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Provincia autonoma di Trento Dipartimento istruzione Proposte per la redazione dei Piani di studio provinciali documento elaborato dal Gruppo di studio

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Provincia autonoma di TrentoDipartimento istruzione

Proposte per la redazione

dei Piani di studio

provinciali

documento elaborato dal Gruppo di studio

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Proposte per la redazione

dei Piani di studio provinciali

documento elaborato dal Gruppo di studio

Trento 16 maggio 2008

La legge di riforma del sistema educativo, L.P. nr. 5/2006, aveva previsto la costituzione di un Gruppo di lavoro incaricato di elaborare una proposta per i Piani di studio provinciali, per avviare il percorso per la redazione dei piani di studio. Il Gruppo era stato nominato e insediato ufficialmente l’8 febbraio 2008, così composto: Michele Pellerey - Professore Emerito. Già Ordinario di Didattica Università Pontificia Salesiana Roma, coordinatore; Olga Bombardelli - Professoressa di Pedagogia e di Didattica generale, Università degli studi di Trento; Paolo Calidoni - Professore ordinario, Università degli studi di Sassari Facoltà di lettere e filosofia; Rosario Drago - Dirigente scolastico, Incarico speciale Area di supporto alla riforma del sistema scolastico presso Dipartimento Istruzione - Provincia autonoma di Trento; Italo Fiorin - Presidente del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria all'Università LUMSA di Roma, Professore associato di didattica e pedagogia speciale; Crescenzo Latino - Dirigente scolastico, Incarico speciale Area di supporto alla riforma del sistema scolastico presso Dipartimento Istruzione - Provincia autonoma di Trento; Arduino Salatin - Direttore dell' IPRASE Trentino - Istituto provinciale ricerca, aggiornamento e sperimentazione educativi. La funzione di segreteria e supporto tecnico organizzativo del Gruppo di lavoro è svolta da Micaela Romagna, docente in utilizzo presso il Servizio Sviluppo e Innovazione del Dipartimento Istruzione

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Gli incontri territoriali

DATA ORARIO SEDE _______________

Mercoledì 21.05.’08 15,00 -17,00 RIVA DEL GARDA: Aula magna Liceo “A. Maffei”

Giovedì 22.05.’08 15,00 -17,00 ROVERETO: Aula magna Istituto “ don Milani”

Lunedì 26.05.’08 16,00 -18,00 LEVICO: Aula magna I.F.P. Alberghiero

Martedì 27.05.’08 15.30-17.30 TRENTO: Aula magna Collegio Arcivescovile

Martedì 03.06.’08 15.00-17.00 CLES: Auditorium Istituto di istruzione “Russell”

Provincia Autonoma di Trento Dipartimento istruzione Servizio per lo sviluppo e l’innovazione del sistema scolastico e formativo Progetto comunicazione e iniziative editoriali Coordinatore: Mario Caroli Tel. 0461 497268 Copertina: Maurizio Corradi Composizione e stampa: Centro duplicazioni

La presente pubblicazione si può consultare e scaricare dal portale della scuola trentina: www.vivoscuola.it

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INDICE

Introduzione p. 1

Lo scenario europeo e nazionale p. 3

Lo scenario trentino: un sistema scolastico in crescita p. 4

Uno sguardo ai destinatari principali dei piani di studio p. 7

Alcune recenti esperienze della scuola trentina

in materia di revisione e sviluppo del curricolo p. 9

L’educazione è un impegno di tutta la comunità p. 11

Una scuola della e per la comunità trentina p. 14

L’articolazione dei cicli scolastici e formativi p. 15

Una progettazione curricolare diretta allo sviluppo di competenze p. 20

ALLEGATI p. 25

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Proposte per la redazione dei

Piani di studio provinciali

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Introduzione

L’articolo 55 della legge provinciale 5 del 2006 prevede:

1. La Provincia definisce con regolamento i piani di studio provinciali relativi ai percorsi del primo e secondo ciclo nel rispetto, in riferimento ai percorsi di istruzione, dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 405 del 1988.

2. I piani di studio provinciali definiscono gli obiettivi generali del processo formativo, gli standard formativi, gli obiettivi specifici di apprendimento, i percorsi del primo e del secondo ciclo, in coerenza con i livelli essenziali definiti dalla normativa statale per il riconoscimento dei titoli. I piani di studio provinciali riferiti alla formazione e istruzione professionale definiscono inoltre i diversi indirizzi, coerenti con gli obiettivi del piano provinciale per il sistema educativo. I piani di studio provinciali assicurano lo studio della storia locale e delle istituzioni autonomistiche, della cultura della montagna e dei suoi valori, con il coinvolgimento di esperti locali, la pratica di sport vicini alla montagna e l'effettuazione di periodi formativi a diretto contatto con la montagna.

A cura della Giunta provinciale è stato costituito un Gruppo di studio con il compito di predisporre alcune proposte iniziali da presentare alla comunità scolastica trentina e più in generale a tutti gli interessati. La commissione è composta da: Olga Bombardelli, Paolo Calidoni, Rosario Drago, Italo Fiorin, Crescenzo Latino, Michele Pellerey, Arduino Salatin. Il Gruppo raccoglierà i commenti, le osservazioni, le critiche e le proposte che il mondo della scuola, dell’università e della società civile ed economica faranno conoscere e proporrà alla Giunta provinciale la nomina di apposite commissioni di lavoro composte da dirigenti scolastici, docenti ed esperti per redigere in concreto i piani di studio relativi ai diversi cicli e ai diversi insegnamenti del sistema educativo trentino. Sia nella costituzione delle commissioni, sia nella redazione del testo finale, si desidera poter valorizzare le esperienze e innovazioni più significative presenti sul territorio. Accanto al testo dei Piani di studio provinciali, che dovrebbero essere i più possibile essenziali, il Gruppo di studio propone di redigere contemporaneamente alcune Linee guida sia per la elaborazione dei curricoli da parte degli istituti scolastici, sia per l’organizzazione delle attività educative e didattiche, al fine di facilitare uno sviluppo attuativo il più possibile coerente e progressiva dei Piani di studio stessi. Inoltre il Gruppo di studio ritiene utile attivare alcuni progetti pilota, adeguatamente accompagnati, per favorire lo sviluppo di modelli di applicazione dei Piani di studio in particolare nei settori dell’integrazione di soggetti con diverse abilità, dell’alternanza scuola-lavoro, della predisposizione di percorsi per lo sviluppo di competenze per la padronanza secondo curricoli verticali, ecc.

Occorre anche ricordare come alcune tematiche riguardanti la vita scolastica sono oggetto di studio e di approfondimento da parte di altre commissioni o gruppi di lavoro. In particolare, i problemi della valutazione sia interna, sia esterna della qualità istituzionale sono presi in esame dal Comitato di valutazione provinciale, ma ogni istituto è certamente impegnato a considerare la valutazione degli apprendimenti come uno degli strumenti fondamentali per la progettazione e lo sviluppo del curricolo e per riflettere sui risultati della propria attività educativa e didattica e per migliorarli per quanto possibile nel tempo.

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Il confronto tra la legge della Provincia autonoma di Trento e l’attuale panorama normativo, consiglia di investire anche in termini innovativi, su: a) la definizione di curricoli centrati sulle competenze; b) la razionalizzazione delle attuali sperimentazioni (in attesa dell’avvio del nuovo ordinamento della secondaria superiore), per avvicinarsi gradualmente ad obiettivi ampiamente condivisi, come la riduzione degli orari (che la legge fissa in almeno 30 ore) e delle discipline; c) la definizione dei curricoli della secondaria, a partire dall’analisi critica degli effetti delle attuali sperimentazioni e della necessità di riqualificare l’istruzione tecnica, anche in funzione della sua “apertura” verso l’alto, cioè il percorso superiore; d) l’impulso e la qualificazione del percorso di istruzione e di formazione professionale, ed anche dell’apprendistato, non come binari morti ma come opportunità di intercettare la varietà della domanda di istruzione e di formazione, anche per ridurre ulteriormente gli abbandoni; e) infine, una ripresa dell’iniziativa sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, soprattutto per quanto si riferisce all’organizzazione, alla selezione e alla gestione del personale (un suggerimento esplicito ed estremamente innovativo viene dalla Legge finanziaria dello Stato del 2008). Pertanto, i Piani di studio provinciali dovrebbero essere uunn tteessttoo eesssseennzziiaallee ee aappeerrttoo aa ppoossssiibbiillii iinntteeggrraazziioonnii ee aaddaattttaammeennttii ssuullllaa bbaassee ddeellll’’eessppeerriieennzzaa ee ddeellll’’eevvoolluuzziioonnee ddeellllaa ssiittuuaazziioonnee,, uunn tteessttoo che viene elaborato, anche a seguito di un percorso partecipato di ricognizione e valorizzazione delle esperienze in corso, della rilevazione dei livelli di apprendimento e formazione e della attivazione di progetti pilota assistiti da realizzarsi con appositi gruppi di lavoro. Essi, oltre ad individuare gli obiettivi generali del processo formativo, indicano gli obiettivi specifici di apprendimento e la quantificazione oraria annuale minima delle discipline di ciascun segmento del percorso formativo (scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, biennio dell’obbligo d’istruzione) per un curricolo verticale articolato per lo sviluppo della padronanza nelle competenze chiave e delle specificità delle scuole trentine e, successivamente, dei percorsi del secondo ciclo di istruzione e formazione.

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1. Lo scenario europeo e nazionale La redazione dei piani di studio della Provincia Autonoma di Trento si colloca in un momento di passaggio non ancora compiuto del sistema educativo nazionale. Infatti, sono in vigore la legge 53/2003 e i relativi Decreti legislativi riguardanti sia il primo che il secondo ciclo. Per il primo ciclo sono state redatte in un primo tempo le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati; poi, nel 2007, sono state messe a disposizione della lettura e verifica della comunità scolastica per due anni le cosiddette “Indicazioni per il curricolo”. Per quanto riguarda il secondo ciclo la Legge 40 del 2007 all’art. 13 ha modificato il relativo decreto legislativo prevedendo il riordino dell’istruzione tecnica e professionale. I cicli di studio previsti dalla Legge 53/03 sono per la scuola primaria articolati secondo un primo anno, seguito da due bienni, per la scuola secondaria di primo grado è indicato un biennio seguito da un anno; rimane l’esame di Stato alla fine della scuola secondaria di primo grado. Per il secondo ciclo la legge prevede l’articolazione tra il sistema dei licei e quello dell’istruzione e formazione professionale. L’attuale normativa pone accanto al sistema dei licei, ridotto nel numero, l’istruzione tecnica e professionale da riordinare e il sistema regionale della formazione professionale, che è in grado di portare in tre anni alla qualifica professionale e in quattro anni al diploma professionale. Sia i licei che gli istituti tecnici e professionali sono quinquennali con una organizzazione secondo due bienni successivi e un anno terminale. Nel corso del 2007 è stato anche approvato e regolamentato il cosiddetto obbligo di istruzione fino a sedici anni e per il quale sono state indicate sia le competenze da promuovere relative ai vari assi culturali, sia quelle chiave del cittadino. Le nuove indicazioni per la elaborazione del curricolo del primo ciclo scolastico e quelle relative all’obbligo istruttivo tengono conto, anche se in maniera di sfondo, degli orientamenti europei in materia di sviluppo delle competenze chiave del cittadino europeo. Queste vogliono garantire che i processi educativi nazionali possano raggiungere le seguenti finalità: a) permettere ad ognuno di perseguire obiettivi di vita personali, mosso dai propri interessi personali, dalle proprie aspirazioni e dal desiderio di continuare a imparare durante tutta la vita; b) permettere ad ognuno di svolgere un ruolo di cittadino attivo nella società; c) permettere a ogni persona di ottenere un impiego soddisfacente nel mercato del lavoro. Molti Paesi europei, tra i quali la Francia e la Spagna, hanno redatto nuovi programmi di studio relativi alla scolarità obbligatoria, ispirandosi proprio alle raccomandazioni europee.

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2. Lo scenario trentino: un sistema scolastico in crescita 2.1 LA DOMANDA FORMATIVA Il sistema scolastico trentino è chiamato a dare risposte di qualità ad una domanda formativa in costante crescita e sempre più articolata nei bisogni. Al fine di dare una rappresentazione complessiva del contesto trentino si riportano di seguito alcuni indicatori fondamentali, accompagnati dai principali elementi di positività e di criticità. La popolazione del Trentino La provincia di Trento ha una superficie di 6206 Kmq e una popolazione di 507.030 residenti ( al 31.12.2006), di cui 248.108 maschi ( 48,9%) e 258.922 femmine ( 51,1%) , distribuiti in 223 Comuni, in gran parte piccoli. Dal 1951 ad oggi l’aumento della popolazione è stato quasi lineare, con un incremento più rapido negli anni Novanta. Il numero di componenti per famiglia è 2,4. La popolazione studentesca Gli iscritti per l’anno scolastico 2007/08 alle istituzioni scolastiche provinciali e paritarie, comprese le scuole dell’infanzia, hanno raggiunto la cifra complessiva di 82.724 alunni ed evidenziano una crescita costante ( + 12, 82 % nel complesso rispetto all’anno scolastico 2000/01) con un aumento particolarmente significativo nella formazione professionale ( + 38,84 % nello stesso periodo). Gli alunni iscritti nell’anno scolastico 2007/08 alle scuole paritarie, del primo e secondo ciclo, sono complessivamente 3.676, pari al 6% di tutti gli iscritti. Gli alunni con bisogni formativi speciali I dati riferiti all’anno scolastico 2007/08, per i soli alunni certificati ai sensi della legge 104/92, registrano complessivamente 1475 alunni, pari al 2,28 % degli iscritti. In relazione all’andamento del fenomeno va precisato che il forte incremento registrato negli ultimi 6 anni ( + 283 in valore assoluto) è dovuto all’aumento della popolazione scolastica; infatti se si prende in considerazione il rapporto tra alunni certificati rispetto al totale degli iscritti si osserva una costanza del fenomeno nel tempo. In un quadro di sostanziale stabilità si segnala il dato delle iscrizioni alle superiori e alla formazione professionale che fa registrare un forte incremento ( rispettivamente + 59,75 % e + 48,85 % rispettivamente, in confronto all’anno scolastico 2000/01) nel contesto di una generale tendenza alla prosecuzione degli studi. Di particolare interesse è la cornice normativa delineata dalla legge provinciale n. 5/2006 che introduce la prospettiva dei Bisogni Educativi Speciali, accogliendo, per la prima volta in Italia, in una norma positiva la sensibilità maturata in questi anni rispetto alla complessità della realtà scolastica e alla molteplicità dei bisogni che in essa si manifestano. Questa nuova prospettiva, quindi, include anche situazioni di svantaggio e difficoltà di apprendimento determinate da particolari condizioni personali, sociali o ambientali, anche temporanee, sollecitando una adeguata progettazione di azioni finalizzate al successo formativo di tutti gli studenti. Le nuove forme di disagio e la diversità dei bisogni educativi richiedono alle scuole la ricerca di strumenti per intercettarle, comprenderle e trattarle, implicando sempre più comportamenti educativi, forme organizzative e processi che coinvolgono tutti gli attori della comunità che educa .

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Gli alunni stranieri Rappresentano il fenomeno più significativo degli ultimi due decenni. Complessivamente gli alunni stranieri nell’anno scolastico corrente sono 7940 pari al 9,59 % degli iscritti complessivi, in costante crescita e più che raddoppiati rispetto all’anno scolastico 2000/01. In termini percentuali la maggiore presenza si registra nella formazione professionale con il 18,10%. Permane il fenomeno degli arrivi continui durante tutto l’anno scolastico. Due gli elementi di tendenza particolarmente significativi da segnalare: la propensione a proseguire gli studi nel secondo ciclo e il crescente numero di bambini stranieri nati in Italia (seconda generazione): il 75 % di essi nella scuola dell’infanzia. 2. 2 L’ARTICOLAZIONE DELL’OFFERTA FORMATIVA Nel territorio provinciale sono presenti complessivamente 81 istituzioni scolastiche provinciali e 23 paritarie. Per quanto attiene al primo ciclo sono presenti 54 istituzioni scolastiche provinciali, tutte organizzate secondo il modello dell’istituto comprensivo di scuola primaria e di scuola secondaria di primo grado. Le istituzioni paritarie sono complessivamente 12, di cui solo 1 propone il modello dell’istituto comprensivo. Nel secondo ciclo di istruzione sono presenti 25 istituti provinciali e 5 paritari; nel settore della formazione professionale sono istituiti due istituti provinciali ai quali si affiancano 6 Centri, che operano in regime di convenzione. L’offerta formativa copre tutti gli indirizzi fondamentali del secondo ciclo, anche nelle valli, ove a tal fine sono stati istituiti istituti di istruzione a carattere polivalente che offrono più indirizzi di studio. 2.3 LE RISORSE PROFESSIONALI Le risorse professionali sono la condizione imprescindibile per l’innovazione e l’erogazione di un servizio educativo di qualità; esse sono rappresentate dai dirigenti,dai docenti e dal personale ATA. I dati esposti di seguito si riferiscono all’anno scolastico 2007/08. I dirigenti scolastici in servizio sono 81; in massima parte sono stati reclutati negli ultimi 5 anni a seguito di concorso ordinario. I docenti L’organico provinciale, riferito al I° e II° ciclo, per il corrente anno scolastico è costituito da 6568 docenti, di cui 546 impegnati in attività di sostegno. I docenti con incarico a tempo indeterminato sono complessivamente 5813, pari all’ 88,5% del totale dei posti previsti. Di particolare rilievo è il dato relativo all’età anagrafica: solo l’uno per cento di questi docenti ha meno di 30 anni mentre ben il 43,8 % ha più di 50 anni e quindi è prevedibile un consistente ricambio nei prossimi 10 anni. Il personale ata Ha raggiunto una consistenza complessiva di 1789 unità di cui 81 ricoprono il ruolo di funzionari amministrativi, 512 operano negli uffici amministrativi, 212 appartengono al ruolo tecnico e 983 a quello del personale ausiliario. Di particolare interesse è il dato relativo al personale tecnico che ricopre un ruolo significativo per favorire l’innovazione didattica in direzione della laboratorialità e per valorizzare pienamente gli investimenti fatti dalla Provincia in questo settore.

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2. 4 ELEMENTI DI POSITIVITÀ/CRITICITÀ DEL SISTEMA TRENTINO Il sesto rapporto sul sistema scolastico e formativo trentino (marzo 2006) elaborato dal Comitato provinciale di valutazione evidenzia i seguenti elementi. Elementi di positività • Tasso di scolarità nella scuola secondaria superiore che fa registrare una crescita costante e che

ha superato il 90% ; se a questi si sommano gli studenti che scelgono la formazione professionale si arriva alla quasi piena scolarizzazione;

• Tasso di successo formativo: quasi il 92 % degli studenti trentini consegue un diploma (70 %) o una qualifica professionale (21,6 %) a fronte di un 79,8% a livello nazionale;

• Risultati delle indagini internazionali che confermano la scuola trentina ( compresa la formazione professionale) tra le migliori al mondo, con performance che si collocano sempre nella fascia alta, ben al di sopra della media OCSE sia in italiano che in matematica e scienze;

• Sviluppo della formazione professionale sia in termini di maggiore attenzione alla acquisizione delle competenze di base sia in termini di sviluppo verticale ( 4 anno) con possibilità di accedere all’Alta formazione o di rientrare nel sistema dell’istruzione e conseguire il diploma di Stato;

• La pratica diffusa della valutazione dei risultati che coinvolge si il sistema provinciale nel suo insieme sia le singole istituzioni scolastiche con l’autoanalisi di Istituto e che si avvia a realizzare l’obiettivo strategico della valutazione esterna;

• L’istituzione del Fondo per il miglioramento della qualità della scuola, che consente alle istituzioni scolastiche di disporre di uno strumento strategico per ampliare l’offerta formativa;

• La spesa per l’istruzione: il Trentino investe nelle politiche formative una quota del PIL provinciale superiore alla media europea e pari a quella dei paesi nordici più avanzati ( Danimarca,Svezia, Finlandia, Norvegia).

• Elevata soddisfazione delle famiglie: il 92,7 % delle famiglie esprime un giudizio molto o abbastanza positivo riguardo alla qualità delle scuole trentine ( 6° rapporto del Comitato provinciale di valutazione del sistema scolastico e formativo).

Elementi di criticità: • Un tasso di dispersione intorno al 10 %: nella provincia di Trento in cui la popolazione giovanile è numericamente limitata questo dato, benché inferiore al resto d’Italia, rappresenta un elemento di preoccupazione in quanto le conseguenze ricadono sia sui destini personali dei giovani sia su quelli della comunità nel suo insieme, che non può “perdere” intelligenze; • Persistenza di disuguaglianze territoriali: alcune aree territoriali periferiche ( Val di Non, Val di Fassa, Primiero, Giudicarie) evidenziano situazioni di sofferenza per quanto riguarda la scolarità e il tasso di successo formativo, accompagnate da un tasso elevato di turnover dei docenti; • La rigidità e la frammentazione dell’offerta formativa nel secondo ciclo ( circa una settantina di indirizzi, di cui 20 sperimentazioni autonome), accompagnata da una ancora eccessiva difficoltà reale di passaggio tra percorsi formativi diversi e dall’assenza di una effettiva possibilità di personalizzare i percorsi attraverso le opzionalità.

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3. Uno sguardo ai destinatari principali dei piani di studio Il principio ispiratore di tutta la legge provinciale n. 5 del 2006 è la centralità dello studente. Ma chi è il bambino che entra a scuola la mattina? Cosa lo accomuna allo scolaro di solo 20 o 30 anni fa? Come sono i ragazzi e le ragazze di oggi? Come immaginano il loro futuro? La prima cosa che balza agli occhi se si passa davanti ad una scuola la mattina prima dell’entrata o all’uscita è la diversità: ci sono tanti colori diversi, ci sono più lingue, ci sono modi diversi di vestire, ci sono più culture. Un altro elemento cruciale è rappresentato dal fatto che i giovani sono chiamati, oggi più di ieri, a crescere in un mondo sempre più “liquido”, con riferimenti e certezze sempre più difficili da trovare, caratterizzato da cambiamenti sociali e culturali intensi e rapidissimi che li coinvolgono e li costringono a cambiare molto più rapidamente che in passato. Si tratta di uno scenario del tutto nuovo, ricco di opportunità ma anche di rischi, nel quale è fondamentale perseguire la finalità dello sviluppo di una identità equilibrata, che propone agli educatori una sfida sempre più complessa. Non è un caso che il problema più frequente evidenziato dalle ricerche sugli insegnanti è la difficoltà ad entrare in sintonia con le nuove generazioni e a stare al passo con le tendenze evolutive della cultura giovanile. Come reagiscono, o si difendono, i giovani? Quali sono i tratti fondamentali che li caratterizzano rispetto al recente passato? Alcune linee di tendenza, confermate da più ricerche sociologiche, sono le seguenti. • i giovani sono pochi, anche in Trentino, molto spesso sono figli unici, con la conseguenza che i processi di socializzazione avvengono sempre più in un ambito ristretto; • in quanto rari sono preziosi e ciò, se per un verso aumenta la propensione delle famiglie all’investimento in istruzione, per un altro accentua lo stress derivante dalla pressione degli adulti e dalle aspettative per la loro riuscita scolastica e lavorativa; • i giovani si confrontano con un modello familiare molto diverso da quello dei loro genitori: sono sempre meno numerose le famiglie che trasmettono “regole” e sempre più numerose quelle “affettive”, dove il ruolo adulto si attenua e le regole si contrattano, quasi alla pari; ciò se per un verso è positivo perché riduce i conflitti intergenerazionali per l’altro è problematico perché fa venir meno una figura adulta autorevole con la quale confrontarsi per crescere; • in tutte le società occidentali si assiste ad una progressiva dilatazione dell’adolescenza che, rispetto a qualche decennio fa, inizia sempre più precocemente e finisce sempre più tardi, con il contestuale allungamento dei processi di transizione alla vita adulta ( uscita dalla famiglia, lavoro, matrimonio e conseguenti assunzioni di responsabilità); • si assiste ad una profonda ristrutturazione del tempo di vita: non c’è più un percorso lineare strutturato con un tempo per lo studio, uno per il lavoro e uno per il meritato riposo; la prospettiva che i giovani hanno davanti è quella di un apprendimento che dura per tutta la vita e si intreccia con i percorsi lavorativi e lo sviluppo della cultura personale; • la disponibilità di un eccesso di informazione, conseguenza anche della moltiplicazione delle fonti, determina sempre più una crisi della tradizionale leadership della conoscenza: fino a non molto tempo fa la conoscenza passava dagli anziani ai giovani, dal docente al discente. In alcuni ambiti, già oggi, ciò non è più vero: ad esempio nell’informatica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie spesso i bambini e i ragazzi sono più “esperti" degli adulti, e questo mette in crisi le sicurezze dei docenti;

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• i giovani vivono sempre più immersi nella dimensione del presente: il cambiamento sociale è talmente veloce e intenso che il futuro risulta sempre più difficile da immaginare e da progettare. Risulta perciò molto più rassicurante concentrarsi sulla quotidianità; inoltre la mancanza di un progetto a lungo termine favorisce comportamenti orientati alla reversibilità delle scelte e al rinvio dell’assunzione delle responsabilità. Ma, come ben sanno genitori e docenti, l’universo giovanile è molto eterogeneo e variegato: al suo interno sono presenti motivazioni, stili cognitivi, livelli di apprendimento, lingue, identità personali, valori, aspirazioni molto diversificati. Varie ricerche ce li rappresentano spesso come superficiali, poco motivati allo studio sistematico e processuale, impegnati nella ricerca di sensazioni immediate, nel consumo rapido di esperienze e relazioni. Sembra quasi che rifiutino la scuola. In realtà sono alla ricerca di stabilità e appartenenza: ricordano molto gli adolescenti che in “nemico di classe”, di Nigel Williams, dopo essersi ribellati alla scuola tradizionale e saliti in cattedra a turno per fare lezioni “alternative” si dispongono nell’attesa del docente. Come quei ragazzi tendono a rifiutare, a volte in modo plateale, molto più spesso con il disimpegno, una proposta di istruzione impersonale, centrata su un sapere astratto ed inerte, rigidamente strutturato per discipline e per sequenze lineari di lezioni e prestazioni didattiche, sono invece disponibili, anzi alla ricerca di proposte educative che stimolino la loro curiosità e li coinvolgano attivamente. Oggi più che mai la scuola è chiamata a mettere al centro dell’offerta formativa i giovani e la fiducia in essi. Quando i bambini entrano nella scuola elementare sono già portatori di un bagaglio significativo di conoscenze e di esperienze, ma soprattutto sono entusiasti, pieni di curiosità e voglia di scoprire e imparare, sono in quella fase straordinaria che Pierre Léna (Astrofisico, premio Nobel, responsabile del progetto di educazione scientifica “le mani in pasta”) chiama età d’oro, l’età dei perché. Una risorsa straordinaria, la curiosità, che gradualmente si perde e che la scuola è chiamata a mantenere viva, in quanto condizione necessaria per la motivazione ad apprendere. Ciò comporta che, a fronte di una pluralità di modalità di acquisizioni di saperi e competenze, nel rispetto delle caratteristiche individuali, la scuola sappia rinnovarsi mettendo al centro della sua azione i suoi giovani protagonisti e la conseguente personalizzazione dei percorsi di apprendimento, in modo particolare nella scuola secondaria. Tutto questo accresce la responsabilità educativa della scuola (ma anche della famiglia e della comunità) e la impegna , giorno dopo giorno, ad offrire proposte interessanti, cioè quelle “sensate esperienze”, in grado di corrispondere alla domanda di senso dei giovani, affiancando al compito tradizionale volto all’acquisizione di saperi e competenze un percorso che li aiuti a costruire un progetto personale di vita coerente con le loro attese.

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4. Alcune recenti esperienze della scuola trentina in materia di revisione e sviluppo del curricolo

La scuola e la formazione professionale trentina possono vantare un significativo accumulo di buone pratiche di innovazione curricolare, metodologica e didattica che costituiscono una base molto utile per lo sviluppo dei nuovi piani di studio. Tali pratiche sono state sviluppate sia su iniziativa di gruppi di docenti, di istituti o reti di istituti, sia su promozione diretta dei Dipartimenti competenti in materia di istruzione e formazione. Dal punto di vista dei modelli curricolari tuttavia, siamo di fronte ad un notevole pluralismo che se da un lato rappresenta una ricchezza, dall’altro può comportare alcune difficoltà verso degli standard formativi comuni. A tale scopo è utile segnalare una ricerca pubblicata dall’l’Iprase nel 2006 che ha interessato i progetti di istituto di 37 scuole di ogni ordine e grado, da cui sono stati rilevati 4 modelli principali di curricolo, con soluzioni piuttosto varie in ordine alle scelte di flessibilità oraria (rapporto tra orario obbligatorio-opzionale, aree facoltative, …), formule di organizzazione (saperi a “canne d’organo”, curricolo a moduli, a progetti, …), attività extracurricolari ed integrative. Dal punto di vista delle varie aree disciplinari, si possono ricordare alcuni dei principali focus di elaborazione del curricolo, oggetto di queste pratiche, come ad esempio: l’uso dei giochi nell’insegnamento della matematica, l’informatica e la didattica assistita dalle “nuove tecnologie”, le sperimentazioni nel campo dell’apprendimento delle lingue straniere e del CLIL ( insegnamento veicolare), le esperienze di curricolo verticale nel campo della musica (dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado), delle scienze o della storia. Altri elementi interessanti di tipo trasversale sull’esperienza trentina sono ricavabili dalle ricerche riguardanti ad esempio le pratiche inclusive, l’anticipo scolastico, le iniziative per il benessere nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Oltre agli elementi generali sopra richiamati, è opportuno accennare ad alcune esperienze recenti, realizzate o in corso di realizzazione in Trentino, che possono risultare più immediatamente significative per lo sviluppo dei nuovi piani di studio. Non essendo possibile tuttavia dar conto di tutte le molteplici esperienze (vedi tabelle allegate), ci limitiamo a segnalare quelle per cui è disponibile una documentazione e/o che hanno interessato reti di scuole (soprattutto nel primo ciclo di istruzione):

- le molteplici sperimentazioni riguardanti il curricolo verticale (6-14 anni) per l’asse culturale linguistico (lingua italiana e lingua inglese e tedesca),

- gli esempi di didattica laboratoriale per il curricolo verticale 6-16 anni, per l’asse culturale matematico e scientifico,

- le sperimentazioni relative alla didattica modulare per la storia europea e locale nel primo e secondo ciclo.

Infine va segnalata l’esperienza di progettazione rivolta agli alunni stranieri nel campo della lingua 2, in relazione ai principali assi culturali: matematico, scientifico, storico e geografico. Dall’insieme di questi riferimenti, si possono derivare inoltre alcune indicazioni “di processo” così riassumibili:

a) L’innovazione è un fenomeno contestualizzato, ovvero si differenzia da scuola a scuola. Non è sufficiente indicare finalità, principi pedagogici, prospettive generali o fattori di efficacia

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del servizio perché una scuola concentri su questi elementi i suoi sforzi di innovazione. La posta in gioco non sono tanto i temi dell’innovazione, quanto i soggetti che decidono e le modalità con cui negoziano la scelta di introdurre elementi nuovi nelle attività scolastiche. In relazione alla cultura e al modello organizzativo che esprime il gruppo professionale (dirigenti e insegnanti), una scuola determina se cambiare oppure no, in che misura e che cosa cambiare, come cambiare.

b) Anche se molte scuole non lo fanno ancora, la raccolta analitica dei dati e la documentazione sistematica delle esperienze permettono di organizzare, orientare e decidere le priorità sulle quali avviare piani d’innovazione. L’enfasi sui dati non è giustificata dal gusto per i numeri e la statistica, quanto dal riconoscerli come base per pensare il funzionamento della propria scuola. Il dato assume un ruolo di verifica dell’azione formativa e didattica, ponendo il personale scolastico nella condizione di prendersi carico della qualità del servizio (diagnosi valutativa). I dati forzano gli attori ad assumere una responsabilità più precisa sugli esiti formativi ottenuti, come è avvenuto positivamente in molte scuole trentine con le pratiche di auto-valutazione di istituto.

c) L’innovazione educativa deve essere gestita con gradualità e sulla base di un progetto di continuità. Nelle scuole trentine si sono registrate spesso discontinuità nello sviluppo delle pratiche di innovazione. Cambiamenti significativi nelle prassi didattiche possono essere invece ottenuti solo con tempi lenti e programmi di accompagnamento del personale di medio e lungo periodo, fondati sull’idea di coniugare le culture pedagogiche emergenti con le “buone prassi” già esistenti. Un’impostazione contraria renderebbe problematica e difficoltosa la realizzazione degli obiettivi di crescita. Inoltre, le innovazioni si affermano non in base a modelli teorici ben giustificati, ma quando in relazione ad esse si producono esperienze visibili e sostenibili nel tempo, sulla base di contestualizzazioni e semplificazioni operative.

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5. L’educazione è un impegno di tutta la comunità

La finalità educativa dello ‘sviluppo armonico, integrale della persona’ nelle sue dimensioni comunitarie, sociali e professionali è ben presente nei progetti d’istituto delle scuole trentine. Essa si inserisce nella tradizione delle radici culturali dell’Europa e si fonda sui principi della Costituzione della Repubblica Italiana e dello Statuto dell’Autonomia del Trentino. Inoltre, riprende i principi sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dalla Convenzione sui Diritti dei Minori, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) e impegna la responsabilità educativa dei genitori, delle famiglie, delle comunità, delle formazioni sociali intermedie e delle istituzioni in un lavoro comune nel quale svolge un ruolo significativo il sistema educativo di istruzione e formazione. Questo assume declinazioni specifiche in rapporto ai contesti ed alle trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche, in cui si definiscono gli ‘obiettivi generali del processo formativo’. Gli obiettivi generali del processo formativo: - indicano la direzione che il sistema educativo di istruzione e formazione è chiamato a tenere, in un certo contesto e periodo, per contribuire in modo rilevante e specifico a perseguire la finalità educativa; - “definiscono i comportamenti cognitivi e affettivo-relazionali, le conoscenze, le abilità e le competenze che gli studenti devono possedere al termine di un ciclo di studio [del percorso formativo] e costituiscono il profilo educativo, culturale e professionale dello studente” (Legge 5/06); - danno un senso globale a tutto il processo formativo e costituiscono il quadro di riferimento, la struttura portante dei piani di studio provinciali, dei progetti d’Istituto, dei curricoli e dell’attività didattica ed educativa di ciascuna istituzione scolastica e formativa, in cui si collocano e trovano valenza formativa gli obiettivi specifici di apprendimento. La definizione degli obiettivi generali del processo formativo deriva da scelte coerenti con le indicazioni del sistema istituzionale in cui si collocano le scuole trentine: - l’ONU, che attraverso l’UNESCO con il rapporto Delors ha indicato le sfide/i pilastri dell’educazione nel ‘sapere, saper fare, saper essere, saper convivere’ (Educazione per il 21 secolo. Nell’educazione un tesoro http://www.unesco.org/delors/); - l’UE, che “per aiutare gli Stati membri ad adeguare i curricoli scolastici alle esigenze moderne ha adottato il ‘quadro europeo delle competenze di base’, uno strumento di riferimento sulle competenze cruciali di cui tutti devono disporre per vivere con successo nella società della conoscenza. Tali competenze riguardano la conoscenza, le capacità e le attitudini necessarie allo sviluppo personale, all’inclusione sociale e alla cittadinanza attiva, nonché alla occupabilità”1; - le Indicazioni nazionali (per i piani di studio personalizzati e per il curricolo) per la scuola dell’infanzia ed il primo ciclo dell’istruzione (D.M. del 31 luglio 2007); - il Regolamento/Linee guida per l’adempimento dell’obbligo d’istruzione (D.M. 139 del 22 agosto 2007), che ampiamente riprendono gli orientamenti europei; il Riordino dell’istruzione tecnica e professionale (L. 40/07, art.13); - la LP 7 agosto 2006, n.5 sul Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino che: a) declina il diritto alla piena realizzazione della persona e qualificazione dell’insegnamento per migliorare l’apprendimento e le capacità dei giovani all’esercizio consapevole della cittadinanza e alla partecipazione attiva alla vita sociale e professionale, b) esplicita la funzione degli elementi del

1 Nel testo seguente del paragrafo, dove non diversamente indicato, le citazioni tra virgolette sono riprese da http://ec.europa.eu/education/school21/index_it.html ; http://ec.europa.eu/education/school21/consultdoc_it.pdf.

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sistema policentrico (art.61: primo ciclo di istruzione; Il Titolo IV, capo III: secondo ciclo di istruzione e formazione), c) indica e sottolinea il diritto dell’integrazione degli studenti con bisogni educativi speciali, la promozione della conoscenza della storia locale, della cultura della montagna e dei suoi valori, dell’autonomia delle istituzioni e della cooperazione, la tutela delle minoranze linguistiche, garantendo l’insegnamento della cultura e delle lingue ladina, mochena e cimbra; - le comunità, le istituzioni, gli organi e il governo del sistema educativo provinciale, le reti di scuole e le comunità di valle che ‘in tempo reale’ si confrontano con le trasformazioni del contesto, scelgono, progettano, operano e (si auto)valutano. Sul crinale del primo decennio del terzo millennio, “In un mondo sempre più complesso (nel quale) la creatività, la capacità di pensare lateralmente, le competenze trasversali e la capacità di adattamento tendono ad essere valutati più positivamente rispetto alle conoscenze specifiche”, gli obiettivi generali del processo formativo delle scuole trentine si pongono nella prospettiva ‘glocale’, dell’apprendimento permanente, della cittadinanza e della solidarietà indicato in particolare dal ‘quadro europeo delle competenze di base’ ed arricchito dal patrimonio e dalla tradizione del territorio e delle radici culturali dell’Europa. Pertanto, completando il ruolo cruciale dei genitori, la scuola trentina, -nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, attraverso la diversificazione metodologica e didattica (LP 5/06 art 61)- con il coinvolgimento delle famiglie e degli studenti: a) aiuta a sviluppare le qualità, il potenziale di crescita emotiva-intellettiva ed il benessere personale; sviluppa progressivamente le competenze di autovalutazione e autorientamento e le capacità di scelta consapevole corrispondenti alle attitudini ed alle vocazioni degli studenti (art 61) attraverso la conoscenza riflessiva del mondo della vita; b) opera per l’apprendimento “di competenze e lo sviluppo di motivazione ad assumersi la responsabilità del proprio apprendimento durante tutta la vita” personale e professionale. In questo quadro “sono comprese le competenze ‘tradizionali’, quali la lingua materna (anche minoritaria - LP 5/06-), le lingue straniere (almeno due lingue dell’Unione Europea, tra cui il tedesco - LP 5/06-), le competenze di base in ambito matematico e scientifico, e la competenza in campo digitale; ma anche quelle più trasversali quali l’imparare ad imparare, la competenza sociale e civica, saper prendere l’iniziativa, lo spirito imprenditoriale, la consapevolezza culturale e l’espressione della propria cultura“, con particolare attenzione alla conoscenza ed alla valorizzazione della storia locale, della cultura della montagna e dei suoi valori, dell’autonomia delle istituzioni e della cooperazione -LP 5/06-; c) offre opportunità per l’attività motoria e sportiva (in particolare della montagna), della musica, dell’arte e dell’immagine, valorizzando le iniziative e le scelte dei giovani e delle comunità; d) attraverso “una buona istruzione scolastica, pone anche le basi per una società democratica e aperta formando le persone all’essere cittadini, solidali e a partecipare alla democrazia” in prospettiva internazionale ed interculturale; e) sviluppa l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale – LP 5/06 art.62-; contribuisce alla costruzione del progetto di vita personale offrendo opportunità di conoscenza, esperienza e riflessione sui ‘perché della vita’. Occorre ricordare come ogni disciplina contribuisca a perseguire gli obiettivi generali e all’acquisizione di più competenze; e tutte le discipline, le attività e l’esperienza complessiva nella scuola concorrono alla costruzione degli obiettivi generali e delle competenze chiave, comprendenti conoscenze, capacità ed atteggiamenti, che danno senso al processo formativo nel/del nostro tempo.

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D’altra parte, gli obiettivi generali del processo formativo non esauriscono il processo formativo, ma aprono nuove prospettive e definiscono le nuove ambizioni della scuola che comportano una coerente ed adeguata organizzazione della didattica per ‘sostenere il pieno sviluppo culturale e sociale delle persone, contrastare e prevenire la dispersione scolastica, consentire il successo formativo di tutti’.

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6. Una scuola della e per la comunità trentina

Nella redazione dei piani di studio ci si muove dunque a partire da una realtà per molti versi ricca e dinamica, che deve confrontarsi continuamente con le sfide della società contemporanea, valorizzando in maniera attenta il meglio della tradizione e delle risorse disponibili. Lo spirito che li anima intende partire dalla realtà scolastica trentina, ricca anche di innovazioni e sperimentazioni, per favorire la sua conoscenza, il sostegno al suo sviluppo e diffusione, la sua armonizzazione con gli orientamenti nazionali ed europei. In tale spirito si vogliono evidenziare gli elementi fondamentali che costituiscono i piani di studio provinciali e proporre alla discussione comune le possibili ipotesi di interpretazione operativa. La qualità del servizio educativo della scuola trentina è legata a una feconda collaborazione tra dirigenti e docenti della scuola, famiglie e istituzioni locali, amministrazione provinciale, in una visione unitaria del processo formativo, che vede le istituzioni formative, i vari soggetti culturali e associativi collegati tra loro in rete. È a favore della qualità di tale servizio che vengono redatti i piani di studio, sapendo bene che chi attua le innovazioni sono gli insegnanti, i dirigenti, gli alunni con le rispettive famiglie, sostenuti dai responsabili delle politiche educative. Quindi il coinvolgimento dei protagonisti e della collettività ha altrettanta importanza dei piani stessi, cominciando con l’informazione sui fini e sul senso delle decisioni prese. Sappiamo che la qualità del servizio educativo della scuola non è costituita tanto dalla quantità di nozioni e di ore di scuola, quanto dal ruolo attivo e responsabile degli studenti, dalla loro motivazione, dalla loro consapevolezza riguardo ai fini del processo educativo in un ambito di appartenenza (locale, nazionale, internazionale).

Al fine del raggiungimento di livelli di eccellenza occorre agire con misure in varie direzioni: a) un’impostazione scolastica che stimoli l’esercizio di autonomia e di responsabilità e che orienti alla vita, al lavoro, agli studi ulteriori; b) la previsione di opzionalità libere e semivincolate fra le discipline (nei limiti consentiti dalle normative sull’autonomia rispetto a quelle nazionali ed in rapporto con il Piano di offerta formativa di ogni Istituto Scolastico Comprensivo e di Istituto Scolastico d’Istruzione), concentrando l’impegno sugli assi portanti delle aree disciplinari con riguardo alle potenzialità dello studente ed alle diverse intelligenze (es. prevedendo la possibilità di accedere a laboratori di attività pratica anche agli studenti dei licei, soprattutto dove i vari indirizzi di scuola secondaria superiore si trovano nella stessa sede); c) la riduzione dell’orario di lavoro in classe con incremento dello studio autoregolato e del rapporto con il mondo extrascolastico; d) un salto di qualità nella formazione e nel coinvolgimento dei docenti; e) la collaborazione con le famiglie e il territorio.

Nel quadro, infine, delle attività miranti alla promozione di una identità culturale trentina, insieme a quella nazionale, europea e globale, occorre mettere a disposizione, anche da parte delle comunità di valle e dei comuni interessati, strumenti, materiali e risorse che favoriscano l’organizzazione di attività didattiche e formative a supporto di uno studio della storia locale e delle istituzioni autonomistiche, della cultura della montagna e dei suoi valori, e della sensibilizzazione e partecipazione agli sport vicini alla montagna, anche mediante periodi formativi a diretto contatto con la montagna. Analoga cura occorrerà mettere in atto circa lo sviluppo di conoscenze e atteggiamenti coerenti con una educazione interculturale.

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7. L’articolazione dei cicli scolastici e formativi Il sistema educativo di istruzione e formazione nella provincia di Trento, analogamente a quanto avviene a livello nazionale, è articolato in due grandi cicli. Tale articolazione, apparentemente semplice, nasconde in realtà non pochi problemi. Il primo ciclo comprende due differenti ordini di scuola, che sono depositari di una cultura didattica tra loro diversa e che, nel passato (scuola elementare; scuola media), si sono visti attribuire finalità distinte. Inoltre, a differenza del passato, oggi la scuola secondaria di primo grado non è più conclusiva dell’obbligo scolastico, che invece riguarda il primo biennio del secondo ciclo. Questo spostamento in avanti della permanenza di tutti gli studenti nella scuola comporta, inevitabilmente, un ripensamento del percorso curricolare precedente. Il secondo ciclo comprende tanto i percorsi di istruzione, di durata quinquennale, quanto quelli dell’istruzione e formazione professionale, della durata, di norma, di quattro anni. 7.1 IL PRIMO CICLO In questo ambito non ci si muove da zero, in quanto le Indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione costituiscono una buona base di partenza che molte scuole trentine hanno già cominciato ad utilizzare per lo sviluppo dei piani di studio di Istituto. La progressione del percorso curricolare deve tuttavia fare i conti con una serie di snodi significativi: il raccordo tra primaria e scuola dell’infanzia; il raccordo interno al ciclo tra primaria e secondaria di primo grado; il raccordo con il secondo ciclo, in particolare con il biennio conclusivo dell’obbligo. Si evidenziano alcune esigenze da considerare in modo equilibrato, quella della unitarietà, quella della progressività e quella della diversificazione. Dal tipo di soluzione che si intende dare a questi aspetti si pone anche la questione dei ‘periodi’ interni al ciclo. Unitarietà pedagogica L’unitarietà del percorso curricolare è, prima di tutto, pedagogica ed è data dalla centralità riconosciuta allo studente, all’interno di una concezione della scuola intesa come Comunità (v.legge provinciale n.5/06; Tit.II, Capo I, art.9). Il primo riferimento è costituito dalla scuola dell’infanzia, che pone come grande finalità la promozione dell’“educazione integrale dei bambini e delle bambine favorendo lo sviluppo delle competenze e delle potenzialità individuali” ( Tit. I, Capo I, art.2). La legge provinciale specifica i tratti che caratterizzano l’unitarietà del primo ciclo: rispetto e valorizzazione delle differenze individuali, educazione ai principi fondamentali della convivenza civile, dell’interazione sociale e dell’esercizio della cittadinanza attiva. È evidente che le modalità di perseguimento di questi riferimenti saranno diversificate, in relazione all’età e alle diverse situazioni degli alunni, ma quelli indicati restano punti di riferimento unitari e costituiscono il filo rosso che lega cicli, ordini di scuola, periodi. Progressività e diversificazione didattica e metodologica Mentre l’unitarietà pedagogica salda intorno a finalità educative comuni l’intero percorso di scolarizzazione dell’alunno oltre gli stessi confini del primo ciclo, compito specifico dell’intero ciclo è quello dello sviluppo di una articolata gamma di competenze prevalentemente attraverso l’insegnamento disciplinare, secondo una logica di progressività e diversificazione didattica e metodologica.

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Il senso complessivo del primo ciclo può essere raccolto intorno all’idea di un processo formativo che guarda alla crescita educativa, sociale e culturale della persona degli studenti, nella preoccupazione di proporre non solo gli alfabeti del conoscere o del fare, ma anche quelli del vivere e del convivere. La promozione dello sviluppo integrale di ogni persona diventa, anche, promozione della comunità, nella quale l’esperienza della convivenza si fa anche assunzione di responsabilità nei confronti del vivere sociale, nella prospettiva di contribuire al bene comune. I ‘periodi’ La legge provinciale prevede una articolazione della scuola del primo ciclo in periodi biennali. Tale suddivisione favorisce una maggiore continuità formativa all’interno di ogni periodo, consentendo un’acquisizione, ed eventuale recupero, della conoscenze e delle competenze più distesi nel tempo. Inoltre la progressione stabilita riconferma, da un lato, il collaudato biennio introduttivo della ex scuola elementare, dall’altro ha il merito di consentire una forte saldatura tra primaria e secondaria di primo grado. Nella prospettiva dello sviluppo operativo dei nuovi curricoli è però opportuno riflettere su alcuni aspetti: a) i momenti ‘simbolici’ della discontinuità, che segnalano una crescita, che sanciscono il diventare ‘grandi’; b) la ‘specificità’ della ex scuola media, pur all’interno di un ciclo unitario. La periodizzazione della primaria prevista dalla legge provinciale non fa coincidere il termine del terzo periodo con la classe quinta, bensì con la prima della scuola secondaria di primo grado. È vero che non sono previsti esami al termine della primaria, su scala nazionale, ma potrebbe essere importante attribuire all’ultimo anno un particolare carattere di riconoscibilità, così da segnalare l’importanza del passaggio ad un altro ordine di scuola, cioè ad una nuova significativa fase della vita, un riconoscibile momento del ‘diventare grandi’. In questa prospettiva tale periodo andrebbe articolato, pur nel quadro di una continuità pedagogico-didattica, in modo da favorire da parte degli studenti un passaggio consapevole dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado. Pur senza entrare qui nel merito di una riflessione riguardante la specificità della scuola secondaria di primo grado, si ritiene importante segnalare la necessità che a questo periodo evolutivo vada data una particolare attenzione. Per molte ragioni è opinione diffusa che la ex scuola media si presenti come momento evolutivamente critico, che richiede un ripensamento profondo non solo dei contenuti del curricolo, ma anche delle modalità organizzative e didattiche che lo riguardano. 7.2 IL SECONDO CICLO “Il II° ciclo di istruzione e formazione è finalizzato a sviluppare la crescita educativa, culturale e professionale degli studenti attraverso il sapere, il saper fare, l’agire e il saper essere nonché la riflessione critica su di essi, a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale. I percorsi del secondo ciclo forniscono gli strumenti e sviluppano gli atteggiamenti pertinenti all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.” (Legge provinciale n./06,, Capo III, art.62). All’interno delle grandi finalità enunciate dalla legge, il II° ciclo presenta due principali sotto sistemi: quello dell’istruzione e quello dell’istruzione e formazione professionale. Ciascun sotto sistema ha poi una sua propria articolazione interna. Occorre però ricordare come la scuola secondaria superiore attenda una riforma da oltre 60 anni: l’impianto della scuola secondaria superiore è sostanzialmente ancora gentiliano. L’interruzione anticipata della legislatura nazionale ancora una volta lascia il problema insoluto.

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Allo stato attuale il sistema è costituito dai licei previsti dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutica, scientifico, scienze umane), dall’istruzione tecnica e professionale ripristinata con la legge 2 aprile 2007, n. 40, e dalla formazione professionale. Alle difficoltà di varare una riforma complessiva le scuole hanno risposto negli ultimi decenni con le sperimentazioni autonome o assistite dal ministero cercando di adeguare i curricoli ad una domanda di istruzione in rapida evoluzione. Il Ministero non è riuscito a governare il fenomeno. Il risultato è che oggi il panorama della scuola superiore vede in Italia ben 100 indirizzi di ordinamento, 176 progetti assistiti e 636 sperimentazioni autonome, per un totale di 912 indirizzi: un eccesso di offerta che risulta assolutamente disorientante per gli studenti e le famiglie. Sebbene se in misura ridotta il problema è presente anche nella Provincia di Trento ove sono attivati circa una settantina di indirizzi, di cui 20 sono sperimentazioni autonome. Altri elementi che caratterizzano in negativo l’offerta formativa sono rappresentati dalla rigidità dei percorsi, dalla scarsa comunicazione tra essi e dalla mancanza di discipline opzionali. In questo contesto quali orientamenti assumere? Linee operative per un curricolo che guarda all’Europa Un curricolo sostenibile Gli attuali curricoli sono enciclopedici, con un numero elevato di discipline, una polverizzazione dei saperi, un tempo scuola eccessivo che arriva a prevedere fino a 36-38 ore di lezione settimanali. Un curricolo esorbitante, che ha la pretesa di insegnare tutto a tutti negli stessi tempi, senza tener conto dei processi di maturazione diversificati, delle vocazioni e degli stili di apprendimento dei singoli studenti. Da ciò la proposta della legge di una riduzione del tempo scuola settimanale, da riportare in linea con la media europea, accompagnato da una significativa riduzione del numero delle discipline per anno scolastico. Ciò sia per favorire l’approfondimento e lo studio individuale sia per valorizzare l’apprendimento lontano dai banchi, considerato che la società trentina offre oggi tante opportunità e una pluralità di agenzie formative. Un curricolo essenziale finalizzato alla padronanza In ambito internazionale molti paesi già prevedono un core curriculum o zoccolo duro, cioè un nucleo ristretto di discipline da approfondire. È necessario ed urgente selezionare e stabilire delle priorità. In questa prospettiva i piani di studio provinciali dovranno prevedere un nucleo essenziale di discipline alle quali riservare un’attenzione speciale, al fine di fare acquisire a tutti gli studenti un elevato livello di padronanza in quegli ambiti ritenuti indispensabili, anche dall’Unione Europea, per essere protagonisti attivi del proprio tempo e della propria comunità. Essenzializzare, dunque, non per impoverire ma per assicurare a tutti un elevato livello di padronanza nelle competenze fondamentali. Un curricolo verticale I piani di studio del secondo ciclo dovranno prestare una attenzione speciale al primo biennio in considerazione del rilievo strategico che è destinato ad assumere questo segmento scolastico e formativo. Esso rappresenta la conclusione del ciclo dell’istruzione obbligatoria e quindi dovrà integrarsi in un curricolo verticale unitario dai 6 ai 16 anni, che nel rispetto dei processi di maturazione e di sviluppo della personalità degli allievi sappia dosare accuratamente elementi di continuità e di discontinuità (verticalità con il primo ciclo). Questa attenzione, doverosa e opportuna, non deve portare a sottovalutare un altro aspetto altrettanto importante: il biennio non

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prevede una terminalità ma rappresenta il primo gradino di un cammino finalizzato all’acquisizione di una qualifica o di un diploma. In tal senso il biennio dovrà garantire a tutti gli studenti i prerequisiti per proseguire con successo il proprio percorso formativo. Un secondo ciclo strutturato secondo il modello “2+2+1” I piani di studio provinciali dovranno strutturarsi secondo il modello di un primo biennio che conclude il ciclo dell’istruzione obbligatoria, un secondo biennio centrato sui diversi indirizzi e un quinto anno che si proietta verso la vita adulta, al dopo scuola superiore. Per quanto attiene al primo biennio, oggi rientrante nell’istruzione obbligatoria, il dibattito degli ultimi decenni porta a ritenere non adeguato un biennio unico. Esso prolungherebbe in modo indifferenziato la scuola media portandola, di fatto, a 5 anni e aggravandone i problemi. Si avverte però l’esigenza di una razionalizzazione dell’offerta formativa (nell’ottica della semplificazione e della riduzione degli indirizzi) con la previsione di alcune aree o macroindirizzi (ad esempio licei, istituti tecnici, istituti professionali, formazione professionale) caratterizzati da una maggiore omogeneità al loro interno e da un nucleo comune di discipline per la padronanza. Un altro tratto fondamentale del biennio dovrà essere rappresentato da una significativa presenza delle discipline opzionali con funzione orientativa, in modo da consentire allo studente di esercitare e maturare la capacità di scegliere e di assumersi responsabilità e di verificare in concreto interessi e attitudini. La logica dovrà essere quella di “meno indirizzi, con più opzionalità”. Una tale strutturazione del biennio avrà il vantaggio di rendere più razionali e mirati i passaggi da un percorso di studio ad un altro, consentendo di rivedere eventualmente la scelta operata a 14 anni e connotando il riorientamento come una preziosa opportunità per indirizzare gli studenti verso il percorso “ più adatto”, quello che più si presta ad esaltarne interessi e attitudini, non ad indirizzarli (sarebbe meglio dire “dirottarli”) verso percorsi percepiti o “promessi” come “più facili”. Il secondo biennio si dovrà caratterizzare per una maggiore presenza delle discipline di indirizzo e una riduzione di quelle generali al fine di consentire allo studente di verificare interessi e attitudini in relazione al proprio progetto di studio e di vita lavorativa. Nel caso dell’Istruzione e formazione professionale è preferibile prevedere una organizzazione basata su un anno (il terzo) che porta alla qualifica professionale (riconosciuta dai contratti di lavoro), seguita da un anno (il quarto), che porta al diploma professionale e che include una forte presenza dell’alternanza tra scuola a lavoro. Dopo il quarto anno è possibile prevedere un anno di preparazione all’esame di Stato nel settore dell’istruzione professionale. Per quanto attiene al quinto anno, in un’ottica di personalizzazione e di proiezione verso le scelte future, allo studente dovrà essere offerta la possibilità di prepararsi al meglio per la facoltà universitaria che prevede di frequentare l’anno successivo, ovvero per l’inserimento nell’alta formazione o nel mondo del lavoro, riservando una parte significativa del curricolo del quinto anno a questo obiettivo, anche rivedendo le modalità dell’esame di Stato, che potrebbe essere in gran parte anticipato al quarto anno, avvicinandoci a quanto già avviene in molti paesi europei. Un secondo ciclo più mirato al successo formativo L’eterogeneità della domanda formativa e le esigenze del sistema economico trentino richiedono un secondo ciclo più articolato, rispetto a recenti ipotesi di licealizzazione generalizzata, con una forte presenza dell’istruzione tecnica e professionale integrata con la tradizionale formazione professionale. Esso dovrà saper tener conto della diversa propensione all’investimento in formazione da parte dei giovani e delle famiglie prevedendo la possibilità di uscite laterali che consentano di capitalizzare i percorsi a più livelli (qualifica, diploma professionale e diploma di Stato); dovrà inoltre prevedere la possibilità di rientri formativi, in modo da configurare un efficace sistema di istruzione permanente, anche attraverso la valorizzazione dell’alternanza scuola lavoro. In questa prospettiva al termine del terzo anno dei percorsi di formazione professionale dovrebbe

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essere sostenuto da tutti gli studenti l’esame di qualifica professionale. Inoltre, considerata la scelta strategica della Provincia di puntare alla costruzione di un significativo sistema dell’Alta formazione da affiancare con pari dignità ai percorsi accademici, va prevista la possibilità per tutti gli studenti, dopo il quarto anno, di poter accedere al canale dell’Alta formazione. Un sistema così strutturato dovrebbe consentire a ciascun studente di trovare la propria strada e raggiungere più agevolmente il successo formativo. Un secondo ciclo più trasparente nell’offerta E’ molto avvertita la necessità di mettere ordine e razionalizzare l’offerta formativa riducendo e semplificando il numero dei percorsi, in modo da restituire alle famiglie e agli studenti la possibilità di una scelta consapevole. Dopo l’esame di scuola media il/la ragazzo/a, con l’aiuto della famiglia e della scuola, dovrebbe operare una prima scelta tra macroindirizzi, suscettibile di ripensamento (il liceo, l’istruzione tecnica, l’istruzione professionale, la formazione professionale); il biennio dell’istruzione obbligatoria dovrebbe consentirgli di maturare, confermarsi nella scelta ovvero riorientarsi; al termine del biennio ragazzi e ragazze saranno chiamati ad operare la scelta dell’indirizzo (quale liceo? quale indirizzo tecnico? Ecc.) . Nel corso del primo biennio i passaggi tra i diversi percorsi formativi dovranno essere facilitati e accompagnati dalle scuole.

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8. Una progettazione curricolare diretta allo sviluppo di competenze

Le tendenze attuali nella definizione degli obiettivi educativi della scuola suggeriscono di valorizzare il concetto di competenza, in quanto si vuole sottolineare che l’acquisizione di concetti e abilità non deve portare alla costituzione di un insieme inerte e/o isolato di conoscenze, bensì costituire come un patrimonio personale spendibile per leggere e interpretare la realtà sia culturale, sia sociale, sia professionale; e per affrontare positivamente i vari compiti e le varie attività che si incontrano sia nella scuola, sia fuori di essa. Più profondamente si vuol segnalare che l’apprendimento più importante e fruibile nel tempo deriva la una vera e propria circolarità tra pensiero e azione, tra esperienza pratica e riflessione su di essa, tra saperi e saper fare e saper agire, come indica la legge 5/06. Una competenza si manifesta quando un soggetto riesce ad attivare e coordinare conoscenze, abilità e disposizioni interne stabili (come atteggiamenti, valori, motivazioni, ecc.) per affrontare, valorizzando se necessario anche opportune risorse esterne, una tipologia di compiti o problemi da risolvere. Di conseguenza una competenza può essere più o meno elevata in relazione alla tipologia di compiti da svolgere o ai problemi da affrontare. Non solo, ma ogni competenza subisce uno sviluppo e si intreccia con altre competenze. Esiste quindi certamente un aspetto soggettivo della competenza, ma anche uno sociale, nel senso che una competenza può essere riconosciuta attraverso le sue manifestazioni pubbliche o prestazioni. Una competenza, d’altronde, a seconda dei casi può avvicinarsi di più al concetto di abilità, o a quello di conoscenza, o ancora a quello di atteggiamento a seconda della prevalenza di importanza di una di queste componenti nello svolgimento di un compito. Così al limite una competenza può ridursi a una conoscenza, purché questa sia significativa, stabile e fruibile; oppure a una abilità, purché utilizzata in maniera consapevole e funzionale al compito o al problema; ovvero a un atteggiamento, purché si tratti di una disposizione interiore stabile su cui si può contare. Alcune competenze sono della stessa natura dalla prima classe della scuola primaria all’ultima classe della scuola secondaria di primo grado, ma variano nel loro livello di complessità e adattabilità a situazioni molteplici. Un esempio è dato dalle competenze linguistiche nella lingua italiana, che tradizionalmente sono distribuite secondo quattro categorie: ascoltare, parlare, leggere e scrivere. Oggi, soprattutto per le lingue comunitarie, si inserisce anche: interagire. Tra le competenze chiave del cittadino europeo quella riguardante la comunicazione nella lingua madre così viene espressa: è l’abilità di esprimere e interpretare pensieri, sentimenti e fatti sia in forma orale, sia scritta (ascoltare, parlare, leggere e scrivere) e di interagire linguisticamente in maniera appropriata nell’intero spettro dei contesti sociali e culturali (educativi e formativi, lavorativi, famigliari e del tempo libero). A esempio la categoria del leggere può essere considerata secondo diversi livelli di complessità in base sia all’argomento, sia al lessico, sia alla struttura morfologica, ecc. I suggerimenti provenienti dal Consiglio e dal Parlamento europeo, come dai recenti documenti relativi al primo ciclo scolastico e all’obbligo istruttivo in Italia, tenendo conto della situazione trentina, possono essere riletti nel quadro della formazione ad una cittadinanza attiva e responsabile che favorisca da un lato i processi partecipativi e dall’altro l’assunzione, a partire dalla scuola stessa, di regole di convivenza civile e di rispetto degli altri. Questa attenzione è importante anche in una logica di prevenzione, soprattutto per quanto riguarda alcuni comportamenti oggi diffusi tra i giovani. In particolare è opportuno richiamare tre riferimenti, o dimensioni formative, che devono essere interpretati nella progettazione curricolare di Istituto in maniera integrata.

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Primo riferimento Si tratta di competenze che permettono alla persona di crescere nella propria cultura e professionalità e di orientarsi nel mondo sociale, civile e professionale. Il loro perseguimento dovrebbe informare l’attività educativa e didattica di tutti i docenti, a tutti i livelli, secondo una prospettiva progressiva e sistematica. Costituiscono come un quadro di riferimento che permette di impostare l’azione formativa dell’istituto e la valutazione della sua qualità da un punto di vista educativo. - Competenze nel gestire se stessi nell’apprendere in modo da poterle valorizzare lungo tutto l’arco della vita. - Competenze nel progettare la propria vita e la propria professionalità con spirito di iniziativa e di imprenditorialità e con senso di solidarietà e partecipazione alla vita comunitaria. - Competenze relazionali e comunicative. Secondo riferimento Il primo ciclo comprende sia gli insegnamenti che radicano lo studente nella cultura, nella storia e nella geografia della propria terra, della propria nazione, dell’Europa e del mondo, sia quelli che favoriscono lo sviluppo e la valorizzazione delle forme espressive di sé e dei propri sentimenti, sia lo sviluppo armonico del proprio corpo e la cura delle propria e altrui salute, sia quelli che l’aiutano a orientarsi nel mondo civile, sociale, professionale e religioso. A esempio: - Competenze e sensibilità nell’ambito delle espressioni culturali che radicano la propria identità sia a livello locale, sia nazionale, sia europeo, sia internazionale. In questo caso si possono definire gli obiettivi di riferimento e le tematiche da affrontare sia con continuità, sia attraverso moduli specifici, nell’ambito delle discipline storico-geografiche (anche legate al territorio), artistico-espressive, tecnico-tecnologiche, dello sviluppo fisico e dello sport, riferendosi ai vari cicli previsti, ma lasciando un ampio margine alla programmazione curricolare della singole istituzioni scolastiche. Il secondo ciclo comprende l’acquisizione progressiva delle conoscenze e delle competenze proprie dei diversi indirizzi dei licei, degli istituiti tecnici e professionali e della formazione professionale. A esempio: - Competenze tecniche e professionali che permettono di orientarsi prima e di inserirsi poi nel mondo della produzione di beni e servizi. In questo caso occorre giungere alla identificazione delle competenze culturali e professionali che caratterizzano i vari indirizzi di studio evitando una eccessiva dispersione e frammentazione degli insegnamenti. Accanto alle competenze che caratterizzano i diversi indirizzi di studio, si possono collocare quelle legate ad opzionalità obbligatorie che li articolano secondo particolari specializzazioni. Terzo riferimento

Si tratta di interventi diretti allo sviluppo della padronanza di competenze che fanno da fondamento sia per il primo, sia per il secondo riferimento. Tenendo conto dell’attuale configurazione dell’obbligo istruttivo. le discipline da includere dovrebbero essere: lingua italiana, lingue straniere, matematica, scienze. Per la loro definizione secondo i vari livelli di scolarità

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sarebbe utile procedere a ritroso iniziando con l’identificazione del quadro relativo alla fine dell’obbligo istruttivo e, a partire da questo riferimento, elaborare il quadro di competenze per la fine della scuola secondaria di primo grado, la fine della scuola primaria, la fine del primo biennio della scuola primaria. Di conseguenza le commissioni costituite per questo lavoro dovranno comprendere docenti, dirigenti ed esperti riferibili sia alla primaria, sia alla secondaria di primo e secondo grado.

- Competenze fondamentali nella lingua italiana che portano a padroneggiarla sia nella comunicazione orale, sia in quella scritta

- Competenze fondamentali nella valorizzazione dei concetti e delle procedute matematiche sia nella vita quotidiana, sia nello studio delle varie discipline scientifiche e tecnologiche, sia nelle professionalità specifiche.

- Competenze che permettono di utilizzare concetti, principi, teorie scientifiche per dare significato ai fenomeni naturali, per dare fondamento ai processi e ai prodotti tecnologici, per comprendere e risolvere problemi sia di natura scientifica, sia di natura sociale.

- Competenze fondamentali nel leggere, ascoltare, esprimere i propri pensieri, interagire, scrivere nella lingua inglese e nella lingua tedesca. La promozione dello sviluppo delle competenze in questi ambiti disciplinari deve essere collegata in maniera valida e produttiva con le altre discipline e con l’esperienza sia scolastica, sia extra-scolastica degli studenti. Inoltre il loro raggiungimento implica anche un’attenta valorizzazione di quelle necessarie per fruire sia in maniera ricettiva, sia produttiva le tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Al fine di sviluppare con continuità e coerenza tali competenze sarebbe utile una programmazione curricolare verticale gestita da appositi dipartimenti che comprendono i docenti della scuola primaria, secondaria di primo grado e, quando possibile, del primo biennio del secondo ciclo e che lavorano sotto forma laboratoriale per impostare gli insegnamenti ai vari livelli, sviluppare i materiali didattici, preparare le valutazioni, ecc. Tempo scuola degli alunni e degli studenti Occorre infine che nell’impostare la programmazione di Istituto si tenga conto in maniera equilibrata del diverso tempo scolastico che tali riferimenti implicano. A questo fine, la commissione suggerisce di considerare con attenzione quanto indicato dall’art. 56 secondo comma della legge 5/06, che indica in almeno mille ore l’orario complessivo della scuola, sia per il primo, sia per il secondo ciclo, assegnando la sua distribuzione operativa ai progetti di istituto. La commissione crede opportuno che si verifichi questa indicazione sia per quanto riguarda il primo ciclo, sia il secondo ciclo (eventualmente suggerendo modifiche alla legge stessa) e che l’amministrazione fornisca poi indicazioni più articolate circa la distribuzione oraria degli insegnamenti e l’orario settimanale delle scuole. Ciò potrebbe essere fatto anche attraverso le Linee guida che dovrebbero accompagnare la pubblicazione del regolamento applicativo della legge provinciale. In particolare, per quanto concerne il tempo scuola degli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo ciclo, tale periodo deve essere rapportato anche alle scelte educative delle famiglie. Pertanto il tempo normale garantito a tutti dovrà essere contenuto in un orario settimanale che non consideri le attività opzionali come obbligatorie, fatta salva naturalmente la possibilità del tempo pieno o prolungato.

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Allegati al documento di indirizzo per la redazione dei

Piani di studio provinciali

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Allegato A Stato attuale della legislazione scolastica

Il sistema scolastico italiano ha affrontato in questi ultimi dieci anni, almeno dal 1997 (con l’approvazione del regolamento sull’autonomia) le medesime sfide, alle quali si sono trovati di fronte tutti i sistemi scolastici europei.

La più importante novità è stata quella che ha visto come protagonisti tre principali fattori:

a) le valutazioni internazionali (in particolare, il PISA) sui risultati o sulle competenze fondamentali degli allievi;

b) la comparazione con i curricoli e gli ordinamenti degli altri paesi membri dell’Unione (ma anche di quelli dell’OCSE). Mentre il tradizionale confronto avveniva sul piano puramente comparativo, ora esso avviene invece in termini di reciproca influenza, interazione e competizione;

c) il conseguente superamento di una politica che escludeva un qualsiasi ruolo dell’Unione nel determinare le scelte dei singoli membri. A partire da Lisbona, si è scelta la strada, se non di dettare norme e direttive cogenti, di influenzare, tramite obiettivi comuni e interventi di armonizzazione, le decisioni di riforma di ogni singolo paese.

Sulla base di queste “suggestioni” del cambiamento internazionale, l’Italia ha cercato di abbandonare la linea tradizionale di aggirare – almeno per la secondaria - gli ostacoli del cambiamento attraverso la via amministrativa delle sperimentazioni. Dalla metà degli anni ’80, infatti, il paesaggio della scuola italiana si presentava profondamente sconvolto da un esteso e profondo rimaneggiamento dei curricoli (ed anche di alcuni aspetti dell’ordinamento), dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione della scuola secondaria. La scelta sottesa a tale processo di riforma strisciante, era quello di modernizzare i curricoli (introduzione della lingua inglese, dell’informatica, ecc.), di “integrare” i percorsi secondari attraverso una estesa “licealizzazione” (venivano ridotte le qualifiche e le specializzazioni, la “cultura generale” veniva introdotta anche nell’istruzione tecnica e professionale), la progressiva riduzione dello spazio assegnato a percorsi tradizionalmente considerati “non formativi” (apprendistato e formazione professionale”). Tutto ciò con una rivitalizzazione della struttura amministrativa (le direzioni generali “verticali) che rimaneva centralizzata.

Nella metà degli anni ’90 si cercò di cambiare il modello decisionale di un “cambiamento senza riforma” e di riprendere invece un approccio più strutturale e globale, che era stato abbandonato alla fine degli anni ’70.

Le novità più impostanti introdotte dalla legislazione dei quegli anni (1996-1999), sono ancora alla base dell’attuale dibattito e della riflessione. In sintesi:

- il collegamento tra riforma del Ministero (decentramento amministrativo, costituzione delle direzioni generali regionali, abolizione dei provveditorati, ecc.) con la riforma della pubblica amministrazione (“legge Bassanini”);

- l’avvio di un processo di “aziendalizzazione” (istituzione della dirigenza) tramite una apertura di credito verso l’iniziativa autonoma delle scuole, che trovò maturazione nel regolamento 275 del 1999 (autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e di sviluppo, flessibilità curricolare del

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15% dell’orario), con un significativo sforzo di ridefinizione del modello curricolare (obbligatorio nazionale, locale, opzionale, facoltativo);

- l’innalzamento dell’obbligo scolastico, in coincidenza con la unificazione del percorso iniziale di studi (la “scuola di base”), e la consguente riduzione di un anno della scolarità (12 anni) in linea con la maggioranza dei paesi europei;

- la “licealizzazione” della secondaria (quinquennale) con l’ingresso dell’istruzione professionale nel corpo della scuola statale. Contemporaneamente, vi era anche l’intenzione di introdurre una “terminalità” relativa per i percorsi liceali tradizionali, in modo da sottrarli, almeno in parte, al condizionamento della “domanda” accademica, che risultava inefficiente (rapporto iscritti/laureati) e che poneva seri problemi di transizione dei giovani alla vita attiva;

- l’avvio – pur debole – di una alternativa “professionale” ai percorsi accademici, tramite l’istituzione degli IFTS (corsi di Istruzione e di formazione tecnica superiore);

- la riforma dell’esame di Stato conclusivo dei corsi di istruzione secondaria di secondo grado. - Infine, l’impulso ad un nuovo modello di formazione professionale iniziale degli insegnanti

con l’avvio – dopo molti anni di attesa - delle “scuole universitarie” sia per i maestri che per i professori.

In sostanza, tutta o quasi la legislazione del passato, era stata rivista.

Tra il 2001 e il 2006, tutto questo complesso insieme di norme venne riscritto, anche sulla base del nuovo quadro istituzionale inaugurato dalla riforma del titolo V della Costituzione, che dava alla Regioni un potere negoziale su punti fondamentali sia dell’ordinamento che dei curricoli.

La descrizione dei cambiamenti della più recente legislazione, consentono di far apparire in controluce anche la normativa organica del precedente legsilatura, che è contenuta, in sostanza, nella legge 53 del 2003 e nei numerosi decreti legislativi attuativi.

Negli ultimi due anni, l’impegno legislativo si è concentrato su questi punti fondamentali:

- L’obbligo. Viene deciso l’innalzamento dell’obbligo di istruzione (non di quello “scolastico”) fino all’età di sedici anni, in luogo del “diritto dovere all’istruzione”. Viene però confermata l’eliminazione degli esami di quinta elementare ed anche il “diritto dovere” fino ai 18 anni di età o al conseguimento di una qualifica. Vengono inoltre riscritte le “indicazioni” per la scuola dell’infanzia, per il primo ciclo di istruzione e per il biennio successivo (basati su alcuni “assi culturali”). Tali indicazioni abbandonano l’impostazione eccessivamente analitica e precettiva dei precedenti programmi (“obiettivi generali e specifici” per ogni singola – e separata - disciplina), ispirandosi a una visione più aperta e flessibile, articolata per aree, per “traguardi di competenza”, e recuperano anche i suggerimenti del Consiglio europeo. La stessa decisione posticipa ai 16 anni (ad accezione che per la provincia di Bolzano) l’inizio dell’apprendistato, mentre lascia aperta la porta (in via sperimentale) alla prosecuzione dei corsi di formazione professionale per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione;

- La valutazione (esterna) di sistema. Viene confermata (ma con maggiore decisione, con più

risorse e una più chiara definizione rispetto alla precedente normativa) l’istituzione di un sistema di valutazione degli esiti degli allievi ed anche della qualità del funzionamento delle scuole, tramite la rioganzizazione dell’Invalsi (a questo impulso della valutazione esterna sono connesse altre decisioni minori: la commissione mista per gli esami di Stato, l’introduzione di una quarta prova scritta nazionale per gli esami di licenza media e la revisione del sistema dei debiti formativi in tutta la secondaria);

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- L’istruzione tecnica. Viene interrotta la deriva della licealizzazione della secondaria e

ricostituita l’identità (da innovare) dell’istruzione tecnica, sia per quanto riguarda le sue finalità (connesse più organicamente con i cambiamenti del mercato del lavoro e delle professioni) e, si presume, la struttura del curricolo. Contemporaneamente si propone (finanziaria 2008) una razionalizzazione delle sperimentazioni, nel tentativo di correggere le maggiori storture, che sono unanimemente individuate negli orari troppo estesi e nel numero eccessivo della discipline;

- l’istruzione tecnica superiore. Si avvia, con maggiore decisione e chiarezza rispetto al passato, l’apertura di un nuovo percorso superiore di istruzione “non accademica” (Istituti di istruzione tecnica superiore), che costituisce – nel campo degli ordinamenti italiani – la più importante novità, poiché contribuisce a riequilibrare la tradizionale gerarchia tra percorsi liceali (dominati dall’asse linguistico letterario) e i percorsi tecnici e professionali;

Tutto ciò si è svolto all’interno di un quadro ancora prevalentemente centralistico, che ha interrotto il processo di “devoluzione” dell’amministrazione scolastica, inaugurato con l’art. 28 comma 4 del D. Lgs 226/05. Ciò nonostante, si è provveduto ad inaugurare un tavolo di discussione con le Regioni per riprendere questo processo. La Provincia di Trento, nella definizione dei piani di studio – strettamente connessi agli ordinamenti – dovrà tener conto di alcuni vincoli e di alcune opportunità di una legislazione nazionale assai densa ma ancora – per alcuni aspetti - indeterminata. Il confronto tra la legge della Provincia autonoma di Trento (legge 5 del 2006) e l’attuale panorama normativo, consiglia di investire anche in termini innovativi, su:

- la definizione di curricoli, per il primo ciclo, centrati sulle competenze ed articolati in bienni didattici;

- la razionalizzazione delle attuali sperimentazioni (in attesa dell’avvio del niovo osrdinamento della secondaria superiore), per avvicinarsi gradualmente ad obietivi ampiamente condivisi, come la riduzione degli orari (che la legge fissa in almeno 30 ore) e delle discipline;

- la definizione dei curricoli della secondaria, a partire dall’analisi critica degli effetti delle attuali sperimentazioni e della necessità di riqualificare l’istruzione tecnica, anche in funzione della sua “apertura” verso l’alto, cioè il percorso superiore;

- l’impulso e la qualificazione del percorso di istruzione e di formazione professionale, ed anche dell’apprendistato, non come binari morti ma come opportunità di intercettare la varietà della domanda di istruzione e di fromazione, anche per ridurre ulteriormente gli abbandoni;

- e, infine, una ripresa dell’iniziativa sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, soprattutto per quanto si riferisce all’organzizazione, alla selezione e alla gestione del personale (un suggerimento esplicito ed estremamente innovativo viene dalla recente Legge finanziaria/2008).

Al termine di questa rassegna, non può non essere rilevato che una delle condizioni perché il processo di innovazione – per quanto graduale - abbia successo, è rappresentato da uno straordinario investimento nella riqualificazione e nella professionalizzazione degli insegnanti: il cambiamento del sistema e, in primo luogo, dei curricoli non si realizza senza un modificazione e diversificazione delle pratiche di insegnamento e di apprendimento e di molti aspetti dell’attuale organizzazione del lavoro dei docenti.

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Allegato B La scuola trentina: un sistema in crescita

Per una migliore comprensione dei concetti presentati sinteticamente nel testo si riportano alcune tabelle sugli indicatori più significativi. Tabella 1 : Distribuzione della popolazione per livello formativo Alunni per livello formativo A.S. 2000/01 A.S. 2007/08 Variazione % Scuola dell’infanzia 14.699 15.860 + 7,89 Scuola primaria 23.705 26.712 + 12,68 Scuola secondaria I° grado 13.911 15.821 + 13,73 Scuola secondaria II° grado 17.652 19.670 + 11,43 Formazione professionale 3.357 4.661 + 38,84 Totale 73.324 82.724 + 12,82

Tabella 2 : presenza di alunni stranieri per livello formativo Iscritti per livello formativo Scuola

dell’infanzia Scuola

Primaria Scuola Sec.

I° grado Scuola Sec. II° grado

Form. Prof.

Alunni iscritti 1537 2769 1788 1039 807 % rispetto agli iscritti

complessivi 9,69 % 10, 39% 11,38% 5,26% 18,10%

Di cui nati in Italia 1152 1116 298 76 30 % rispetto agli alunni

stranieri 74,95% 40,30% 16,67% 7,31% 3,97%

Tabella 3 : presenza di alunni certificati per livello formativo Alunni per livello formativo A.S. 2001/02 A.S. 2007/08 % sugli iscritti

2007/08 Variazione

% Scuola primaria 507 555 2,19 + 9,46 Scuola secondaria I° grado 384 463 3,17 + 20,57 Scuola secondaria II° grado 82 131 0,62 + 59,75 Formazione professionale 219 326 8,36 + 48,85 Totale 1192 1475 2,28 + 23,74

Tabella 4: quadro dell’offerta formativa in provincia di Trento Istituzioni Provinciali Paritarie Istituti comprensivi 54 1 Scuole primarie - 6 Scuole secondarie I° grado - 5 Totale I° ciclo 54 12 Licei 8 - Istituti tecnici 7 2 Istituti professionali 1 -

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Istituti d’arte 1 - Istituti di istruzione 6 3 Istituti verticali(I° e II° ciclo) 2 - Totale II ° ciclo 25 5 Formazione professionale 2 6 Totale istituzioni 81 23 Tabella 5: organico dei docenti per livello formativo - anno scolastico 2007/08

Organico Scuola dell’infanzia

Scuola Primaria Scuola Sec. I° grado

Scuola Sec. II° grado

Totale

Cattedre 554 2592 1473 1957 6576 Sostegno 48 248 216 82 594

Totale 602 2840 1689 2039 7170 Tabella 6: distribuzione dei docenti di ruolo per età e livello formativo Docenti N° docenti Età < 30 anni Età > 50 anni Primaria 2498 46 1,8 % 958 38,3 % Sec. I° grado 1401 1 0,0 % 739 52,6 % Sec. II° grado 1807 0 0,0 % 848 46,9 % Docenti religione 102 14 13,7 % 5 4,9 % Totale 5813 61 1,04 % 2550 43,8 % Tabella 7: organico del personale ATA Funzionario A. Amministrativi Tecnici Ausiliari Totale I° ciclo 57 316 41 622 1036 II ° ciclo 23 196 172 361 752 Totale 80 512 212 983 1788 Tabella 8: risultati dell’indagine internazionale OCSE-PISA 2006 Sistema scolastico Scienze Matematica Lettura Italia 475 462 469 Media OCSE 500 498 492 Trentino 521 508 508 Paese leader Finlandia 563 Finlandia 548 Corea 556

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Allegato C

Alcuni casi esemplificativi di sviluppo del curricolo in senso verticale o trasversale La seguente tabella ne riepiloga gli elementi chiave:

obiettivi del progetto di sperimentazione Aree culturali Avvio/

Chiusura Scuole

coinvolte e target

Elementi distintivi e risultati/prodotti

Definizione di Traguardi e obiettivi di apprendimento con lo scopo di rendere coerenti e graduati le Abilità e i Contenuti insegnati negli 8 anni di istruzione, stabilendo delle tappe in verticale

Italiano

Anno scolastico 1996-97

Fino a

Anno scolastico 2006-07

11 Istituti Comprensivi

Insegnanti del I° Ciclo

d’Istruzione

promozione della collaborazione tra docenti di scuola primaria e secondaria di primo grado

Definizione di Traguardi e obiettivi di apprendimento (sono disponibili 11 report di progetto restituiti dalle scuole)

Sviluppo Didattica laboratoriale e revisione del curricolo nel quadro delle Indicazioni Nazionali, raccogliendo l’esigenza dei docenti di una razionalizzazione del percorso curricolare

Matematica (Spazio e figure – Misure)

Anno scolastico 2006-07/ 2007-08

Istituti comprensivi

Insegnanti e studenti del I°

Ciclo

Progettazione e sperimentazione assistita di attività di apprendimento:

Attività progettate e sperimentate nell’ambito di 10 temi (Report in corso di definizione)

revisione curricolare 6-16 anni, tenendo conto dei quadri di riferimento nazionali (Indicazioni nazionali e Nuovo Obbligo di istruzione) e internazionali (indagini PISA e IEA)

Lingue comunitarie

(Inglese, Tedesco)

matematica

Anno scolastico 2007-08

4 istituti comprensivi + 2 istituti di istruzione

Insegnanti del I° Ciclo

Promozione di un approccio all’insegnamento per

competenze, allineando esiti attesi, didattica e valutazione

Progettare e sperimentare in classe moduli di storia locale

ed europea

storia Anni scolastici

2003-2006

Insegnanti e studenti di Istituti di istruzione secondaria superiore

4 Quaderni di “costruire storia” (in collaborazione con il Museo Storico di Trento e l’Università di Trento)

Pubblicazione “Dalla storia locale alla storia europea”, percorso di ricerca sviluppato congiuntamente da istituti scolastici e studenti polacchi, tedeschi e trentini (Rovereto)

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apprendere ed insegnare la lingua per comunicare

(per alunni stranieri)

Italiano come lingua

seconda

Geografia

Storia

scienze

Anni scolastici

2000-2005

Istituti comprensivi

e insegnanti del primo

ciclo d’istruzione

Revisione della programmazione curricolare per alunni stranieri

Guide operative (“metodi” e “strumenti”) per organizzare la programmazione e la didattica: (curate dal Centro interculturale Millevoci)