribuiràachiarirealcunediqueste incertezze,non tutte, in quanto scopriremo (grazie al suggerimento di Kelsen) che lapersonafisicanoncoincideintuttoeper tutto,senzaresidui,conl’individuoe(seguendoleriflessionidiMaitland)chelepersonefintenonconsistonosoloinsoggetti collettivi, potendo bensì riferirsi a soggetti individuali (il re). A lorovoltagliattori/soggetticollettivinonsonosemprericonosciutiinquantopersonegiuridiche, come succedeva e succede tuttora in non pochi casi sindacali. Dasociologi dovremmo a ben vedere essere pronti a considerare che agli angolidelle strade non si incontrano né individui né soggetti collettivi, se non si è

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disponibili come osservatori a coglierne sia la natura intenzionale sia imeccanismidiriconoscimentoentro iqualisonocollocati. Inquestepaginemisono dedicato soprattutto all’incontro con i soggetti collettivi cercando discegliere la predisposizione più fruttuosa nel favorire tale incontro. In questoprocedere si è manifestata la sorpresa per quello che è stato definito come«paradossodell’individualismo» e che consiste nell’affermazionenelle scienzesociali (in senso esteso), con ricadute nel linguaggio comune, di modelliindividualisti proprio nel mentre si diffondono in modo inarrestabile soggetticollettivi,spessosottosembianzetrasformate,manondissolte,dalleinnovazionitecnologiche.

Alcuni racconti sorprendenti, tratti da esperienze di vita quotidiana, hannoaiutato a mostrare questa natura talvolta paradossale della spiegazioneindividualista, condotta senza tenere in considerazione il coinvolgimento deisoggettiindividualientrostrutturedirelazioniconattori/soggetticollettivi.Nonrisultapregiudicataqualsiasiversionedellaspiegazioneindividualista.Mantienela sua efficacia, per esempio, quella rivolta a spiegare i fallimenti dell’azioneindividualenell’ottenimentodibenipubblici,comeciillustrailpiccoloraccontosulduomodiMonreale.Risultanocontestabilipiuttostolepreteseesaustivedeimodelliindividualisti,comequellechesottostannoalleimmaginideiprocessidiindividualizzazione che accompagnerebbero le vite degli individui nellacontemporaneità, e le connesse pretese riduzioniste di quanti si dichiaranodisposti,collocatiomenonellevariecorrentidell’individualismometodologico,a ridurre senza residui i soggetti collettivi ai soggetti individuali di cui sonocomposti.Vediamocosìricompariresullascena,inaspettata(un’altrasorpresa!),una vecchia disputa filosofica come quella fra nominalismo e realismo. È infondoentroquestadisputachevaasituarsiilproblemadeisoggetticollettivi.Lateoria sociale non può pretendere di risolverla, potrebbe però ambire a nonsoccomberesottodiessa,soffocatadavecchieonuoveformediriduzionismo.

Certo,daimodelli individualistinonèpossibileuscireattraversolasemplice

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contrapposizione di modelli olistici, francamente non più proponibili dopo laprogressiva perdita del «capitale sociale primordiale», se vogliamo utilizzarel’espressionediColemanchehaaccompagnatomoltedellepagineprecedenti,eche resteràabbinataaquel suoviaggio incanoa lungo ilWisconsinRiver checostituisceilviaggioemblemadituttalasuateoriasociale.

Un’esperienzadoveprefigurachelarealtàsocialedelfuturosaràsemprepiùfruttodeldisegnoistituzionalediattori(esoggetti)collettivi,undisegnochehagià lasciato tracceprofondesugliscenaridellacontemporaneità.Attori/soggettiche hanno origini lontane (fin dalle riflessioni dei canonisti) e che da questeorigini sono fatti precipitare nella teoria sociale rivolta ai giorni nostri. Cisorprenderemonelloscoprirecheilcontestocontemporaneoutilizzatodamoltiqualificati interpreti, e nella vita comune, per sostenere la validità, se nonl’ineluttabilità, degli argomenti individualisti, si rivela sempre più tracciato estrutturato da corporate actors (questa è la dizione di Coleman) che non soloinvadono l’ambitodellaprivacy talvolta incollusionecon leautoritàpolitiche,ma orientano e determinano le preferenze e le scelte degli individui, nonché ilorostessicorsidiazione.

Lo«strano»(suigeneris)individualismodiColemanhaaccompagnatotuttalariflessione fin qui condotta, orientata dagli ossimori con cui è stato definito:«individualismo strutturalista» o addirittura «olistico». Una scelta teorica che,pur ascrivibile secondo le intenzioni dell’autore alla tradizionedell’individualismometodologico,nonhaalcuntimorediricaderenelletrappolerealistiche, di cui è disseminato il recinto teorico concorrente, quello olistico.Questo sconfinamento è effettuato con cautela, ma non senza inatteseprovocazioni teoriche,peresempioquelladi ritenere il soggetto individualeun«caso degenerato» di soggetto collettivo. Su questo percorso anche la teoriadell’azione razionale, con le sue ambizioni massimizzanti, viene sottoposta astrattoni di non poco conto, come laddove si mette in dubbio che l’unità dimassimizzazione debba coincidere necessariamente con l’azione individuale.

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Anche gli attori collettivi, in quanto capaci di agire intenzionale, sarebberosottoponibili a un simile vaglio. Il problemadella fornitura di beni pubblici, edunqueilparadossodell’azionecollettivaàlaOlson,nonvieneinalcunmodoaccantonato, ma semmai rimesso al centro dell’analisi delle relazioni fra isoggetti collettivi e i soggetti individuali componenti, nei sistemi di autoritàcongiunta(quellichericomprendonoattori/soggetticollettivinonfondatisuunoscambioesplicitodivantaggifraindividuieorganizzazione).IntaluniluoghidelsuocorpusteoricoColemanèportatoaddiritturaascivolareversointerpretazionirealistichedegliattori/soggetticollettivi,ovveroaincorrerenell’erroreoppostoaquellochemoltacriticasociologicasembrerebbedispostaadaddebitargli,malesueargomentazionirestanosolideeingradodisostenerelariflessioneulterioresia sul versante del riconoscimento degli attori sia su quello della finzioneintrodotta dalle definizioni giuridiche. Se le persone collettivenon esistono, sipotrebbe dire, bisognerà pur trovare il modo di inventarle per portarle adesistenza!

Il quadro teorico proposto da Coleman, con la relativa sollecitazioneinterpretativa,nonfornisceperaltrolachiaveperprocedereaunaclassificazionedei soggetti collettivi.Nella contemporaneità ci troviamodi fronte aunavastapluralità di soggetti (società per azioni, partiti, sindacati ecc.),ma anche nelleconvivenzesocialidelpassatolavarietànonmancava.Unavarietàchehaspintospessoverso classificazioni insensate, del generedi quella celebrepropostadaBorges sugli animali che abbiamo ripreso (con qualche illustre antecedente)anche in questo libro. Fra queste emerge quella, avanzata da commentatori diosservanzaindividualista,frasoggettiindividualietuttoilresto,conlaconnessapredisposizionearicondurre,meglioaridurre, talerestoaisoggetti individualiappartenenti. Ma è un procedere che nasconde la specificità dei soggetticollettivi,schiacciatasottoilriduzionismo.Bisognerebbeconosceremoltodipiùdiquestaspecificitàperavanzareunaclassificazionesensata,etuttaviasiamoingradoalmenodiproporreuntipodisoggettocollettivochesidistinguefratutti

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glialtri,quelloattraversoilqualesiesercitanoformeesplicitedirappresentanza.Èiltipodisoggettichepopolanolerelazionipluraliste,ovverolerelazionifraigruppiorganizzati,entroiqualigliindividuicercanodiessererappresentatinontanto da altri soggetti individuali (come avviene quasi sempre nelle assembleepoliticheelettive),quantoattraversolastrutturadelgruppostesso.Isoggetticherappresentano interessi funzionali (sindacati in primo luogo, ma non solo)appartengono tipicamente a questa categoria, non i partiti politici almeno inquantorivoltiaproporreesostenererappresentantiindividualinelleassemblee.

I discorsi teorici coinvolti, inmodo diretto o indiretto, nel rendere conto diquesti soggetti collettivi sono molteplici. Fra questi discorsi si collocainnanzitutto la teoria della rappresentanza, non riducibile in tutto e per tuttoall’onnipresente modello principal-agent. In questo ambito teorico, larappresentanza attraverso soggetti collettivi si qualifica con lamodalitàactingfor (nell’agire), diversa dalla modalità standing for (nello stare) con la qualesiamoabituatiaconsiderarelarappresentanzapoliticaeisuoiobiettivi(talvoltacollusivi)dirispecchiamento,contuttiiconnessiapparatiditecnicheelettorali.Ilsecondodiscorsoteoricocoinvolto,quelloriguardanteiprocessidigenesideisoggetti collettivi, possiamo estrarlo sia dai fondamenti teorici diColeman siadalla strada dell’intenzionalità collettiva proposta dall’ontologia sociale diSearle, che porta a scoprire i meccanismi della ricerca di un «noi» rivolto asuperare,nelperseguimentodeipropriobiettivi, i limitioggettivicheisoggettiindividualiincontranonellediverseconfigurazionidellaconvivenzasociale.Conil discorso dell’identità e del riconoscimento scopriamo come l’endiadiattore/soggetto possa risolversi verso il soggetto con l’affermazione di unacostituzionecheattribuiscaidentità,asuavoltarafforzatadallenecessarieformedi riconoscimento.Si tratta insostanzadiunprocessodiattribuzionedidiritti,chesuperaqueimeccanismidiesclusionechehannononpochevolte(inspecienelle società dell’individualismo borghese) impedito il sorgere dellarappresentanza dei gruppi, come nel caso esemplare della leggeLeChapelier.

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Ma per la formazione di un’identità può non bastare l’attribuzione di diritti,ovverol’ammissionedall’alto,provenientedall’autoritàpolitica.Nelgiocodellerelazioni pluraliste si formerà piuttosto secondo i processi, non sempreincompatibilifraloro,delcontrattoodelriconoscimento.Ildiscorsodelpotereperformativo, tratto dagli argomenti della filosofia del linguaggio ordinario,richiamaquella«magiadelleparole»cheacquistaunarilevanzaparticolarenellarappresentanzaattraversosoggetticollettivi,dove,primacherappresentare,puòessere necessario costituire il gruppo che pretende la rappresentanza, e poi«nominare» gli obiettivi e le rivendicazioni dell’azione stessa dei gruppiorganizzati.Una«magia»chesivedeall’operaneimovimentisindacaliquandotalirivendicazionisonopresentate,nominate,impostecome«diritti»dadirigentiautorizzatielegittimati.

Altri discorsi teorici risultano coinvolti in modo indiretto: sono quello delcontrollo democratico interno ai soggetti collettivi della rappresentanza (ilproblemamichelsiano) equellodell’azionecollettivaper l’ottenimentodibenipubblici, con i connessi paradossi (il problemaolsoniano). I duediscorsi sonofra loro collegati, in quanto il controllo democratico richiede quell’impegno equella partecipazione dei rappresentati che, come bene pubblico, potrebbeincorrere,senzaincentiviadeguati,nelladefezionedelfreeriding.Asuavolta,senzaforzatureoligarchiche,l’intenzionalitàdegliindividuichericercaun«noi»potrebbe essere pregiudicata dalla possibilità individuale di appropriarsi deirelativivantaggirimanendo«io».

Nellapartefinalediquestosaggioabbiamocercatodirisalirealleoriginidegliattoricollettivi, ealle strade intrapreseperaffermarli,definirli, riconoscerli. Inmodi più consueti, quando si è sicuri della natura e delle caratteristichedell’oggettoteorico,questaparteavrebbedovutoesserecollocataagliinizi.Qui,invece,siamosicurisolodellasorpresainizialeediquellocheabbiamodefinitocome«paradossodell’individualismocontemporaneo».Perilresto,lariflessioneteoricaè apparsaancoracollocata fra la sorpresadiKantorowicz, chenei suoi

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annicalifornianidelsecondodopoguerrasistupivaperl’attribuzionedelfatidico«Inc.» all’ordine benedettino, e il disincanto di Guglielmo di Occam, che seisecoli addietro negava ogni esistenza reale all’ordine francescano, a cui pureapparteneva, riconoscendolo solo come mera finzione giuridica. L’attenzionedella teoria sociale potrebbe essere utilmente sollecitata dalla riconsiderazionedelle diverse strade seguite, da giuristi e politici, in tutti questi secoli perdestreggiarsi fra la realtà sociale e la suadefinizione.Tale è stata l’intenzionenella stesura del capitolo finale, e non iniziale come forse altri si sarebberoattesi.InquestoprocedereèstatoancoraColemanasostenerel’argomentazioneconilsuoinvito,rivoltoatuttalatradizionesociologicamoderna,aconsiderarela definizione giuridica della realtà sociale, non limitandosi ad affrontare gliaspetticomportamentalidellefunzionisvoltedagliattoricollettivi,senzarisalireallanaturaealleoriginidegliattoristessi,evitandocosìilrischiodiconsideraresempre ildirittocomeconseguenzadelcambiamentosocialeenoncomepartecostitutiva di esso, secondo il monito di Harold J. Berman e delle sue«rivoluzionigiuridiche».Siamocosìrisalitialleorigini,finoall’ordinegiuridico-politicomedievale,per ritrovarcidi fronteagliargomentichehanno fondato ilconcetto di persona giuridica (e dunque di attore/soggetto collettivo che, informemolteplici,sidistinguedagliattoriindividuali).Unconcettochepuòdirsiscontato nella teoria del diritto, ma non apprezzato quanto merita in teoriasociale.

Nella risalita si potrà scoprire come siano almeno tre le vie percorse pergiungere a questo concetto. Abbiamo definito la prima come la strada delriconoscimento attraverso la finzione (o anche della definizione conautorizzazione),chericonosceInnocenzoIVcomeautorechiave,quiincontratoattraverso la ricostruzione di Francesco Ruffini. La seconda via, quelladell’invenzione, o del come se, con evidenti ascendenze teologiche, è statadescritta nella celebre opera diKantorowicz, che si fonda sugli argomenti deigiuristiinglesidelXVIsecolo.Laterzaviapuòesserericordataconlametafora

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dellascopertadelleradicireali,edècertamentericollegabileallamonumentalericostruzione della storia del diritto associativo tedesco compiuta daOtto vonGierke nella secondametà delXIX secolo. Per richiamare i poli famosi dellafilosofia medievale, potremmo inscrivere le prime due vie nell’ambito delleteorienominaliste,elaterzanell’ambitorealista.Maperlateoriasocialequesteforzature classificatorie non sono fruttuose, risultandomolto più stimolanti gliscambi e le comunicazioni fra le diverse vie. Alcuni di essi li scopriamo inparticolari frangenti storici, come quelli legati alle questioni sindacalibritannichedell’iniziodelNovecento. Il riconoscimento, infatti,nonpuòfareameno della rappresentazione dell’attore/soggetto che si vuole riconoscere (oautorizzare),equestaimmaginepuòfondarsisuunametafora(lapersona)osuun’autonoma invenzione (la persona giuridica). Finzione e invenzione a lorovoltapotrannoprocedereattraversol’agireperformativo,maaltrevoltepotrannoavvalersidiunarealtàsocialedascoprireodavalorizzarenellestrutturesocialiconcrete, nelle «radici» etniche o comunitarie. La questione dell’ammissibilitàdel voto a maggioranza, anche questa data per scontata nella teoria e nellapratica democratiche, svela la rilevanza per la contemporaneità di tale risalitaalleorigini,nonchéleragionidell’emozioneperlaformula«laCameraapprova»dacui siamopartiti perqueste conclusioni.Senza ladefinizione condivisa e ilconnesso riconoscimentodi un soggetto collettivo risulta ardua eproblematical’accettazione del voto e della decisione a maggioranza. Molte delle tensionidelle nostre convivenze democratiche, da quelle localiste a quelle connesseall’allocazionedibeni(o«mali»)pubblici,passanoattraversolaproblematicitàel’incertezzadiquestedefinizioni.

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Indicedeinomi

Accarino,Bruno,70nArrigoVII,vediEnricoVIIdiLussemburgo,imperatoredelSacroRomanoImperoAustin,JohnL.,37,73,83BaldovinodiLussemburgo,117Balfour,ArthurJ.,113nBarenberg,Mark,81nBauman,Zygmunt,17nBenedettodaNorcia,92Bentham,Jeremy,32nBenveniste,Émile,83en,85,96Berger,PeterL.,21,22Berman,HaroldJ.,71,95en,96,125Berta,Giuseppe,100nBlack,Antony,107en,109Bloch,Marc,104nBoatti,Giorgio,98Bobbio,Norberto,116Boeri,Tito,62,63Borges,JorgeLuis,60en,101,123Boudon,Raymond,26,41,67Bourdieu,Pierre,10,35,37,57,83en,84,96,109nCamus,Albert,17nCarloIVdiLussemburgo,imperatoredelSacroRomanoImpero,117Cella,GianPrimo,10,95n,116nClegg,HughA.,112Codara,Lino,48Coke,Edward,110,111nCole,G.D.H.,73,109Coleman,JamesS.,8,11,22,23n,26,30-33,34en,36,37,40-54,56,59,61,67,69,77-80,87,92,94,105,106,108,110,120-125Dahl,RobertA.,80

Page 162: Persone finte. Paradossi dell’individualismo e soggetti collettivi

Dahrendorf,Ralf,22DeFerrari,Giancarlo,100nDefoe,Daniel,17ndeSingly,François,25n,29DiBello,Anna,100nDumont,Louis,15,18,29n,99Durkheim,Émile,78EdoardoVITudor,red’Inghilterra,104Elster,Jon,25,52,89Encrevé,Pierre,83nEnricoVIIdiLussemburgo,imperatoredelSacroRomanoImpero,117Falco,Marco,100nFedericoIIHohenstaufen,imperatoredelSacroRomanoImpero,103,104nFerrari,Luigi,16nFerraris,Pino,87nFieschi,Sinibaldode’,vediInnocenzoIV,papaFoucault,Michel,60nFox,Alan,112Frank,RobertH.,42,45,49Friedländer,Saul,104nGalgano,Francesco,117,118Gierke,OttoFriedrichvon,11,29,35,46,47n,53,100en,102,107en,108,109,111,117,126GiustinianoIilGrande,imperatorebizantino,92Grandori,Anna,69n,74GregorioVII(IldebrandodiSoana),papa,11,95nGrossi,Paolo,97GuglielmodiOccam,99,125Hartley,FredA.,81Hayek,FriedrichAugustvon,29n,32enHeise,Arnold,60nHirschman,AlbertO.,90enHobbes,Thomas,8,14,15,37,55n,61,71,96,103,115,120InnocenzoIV(Sinibaldode’Fieschi),papa,11,35,36,46,100,108,117,120,126Jemolo,ArturoCarlo,100nKahneman,Daniel,52Kantorowicz,ErnstH.,8,11,35,36,46,92,93n,99,102-106,125,126Kelsen,Hans,13,15,19,28,99,120

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Kuran,Timur,93nLaski,Harold,109LeChapelier,IsaacRenéGuy,9,18,80,81,124Lindblom,CharlesE.,80Lipset,SeymourM.,49,87Luckmann,Thomas,22LudovicoIVilBavaro,imperatoredelSacroRomanoImpero,117Macpherson,CrawfordB.,55nMadison,James,75Mahler,Gustav,22nMaitland,FredericWilliam,13,28,35,36,47n,92,100n,103,107en,109-112,113en,120Malinowski,Bronisław,34nManin,Bernard,71Marsden,PeterV.,44,57nMarsiliodaPadova,117Martinelli,Alberto,65Martuccelli,Danilo,25n,29Mauss,Marcel,102nMerton,RobertK.,49enMichels,Roberto,87enMill,James,32nMill,JohnS.,32nMises,Ludwigvon,29nMosca,Gaetano,87nMounier,Emmanuel,14-16,19nNorth,DouglassC.,31Offe,Claus,65Olson,Mancur,23,24,75,87,122Paci,Massimo,22Panebianco,Angelo,26,28Paoletti,Francesco,88nParsons,Talcott,49Pedersini,Roberto,11Perelman,Chaïm,99nPitkin,HannaF.,15,48,70-76,83Pizzorno,Alessandro,15,17,21,44n,51,53-55,57,69,71,72,82,88,115nPlowden,Edmund,104

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Polanyi,Karl,34Popper,KarlRaimund,47Prodi,Paolo,95nPutnam,RobertD.,16Radin,Max,92Radkau,Joachim,28n,87nRomagnoli,Guido,87Rosanvallon,Pierre,81Rositi,Franco,11,31n,47enRousseau,Jean-Jacques,32nRuffini,Edoardo,11,35,98en,100n,114,117Ruffini,Francesco,35,59n,60n,98n,100en,101,102,106,126Runciman,David,110,113Ryan,Magnus,110,113Santambrogio,Marco,17Savigny,FriedrichCarlvon,35,100,102,107Sciolla,Loredana,36,41Searle,John,16,26,35,37,64,78-80,91n,93nSimitis,Spiros,81nSimmel,Georg,22,67,78,81n,97,114-116Smelser,NeilJ.,40Smith,Adam,53Stiglitz,JosephE.,49,74Storti,Ilaria,63nStrauss,Leo,17nSwedberg,Richard,45,50n,52,95,96Taft,Robert,81Thatcher,Margaret,47,113Thompson,ArthurF.,112Trentin,Bruno,85Trigilia,Carlo,42Trow,MartinA.,49Tversky,Amos,52Udehn,Lars,29n,32n,41,42,44n,46n,47n,108Urbinati,Nadia,73Wagner,RobertF.,82Walser,Robert,22nWeber,Max,26-28en,59,78,87n,96,107,108Wiesenthal,Helmut,65

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Wittgenstein,Ludwig,70,83enZan,Stefano,65,74Zoja,Luigi,16,17Zolla,Elémire,105n