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PROGRAMMA Pescara Presidenti: Giustino Parruti, Tiziana Quirino, Paolo Bonfanti

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PROGRAMMA

Pescara

Presidenti: Giustino Parruti, Tiziana Quirino, Paolo Bonfanti

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Il V Workshop Nazionale organizzato dal Gruppo CISAI, è dedicato alla gestione clinica delle co-morbidità che sempre più frequentemente ci troviamo a dover affrontare in pazienti con infezione da HIV.

Le “patologie concomitanti” che per tanto tempo sono state inquadrate come effetti tos-sici della terapia antiretrovirale, sono oggi più chiaramente interpretate come danni d’organo, conseguenza di interazioni fra variabili legate all’ospite, al virus stesso e ai farmaci utilizzati per il trattamento dell’infezione.

Le patologie che abbiamo deciso di approfondire sono in realtà le stesse affrontate negli ultimi anni; alterazione della funzionalità renale, del metabolismo dell’osso e patologie a carico dell’ apparato cardiovascolare sono ormai problemi quasi predominanti nei pazienti con infe-zione da HIV e contrassegnano questa fase della storia dell’infezione. I risultati dei più recenti studi clinici hanno cambiato, come è noto, l’interpretazione di queste patologie: non più solo conseguenza del trattamento antiretrovirale ma vere e proprie co-morbidità in cui il ruolo del virus è centrale anche nelle fasi asintomatiche dell’infezione.

In relazione a queste considerazioni il programma si è arricchito di argomenti che non sono solo inerenti la tollerabilità e la safety della terapia ma che impegnano ogni giorno il cli-nico “sul campo”, nel tentativo di ridurre al minimo le conseguenze anche secondarie dell’in-fezione da HIV.

Come nella tradizione di questo Workshop, abbiamo voluto sviluppare questi temi po-nendo a confronto le prospettive di differenti specialisti e cercando di portare alla ribalta, con le sessioni di comunicazioni, la ricerca clinica che in questo campo viene sviluppata in molti centri italiani.

Tiziana Quirino, Giustino Parruti, Paolo Bonfanti

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Con il Patrocinio

Presidenti del Convegno

Segreteria Scientifica

Segreteria Organizzativa

Giustino Parruti, Tiziana Quirino, Paolo Bonfanti

Antonio Di BiagioGiordano MadedduFrancesca VichiCanio MartinelliPaolo Maggi

Giancarlo OrofinoGiuseppe De SocioElena RicciGiovanni Penco

via Tertulliano, 37 - 20137 Milanotel. +39 02 5469912fax +39 02 29510473

[email protected]

www.cisai.info e-mail: [email protected]

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RELATORI E MODERATORI

Gioacchino Angarano Università di Bari

Andrea Antinori I.N.M.I. L. Spallanzani, Roma

Pietro Balestra I.N.M.I. L. Spallanzani, Roma

Maurizio Bevilacqua A.O. L. Sacco, Milano

Paolo Bonfanti A.O. A. Manzoni, Lecco

Stefano Bonora Università di Torino

Marco Borderi Università di Bologna

Simona Bossolasco A.O. San Raffaele, Milano

Raffaele Bruno Università di Pavia

Giampiero Carosi A.O. Spedali Civili, Brescia

Antonella Castagna A.O. San Raffaele, Milano

Paola Cinque A.O. San Raffaele, Milano

Fabrizio d’Adda di Fagagna Fondazione IFOM, Milano Antonella d’Arminio Monforte Università di Milano

Giuseppe De Socio A.O. di Perugia

Steven Deeks University of California, San Francisco, Usa

Antonio Di Biagio A.O. San Martino, Genova

Dante Di Giammartino A.O. di Teramo

Daniel Douek National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Bethesda, Usa

Giovanni Gaiera A.O. San Raffaele, Milano

Massimo Galli Università di Milano

Laura Galli A.O. San Raffaele, Milano

Simonetta Gerevini A.O. San Raffaele, Milano

Alessandro Grimaldi ASL L’Aquila

Giovanni Guaraldi Università di Modena

Francesco Leoncini A.O. Careggi, Firenze

Sergio Lo Caputo A.O. Santa Maria Annunziata, Firenze

Paolo Maggi Università di Bari

Renato Maserati A.O. San Matteo, Pavia

Francesco Mazzotta A.O. Santa Maria Annunziata, Firenze

Giulia Morsica A.O. San Raffaele, Milano

Maria Stella Mura Università di Sassari

Cristina Mussini A.O. Policlinico di Modena

Paola Nasta A.O. Spedali Civili, Brescia

Santi Nigrelli A.O. Santa Maria Annunziata, Firenze

Maurizio Paoloni A.O. di Avezzano

Giustino Parruti A.O. di Pescara

Carlo-Federico Perno Università Tor Vergata, Roma

Stefania Piconi A.O. L. Sacco, Milano

Eligio Pizzigallo A.O. Santissima Annunziata, Chieti

Giacomo Pucci Università di Perugia

Tiziana Quirino A.O. di Busto Arsizio (Va)

Peter Reiss University of Amsterdam, Netherlands

Giuliano Rizzardini A.O. L. Sacco, Milano

Paolo Scarpellini A.O. San Raffaele, Milano

Giuseppe Schillaci Università di Perugia

Gloria Taliani Università La Sapienza, Roma

ValerioTozzi I.N.M.I. L. Spallanzani, Roma

Jacopo Vecchiet Università di Chieti

Fabio Vescini A.O. di Gorizia

Raffaele Visintini A.O. San Raffaele, Milano

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• Approccio Diagnostico e Management dei Disturbi Neurocognitivi del Paziente HIV-Positivo.

Direttore del Seminario: Paola Cinque, A.O. San Raffaele, Milano

Il seminario è realizzato grazie ad un educational grant di Abbot.

• Upgrade sul Management del Paziente con Coinfezione HIV-HCV.

Direttore del Seminario: Gloria Taliani, Università La Sapienza, Roma

Il seminario è realizzato grazie ad un educational grant di MSD e Schering-Plough.

• Inquadramento e Management delle Patologie Cardiovascolari.

Direttore del Seminario: Giuseppe Schillaci, Università di Perugia

Il seminario è realizzato grazie ad un educational grant di Gilead.

• Approccio al Paziente “Late Presenter”.

Direttore del Seminario: Antonella Castagna, A.O. San Raffaele, Milano

Il seminario è realizzato grazie ad un educational grant di Bristol-Myers Squibb.

• Chronic Inflammation: Mortality and Morbidity in the Era of ART.

Direttore del Seminario: Daniel Douek, National Istitute of Allergy and Infectious Diseases, Bethesda, USA

Il seminario è realizzato grazie ad un educational grant di Janssen.

SEMINARI PREWORKSHOP20 gennaio 2011 - ore 9.00-13.00

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Ore 14.00 Saluto delle Autorità

Ore 14.15 Presentazione del Workshop Giustino Parruti, Tiziana Quirino, Paolo Bonfanti

Ore 14.30 Lettura Inaugurale - Moderatore: Giuliano Rizzardini Meccanismi biologici legati all’invecchiamento Fabrizio d’Adda di Fagagna

Ore 15.00 Sessione I Moderatori: Giampiero Carosi ,Giovanni Guaraldi, Massimo Galli Relazioni pericolose Osteoporosi e malattia cardiovascolare Marco Borderi Danno renale e malattia cardiovascolare Paolo Maggi

Malattia dell’osso e impairment renale Fabio Vescini

Ore 16.30 Coffee -Break

Ore 17.00 Sessione II Moderatori: Eligio Pizzigallo, Maria Stella Mura, Maurizio Paoloni, Alessandro Grimaldi Comunicazioni libere

Ectopic fat is a surrogate marker of CVD in patients with HIV Gabriella Orlando Vitamina D e rischio cardiovascolare nei pazienti HIV+ Katia Falasca

20 Gennaio 2011

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Recombinant gp120 and HIV-1 decrease the survival of human vessel wall derived mesenchymal stem cells, and lead to a differentiation toward adipocyte cell into the vessel wall Marco Borderi

L’immunoattivazione indotta dalla traslocazione microbica si associa ad aterosclerosi in pazienti HIV positivi in corso di HAART Esther Merlini Haemostatic markers and instrumental parameters of cardiovascular risk in HIV naïve patients Paola Corsi

Ipovitaminosi D e metabolismo glucidico in un campione di pazienti HIV experienced Laura Carenzi

Marcatori precoci del danno tubolare prossimale in pazienti affetti da HIV trattati con Tenofovir (TDF) vs Abacavir (ABV) Chiara Bellacosa

Ore 18.30 Conclusione dei lavori

20 Gennaio 2011

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21 Gennaio 2011

Ore 9.00 Lettura - Moderatore: Francesco Mazzotta Il management del paziente anziano Andrea Antinori

Ore 9.30 Sessione III - tavola rotonda Moderatori: Giustino Parruti, Paolo Bonfanti, Tiziana Quirino Gestione delle comorbidità HIV-correlate: tra pratica clinica e indagine scientifica Speaker: Giuseppe Schillaci, Maurizio Bevilacqua, Santi Nigrelli Discussant: Sergio Lo Caputo, Stefano Bonora, Antonio Di Biagio

Ore 11.00 Coffee Break

Ore 11.30 Sessione IV Moderatori: Jacopo Vecchiet, Francesco Leoncini, Dante Di Giammartino Comunicazioni libere

Impiego della farmacogenetica nella pratica clinica: il caso di atazanavir Laurenzia Ferraris

Predittori indipendenti di fibrosi epatica in pazienti HIV positivi con epatopatia non alcolica Monica Schiavini

Prevalenza e fattori di rischio associati a fratture sub-cliniche in una coorte di pazienti HIV positivi e utilità dell’algoritmo di FRAX® nell’identificazione della popolazione a rischio Lidia Gazzola Serum urate levels during first-line HAART Vincenzo Spagnuolo Costs of Non-Infectious Co-Morbidities in patients with HIV Giovanni Guaraldi

Depressione ed alessitimia come rilevanti predittori di basso rischio di demineralizzazione ossea in una coorte di pazienti HIV positivi Francesco Vadini

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Il disturbo d’ansia nella popolazione HIV+ in terapia antiretrovirale Benedetto Maurizio Celesia

Ore 13.00 Lunch Ore 14.30 Lettura - Moderatore: Antonella d’Arminio Monforte I tumori non HIV-correlati Cristina Mussini

Ore 15.00 Sessione V Moderatori: Gioacchino Angarano, Carlo Federico Perno Aggiornamenti sul coinvolgimento epatico in corso di infezione da HIV

I nuovi farmaci anti-HCV: profilo di tossicità ed interazioni Paola Nasta Meccanismi di danno epatico non virus correlato Raffaele Bruno

Ore 16.00 Conclusioni Giustino Parruti, Tiziana Quirino, Paolo Bonfanti

21 Gennaio 2011

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POSTER

Approccio multidisciplinare per la diagnosi e il trattamento della sindrome lipo-distrofica: primo anno di attività dell’ambulatorio “lipodistrofia e dismetabolismi” presso l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino. Criticità e fattibilità

Orofino G., Guastavigna M., Martinoglio P., Demarie D., Penoncelli D., Zignin C., Tettoni M., Desiderato P., Di Frenna RM., Tomassetti F..

Ambulatorio per il trattamento multidisciplinare di lipodistrofie e dismetabolismi HIV correlate ASL TO2, Torino

Aterosclerosi carotidea e rischio cardiovascolare in 94 pazienti con infezione da HIV-1

Calza L.1, Verucchi G.1, Colangeli V.1, Manfredi R.1, Tedeschi S.1, Trapani F.1, Serra C.2, Viale P.1.

1- U.O. Malattie Infettive e 2Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Policlinico S.Orsola-Malpi-ghi, “Alma Mater Studiorum” Università di Bologna

Attività Fisica Adattata come strumento di intervento nella correzione e pre-venzione degli effetti collaterali tardivi della ART - Progetto “Walking to health”, Ospedale Amedeo di Savoia Torino

Tettoni M.1, Guastavigna M.1, Orofino G.1, Penoncelli D.1, Martinoglio P.1, Desiderato P.1, Demarie D.1, Di Frenna R.1, Tomassetti F.1, Marangoni L.2, Zignin M.2, Zignin C.2.

1- Ambulatorio per il trattamento multidisciplinare di lipodistrofie e dismetabolismi HIV correlati2 - SUISM Torino

Chronic Obstructive Lung Disease: another HIV-related comorbidity?

Madeddu G.1, Fois A.G, Calia GM.1, Becciu F, Piras B.2, Fiori ML.1, Soddu V.1, Spada V.2, Lovigu C.1, Mannazzu M.1, Pirina P.2 and Mura MS.1.

1- Department of Infectious Diseases, University of Sassari, Italy 2 - Departement of Respiratory Diseases, University of Sassari, Italy

Comparsa di una grave reazione isteriforme a fine trattamento anti-HCV in un paziente HIV+

Di Stefano F., Dalessandro M., Mariani R., Ranelli A., Paoloni M..

U.O. Malattie Infettive -Osp. “SS Filippo e Nicola”- Avezzano (AQ)

Effetti nefroprotettivi del telmisartan in pazienti HIV positivi ipertesi

Falasca K., Ucciferri C., Mancino P., Vignale F., Corbo M., Pizzigallo E., Vecchiet J..

Clinica Malattie Infettive, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara)

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Epatite acuta in paziente HIV positivo. Tossicità da farmaci o sindrome da immu-no-ricostituzione?Cellini A.

U.O.C. Malattie Infettive - L’Aquila

Il trattamento con steroidi è innocuo nei pazienti in HAART? Descrizione di un caso clinico

Menzaghi B., Abeli C., Chebat E., Quirino T.

U.O. Malattie Infettive Ospedale di Busto ArsizioU.O. Endocrinologia Ospedale “L. Sacco”, Milano

Iperglicemia e terapia ipoglicemizzante nei pazienti HIV positivi sottopostiad HAART

Calza L., Colangeli V., Manfredi R., Tedeschi S., Trapani F., Viale P.

U.O. Malattie Infettive Policlinico S.Orsola-Malpighi, “Alma Mater Studiorum” Università di Bologna

La valutazione universale della densità ossea è costo-efficace nei pazienti HIV positivi in follow-up

Mazzotta E.1, Vadini F.1, Ursini T.1, Di Nicola A.2, Zicolella R.3, Agostinone A.1, Sozio F.1, Placido G.1, Pieri A.1, Di Matteo L.3, De Francesco V.2, Alterio L.1, Manzoli L.4, Parruti G.1.

1- U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara;2 - U.O.C. di Medicina Nucleare, Ospedale di Pescara;3 - U.O.C. di Reumatologia, Ospedale di Pescara4 - Sezione di Epidemiologia e Sanità Pubblica, Università di Chieti

Le tre “ere” della HAART basata su PI: valutazione comparativa dell’ insorgenza di lesioni ateromasiche subcliniche

Lenoci FD., Altamura M., Bellacosa C., Ladisa N., Angarano G., Maggi P.

Dipartimento di Malattie Infettive, Università di Bari

Miglioramento del profilo metabolico dopo switch a Darunavir/r(DRV/r) in pazienti (pz) HIV-positivi viro-soppressi in terapia antiretrovirale di combinazione (cART)

Vignale F., Ucciferri C., Falasca K., Mancino P., Pizzigallo E., Vecchiet J.

Clinica Malattie Infettive- Università “G. D’Annunzio”-Chieti

POSTER

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Osteonecrosi dei quattro arti: fra nuovi farmaci antiretrovirali e vecchie dipendenze

Rossotti R., Molteni C., Bonfanti P.

SC Malattie Infettive e Tropicali, AO “A. Manzoni”, Lecco.

Pazienti ipertesi HIV- trattati con telmisartan: efficacia antipertensiva e effetti me-tabolici

Ucciferri C., Falasca K., Mancino P., Vignale F., Di Biase J., Pizzigallo E., Vecchiet J.Clinica Malattie Infettive, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara

Policitemia in una popolazione di soggetti con infezione da HIV cronica in tratta-mento antiretrovirale

Orofino G.1, Guastavigna M.1, Carosella S.1, Farenga M.1, Caramello P.1, Ghisetti V. 2, Larizza E.3

1- Divisione A di Malattie Infettive, Ospedale Amedeo di Savoia, Torino, 2 - Laboratorio di virologia e microbiologia, Ospedale Amedeo di Savoia3 - SoSD Oncoematologia ASL TO2 , Torino

Qualità della vita in una coorte locale di pazienti con infezione da HIV: rivalutazio-ne dei fattori psicologici come predittori di peggioramento

Vadini F.1, Mazzotta E.2, Ursini T.2, Agostinone C.1, Sozio F.2, Placido G.2, Di Stefano P.1, Di Masi F.2, Manzoli L.3, Parruti G.2.

1 - Servizio di Psicoinfettivologia, U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara2 - U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara3 - Sezione di Epidemiologia e Sanità Pubblica, Università di Chieti

Sindrome di Cushing iatrogena in paziente Hiv+ in terapia con Ritonavire Fluticasone inalatorio

Tettoni M., Calcagno A., Bigliano P., Trentini L., Marinaro L., Bracchi M., Bonora S., Audagnotto S., Bertucci R., Rostagno R., Libanore V., Di Perri G.

Clinica Universitaria Malattie Infettive Ospedale Amedeo di Savoia, Torino

Strategie di intervento su soggetti HIV o HCV positivi, con alterazioni metaboliche e immunitarie

Rosella E.

U.O.Igiene e Sanità Pubblica, ASL MB.

TBC XDR: a case report

Tarquini P., Falconi Di Francesco L., Di Ottavo L., Di Giammartino D.

ASL 204 Ospedale Mazzini piazza Italia 1, 64100 Teramo

POSTER

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POSTER

Terapia con etanercept in un paziente affetto da infezione da HIV e artrite psori-siaca

Dalessandro M., Mariani R., Paoloni V., Ranelli A., Ranelli A., Paoloni M.

U.O. Malattie Infettive -Osp. “SS Filippo e Nicola”- Avezzano (AQ)

Variazioni dei linfociti CD4 associate alla chemio e alla radioterapia, nelle neopla-sie virus associate dei pazienti con infezione da HIV

De Socio GV., Pallotto C., Patacca A., Sgrelli A., Cecchini E., Corgna E., Lupattelli M., Baldelli F.

Clinica delle Malattie Infettive di Perugia

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INFORMAZIONI GENERALI

Segreteria Organizzativa

via Tertulliano, 37 - 20137 Milanotel. +39 02 5469912fax +39 02 [email protected]

Sede del Workshop:

Romantik Hotel Sporting Villa MariaContrada Pretaro66023 Francavilla al Mare (Chieti)Tel. +39 085 45005507Fax +39 085 693042www.sportingvillamaria.it

Iscrizioni al Workshop:

L’iscrizione è gratuita e comprende:• Partecipazione ai lavori congressuali• Kit congressuale• Coffee break e colazione di lavoro del 20 e del 21 gennaio• Cena del Congresso il 20 gennaio• Attestato di partecipazione• Attestato ECM (spedito per posta)

Audiovisivi

La presentazione orale, in formato Power Point, salvata su pen USB o cd rom deve essere consegnata al deskaudiovisivi almeno 45 minuti prima dell’inizio della presentazione.Per motivi di ordine tecnico non è possibile collegare il proprio PC al videoproiettore di sala.

Poster

I poster su supporto cartaceo dovranno essere delle dimensioni di cm. 70 di base per 100 di altezza e dovranno essere affissi in sala Gardenia, negli spazi contrassegnati, dalle ore 13.00 del 20 gennaio alle ore 16.00 del 21 gennaio 2011

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ABSTRACTS

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O 01Ectopic fat is a surrogate marker of CVD in patients with HIV

Orlando G.1, Zona S.1, Carli F.1, Bagni P.1, Menozzi M.1, Cocchi S.1, Scaglioni R.1, Ligabue G.1, Raggi P.2, Guaraldi G.1

1- University of Modena and Reggio Emilia, Italy.2 - Emory University, Atlanta, Georgia, USA.

Objectives. The aim of this study was to evaluate the association between general adiposity (BMI, waist circumference) and ectopic fat measurements (visceral adipose tissue (VAT); Liver Fat (LF); Epicardial Adipose Tissue (EAT) with prevalent cardiovascular disease (CVD) defined as prior myocardial infarction, coronary revascularization, stroke, peripheral vascular disease in male patients with HIV infection with or without lipodystrophy.

Methods. Observational study of 583 consecutive HIV infected ART experienced men. BMI, waist circumference were collected, while VAT, EAT and FL (defined as Liver to Spleen ratio <1.1) were measured on the same CT scans. Lipodystrophy was diagnosed according to MACS criteria. Univariate analyses were conducted to explore factors associated with CVD. A backward stepwise multivariable multilevel Poisson regression analysis including 825 observations was performed to identify independent associated factors with CVD including the following variables: age, BMI, waist circumference, EAT, VAT, FL, current CD4, triglycerides, total cholesterol, ApoB/ApoA, smoking, hypertension, diabetes mellitus, and cumulative exposure to ART. Comparison between sensitivity and specificity of ectopic fat measurements were calculated with Roc curves.

Results. Patients’ mean age was 48.5±8.1 years. Prevalence of CVD was 33 (5.7% of sample). In univariate analyses patients with CVD differed from those without for the following variables: age (54±8 vs 48±8, p<.001), BMI (24±3 vs 26±3, p=.024), VAT cm3 (207±86 vs 145±72, p<.001), EAT cm3 (106[IQR 81;169] vs 81 [IQR 56;103], p<.001), CDC group C (45% vs 25%, p=.012), ApoB/ApoA ( 0.8±0.2 vs 0.7±0.4, p=.031).Factors independently associated with CVD in multivariable analysis were age (IRR=1.07, 95% CI 1.02;1.12), smoking (IRR=2.70, 95% CI 1.22;6.01), CDC group C (IRR=3.09, 95% CI 1.41;6.76), EAT per 10 cm3 (IRR=1.13, 95% CI 1.04;1.24), LF per 0.1 increase (IRR=1.17, 95% CI 1.04;1.32),and VAT per 10 cm3 (IRR=1.05, 95% CI 1.00;1.10). EAT and VAT were associated to previous CVD with the same sensitivity and specificity (p=0.578) (Figure 1).

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O 01

Conclusions. In our cohort of HIV infected men, few traditional cardiovascular risk factors, namely age and smoking, and measurements of ectopic fat were associated with CVD. EAT and VAT, better than LF were associated with CVD.

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O 02Vitamina D e rischio cardiovascolare nei pazienti HIV+

Falasca K., Di Biase J., Ucciferri C., Mancino P., Vignale F., Corbo M., Pizzigallo E., Vecchiet J.

Clinica Malattie Infettive, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara.

Introduzione: Diversi sono gli studi che dimostrano una forte associazione tra deficit vitamine D (vitamina D) rischio cardiovascolare (RCV) nella popolazione generale. Studi circa la carenza di vitamina D in corso di infezione da HIV sono pochi. Lo scopo di questo studio era di analizzare l’associazione con vitD e RCV in pazienti HIV+.

Materiali e metodi: Sono stati arruolati un totale di 120 pazienti HIV+, sono stati suddivisi in base al RCV calcolato secondo la formula del Framingham Risk Score. Sono stati analizzati i seguenti parametri: pressione arteriosa sistolica (PAS) e diastolica (PAD), trigliceridi (TG), colesterolo totale (ColTot), HDL, LDL, glicemia, indice HOMA, BMI, PCR, VES, microalbuminuria, cistatina C, Na, K, Ca, Vitamina D.

Risultati. I 28 pazienti (età media di 52±11 aa) con il RCV alto (> 10%) hanno mostrato livelli statisticamente più bassi di vitamina D sierica rispetto ai 92 pazienti con RCV basso (≤ 10%) (13±11 vs 20±12 mg/dl; p<0.01). I pazienti con alto RCV hanno mostrato livelli statisticamente più alti di PAS, TG, ColTot, glicemia e più bassi livelli di HDL rispetto ai pazienti con RCV basso. Inoltre un’analisi di regressione multipla ha evidenziato che ad ogni diminuzione di 10 mg/dl di vitamina D si ha un aumento del RCV dell’85% (OR 1.85, IC 95% da 1.07 a 3.76; p <0.04), indipendentemente dalla durata di malattia e dal numero di CD4.

Conclusioni. È noto che nella popolazione generale i livelli di vitamina D sono stati inversamente correlati con la malattia arteriosa coronarica, associata a ipertensione arteriosa, diabete mellito e dislipidemia. Recentemente è stato dimostrato che la vitamina D ha effetti sulle funzioni endoteliali e riduce la calcificazione vascolare. Inoltre la calcificazione delle arterie coronarie è inversamente correlata con i livelli di vitamina D. I potenziali meccanismi alla base di questa associazione sembrano essere diversi e dovuti sia ad un aumentata calcificazione delle arterie, con deficit delle funzioni endoteliali, sia ad un effetto diretto sulla contrattilità cardiaca che di disregolazione delle citochine infiammatorie. Dal nostro studio emerge che anche nei pazienti HIV+ il deficit di vitamina D si associa ad un aumento del RCV. Tale deficit sarebbe indipendente dalla durata dell’infezione, ma non dalla presenza stessa del virus HIV.

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Recombinant gp120 and HIV-1 decrease the survival of human vessel wall derived mesenchymal stem cells, and lead to a differentiation toward adipocyte cell into the vessel wall

Borderi M.1, Gibellini D.2, Colangeli V.1, Calza L.1, Manfredi R.1, Marsiglia C.3, Taliani G.3, Re MC.2, Viale P.1.

1 - Istituto Malattie Infettive – Policlinico S.Orsola-Malpighi - Bologna2 - Istituto Microbiologia – Policlinico S.Orsola-Malpighi - Bologna3 - Istituto Malattie Infettive – Università La Sapienza – Roma

Background. Pluripotent MSCs were isolated in the adventitia and in subendothelial region of vessels and can be differentiated towards several cell lineages such as endothelial cells, osteoblasts, adipocytes and smooth muscle cells. Hence, these cells may be a target of HIV and/or viral proteins inducing direct or indirect induction of vessel damages. We have focused our attention on two main aspects represented by the direct effects of HIV-1 challenge and gp120 treatment on primary vessel wall MSCs and the impact of viral action on MSC differentiation towards specific lineages in order to identify possible mechanisms involved in the derangement of vascular structure observed in HIV-1 positive individuals.

Materials and Methods. Human arterial segments of femoral arteries from three male heart-beating donors were harvested, processed for immunohistochemical examination and used for cell isolation. The characterization of isolated cells, as mesenchymal stem cells (MSCs), was carried out through flow cytometry procedure and multi-differentiation potential analysis. The apoptotic cells were analyzed on primary sub-confluent MSCs challenged with HIV-1 strains, hi HIV-1 strains or gp120. PPARγ transcription factor activity was detected by TransAM PPARγ kit. The data are expressed as means+standard deviation (SD) of three separate experiments performed in duplicate. Statistical analysis was performed using two-tailed Student’s t-test.

Results. R5 and X4 HIV-1 laboratory strains were challenged with MSCs determining that these strains are able to entry and integrate their retrotrascribed proviral DNA in the host cell genome. HIV-1 strains, recombinant gp120 (rgp120) and heat-inactivated HIV-1 strains elicited a reliable increase of apoptosis in subconfluent MSCs through the interaction between rgp120 and cell membrane. We have challenged HIV-1 strains, rgp120 and heat-inactivated HIV-1 strains on MSCs differentiated to adipogenesis and endotheliogenesis displaying that the adipogenesis is increased especially through the PPARγ activity up-regulation whereas the endothelial differentiation, induced by VEGF treatment, was clearly impaired by the same treatment with a down-regulation of endothelial markers such as vWF, VEGF-R1 and R2 expression.

Discussion. Our study indicates that HIV and recombinant gp120 have a strong direct impact on vessel wall MSC biology and differentiation, suggesting a possible role of viral infection in the vessel damage, atherosclerosis degeneration and adipogenesis induction detectable in several HIV-infected patients. Our data suggest an additional mechanism in the damage of vessel wall and endothelial layer involving the MSC role in the vessel structure homeostasis. In fact, HIV affects the MSC biology acting both on primary MSCs and MSCs differentiated to adypocyte and endothelial cells. In addition, the impairment of MSC differentiation is noteworthy because in the atherosclerothic vessel degeneration it is possible remark some peculiar lesions such as cartilaginous metaplasia with endocondral ossification, fat tissues especially in inflammatory abdominal aortic aneurysms, that are not well explored and that might be related to MSC differentiation derangement.

O 03

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O 04L’immunoattivazione indotta dalla traslocazione microbica si associa ad aterosclerosi in pazienti HIV positivi in corso di HAART

Merlini E.1, Bai F.1, Suardi E.1, Bellistrì GM.1, Cristina M.2, Bini T.1, d’Arminio Monforte A.1, Marchetti G.1

1- Clinica di Malattie Infettive e Tropicali, Ospedale San Paolo, Università di Milano, Italia;2- Cattedra di Medicina Interna, Ospedale San Paolo, Università di Milano, Italia

Razionale. I pazienti HIV positivi in corso di HAART mostrano un aumentato rischio di aterosclerosi e di eventi cardiovascolari. Una delle principali cause dell’aterogenesi è l’infiammazione antigene-mediata attraverso l’interazione di componenti batterici con recettori espressi sui macrofagi endoteliali, che sti-molano la liberazione di citochine proinfiammatorie, alimentando quindi la progressione dell’ateroma. Poichè i pazienti HIV-infetti presentano alti livelli di prodotti batterici nel circolo sanguigno, abbiamo ipo-tizzato che i marcatori di infiammazione e di traslocazione microbica potessero essere associati ad una maggiore aterosclerosi, valutata come spessore dell’intima media carotidea (IMT).

Metodi. Sono stati arruolati 94 pazienti HIV positivi in corso di terapia antiretrovirale. Abbiamo misurato IMT (Doppler), l’attivazione su linfociti CD4 e CD8 (CD38+, CD45R0+CD38+), il differenziamento cellula-re (CD127+), l’apoptosi (CD95+) (citofluorimetria), i livelli plasmatici di sCD14, IL-6, TNF-alpha, sVCAM-1 (ELISA) e di LPS (LAL). I confronti tra gruppi sono stati effettuati mediante test di Mann Whitney o del Chi-quadro, o correlazione di Pearson. I fattori associati ad IMT sono stati valutati mediante regressione logistica.

Risultati. 29 pazienti mostrano un IMT patologico (pIMT: ≥1mm) mentre 65 pazienti hanno un IMT normale (nIMT:<1mm). I due gruppi sono paragonabili per CD4 correnti (pIMT 451; nIMT 482/µL), nadir di CD4 (287; 236/µL), carica virale (1.6Log cp/mL) e durata della HAART (5; 5.5 yrs). I pazienti con pIMT hanno un’età maggiore (52; 47anni, p=.001) e sono più frequentemente HCV-coinfetti (51; 28%, p=.021) rispetto a pazienti con nIMT. Nonostante comparabili livelli plasmatici di LPS, i pazienti con pIMT hanno evidenziato più alti livelli di sCD14 (4.9; 4.4 µg/mL; p=.009) e di IL-6 (1.2; 0.7 pg/mL, p=.014), una più alta proporzione di CD8 attivati CD45R0+CD38+ (11; 8%, p=.028) e di CD95+CD8 apoptotici (2; 1%, p=.035), ed una tendenza verso più bassi CD127+CD4 (19; 16%, p=.08). Nessuna differenza nei livelli plasmatici di TNF-alpha e sVCAM-1 è stata riscontrata. IMT correla positivamente con sCD14 (R=0.36, P=.001), IL-6 (R=0.28, P=.008), TNF-alpha (R=0.19, P=.082), sVCAM-1(R=0.26, P=.017), CD95+CD8 (R=0.26, P=.016) e CD38+CD8 attivati (R=0.19, P=.072) e negativamente con CD4 (R=-0,24, P=.022) e CD127+/4 (R=-0,22, P=.035). Nell’analisi univariata, sCD14 (OR 1.18, 95%CI 1.04-1.33, p=.008), HCV (OR 2.86, 95%CI 1.15-7.08, p=.023) e Framingham risk score (OR 1.17, 95%CI 1.03-1.32, p=.014) risultano essere predittori di IMT .

Conclusioni. I pazienti HIV positivi trattati con HAART e caratterizzati da danno vascolare ateroscle-rotico, presentano un profilo immunologico attivato/senescente, apoptotico e pro-infiammatorio, con un’elevata traslocazione microbica. La correlazione tra sCD14 e IMT permette di ipotizzare che l’atti-vazione immune conseguente a traslocazione sistemica di prodotti batterici potrebbe contribuire ad un aumentato rischio cardiovascolare in pazienti HIV positivi trattati.

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O 05Haemostatic markers and instrumental parameters of cardio-vascular risk in HIV naïve patients.

Corsi P., Martinelli C., Carocci A., Leoncini F

Infectious Disease Unit, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Florence, Italy.

Background: Large studies suggest that cardiovascular disease among HIV-infected patients is as-sociated with traditional risk factors such as smoking, hypertension, dyslipidemia as well as specific me-tabolic abnormalities linked to antiretroviral therapy, including diabetes. The objective of this pilot study was to evaluate the haemostatic parameters of cardiovascular risk in naïve HIV patients, transthoracic echocardiographic findings and carotid intima-media thickness.

Methods: 18 HIV+ subjects naïve for antiretroviral drugs were enrolled in this study. Markers of endo-thelial damage and hypercoagulability were evaluated. These included prothrombin activation fragment F1+2 (F1+2), plasma levels of thrombin-antithrombin complex (TAT), D-Dimer (DD), plasminogen acti-vator inhibitor (PAI), tissue-type plasminogen activator (t-PA), homocysteine, and von Willebrand factor (vWF). Carotid duplex coded ultrasound color scan and transthoracic echocardiography was performed.

Results: The mean age of the study population was 41.5 years, 94% were males, 25% were smokers, 18% had hypertension, 12% had reduced carbohydrate tolerance. Mean CD4 cell count was 485/mmc and mean plasma HIV-RNA load was 125.506 copies/ml. The average time of known HIV status was 3 years. The Framingham cardiac risk score was not applicable in three patients because of age less than 30 years. In the other 15 patients mean CHD risk was 6%. None presented personal or family history of CHD. As regarding markers of endothelial damage and hypercoagulability, vWF resulted to be elevated in 44.4%, PAI in 33.3%, t-PA in 11.1% and TAT in 22.2% of the patients. The average value of intima media thickness was 0.6 mm and in two patients was greater than 0.9 mm. None of these patients presented pulmonary hypertension, abnormal left ventricular mass, altered diastolic function or endocardial disease.

Conclusions: Our data underline the presence of an endothelial damage, hypercoagulability state and intimal thickening in a high parcentage of naïve HIV+ patients which may represent an adjunctive risk for cardiovascular diseases. Echocardiography has instead an important role for follow-up of cardiovascular diseases. Prospective studies are needed to fully analyse the impact of HAART therapy on the develop-ment of cardiac abnormalities and to evaluate the potential complications due to their administration. In patients at high risk, cardiovascular prophylaxis could be indicated.

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Ipovitaminosi D e metabolismo glucidico in un campione di pazienti HIV experienced

Carenzi L.1, Pocaterra D.1, Ricci E.1, Schiavini M.1, Meraviglia P.1, Minisci D.1, Campaniello M.1, Gervasoni C1., Bevilacqua M.2, Rizzardini G.1, Bonfanti P.1.

1- Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale Luigi Sacco, Milano2- UO di Endocrinologia – Ospedale Luigi Sacco, Milano

Introduzione. L’elevata prevalenza di ipovitaminosi D nella popolazione generale e nei pazienti HIV-positivi sta assumendo sempre più rilevanza clinica in considerazione del ruolo che la vitamina D svolge nell’ambito del rischio cardiovascolare e della immuno-regolazione, nel metabolismo osseo e glucidico . In particolare, la vitamina D sembra aumentare la sensibilità all’insulina e stimolarne il rilascio dalle cellule pancreatiche. Numerosi studi hanno evidenziato un’ associazione tra ipovitaminosi D ed insulinoresistenza. Inoltre è stata riportata un’associazione tra ipovitaminosi D e bassi valori di IGF1, ormone insulino-simile ad attività anabolica prevalentemente sul tessuto cartilagineo e muscolare.

Metodi. È stata condotta un’analisi cross-sectional in un campione di pazienti afferenti all’ambulatorio di gestione integrata delle tossicità HAART-correlate (A.G.I.T.A.), considerando i parametri immunovirologici (CD4, VL), la glicemia, l’insulinemia, l’indice HOMA (Homeostasis Model Assesment), l’emoglobina glicata (HbA1c), il fattore di crescita insulino-simile (IGF1), il peptide-C, i livelli sierici di 25-idrossicolecalciferolo, il paratormone (PTH) e la terapia antiretrovirale. La vitamina D ed i parametri del metabolismo glucidico sono stati correlati tramite il coefficiente di correlazione di Pearson. Le caratteristiche dei soggetti con e senza ipovitaminosi D sono state confrontate attraverso il t-test o il Mann Withney U test per le variabili continue ed il test chi-quadro per le variabili categoriche.Per valutare simultaneamente l’effetto di diverse variabili, abbiamo utilizzato una regressione logistica multipla non condizionale , con il metodo della massima verosimiglianza, per ottenere gli odds ratios (OR) e gli intervalli di confidenza al 95% corrispondenti (CI), con lo scopo di valutare l’associazione tra ipovitaminosi D (<30ng/ml) e le variabili di interesse.

Risultati. Il campione di 275 pazienti arruolati era costituito nel 57.8% da uomini, con un’età media di 47 anni. L’ipovitaminosi D era presente in 220 (80%) pazienti. 162 (58,9%) erano in terapia con TDF, 174 (63,3%) con PI e 48 (17,4%) con EFV. Nessuna correlazione è emersa tra l’ipovitaminosi D e i diversi trattamenti antiretrovirali. E’ emersa invece una correlazione significativa tra livelli plasmatici di vitamina D e l’insulinemia (r = - 0.16, P 0.0065), l’indice HOMA (r = - 0.15, P 0.01) e l’ HbA1c (r = - 0.13, P 0.04). La regressione logistica univariata mostrava inoltre una relazione significativa tra vitamina D e livelli di IGF1. All’analisi multivariata corretta per le altre variabili confondenti (stagione, BMI, PTH), l’associazione tra livelli di vitamina D e livelli di IGF1 veniva confermata. In particolare, i pazienti con bassi livelli di IGF1 mostravano più frequentemente un quadro di ipovitaminosi D rispetto ai pazienti con alti livelli di IGF1 (chi-quadro for trend 4.9, P 0.03).

Conclusioni. L’analisi evidenzia l’ associazione tra livelli di vitamina D ed insulinemia, confermando l’ipotesi che la vitamina D possa avere un ruolo nel metabolismo glucidico. L’associazione tra ipovitaminosi D e bassi livelli di IGF1 richiede invece ulteriori approfondimenti.

O 06

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Marcatori precoci del danno tubolare prossimale in pazienti affetti da HIV trattati con Tenofovir (TDF) vs Abacavir (ABV)Bellacosa C., Altamura M., Lenoci F., Montinaro V., Pietanza F., Angarano G., Maggi P.

Dipartimento di Malattie Infettive, Università di Bari

Background. Si ipotizza che TDF sia responsabile di tossicità mitocondriale selettiva, sebbene non siano attualmente disponibili dati definitivi. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare un marker precoce di danno tubulare nei pazienti con infezione da HIV-1 trattati con TDF, confrontandoli con pazienti trattati con ABV.

Metodi: Sono stati arruolati 99 pazienti shiftati da un backbone timidinico ad uno comprendente TDF o ABV (rispettivamente 72 e 27). I pazienti con diabete o insufficienza renale sono stati esclusi. Per ogni paziente è stata eseguita la raccolta delle urine delle 24 ore prima dell’inizio del nuovo regime terapeutico, e dopo 1, 3, 6 e 12 mesi. I campioni sono stati analizzati mediante test ELISA per il citocromo C (Cyc) utilizzato come marker di tossicità mitocondriale del tubulo prossimale. I dati sono stati corretti per la creatinina urinaria (UCR) (ng / g). Sono stati valutati anche i valori sierici di fosforemia e uricemia (SPhos, Suric), la fosfaturia urinaria (UPhos) e l’uricuria (UUric).

Risultati: Nei pazienti che iniziavano la terapia con ABV è stato evidenziato un aumento non significativo di escrezione urinaria di Cyc. Nei pazienti in trattamento con TDF è stato evidenziato un significativo aumento dell’escrezione di Cyc nei primi 3 mesi, che diminuiva progressivamente fino a 12 mesi (T2 vs T0, p <0,01). I livelli di Cyc nei pazienti trattati con TDF sono stati significativamente più elevati in T1 e T2. La fosfaturia, pur non variando nei pazienti trattati con ABV, aumentava significativamente fino a 12 mesi dopo il passaggio a TDF. Valori più elevati di UPhos sono stati evidenziati nel gruppo TDF dopo 6 e 12 mesi. Differenza significative nei valori di uricuria sono state osservate a T0 vs T1 (p = 0,0152) e T3 vs T0 (p = 0,0356), mostrando valori significativamente più alti nel gruppo TDF. I livelli di fosforemia e le percentuali di pazienti con ipofosforemia sono stati costantemente sovrapponibili.

O 07

ABVCyc/UCr*

UPhos**

TDFCyc/UCr*

UPhos**

Cyc/UCr (p)TDF vs ABV

UPhos (p)TDF vs ABV

T0

52.3(24.1-160.2)

668±220

109.3(24.3-463.2)

626±183

NS

NS

T1

47.2(17.1-336.1)

728±155

294.1(57.3-645.2)

741±219

0.0201

NS

T2

262.5(65-558)

691±119

448.8(169.9-951.6)

700±175

0.0186

NS

T3

301.2(36.5-561.4)

593±130

223.8(40.2-560.6)

780±342

NS

0.0461

T4

270.3(15.8-816.4)

540±189

159.5(36.7-626.2)

697±152

NS

0.0219

ANOVA(p)

NS

NS

0.0052

0.0001

* ng/g , I valori si riferiscono alla mediana (interquartile range) ** mg/g creatinina urinaria, I valori si riferiscono alla mediana ± SD

Conclusioni: I nostri risultati confermano la presenza di tossicità mitocondriale tubulare in corso terapia con TDF. Possiamo ipotizzare che, sebbene l’escrezione Cyc diminuisca dopo tre mesi, un danno tubulare subclinico persista durante la terapia con TDF. Il danno tubulare si manifesta con un incremento dei livelli di UPhos e UUric e, in concomitanza con altri fattori, potrebbe evolvere in un palese danno renale con significativa riduzione della funzionalità renale. L’aumento dell’escrezione urinaria di Cyc può essere considerato un marker precoce nell’individuare la tossicità renale da TDF.

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O 08Impiego della farmacogenetica nella pratica clinica: il caso di atazanavir.

Ferraris L.1, Viganò O.1, Gianelli E.1, Peri A.1, Tarkowski M.1, Tonello C.2, Clementi E. 2, Bonora S.3, Galli M.1, Adorni F.4 , Riva A.1

1- Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale Luigi Sacco, Milano2- DISC- Unità di Farmacologia Clinica, Ospedale Luigi Sacco, Milano 3- Dipartimento di Malattie Infettive Ospedale Amedeo di Savoia, Torino4- ITB – CNR, Segrate, Milano

Obiettivi. L’iperbilirubinemia è la complicanza più frequentemente osservata in pazienti in terapia antiretrovirale con atazanavir (ATV). La gravità dell’iperbilirubinemia è stata correlata a diversi fattori genetici, tra cui il polimorfismo UDP-glucuronosiltransferasi (UGT)1A1*28. Obiettivo dello studio è la valutazione di sicurezza, efficacia ed outcome della sospensione di ritonavir (RTV) in regimi antiretrovirali contenenti ATV sulla scorta dell’assetto genetico del paziente, in particolare della presenza del polimorfismo UGT1A1*28.

Metodi: È stata valutata la presenza dell’allele UGT1A1*28 in 51 pazienti HIV+, in terapia antiretrovirale con ATV 300mg + RTV 100mg, con buona aderenza alla terapia e carica virale soppressa. La genotipizzazione è stata effettuata mediante PyrosequencingTM. L’associazione tra polimorfismo genetico ed iperbilirubinemia è stata stabilita attraverso analisi non parametriche, considerando anche parametri clinici e demografici. In 20 pazienti omozigoti o eterozigoti per UGT1A1*28 è stata semplificata la terapia antiretrovirale mediante sospensione di RTV ed incremento della posologia di ATV a 400mg QD. Uno studio di farmacocinetica è stato effettuato prima e dopo la sospensione di RTV.

Risultati: I pazienti sono stati suddivisi in base alla genotipizzazione del polimorfismo UGT1A1*28 in wild type (24), omozigoti (6) ed eterozigoti (21), che al baseline presentavano valori mediani di bilirubina totale rispettivamente di 1.43 mg/dl, 4.40 mg/dl and 3.47 mg/dl. Dal confronto tra i tre genotipi è emerso che pazienti portatori del polimorfismo UGT1A1*28 presentano valori significativamente più elevati di bilirubina totale rispetto a pazienti wild type (omozigosi vs wild type: p=0.000, eterozigosi vs wild type: p=0.012).Nei 20 pazienti omo/eterozigoti in cui è stata effettuata la sospensione di RTV, l’assunzione di ATV unboosted ha determinato una significativa riduzione sia della bilirubinemia totale (da 4.09 mg/dL, [range interquartile, IQR: 3.14 – 5.73 mg/dL] a 1.70 mg/dL [IQR: 1.30 – 2.29 mg/dL], p=0.000), che un miglioramento del profilo lipidico, con riduzione dei valori mediani di trigliceridi (da 165 mg/dL [IQR: 120 – 313 mg/dL], a 118 mg/dL [IQR: 82 – 181 mg/dL], p=0.03) e di colesterolo totale (da 187 mg/dL [IQR: 175 – 216 mg/dL] a 180 mg/dL [IQR: 162 – 201 mg/dL], p=0.05). A 6 mesi dalla sospensione di RTV non sono stati riportati significativi cambiamenti nei parametri immunovirologici dei pazienti. Il profilo farmacocinetico prima e dopo la sospensione di RTV ha confermato il mantenimento di valori plasmatici di ATV in range terapeutico.

Conclusioni: UGT1A1*28 è correlato significativamente all’iperbilirubinemia in pazienti HIV+ in terapia antiretrovirale con ATV. La genotipizzazione prima dell’inizio della terapia antiretrovirale consente di ridurre il numero di pazienti che sviluppano iperbilirubinemia severa. ATV unboosted si è rivelato sicuro ed efficace in pazienti portatori del polimorfismo UGT1A1 *28 con carica virale soppressa.

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Predittori indipendenti di fibrosi epatica in pazienti HIV positivi con epatopatia non alcolica.

Schiavini M.1, Meraviglia P.1, Carenzi L.1, Pocaterra D.1, Minisci D.1, Ricci E.1, Bevilacqua M.2, Rizzardini G.1, Bonfanti P.1

1- Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale Luigi Sacco, Milano2- U.O. Endocrinologia, Ospedale Luigi Sacco, Milano

Introduzione. L’epatopatia non alcolica (NAFLD) è una comune causa di epatopatia cronica nella popolazione HIV positiva. NAFLD può evolvere in steatoepatite, fibrosi fino alla cirrosi e infine in insufficienza epatica. Scopo di questo studio è identificare fattori predittori di fibrosi epatica in pazienti HIV positivi con NAFLD in assenza di coinfezione o di altre cause di epatopatie.

Materiali e metodi. Sono stati arruolati tutti i pazienti HIV positivi afferenti all’Ambulatorio A.G.I.T.A (Ambulatorio Gestione Interattiva Terapia Antiretrovirale) e all’Ambulatorio della II Divisione di Malattie Infettive dell’A.O. “L.Sacco” di Milano con diagnosi di steatosi epatica all’esame ecografico, in assenza di cause note di epatopatia (coinfezioni con virus epatitci, abuso di alcool, autoimmunità). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a FibroScan® per lo studio dell’elastanza epatica. Sono state effettuate per ogni paziente almeno 10 determinazioni in almeno tre spazi intercostali e sono stati ritenuti validi esami con IQR<30% e Success Rate > 60%. Sono stati considerati come valori di fibrosi significativa, sulla base di dati bibliografici, stiffness superiori a 7.3 Kpa. Variabili cliniche e biochimiche (grado di steatosi, lipodistrofia, BMI, CD4, AST, ALT, colesterolo totale, LDL, HDL, trigliceridi, APOA1, APOB, HBA1c, insulinemia, Peptide C, IGF1, glicemia, HOMA score) sono state considerate come possibili predittori di fibrosi e inseriti nell’analisi univariata; le variabili significativamente correlate al rischio di fibrosi nell’analisi univariata sono state incluse nel modello di regressione logistica.

Risultati. Sono stati arruolati 107 pazienti ((23 F e 84 M), età mediana 46 anni (IQR 40-55). 6 pazienti sono stati esclusi dallo studio perché l’analisi FibroScan® non ha raggiunto criteri di validità. In 17 pazienti è stata fatta diagnosi di fibrosi epatica. All’analisi univariata sono risultati associati significativamente a fibrosi epatica: steatosi elevata/media (OR 4.78 IC95% 1.4-15.9 p=0.01), BMI>25 (OR 3.63 IC95% 1.1-12.2 p=0.03), incremento di AST (3.68 IC95% 1.2-11.6 p=0.02) e ALT (5.29 IC95% 1.6-16.9 p=0.005), insulinemia>29 nIU/mL (OR 16.19 IC95% 3.5-75.1 p=0.0004), glicemia >126 mg/dl (OR 25.53 IC95% 2.6-246.7 p=0.005) e HOMA score >75° perc (OR 5.46 IC95% 1.7-16.8 p=0.003). All’analisi multivariata la presenza di steatosi elevata/media (OR 5.57 IC95% 1.4-21.4 p=0.003), incremento di AST (OR 3.78 IC95% 1.05-13.5 p=0.04), insulinemia >29 nIU/mL (OR 13.74 IC95% 2.1-86.2 p=0.005), glicemia >126 mg/dl ((OR 32.62 IC95% 2.6-405.9 p=0.007) e HOMA score>75°perc. (OR 3.73 IC95% 1.1-12.6 p=0.03) sono risultati indipendentemente associati alla presenza di fibrosi.

Conclusione. Nel 15,8% dei pazienti arruolati nello studio è stata evidenziata, all’esame FibroScan®, fibrosi significativa, verosimilmente esito di evoluzione di NAFLD. Predittori indipendenti di fibrosi sono risultati la presenza di steatosi medio/elevata, incremento di AST, iperinsulinemia, iperglicemia e HOMA score >75° perc. Pazienti con NAFLD, in presenza di alterazioni del metabolismo glicidico e insulino-resistenza, devono essere considerati piu a rischio di evoluzione in fibrosi epatica e necessitano di stretto follow up ed eventuali provvedimenti terapeutici.

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Prevalenza e fattori di rischio associati a fratture sub-cliniche in una coorte di pazienti HIV positivi e utilità dell’algoritmo di FRAX® nell’identificazione della popolazione a rischio.Gazzola L.1, Luzi L.1, Bai F.1, Gentian C.2, Magenta A.3, Tagliabue L.4, Marchetti G.1, Bini T.1, Pietrogrande L.2, d’Arminio Monforte A.1.

1- Clinica di Malattie Infettive, Ospedale “San Paolo”, Milano2- Ortopedia e Traumatologia, Ospedale “San Paolo”, Milano3- Radiologia, Ospedale “San Paolo”, Milano4- Medicina Nucleare, Ospedale “San Paolo”, Milano

Obiettivi. L’elevata prevalenza di osteopenia/osteoporosi nei pazienti HIV positivi espone al rischio di fratture patologiche. Per valutare entità e predicibilità del problema abbiamo analizzato in una coorte di HIV positivi: - la prevalenza ed i fattori di rischio associati a fratture vertebrali sub-cliniche;- l’attendibilità del rischio di frattura a 10 anni calcolato mediante algoritmo di FRAX®

Metodi. Sono stati arruolati 61 HIV positivi, naive o in HAART, che hanno eseguito DEXA e radiografia latero-laterale della colonna (Rx).La presenza ed il grado di deformità vertebrali sono stati valutati mediante esame morfometrico dell’Rx e definiti dallo “spine deformity index”(SDI), secondo metodo semiquantitativo di Genant. I fattori demografici e HIV correlati associati a deformità vertebrali sono stati analizzati mediante regressione logistica univariata e multivariata. L’algoritmo di FRAX® è stato utilizzato per definire il rischio a 10 anni di fratture osteoporotiche maggiori sulla base dei soli fattori di rischio e con il BMD. Il grado di concordanza tra FRAX® e SDI è stato valutato mediante correlazione di Spearman.

Risultati. Venticinque pazienti (41%) hanno presentato deformità vertebrali: 14 con SDI=1; 8 con SDI=2; uno con SDI=3; due con SDI>10.I pazienti con deformità vertebrali sono caratterizzati da una età superiore (mediana dei pazienti con SDI≥1=50 anni [IQR 46-60,7] vs pazienti con SDI0=42,5 anni [IQR 39-48]; p=0,001) ed un più lungo tempo di esposizione alla HAART (mediana dei pazienti con SDI≥2=114 mesi [IQR 48-156] vs pazienti con SDI0-1=36 mesi [IQR 1.5-102]; p=0,015). All’analisi multivariata solo l’età è risultata indipendentemente associata a deformità vertebrali (per ogni 10 anni in più: AOR=2,08 [IC95% 1,07-4,06]; p=0,031).I pazienti con deformità vertebrali hanno un rischio di frattura calcolato secondo il FRAX® superiore rispetto ai pazienti senza deformità, sia sulla base dei soli fattori di rischio (FRAX® senza BMD: SDI≥1=4,6 [IQR 2,9-5,95] vs SDI0=2,9 [IQR 2,5-3,9]; p=0,003) sia con il BMD (FRAX® con BMD: SDI≥1=5,9 [IQR 3,4-7,7] vs SDI0=3,2 [IQR 3,8-5,1]; p=0,005).Il rischio di frattura è risultato direttamente correlato con il grado di deformità vertebrali (FRAX senza BMD-SDI: rho=0,438; p<0,001; FRAX con BMD-SDI: rho=0,543; p<0,001).

Conclusioni. Nel nostro studio abbiamo individuato una elevata prevalenza di fratture vertebrali sub-cliniche nella popolazione HIV positiva. L’età è risultato l’unico fattore di rischio indipendentemente associato a fratture con un raddoppio del rischio per ogni 10 anni in più. I nostri dati suggeriscono un incremento del rischio con l’allungamento del tempo di esposizione alla HAART meritevole di ulteriori indagini in più ampie coorti. Il rischio di frattura a 10 anni calcolato mediante FRAX® concorda con il grado di deformità vertebrale, rappresentando un potenziale strumento per identificare i pazienti HIV positivi ad aumentato rischio.

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Serum urate levels during first-line HAART

Spagnuolo V.1,2, Salpietro S.1, Galli L.1, Travi G.1, Carini E.1, Gaiera G.1, Bossolasco S.1, Lazzarin A.1,2, Castagna A.1

1- San Raffaele Scientific Institute, Milan, Italy2- Università Vita-Salute San Raffaele, Milan, Italy

Background. Urate increase is associated with insulin resistance and cardiovascular risk. The aim of the study was to investigate the influence of first line HAART on serum urate levels (SUL) among HIV-infected patients (pts).

Methods: Observational study from IDD-HSR database. We included HIV-infected pts treated with first line HAART, with available SUL before and during treatment to regimen discontinuation or last visit. Results as median (IQR). Linear regression within each subject was applied to estimate trend of SUL (slope per month, stratified as positive or negative) calculated from the last available SUL before HAART initiation (BL). Multiple logistic regression applied on SUL slope, including as covariates the use of ddI or PI/r, age, sex, HIV transmission risk factor, HAART duration, undetectable viremia at the end of follow-up (EFU), and BL values of HIV-RNA, SUL (stratified according to median value= 5.3mg/dL), creatinine, cholesterol and CD4 cell counts.

Results: 4645 SUL determinations from 533 pts, 436 (82%) males, age 44(38-49) years, infected with HIV since 5.4(2.7-9.1) years were analyzed. Pts were followed-up for 53(24-84) months. Fifty (9.3%) and 131(24.5%) started a regimen including respectively ddI or PI/r. BL CD4+ counts and HIV-RNA were 305(216-401)/mm3, 4.64(4.14- 5.08) log10 copies/mL, respectively. At EFU, 357(72%) pts had HIV-RNA<50 copies/mL. A decrease of SUL during FU was observed in 302(58%) pts and was related to BL SUL>5.3mg/dL (p<0.0001), higher BL creatinine values (p=0.0001), a not including ddI-regimen (p=0.010) or an undetectable last viral load (p=0.001). Subjects with positive or negative SUL trend were not different with respect to age, sex, HIV risk factor, HAART duration, BL CD4, HIV-RNA and total cholesterol values, HCV co-infection.At multivariable analysis, no use of ddI [OR= 2.23 (95%CI: 1.09-4.57); p= 0.028], female gender [OR= 2.80 (95%CI: 1.35-5.79); p= 0.006], higher BL SUL [OR= 2.38 (95%CI: 1.51-3.73); p= 0.0002], undetectable viremia at EFU [OR= 2.20 (95%CI: 1.32-3.58); p= 0.002] and 0.1-mg/dL increase in creatinine levels [OR= 10.09 (95%CI: 2.13-47.92); p= 0.004] were associated with a decrease of SUL.

Conclusions: a decrease in serum urate levels is associated with an effective first-line HAART as well as a female gender, higher baseline serum urate values and increasing creatinine levels.

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Costs of Non-Infectious Co-Morbidities in patients with HIVGuaraldi G.1, Zona S.1, Menozzi M.1, Carli F.1, Bagni P.1, Cocchi S.1, Berti A.2, Rossi E.2, Ciconze E.2, Orlando G.1

1- University of Modena and Reggio Emilia, Italy.2- CINECA - Bologna

Objectives. We hypothesized that the increased prevalence of Non-Infectious Co-Morbidities (NICM) observed among HIV-related patients, when compared to the general population, may result in an increased direct cost of medical care. The objective was to provide estimates and determinants of direct cost of medical care.

Methods. Case-control study was conducted to analyse retrospective costing in the calendar year 2009. Antiretroviral-experienced HIV-infected patients (cases) cared for at Modena University, Italy, from 2002 to 2009 were compared to age-, sex-, and race-matched adults from the general population included at CINECA ARNO Observatory database (controls). Non-infectious co-morbidities included cardiovascular disease (CVD), hypertension (Hyt), diabetes mellitus (DM), bone fractures, and renal failure. Poly-pathology was defined as the concurrent presence of 2 or more non-infectious co-morbidities. Hospital costs were calculated using ICD9 codes, HIV-related in-patient care costs, according to Krentz HB (HIV Med 2008, 9: 721-730). NICM and ARV medication cost were calculated using pharmaceutical tracing.Linear regression models were constructed to evaluate predictors of total costs in the whole population and in the subgroup of HIV infected patients.

Results. There were 2854 cases and 8562 controls. Mean age was 46 years and 37% were women. 29275 drug records were analysed.Figure 1 depicts total cost stratified by age and CD4 category.

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Independent predictors of total cost in the whole population were: HIV infection (β=2221.05; CI=1544.53-2897.57), Polypathology infection (β=6876.08; CI=6448,06-7304,09), age (β=48.38; CI=35.32-61.44), ARV exposure (β=14185.42; CI=13791.09-15179.76).Independent predictors of total cost in HIV infected patients were: CDC group C (β=1195.04; CI=255.08-2135), Polypathology infection (β=8550.65; CI=7289.45-9811.86), age>50 years (β=1468.65; CI=418.39-2518.91), PI exposure per each month (β=53.6; CI=40.89-66.31), CD4<200 (β=4196.73; CI=2378.41-6015.06), therapeutical switch, per any change (β=703.42; CI=552.9-853.94).

Conclusions. Total cost of medical care is higher in HIV infeceted patient in any age strataARV medication cost account for the majority of total medical care burden, but NICM costs increase in advancing age. The reduction of total medical cost in increasing CD4 strata is compensated with increasing of total medical cost in progression of age categories.

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Depressione ed alessitimia come rilevanti predittori di basso rischio di demineralizzazione ossea in una coorte di pazienti HIV positivi.Vadini F.1, Ursini T.1, Mazzotta E.1, Di Nicola A.2, Zicolella R.3, Agostinone A.1, Di Stefano P.1, Agostinone C.1, Sozio F.1, Pieri A.1, Di Matteo L.3, De Francesco V.2, Di Masi F.1, Manzoli L.4, Parruti G.1

1- U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara;2- U.O.C. di Medicina Nucleare, Ospedale di Pescara;3- U.O.C. di Reumatologia, Ospedale di Pescara4- Sezione di Epidemiologia e Sanità Pubblica, Università di Chieti

L’osteopenia/osteoporosi (OP) è tra i disordini metabolici correlati all’infezione da HIV, la cui prevalenza è particolarmente rilevante nell’era HAART. Tra i predittori di OP, i principali emersi in numerosi disegni sperimentali sono: il basso peso corporeo, la lunga durata dell’infezione da HIV, la storia di fratture microtraumatiche nell’età adulta e l’assunzione di altri farmaci oltre alla HAART. Non è ancora noto al momento se le variabili psicologiche possano rappresentare cofattori di rischio per l’OP. Ai pazienti HIV in follow-up presso l’U.O. di Malattie Infettive di Pescara è stata offerta da aprile 2009 la valutazione universale della densità ossea (DO) con Dual X-ray Absorptiometry (DXA) femorale e lom-bare, nonché con ultrasonografia quantitativa (QUS) al calcagno. Sono inoltre stati indagati: VitD, PTH, ACTH, FSH, TSH, calcitonina, osteocalcina, ALP ossea, funzionalità renale, IgE totali, adiponectina, ANA e ACL. Oltre a sesso, età, BMI, indice vita-fianchi, fumo di sigaretta, lipodistrofia, tipo e durata della HAART, durata dell’infezione, comorbilità, altre terapie oltre la HAART, CD4 Nadir e correnti, viremia HIV, sono state studiate le seguenti variabili psicologiche: l’alessitimia (Toronto Alexithymia Scale 20); sintomi depressivi (Beck Depression Inventory, BDI), la personalità distress (Type-D personality, DS14). Per le analisi statistiche è stato utilizzato il Software Stata 9.1. Lo studio è stato proposto consecutivamente a 178 pazienti; 155 (87%) hanno acconsentito a parteci-pare. Fra questi, 10 non si sono presentati agli appuntamenti; i dati di altri 7 pazienti sono incompleti. Il campione è composto da 138 pazienti valutabili, 95 maschi (68.8%), età media di 43.6±9.8 anni, Nadir CD4 medio 266±185 cell/mmc, BMI medio 23.6±4.0, 17.4% HAART-naïve. TD erano il 20.4%, 52.5% gli eterosessuali, 24.8% gli omosessuali e 2.2% da trasfusioni; 32.6% con diagnosi di AIDS. Nei 104 pazienti non selezionati valutabili per variabili psicologiche di personalità, 36 (34.6%) sono risultati alessi-timici, 39 (37.5%) con personalità di tipo D, e 30 (28.9%) con evidenza di sintomi depressivi clinicamente significativi. Un TSF <-1 è stato registrato per 58 (42.3%) dei pazienti, un TSC <-1 per 73 (52.9%); l’uno e/o l’altro per 84 (60.9%) dei pazienti. La personalità di tipo D è risultata indifferente rispetto alla DO (p=0.1). Nell’analisi univariata la presenza di sintomi depressivi è risultata invece protettiva (40.0% vs 73.0%, p=0.002), al pari della personalità alessitimica (47.2% vs 72.1%, p=0.012). Nell’analisi multiva-riata solo la presenza di sintomi depressivi è risultata fortemente ed indipendentemente associata ad una protezione della DO (OR 0. 28, C.I. 0.09 – 0.89, p=0.03), al pari di punteggi più elevati di BMI (OR 0.81, C.I. 0.69 – 0.96, p=0.01).In modo inatteso, nella nostra popolazione non selezionata di pazienti HIV positivi, depressione ed ales-sitimia si confermano altamente prevalenti ed associate ad un ridotto rischio di osteopenia ed osteopo-rosi. Possibili spiegazioni possono risiedere in uno stile di vita povero e possibilmente in una riduzione dell’aderenza alla terapia HAART.

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Il disturbo d’ansia nella popolazione HIV+ in terapia antiretro-virale.Celesia BM.1, Nigro L.2, Coco C.1, La Rosa R.2, Mavilla S.1, Bisicchia F.1, Gussio M.1, Nunnari G.1, Pellicanò G.3, Larocca L.2, Milioni V.4, Palermo F.1, Russo R.1, Mughini MT.1.

1- U.O. Malattie Infettive Università di Catania ARNAS Garibaldi, Catania2- U.O. Malattie Infettive Ospedale Ferrarotto Catania A.O. Policlinico Vittorio Emanuele, Catania3- U.O. Malattie Infettive A.O.U. ‘G. Martino’ Policlinico Università di Messina, Messina4- SERT CT 1 ASP 3 Catania

Introduzione. Il disturbo d’ansia è frequente nella popolazione HIV+, talvolta associato alla depressione. Il disturbo può essere preesistente all’infezione, avere contribuito al determinarsi della stessa o insorgere e/o riacutizzarsi a seguito della malattia HIV correlata. L’ansia può avere importanti ricadute sull’aderenza alla terapia ed influenzare in modo variabile alcuni comportamenti.Obiettivo dello studio è misurare l’ansia in una coorte di pazienti in terapia antiretrovirale da almeno 6 mesi, ricercare le correlazioni con alcuni parametri epidemiologici e clinici, l’aderenza alla terapia e la disfunzione sessuale.

Metodi. L’ansia è stata misurata utilizzando il Self rating Anxiety State SAS 054; l’aderenza è stata misurata utilizzando il Patient Medication Adherence Questionnaire (PMAQ7), la disfunzione sessuale utilizzando il Female Sexual Function Index (FSFI) per le donne, l’International Index of Erectile Function (IIEF) per gli uomini.

Risultati. Sono stati valutati 253 pazienti, 68% maschi, età mediana 43 anni (RIQ 38-50), 43% eterosessuali, 30% omosessuali, 23% tossicodipendenti; 16% disoccupati; 49% CDC A, 20% CDC B, 31% CDC C, 84% HIV RNA VL < 50 copie/ml, mediana CD4 519 cellule/mmc (RIQ 288-761), tempo mediano dalla diagnosi 10 anni (RIQ 5.4-14.4), tempo mediano di terapia 115 mesi (60-160), 22% I linea di terapia, 37% II-III, 32% IV, 9% ≥V . In 119 soggetti (47%) è stato rilevato un punteggio diagnostico di ansia. Il disturbo d’ansia è risultato correlato al gruppo a rischio (p<0.05), allo stadio clinico (p<0.05), al numero crescente di linee tera-peutiche (p<0.001). 153 di questi pazienti sono stati sottoposti alla valutazione dell’aderenza. Il 52% riferiva piena aderen-za nell’ultimo mese. I maschi ansiosi sono risultati più frequentemente non aderenti (p<0.01).152 soggetti sono stati sottoposti alla valutazione della disfunzione sessuale (SD). SD è stata rilevata più frequentemente nei maschi (p<0.01) e fra i soggetti >50 anni (p<0.01). La disfunzione erettile è stata rilevata prevalentemente fra i maschi ansiosi (75% vs 54% p<0.01).

Conclusioni. Il tasso di ansia rilevato in questo studio è sovrapponibile a quello di altri studi clinici; i pazienti ansiosi sono più frequentemente tossicodipendenti, sintomatici, multiexperienced, hanno una minore capacità di aderenza terapeutica e mostrano più frequentemente una disfunzione erettile.I soggetti HIV+ dovrebbero essere sottoposti a programmi di screening per valutare ansia e depressio-ne al fine di prevenire la bassa aderenza, il fallimento terapeutico, ottenere un incremento nella soddi-sfazione sessuale e nella qualità della vita. Questi dati inoltre sottolineano l’importanza di un supporto psicologico per i pazienti in fase avanzata di malattia e dopo fallimento terapeutico

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P 01Approccio multidisciplinare per la diagnosi e il trattamento della sindrome lipodistrofica: primo anno di attività dell’ambulatorio “lipodistrofia e dismetabolismi” presso l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino. Criticità e fattibilità.Orofino G., Guastavigna M., Martinoglio P., Demarie D., Penoncelli D., Zignin C., Tettoni M., Desiderato P., Di Frenna RM., Tomassetti F..

Ambulatorio per il trattamento multidisciplinare di lipodistrofie e dismetabolismi HIV correlate ASL TO2, Torino

Introduzione. La “sindrome lipodistrofica” (LS) è la manifestazione della cronicità dell’infezione da HIV ed è spesso uno dei principali problemi clinici della persona con infezione da HIV che assume ART. Attualmente il 30% dei pazienti presenta LS; di questi, un terzo presenta una rilevanza clinica tale da richiedere una presa in carico specifica. E’ verosimile, considerando il sempre maggior utilizzo della ART, che tale percentuale sia destinata ad aumentare. Nel 2010 è partito il “Progetto per un percorso di trattamento multidisciplinare della lipodistrofia e dei dismetabolismi HIV correlati” finanziato dalla Regione Piemonte, nel quale il paziente è portato a seguire un percorso finalizzato al miglioramento e alla regressione della LS grazie ad un approccio multidisciplinare di intervento su stili di vita scorretti.

Metodi: Il progetto si attua presso l’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino. Equipe specialistica: infettivologo, psicologo, nutrizionista, dietista, chinesiologo, cardiologo e chirurgo plastico. Il percorso è composto da alcuni passaggi obbligatori: “metabolic assessment”, visita psicologica e visita dietistica. Per ogni paziente viene discussa l’opportunità di altre visite. Sono possibili 2 tipi di drop: motivazionale, imposto dallo psicologo che ritiene il paziente non sufficientemente motivato per affrontare l’intero percorso; legato alla insufficiente aderenza del paziente al percorso, in una qualsiasi delle sue fasi.

Risultati: Ad oggi sono stati arruolati 154 pazienti: 57 femmine, 97 maschi; età media 48,9 anni; durata media di infezione da HIV 9,9 anni; 32 infezioni attraverso lo scambio di siringhe, 122 per via sessuale; 73 pazienti sono in stadio A (classificazione CDC di Atlanta), 42 B, 39 C. Al basale 64 (42%) avevano diagnosi di sindrome metabolica; 55 (36%) rischio cardiovascolare a 10 anni ≥10%; 63 (41%) abitudine al fumo; 114 (74%) BMI ≥ 25. 116 (75%) hanno effettuato almeno una visita psicologica; 108 (70%) almeno una visita dietistica e una BIA (analisi della composizione corporea mediante bioimpedenziometria); 21 (13%) sono stati inviati dal cardiologo. 15 (9%) partecipano al programma di attività fisica Walking to Health. 20 (13%) sono stati inviati a consulenza di chirurgia plastica, di questi 8/20 (40%) hanno eseguito un intervento di liposuzione. Ad oggi 54 pazienti hanno raggiunto un follow-up dietistico di 12 settimane; di questi, 38 (70%) hanno migliorato peso e BMI. Drop motivazionali 8 (5%); drop per aderenza insufficiente 13 (8%); drop totali 21 (13%).

Discussione: Il presente percorso dimostra che, riuscendo a razionalizzare le risorse, è possibile dare vita ad iniziative clinico assistenziali che si adattino ai nuovi scenari che la cura della infezione da HIV/AIDS impone. La selezione del paziente basata sulle motivazioni sembra essere uno tra gli elementi fondamentali in questo approccio.

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P 02Aterosclerosi carotidea e rischio cardiovascolare in 94 pazienti con infezione da HIV-1.Calza L.1, Verucchi G.1, Colangeli V.1, Manfredi R.1, Tedeschi S.1, Trapani F.1, Serra C.2, Viale P.1.

1- U.O. Malattie Infettive, Policlinico S.Orsola-Malpighi, “Alma Mater Studiorum” Università di Bologna2 - Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Policlinico S.Orsola-Malpighi, “Alma Mater Studiorum” Uni-versità di Bologna

Introduzione. I dati degli studi prospettici e di coorte evidenziano un significativo aumento dell’incidenza di aterosclerosi subclinica e di infarto miocardico acuto nei pazienti con infezione da HIV esposti alla terapia antiretrovirale di combinazione. A tale riguardo però, in questo processo, non è ancora chiaro l’esatto ruolo patogenetico del virus e dei vari farmaci antiretrovirali, così come quale sia l’esame diagnostico più affidabile per rilevare una malattia aterosclerotica precoce (ecodoppler carotideo o TC coronarica).

Pazienti e metodi. Abbiamo condotto uno studio sulla prevalenza di fattori di rischio cardiovascolare e aterosclerosi carotidea nei pazienti HIV-positivi naive o in terapia antiretrovirale. 94 pazienti con infezione da HIV-1 (67 maschi e 27 femmine, età media di 46 anni, range 32-68) sono stati arruolati nello studio: 29 soggetti erano naive alla terapia antiretrovirale (gruppo A), 35 erano alla loro prima terapia antiretrovirale e in trattamento da almeno 36 mesi con 2 analoghi nucleosidici e 1 inibitore della proteasi (PI) (gruppo B), mentre 30 pazienti erano alla loro prima terapia antiretrovirale e in trattamento da almeno 36 mesi con 2 analoghi nucleosidici e 1 inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI) (gruppo C). Sono stati esclusi dallo studio pazienti con precedente diagnosi di malattia cardiovascolare o diabetici. La presenza di lesioni aterosclerotiche carotidee è stata valutata mediante tecnica eco-color-Doppler dei vasi arteriosi epiaortici effettuata con strumento Philips HDI 5000 utilizzando sonde 7.5-MHz (Koninklijke Philips Electronics, Eindhoven, the Netherlands).

Risultati. La prevalenza di iperlipidemia e lipodistrofia è risultata significativamente più elevata nei pazienti del gruppo B rispetto a quelli del gruppo A e del gruppo C. La prevalenza di lesioni carotidee è risultata significativamente maggiore nel gruppo B rispetto al gruppo A (46.1% versus 1.2%, p<0.001) e rispetto al gruppo C (46.1% versus 9.5%, p<0.01). L’analisi multivariata ha evidenziato un valore significativamente più elevato dello spessore intima-media (IMT) nei pazienti del gruppo B rispetto a quelli del gruppo A e del gruppo C. L’analisi multivariata ha riscontrato un rischio significativamente maggiore di lesione ateromasica in associazione ai seguenti fattori: fumo di sigaretta, tossicodipendenza e.v., durata dell’infezione da HIV > 7 anni, nadir dei LT CD4 < 200 cellule/mmc, colesterolo totale > 250 mg/dL, colesterolo LDL > 160 mg/dL e presenza di lipodistrofia. Le lesioni carotidee, tuttavia, presentavano caratteristiche ecografiche simili a quelle delle classiche placche aterosclerotiche carotidee osservate nella popolazione generale HIV-negativa, con aspetto prevalentemente iso-iperecogeno e superficie irregolare.

Discussione. La prevalenza di aterosclerosi carotidea subclinica all’indagine ecografica nei pazienti HIV-positivi in terapia con PI è risultata significativamente più elevata rispetto a quelli naive all’HAART o in terapia con NNRTI e sembra essere correlata, oltre che con i fattori di rischio tradizionali per malattie cardiovascolari, anche con fattori di rischio HIV-specifici (tossicodipendenza, durata infezione, nadir immunitario, lipodistrofia).

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P 03Attività Fisica Adattata come strumento di intervento nella correzione e prevenzione degli effetti collaterali tardivi della ART - Progetto “Walking to health”, Ospedale Amedeo di Savoia TorinoTettoni M.1, Guastavigna M.1, Orofino G.1, Penoncelli D.1, Martinoglio P.1, Desiderato P.1, Demarie D.1, Di Frenna R.1, Tomassetti F.1, Marangoni L.2, Zignin M.2, Zignin C.2.

1- Ambulatorio per il trattamento multidisciplinare di lipodistrofie e dismetabolismi HIV correlati, 2 - SUISM Torino

Introduzione. La sindrome lipodistrofica (LS) è espressione di cronicità di infezione da HIV ed influisce su sopravvivenza, aderenza alla terapia e qualità della vita. Circa il 30% dei pazienti ne è affetto: in un terzo dei casi la rilevanza clinica è tale da richiedere una presa in carico specifica. Nel 2008 è nato il “Progetto per un percorso di trattamento multidisciplinare della lipodistrofia e dei dismetabolismi HIV correlati”, sostenuto dalla Regione Piemonte, finalizzato all’intervento sugli stili di vita modificabili ed alla correzione degli aspetti stigmatizzanti dell’immagine corporea. L’équipe specialistica prevede infettivologo, psicologo, dietista, gastroenterologo, chinesiologo, cardiologo e chirurgo plastico. Parallelamente al percorso clinico, nel settembre 2010 è nato un progetto di attività fisica adattata (APA), “Walking to Health”, gestito da un dottore in Scienze Motorie (2/3 volte la settimana) ed articolato in due sezioni: il Fitwalking in palestra durante tutto l’anno e il Nordic Walking in primavera-estate all’aperto.L’obiettivo è verificare l’efficacia di APA nel prevenire o contenere alterazioni morfologiche e metaboliche in soggetti con infezione da HIV in terapia antiretrovirale e verificarne l’impatto sulla performance psicofisica (valutazione funzionale con test chinesiologici) e sulla qualità della vita (questionario McGill autosomministrato).

Metodi: Il protocollo Walking to health prevede un’ora di lezione in palestra: 20 minuti di walking, a seguire esercizi a corpo libero e con elastici per rinforzare arti inferiori, arti superiori, parete addominale e regione glutea, zone del corpo che subiscono maggiormente le alterazioni morfologiche causate dalla SL. Nei mesi estivi viene inserita una sessione settimanale all’aperto di Nordic Walking, scelto per l’effetto di attivazione muscolare e cardiovascolare e per i benefici psico-fisici derivanti dal praticare attività fisica in ambente aperto. Nell’estate 2010 è partita la fase pilota del progetto: hanno aderito 15 pazienti, 13 M, 2 F, età tra 33 e 69 anni ed è stato praticato il solo Nordic Walking due volte alla settimana.Al basale e a 12 settimane i partecipanti sono stati valutati dal punto di vista metabolico, cardiovascolare e sottoposti a spirometria, a test chinesiologici ed è stato somministrato il questionario McGill. Le stesse valutazioni sono previste nel protocollo Walking to Health al basale, 24 e 48 settimane.

Risultati: I pazienti valutati nella fase pilota del progetto hanno migliorato i parametri metabolici ed i risultati dei test chinesiologici. Il questionario di valutazione dell’attività riporta alti livelli di soddisfazione per attività, setting e composizione eterogenea del gruppo e di miglioramento di aspetto fisico e qualità della vita.

Conclusioni: L’obiettivo è estendere il progetto “Walking to health” ad un numero maggiore dei partecipanti e concepire l’attività fisica come prevenzione di LS ed EC da ART.http://www.walkingtohealth.it

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P 04Chronic Obstructive Lung Disease: another HIV-related comorbidity?Madeddu G.1, Fois A.G.2, Calia GM.1, Becciu F.1, Piras B.2, Fiori ML.1, Soddu V.1, Spada V.2, Lovigu C.1, Mannazzu M.1, Pirina P.2 and Mura MS.1

1- Department of Infectious Diseases, University of Sassari, Italy 2 - Departement of Respiratory Diseases, University of Sassari, Italy

Purpose of the study: to evaluate the prevalence of respiratory symptoms and COPD in a stable HIV-infected outpatient population and to further investigate the role of HAART and other possibly associated risk factors.

Methods: All participants completed a questionnaire for pulmonary symptoms and the MRC dyspnoea scale. A complete spirometry with evaluation of the residual volume was performed using the bodyplethismographic method. We considered the Total Lung Capacity (TLC), Forced Expiratory Volume (FEV1) at 1st second and the FEV1/FVC ratio (Tiffenau Index) for each patient.

Results: We enrolled 111 HIV-infected patients with a mean age of 42.3 ± 8.1 years and 65 HIV-negative age and sex-matched controls. Seventy-seven (69.4%) HIV patients were male and 39 (35.1%) were in CDC stage C. Eighty-seven (78.4%) were receiving HAART. Mean CD4 cell count was 541 ± 243 cells/mm3 and 79 (71.2%) had an undetectable HIV-RNA. Sixty-three (56.8%) patients were active smokers whereas 48 (43.2%) were non-smokers. No significant difference in age, sex, proportion of smokers and pack-year history of smoking was evidenced between HIV positive patients and controls. However, HIV-infected individuals had significantly lower FEV1 (p=0.002) and FEV1/FVC (p=0.028), whereas TLC was significantly higher (p=0.018). Furthermore, HIV-infected patients had a significantly higher proportion of any respiratory symptom (p=0.002), cough (p=0.006) and dyspnoea (p=0.020). HIV-infected patients had also a significantly (p=0.008) higher proportion (23.4%) of COPD in respect of HIV-negative controls (7.7%). In a multivariate regression analysis significant predictors of respiratory symptoms were current smoking (AOR 11.18; 95% C.I 3.89-32.12) and previous bacterial pneumonia (AOR 4.41; 95% C.I. 1.13-17.13), whereas the only statistically significant predictor of COPD was current cigarette smoking (AOR 5.94; 95% C.I. 1.77-19.96). HAART receipt was not significantly associated with respiratory symptoms nor with COPD.

Conclusions: our results suggest a role for HIV infection itself and for current cigarette smoking in the development of respiratory symptoms and COPD in HIV-infected patients. HAART did not seem to reduce the risk of respiratory symptoms and COPD, in our cases. Thus, our results suggest that HIV-infected patients should be screened for chronic respiratory disease in order to early identify those at risk or those who need specific treatment.

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P 05Comparsa di una grave reazione isteriforme a fine trattamento anti-HCV in un paziente HIV+.Di Stefano F., Dalessandro M., Mariani R., Ranelli A., Paoloni M.

U.O. Malattie Infettive -Osp. “SS Filippo e Nicola”- Avezzano (AQ)

Introduzione: Le attuali linee-guida per il trattamento dell’epatite cronica HCV-correlata prevedono la somministrazione di Peg-IFN + ribavirina. Tale indicazione è prevista anche nella popolazione HIV+. La suddetta terapia può indurre effetti collaterali di tipo psichiatrico. Pertanto prima di introdurre tale schema di trattamento sarebbe utile una valutazione psichiatrica al fine di escludere i pazienti potenzialmente a rischio di sviluppare gravi sindromi psichiatriche o di favorire una migliore gestione della terapia anti-HCV. Descriviamo il caso clinico di un paziente HIV-HCV trattato con Peg-IFN+ribavirina che ha sviluppato una grave reazione isteriforme dopo 11 mesi di terapia.

Caso clinico: Paziente di 48 aa, affetto da confezione HIV-HCV (genotipo virale 1a) dal 1989, in trattamento antiretrovirale con nevirapina+emtricitabina+tenofovir con buona risposta viro-immunologica. In anamnesi si segnalava una diagnosi di sindrome depressiva trattata con scarsa aderenza da parte del paziente. Nel settembre 2009 si imposta trattamento anti-HCV con Peg-IFN alfa2a 180 microgr/sett + ribavirina 1200 mg/die. Durante il trattamento il paziente manteneva un tono dell’umore congruo, tollerando la terapia e non presentando effetti collaterali significativi nella sfera psichiatrica. Nel settembre 2010 (12° mese di trattamento) si ricoverava per riferita ematemesi, anemia, astenia marcata. Dopo 10 gg di ricovero il paziente presentava una violenta crisi di agitazione psicomotoria, accompagnata da aumento di quota ansiogena. Si somministrava quindi diazepam im con risoluzione dell’episodio dopo circa 20 minuti. Ai fini diagnostici si programmava dapprima una TAC encefalo che risultava negativa per processi espansivi endocranici e/o segni di emorragie recenti. Un controllo RMN non evidenziava significative alterazioni dell’intensità in ambito encefalico e a livello del sistema ventricolare. Si eseguiva inoltre un EEG che rilevava anomalie elettriche diffuse più evidenti in sede centro temporo-parietale bilateralmente. Data la negatività sostanziale degli esami strumentali, veniva eseguita una valutazione psichiatrica che concludeva per un disturbo di conversione in un paziente già noto per disturbo dell’umore.

Conclusioni: Alcuni lavori presenti in letteratura mostrano come la frequenza di sindromi psichiatriche e la coinfezione con HCV nella popolazione HIV+ sia maggiore rispetto alla popolazione generale. La presenza di sindromi psichiatriche compensate non rappresenta però un criterio di esclusione per il trattamento anti-HCV. Tuttavia, come si è verificato nel nostro caso clinico, la terapia interferonica può slatentizzare o riacutizzare la presenza di reazioni psichiatriche severe. Pertanto, come peraltro consigliato in numerosi studi, sarebbe utile non solo una valutazione psichiatrica prima dell’inizio del trattamento, ma anche un sostegno continuo e costante durante tutto il periodo di terapia.

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P 06Effetti nefroprotettivi del telmisartan in pazienti HIV positivi ipertesi. Falasca K., Ucciferri C., Mancino P., Vignale F., Corbo M., Pizzigallo E., Vecchiet J.

Clinica Malattie Infettive, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara

Introduzione: Nei pazienti con infezione da HIV vi è una crescente evidenza di ipertensione e microalbuminuria, due importanti fattori di rischio per le malattie renali e cardiovascolari. I farmaci anti-ipertensivi che inibiscono il sistema renina-angiotensina esercitano un effetto antiproteinurico. Telmisartan, un antagonista del recettore dell’angiotensina II che provoca il blocco parziale del PPAR-γ approvato per il trattamento dell’ipertensione, sembra esercitare un effetto nefro-protettivo indipendente dalla riduzione della pressione arteriosa nella popolazione generale. Scopo dello studio è stato valutare gli effetti nefroprotettivi di telmisartan nei pazienti ipertesi affetti da HIV con microalbuminuria.

Materiali e metodi. Sono stati arruolati 13 pazienti HIV+ di sesso maschile caucasici trattati con cART senza cambiamenti terapeutici per oltre 12 mesi e diagnosi recente di ipertensione di grado 1 e sono stati trattati con telmisartan 80 mg/die. All’arruolamento i pazienti avevano viremia negativa, microalbuminuria> 5 mg/l e funzionalità renale nella norma. Pressione sanguigna sistolica (PAS) e diastolica (PAD), trigliceridi, colesterolo totale, HDL e LDL colesterolo, PCR, VES, microalbuminuria, MDRD-VFG, VEGF e l’endotelina -1 sono stati misurati al basale (T0), uno (T1), tre (T3) e sei mesi (T6). Tutte le analisi statistiche sono state effettuate con SAS 9.2.

Risultati. Il trattamento con telmisartan ha mostrato una riduzione significativa della microalbuminuria (p <0,001) con stabile MDRD-VFG, mentre i principali indici di funzionalità renale non hanno evidenziato sostanziali modifiche. Sono stati osservati livelli statisticamente ridotti di PAS e PAD a T1 e sono stati poi confermati al T6, osservando una normalizzazione della pressione arteriosa (PAS p <0,001 e PAD p <0,001). I parametri metabolici hanno mostrato un miglioramento dei parametri lipidici e una significativa diminuzione dei livelli di insulino-resistenza (p = 0,04). Sono emerse una riduzione statisticamente significativa della VES (p = 0,02) e non significativa riduzione di PCR. Infine, sono state osservate una significativa riduzione dei livelli sierici di VEGF e endotelina-1 (p <0,001).

Discussione. Il Telmisartan è stato ben tollerato ed efficace nel migliorare la pressione arteriosa, ma soprattutto ha dimostrato i suoi effetti nefro-protettivi con la diminuzione della microalbuminuria e stabile MDRD-VFG. Non vi sono state interferenze con la cART ed inoltre si è assistito ad un miglioramento del profilo lipidico correlato verosimilmente all’effetto sul PPAR-gamma. I meccanismi che determinano la microalbuminuria nei pazienti HIV+ potrebbero essere correlati all’infezione stessa, all’infiammazione cronica e a disfunzione endoteliale. Inoltre, la riduzione dei valori di endotelina-1 e VEGF osservati in questo studio potrebbe essere legati agli effetti protettivi sull’endotelio del telmisartan. Questi risultati confermano l’efficacia antiipertensiva e ma in particolare gli effetti protettivi renali ed endoteliali del telmisartan anche nei pazienti HIV+.

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P 07Epatite acuta in paziente HIV positivo. Tossicità da farmaci o sindrome da immuno-ricostituzione?Cellini A.

U.O.C. Malattie Infettive - L’Aquila

L’introduzione della HAART ha determinato una considerevole e significativa riduzione della morbilità e della mortalità HIV-correlata. Parallelamente si è verificata un progressivo aumento di patologie epatiche al punto che lo studio D.A.D. ha evidenziato come la morte per epatopatia non AIDS-correlata rappresenti attualmente l’evenienza più frequente nella popolazione HIV.

Caso Clinico. Uomo di 48 aa, ex tossicodipendente con un buon reinserimento nel tessuto sociale. Seguito dal Sert di L’Aquila; nel 1997 (ultimo test disponibile) era positivo per HCV (genotipo 3 a) e AntiHBc, negativo per HIV, HBsAg e HBeAg.Giunge alla nostra osservazione ai primi di Giugno 2010 per febbre e distress respiratorio. Dal lavaggio bronco-alveolare viene isolato Pneumocistis C. ed inizia terapia con Bactrim e.v. + Urbason 20 mg 1 flx2/e.v./die. Risulta positivo per HIV , con CD4+ = 6/mm3 e CV > 500.000. Viene prontamente iniziata una HAART con Kaletra-Truvada.A fine giugno il paziente viene dimesso con CD4+=43 e CV 651cp/ml, quadro epatico nella norma, HCV-RNA>40.000.000 cp/ml, HBV-DNA <2000 cp/ml. A settembre, fallimento viro-immunologico con trend negativo dei CD4+(113) e CV=572 cp/ml; operiamo uno switch a Reyataz + Isentress.Si constata anche aumento delle transaminasi (x5). Dopo più di 25 anni di infezione cronica da HCV silente, il paziente presenta un importante e persistente aumento degli indici di necrosi epatica. Si effettua una biopsia epatica ed si inizia una terapia steroidea ( Deltacortene 25 mg. x 2 /die) nel sospetto di una sindrome da immuno-ricostituzione. Il referto della biopsia epatica documenta un quadro di epatite acuta da interfaccia ad impronta tossico-autoimmune senza rilievo di piecemal necrosis.Alla sospensione della terapia steroidea (20 gg), assistiamo alla normalizzazione della eosinofilia periferica; le transaminasi rimangono stabilmente elevate (x5) con il 20% di gamma-globuline; progressiva riduzione della carica virale HCV (10521757 cp/ml).Negativa la ricerca per altre cause di epatopatia (ANA, alfa 1antitripsina,CU,FE).All’ultimo controllo ematico: HIV-RNA <50 cp/ml, significativo recupero immunologico con CD4+ = 217 cell/mm3 e HCV-RNA 3233280 cp/ml.

Conclusioni. Nel nostro paziente l’insorgenza della epatite è verosimilmente associata alla terapia HAART. Infatti pur giungendo alla nostra osservazione in un avanzato stato di immunodepressione e con una storia pluridecennale di sieropositività per HCV, il paziente all’ingresso non presentava le stimmate di un epatopatico. Nel nostro caso , a fronte di una prorompente replicazione virale HCV(> 40 milioni cp/ml), non troviamo all’inizio un corrispettivo di citolisi epatica ma solo una progressiva sintomatologia dispeptica. Dopo circa tre mesi di HAART sviluppava una epatite acuta.Inoltre la biopsia epatica suggerisce una impronta tossico-autoimmune sulla base della assenza della piecemal necrosis, tipica delle epatiti croniche HCV, e sul rilievo dei Corpi di Councilman, degenerazione balloniforme e steatosi di medio grado.Lo switch ad un regime HAART meno impegnativo sul piano epatico ha permesso un importante risultato viro-immunologico e verosimilmente ha contribuito a ridurre la progressione della fibrosi epatica nella confezione HIV-HCV (13), nell’attesa di un programmato intervento eradicante con IFN-Peg+RBV.

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P 08Il trattamento con steroidi è innocuo nei pazienti in HAART? Descrizione di un caso clinico

Menzaghi B., Abeli C., Chebat E., Quirino T..

U.O. Malattie Infettive Ospedale di Busto ArsizioU.O. Endocrinologia Ospedale “L. Sacco”, Milano

Introduzione. Il problema dell’interazione fra farmaci nei pazienti HIV positivi in terapia HAART è sempre più attuale in relazione alla maggior frequenza di co-morbidità non sempre associate all’infezione stessa. Descriviamo un caso clinico in cui una terapia con steroide ad alte dosi e la possibile interazione con ritonavir, peraltro già segnalata in letteratura, potrebbe essere alla base dell’insorgenza di sindrome di Cushing.

Caso clinico. Donna di 40 anni; infezione da HIV nota dal 1994.Buona situazione viroimmunologica: linfociti CD4+ 540/mmc (49,4%); VL <20 cp/ml.In terapia con tenofovir/ emtricitabina, fosamprenavir/ritonavir.In anamnesi lombalgie ricorrenti per cui ad agosto del 2008 eseguiva RMN colonna vertebrale con riscontro di ernia lombare L4-L5; visita da specialista neurochirurgo che non poneva indicazione ad intervento chirurgico; veniva consigliata terapia con antinfiammatori.A luglio 2010 per il persistere della lombalgia eseguiva ciclo di steroide per os (prednisone a dosaggio a scalare per 10 gg) su consiglio dello specialista fisiatra con temporaneo beneficio; a settembre 2010 per nuova recidiva della sintomatologia dolorosa lo stesso specialista fisiatra consigliava somministrazione settimanale di triamcinolone acetonide (eseguite 3 somministrazioni, l’ultima in data 27/09/2010) con beneficio.A sei giorni dall’ultimo trattamento comparsa di edema al volto, adiposità centrale, buffalo hump, astenia, debolezza muscolare e poliuria.Eseguiva esami ematici che mostravano piastrinopenia, neutrofilia, linfopenia con conseguente calo CD4+, importante incremento LDH sierico, dislipidemia e modesto rialzo degli indici di necrosi. Ulteriori controlli consigliati dallo specialista endocrinologo evidenziavano cortisolo sierico ed urinario soppressi; bassi valori di ACTH; sulla base dell’esito dell’assetto ormanale, dei sintomi riferiti dalla paziente e dei cambiamenti corporei si poneva diagnosi di sindrome di Cushing a possibile eziologia iatrogena. Si eseguiva ecografia addominale che escludeva presenza di masse a livello surrenalico e DEXA total body, in considerazione dell’importante rialzo della fosfatasi alcalina, che escludeva presenza di osteopenia od osteoporosi. Veniva consigliata dieta iposodica e si consigliava alla paziente esecuzione di linfodrenaggi manuali al volto e tronco (tecnica secondo Vodder); non si riteneva invece opportuno iniziare terapia con cortone acetato.A distanza di 60 giorni dall’insorgenza dei sintomi la paziente si presenta ancora astenica, in lieve miglioramento le algie agli arti inferiori e l’edema al volto. Persiste l’adiposità centrale ed il buffalo hump. Gli esami ematici mostrano netto decremento della neutrofilia, normalizzazione della conta piastrinica e del valore dei linfociti; in netta riduzione la fosfatasi alcalina. Persistono alterati l’LDH, i valori di necrosi e stasi epatica ed il profilo lipidico.L’assetto ormonale mostra ancora soppressione completa del cortisolo.

Conclusione. Il trattamento con steroidi in pazienti che assumono HAART è da considerasi non scevro da rischi. Alcune segnalazioni in letteratura hanno sottolineato le possibili interazioni fra steroidi a lunga emivita e ritonavir. La rapidità di insorgenza e la rilevanza clinica della reazione descritta impone cautela nell’associazione dei due farmaci.

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P 09Iperglicemia e terapia ipoglicemizzante nei pazienti HIV positivi sottoposti ad HAART.

Calza L., Manfredi R., Colangeli V., Trapani F., Tedeschi S., Viale P.

U.O. Malattie Infettive, Policlinico S.Orsola-Malpighi, “Alma Mater Studiorum” Università di Bologna

Introduzione. Negli ultimi anni gli studi di coorte hanno evidenziato nei pazienti con infezione da HIV, parallelamente alla riduzione della mortalità assoluta e relativa per malattie opportunistiche, un aumento della mortalità relativa per comorbosità cardiovascolari, epatiche e renali e un aumento dell’incidenza di alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico.

Disegno dello studio. Studio prospettico e randomizzato volto a valutare l’incidenza dell’iperglicemia nei pazienti in trattamento con HAART e l’efficacia/sicurezza di una terapia ipoglicemizzante con gliclazide o metformina.

Pazienti e metodi. 312 soggetti HIV-positivi che hanno iniziato nella nostra Divisione tra il gennaio 2004 e il dicembre 2005 una HAART comprendente un PI mai precedentemente assunto sono stati seguiti prospetticamente per 12 mesi al fine di rilevare l’incidenza di iperglicemia (glicemia a digiuno > 110 mg/dL) ed i relativi fattori di rischio. Tutti i soggetti arruolati avevano all’inizio del nuovo trattamento antiretrovirale valori glicemici nella norma; questi pazienti erano nel 31.5% dei casi naïve alla terapia antiretrovirale e nel 68.5 % già pretrattati. Successivamente tutti i soggetti con iperglicemia persistente per almeno 6 mesi e refrattaria alla correzione dietetica ed al regolare esercizio fisico della durata di almeno 3 mesi sono stati sottoposti a trattamento con gliclazide (80 mg/die) o metformina (500 mg x 2/die) e seguiti prospetticamente per altri 12 mesi.

Risultati. Al termine dei 12 mesi di osservazione, l’insorgenza di iperglicemia (confermata in almeno 2 prelievi ematici) è stata riportata in 36 casi dei 312 soggetti valutabili (11.5%). Il valore medio della glicemia al termine di questo follow-up era di 122.9 mg/dL e questa alterazione era generalmente lieve (110-140 mg/dL; in 29 pazienti) e raramente moderata (140-200 mg/dL; in 7 pazienti), mentre in nessun caso è stata riscontrata un’iperglicemia severa (>200 mg/dL). L’alterazione del metabolismo glucidico era associata in tutti i 36 soggetti ad un incremento della concentrazione plasmatica del peptide C (valore medio 7.7 ng/mL) e della percentuale dell’emoglobina glicata (valore medio 8.6%), così come alla presenza di ipertrigliceridemia, età > 55 anni, indice di massa corporea > 28, maggiore durata delle precedenti terapie antiretrovirali e stadio più avanzato dell’infezione da HIV, mentre non è emersa alcuna correlazione statisticamente significativa tra la comparsa dell’iperglicemia e l’uso di specifici agenti antiretrovirali. La terapia con metformina o gliclazide per 12 mesi ha consentito di ottenere una riduzione della glicemia media in questi pazienti pari al 30.3% (p<0.05) e al 31.6% (p<0.05), rispettivamente, rispetto al valore medio basale, senza differenze significative tra i due farmaci utilizzati.

Conclusioni. L’assunzione di una terapia basata sull’uso dei PI è risultata associata nel nostro studio ad un’incidenza moderata, ma non trascurabile di iperglicemia. La terapia ipoglicemizzante orale con gliclazide o metformina è risultata efficace e ben tollerata nel trattamento di questi pazienti, senza differenze significative tra i due farmaci utilizzati.

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P 10La valutazione universale della densità ossea è costo-efficace nei pazienti HIV positivi in follow-up.

Mazzotta E.1, Vadini F.1, Ursini T.1, Di Nicola A.2, Zicolella R.3, Agostinone A.1, Sozio F.1, Placido G.1, Pieri A.1, Di Matteo L.3, De Francesco V.2, Alterio L.1, Manzoli L.4, Parruti G.1.

1- U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara;2- U.O.C. di Medicina Nucleare, Ospedale di Pescara;3- U.O.C. di Reumatologia, Ospedale di Pescara4 -Sezione di Epidemiologia e Sanità Pubblica, Università di Chieti

L’osteopenia/osteoporosi (OP) è tra i disordini metabolici dell’infezione da HIV, la cui prevalenza sembra notevolmente accresciuta nell’era HAART. L’OP è stata riportata nel 23-75% dei pazienti valutati nelle diverse casistiche, con ampie variazioni relazionabili alla selezione di specifiche tipologie di pazienti (donne in pre-menopausa, pazienti obese, maschi omosessuali di basso peso, etc.). Non è ancora noto al momento se lo screening universale della densità ossea (DO) sia ragionevole all’arruolamento dei pazienti nei Centri di ordinaria diagnosi e cura, semplicemente a seguito della diagnosi di HIV. Ai pazienti HIV in follow-up è stato offerto l’arruolamento nello studio da aprile 2009. La DO è stata misurata con Dual X-ray Absorptiometry (DXA) femorale e lombare, nonché con ultrasonografia quantitativa (QUS) al calcagno. Sono inoltre stati indagati: VitD, PTH, ACTH, FSH, TSH, calcitonina, osteocalcina, ALP ossea, funzionalità renale, IgE totali, adiponectina, ANA e ACL. Sono stati considerati sesso, età, BMI, indice vita-fianchi, fumo di sigaretta, lipodistrofia, tipo e durata della HAART, durata dell’infezione, comorbilità, altre terapie oltre la HAART, CD4 Nadir e correnti, viremia HIV. Per le analisi statistiche è stato utilizzato il Software Stata 9.1. Lo studio è stato proposto consecutivamente a 178 pazienti; 155 (87%) hanno acconsentito a partecipare. Fra questi, 10 non si sono presentati agli appuntamenti; i dati di altri 7 pazienti sono incompleti. Il campione è composto da 138 pazienti valutabili, 95 maschi (68.8%), età media di 43.6±9.8 anni, Nadir CD4 medio 266±185 cell/mmc, BMI medio 23.6±4.0, 17.4% HAART-naïve. Dei 114 pazienti trattati 66 (47.8%) assumevano un PI, la durata media della HAART 63.1±51.3 mesi. I TD erano il 20.4%, 52.5% gli eterosessuali, 24.8% gli omosessuali e 2.2% da trasfusioni; 32.6% con diagnosi di AIDS. La media di T- e Z-scores femorali e lombari è risultata: TSF: -0.84±1.0; ZSF: -0.56±1.0; TSL: -1.06±1.23; ZSL:-0.75±1.29). Un TSF <-1 è stato registrato per 58 (42.3%) dei pazienti, un TSC <-1 per 73 (52.9%); l’uno e/o l’altro per 84 (60.9%) dei pazienti. Le percentuali di osteopenici salivano al 73.8% tra i 61 pazienti con BMI < 23; al 70.1% nei 51 pazienti con lipodistrofia; al 67.3% nei 113 pazienti trattati; 77.1% nei 35 pazienti con storie di fratture nell’età adulta. La percentuale degli osteopenici è risultata bassa (32.0%) tra i 25 pazienti non trattati al momento della valutazione.In linea con numerose altre evidenze, il nostro studio conferma l’importanza della misurazione della DO in pazienti HIV non selezionati in qualsiasi fase dell’infezione. In particolare, i nostri risultati indicano che un semplice algoritmo può permettere una rapida identificazione dei pazienti a più alto rischio di demineralizzazione ossea.

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P 11Le tre “ere” della HAART basata su PI: valutazione comparativa dell’ insorgenza di lesioni ateromasiche subcliniche.Lenoci FD., Altamura M., Bellacosa C., Ladisa N., Angarano G., Maggi P.

Dipartimento di Malattie Infettive, Università di Bari

Background: Gli inibitori delle proteasi, alla luce dei sempre maggiori dati a supporto dell’efficacia e sicurezza, hanno assunto un ruolo di primo piano nella HAART. Tuttavia varie evidenze provenienti da grandi studi di coorte, suggeriscono un maggior rischio cardiovascolare correlato a questa classe di farmaci. Negli anni sono stati compiuti sforzi per ottenere molecole sempre più friendly dal punto di vista cardiovascolare. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’evoluzione negli anni dell’impatto di tali regimi terapeutici nell’insorgenza di lesioni ateromasiche subcliniche, confrontando tre epoche HAART diverse, corrispondenti a regimi basati su tre diversi inibitori delle proteasi boosted (IDV/r, LPV/r, ATV/r).

Metodi: Abbiamo eseguito uno studio retrospettivo cross-sezionale utilizzando i dati acquisiti nello studio PREVALEAT. Abbiamo selezionato tre gruppi di pazienti, sovrapponibili per caratteristiche epidemiologiche ed immunovirologiche, al loro primo trattamento antiretrovirale, da almeno 12 mesi, basato su IDV/r, LPV/r, ATV/r. Sono stati valutati i seguenti parametri relativi ai fattori di rischio cardiovascolare: eventi cardiovascolari maggiori, familiarità, fumo, alcool, ipertensione arteriosa, tossicodipendenza attiva, sedentarietà, diabete e dislipidemia.Inoltre i pazienti sono stati confrontati per la presenza di lesioni ateromasiche subcliniche valutate con metodica eco color Doppler carotideo. Uno spessore mio-intimale superiore a 0.9 mm è stato considerato patologico; un ispessimento mio-intimale (IMT) superiore a 1.2 mm è stato considerato placca ateromasica.

Risultati: Abbiamo analizzato i dati relativi a 35 pazienti, di cui 15 in trattamento con IDV/r, 10 in trattamento con LPV/r e 10 in trattamento con ATV/r. I fattori di rischio erano sovrapponibili nei tre gruppi. Nel gruppo dei pazienti trattati con IDV/r gli eco Doppler sono stati eseguito dal 1998 al 2002; l’indagine mostrava alterazioni patologiche nel 40% (60% IMT, 40% placche ateromasiche). Il gruppo in trattamento con LPV/r eseguiva gli eco color Doppler dal 2005 al 2006 che risultavano patologici nel 60% dei casi (80% IMT, 20% placche ateromasiche). Nel gruppo dei pazienti trattati con ATV/r gli eco color Doppler erano eseguiti tutti nel 2010 e mostravano alterazioni patologiche nel 30% dei casi (90% IMT, 10% placche).

Conclusioni: Dai nostri dati abbiamo potuto osservare che i regimi basati su ATV/r hanno un minor impatto a lungo termine sullo sviluppo di lesioni ateromasiche a livello carotideo. Va anche rilevato che nei tre periodi di tempo selezionati la percentuale di placche si è progressivamente ridotta. Questo potrebbe essere da attribuire anche ad una gestione progressivamente più accorta dei nostri pazienti anche in termini di prevenzione comportamentale e farmacologica dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolari.

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P 12Miglioramento del profilo metabolico dopo switch a Darunavir/r(DRV/r) in pazienti (pz) HIV-positivi viro-soppressi in terapia antiretrovirale di combinazione (cART). Vignale F., Ucciferri C., Falasca K., Mancino P., Pizzigallo E,. Vecchiet J.

Dipartimento di Malattie Infettive, Università di Bari

Background: Gli inibitori delle proteasi, alla luce dei sempre maggiori dati a supporto dell’efficacia e sicurezza, hanno assunto un ruolo di primo piano nella HAART. Tuttavia varie evidenze provenienti da grandi studi di coorte, suggeriscono un maggior rischio cardiovascolare correlato a questa classe di farmaci. Negli anni sono stati compiuti sforzi per ottenere molecole sempre più friendly dal punto di vista cardiovascolare. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’evoluzione negli anni dell’impatto di tali regimi terapeutici nell’insorgenza di lesioni ateromasiche subcliniche, confrontando tre epoche HAART diverse, corrispondenti a regimi basati su tre diversi inibitori delle proteasi boosted (IDV/r, LPV/r, ATV/r).

Metodi: Abbiamo eseguito uno studio retrospettivo cross-sezionale utilizzando i dati acquisiti nello studio PREVALEAT. Abbiamo selezionato tre gruppi di pazienti, sovrapponibili per caratteristiche epidemiologiche ed immunovirologiche, al loro primo trattamento antiretrovirale, da almeno 12 mesi, basato su IDV/r, LPV/r, ATV/r. Sono stati valutati i seguenti parametri relativi ai fattori di rischio cardiovascolare: eventi cardiovascolari maggiori, familiarità, fumo, alcool, ipertensione arteriosa, tossicodipendenza attiva, sedentarietà, diabete e dislipidemia.Inoltre i pazienti sono stati confrontati per la presenza di lesioni ateromasiche subcliniche valutate con metodica eco color Doppler carotideo. Uno spessore mio-intimale superiore a 0.9 mm è stato considerato patologico; un ispessimento mio-intimale (IMT) superiore a 1.2 mm è stato considerato placca ateromasica.

Risultati: Abbiamo analizzato i dati relativi a 35 pazienti, di cui 15 in trattamento con IDV/r, 10 in trattamento con LPV/r e 10 in trattamento con ATV/r. I fattori di rischio erano sovrapponibili nei tre gruppi. Nel gruppo dei pazienti trattati con IDV/r gli eco Doppler sono stati eseguito dal 1998 al 2002; l’indagine mostrava alterazioni patologiche nel 40% (60% IMT, 40% placche ateromasiche). Il gruppo in trattamento con LPV/r eseguiva gli eco color Doppler dal 2005 al 2006 che risultavano patologici nel 60% dei casi (80% IMT, 20% placche ateromasiche). Nel gruppo dei pazienti trattati con ATV/r gli eco color Doppler erano eseguiti tutti nel 2010 e mostravano alterazioni patologiche nel 30% dei casi (90% IMT, 10% placche).

Conclusioni: Dai nostri dati abbiamo potuto osservare che i regimi basati su ATV/r hanno un minor impatto a lungo termine sullo sviluppo di lesioni ateromasiche a livello carotideo. Va anche rilevato che nei tre periodi di tempo selezionati la percentuale di placche si è progressivamente ridotta. Questo potrebbe essere da attribuire anche ad una gestione progressivamente più accorta dei nostri pazienti anche in termini di prevenzione comportamentale e farmacologica dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolari.

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P 13Osteonecrosi dei quattro arti: fra nuovi farmaci antiretrovirali e vecchie dipendenze.Rossotti R., Molteni C., Bonfanti P.

SC Malattie Infettive e Tropicali, AO “A. Manzoni”, Lecco.

Introduzione: L’osteonecrosi della testa del femore è una delle condizioni più debilitanti in corso di infezione da HIV. L’incidenza delle forme asintomatiche nella popolazione generale è dello 0.003-0.006 casi/100 persone/anno, nella popolazione HIV+ è stimata 0.03-0.37 casi/100 persone/anno. I principali fattori di rischio sono: l’infezione stessa e il conseguente stato infiammatorio cronico; la HAART (AZT? TDF? PI-boosted?); terapia steroidea; abuso di alcool; fumo; dislipidemia; basso BMI.Viene presentato uno dei pochi casi descritti in letteratura di osteonecrosi a carico di femore ed omero bilateralmente in un soggetto HIV-positivo.

Caso clinico. UG è un uomo di 49 anni, sieropositivo dal 2002; in anamnesi pregresso trattamento con AZT/3TC/ABC. Giunge alla nostra valutazione nel mese di aprile 2006 per PJP, CD4 34 cell/mmc; si inizia terapia con FTC/TDF e ATV/rtv. Ad aprile 2007 si sostituisce il backbone con 3TC/ABC per peggioramento della funzionalità renale (MDRD 53). Dall’ottobre 2008 presenta importanti problemi di etilismo (circa 200 g/die), che però il paziente minimizza.Dal maggio 2009 comparsa di algie articolari ingravescenti agli arti inferiori; esegue EMG (che evidenzia modesta radicolopatia S1 bilateralmente) ed inizia terapia con pregabalin con scarso beneficio. Nel mese di aprile 2010 viene ricoverato per peggioramento del quadro neuropatico, con ipostenia agli arti inferiori e tendenza alla caduta. Durante la degenza esegue: • Esami ematochimici: β-GT 651, AST 87, ALT 266; vitamina D 53.7 ng/mL; • Radiografia del bacino: aspetto normale; calcificazioni di pertinenza intimale arteriosa loco-regionale; • DXA rachide lombare e femore: osteopenia a carico del collo del femore, normale mineralizzazione a L1-L4.Viene iniziata terapia di supplementazione con vitamina D e si modifica la HAART sostituendo il PI con RAL. Si ribadisce la necessità di sospendere l’abuso di alcool, ma il paziente rifiuta di afferire al NOA.Quattro mesi dopo la sintomatologia dolorosa a carico del bacino appare nettamente peggiorata con grave limitazione funzionale e compare algia alle braccia nonostante terapia con oxicodone ed eterocoxib. Agli esami ematici: ipertransaminasemia, ALP 129, dislipidemia (TG 377, colesterolo totale 274 con HDL 52), calcio 2.38, fosfati 1.09, buona situazione immuno-virologica; calo ponderale di 7 kg (ma con BMI 25). Esegue RM, che evidenzia quadro di osteonecrosi asettica a carico della testa femorale e all’epifisi omerale bilateralmente.Le valutazioni ortopediche non pongono l’indicazione all’intervento chirurgico in considerazione del complesso quadro clinico e del contemporaneo coinvolgimento degli arti inferiori e superiori che non renderebbe praticabili i procedimenti fisioterapici post-chirurgici.

Discussione. L’osteonecrosi rappresenta una delle complicanze dell’infezione da HIV più invalidanti e di più difficile gestione. Il paziente presenta alcuni fattori di rischio, come etilismo e dislipidemia. Ha assunto ATV/rtv >50 mesi, AZT e TDF <12 mesi (sospesi da anni) però le lesioni paiono essersi sviluppate rapidamente nei mesi di assunzione di RAL, di cui non è noto il potenziale tossico osseo. Resta fondamentale attuare le procedure di screening nei soggetti a rischio e soprattutto impostare approcci multidisciplinari nei casi di etilismo, dove la tossicità da alcool può potenziare l’effetto dei farmaci antiretrovirali.

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P 14Pazienti ipertesi HIV- trattati con telmisartan: efficacia antiper-tensiva e effetti metabolici. Ucciferri C., Falasca K., Mancino P., Vignale F., Di Biase J., Pizzigallo E., Vecchiet J.

Clinica Malattie Infettive, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara

Introduzione:Nei pazienti HIV+, come nella popolazione generale, vi è evidenza di ipertensione arteriosa che richiede un trattamento farmacologico e si associa ad un aumentato rischio cardiovascolare (CVR). Telmisartan, un antagonista del recettore dell’angiotensina II, è anche un agonista parziale del PPAR -γ che svolge un ruolo importante nella omeostasi del glucosio e dei lipidi. Lo scopo di questo studio era di valutare gli effetti anti-ipertensivi e metabolici di telmisartan nei pazienti ipertesi HIV+.

Materiali e metodi: Sono stati arruolati 18 pazienti maschi caucasici HIV+ in terapia cART e naïve per i farmaci anti-ipertensivi e sono stati trattati con 80 mg di telmisartan al giorno. Pressione arteriosa sistolica (PAS) e diastolica (PAD), indice di massa corporea, parametri viro-immunologici, trigliceridi, colesterolo totale, HDL e LDL colesterolo, glicemia a digiuno, HOMA-IR, CRP, indici di funzionalità epatica e renale, la cistatina C, IL-18, endotelina-1 sono stati misurati al basale (T0), tre (T3) e sei mesi (T6).

Risultati: Il trattamento con telmisartan migliora i livelli di PAS e PAD, HOMA-IR già in T1. I livelli sierici dei trigliceridi diminuiscono significativamente con un aumenta del colesterolo HDL a T1, mentre il colesterolo totale e livelli di colesterolo LDL sono risultati statisticamente ridotto al T3 e in seguito a T6. La cistatina C e l’endotelina-1 hanno mostrato una riduzione significativa a T1, mentre IL-18 è diminuito sia in T3 e T6.

Conclusioni: Il telmisartan è risultato efficace nel migliorare l’ipertensione arteriosa, il metabolismo lipidico e glucidico. La riduzione di endotelina-1 può essere correlata ad un effetto protettivo del farmaco sull’endoteliale. Sulla base di questi risultati ed in particolare per i suoi effetti cardio-metabolici, il telmisartan potrebbe essere il farmaco di prima scelta per il trattamento di pazienti HIV+ ipertesi.

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P 15Policitemia in una popolazione di soggetti con infezione da HIV cronica in trattamento antiretrovirale.Orofino G.1, Guastavigna M.1, Carosella S.1, Farenga M.1, Caramello P.1, Ghisetti V.2, Larizza E.3

1- Divisione A di Malattie Infettive, Ospedale Amedeo di Savoia, Torino, 2- Laboratorio di virologia e microbiologia, Ospedale Amedeo di Savoia3- SoSD Oncoematologia ASL TO2 , Torino

Introduzione: Il sospetto clinico di policitemia si pone quando un soggetto (femmina o maschio rispettivamente) presenta una delle seguenti anomalie : Ht > 48 % o > 52 % oppure Hb > 16.5 g/dl o > 18.5 g/dl . L’individuazione precoce di eventuale policitemia risulta molto importante per l’eventuale trattamento e la relativa sopravvivenza del paziente. Esistono pochi dati circa la prevalenza di tale alterazione nella popolazione HIV infetta.

Metodologia: I pazienti ambulatoriali con infezione da HIV afferenti alla nostra divisione, che durante i normali controlli ematologici presentavano, in 2 determinazioni intervallate da almeno 8 settimane di tempo, una delle alterazioni quali quelle sopra riportate, sono stati sottoposti, nell’ultimo anno, ai seguenti accertamenti : bilancio del ferro sierico (sideremia, ferritina, trasnferrina), Rx torace, Ega arterioso + spirometria, ecografia addome completo, dosaggio EPO, dosaggio del ferro intraeritrocitario tramite isotopi radioattivi, biopsia ossea, ricerca mutazione JAK 2,determinazione massa eritrocitaria.

Casistica: Sono stati inseriti in questo protocollo 10 soggetti, tutti di sesso maschile, con le seguenti caratteristiche demografiche e relative alla infezione da HIV : età media 49,6 anni; durata media della infezione da HIV (nota) : 11,6 anni; stadio clinico CDC : 6 A, 4 C ; tutti tranne uno (9/10) presentavano viremia HIV “undetectable”; nadir medio dei CD4 186,4 cell/mmc; esposizione ad ARV (media) : NRTI : 44,2 mesi ; NNRTI : 44 mesi ; IP : 42 mesi. Sono state poste diagnosi di policitemia secondaria in due casi e di policitemia vera in un caso; gli altri casi sono in fase ancora di definizione diagnostica. 1 paziente è stato avviato a salasso terapia, guidata dai valori di ematocrito.

Conclusioni: A fronte di pochissimi casi di policitemia riportati nella letteratura scientifica in persone con infezione da HIV, vengono qui segnalati alcuni casi in attuale osservazione e/o trattati. Riteniamo che la policitemia sia un campo nuovo di attenzione, sia per capire la eventuale relazione di questi disturbi ematologici con la HAART, sia come nuova comorbidità, rilevante anche considerato l’invecchiamento dei pazienti e il dato epidemiologico che tale patologia, nella popolazione non HIV infetta, aumenta con l’ avanzare dell’ età.

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P 16Qualità della vita in una coorte locale di pazienti con infezione da HIV: rivalutazione dei fattori psicologici come predittori di peggioramento.Vadini F.1, Mazzotta E.2, Ursini T.2, Agostinone C.1, Sozio F.2, Placido G.2, Di Stefano P.1, Di Masi F.2, Manzoli L.3, Parruti G.2

1- Servizio di Psicoinfettivologia, U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara2- U.O.C. di Malattie Infettive, Ospedale di Pescara3- Sezione di Epidemiologia e Sanità Pubblica, Università di Chieti

Il peggioramento della qualità della vita in soggetti con infezione da HIV è stato scarsamente studiato nell’era HAART sotto il profilo dei predittori associati. Alcuni fattori psicologici sono predittori noti di peggioramento dello stato di salute tanto nella popolazione generale che nei pazienti con infezione da HIV. Abbiamo inteso pertanto rivalutare i fattori psicologici nella nostra coorte, già di recente indagata su un campione preliminare, per sintomi depressivi, alessitimia e personalità di tipo D, tratti relativamente stabili dell’organizzazione cognitiva e potenzialmente influenzati dall’infezione da HIV stessa. I sintomi depressivi sono stati valutati mediante il Beck Depression Inventory II (BDI-II, cut-off≥15), l’alessitimia mediante la Toronto Alexithymia Scale (TAS-20, cut-off≥61), la personalità di tipo D mediante il DS14 (Negative Affectivity Scale, cut-off≥9; Social Inhibition Scale, cut-off≥9). La qualità della vita è stata valutata con gli indici sintetici di Salute Fisica (PCS) e Mentale (MCS) della Short Form-12 (SF-12). Sono stati sinora arruolati 150 pazienti consecutivi con infezione da HIV, 112 (75%) maschi, età media 45.3±9.6 anni (r.21-70). Il punteggio medio dell’alessitimia è risultato 48.1±14.0, 29 (20.7%) pazienti avendo un TAS-20 ≥61. Il punteggio medio del BDI-II è stato 12.4±10.8, 48 (34.3%) pazienti ≥15; la personalità di tipo D è stata infine rilevata in 54 (38.6%) pazienti. Il PCS12 medio è risultato 45.6±10.2 e l’MCS12 medio 43.3±12.5. L’analisi avanzata della casistica conferma che TAS-20>61, BDI-II>15 e personalità di tipo D sono significativamente associati ad una bassa qualità della vita, tanto per la componente fisica (PCS12: 37.2 vs 47.8; 39.2 vs 48.9; 41.6 vs 48.1 rispettivamente, p<0.001) che psichica (MCS12: 35.5 vs 45.3; 34.1 vs 48.0; 35.4 vs 48.2 rispettivamente, p<0.001). Le analisi di regressione lineare hanno confermato per il PCS12 l’associazione negativa indipendente di TAS20≥61 (-5.8±2.0, p=0.005), BDI-II≥15 (-7.4±1.8, p<0.001) ed età (-0.2±0.1, p=0.008). Per l’MCS12 si confermano indipendenti un BDI-II≥15 (-9.6±2.2, p<0.001) e la personalità di tipo D (-7.8±2.0, p<0.001).La presente rivalutazione dopo ampliamento della coorte conferma la stretta relazione tra fattori psicologici ed evoluzione dello stato generale di salute ed in particolare l’indipendenza di alessitimia e personalità di tipo D dai sintomi depressivi nella relazione con il peggioramento della qualità della vita. L’attenzione clinica orientata verso le componenti più stabili dell’organizzazione cognitiva in pazienti con infezione da HIV potrà essere un target clinicamente rilevante, aprendo la strada ad interventi complementari alla terapia antiretrovirale.

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P 17Sindrome di Cushing iatrogena in paziente Hiv+ in terapia con Ritonavir e Fluticasone inalatorio.Tettoni M., Calcagno A., Bigliano P., Trentini L., Marinaro L., Bracchi M., Bonora S., Audagnotto S., Bertucci R., Rostagno R., Libanore V., Di Perri G.

Clinica Universitaria Malattie Infettive Ospedale Amedeo di Savoia, Torino

Paziente maschio, 41 anni, ex IDU in terapia sostitutiva con Metadone 99 mg/die, forte fumatore; ospite presso comunità di recupero per tossicodipendenti.APR: BPCO in trattamento con salmeterolo 50 mcg , fluticasone 500 mcg 1 puff x 2/die e tiotropio bromuro per via inalatoria; cardiomiopatia ipocinetica ed ipertensione arteriosa trattata con valsartan 80 mg e idroclorotiazide 12,5 mg; depressione e disturbi di personalità in terapia con olanzapina 10 mg; epatopatia cronica HCV correlata asintomatica. Sieropositività per HIV nota dal 1998 (Nadir CD4 142 cell/mm3; 9%, 0.12 ratio); ultima terapia antiretrovirale (agosto 2008): TDF+FTC+LPV/r con efficacia terapeutica. A settembre 2009 il paziente abbandona la comunità: da allora assume farmaci con discontinuità e automodificazioni dei dosaggi con incremento ponderale di circa 25 kg in 15 giorni, adiposità centrale, astenia, dispnea, cefalea, flushing al volto, smagliatura pruriginose a torace e addome, debolezza muscolare e gonalgia bilaterale. Dicembre 2009: ricovero ospedaliero, buone condizioni generali, Rx torace: quadro di BPCO, epatomegalia all’ecografia addome, esami ematochimici nella norma eccetto riscontro di mielociti 2% allo striscio ed LDH elevato (1077 mg/dl). Profilo immuno-virologico: CD4= 476 cell/mm3; HIV-RNA <20 cp/ml.In base al riscontro di bassi valori di cortisolo mattutino 0.3 ug/ml e di ACTH < 5pg/ml è stata posta diagnosi di Sindrome di Cushing; il normale aspetto dell’ipofisi alla RMN encefalo e delle ghiandole surrenali alla TC ha orientato la diagnosi verso una possibile eziologia iatrogena. Al momento il paziente risulta in terapia con: lopinavir/ ritonavir, tenofovir-emtricitabina, ranitidina, olanzapina, metadone, valsartan, idroclorotiazide, tiotropio bromuro, salmeterolo e fluticasoneGià nel 2008 MM Foisy et al. avevano descritto un’interazione fra ritonavir e fluticasone inalatorio in 28 pazienti in HAART che avevano sviluppato una Sindrome di Cushing in cui le AUC del fluticasone risultavano nettamente incrementate. Queste alterazioni si sviluppavano più rapidamente nei pazienti con cirrosi epatica HCV-correlata.Il fluticasone infatti è il corticosteroide con più lunga emivita di legame col recettore (10,5 h), il più lipofilico (3 volte più del budesonide), a più alto volume di distribuzione e quindi più soggetto ad accumulo. Di conseguenza può potenzialmente avere più effetti soppressivi sull’asse ipotalamo-ipofisario. Al nostro paziente è stato quindi sostituito il fluticasone dapprima con l’associazione budesonide -formoterolo per via inalatoria e poi con il solo formoterolo. Si è assistito nel breve ad una progressivo miglioramento del quadro clinico e dei valori ormonali. In conclusione: è sempre più importante nei pazienti in HAART valutare le interazioni fra farmaci assunti, ponendo molta attenzione ad effettuare periodicamente una revisione di tutta la terapia in corso, anche dei farmaci assunti per via inalatoria.

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P 18Strategie di intervento su soggetti HIV o HCV positivi, con alte-razioni metaboliche e immunitarie.

Rosella E.

U.O.Igiene e Sanità Pubblica, ASL MB

Oggi è evidente, dai dati di letteratura, la correlazione fra le alterazioni del metabolismo e lo “stato infiammatorio” suscitato nell’ospite dalla presenza di alcune infezioni virali croniche come HIV o HCV. Forse la ragione per cui HCV è un importante patogeno risiede nel fatto che esso è riuscito a sviluppare una strategia che gli permette, durante il suo ciclo vitale, di interagire con il metabolismo lipidico dell’ospite e di trarne vantaggi. Il suo ciclo vitale è interamente citoplasmatico e il suo RNA e le proteine virali non strutturali costituiscono un complesso di replicazione strettamente associato al reticolo endoteliale delle cellule dell’ospite. L’accumulo intraepatico di lipidi, quindi in definitiva la steatosi epatica, pare essere importante non solo per la replicazione dell’HCV ma anche per consentire al virus di essere trasportato in circolo. Il virus e’ inoltre associato, con frequenza maggiore rispetto al soggetto non infetto, alla resistenza insulinica e al diabete; in particolare il genotipo 3a determina steatosi epatica virus-indotta, mentre il genotipo 1 causa steatosi epatica attraverso l’induzione di resistenza insulinica. Nell’infezione da HIV, già nel paziente naive, cioè in un soggetto mai sottoposto ad alcun trattamento antiretrovirale, esistono delle alterazioni a carico del sistema cardiovascolare, dell’osso, del metabolismo glucidico e del tessuto adiposo. La prevalenza della sindrome metabolica (classificazione ATP III) sia nel soggetto naive che nel pluritrattato, appare superiore rispetto alla popolazione generale.L’ipotesi dell’ “Overflow” degli adipociti, con la conseguente liberazione di FFA e quindi di lipotossicità, appare come una noxa patogena comune, a carico di fegato ( NAFLD), muscolo e beta cellule del pancreas (resistenza insulinica) ed endotelio dei vasi. D’altro canto, l’infiltrazione di macrofagi nel contesto del grasso viscerale, e la conseguente presenza di virus patogeni, che condizionano la liberazione di citochine, probabilmente concorre alla disregolazione metabolica.Che fare dunque?La dieta mediterranea, con la riduzione dell’uso di carne rossa, il consumo di legumi, di pesce e di grassi monoinsaturi (olio di oliva) andrebbe sempre proposta a questi pazienti, in quanto è dimostrata la riduzione dell’attività infiammatoria, forse attraverso un miglioramento del rapporto omega6 /omega3.Tale strategia andrebbe sempre associata alla prescrizione di attività fisica strutturata di tipo aerobico, in quanto in grado di ridurre il giro vita addominale (che correla all’accumulo di grasso viscerale), di migliorare la resistenza insulinica (attraverso il miglioramento del metabolismo e l’aumento della massa muscolare) e di far regredire la steatosi epatica. Infine,oggi è nota l’importanza dell’ipovitaminosi D sulla maggiore suscettibilità agli eventi cardiovascolari maggiori, pertanto in termini di prevenzione andrebbe sempre esclusa nei soggetti HIV o HCV positivi.

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P 19TBC XDR: a case report.Tarquini P., Falconi Di Francesco L., Di Ottavo L., Di Giammartino D.

ASL 204 Ospedale Mazzini piazza Italia 1, 64100 Teramo

La prevalenza dei Mycobacterium tuberculosis MDR (ceppi resistenti ad isoniazide e rifampicina) sta crescendo in tutto il mondo. I ceppi MDR sono più del 15% di tutti i casi di TBC in alcune regioni dell’ex URSS, Cina, ed Israele. Mycobacterium tuberculosis XDR (ceppi resistenti ad isoniazide e rifampicina più un fluorochinolone ed almeno uno dei farmaci iniettabili - capreomicina, kanamicina, o amikacina) sono stati identificati in tutte le regioni del mondo dal 2006. Le risposte al trattamento sono significativamente peggiori nei pazienti con TBC XDR rispetto ai pazienti con TBC MDR. Outbreaks di XDR TB in popolazioni con alta prevalenza di HIV hanno registrato alti tassi di mortalità, ma anche nel paziente immunocompetente la multiresistenza trasforma una malattia curabile in una condizione pericolosa per la vita. Nel mese di giugno 2010 si presentò alla nostra osservazione la Sig.ra BRS, di anni 38, razza caucasica, senza precedenti patologici, esposta ad un caso recentemente individuato di TBC XDR. La Sig. BRS pochi mesi dall’esposizione, in completa assenza di sintomi, effettuò un controllo radiografico standard del torace che risultò negativo e successivamente un esame TAC del torace che mostrò sfumati focolai multipli di consolidamento polmonare. L’esame batterioscopico per BAAR risultò ripetutamente negativo, mentre si positivizzò l’esame colturale, rivelando un ceppo TB Complex. Considerato il dato anamnestico di contatto stretto con caso accertato di TB XDR la paziente venne avviata ad una terapia con gli stessi farmaci usati con successo dal paziente fonte: levofloxacina, Cicloserina, Acido Para Amino Salicilico, Linezolid (1200 mg/die), Claritromicina, Imipenem cilastatina, e Vitamina B6, ai dosaggi raccomandati dal WHO.Il test di resistenza ai farmaci antitubercolari confermò la presenza di un ceppo con lo stesso spettro di resistenze del ceppo del paziente fonte, ossia resistente nei confronti di isoniazide (anche ad alto dosaggio), pirazinamide, etambutolo, rifampicina, streptomicina, etionamide, amickacina, capreomicina, kanamicina.Dopo il primo mese di terapia in regime di ricovero si inviò la paziente in isolamento domiciliare, sostituendo l’Imipenem cilastatina con amoxicillina acido clavulanico.Considerata la tossicità del Linezolid nel suo uso a lungo termine si preferì diminuire il suo dosaggio a 600 mg/die subito dopo il termine del primo mese di terapia.Ad oggi, dopo 6 mesi di terapia, la paziente prosegue la stessa cura senza rilevanti effetti collaterali, l’esame TAC del torace non rivela più lesioni, e l’esame batterioscopico del broncolavaggio alveolare condotto al termine del sesto mese è risultato negativo.Questo caso si è rivelato interessante sia per la evidente contagiosità del caso indice, sia per i problemi connessi alla profilassi dei familiari della paziente, sia per i problemi connessi alla tossicità dei farmaci impiegati, che hanno portato alla decisione di ridurre il dosaggio quotidiano del Linezolid sulla scorta degli studi ad oggi condotti, che confermano la sua migliore tollerabilità e comparabile efficacia anche a dosaggi ridotti.

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P 20Terapia con etanercept in un paziente affetto da infezione da HIV e artrite psorisiaca.Dalessandro M., Mariani R., Paoloni V., Ranelli A., Ranelli A., Paoloni M.

U.O. Malattie Infettive -Osp. “SS Filippo e Nicola”- Avezzano (AQ)

Introduzione: Nella popolazione HIV positiva la psoriasi può presentarsi con caratteristiche cliniche differenti dalla popolazione generale. A causa dell’immunodeficienza e della possibile interazione con la terapia antiretrovirale, il trattamento dovrebbe comprendere inizialmente farmaci topici. Laddove gli schemi generalmente consigliati non abbiano comportato una sostanziale risposta clinica, viene consigliata la terapia con farmaci anti-TNF quale ad esempio l’etanercept. Descriviamo qui di seguito il caso clinico di un paziente HIV+ in cura presso la nostra U.O. affetto da una grave forma di artrite psoriasica trattato con etarnecept e HAART.

Caso clinico: Trattasi di un paziente di 47 anni HIV+ noto dall’agosto 2009 affetto da una forma severa di artrite psoriasica da circa 5 anni, nessuna confezione virale né infezione opportunistica maggiore e/o minore in anamnesi. A causa della elevata replicazione virale (HIVRNA: 870000 copie/mL; linfociti CD4: 570 cellule/mmc) e delle estese lesioni psoriasiche con interessamento articolare, il paziente inizia il trattamento antiretrovirale con Tenofovir + Raltegravir + Darunavir/r sulla base del test genotipico di resistenza virale. Nel novembre 2009 si associa alla terapia in corso (HIVRNA < 50 copie/mL, linfociti CD4+ pari a 1023 cellule/mmc), terapia immunosoppressiva con azatioprina e deltacortene os. Tuttavia a causa della comparsa di insufficienza renale, si decide di iniziare trattamento con etarnercept 50 mg biw. Dopo 6 somministrazioni di etanercept, il paziente ha presentato un’importante flare up del quadro cutaneo ed articolare con parziale impotenza funzionale. A tuttoggi il paziente ha sospeso la terapia anti-psoriasica in attesa di una ulteriore valutazione terapeutica (retinoidi? altro farmaco biologico?).

Conclusioni: In letteratura i casi descritti di trattamento con etarnecept nella popolazione HIV+ sono ancora pochi. A tuttoggi etanercept non sembra peggiorare né l’andamento dei linfociti CD4+ né la carica virale di HIV, rappresentando un’opzione terapeutica sicura ed efficace nel trattamento della psoriasi severa. Tuttavia, come è avvenuto nel nostro caso clinico, vi è necessità di ampliare la ricerca clinica non solo con etanercept ma anche con ulteriori farmaci biologici data la possibilità di interazione farmacologica con la HAART ed il possibile fallimento terapeutico per la singolarità dell’assetto immunologico dell’infezione da HIV.

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P 21Variazioni dei linfociti CD4 associate alla chemio e alla radiote-rapia, nelle neoplasie virus associate dei pazienti con infezione da HIV.De Socio GV., Pallotto C., Patacca A., Sgrelli A., Cecchini E., Corgna E., Lupattelli M., Baldelli F.

Clinica delle Malattie Infettive di Perugia.

Introduzione. Le neoplasie rappresentano una patologia emergente nei pazienti HIV infetti. Il carcinoma anale, relativamente raro nella popolazione generale (1,5% dei tumori del tratto gastroenterico), ha un’incidenza più elevata tra i soggetti HIV-positivi, con un rischio relativo dalle 80 alle 120 volte superiore. Il trattamento conservativo combinato chemio-radioterapico (CRT) può determinare un tasso di sopravvivenza libera da malattia pari al 73% a 4 anni. Non è nota la specifica influenza della CRT sulla conta dei linfociti CD4 nella popolazione HIV positiva.

Obiettivo. Abbiamo valutato l’impatto della chemio e radioterapia sui linfociti T CD4+ nei pazienti HIV-positivi in stabile terapia antiretrovirale con completa soppressione virale.

Materiali e metodi. Le variazioni dei linfociti-CD4+ prima e dopo il trattamento chemio-radioterapico sono state valutate in quattro pazienti di sesso maschile con età compresa tra i 50 e 68 anni e stadio clinico CDC C3. Tre avevano un carcinoma epidermoide non cheratinizzato dell’ano (SCCA) e il quarto un carcinoma squamocellulare del laringe. Alla diagnosi di neoplasia, i pazienti erano in terapia antiretrovirale in media da 7 anni (range 5-11 anni) con viremia stabilmente soppressa (<20 copie/mL) e i linfociti CD4 prima del trattamento CRT erano sempre > di 400/mm3. Alla diagnosi, la neoplasia era in stadio localmente avanzato in tutti. Il paziente con carcinoma laringeo è stato trattato con la sola radioterapia, mentre gli altri con la CRT. La dose media irradiata è stata di 60Gy (range 59,4-61,2Gy). La chemioterapia (praticata secondo il regime EORTC) prevede due cicli a distanza di 5 settimane di 5-fluorouracile (infusione continua durante i primi 5 giorni di radioterapia alla dose di 750 mg/m2) e mitomicina C (giorno uno di radioterapia alla dose di 15 mg/m2). In un paziente al 5-FU è stato associato il cisplatino (75 mg/m2). Abbiamo misurato i linfociti CD4 e l’HIV-RNA ogni 3-4 mesi prima e dopo l’inizio della CRT.

Risultati. I linfociti T CD4+, sono variati da un valore medio di 663/mm3 (range 402-840) nell’ultima valutazione pre-CRT, a 257/mm3 (range 86-461) alla prima valutazione post-CRT dopo 1 mese dall’inizio del trattamento, con un calo pari al 61,2% rispetto ai valori di base. Il nadir dei linfociti CD4+ (-73% dei valori di base) si è osservato dopo 3 mesi dalla sospensione della CRT con un valore medio pari a 182 cellule/mm3 (range 68-384). Si è inoltre osservato, nello stesso intervallo di tempo, un lieve incremento dei valori percentuali dei CD4+ da 24,6% al 27,2%. Contestualmente, nello stesso periodo di osservazione, la conta leucocitaria è variata da 11707 (range 7000-15220) cellule/mm3 a 6180 (range 2470-10570) cellule/mm3. Il follow-up medio è stato pari a 6 mesi. I pazienti hanno proseguito la terapia antiretrovirale conservando una viremia HIV soppressa, non sono state osservate affezioni opportunistiche.

Conclusioni. Nei pazienti con infezione da HIV e stabile soppressione dell’HIV-RNA, il trattamento CRT determina un calo dei linfociti CD4+ maggiore del 50% dei valori di base che perdura per oltre 4 mesi. Studi più ampi sono necessari per confermare questi dati preliminari e per valutarne l’effetto clinico.

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INDICE DEGLI AUTORI

Abeli C. 40 Adorni F. 25 Agostinone A. 31, 42 Agostinone C. 31, 48Altamura M. 24, 43Alterio L. 42Angarano G. 24, 43Audagnotto S. 49

Bagni P. 17, 29Bai F. 21, 27Baldelli F. 53 Becciu F. 36 Bellacosa C. 24, 43Bellistrì GM. 21Berti A. 29Bertucci R. 49Bevilacqua M. 23, 26Bigliano P. 49Bini T. 21, 27Bisicchia F. 32Bonfanti P. 23, 26, 45Bonora S. 25, 49 Borderi M. 20Bossolasco S. 28Bracchi M. 49

Calcagno A. 49Calia GM. 36Calza L. 20, 34, 41Campaniello M. 23Caramello P. 47Carenzi L. 23, 26Carini E. 28Carli F. 17, 29Carocci A. 22Carosella S. 47Castagna A. 28Cecchini E. 53Celesia BM. 32Cellini A. 39Chebat E. 40Ciconze E. 29Clementi E. 25

Cocchi S. 17, 29Coco C. 32Colangeli V. 20, 34, 41Corbo M. 19, 38Corgna E. 53Corsi P. 22Cristina M. 21

d’Arminio Monforte A. 21, 27Dalessandro M. 37, 52 De Francesco V. 31, 42De Socio GV. 53Demarie D. 33, 35Desiderato P. 33, 35Di Biase J. 19, 46Di Frenna RM. 33, 35Di Giammartino D. 51Di Masi F. 31, 48Di Matteo L. 31, 42Di Nicola A. 31, 42Di Ottavo L. 51Di Perri G. 49Di Stefano F. 37Di Stefano P. 31, 48

Falasca K. 19, 38, 44, 46Falconi Di Francesco L. 51Farenga M. 47Ferraris L. 25Fiori ML. 36Fois AG. 36

Gaiera G. 28Galli L. 28Galli M. 25 Gazzola L. 27Gentian C. 27Gervasoni C. 23Ghisetti V. 47Gianelli E. 25 Gibellini D. 20Guaraldi G. 17, 29Guastavigna M. 33, 35, 47Gussio M. 32

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La Rosa R. 32 Ladisa N. 43Larizza E. 47Larocca L. 32Lazzarin A. 28Lenoci FD. 24, 43Leoncini F. 22Libanore V. 49Ligabue G. 17Lovigu C. 36Lupattelli M. 53Luzi K. 27

Madeddu G. 36Magenta A. 27Maggi P. 24, 43Mancino P. 19, 38, 44, 46Manfredi R. 20, 34, 41Mannazzu M. 36Manzoli L. 31, 42, 48Marangoni L. 35Marchetti G. 21, 27Mariani R. 37, 52Marinaro L. 49Marsiglia C. 20Martinelli C. 22Martinoglio P. 33, 35Mavilla S. 32Mazzotta E. 31, 42, 48Menozzi M. 17, 29Menzaghi B. 40Meraviglia P. 23, 26Merlini E. 21Milioni V. 32Minisci D. 23, 26Molteni C. 45Montinaro V. 24Mughini MT. 32Mura MS. 36

Nigro L. 32Nunnari G. 32

Orlando G. 17, 29Orofino G. 33, 35, 47

Palermo F. 32Pallotto C. 53Paoloni M. 37, 52Paoloni V. 52Parruti G. 31, 42, 48Patacca A. 53Pellicanò G. 32Penoncelli D. 33, 35Peri A. 25 Pieri A. 31, 42Pietanza F. 24Pietrogrande L. 27Piras B. 36Pirina P. 36Pizzigallo E. 19, 38, 44, 46Placido G. 42, 48Pocaterra D. 23, 26

Quirino T. 40

Raggi P. 17Ranelli A. 37, 52Re MC. 20Ricci E. 23, 26Riva A. 25Rizzardini G. 23, 26Rosella E. 50Rossi E. 29Rossotti R. 45Rostagno R. 49Russo R. 32

Salpietro S. 28Scaglioni R. 17Schiavini M. 23, 26Serra C. 34Sgrelli A. 53Soddu V 36Sozio F. 31, 42, 48Spada V. 36Spagnuolo V. 28Suardi E. 21

Tagliabue L. 27Taliani G. 20Tarkowski M. 25

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Tarquini P. 51Tedeschi S. 34, 41Tettoni M. 33, 35, 49Tomassetti F. 33, 35Tonello C. 25 Trapani F. 34, 41Travi G. 28Trentini L. 49

Ucciferri C. 19, 38, 44, 46Ursini T. 31, 42, 48

Vadini F. 31, 42, 48Vecchiet J. 19, 38, 44, 46Verucchi G. 34Viale P. 20, 34, 41Viganò O. 25 Vignale F. 19, 38, 44, 46

Zicolella R. 31, 42Zignin C. 33, 35Zignin M. 35Zona S. 17, 29

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L’iniziativa è resa possibile graziead un educational grant di:

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