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PROVINCIA DI TORINO ASSESSORATO ALLE POLITICHE ATTIVE DI CITTADINANZA, DIRITTI SOCIALI E PARITÀ ALLEGATO A D.G.P. Prot. 137-5234/2011 PIANO DELLE POLITICHE SOCIALI TERRITORIALI 2010 - 2011 POLITICHE DI PROMOZIONE, SOSTEGNO E INTEGRAZIONE DEI CITTADINI STRANIERI POLITICHE DI PROMOZIONE E SOSTEGNO DEL VOLONTARIATO POLITICHE DI PROMOZIONE E SOSTEGNO DELLE COOPERATIVE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO POLITICHE PER LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI SERVIZIO SOLIDARIETA’ SOCIALE Uffici: Politiche per l’integrazione, Programmazione territoriale, Terzo settore, Sistema informativo

PIANO DELLE POLITICHE SOCIALI TERRITORIALI 2010 - 2011 · − di promozione, sostegno, integrazione a diversi livelli dei/delle cittadini/e stranieri/e: nella relazione con la propria

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PROVINCIA DI TORINO ASSESSORATO ALLE POLITICHE ATTIVE DI CITTADINANZA, DIRITTI SOCIALI E PARITÀ

ALLEGATO A D.G.P. Prot. 137-5234/2011

PIANO DELLE POLITICHE SOCIALI TERRITORIALI 2010 - 2011

POLITICHE DI PROMOZIONE, SOSTEGNO E INTEGRAZIONE DEI CITTADINI STRANIERI

POLITICHE DI PROMOZIONE E SOSTEGNO DEL VOLONTARIATO

POLITICHE DI PROMOZIONE E SOSTEGNO DELLE COOPERATIVE SOCIALE DI

INSERIMENTO LAVORATIVO

POLITICHE PER LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI

SERVIZIO SOLIDARIETA’ SOCIALE Uffici: Politiche per l’integrazione, Programmazione territoriale, Terzo settore, Sistema informativo

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INDICE

1. PREMESSA ..................................................................................................................................................... 4 2. IL QUADRO NORMATIVO NELLE POLITICHE DEL PIANO ............................................................................ 6

2.1. LA PROVINCIA QUALE ENTE INTERMEDIO DI PROGRAMMAZIONE ........................ 6 2.2. IMMIGRAZIONE ...................................................................................................................... 7 2.3. VOLONTARIATO..................................................................................................................... 8 2.4. COOPERAZIONE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO....................................... 8 2.5. FORMAZIONE OPERATORI SOCIALI .................................................................................. 9

3. I PRINCIPI.......................................................................................................................................................10 3.1. LA PROGRAMMAZIONE PLURI LIVELLO ....................................................................... 10 3.2. FINALITA’ E PRIORITA’ GENERALI.................................................................................. 11

4. GLI OBIETTIVI ................................................................................................................................................12 5. L’OSSERVAZIONE E LA MOTIVAZIONE DELLE SCELTE .............................................................................13

5.1. IL SISTEMA TERRITORIO: GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE LOCALE..... 13 5.2. IL FENOMENO MIGRATORIO............................................................................................. 15 5.3. IL VOLONTARIATO .............................................................................................................. 18 5.4. LA COOPERAZIONE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO ............................... 20 5.5. LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI............................................................. 22

6. IL PRECEDENTE PERIODO DI PROGRAMMAZIONE ....................................................................................23 6.1. IMMIGRAZIONE .................................................................................................................... 24 6.2. VOLONTARIATO................................................................................................................... 24 6.3. LE COOPERATIVE SOCIALI DI INSERIMENTO LAVORATIVO ................................... 26 6.4. FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI ................................................................... 27

7. LE RISORSE COMPLESSIVE .........................................................................................................................28 8. LE PRIORITÀ DELLE SPECIFICHE POLITICHE.............................................................................................28

8.1. INTERVENTI PER L’INTEGRAZIONE DELLE CITTADINE E DEI CITTADINI STRANIERI........................................................................................................................................ 28

8.1.1. Le linee programmatiche...................................................................................28 8.1.2. Programma di attuazione provinciale................................................................30 8.1.3. Ambiti progettuali .............................................................................................32 8.1.4. Azioni di vasta area ...........................................................................................32 8.1.5. Piano finanziario................................................................................................32

8.2. INTERVENTI PER IL SOSTEGNO ALLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO.... 33 8.2.1. Le linee programmatiche...................................................................................33 8.2.2. Programma di attuazione...................................................................................34 8.2.3. Ambiti progettuali .............................................................................................34 8.2.4. Azioni di vasta area ...........................................................................................35 8.2.5. Piano finanziario................................................................................................35

8.3. INTERVENTI PER IL SOSTEGNO ALLA COOPERAZIONE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO ...................................................................................................... 36

8.3.1. Le linee programmatiche...................................................................................36 8.3.2. Programma di attuazione...................................................................................37 8.3.3. Ambiti progettuali .............................................................................................37 8.3.4. Azioni di vasta area ...........................................................................................39 8.3.5. Piano finanziario................................................................................................40

8.4. INTERVENTI PER LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI............................ 40 8.4.1. Le linee programmatiche...................................................................................40 8.4.2. Programma di attuazione...................................................................................41 8.4.3. Ambiti progettuali .............................................................................................41

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8.4.4. Azioni di vasta area ...........................................................................................42 8.4.5. Piano finanziario................................................................................................44

9. IMPLEMENTAZIONE ......................................................................................................................................44 9.1. MODALITA’ E STRUMENTI ................................................................................................ 44 9.2. QUADRO SINOTTICO DEGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE ED IMPLEMENTAZIONE PER POLITICA........................................................................................... 46

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1. PREMESSA La Relazione Previsionale e Programmatica 2010 della Provincia di Torino al Programma 85 indica il quadro generale all’interno del quale si colloca il presente Piano. “Una società moderna e giusta deve essere plurale, multietnica, multiculturale; una società in cui l’integrazione non è omologazione ad un pensiero unico, ma rispetto delle diversità che costituiscono ricchezza e rappresentano il nuovo modello dinamico di inclusione, costruito sulla curiosità, sulle relazioni, sull’ interesse, sul rispetto e sulla attenuazione delle disuguaglianze economiche,social e culturali Nella nostra Costituzione laica tutti questi princìpi sono scritti; occorre applicarli e renderli vivi. Questo significa diritto chiaro, univoco e trasparente alla cittadinanza, che implica doveri (la legalità, il rispetto delle regole), ma presuppone diritti e un rapporto nuovo con uno Stato amico ed efficiente (permesso di soggiorno, rinnovo dei visti, servizi per l’accoglienza e l’integrazione, il diritto al voto amministrativo). La Provincia intende intensificare l’impegno per rispondere a tutte le emergenze sociali, anche a quelle più nascoste e silenziose coinvolgendo le reti del terzo settore che svolgono una funzione fondamentale sul territorio. Si intende ribadire non solo in modo teorico, ma attraverso prassi e modalità concrete, la valenza del diritto come bene pubblico, collettivo, oltre che individuale, da mantenere e sviluppare. In particolare i diritti dei più deboli e il diritto come strumento praticabile per la tutela dei bisogni delle persone fragili, continuano ad essere tema rilevante dell’attività dell’Assessorato. Il welfare è garanzia di condizioni di vita e di lavoro dignitose per tutte le persone ed in particolare per quelle più vulnerabili. Non si tratta di inventare nuove forme di assistenzialismo, ma di coordinare una serie di servizi sanitari, sociali, formativi - pubblici e privati - capaci di rispondere ai bisogni universalistici delle persone che vivono e lavorano sul territorio. In questo quadro intendiamo valorizzare l’impresa sociale, il non profit, la cooperazione, il volontariato, l’iniziativa delle persone e delle comunità affinché le risorse pubbliche e private siano mobilitate e convogliate per garantire a tutti/e una migliore qualità della vita. Inoltre, la nostra azione a favore delle pari opportunità fra uomini e donne continuerà come nel recente passato ad essere intensa ed estremamente diffusa sul territori con il fattivo coinvolgimento delle parti sociali più attive: le attività a favore delle pari opportunità si distinguono oggi, così come indicato dall’Unione Europea, sia per la loro efficacia in quanto interventi specifici e diretti, sia per la pervasività e la presenza che hanno saputo manifestare nelle altre politiche dell’Ente. Superamento dell’attuale programmazione (di vasta area e locale) per obiettivi e settori verso una PROGRAMMAZIONE INTEGRATA che abbia la sua struttura portante attraverso Il PTC ed i Profili e Piani di Salute con cui integrare e coordinare la programmazione delle politiche del lavoro e sociali. Orientare sinergicamente le risorse relative alle politiche sociali ed in particolare quelle relative alla cooperazione sociale, il volontariato, la formazione professionale degli operatori sociali, a quelle delle politiche attive del lavoro e della formazione professionale, agli investimenti produttivi e delle infrastrutture e dei servizi alle aziende. A livello locale i Piani di zona hanno contribuito a porre le basi per la costruzione di un sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali; si sono inoltre rivelati una prima importante occasione per far uscire le politiche sociali dalla marginalità in cui sono spesso relegate e considerarle quindi motore di sviluppo e raccordo con altre politiche. In questo contesto, pur tra luci e ombre, i Piani di zona rappresentano un indubbio punto saldo di riferimento, attorno a cui s’è stabilizzato da un lato un processo di governance nel settore sociale e socio-sanitario; dall’altro s’è andata rafforzando una politica di programmazione, attuazione e verifica delle azioni messe in campo, sostenuta da un concorso crescente di partecipazione, concertazione, integrazione tra attori istituzionali e comunitari. I nuovi programmi per l’immigrazione, i giovani, il volontariato, la cooperazione sociale, le pari opportunità, un nuovo Programma sulla vulnerabilità, ed a livello territoriale, i nuovi Piani di Zona ed i Profili e Piani di salute (che mobilitano alcune centinaia di milioni di euro) possono essere messi in campo superando l’approccio per competenze amministrative verso un approccio concentrato sulle diverse COMPONENTI SOCIAL1 che richiedono risposte integrate e coordinate (in relazione al genere d'appartenenza, all'età, alla provenienza e religione) all'orientamento sessuale; allo stesso modo anche la

1 Termine utilizzato in questo contesto per intendere “gruppi sociali” connotati da particolari caratteristiche.

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programmazione rivolta al volontariato ed alla cooperazione sociale potrà integrarsi stimolando il raggiungimento di tali obiettivi.” Tali componenti sociali, ovvero le persone che le rappresentano, richiedono infatti risposte integrate e coordinate, in relazione al genere, all'età, alla provenienza, alla religione, all'orientamento sessuale e a tutte le altre caratteristiche percepite come rilevanti ai fini della costruzione di politiche di promozione dei diritti e di contrasto alla discriminazione. Utilizzando lo stesso approccio, anche la programmazione rivolta al volontariato ed alla cooperazione sociale potrà essere focalizzata su una specifica attenzione alle necessità di integrazione e coordinamento delle risposte da dare al territorio. In particolare, la stessa RPP rileva l’importanza del seguente obiettivo (punto 2 del Programma 85): “Sviluppare una programmazione integrata orientata alle componenti sociali, attraverso il superamento della logica per competenze amministrative e dei singoli bandi di finanziamento

− intervenire a favore delle diverse componenti sociali (genere, disoccupati, disabili, immigrati, giovani, etc.,) con una programmazione integrata che superi le diverse competenze amministrative

− coinvolgimento ed integrazione del Terzo Settore nella realizzazione dei programmi di intervento nella logica della sussidiarietà orizzontale

− migliorare la programmazione territoriale decentrata offrendo un unico strumento di finanziamento dei progetti locali.” Pertanto il Piano annuale delle politiche territoriali è lo strumento generale di programmazione coordinata di diverse politiche settoriali: − di promozione, sostegno, integrazione a diversi livelli dei/delle cittadini/e stranieri/e: nella relazione con la propria comunità d'appartenenza, con il paese d'arrivo e la/le comunità autoctone, con altre comunità straniere, con altre componenti sociali all'interno o all'esterno della propria comunità d'appartenenza

− di promozione e sostegno del volontariato − di promozione e sostegno delle cooperative sociale di inserimento lavorativo − per la formazione degli/delle operatori/trici sociali Appare chiaro come esista un certo disallineamento concettuale ed operativo tra le diverse politiche, ma anche molte sostanziali convergenze. Ciascuna politiche ha propri specifici obiettivi, ma anche alcuni obiettivi comuni, come anche alcune aree d'intervento definite di vasta area. Così come − un singolo intervento può soddisfare diverse politiche; − una stessa politica può rivolgersi a più componenti sociali; − uno stesso soggetto può far parte di diverse “componenti sociali”; − una stessa “componente sociale” può far riferimento a diverse politiche; − uno stesso problema può essere affrontato come punto nodale tra relazioni di sussidiarietà verticale e orizzontale, connettendo anche differenti livelli e piani di intervento.

La politica di promozione, sostegno ed integrazione dei cittadini e delle cittadine stranieri/e ad esempio, si rivolge contemporaneamente a più “componenti sociali”: uno stesso soggetto può infatti collocarsi all'interno della “componente sociale” generale degli stranieri presenti in Italia, ma nello stesso tempo essere una donna e quindi essere parte della “componente sociale” delle donne straniere (categoria comunque generale e capace di includere diverse realtà). Tale approccio alle componenti sociali ha quindi l'obiettivo di rendere più integrato e concreto l'intervento sulla persona, a prescindere dalle competenze amministrative impegnate nel processo. Parallelamente a ciò, il Piano propone un percorso capace di interconnettere percorsi e interventi di sussidiarietà verticale e orizzontale. La politica di promozione, sostegno ed integrazione dei cittadini stranieri e delle cittadine straniere si trova infatti ad utilizzare in larga parte risorse tipiche del Terzo Settore. Grazie alla particolare rilevanza come attore sociale influente nella definizione delle politiche e degli interventi, proprio il Terzo settore si caratterizza come snodo tra il piano verticale e quello orizzontale degli interventi: da un lato, emerge come una delle realtà che a livello orizzontale si occupa di immigrazione; dall'altro, si afferma come un interlocutore verticale delle istituzioni, sia in veste di fruitore e destinatario di specifiche politiche, sia in veste di promotore di progetti e interventi. D’altro canto, anche la politica per la formazione degli operatori sociali è impegnata a rispondere a diversi ambiti di intervento: ritrova infatti tra i propri obiettivi anche quelli di supporto nell’affrontare i temi dell’immigrazione così come nel

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migliorare la preparazione dei volontari e delle volontarie, dei cooperanti e delle cooperanti, nel perseguire i loro specifici obiettivi. Il quadro attuale può essere sintetizzato nel seguente schema. QUADRO ATTUALE

COOPERATIVE SOCIALI di inserimento lavorativo

VOLONTARIATO IMMIGRAZIONE FORMAZIONE

OPERATORI SOCIALI

OBIETTIVI

Sostegno agli inserimenti lavorativi di soggetti svantaggiati: LR 18/94 − art. 14 progetti di sviluppo finalizzati all’inserimento

− art. 19 parziale rimborso di oneri previdenziali assistenziali per continuità lavorativa dei cittadini cui sia venuta meno la situazione di svantaggio

Sostegno al volontariato in tutti i suoi obiettivi

Integrazione delle cittadine e cittadini stranieri

Aggiornamento e formazione su tematiche generali e di supervisione

BENEFICIARI DIRETTI

Cooperative sociali di tipo B iscritte all’Albo provinciale iscritte da almeno 6 mesi

Associazioni iscritte al registro da almeno 6 mesi

− Enti gestori dei servizi sociali

− Agenzie formative accreditate

ATTUATORI

− Associazioni iscritte al registro nazionale

− Soggetti titolari della regia dei Piani di Zona

e tramite questi: − associazioni − agenzie − cooperative

− associazioni − agenzie − cooperative

BENEFICIARI ULTIMI

Soggetti svantaggiati definiti da L 381/91

Popolazione generale o gruppi specifici

Immigrati, contesto di immigrazione, operatori

Operatori sociali e dell’area socio-sanitaria

ll Piano annuale delle politiche territoriali si propone, innanzitutto, di diventare lo strumento attraverso il quale la Provincia di Torino intende armonizzare gli strumenti di finanziamento ed implementazione che ogni anno propone su ciascuna specifica politica, fornendo uno strumento coordinato delle risorse a disposizione. La predisposizione del Primo Piano delle politiche territoriali è anche l’occasione per ripensare all’esperienza di questi anni, ai contenuti, le priorità ed i metodi nella programmazione delle diverse politiche settoriali. Al di là della sua valenza generale un’operazione di ricerca di integrazione e sinergia tra le diverse politiche appare tanto più ineludibile nel momento in cui tutto il sistema di welfare appare in difficoltà per la progressiva riduzione delle risorse disponibili. Il Piano annuale delle politiche territoriali individua le linee generali della politica della Provincia di Torino nei settori considerati e costituisce, pertanto, lo strumento di orientamento per la costruzione dei successivi atti di implementazione che conterranno gli specifici stanziamenti e le modalità operative.

2. IL QUADRO NORMATIVO NELLE POLITICHE DEL PIANO

2.1. LA PROVINCIA QUALE ENTE INTERMEDIO DI PROGRAMMAZIONE Ai sensi dell’attuale normativa la Provincia rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo, concorre alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi della Regione, tra cui il piano territoriale di coordinamento, formula e adotta propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni, provvede alla loro specificazione ed attuazione ed è il tramite attraverso cui la Regione organizza l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale.

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Quale ente intermedio e soggetto di programmazione decentrata delle politiche regionali e di coordinamento del territorio concorre alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, partecipa all'elaborazione degli strumenti della programmazione, concorre alla redazione del Piano Sociale Regionale, integrato con il piano socio-sanitario, anche mediante l'elaborazione di proposte coordinate a livello provinciale. Insieme alla Regione ed ai Comuni assicura la concertazione con le ASL per la programmazione dei processi di tutela della salute e, nell'ambito di questi, per le prestazioni socio-sanitarie integrate, specialmente quelle ad alta integrazione. Svolge funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale in particolare nei settori: viabilità, trasporti; nonché dei servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, all’istruzione secondaria di secondo grado e formazione professionale attribuiti dalla legislazione statale e regionale; realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo che sociale. Assicura per le proprie competenze il coordinamento e l'integrazione delle politiche sociali, con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche attive della formazione, del lavoro, della casa, della sicurezza sociale, comunque rivolte alla prevenzione e alla riduzione ed eliminazione delle condizioni di bisogno e disagio. Svolge attività di raccolta ed elaborazione dati, sui bisogni, sulle risorse pubbliche e private e sull'offerta di servizi del territorio di competenza, svolge attività di assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali e partecipa al Sistema Informativo regionale dei Servizi sociali raccogliendo ed elaborando i dati dei livelli locali. Assolve ad altre competenze nel campo delle organizzazioni di volontariato, cooperazione sociale, promozione sociale, della formazione degli operatori dei servizi sociali, degli asili nido, coordina gli interventi territoriali su richiesta degli enti locali interessati, diffonde l'informazione in materia di servizi sociali sul territorio di competenza. Il Presidente della Provincia partecipa alla Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria e partecipa, con diritto di voto, al Comitato dei sindaci di distretto.

2.2. IMMIGRAZIONE La definizione degli interventi per l’integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri si inquadra nell’ambito di fonti normative nazionali e regionali e dei relativi atti di programmazione. La Regione Piemonte con la Legge Regionale n. 64/1989 “Interventi a favore degli immigrati extracomunitari residenti in Piemonte” ha inteso disciplinare la materia affinché venissero riconosciuti agli stranieri che vivono nel territorio regionale e alle loro famiglie i diritti, nonché promuovendo l'integrazione in condizioni di pari opportunità nella società civile. Quindi il Decreto Legislativo n. 286/1998 – “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norma sulla condizione dello straniero”, nel disciplinare la condizione giuridica dello straniero: ha determinato i flussi di ingresso per motivi di lavoro, attraverso specifiche norme in merito al lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato, lavoro stagionale e collegata previdenza e assistenza, ingresso e soggiorno per lavoro autonomo e in casi particolari, nonché per volontariato e ricerca scientifica; ha sancito il diritto all’unità familiare e alla tutela dei minori attraverso gli istituti del ricongiungimento familiare, il permesso di soggiorno per motivi familiari e le relative disposizioni a favore dei minori e dei minori affidati, quindi ha istituito il Comitato per i minori stranieri; ha stabilito disposizioni in materia sanitaria, in particolare l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale in parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani, ingresso e soggiorno per cure mediche; in materia di istruzione e diritto allo studio e professione, nonché educazione interculturale; in materia di alloggio e assistenza sociale; partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale; istituzione del Fondo per le politiche migratorie. La Regione Piemonte, nel quadro della normativa appena citata, ha stabilito, negli anni, le proprie linee di indirizzo attraverso Piani pluriennali, in particolare con la Deliberazione del Consiglio Regionale n. 207-33457 del 22 luglio 2008 “Approvazione del Piano Regionale Integrato dell’Immigrazione. Triennio 2007 – 2009” ha inteso “consolidare le politiche nel settore in un’ottica di programmazione concertata e di integrazione delle competenze tra soggetti diversi, sia pubblici che privati, al fine di rispondere in modo unitario ai bisogni e alle esigenze delle cittadine e dei cittadini stranieri, promuovendo una politica regionale unitaria e coerente su questa tematica, attraverso il coordinamento delle politiche di settore”. Nel sistema di governance regionale si inserisce il ruolo delle Province, che concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali per l’integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri, quali enti intermedi e soggetti di programmazione decentrata delle politiche regionali e di coordinamento del territorio. Quindi a seguito della Deliberazione della Giunta Regionale n. 20-9571 del 9 settembre 2008 è stato sottoscritto il “Protocollo d’Intesa per l’attuazione del Piano

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Regionale Integrato dell’Immigrazione – Triennio 2007 - 2009” che individua le funzioni di programmazione locale delle Province nella predisposizione dei Piani annuali o pluriennale. Annualmente, con propria Deliberazione, la Giunta Regionale individua le priorità di attuazione del “Piano Regionale Integrato”. Per l’anno 2011 le priorità sono state definite dalla Deliberazione della Giunta regionale n. 14-800 del 15/10/2010.

2.3. VOLONTARIATO Le Organizzazioni di Volontariato (OdV) sono disciplinate dalla Legge 11 agosto 1991 n. 266 "Legge-quadro sul volontariato". Operano senza fini di lucro ed esclusivamente per fini di solidarietà verso terzi attraverso l’apporto determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti. Le OdV possono assumere lavoratori esclusivamente per qualificare o specializzare la propria attività. Le OdV iscritte al Registro sono riconosciute ONLUS di diritto e possono stipulare convenzioni con gli Enti Pubblici. Il Registro Regionale delle Organizzazioni di Volontariato è stato istituito con la Legge Regionale 29 agosto 1994 n. 38 e s.m.i., che ne regolamenta le modalità di iscrizione e di revisione. E’ suddiviso in sezioni provinciali ed una sezione regionale. La legge regionale 8 gennaio 2004 n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato d’interventi e servizi sociali”, all’art. 2, comma 1, stabilisce che la Regione programmi e organizzi il sistema integrato degli interventi e servizi sociali secondo i principi d’universalità, solidarietà, sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza omogeneità ed equità territoriale, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità e unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. Ai sensi della citata normativa si configura un sistema di protezione sociale caratterizzato da due profili fondamentali: − la garanzia di risposta ai diritti sociali; − la sussidiarietà nella sua dimensione orizzontale. In tale contesto che, salvaguardando le garanzie e affermando gli obblighi istituzionali sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, vede allargato e ampliato l’ambito di responsabilità della funzione sociale pubblica attraverso la libera, democratica e volontaria partecipazione delle formazioni sociali, si delinea una caratterizzazione di tipo solidaristico della sussidiarietà orizzontale da riconoscere, in particolare, ai soggetti del Terzo settore. In attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà, al comma 2, della citata normativa regionale, con DGR 22 maggio 2006, n. 79-2953 “Legge regionale 8 gennaio 2004 n. 1, art. 31 - Atto di indirizzo per regolamentare i rapporti tra gli Enti Pubblici e il Terzo Settore: Approvazione” si prevede che, nella programmazione e realizzazione del sistema sia riconosciuto e agevolato il particolare ruolo dei soggetti del Terzo settore quali espressioni organizzate delle autonome iniziative dei cittadini; ciò comporta il loro coinvolgimento nei quattro momenti della programmazione, della progettazione, della gestione e della definizione dei parametri e criteri relativi alla valutazione dell’efficacia ed efficienza degli interventi. La condivisione di responsabilità pubbliche, grazie alla partecipazione al sistema regionale integrato d’interventi e servizi da parte dei soggetti del Terzo settore, non implica l’arretramento della funzione sociale pubblica, ma al contrario ne ridefinisce il profilo in termini di titolarità della funzione, programmazione complessiva, garanzia del sistema, controllo e verifica. Inoltre, la riduzione dello spazio pubblico d’intervento diretto, dovuta alla presenza dei soggetti del Terzo settore nella rete integrata dei servizi, ai sensi dell’art. 3, lettera a), della citata normativa regionale, deve avvenire nel rispetto del principio costituzionale di pluralismo, che si realizza, sia attraverso meccanismi idonei e trasparenti di scelta dei soggetti privati che concorrono a formare la rete dei servizi, sia attraverso la garanzia del diritto di scelta fra i servizi erogati da parte di chi ne usufruisce. Peraltro, i soggetti privati non a fini di lucro attivi nel sistema integrato dei servizi sono molteplici e presentano caratteristiche specifiche e differenti da cui derivano conseguenze rilevanti sul piano giuridico e nelle relazioni che possono instaurarsi tra loro e gli enti pubblici. In tali rapporti risulta, dunque, fondamentale che sia riconosciuto ed assicurato il rispetto della natura originaria dei vari soggetti del Terzo settore, al fine di garantire l’identità culturale e le ispirazioni ideali, che sono alla base della solidarietà che essi esprimono, valorizzandone, altresì, la diversità di ruolo nel sistema di welfare integrato.

2.4. COOPERAZIONE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO Le Cooperative Sociali, disciplinate dalla Legge 8 novembre 1991 n. 381 sono imprese che hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini. Sono considerate cooperative sociali di tipo A quelle che realizzano tale scopo attraverso la gestione di servizi alla persona (assistenziali,

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socio-sanitari, sanitari, educativi); cooperative sociali di tipo B quelle che lo realizzano attraverso lo svolgimento di attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi) finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Ai sensi dell’art. 4 della L. 381/91, si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno. Il Regolamento CE n. 2204/2002, così come modificato dal Regolamento CE n. 800/2008, amplia la definizione di «lavoratore svantaggiato», definendo come tale qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro: − giovane con meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente

− lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato all'interno della Comunità, o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro

− persone appartenenti ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debbano migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile

− persone che desiderino intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbiano lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare

− persone adulte che vivano sole con uno o più figli a carico − persone prive di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, prive di un posto di lavoro o in procinto di perderlo.

− persone di più di 50 anni prive di un posto di lavoro o in procinto di perderlo − disoccupati di lungo periodo, cioè senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni

− persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale − qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale

− donna di un'area geografica nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni precedenti

− lavoratore disabile, cioè qualsiasi persona riconosciuta come disabile ai sensi della legislazione nazionale, o riconosciuta affetta da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

La Legge Regionale 9 giugno 1994, n. 18 e s.m.i. “Norme di attuazione della legge 381/1991 - Disciplina delle Cooperative Sociali” ha istituito l’Albo Regionale delle Cooperative Sociali quale ambito unitario delle Sezioni provinciali, stabilendo anche, così come ribadito dalla LR 1 dell’ 8 gennaio 2004 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento” all’art. 5, comma 2, lettera f), che le Province concedano contributi: - ai sensi dell’art. 14 per la realizzazione di progetti di sviluppo ed attività finalizzati all’inserimento lavorativo di soggetti

svantaggiati riconosciuti tali ai sensi della L. 381/91; - ai sensi dell’art. 19 per favorire la continuità lavorativa dei cittadini cui sia venuta meno la situazione di svantaggio

attraverso il parziale rimborso di oneri previdenziali-assistenziali.

2.5. FORMAZIONE OPERATORI SOCIALI Con l’emanazione della L.R. n. 44/2000, modificata ed integrata dalla L.R. n. 5/2001, sono state trasferite alle Province nuove competenze nell’ambito dei servizi alla persona e tra esse la formazione professionale degli operatori sociali. A partire dall’anno 2002 la Provincia di Torino ha attivato il “Programma Provinciale per l’autorizzazione ed il finanziamento delle attività formative per gli operatori sociali” seguendo le indicazioni dettate dalla D.G.R. n. 114-6946 del 05/08/2002 ed erogando i finanziamenti ricevuti dal Fondo regionale. Nel corso dell’anno 2003 si è costituito presso la Regione Piemonte un Gruppo di lavoro composto dai rappresentati dei Servizi di Formazione Professionale e/o delle Politiche sociali delle

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Province al fine di definire ed uniformare criteri e modalità di gestione delle attività formative, nonché individuare una modulistica comune. Il risultato del lavoro è stato recepito dalla Determinazione dirigenziale della Direzione Politiche Sociali della Regione Piemonte, n. 129 del 18/06/2003. La L.R. 08/01/2004, n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”, all’art. 5, comma 2, lett. g) stabilisce che sono attribuite alle Province, in qualità di ente intermedio e soggetto di programmazione decentrata: - la formazione di base, la riqualificazione e la formazione permanente degli operatori dei servizi sociali sulla base dei bisogni rilevati tramite gli Enti gestori istituzionali anche in raccordo con le Università, - l’erogazione dei relativi finanziamenti, al fine di concorrere alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. All’interno delle risorse regionali annuali trasferite la Provincia destina una quota percentuale per garantire il pieno svolgimento della funzione attribuita e per la promozione di azioni di sistema da realizzarsi insieme agli Enti gestori dei servizi sociali del territorio. Con la DGR 35 - 9199 del 14/07/08, in attuazione della D.G.R. 30 marzo 2005, n. 17-15226, relativa al nuovo modello integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti è stato definito il profilo del Direttore di Comunità Socio-Sanitaria e delle modalità attuative dei relativi percorsi formativi. Con la D.G.R. n. 52-409 del 23/07/2010 sono state approvate, per il biennio 2010/11, grazie al gruppo di lavoro congiunto tra la Regione e le Province piemontesi, le Linee guida riguardanti le attività formative per gli operatori dei servizi sociali e socio-sanitari. Nell’ambito della programmazione, la Provincia svolge inoltre un’analisi sulle diverse possibilità di finanziamento di corsi su altre fonti (FSE Direttiva Mercato del Lavoro e Direttiva Occupati, Formazione Continua a Domanda individuale) coordinando e diffondendo le informazioni.

3. I PRINCIPI

3.1. LA PROGRAMMAZIONE PLURI LIVELLO Negli ultimi anni si è parlato molto del superamento del modello “top-down” contrapponendolo a quello “bottom-up”, ma la soluzione dei problemi connessi non appare pienamente definita. Il modello bottom-up nasce essenzialmente dal riconoscimento del principio di sussidiarietà verticale e pertanto dell’importanza delle specificità locali anche nella programmazione indicando come si parta dal basso per arrivare all’alto (per quanto sia corretto parlare di basso e di alto), superando anche l’approccio sinottico (attore unico di assoluta razionalità) per una programmazione a più livelli (pluriattore ed incrementale). In Italia questo approccio inizia a delinearsi con la LN328-2000 in cui “la programmazione è avviata dal centro in un processo discendente a maglie larghe che lascia ai livelli intermedi e periferici ampia autonomia decisionale, l’opportunità di individuare autonomamente obiettivi specifici, priorità, linee di indirizzo, mezzi, soluzioni organizzative. La modalità ascendente di formazione delle decisioni appare, però, debole, il libello locale ha poco possibilità di influenzare i livelli superiori ed il loro coinvolgimento è per lo più attribuito a momenti istituzionali” sviluppandosi poi nelle diverse normative regionali. In ogni caso un approccio rigido e schematico di tale modello pone due tipi di problema tra di loro connessi:

- la programmazione del livello “superiore” (o meglio di area più vasta) non sarebbe altro che la sommatoria di quanto definito al livello “inferiore” (area più ristretta),

- ciascuno si occuperebbe esclusivamente delle problematiche del proprio livello e non ci sarebbe alcuna attenzione a quelle generali.

affrontate al solo livello locale: si pensi a questo proposito all’immigrazione. In particolare, essendo ciascuno attento al proprio particolare e nessuno al generale, verrebbe meno il fine ultimo della programmazione, ovvero la riduzione delle differenze. Sarebbe a dire che ogni territorio avrebbe attenzione ai problemi interni, ma nessuno si porrebbe il problema di un’eventuale differenza della situazione nei diversi territori. Ciascuno di conseguenza programma l’utilizzo delle risorse disponibili nel proprio ambito, ma non si pone il problema di una maggiore o minore disponibilità in altri territori magari confinanti.

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Inoltre vi sono tematiche di programmazione che, per la loro natura, non possono, o possono solo a patto di gravi difficoltà, essere affrontate al solo livello locale: si pensi a questo proposito all’immigrazione. In questo quadro normativo si individuano due livelli e strumenti di:

- osservazione (fornisce al decisore politico gli elementi conoscitivi per la programmazione) e definizione delle priorità locali, che procede dal basso verso l’alto per sintesi successive;

- programmazione generale (orienta la politica, i finanziamenti e gli interventi per il raggiungimento di obiettivi), che procede dall’alto verso il basso per specificazioni successive.

Il presente Piano adotta, pertanto, un modello di programmazione in cui

- La Regione esplica una programmazione orientativa: che si pone degli obiettivi di tipo generale (strategici e di vasta area) nell’utilizzo dei finanziamenti e nella definizione delle norme,

- le Province esplica una programmazione indicativa: che nell’utilizzo dei finanziamenti si pone obiettivi di più breve periodo, articolati per specificità territoriali, integrando nei territori le diverse politiche

- i Comuni, singoli o associati, esplicano una programmazione operativa che traduce in azioni e progetti attuativi gli indirizzi e le politiche di area vasta all’interno delle priorità locali

Tale sistema di programmazione coniuga il principio costituzionale della sussidiarietà verticale (autonomia politica e gestionale dei singoli territori) con le esigenze della programmazione di vasta area (universalità dei diritti dei cittadini, riduzione delle differenze, livelli minimi ed omogenei). Nell’ottica del principio di sussidiarietà verticale e per il raggiungimento delle finalità e priorità generali, la Provincia si riserva di mettere in campo propri specifici interventi di “vasta area” che, nella propria autonomia, coordinerà con gli interventi a carattere locale.

3.2. FINALITA’ E PRIORITA’ GENERALI La finalità generale del presente Piano è quello di contribuire alla riduzione delle differenze osservate a livello territoriale nella fruizione dei diritti e delle opportunità dei cittadini orientando le risorse disponibili. Particolare attenzione dovrà essere posta affinché, a tutti i livelli della programmazione, ciò avvenga nel pieno rispetto delle differenze di genere, orientamento sessuale, età, condizioni fisiche e mentali, provenienza, religione. Con riferimento alle condizioni fisiche e mentali, d’altronde, vale la pena riprendere il Preambolo della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che riconosce, tra le altre, come la disabilità sia “un concetto in evoluzione e ….. il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri. Il Piano si propone di sviluppare una programmazione integrata orientata alle “componenti sociali”, attraverso il superamento della logica per competenze amministrative e delle singole forme di implementazione e finanziamento: − intervenire a favore delle diverse componenti sociali (genere, disoccupati, disabili, immigrati, giovani, etc.,) con una programmazione integrata che superi le diverse competenze amministrative

− migliorare la programmazione territoriale decentrata offrendo un unico strumento di finanziamento dei progetti locali. L’integrazione delle politiche rivolte al volontariato ed alla cooperazione sociale di tipo B con quelle dell’immigrazione e della formazione professionale degli operatori sociali assume, inoltre, una valenza generale di riconoscimento a pieno titolo della funzione di sussidiarietà orizzontale nella programmazione pubblica di politiche sociali. Il Piano annuale delle politiche territoriali si propone, pertanto, di: − diventare lo strumento attraverso il quale la Provincia di Torino intende armonizzare l’implementazione ed il finanziamento che ogni anno propone su ciascuna specifica politica,

− fornire uno strumento coordinato delle risorse a disposizione − proporre al territorio, nelle sue istanze istituzionali nonché alle formazioni sociali coinvolte, un quadro di riferimento complessivo per le loro politiche.

In un'ottica di approccio integrato ai bisogni e alle necessità del territorio e delle componenti sociali che lo vivono, il presente Piano intende inoltre proporre e raccomandare una particolare attenzione alla componente di genere. Si ritiene infatti che un approccio di genere, applicato trasversalmente alla costruzione delle diverse politiche e tenuto in considerazione ai diversi

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livelli verticali e orizzontali di programmazione, possa aiutare a sviluppare una più concreta comprensione delle problematiche rilevate a livello locale. D'altra parte, lo stesso programma di Giunta riporta tra i punti la necessità di contribuire alla concreta rimozione degli ostacoli per la sostanziale realizzazione della parità tra donne e uomini operando … una riflessione sulla cultura della diversità e promuovendo la conoscenza e il rispetto dei diritti delle donne e delle bambine. Il Piano vuole quindi proporre una lettura che tenga conto delle relazioni di genere tra uomini e donne, anche dove non specificato nel testo, come ad esempio nelle azioni più generali o di vasta area e non specificamente rivolte alle donne. E' importante che da un lato emergano le interdipendenze nelle relazioni tra i generi per poter pensare a risposte più complete e che non riguardino solo una delle parti in gioco; dall'altro, che siano comunque messi in atto, se ritenuti necessari, degli interventi specifici come, ad esempio, rivolti alle donne migranti. La volontà politica di questa Amministrazione di porre l'attenzione sulla rilevanza delle relazioni di genere richiede a tutti i livelli capacità tecnica, conoscenza, comprensione degli strumenti necessari, ma anche volontà e predisposizione professionale e personale.

4. GLI OBIETTIVI Con il Piano annuale delle politiche territoriali l’Amministrazione si propone di: − Qualificare il sistema di offerta ed il riequilibrio territoriale, rafforzando i principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, solidarietà e adeguatezza per favorire condizioni durature di crescita del benessere socio-economico del territorio provinciale;

− Rafforzare la coesione e l’integrazione tra aree forti e aree deboli del territorio, riducendo le ridondanze e distribuendo le risorse sulla base di dati reali ed omogenei;

− Sviluppare e valorizzare le potenzialità e le risorse in un’ottica di sistema, promuovendo il processo di programmazione partecipata, sostenendo la pluralità di attori e sedi;

− Sostenere il rafforzamento delle competenze e delle metodologie programmatorie nello sviluppo del sistema economico e sociale, con particolare attenzione alla pianificazione e programmazione di vasta area;

− Definire in modo coerente e chiaro gli obiettivi che si intendono perseguire in relazione all’analisi delle differenti realtà; − Innescare un processo di integrazione delle politiche dei diversi settori concorrenti alla realizzazione di un sistema sociale allargato: stimolare la capacità di progettare, fornire indicazioni operative, interventi e azioni mirate al fine di perseguire la strategia politica, le finalità e gli obiettivi specifici;

− Coordinare le specifiche programmazioni locali dei Piani di Zona, stimolando la capacità di visione complessiva delle tematiche, dei problemi attivi e dei/delle beneficiari/e presenti sul territorio provinciale;

− Razionalizzare le competenze per lo svolgimento di azioni integrate con tutte le istituzioni pubbliche, private e del privato sociale impegnate sul territorio, nonché fra le diverse linee di finanziamento al fine di sviluppare sinergie tra Enti diversi e soggetti no profit aumentando così l’efficienza a tutti i livelli decisionali;

− Impostare la capacità di utilizzo di adeguati strumenti di monitoraggio e di valutazione del processo, dell’efficacia e dell’impatto di interventi mirati e, in particolare delle azioni integrate all’interno dei Piani di Zona;

− Riconoscere e agevolare il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale ed in particolare della cooperazione e delle organizzazioni di volontariato;

− accrescere la capacità di analisi di tutte le variabili del territorio in relazione ai fenomeni inerenti alle linee di finanziamento relative alle cittadine e ai cittadini stranieri, alla formazione degli operatori sociali, alle Associazioni di Volontariato ed alle Cooperative Sociali di tipo B;

L’attuazione del Piano tende, inoltre, a raggiungere i seguenti obiettivi specifici: − Fornire nell'immediato al territorio uno strumento in grado di interconnettere obiettivi e progettualità tra le tematiche oggetto del Piano, ampliando la capacità di programmazione locale e provinciale

− Migliorare la progettazione locale grazie alla possibilità di fare riferimento a scadenze certe e coordinate − Avviare con la stessa tempistica progetti esecutivi proposti a settori diversi, fornendo altresì gli strumenti per individuare le gli elementi di connessione

− Migliorare la gestione amministrativa a livello centrale attraverso: o una riduzione degli atti o un controllo unificato sulle tempistiche o un'omogeneità delle modalità di partecipazione alle diverse forme di finanziamento.

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5. L’OSSERVAZIONE E LA MOTIVAZIONE DELLE SCELTE

5.1. IL SISTEMA TERRITORIO: GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE LOCALE Il territorio della Provincia di Torino è rappresentato da una molteplice e eterogenea gamma di soggetti che, a vario titolo, sono chiamati a concorrere alla programmazione, progettazione, realizzazione, gestione e valutazione di interventi nell’ambito delle politiche sociali, intese in senso ampio, in particolare: 315 Comuni, 5 A.S.L., 6 Comunità Montane di cui 2 con funzioni di Enti gestori , 19 Enti Gestori delle funzioni socio-assistenziali inclusa la Città di Torino che esercita in proprio le funzioni. Un territorio vasto e caratterizzato da forte dispersione territoriale che rende difficoltosa la programmazione e gestione di servizi complessi e che rischia, se non sostenuto, di dare attuazione a forti differenze di presenza e copertura del grado di servizi e conseguentemente a disuguaglianze per i cittadini a seconda del luogo di residenza. Tra i settori di intervento delle politiche sociali si annoverano le politiche di integrazione delle comunità migranti, le politiche di sostegno alle Organizzazioni di Volontariato ed alla Cooperazione Sociale di tipo B, le politiche per la formazione di operatori sociali. L’attività della Provincia in questi settori si esplica attraverso la promozione di una serie di strumenti, idonei a promuovere in modo coerente politiche sempre più integrate, che valorizzino le esperienze dei territori e ottimizzino i processi di spesa senza ridurre la capacità complessiva di intervento. Il concorso di tanti soggetti alla programmazione e crescita del territorio suggerisce un modello di sviluppo delle politiche sociali “integrate” che incidono sui diversi ambiti pur nella consapevolezza delle peculiarità e le differenze. Ciò significa lavorare insieme per “costruire il sistema territorio”, un sistema che vuole coinvolgere tutti i soggetti e attori al fine di un coordinamento tra i diversi “poteri” che insistono sull’ambito provinciale, nel passaggio dall’innovazione al consolidamento del processo di concertazione territoriale in atto. LA CITTA’ DI TORINO Il territorio del capoluogo appare rilevante sia per la concentrazione di servizi e attività, sia per la forte incidenza del numero di associazioni di volontariato e cooperative che vi operano, sia per le dinamiche migratorie che si instaurano fra esso e il resto dei comuni della provincia che ancora oggi fungono da riferimento per i cittadini stranieri. La città sulla traccia dell’esperienza di programmazione partecipata conclusa con l’approvazione del Piano dei Servizi Sociali 2003/06 (ovvero 1° Piano di Zona della Città) ha avviato nel 2007 un processo volto ad affrontare la programmazione operativa in un’ottica di Piano Regolatore Sociale (P.R.S.). P.R.S. come strumento che si propone di stimolare la razionalizzazione, l’integrazione e l’innovazione delle politiche cittadine; di migliorare la qualità dei servizi; di favorire la comunicazione e la collaborazione progettuale tra la Città le altre istituzioni, i Sindacati, i soggetti privati e del Privato sociale. Percorso privilegiato per la programmazione integrata delle politiche e degli interventi sociali nella accezione più ampia di Politiche per il Welfare, o di quelle politiche capaci di influenzarne gli esiti (trasporti, verde pubblico, ecc.). Obiettivo fondamentale: innalzare il livello di benessere di tutti i cittadini ed in particolare di coloro che vivono una condizione di difficoltà. Strumento per connettere diversi atti di programmazione, tra i quali Profili e Piani di Salute (PePs) e Piano di Zona. L’insieme di percorsi, iniziative, partnership e Profili di Salute, sviluppati nella cornice del P.R.S. costituiscono il terreno più promettente per l’avvio del Piano di Zona 2011-13, secondo le Linee Guida Regionali. Il Consiglio Comunale ha deliberato infatti l’avvio del Piano di Zona, che si avvarrà del Profilo di Salute, come lettura integrata del contesto di salute e benessere attuale e atteso dal territorio. Come riconosciuto dalle stesse Linee Guida di cui alla D.G.R. 28/09, la Città di Torino “in quanto Ente Gestore del più ampio bacino demografico della Regione”, darà luogo ad un percorso multiplo, centrale e circoscrizionale con la partecipazione delle A.A.S.S.L.L., Terzo Settore, Ipab, Sindacato, Imprese profit e non, afferenti al territorio cittadino. I tavoli individuati, dedicati a specifiche tematiche o target di cittadini, saranno affrontati con un’attenzione al genere ed a temi trasversali, già emersi dall’analisi dei Profili di Salute, ovvero: il profilo demografico della Città, la trasformazione della Città (le grandi opere urbane), la crisi economica, i comportamenti individuali (stili di vita). Inoltre, per l’ambito della formazione degli operatori sociali, sin dagli anni ‘80, la Città di Torino con la SFEP si è dotata di una propria Agenzia formativa accreditata per la programmazione ed anche per la gestione dei principali percorsi formativi di base, di riqualificazione e di aggiornamento in favore degli operatori che lavorano nei servizi del capoluogo cittadino.

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Consolidati risultano i rapporti di confronto e di co-progettazione con la Città di Torino che, attraverso la SFEP, utilizza annualmente parte delle opportunità insite Bando provinciale. Quale luogo di programmazione, la Città di Torino risulta essere l’arena in cui convivono e si intrecciano iniziative e interventi di attori di diversa natura: da un lato l’Amministrazione Comunale, nella doppia veste di soggetto titolare della programmazione cittadina e soggetto attuatore degli indirizzi provinciali; dall’altro lato, il Privato sociale, che, in una logica di sussidiarietà orizzontale, realizza sul territorio del capoluogo specifici interventi, i quali devono essere in coerenza con le linee comunali e provinciali. I PIANI DI ZONA DEL TERRITORIO I Piani di Zona rappresentano un crescente patrimonio di cultura della programmazione, gestione e valutazione dei sistemi di welfare locale. All’interno di questi sistemi è indispensabile che le modalità di integrazione tra i processi della programmazione dei Piani di Zona e le politiche di intervento a livello comunale, portino a migliorare reciprocamente la capacità programmatica e la possibilità di incidere effettivamente sulle esigenze rilevate dal territorio. In particolare essi rappresentano: 1)la risultanza di un processo di responsabilizzazione dei soggetti locali, il momento di convergenza degli sforzi di più attori in grado di cooperare tra loro in base al livello di condivisione degli obiettivi, superando la logica della divisione del lavoro “per competenze” (istituzionali e/o professionali) per condividere una logica “per obiettivi” nel quale ogni soggetto ridefinisce il proprio ruolo in termini di conoscenze, abilità ed opportunità in funzione dello scopo comune da raggiungere. Ciò nell’ ottica di collaborare secondo una logica non nuova, ma complessa, di programmazione partecipata efficace ed innovativa, a partire da una fattiva e strutturata collaborazione in primis tra i comparti sociale e sanitario, ma anche tra diversi settori e politiche di intervento (trasporti, formazione professionale, casa,…). Il processo di definizione e costruzione dei Piani di Zona deve, pertanto, essere il risultato di un percorso di lavoro collettivo che coinvolga attivamente pubblici amministratori, operatori sociali e sanitari pubblici, del privato sociale e del volontariato, in uno “sforzo corale” di analisi del territorio, di lettura dei bisogni, di individuazione degli obiettivi, di concertazione e programmazione comune; 2)uno strumento nelle mani della comunità locale che viene realmente percepito e valorizzato dalla comunità stessa come appropriato a rispondere ai bisogni e promuovere lo sviluppo sociale In estrema sintesi il Piano di Zona serve a definire: − le caratteristiche dei bisogni e delle esigenze della popolazione; − le risorse che sono disponibili; − il livello di organizzazione dei servizi che si decide di attivare per rispondere ai bisogni. Gli oggetti della programmazione del Piano di Zona corrispondono a: − politiche dei servizi alla persona ( servizi comunali, servizi socio-assistenziali, servizi socio-sanitari e sanitari) − politiche sociali in senso lato ( territorio, trasporti, casa, istruzione, asili nido) − politiche per lo sviluppo socio-economico ( lavoro, formazione, insediamenti produttivi). In questo senso il Piano di Zona non rappresenta un mero strumento per il reperimento delle risorse, bensì uno strumento e un processo di programmazione territoriale degli interventi e dei servizi sociali che dovrà pertanto caratterizzarsi sempre più sia per l’innovatività degli interventi da mettere in campo, sia per le sinergie tra i molteplici attori chiamati a concorrere alla programmazione territoriale con la finalità di garantire un miglior soddisfacimento dei bisogni della collettività. La Provincia di Torino privilegiando l’intero ambito territoriale, valorizza l’attuazione delle progettualità insite negli attuali 19 Piani di Zona ed insieme favorisce l’emergere di specifiche iniziative sostenute a livello comunale. In piena coerenza con tale impostazione, si intende pertanto garantire che, per quanto riguarda le politiche di integrazione delle comunità migranti, di sostegno alle Organizzazioni di Volontariato ed alla Cooperazione Sociale di tipo B, le politiche per la formazione degli operatori sociali le procedure di finanziamento siano strettamente connesse, in coerenza con il perseguimento delle priorità strategiche complessivamente evidenziate nei principali documenti di programmazione del livello locale ( in primis piani di zona, relazione previsionale programmatica, piano esecutivo di gestione, piani e profili di salute, ecc.). I percorsi sviluppati nel primo ciclo di programmazione dei PdZ riferito al triennio 2006-2008 dai 21 Uffici di Piano del territorio, hanno coinvolto, sin dalla fase di avvio, numerosi enti ed istituzioni pubbliche quali Comuni, Enti Gestori delle

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funzioni socio-assistenziali, Distretti Sanitari delle Asl, Provincia e Centri per l’Impiego, Scuole Medie Inferiori e Superiori, Organizzazioni Sindacali, Ipab, Enti confessionali, e anche diversi soggetti del privato sociale quali Fondazioni, Cooperative sociali, Associazioni di volontariato, Associazioni di promozione sociale, Agenzie formative, etc.). Il primo triennio ha permesso, attraverso più di 1000 azioni ed interventi, la creazione e il rafforzamento di un sistema integrato dei servizi sociali non delimitato esclusivamente dalle prospettive socio-assistenziali ma aperto al territorio ed alla comunità, alla lettura delle sue esigenze sociali intese come insieme composito e interdipendente delle aree del lavoro, della formazione, della casa, dei trasporti, della scuola. Attualmente, secondo quanto previsto dalla DGR 5 ottobre 2009, n. 28-12295, si è avviato il secondo ciclo di programmazione dei Piani di Zona del secondo triennio 2010-2012 successivamente prorogato al 2011-2013. Per favorire la completa attuazione di quanto previsto dall’art. 17 della legge 1/2004, questi ultimi non dovranno caratterizzarsi come una mera riproposizione delle attività correntemente svolte dall’Ente gestore delle funzioni socio-assistenziali, ma dovranno rappresentare uno sforzo di progettazione incrementale in senso verticale (servizi innovativi, implementazione dei servizi esistenti, miglioramento della qualità, intesa quale efficienza ed efficacia degli interventi da realizzare) e in senso orizzontale (allargamento della partecipazione alle attività di programmazione e pianificazioni di soggetti, pubblici e privati, precedentemente assenti o scarsamente coinvolti). Secondo i principi espressi dalle Leggi regionali 8 gennaio 2004 n. 1 e 6 agosto 2007, n. 18, tale programmazione dovrà inoltre coniugare le esigenze e gli interessi dei tanti soggetti coinvolti, con gli obiettivi regionali e con il vincolo strutturale della sostenibilità economica e sociale. Il nuovo triennio riparte quindi dalle reti territoriali attivate per proiettarsi al raggiungimento di obiettivi di miglioramento dell'efficienza ed efficacia del sistema complessivo, sia negli aspetti di funzionamento, condivisione delle scelte e delle prassi da adottarsi sia nell'individuazione di obiettivi concreti e realizzabili. A partire da ciò, la strada intrapresa negli ultimi anni e’ stata di suscitare una nuova sensibilità e stimolare una nuova cultura sui temi dello sviluppo locale e della programmazione partecipata, di cui il Piano di Zona è strumento privilegiato. Creare delle reti, dei sistemi e delle partnership nei diversi ambiti territoriali richiede, infatti, secondo una corretta applicazione del principio di responsabilità più volte ribadito dalla Legge di riforma, una programmazione ed una progettazione partecipata che riconosca: - da un lato nuove sedi di partecipazione che siano luoghi di concertazione e sedi di condivisione delle responsabilità tra i diversi attori locali coinvolti, che favoriscano l’azione coordinata e regolata di una pluralità di attori, la creazione di reti, oltre che di sistemi, che permettano l'interazione delle risorse locali, regionali, di tipo economico, sociale e culturale anche con le opportunità offerte in ambito nazionale ed europeo; - dall’altro, una responsabilità diretta ai soggetti ed alle organizzazioni di rappresentanza che concorrono al processo programmatorio, nell’attuazione e nella gestione degli interventi e dei servizi sociali intesi in senso ampio (socio-assistenziali, socio-sanitari, ecc) all’interno di ciascun ambito territoriale.

5.2. IL FENOMENO MIGRATORIO Negli ultimi dieci anni la presenza straniera nella Provincia di Torino si qualifica per la caratteristica della stabilizzazione, assimilandosi con le linee di interpretazione del fenomeno migratorio in Italia. 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Provincia Torino

48.252 47.880 53.969 57.403 116.130 126.720 129.533 164.592 185.073 198.249

Piemonte 83.568 91.034 101.178 107.590 217.846 238.161 252.302 310.543 351.112 377.241

Rilevazione ISTAT, residenti al 31.12

L’incremento della popolazione straniera tra il 2008 e il 2009 è di 13.176 unità, pari al 7,12% ed è pressoché uguale nel capoluogo (7,10%) e nel resto del territorio provinciale (7,2%) considerato nel suo complesso. Appare evidente il ruolo

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preminente del capoluogo torinese che registra 122.946 presenze di cittadini stranieri mentre il resto del territorio ne registra 75.303 Il ruolo preminente del capoluogo continua ad essere evidente (122.946 presenze), anche se la distribuzione geografica indica un incremento del peso della componente straniera anche nel resto del territorio provinciale (75.303 presenze) Al fine di dare un quadro esaustivo del percorso di inclusione degli stranieri attraverso l’osservatorio privilegiato degli Enti che attuano sul territorio le politiche sociali, l’analisi della presenza dei cittadini stranieri sul territorio provinciale, viene focalizzata sia nell’ambito della Città di Torino, sia nel contesto del processo di programmazione locale dei Piani di Zona. La presenza dei cittadini stranieri registra in un quadro complessivo provinciale (inclusa la Città di Torino) l’ 8,63% sul totale della popolazione iscritta presso gli uffici anagrafici, nonché a vario livello e con diversa intensità nei territori di competenza della Città di Torino e dei singoli Piani di Zona.

Ente Gestore Pop. Stran. Maschi

di cui Minori

Pop. Stran.

Femmine

di cui Minori

% pop. femm.

Pop. Straniera Totale

Stranieri minori totale

% minori su tot. Pop.

straniera

Pop. Totale EE.GG.

% Stran. su pop. totale

Variaz. Incid. rispetto al 2008

C.I.di S. Orbassano 1.527 376 1.995 373 56,64 3.522 749 21,27 94.849 3,71 0,20 C.I.S. Cirié 1.850 473 2.142 411 53,66 3.992 884 22,14 94.671 4,22 0,27 C.I.S.A. 12 Nichelino 1.711 420 1.967 389 53,48 3.678 809 22,00 76.537 4,81 0,33 C.I.S.A. 31 Carmagnola 1.964 515 2.084 496 51,48 4.048 1.011 24,98 52.056 7,78 0,48 C.I.S.A. Gassino 805 186 1.050 190 56,60 1.855 376 20,27 41.218 4,50 0,27 C.I.S.A. Rivoli 823 170 1.221 189 59,74 2.044 359 17,56 57.513 3,55 0,16 C.I.S.A.P. Collegno-Grugliasco 1.560 373 2.037 361 56,63 3.597 734 20,41 87.812 4,10 0,32 C.I.S.S. 38 Cuorgné 2.698 665 2.855 681 51,41 5.553 1.346 24,24 73.302 7,58 0,46 C.I.S.S. Chivasso 1.684 430 1.901 380 53,03 3.585 810 22,59 65.489 5,47 0,44 C.I.S.S. Pinerolo 2.543 615 2.882 603 53,12 5.425 1.218 22,45 97.099 5,59 0,46 C.I.S.S.A Pianezza 1.351 310 1.793 311 57,03 3.144 621 19,75 86.301 3,64 0,13 C.I.S.S.A. Moncalieri 2.750 655 3.050 636 52,59 5.800 1.291 22,26 77.276 7,51 0,63 C.I.S.S.A.C. Caluso 1.084 244 1.233 202 53,22 2.317 446 19,25 38.083 6,08 0,38 C.I.S.S.P. Settimo 1.965 503 2.080 441 51,42 4.045 944 23,34 83.292 4,86 0,36 C.M. del Pinerolese 1.188 293 1.270 260 51,67 2.458 553 22,50 39.452 6,23 0,35 C.S.S.A. del Chierese 2.872 748 3.352 725 53,86 6.224 1.473 23,67 93.362 6,67 0,35 CASA Val Sangone 959 207 1.030 189 51,78 1.989 396 19,91 30.164 6,59 0,18 CM Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone 622 160 777 169 55,54 1.399 329 23,52 26.645 5,25 0,42 CON.I.S.A. Val Susa 2.728 664 2.990 609 52,29 5.718 1.273 22,26 91.389 6,26 0,22 IN.RE.TE. Ivrea 2.173 502 2.737 446 55,74 4.910 948 19,31 81.550 6,02 0,35 Territorio provinciale (esluso capoluogo) 34.857 8.509 40.446 8.061 53,71 75.303 16.570 22,00 1.388.060 5,43 0,34 Città di Torino 60.503 13.455 62.443 12.845 50,79 122.946 26.300 21,39 909.538 13,52 0,90

TOTALE 95.360 30.473 102.889 28.967 51,90 198.249 59.440 29,98 2.297.598 8,63 0,55 Elaborazione su dati ISTAT

La tabella evidenzia come la crescita della presenza straniera connoti tutto il territorio provinciale lasciando però intatte le differenze tra i vari territori che già connotavano gli anni precedenti. Pur crescendo di qualche unità i territori di Rivoli, Pianezza e Orbassano rimangono sotto la soglia del 4% di incidenza, mentre i territori Carmagnola, Cuorgné e Moncalieri si confermano quelli a maggior presenza di stranieri sul territorio provinciale. Resta ancora da aggiungere che queste percentuali complessive di Ente Gestore nascondono differenze, anche elevate, all’interno dei singoli Comuni facenti parte Come si può notare dalla tabella sopra riportata, pur segnalando una crescita del 0,59% rispetto al 2007 in tutta la provincia di Torino (escluso il capoluogo con il quale si raggiunge lo 0,85%), anche quest’anno le differenze fra i vari territori risultano essere notevoli.

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I territori, ad esclusione della Città di Torino2, che si posizionano nelle situazioni estreme in merito all’incidenza della popolazione straniera rispetto alla popolazione totale risultano essere: il territorio del Piano di Zona di Rivoli [seconda cintura]con un’incidenza pari al 3,39% su una popolazione di 57.700 abitanti e il territorio del Piano di Zona del C.I.S.S. 38 di Cuorgnè [zona provinciale più periferica] con un’incidenza del 7,12% su una popolazione di 73.279 abitanti.

Fra i territori di prima cintura a registrare una forte presenza di stranieri sono l’area del Piano di Zona di Moncalieri con il 6,88% su una popolazione di 76.579 residenti e del C.S.S.A. del Chierese con il 6,32% su 92.844 residenti; mentre a registrare una presenza più ridotta sono i territori dei Piani di Zona di Nichelino (4,48% su 76.493 residenti), di Collegno e Grugliasco (3,78% su 87.763 residenti), del C.I.di S. Orbassano e del C.I.S.S.A Pianezza (3,51% rispettivamente su una popolazione di 94.509 e 85.576 residenti).

Fra le zone più lontane dal capoluogo invece, i territori con il maggior numero di stranieri sono: il C.I.S.A. 31 di Carmagnola (7,3% su 51.546 residenti), la C. M. Val Sangone (6,41% su 29.933 residenti), l’area del consorzio di Ivrea (5,67% su 81.655 residenti), la Comunità Montana Val Pellice (6,69% su 19.218 residenti) e il consorzio della Valle di Susa (6,04% su 91.265 residenti).

Nel territorio della provincia di Torino sono presenti cittadini stranieri di 159 diversi paesi; fra le prime dieci nazionalità, le maggiormente rappresentate risultano essere la Romania con il 46,3% del totale, seguita dal Marocco con il 14,12%. Più staccate seguono l’Albania (5,5%), il Perù (4,9%), Cina Rep. Popolare (3,4%), la Moldova (2,8%), l’Egitto (2%), Nigeria e Filippine (1,6%), il Brasile (1,5%) ed infine la Tunisia con una percentuale leggermente superiore all’1%. Tutte queste nazionalità rappresentano quasi l’85% della popolazione straniera residente sul territorio, il restante 15% viene suddiviso tra 149 etnie alcune delle quali rappresentate da un unico soggetto (Arabia Saudita, Gibuti, Grenada, Guinea Bissau, Mongolia, Rep. Centrafricana, S.Vincent e Grenadine, Saint Lucia,Trinidad e Tobago, Turkmenistan, Zimbabwe)

Cittadinanza Maschi % Femmine % Totale % su tot.pop. straniera

Totale complessivo 95.360 48,10 102.889 51,90 198.249 100,00

Romania 43.566 47,46 48.220 52,54 91.786 46,30 Marocco 15.635 55,84 12.364 44,16 27.999 14,12 Albania 5.726 52,72 5.135 47,28 10.861 5,48 Peru' 3.793 38,83 5.976 61,17 9.769 4,93 Cina Rep. Popolare 3.481 50,95 3.351 49,05 6.832 3,45 Moldova 2.168 38,43 3.473 61,57 5.641 2,85 Egitto 2.489 62,85 1.471 37,15 3.960 2,00 Nigeria 1.217 36,47 2.120 63,53 3.337 1,68 Filippine 1.366 42,33 1.861 57,67 3.227 1,63 Brasile 1.076 36,44 1.877 63,56 2.953 1,49 Tunisia 1.351 63,25 785 36,75 2.136 1,08 Totale prime 10 nazionalità 81.868 48,59 86.633 51,41 168.501 84,99 Altre nazionalità 13.492 45,35 16.256 54,65 29.748 15,01 Dati - ISTAT

Per quanto riguarda l’analisi di “genere” si rileva che nel territorio provinciale, esclusa quindi la Città di Torino, il peso della presenza femminile, nella popolazione straniera complessiva, è maggiore rispetto alla presenza maschile (rapporto di mascolinità pari a 86,18%), mentre per i minori il rapporto è inverso: si registra una presenza di minori maschi pari al 51,35% con un rapporto di mascolinità pari al 105,5 Si tratta ovviamente del dato relativo alla popolazione complessiva, scendendo nel dettaglio delle varie nazionalità notiamo un andamento diverso delle presenze maschili/femminili nelle diverse etnie, alcune come si connotano a maggior presenza femminile (Perù, Moldova, Nigeria, Brasile) altre a maggior presenza maschile (Tunisia ma anche Egitto e Marocco).

2 con un’incidenza di cittadini stranieri 12,62%. sul totale della popolazione residente [908.825 abitanti]

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Il rapporto di genere non ha lo stesso andamento per tutte le etnie: la tabella sopra riportata evidenzia come tra le otto etnie più rappresentative alcune si connotino per una maggiore presenza femminile (Nigeria, Moldova, Perù, Romania), altre invece per quella maschile come nel caso di Egitto, Marocco, Albania e Cina Rep. Popolare. Le etnie che evidenziano una maggiore presenza di popolazione femminile sono anche quelle da cui provengono maggiormente le assistenti familiari.

5.3. IL VOLONTARIATO La sezione provinciale di Torino del Registro Regionale delle Organizzazioni di Volontariato è suddivisa in 9 sezioni tematiche: 1) Socio-assistenziale; 2) Impegno civile e tutela e promozione dei diritti; 3) Sanitaria; 4) Protezione civile; 5) Promozione della cultura, istruzione, educazione permanente; 6) Tutela del patrimonio storico artistico; 7) Tutela dell’ambiente; 8) Educazione motoria, promozione attività sportive e tempo libero; 9) Organismi di collegamento e coordinamento provinciali. L’Ufficio Terzo Settore ha competenza diretta per le prime due sezioni. A ottobre 2010 risultano iscritte complessivamente alle 9 sezioni del Registro provinciale 1022 OdV. Come si evince dalla tabella sotto riportata le sezioni Socio Assistenziale, Sanitaria, Impegno Civile e Tutela dei diritti, che afferiscono direttamente al Servizio Solidarietà sociale, rappresentano il 66,5% delle organizzazioni iscritte al Registro provinciale.

SEZIONE REGISTRO N. OdV % su totale

1 - SOCIO-ASSISTENZIALE 341 33,43 2 - SANITARIA 270 26,47 3 - IMPEGNO CIVILE E TUTELA E PROMOZIONE DEI DIRITTI 68 6,67 4 - PROTEZIONE CIVILE 194 19,02 5 - TUTELA E VALORIZZAZIONE DELL' AMBIENTE 25 2,45 6 - PROMOZIONE DELLA CULTURA, ISTRUZIONE, EDUC. PERMANENTE 40 3,92 7 - TUTELA E VALORIZZAZ. DEL PATRIMONIO STORICO ED ARTISTICO 49 4,80 8 - ED. MOTORIA, PROMOZ. ATTIVITA' SPORTIVE E TEMPO LIBERO 7 0,69 9 - ORGANISMI DI COLLEGAMENTO E COORDINAMENTO 6 2,55 TOTALE 1.000 100,00 Circa il 50% delle Organizzazioni si sono iscritte prima dell’anno 2000 (497 Odv), successivamente si sono iscritte, in media, 48 nuove organizzazioni ogni anno. Per l’anno in corso si sono registrate 44 nuove iscrizioni. La distribuzione delle associazioni sul territorio appare piuttosto differenziata. Considerando il Registro nel complesso si evidenzia che il 38,26% delle OdV ha sede legale nel capoluogo. Anche ai fini delle ipotesi di distribuzione dei finanziamenti può essere interessante notare come varia notevolmente anche il rapporto tra popolazione residente e numero di OdV: nelle Sezioni 1) Socio-assistenziale, 2) Sanitaria e 3) Impegno civile si va da un minimo di 3.771 abitanti per OdV ad un massimo di 27.764 (vedasi tabella sottostante), anche se occorre sottolineare che le OdV iscritte al Registro Provinciale rappresentano solo una parte, forse anche piccola, dell’universo associazionistico dei territori, non essendo l’iscrizione obbligatoria.

TERRITORIO N. OdV tutte le Sezioni

% sul totale Pop. per n. OdV sez 1), 2), 3)

TORINO 391 38,26 8.882 C.I.S.A. 31 CARMAGNOLA 23 2,25 12.694 C.I.S.S.A. MONCALIERI 27 2,64 27.764 C.I.S.A. NICHELINO 22 2,15 8.244 C.I. DI S. ORBASSANO 21 2,05 7.890 C.A.S.A. VAL SANGONE 29 2,84 9.356 CON.I.S.A. VAL SUSA 62 6,07 10.472

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C.M. VALLI LANZO CERONDA E CASTERNONE 27 2,64 3.771 C.I.S.S. 38 CUORGNE' 30 2,94 9.567 C.I.S.S. CHIVASSO 31 3,03 6.507 C.I.S.A.P. COLLEGNO-GRUGLIASCO 37 3,62 10.154 C.I.S.S-A.C. CALUSO 11 1,08 7.846 C.M. DEL PINEROLESE 32 3,13 8.623 C.I.S.S. PINEROLO 53 5,19 7.889 C.I.S.A. RIVOLI 26 2,54 4.793 C.I.S.S.A. PIANEZZA 39 3,82 6.936 C.I.S. CIRIE' 38 3,72 6.224 C.I.S.S.P. SETTIMO TORINESE 14 1,37 5.152 IN.RE.TE. IVREA 56 5,48 4.878 C.I.S.A.GASSINO TORINESE 11 1,08 4.292 C.S.S. DEL CHIERESE 42 4,11 4.331 TOTALE 1.022 100,00 5.701 Molto interessante potrebbe essere il dato relativo al numero di volontari impegnati nelle organizzazioni iscritte che al momento è da considerare soltanto indicativo essendo conosciuto solo per 771 Organizzazioni e si riferisce al momento dell’iscrizione delle stesse al Registro. Al proposito é’ in corso di predisposizione una modalità interattiva di compilazione della modulistica di mantenimento dell’iscrizione che permetterà, a regime, di conoscere nel dettaglio il numero delle persone che sono impegnate nel volontariato sul nostro territorio. Ad oggi possiamo dire, per il complessivo di Organizzazioni di cui è disponibile il dato, i soci dichiarati sono 335.778, 57.656 i volontari non soci, 252 i dipendenti. Per quanto riguarda l’età dei volontari attivi si possono solo esprimere delle tendenze non essendo il dato evidenziato neppure per tutte le Organizzazioni che hanno compilato il campo numero di soci: sui 30.697 soci di cui sono stati compilati i campi relativi alle fasce di età il 70% circa si colloca tra i 20-65 anni, mentre il 16% circa ha meno di 30 anni e il 13% più di 65 anni. Entrando nel dettaglio delle OdV che afferiscono alle Sezioni di pertinenza del Servizio Solidarietà sociale i dati desumibili sono i seguenti.

Fasce di età dei soci SEZIONE REGISTRO

TOTALE SOCI

VOLONTARI NON SOCI

SOCI ATTIVI

continuativi

SOCI ATTIVI non

continuativi

DIPENDENTI < 30

anni 30-45 anni

46-65 anni

65>

Sanitaria 196.068 42.786 43.541 12.398 178 2.118 4.214 4.264 1.233 Socio assistenziale 24.208 4.901 7.493 1.671 71 127 207 454 141 Impegno Civile 12.158 159 10.523 219 2 222 568 1.045 281 TOTALE 232.434 47.846 61.557 14.288 251 2.467 4.989 5.763 1.655 Per quanto riguarda il numero dei soci non deve stupire il dato molto elevato delle Organizzazioni iscritte alla Sezioni Sanitaria in quanto fra esse vi sono le Associazioni che si occupano della donazione sangue che come è noto raccolgono un alto numero di soci. Relativamente all’età dei soci, ferme restando le osservazioni più sopra riportate sulla numerosità delle OdV per le quali il dato è disponibile, anche per queste tre sezioni del Registro si conferma una presenza anche superiore al 70% dei soci con età 30-65 anni, con alcune particolarità: nelle associazioni di tipo sanitario i soci over 65% rappresentano solo il 10% degli iscritti, mentre si attesta sul 17% la quota di soci con età inferiore ai 30 anni; al contrario nelle associazioni di tipo socio assistenziale i soci over 65 superano il 15%, mentre i soci under 30 si attestano al 13,5%; infine le associazioni di impegno civile contano solo un 10% di soci con età inferiore ai 30 anni e un 13% con età superiore ai 65 anni, dati che appaiono anche coerenti con la diversi vocazioni espresse dalle tre sezioni.

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Dal punto di vista dell’integrazione con il sistema dei servizi socio assistenziali (sussidiarietà orizzontale) può essere interessante riportare i targets di riferimento dei progetti finanziati dal Sesto bando 2009:

Target Sesto bando volontariato 2009 n. progetti finanziati Minori 16 Povertà 12 Accompagnamento 16 Anziani 13 Acquisto strumenti (Avis) 13 Disabili 16 Famiglie 23 Diritti civili 2 TOTALI 111

5.4. LA COOPERAZIONE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO Le Cooperative Sociali iscritte alla Sezione provinciale di Torino dell’Albo Regionale al 31/10/2010 sono 244 di cui 84 di inserimento lavorativo (di tipo B). In generale, dopo un periodo stagnante tra il 2002 e il 2004, si assiste ad una ripresa della vivacità demografica dal 2005. Successivamente la cooperazione sociale di inserimento lavorativo si è mantenuta stabile nel tempo. L’anzianità media delle cooperative è di 13,4 anni. Il 50% delle cooperative ha tra i 7 ed i 20 anni. Si registra una prevalenza di cooperative di piccole dimensioni. Il 59% del totale degli occupati è impiegato nelle poche cooperative di grandi dimensioni. Le cooperative torinesi (provincia dove è localizzata la gran parte delle cooperative “storiche”, cioè nate entro il 1995) sono mediamente di dimensioni maggiori rispetto alla media. Personale e soggetti svantaggiati Al 31/12/2007 operavano nella regione Piemonte 187 cooperative di tipo B, che impiegavano oltre 6.000 persone, di cui più di 2.500 in possesso dei requisiti di svantaggio sanciti dall’art. 4 della Legge 381 del 19913. Nel paese, all’epoca dell’ultima rilevazione dell’Istat risalente al 2005, le cooperative sociali di tipo B erano 2.419 e impiegavano 63.000 addetti. Quindi una parte significativa del fenomeno è in Piemonte. In particolare il sistema della provincia torinese, sotto il profilo degli occupati, rappresenta oltre il 60% della cooperazione d’inserimento lavorativo a livello regionale. In base ai dati dell’Osservatorio Mercato del Lavoro della Provincia di Torino forniti dal Centro per l’Impiego di Torino, gli avviamenti al lavoro nel 2009 sono stati 344.293, di cui 190.527 donne e 153.766 uomini. Rispetto al 2008 si è registrata una contrazione del 19,2% degli avviamenti che nel 2008 sono stati 425.9354 Solo 61.095 avviamenti (pari al 17,8%) hanno riguardato contratti a tempo indeterminato, 60.889 (pari al 17,7%) hanno avuto per oggetto contratti di somministrazione e i restanti 222.309 avviamenti (64,5%) hanno riguardato contratti a tempo determinato, sia di tipo subordinato propriamente detto sia di altro tipo (es. Apprendistato, Borsa lavoro, Cantiere Lavoro, Lavoro a Progetto/co.co.co ecc.) Nel 2009 il comparto della Cooperazione Sociale ha realizzato complessivamente n. 6.852 avviamenti al lavoro, ( pari al 1,99% degli avviamenti complessivi) di questi 184 con contratti di somministrazione e 6.668 con contratti di lavoro di varie tipologie (determinato, indeterminato, co.co.co, ecc.). Gli avviamenti al lavoro nelle cooperative sociali di tipo B sono stati 2085, di cui 1870 di persone comunitarie e 215 di persone non comunitarie. Il 46.91% degli avviamenti è avvenuto nel settore delle pulizie, il 10,41% nel settore dell’edilizia; altre attività come le aree verdi, raccolta e trattamento rifiuti, industria/manifattura, trasporto, servizi cimiteriali si assestano tra il 3% e il 5%. E’ da tener presente che ogni individuo può essere stato assunto più di una volta dalla stessa cooperativa.

Tipo di Contratto N. di avviamenti

3 ricerca della Direzione politiche sociali e politiche per la famiglia della Regione Piemonte convegno sulla Cooperazione Sociale di tipo B in Piemonte ,Torino febbraio 2008 (dati 2007) 4 Dati Osservatorio Mercato del Lavoro, Provincia di Torino

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Altri rapporti speciali 2 Apprendistato 22 Borsa lavoro 5 Contratto di agenzia 3 Contratto d'Inserimento 13 Contratto Lavoro Domestico 1 Lavoro a Domicilio 2 Lavoro a progetto / Collaborazione coordinata e continuativa 913 Lavoro dipendente nella P.A. 1 Lavoro Intermittente 23 Lavoro nello Spettacolo 1 Lavoro Subordinato TD (Tempo Determinato) 3.287 Lavoro Subordinato TI (Tempo Indeterminato) 1.173 Lavoro Tempo Determinato per Sostituzione 325 Occasionale 370 Tirocinio 527 TOTALE 6.668

Il 40% circa degli occupati complessivi delle cooperative B piemontesi è costituito da soggetti svantaggiati ai sensi della L. 381/91. Pur registrando in generale dal 2002 un incremento quantitativo di soggetti svantaggiati, nella Provincia di Torino la percentuale è nettamente inferiore alla media nazionale (36,7%). In linea di massima nelle cooperative di maggiori dimensioni l’incidenza dei soggetti appartenenti alle categorie di svantaggio sociale è di norma inferiore e ciò consegue al fatto che il numero d’inserimenti lavorativi non cresce in misura proporzionale alla crescita dimensionale delle imprese. Settori di attività’ e dati economici5 Le cooperative B piemontesi realizzano i propri obiettivi d’inserimento lavorativo perlopiù in attività di servizi “labor intensive” in cui di norma non è richiesta una qualificazione elevata. In generale è presente una certa differenziazione delle attività. Il 44% circa del fatturato complessivo è realizzato dal 6% d’imprese che occupano più di 100 addetti: un dato che conferma ulteriormente il peso economico dalle cooperative B più strutturate nel panorama regionale. Il 64% del valore della produzione totale è generato dalle cooperative della Provincia di Torino. Il mercato prevalente delle cooperative d’inserimento lavorativo è composto dai servizi affidati in outsourcing dagli enti locali e dalle società a controllo pubblico. Nella provincia di Torino il valore della produzione è particolarmente alto in virtù dell’elevato ricorso, da parte dell’attore pubblico, alla cooperazione sociale B in qualità di partner strategico per la realizzazione dei programmi di politiche del lavoro rivolte ai soggetti deboli. Il valore delle immobilizzazioni (materiali, immateriali e finanziarie), ossia gli impieghi di capitale a lungo termine, segnala la scelta strategica di molte cooperative in direzione degli investimenti. Il 62% delle immobilizzazioni è realizzato dalle cooperative della Provincia di Torino. Il raffronto tra il valore delle immobilizzazioni e del capitale sociale evidenzia un basso grado di copertura degli investimenti con capitali propri, situazione che espone molte cooperative al rischio di finanziare impieghi di durata pluriennale con l’indebitamento a breve termine, più instabile e oneroso. Le performance economiche non mostrano una significativa relazione con le dimensioni aziendali, né con il territorio di appartenenza. Esiste viceversa una relazione positiva tra performance e dinamica degli investimenti: le cooperative che negli anni hanno incrementato gli investimenti hanno ottenuto performance significativamente migliori. In particolare hanno realizzato performance migliori le cooperative che nel periodo considerato hanno aumentato in valore i servizi forniti alle amministrazioni pubbliche. L’esistenza di cooperative strutturate e dotate di un solido impianto organizzativo e finanziario rappresenta un punto di forza per il sistema. La diffusa presenza di operatori micro (che non è certo sinonimo di scarsa efficienza) pone al medesimo tempo all’ordine del giorno un problema di consolidamento generale del sistema. Gli ostacoli principali allo sviluppo sono la bassa redditività, la concorrenza delle imprese profit, la mancanza di stabilizzazione del mercato acquisito.

5 ricerca dell’Osservatorio dell’Economia Civile (dati 2008).

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È del tutto conseguente che la domanda di politiche pubbliche si esprima innanzi tutto nella richiesta di una regolazione favorevole in materia di appalti e affidamenti da parte degli enti locali in quanto questo è il principale mercato delle cooperative sociali. Sul versante degli incentivi e delle agevolazioni, prevale la domanda tradizionale orientata al finanziamento degli investimenti produttivi su quella volta a favorire l’accesso ai servizi qualificati, a sostenere lo sviluppo del capitale umano, a riequilibrare il rapporto tra capitale investito e capitale sociale. Di seguito si riportano i dati di sintesi della sezione Provincia di Torino dell’ Albo regionale relativi agli anni 2009 e 2010.

5.5. LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI Nel sistema di Welfare attuale le professioni sociali rivestono un ruolo di primaria importanza per la realizzazione del sistema integrato d’interventi e servizi prospettato dalla legge 328/2000 e la formazione degli operatori sociali è uno degli strumenti fondamentali per la promozione della qualità e dell’efficacia di tale sistema. . Ogni nuovo progetto che voglia porsi come innovativo deve per forza di cose prevedere al proprio interno una fase dedicata alla formazione degli operatori coinvolti.” (I. Salomone). Le figure professionali operanti all’interno dei servizi sociali sono: − Assistente sociale − Educatore professionale − Operatore Socio Sanitario − Animatore professionale socio-educativo. Sono presenti altre figure professionali che svolgono funzioni dirette o indirette nell’erogazione di interventi e servizi. Tra queste possiamo considerare: − le posizioni dirigenziali e di coordinamento (Direttori, Coordinatori, Responsabili di Area) − le professioni inerenti i servizi amministrativi (Istruttore amministrativo, Istruttore esecutivo,ecc) − gli addetti ad altri servizi (fattorini, inservienti, addetti pulizie, ecc.) − Gli operatori dei Servizi Sociali svolgono le loro funzioni professionali in: − Uffici centrali (con attività di tipo organizzativa, amministrativa, progettuale) − Territorio (con attività a stretto contatto con l’utenza per l’erogazione delle prestazioni sociali) − Centri diurni (con attività di tipo giornaliero per utenze specifiche (minori, anziani, disabili)

Sezione Istanze pervenute

Nuove iscrizioni

Cancellazioni Cooperative iscritte al 31/12/2009

A- gestione di servizi socio-sanitari ed educativi

11 9 5 133

B – attività diverse finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiati

7 8 8 79

C - consorzi di cooperative 2 2 0 19 TOTALE 20 19 13 231

Sezione Istanze pervenute

Nuove iscrizioni

Cancellazioni Cooperative iscritte al 31/10/2010

A- gestione di servizi socio-sanitari ed educativi

7 8 1 141

B – attività diverse finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiati

12 12 6 84

C - consorzi di cooperative 1 0 0 19 TOTALE 20 20 7 244

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− Presidi (con attività di gestione completa dell’utenza in strutture residenziali: comunità alloggio, RSA, RAF, ecc. con utenze particolari: minori, anziani, disabili).

I dati che vengono presi in considerazione sono riferiti al 31/12/2007e provengono dalla rielaborazione effettuata dall’Ufficio Sistema Informativo della Provincia di Torino sui dati rilevati annualmente dalla Regione Piemonte, Direzione Politiche sociali, agli Enti gestori dei servizi socio-assistenziali. I dati rappresentano le tipologie professionali presenti negli ambiti di lavoro dei Servizi Sociali, sia come dipendenti pubblici sia come dipendenti privati di cooperative sociali in convenzione con gli Enti gestori dei servizi sociali. Gli operatori sociali nei servizi Nell’anno 2007 la presenza delle professioni sociali all’interno degli Enti gestori dei servizi sociali, per le attività diurne, nel territorio della provincia di Torino è pari a 2.508 unità di cui 1.278 operanti presso il Comune di Torino, percentuale pari al 51% degli operatori totali (esclusi i Direttori ed i responsabili).

Assistente sociale

Educatore professionale

OSS Animatore socio

educativo Responsabili di area/Direttori

Addetti al segretariato sociale

TOTALE

636 1.009 782 1 41/22 17 2.508 Operatori sociali nei presidi socio assistenziali Gli operatori sociali nei presidi sono in totale 6.451 di cui 2.092 operanti presso il Comune di Torino, percentuale pari al 32.5 % degli operatori totali.

Assistente sociale Educatore

professionale OSS

Animatore socio educativo

Direttori presidi TOTALE

27 677 4.933 245 569 6.451

6. IL PRECEDENTE PERIODO DI PROGRAMMAZIONE Con l’applicazione della LR 1-2004, la Provincia di Torino ha sviluppato il proprio sistema di programmazione utilizzando in larga parte il metodo dei finanziamenti per bandi di gare di progetto su ciascuna delle politiche. In grande sintesi tale metodo presenta le seguenti caratteristiche:

- privilegia la proposta progettuale “migliore” (che maggiormente si adatta ai criteri di valutazione) - accentra a livello provinciale la valutazione - privilegia le priorità centrali rispetto a quelle locali - fa difficoltà a collocare le proposte nella programmazione locale e le sue priorità - tiene in poco conto le specificità e la forza dei problemi a livello locale - ha difficoltà a valutare le ricadute operative reali delle azioni finanziate.

Al fine di ridurre gli aspetti negativi del metodo negli anni si sono progressivamente operate delle correzioni nella predisposizione dei diversi bandi:

- verso un maggior coinvolgimento degli Enti territoriali nella valutazione dell’importanza dei progetti presentati nella programmazione locale

- individuando alcuni indicatori di dimensione e “di problema” che orientassero la distribuzione dei finanziamenti. Il presente Piano annuale delle politiche territoriali, con il coordinamento delle politiche dell’immigrazione, del volontariato, cooperazione sociale e formazione degli operatori sociali, vuole essere il naturale sviluppo dell’esperienza maturata in questi anni. Di seguito un breve rapporto sull’azione sviluppata nelle diverse politiche.

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6.1. IMMIGRAZIONE Negli anni, questa Amministrazione è stata impegnata da un lato nell’assegnazione di contributi a enti pubblici e soggetti del privato sociale e dall’altro nella promozione e nel coordinamento di iniziative ritenute di interesse generale per l’intero territorio provinciale. Nel tempo le diverse realtà del territorio provinciale, investite in modo differente dal fenomeno, hanno risposto promuovendo iniziative locali in più settori di intervento, in particolare: - progetti di accoglienza alle popolazioni migranti; - corsi di conoscenza linguistica per adulti; - interventi mirati all’integrazione delle donne straniere, in particolare all’inserimento sociale e lavorativo di donne over

40; - attività di integrazione scolastica degli allievi stranieri inerenti ad iniziative extra-scolastiche di doposcuola e laboratoriali,

con particolare attenzione ai più piccoli e ai processi di ricongiungimento familiare; - progetti rivolti ai giovani di seconda generazione, anche attraverso interventi di peer education; - interventi rivolti ai minori più emarginati, quali ad es. l’educativa di strada; - iniziative volte alla creazione o al potenziamento di centri di aggregazione che favoriscano l’incontro tra le diverse

culture presenti sul territorio e di luoghi di formazione e confronto tra giovani immigrati e nativi ( ad es. i centri o le biblioteche interculturali);

- iniziative di socializzazione interculturale che coinvolgano i migranti adulti in attività che siano occasione di incontro, ascolto, scambio di esperienze e saperi appartenenti a culture diverse finalizzate sia a valorizzare le culture dei Paesi di origine, sia a promuovere momenti di incontro con il Paese di accoglienza (laboratori, organizzazione di moduli formativi, manifestazioni, feste, eventi; sostegno all’associazionismo etnico/inter-etnico…), favorendo in particolare occasioni di incontro tra donne straniere e native;

- azioni volte al sostegno della famiglia e della genitorialità nel rapporto con i figli e le Istituzioni pubbliche e private volto a promuovere l’incontro con la scuola e le Istituzioni (anche sotto il profilo del supporto psicologico);

- attività di diffusione di informazione e di comunicazione (sportelli informativi, editoria etnica/inter-etnica, radio, tv, web…) in merito a diritti e tutele riconosciuti dall’ordinamento giuridico italiano in tema di istruzione, pari opportunità, ambito familiare, cura della salute, accesso e opportunità formative e professionali;

- la formazione degli operatori preposti alle relazioni con i cittadini stranieri, finalizzata a garantire pari condizioni di accesso ai servizi.

Una rapida disamina che conferma la capacità di Istituzioni, volontariato e privato sociale, nel gestire una rete dinamica e aperta, in grado di sostenere l’integrazione delle popolazioni migranti; ed insieme convalida sempre di più la necessità di promuovere iniziative che scorgano nel migrante non una categoria destinataria di specifici progetti, ma, in considerazione di un fenomeno ormai strutturato di stabilizzazione degli stranieri nel contesto italiano, beneficiario di servizi quali espressione di diritti. Di seguito le risorse finanziarie utilizzate nell’ultimo anno per l’implementazione della politica nel territorio della provincia di Torino

Immigrazione: Piano 2009-2010 Progetti sostenuti Finanziamento Bando destinato ad Enti privati 14 progetti 250.000 Interventi nel territorio provinciale (Piani di Zona) 21 progetti 260.000 Interventi nella Città di Torino (Programma Amministrazione comunale) 1 programma 160.000 Interventi di Vasta area: contributi vari 5 progetti 66.165 Interventi di Vasta area: mediazione nei CPI 253.000 TOTALE 42 989.165

6.2. VOLONTARIATO Il “Sesto bando” (2009-2010) e il “Bando straordinario 2010” per il sostegno delle OdV hanno inteso segnare un momento di svolta. Infatti si è proposto, non soltanto di valorizzare le attività e capacità progettuali delle singole organizzazioni di volontariato, ma anche il percorso di lavoro collettivo che ha coinvolto e coinvolge tutti i soggetti che operano nel campo

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sociale così come definito nei Piani di zona (per quanto riguarda il territorio al di fuori della città di Torino) o nella programmazione della Città di Torino. Questi bandi hanno promosso l’integrazione fra le attività poste in essere dalle OdV (operanti nei settori socio-assistenziale, sanitario e impegno civile) e quelle programmate dagli Enti Locali del territorio provinciale al fine di perseguire finalità prioritarie determinate dai documenti elaborati dai tavoli tematici dei Piani di Zona così come , per quanto riguarda il Bando straordinario, dalla mozione del Consiglio provinciale n. 49016/2009 del 21/12/2009. Essa impegnava la Giunta e l’Assessore alle politiche attive di cittadinanza, diritti sociali e pari opportunità a riservare e a destinare una parte del fondo a sostegno di quelle Associazioni di volontariato che operano nel campo dei bisogni primari di famiglie e singoli in grandi situazioni di disagio, marginalità e povertà. La progettazione da parte delle Organizzazioni di volontariato nell’ambito dei Piani di Zona ha inteso favorire lo sviluppo complessivo del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella prospettiva di superamento della visione tradizionale delle politiche riparatorie fondata solo sull’assistenza e per rendere il Piano di zona uno strumento cardine per la condivisione di obiettivi concreti e di precise responsabilità tra gli attori della rete dei servizi sociali. Operativamente nell’ultimo anno le novità fondamentali dei Bandi sono state : − presentazione dei progetti agli Enti titolari della cabina di regia dei Piani di Zona e alla Città di Torino, prevedendo comunque (per quanto riguarda il Sesto bando) finanziamenti anche per quelle Associazioni le cui attività non possono essere inserite nella programmazione territoriale ;

− budget definiti per ogni territorio in base a criteri individuati nei Bandi stessi. Agli Enti territoriali è stato richiesto di valutare e validare i progetti e di inviare alla Provincia un elenco di progetti selezionati, coerenti con la programmazione del Piano di Zona e con le priorità , per una richiesta totale di contributi pari al budget assegnato;

− budget suddivisi in quattro fasce di contribuzione in modo da valorizzare anche i piccoli progetti (Sesto bando); − finanziamento dell’intero contributo richiesto in modo da evitare rimodulazioni del progetto e permettere di svolgere completamente l’attività così come programmata.

Volontariato – VI Piano 2009-2010 Budget disponibile

progetti finanziati attraverso gli Enti titolari dei Piani di Zona (gruppo A) 610.000 progetti finanziati attraverso la Città di Torino (gruppo A) 160.000 progetti indipendenti dalla programmazione territoriale (gruppo B) 239.000 Interventi di vasta area: emergenze climatiche 120.000 TOTALE 1.129.000 Il budget complessivo relativo ai progetti finanziati attraverso gli Enti titolari dei Piani di Zona (gruppo A ) è stato suddiviso per ciascun ambito territoriale tenendo conto di: - numero di Associazioni iscritte nel registro - sezioni socio assistenziale, sanitaria e impegno civile; - numero di progetti presentati nel precedente bando provinciale; - numero di progetti finanziati con lo stesso bando. Occorre dire che gli esiti del bando 2009 sono stati in parte imprevisti soprattutto dal punto di vista della reale capacità progettuale ed operativa delle OdV nei diversi territori i quali non in tutti i casi sono stati in grado di progettare fino all’occorrenza del budget dedicato (grado di saturazione), così come si nota nella tabella sottostante. Caso particolare è stato quello del territorio di Torino che, pur avendo un budget dedicato al finanziamento di progetti presentati attraverso la Città di scarsa entità, avendo un altissimo numero di OdV registrate sul proprio territorio, ha potuto largamente usufruire dei finanziamenti del gruppo B. Questi elementi saranno tenuti in conto nella nuova ipotesi di riparto contenuta in questo Piano.

Volontariato – VI Piano 2009-2010

TERRITORIO N. associazioni

N. progetti presentati

Budget Saturazione del budget

CM Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone 3 0 17.000 0%C.I.S.S.A.C. Caluso 3 0 17.000 0%C.I.S.S.P. Settimo 3 1 20.000 94%C.I.S.A. Gassino 5 2 22.000 69%

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C.M. del Pinerolese 5 4 41.000 94%C.I.S.S. Chivasso 7 1 28.000 46%C.I.S.S. 38 Cuorgné 7 2 21.000 39%CASA Val Sangone 8 3 26.000 77%C.I.S.A. 12 Nichelino 8 2 31.000 88%C.I.S.A. 31 Carmagnola 8 6 21.000 98%CON.I.S.A. Val Susa 9 2 23.000 94%C.I.S.S.A Pianezza 11 2 30.000 73%C.I.di S. Orbassano 11 2 19.000 100%C.I.S. Cirié 12 2 35.000 68%C.I.S.A. Rivoli 12 4 55.000 100%C.I.S.S. Pinerolo 14 4 37.000 99%C.S.S.A. del Chierese 15 3 35.000 95%C.I.S.S.A. Moncalieri 15 6 42.000 99%C.I.S.A.P. Collegno-Grugliasco 18 1 35.000 23%IN.RE.TE. Ivrea 19 9 46.000 100%Torino 210 26 160.000 205%TOTALE 403 82 Nel corso del 2010 è stato inoltre messo in campo un nuovo e specifico bando di carattere straordinario finalizzato al sostegno del contrasto della situazione di crisi sociale del territorio.

Volontariato - bando straordinario di contrasto alla crisi 2010 Finanziamento progetti finanziati attraverso gli Enti titolari dei Piani di Zona 702.657 progetti finanziati attraverso la Città di Torino 215.124 TOTALE 917.781 Per questo intervento, il budget complessivo è stato suddiviso secondo i seguenti parametri: - 50% sulla base della popolazione residente attiva (età 15-62); - il restante 50% sulla base dell’indice di gravità della crisi calcolato tenendo conto dei seguenti indicatori: lavoratori

cessati, in mobilità non assistita e flusso lavoratori disponibili.

6.3. LE COOPERATIVE SOCIALI DI INSERIMENTO LAVORATIVO Ai sensi della LR 18-1994 annualmente la Provincia concede contributi a bando per: - la realizzazione di progetti di sviluppo ed attività finalizzati all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati riconosciuti

tali ai sensi della L. 381/91 (art.14); - la continuità lavorativa dei cittadini cui sia venuta meno la situazione di svantaggio attraverso il parziale rimborso di

oneri previdenziali-assistenziali (art.19). Con l’anno 2009 l’assegnazione dei contributi per la realizzazione di progetti di sviluppo ha tenuto conto degli esiti del progetto Reti.Qual - Reti Qualità Ambiente Lavoro – con il quale la Provincia di Torino, quale partner attivo del progetto, ha inteso sostenere la crescita della cooperazione sociale nel territorio piemontese. Uno degli esiti di tale progetto è stata la definizione di un modello di riclassificazione dei bilanci delle cooperative sociali di tipo B secondo il metodo del valore aggiunto, che permette di evidenziare la ricchezza prodotta e le capacità generative delle cooperative, non solo nella produzione di beni e servizi ma anche nell’integrazione socio-lavorativa delle persone svantaggiate. Per sostenere ed incentivare l’adozione da parte delle cooperative di tale strumento, che raccorda obiettivi di gestione con obiettivi solidaristici, l’importo massimo assegnabile del contributo è stato aumentato (da 21.000,00 a 25.800,00 €), permettendo così alle cooperative che ne avessero dimostrato l’adozione di beneficiare di un contributo maggiore. Di seguito i dati di sintesi dei contributi assegnati nel 2009 suddivisi per tipologia di finanziamento.

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Cooperazione sociale di inserimento

lavorativo - 2009 Progetti sostenuti Finanziamento

Art. 14 progetti di sviluppo* 11 234.316 Art. 19 rimborso oneri 4 43.206 TOTALE 277.522 *Dei 12 progetti 2 sono stati presentati da cooperative che avevano adottato il modello di riclassificazione del bilancio secondo il metodo del valore aggiunto. Entrambi i progetti sono stati finanziati per un importo pari a € 51.600. Oltre alla concessione di contributi a bando, la Provincia di Torino si è resa parte attiva in progetti di sostegno alla cooperazione sociale di inserimento lavorativo, al fine di valorizzarne il ruolo sociale. In tale ottica, con il partenariato attivo ai progetti Equal “Quali.TER” e al successivo “RETI.Qu.A.L. su citato, ha sostenuto la partecipazione del privato sociale all’esercizio della funzione pubblica nell’azione di contrasto all’esclusione sociale; ha partecipato ad intese istituzionali, associazioni temporanee di scopo, partecipazioni in impresa, o altre forme associative con altri Enti pubblici o imprese private, al fine di perseguire nell’interesse collettivo l’integrazione lavorativa dei soggetti svantaggiati. In linea con gli indirizzi regionali di cui alla D.G.R. 79/2006, la Provincia ha assunto nel 2007 una propria Delibera di Consiglio che riconosce le cooperative sociali e i loro consorzi quali attori delle politiche attive del lavoro a favore delle fasce deboli e per l’inclusione sociale, dando avvio ad un periodo sperimentale durante il quale l’Ente si è impegnato a ricercare all’interno della propria struttura amministrativa ed organizzativa tutti gli ambiti e contesti in cui esperire le possibilità che le norme consentono per gli affidamenti di servizi e forniture alle cooperative sociali di tipo B.

6.4. FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI Ai sensi della L.R. 1/2004 la Provincia eroga finanziamenti regionali agli enti beneficiari sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi svolta sui territori. L’azione formativa non deve essere solo una risposta all’utilizzo di finanziamenti economici disponibili e deve sviluppare iniziative il più possibile collegate tra loro evitando la frammentazione e la segmentazione. La particolare natura dei finanziamenti nella formazione professionale, che rappresenta un investimento pluriennale nel miglioramento del sistema dei servizi, induce a rappresentare un quadro complessivo, così come segue.

Formazione professionale operatori sociali, Anni 2002 / 2009 Tipologia corsi Progetti sostenuti Finanziamento

OSS base 23 1.158.420 OSS integrativo 50 ore 136 812.500 OSS privi di qualifica 360 ore 24 499.570 Educatore professionale riqualifica 14 1.370.040 Aggiornamento/formazione permanente 196 2.738.134 Direttore di comunità socio sanitaria (112 ore) 6 113.366 Direttore di comunità socio sanitaria (212 ore) 2 62.328 TOTALE 401 6.754.358 In particolare nell’anno 2009 sono stati finanziati i seguenti corsi:

Formazione professionale operatori sociali, Anno 2009 Tipologia corsi Progetti sostenuti Finanziamento

OSS base 0 - OSS integrativo 50 ore 0 - OSS privi di qualifica 360 ore 0 - Educatore professionale riqualifica 0 - Aggiornamento/formazione permanente 40 566.860,20 Direttore di comunità socio sanitaria (112 ore) 3 63.974,40 Direttore di comunità socio sanitaria (212 ore) 0 - TOTALE 43 630.834,60

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7. LE RISORSE COMPLESSIVE Il Piano annuale degli interventi territoriali 2011 troverà capienza nelle risorse finanziarie trasferite annualmente dalla Regione Piemonte ai sensi della LR1-2004 ed in attuazione del Programma triennale per l’immigrazione. Per quanto riguarda le politiche per il volontariato e della formazione degli operatori sociali è intenzione dell’Amministrazione mantenere tendenzialmente l’entità dei finanziamenti dell’anno precedente. Per le politiche per la cooperazione sociale di tipo B, in vista di un possibile ampliamento degli ambiti di intervento, si valuterà la possibilità di incrementarne la dotazione rispetto agli anni precedenti. Per le politiche per l’integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri le risorse finanziarie a disposizione del Piano sono sostanzialmente invariate rispetto alla programmazione precedente. L’entità degli specifici stanziamenti, nonché la loro distribuzione territoriale e per singole voci, sarà aggetto di analisi nella fase di presentazione del Piano e, pertanto, troverà la sua precisa definizione solo nei successivi atti di implementazione del Piano (emanazione dei bandi). La tabella sottostante rappresenta, pertanto, solamente una prima indicazione orientativa delle possibili dotazioni finanziarie per ciascuna politica.

PIANO ANNUALE DEGLI INTERVENTI TERRITORIALI 2011 Finanziamento Politica per l’immigrazione 994.360 Politica di sostegno al volontariato 1.161.189 Politica di sostegno delle cooperative sociali di inserimento lavorativo 420.000 Politica per la formazione degli operatori sociali 730.834 TOTALE 3.306.383

8. LE PRIORITÀ DELLE SPECIFICHE POLITICHE

8.1. INTERVENTI PER L’INTEGRAZIONE DELLE CITTADINE E DEI CITTADINI STRANIERI La Regione Piemonte, il 22 luglio 2008, ha approvato con D.C.R. 207-33457 il Piano Regionale Integrato dell’Immigrazione – triennio 2007/2009 (prorogato) attraverso il quale “intende rispondere in modo unitario ai bisogni e alle esigenze delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati, promuovendo una politica regionale unitaria e coerente su questa tematica attraverso un coordinamento delle politiche di settore”. In particolare, l’Amministrazione regionale, attraverso il proprio Piano Integrato ha inteso consolidare le politiche di accoglienza e integrazione sociale in un’ottica di programmazione concertata che, nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale, individua gli enti locali, e in particolare le Amministrazioni provinciali, quali principali interlocutori in materia di programmazione decentrata. Il Piano Regionale Integrato dell’Immigrazione è lo strumento di programmazione ad approccio integrato, teso a valorizzare i collegamenti tra politiche settoriali rivolte alle medesime categorie di destinatari, tenendo conto degli effetti reciproci di tali politiche ed insieme fornisce un quadro generale di obiettivi strategici di valore pluriennale. In attuazione della Deliberazione di Consiglio citata, la Regione definisce annualmente le risorse necessarie affinché le Province possano sostenere i propri obiettivi programmatici e definisce le linee guida per la programmazione. All’interno di questo quadro, individua obiettivi, azioni e interventi strategici entro cui le Province predispongono, nell’ambito delle priorità stabilite annualmente a livello regionale, un Piano con relativo Programma di attuazione locale di interventi e progetti da realizzare nel territorio di competenza, in accordo con gli altri soggetti, pubblici e privati che operano nel settore.

8.1.1. Le linee programmatiche Il Piano Regionale Integrato dell’Immigrazione fornisce il quadro generale di obiettivi strategici di valore pluriennale. In particolare, per il triennio 2007 - 2009, ispirandosi al principio di sussidiarietà, individua gli obiettivi che intende perseguire demandando alle singole Province il compito di definire un proprio Piano in relazione ai differenti ambiti di intervento:

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− Promuovere il coordinamento di istituzioni, enti e associazioni, in quanto “si ritiene necessario operare per sostenere una programmazione concertata e per l’integrazione delle competenze tra soggetti diversi”;

− Sviluppare la conoscenza e la sensibilizzazione del fenomeno migratorio ritenuta condizione indispensabile “per un’efficace azione di governo, sia a livello regionale che locale” e insieme “per la razionalizzazione degli interventi anche attraverso un maggior coordinamento fra tutti i soggetti che si occupano di immigrazione” ;

− Dare l’informazione relativa all’accesso ai servizi “attraverso i diversi mezzi di comunicazione o l’attivazione di appositi sportelli” presupposto indispensabile per “facilitare il rapporto con enti, istituzioni e servizi del territorio”; nonché predisporre la formazione degli operatori che a vario titolo interagiscono con le cittadine e i cittadini stranieri requisito necessario affinché “gli stessi servizi territoriali siano in grado di gestire l’utenza straniera, anche attraverso l’affiancamento del mediatore culturale come agevolatore dei rapporti tra amministrazioni e stranieri”;

− Valorizzare la diffusione della lingua e della cultura italiana e la comprensione delle culture di provenienza delle cittadine e dei cittadini stranieri consapevoli del fatto che per “attuare pienamente forme di reciproca inclusione occorre incentivare la conoscenza della cultura e della lingua italiana e dei basilari principi di educazione civica al pari delle culture di provenienza” al fine di giungere “ad un nuovo sistema di cittadinanza che riconosca alla persona il diritto universale a ricercare il benessere e la salute, valorizzando la presenza di culture diverse”;

− Promuovere l’inserimento scolastico come elemento fondamentale “non solo per una giusta consapevolezza dei loro diritti e doveri, ma anche come prevenzione che mira ad evitare lo sviluppo di forme di esclusione sociale…, attraverso un miglioramento delle condizioni per un’effettiva inclusione” al fine di facilitare “il processo di integrazione nella comunità di accoglienza”;

− Programmare la formazione, la riqualificazione professionale e l’inserimento lavorativo degli stranieri al fine di “facilitare l’integrazione sociale, nonché per favorire una presenza regolare… e per evitare l’impiego di cittadine e cittadini stranieri nell’economia sommersa” devono essere perseguite “adeguate azioni formative e di sostegno all’inserimento sociale e lavorativo” e insieme “tutte le azioni previste nel quadro generale delle politiche attive del lavoro”;

− Programmare l’inserimento abitativo degli stranieri per facilitare la ricostituzione del nucleo familiare anche attraverso “l’accesso all’abitazione…condizione per poter programmare il futuro”;

− Promuovere la salute delle cittadine e dei cittadini stranieri in quanto fondamentale diritto dell’individuo tutelato dalla Costituzione (art. 32) attraverso “azioni necessarie a organizzare l’accesso ai servizi sanitari” anche garantendo in essi “la presenza di mediatori culturali” ;

− Promuovere la partecipazione alla vita pubblica locale delle cittadine e dei cittadini stranieri e percorsi di cittadinanza attiva al fine di rendere possibile “l’integrazione attiva” delle comunità presenti sul territorio;

− Dare impulso all’integrazione delle donne straniere “per rimuovere ogni ostacolo che ne impedisce la piena parità nella vita sociale, culturale e economica”;

− Promuovere iniziative volte ad individuare e contrastare forme di razzismo o di discriminazione a causa dell’origine etnica, geografica o religiosa al fine di “agevolare possibilità di esercizio dei diritti di difesa e tutela”;

− Appoggiare gli interventi a favore delle fasce più deboli della popolazione straniera, quali i minori, in particolare non accompagnati, i richiedenti asilo, i rifugiati politici, le vittime della tratta e le persone con problemi di giustizia al fine di “stimolare la nascita di nuove realtà di accoglienza e per incentivare la formazione degli operatori” per tutelare i soggetti a rischio e vulnerabili;

− Promuovere iniziative nell’ambito delle Relazioni Internazionali con i Paesi d’origine per favorire “lo sviluppo socioeconomico di Paesi da cui spesso hanno origine flussi migratori”;

− Valutare l’efficacia delle politiche previste dal presente Piano “utile per rivedere le strategie di intervento e riprogrammare le politiche del settore”, al fine di conoscerne “l’impatto avuto sul territorio, i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi previsti”.

La Giunta regionale, con Deliberazione n. 14-800 del 15 ottobre 2010 ha individuato, nelle more dell’approvazione del nuovo Piano Regionale Integrato dell’Immigrazione le seguenti priorità in tema di integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri: 1. Promuovere il coordinamento di istituzioni, enti e associazioni 2. Sviluppare la conoscenza e la sensibilizzazione del fenomeno migratorio 3. Dare l'informazione relativa al miglior accesso ai servizi da parte della cittadinanza e la formazione degli operatori anche

attraverso la previsione di strumenti di facilitazione a favore dell’utenza straniera.

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4. Valorizzare la diffusione della lingua e delle cultura italiana e la comprensione delle culture di provenienza delle cittadine e dei cittadini stranieri

5. Promuovere l’inserimento scolastico 6. Programmare la formazione, la riqualificazione professionale e l’inserimento lavorativo degli stranieri 7. Dare impulso all’integrazione delle donne straniere 8. Promuovere iniziative volte ad individuare e contrastare forme di razzismo o di discriminazione a causa dell’origine

etnica, geografica o religiosa 9. Appoggiare gli interventi a favore delle fasce più deboli della popolazione straniera, quali i minori, in particolare non

accompagnati, i richiedenti asilo, i rifugiati politici, le vittime della tratta e le persone con problemi di giustizia 10. Promuovere iniziative nell’ambito delle Relazioni Internazionali con i Paesi d’origine 11. Valutare l’efficacia delle politiche previste dal presente Piano Regionale Integrato dell’Immigrazione

8.1.2. Programma di attuazione provinciale All’interno del quadro sin qui esposto si incardinano le linee programmatiche di seguito illustrate, attraverso le quali, questa Amministrazione garantisce ampiezza di obiettivi e interventi, in particolare: La rete territoriale nel sistema di governance La governance fa’ riferimento a modalità e effetti dell’attività di governo di un territorio, in particolare, pone attenzione alle relazioni tra i diversi attori sociali che intervengono nel campo di azione della policy. Elementi fondamentali nei processi di governance sono il decentramento amministrativo e la sussidiarietà che danno vita a dinamiche di governo del territorio a rete. Tale modalità organizzativa risulta essere la strada per le politiche per l’integrazione, in questi termini, occuparsi di politiche migratorie significa avviare iniziative che per loro natura coinvolgono sia destinatari diversi, quali minori, giovani, donne, adulti; sia ambiti trasversali di intervento quali il lavoro, l’istruzione, i percorsi di cittadinanza, la sanità, l’informazione, la casa, la famiglia. La rete territoriale rappresenta, pertanto, lo strumento di cui dotarsi perché gli interventi posti in essere siano realmente efficaci, pur in condizioni di limitate risorse finanziarie. I servizi innovativi e il consolidamento dei risultati Criteri questi che il Piano intende perseguire in eguale misura, dando spazio a sperimentare la possibilità di aprire la strada a servizi che usufruiscono di modalità innovative per rispondere a problemi specifici, rispetto ai quali vanno orientate risorse e prefigurate soluzioni originali che richiedono sperimentazione e verifica per una loro ri-proposizione diffusa. La sostanziale incertezza sull’ammontare delle risorse però, deve indurre a selezionare quelle iniziative che siano in grado di raggiungere, in un breve arco temporale, l’obiettivo del consolidamento dei risultati al fine di progettare servizi, che siano in grado di produrre uno sviluppo autonomo svincolato dall’attesa del bando pubblico. Si tratta di concepire la sperimentazione del servizio come un’occasione per fertilizzare e fare crescere opportunità d’impresa che si consolidano in tempi brevi sul territorio La partecipazione delle associazioni alla programmazione e realizzazione degli interventi La complessità del fenomeno migratorio necessita del più ampio coinvolgimento di tutti i soggetti (Istituzioni, Privato sociale, Società civile) non solo nella fase programmatoria, ma anche nella fase di realizzazione e gestione degli interventi, attraverso l’attivazione di coalizioni, la costruzione di partnership con il coinvolgimento degli apparati amministrativi, del welfare, dei servizi pubblici e privati per la definizione di progetti che, pur interessando attori differenti, responsabilità ed esperienze di organizzazioni diverse, hanno finalità e interessi che convergono su obiettivi comuni. Il coinvolgimento sin qui delineato vorrebbe essere il terreno su cui far sviluppare la partecipazione dei cittadini stranieri agli interventi di cui loro sono destinatari, in un’ottica di positivo protagonismo e garanzia per tutti dell’esercizio dei diritti di cittadinanza. L’interculturalità Il fenomeno migratorio, stabilizzato sul territorio, impone l’esigenza di promuovere e sviluppare interventi per l’integrazione assegnando centralità alla promozione di un approccio interculturale. Pertanto, nel favorire la costruzione di relazioni positive fra cittadini italiani e stranieri, riconoscendo fondamentale valore alla mediazione culturale, si intendono sostenere quei progetti e quelle Istituzioni che garantiscano una condizione paritaria di vita nel tessuto connettivo di una società multietnica. Pertanto, la promozione di politiche interculturali significa adottare un approccio istituzionale attivo, volto a sviluppare e facilitare relazioni positive di confronto e scambio tra cittadini nativi e migranti.

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Si tratta dunque di promuovere una maggiore consapevolezza delle opportunità e dell’arricchimento complessivo che il fenomeno migratorio conferisce alla società moderna, evitando che nel tessuto sociale possano attivarsi processi di isolamento e chiusura culturale. I processi comunicativi e la diffusione dell’informazione Informazione e comunicazione rappresentano due aspetti strettamente complementari dello stesso fenomeno. L’informare, il “dare forma” a qualcosa di finalizzato è "atto" che presuppone un ulteriore "agire", quello del comunicare, del mettere in comune, del rendere disponibile anche ad altri. La comunicazione rappresenta uno strumento indispensabile per l’esercizio della libertà non solo materiale, ma anche culturale, pertanto non è sufficiente concentrare l’attenzione sui “mezzi di informazione” in quanto tali – giornali, tv, radio, internet, pubblicità -, ma è necessario ripensare alla questione in termini più ampi, ragionando sulle possibilità di accesso in senso democratico. La realizzazione di prodotti informativi multiculturali e multilingue ha lo scopo di diffondere notizie utili per la vita quotidiana al fine di realizzare una reale partecipazione alla vita collettiva. Se da un lato è utile promuovere interventi volti a garantire l’accesso ai servizi attraverso i diversi mezzi di comunicazione, caratterizzando progetti per gli stranieri e progetti gestiti da stranieri; dall’altro è necessario che le Istituzioni si adoperino, in modo strutturato, a creare i presupposti per “dare voce” alle comunità straniere presenti sul territorio provinciale. Il sostegno alla famiglia L'aumento di presenze di allievi stranieri nelle scuole dell’ambito provinciale, al di là della rilevanza quantitativa, obbliga a considerare il problema delle tante contraddizioni che tale presenza apre all’interno della scuola e più generalmente sul territorio. La sua concentrazione in alcune aree del territorio (in particolare di quello del capoluogo) pone comunque problemi di varia natura e soprattutto la necessità di migliorare servizi adeguati ai bisogni specifici della nuova popolazione. In particolare, l’aumento dei ricongiungimenti familiari e le nuove nascite hanno creato una situazione nuova che coinvolge il gruppo familiare. L’ingresso di queste nuove culture, se può contribuire in futuro ad aprire nuove prospettive di conoscenza e nuovi orizzonti culturali, sta ponendo nel quotidiano alcuni problemi che vanno da un difficile accesso al sistema scolastico, ad un diffuso insuccesso dei ragazzi migranti, a evidenti difficoltà del mondo docente a far fronte alla dimensione interculturale. Risulta pertanto fondamentale impegnare risorse umane e finanziarie in processi che promuovano l’integrazione degli alunni stranieri nella scuola e nel territorio, garantiscano una accoglienza efficace in qualsiasi momento dell’anno, offrano pari opportunità di istruzione attraverso un sostegno linguistico; sviluppino in tutta la comunità scolastica la sensibilità all’accoglienza e l’importanza e la ricchezza del dialogo e del confronto con le diverse culture, riconoscendo il valore della mediazione interculturale. Il diritto di accesso ai beni primari Non può esistere una definizione di bene primario che prescinda dal valore che, nelle democrazie contemporanee, hanno assunto i diritti sociali, costitutivi oggi della cittadinanza moderna, tra cui: il diritto ad un reddito decoroso, a condurre una vita civile, anche quando si vive in un paese ospite. Da parte delle Istituzioni discende quindi l’obbligo a favorire azioni che garantiscono l'attuazione concreta di diritti a parità di condizioni (art. 3, Cost). I diritti sono, pertanto, individuali, ma costituiscono un bene pubblico da mantenere, coltivare e sviluppare. Questo può avvenire solo all'interno di una cultura della pace, della legalità ed in un quadro di sicurezza (oggettiva e percepita) che, uniche a livello locale, nazionale ed internazionale, possono garantire le condizioni per l'affermazione in pratica dei diritti dei singoli e dei gruppi attraverso strumenti di coesione sociale. Solo in questo senso ci si può porre il problema della qualità della vita dei cittadini che definisce il modo in cui avviene la fruizione dei diritti e la loro reale esigibilità, considerando complessa l’individualità delle persone e delle disuguaglianze di base che le distinguono, puntando su uguali opportunità nella vita. In quest’ottica, avvio di qualsiasi processo di integrazione, deve essere la logica dell’accoglienza. I migranti vulnerabili Dal punto di vista della condizione di inserimento sociale, se da un lato si ampliano e si approfondiscono i percorsi di inserimento e di integrazione, da un altro lato continuano ad essere significativi i fenomeni di marginalità e di vulnerabilità sociale. Donne vittime della tratta, minori non accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati sono i soggetti per cui esistono programmi di assistenza specifici, che necessitano di un lavoro sinergico fra istituzioni pubbliche e private per realizzare sostenibili programmi di inserimento sociale. Accanto a questi soggetti ve ne sono altri per cui non sono previste iniziative specifiche di tutela, ma che necessiterebbero di attenzione, come coloro che non riescono ad accedere ad una risorsa abitativa a causa dei processi di discriminazione in atto nel mercato immobiliare privato o come coloro che la precarizzazione del mercato del lavoro rende più deboli.

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Particolare attenzione dovrà essere posta affinché, a tutti i livelli della programmazione, ciò avvenga nel pieno rispetto delle differenze di genere, orientamento sessuale, età, condizioni fisiche e mentali, provenienza, religione. Il Programma di attuazione provinciale per l’anno 2011, a partire dai presupposti delineati nelle Linee programmatiche, si sviluppa secondo tre differenti direttrici: − la prima riguarda gli interventi su specifiche tematiche che l’Amministrazione intende sostenere sul territorio in modo diffuso (Vasta Area);

− la seconda intende sostenere da un lato lo sviluppo delle iniziative progettuali sul territorio provinciale, ad esclusione della Città di Torino, presenti all’interno degli ambiti territoriali dei Piani di Zona, quali strumenti della programmazione;

− la terza direttrice si pone l’obiettivo di supportare le azioni progettuali sul territorio del territorio provinciale in termini di sussidiarietà verticale a vantaggio dell’amministrazione comunale di Torino, e in termini di sussidiarietà orizzontale a vantaggio degli enti del privato sociale.

8.1.3. Ambiti progettuali

Nel quadro del Piano Integrato provinciale e del Programma di attuazione rientrano le azioni progettuali di seguito elencate: - progetti di accoglienza alle popolazioni migranti; - progetti di orientamento, anche psicologico; - corsi di conoscenza linguistica per adulti; - attività di integrazione scolastica degli allievi stranieri inerenti ad iniziative extra-scolastiche di doposcuola e

laboratoriali, con particolare attenzione ai più piccoli e ai processi di ricongiungimento familiare; - interventi di genere mirati all’integrazione delle donne straniere, in particolare all’inserimento sociale e lavorativo di

donne over 40; - aggregazione e socializzazione per giovani, anche di II G, attraverso interventi di peer education, educativa di strada,

iniziative volte alla creazione o al potenziamento di centri di aggregazione che favoriscano l’incontro tra le diverse culture presenti sul territorio e di luoghi di formazione e confronto tra giovani immigrati e nativi ( ad es. i centri o le biblioteche interculturali);

- aggregazione e socializzazione per adulti: iniziative di socializzazione interculturale che coinvolgano i migranti adulti in attività che siano occasione di incontro, ascolto, scambio di esperienze e saperi appartenenti a culture diverse finalizzate sia a valorizzare le culture dei Paesi di origine, sia a promuovere momenti di incontro con il Paese di accoglienza (laboratori, organizzazione di moduli formativi, manifestazioni, feste, eventi; sostegno all’associazionismo etnico/inter-etnico…), favorendo in particolare occasioni di incontro tra donne straniere e native;

- azioni volte al sostegno della famiglia e della genitorialità nel rapporto con i figli e le Istituzioni pubbliche e private volto a promuovere l’incontro con la scuola e le Istituzioni (anche sotto il profilo del supporto psicologico);

- attività di diffusione dell’informazione e della comunicazione, anche in tema di accessibilità al sistema dei servizi (sportelli informativi, editoria etnica/inter-etnica, radio, tv, web…)

- interventi di formazione degli operatori preposti alle relazioni con i cittadini stranieri, finalizzata a garantire pari condizioni di accesso ai servizi.

8.1.4. Azioni di vasta area

Di seguito le azioni progettuali riservate all’Amministrazione provinciale (azioni di vasta area) in tema di: - Osservatorio sul fenomeno migratorio, Atlante Immigrazione; - Interventi di mediazione interculturale presso i Centri per l’Impiego della Provincia di Torino; - Richiedenti asilo, rifugiati e protezione sussidiaria; - Minori stranieri inseriti in circuiti devianti; - Vittime della tratta; - Sostegno alle attività informative Istituzionali: sportelli esistenti presso uffici istituzionali (Prefettura, Questura, Uffici

stranieri) e aree del territorio; Ogni altro ambito di rilevanza dal punto di vista di interventi diffusi sul territorio.

8.1.5. Piano finanziario

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Politica per l’immigrazione Finanziamento Progetti degli Enti Gestori 460.000,00 progetti indipendenti dalla programmazione territoriale 250.000,00 Interventi di vasta area 284.360,54 TOTALE 994.360,54

8.2. INTERVENTI PER IL SOSTEGNO ALLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO

8.2.1. Le linee programmatiche Il volontariato è un'attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali (vocazioni), che possono essere di solidarietà, di giustizia sociale, di altruismo o di qualsiasi altra natura. Nasce dalla spontanea volontà dei cittadini di fronte a problemi non risolti, o non affrontati, o mal gestiti dallo Stato e dal mercato e rappresenta di per sé un capitale sociale di grandissima rilevanza. La stessa struttura del Registro provinciale delle Organizzazioni di volontariato indica come i settori di interesse ed attività possono essere i più differenti: Socio-assistenziale, Impegno civile e tutela e promozione dei diritti, Sanitaria, Protezione civile, Promozione della cultura, Istruzione ed educazione permanente, Tutela del patrimonio storico artistico, Tutela dell’ambiente, Educazione motoria e promozione attività sportive e tempo libero. Il presente Piano si occupa del campo socio assistenziale, sanitario e impegno civile (rimandando gli altri campi alla programmazione di altri specifici settori dell’Amministrazione Provinciale). Per quanto riguarda l’importanza della concertazione con il volontariato, ci si riferisce ai documenti relativi al Piano Regionale triennale degli interventi e dei servizi sociali 2007-2010 che al cap. 2 paragrafo 2.2 riporta: “la partecipazione dei soggetti privati no-profit va sviluppata con intensità crescente dal momento della programmazione a quelli successivi della progettazione, della realizzazione ed erogazione dei servizi e degli interventi sociali, ovviamente nel rispetto del pluralismo nel sistema dell'offerta dei servizi e delle regole dell’accreditamento, all’interno di un sistema di protezione sociale caratterizzato dai due profili fondamentali della garanzia di risposta ai diritti sociali, e della sussidiarietà nella sua dimensione orizzontale”. In tale ottica il citato principio di sussidiarietà implica quindi, già nel momento programmatico e in seguito in quello gestionale, una valutazione in termini di adeguatezza ed economicità dei soggetti chiamati alla concertazione. Per adeguatezza deve intendersi il rispetto dell’identità originaria delle organizzazioni coinvolte, anche in considerazione del tipo di ragione sociale, della trasparenza e della pubblicità dei bilanci. Di conseguenza le stesse non devono essere indotte, per poter rapportarsi con gli enti pubblici, a ricoprire ruoli non compatibili con la propria natura originaria come definita per legge. Il principio d’adeguatezza implica, inoltre, la valutazione delle capacità tecniche organizzative, nonché il radicamento territoriale e la partecipazione alla programmazione locale. La Regione e gli enti locali programmano gli interventi di politiche sociali favorendo la crescita qualitativa e lo sviluppo dei soggetti del Terzo settore, considerando le vocazioni e le caratteristiche di ognuno, in una logica di sussidiarietà che favorisca l’affermazione e la crescita delle competenze. Per economicità deve intendersi la valutazione della congruità delle risorse necessarie per sostenerne l’intervento, che non dovranno essere superiori a quelle che l’ente pubblico impiegherebbe per intervenire direttamente con i medesimi risultati”. Inoltre la Dichiarazione di intenti tra Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato in Piemonte, Centri di servizio per il volontariato operanti nella provincia di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Regione Piemonte, la Provincia di Torino e il Comune di Torino ( approvata con la DGP n. 1440-420035/2005 del 25/10/2005) che al punto c), tra l’altro, pone in capo alla Provincia il “finanziamento di progetti e attività innovativi e/o sperimentali e/o di vasta area, con particolare attenzione al sostegno di iniziative che si inseriscano nella programmazione territoriale concertata ed in favore di un complessivo sviluppo delle specifiche realtà locali del territorio provinciale”. Nella propria attività programmatoria la Provincia di Torino intende sostenere pienamente il volontariato quale attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali (vocazioni) sia finanziando direttamente progetti che rispettino le vocazioni, identità e caratteristiche proprie di ciascuna Organizzazione, sia trasferendo risorse agli Enti territoriali e alla Città di Torino

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che, in attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà, finanzieranno le Organizzazioni coinvolte nei momenti della programmazione, della progettazione e della gestione Particolare attenzione dovrà essere posta affinché, a tutti i livelli della programmazione, ciò avvenga nel pieno rispetto delle differenze di genere, orientamento sessuale, età, condizioni fisiche e mentali, provenienza, religione.

8.2.2. Programma di attuazione La Provincia di Torino con la propria deliberazione del Consiglio provinciale n. 46441 del 16/09/08 “Atto di indirizzo per migliorare le condizioni di vita dei cittadini più deboli e maggiormente a rischio di emarginazione sociale, in applicazione della L.R. 1/2004”, recependo una petizione popolare sottoscritta da 18 mila persone e a cui hanno aderito circa 80 associazioni, ha approvato i seguenti indirizzi per garantire l'esigibilità dei diritti previsti dalla normativa vigente e la loro promozione verso gli Enti interessati: − diritto alla continuità delle cure sanitarie e socio sanitarie, come previsto dalla normativa vigente, in relazione all’emergenza e all’impraticabilità delle cure domiciliari e/o della disponibilità immediata di un posto letto in struttura socio assistenziale convenzionata, anche attraverso un’ informazione corretta e puntuale ai cittadini sull’esigibilità del diritto

− monitoraggio continuo della situazione dei minori inseriti nelle strutture residenziali al fine di verificare l’attuazione delle misure assunte per lo sviluppo dei servizi alternativi, e di rilevare gli adeguamenti risultati necessari anche implementando il sostegno alle famiglie di origine;

− garanzia per le persone con grave handicap intellettivo o con problemi psichici di crescere in famiglia, sostenendo la stessa con l’offerta di servizi e riconoscendo, anche con contributi economici, il volontariato intrafamigliare. Quando la famiglia è in difficoltà o viene a mancare deve essere assicurato ai disabili il diritto di vivere in comunità alloggio in modo che sia loro garantita una vita di tipo famigliare.

Individuando come specifici obiettivi: − il riconoscimento del diritto soggettivo del malato cronico e non autosufficiente alle cure sanitarie domiciliari, perché oggi spetta solo al medico decidere se e quando attivarle e non al malato e alla sua famiglia in base ai suoi reali bisogni;

− il diritto ad ottenere da Comuni e ASL servizi diurni in numero sufficiente al fabbisogno per favorire la permanenza a domicilio: di chi ha un handicap intellettivo e non è avviabile al lavoro, delle persone con disturbi psichiatrici, dei malati di Alzheimer e sindromi correlate.

Il programma di attuazione si propone pertanto di sostenere: − azioni volte a garantire la tutela dei diritti dei cittadini sia attraverso risposte relazionali d’aiuto e sostegno a bisogni nuovi ed emergenti, sia con interventi diretti di sostegno alle persone,

− il radicamento territoriale e la partecipazione alla programmazione locale − il rispetto dell’identità originaria delle organizzazioni coinvolte, − la crescita qualitativa e lo sviluppo dei soggetti del Terzo settore, considerando le vocazioni e le caratteristiche di ognuno

8.2.3. Ambiti progettuali Pertanto, sia in base a quanto sopra espresso sia nel quadro del presente Piano e del Programma di attuazione, il Settimo bando prevede - in modo prioritario – la realizzazione di progetti proposti dalle Organizzazioni di volontariato negli ambiti di seguito elencati: 1) Sostegno diretto a persone in difficoltà quali anziani fragili, malati psichiatrici, disabili: supporto alla domiciliarità, servizi

di sollievo per famiglie con persone non autosufficienti, interventi nel campo della continuità assistenziale attraverso la realizzazione di progetti quali: � progetti in favore di persone che vivono e vogliono continuare a vivere nella loro casa con particolare riguardo

alle zone di montagna, domotica � progetti finalizzati al rientro a casa dall’ospedale per sostegno al recupero e/o al mantenimento dell’autonomia,

interventi in famiglie con persone non autosufficienti � progetti a sostegno degli anziani “fragili” in periodi di emergenze climatiche (a decorrere dall’estate 2011) � soggiorni, attività diurne, week-end di sollievo � valorizzazione delle reti tra famiglie e singoli � gruppi di auto-mutuo aiuto.

Pur considerando prioritari gli ambiti progettuali sopra elencati, vengono indicate le seguenti ulteriori aree di intervento: − Sostegno alla famiglia e ai minori

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− Interventi a favore della popolazione nomade − Interventi volti alla soddisfazione di bisogni primari di famiglie e singoli in grandi situazioni di disagio, marginalità e povertà al fine di favorire l’integrazione sociale ed economica non limitatamente al mero sostegno finanziario (a decorrere dal mese di agosto 2011).

2) Sostegno alle persone in ospedale, in residenze socio-assistenziali attraverso la realizzazione di progetti quali: o aiuto nella somministrazione dei pasti o animazione/compagnia o ospitalità a parenti dei degenti

3) Crescita qualitativa della singola associazione, nel rispetto delle vocazioni, identità e caratteristiche di ciascuna, al di là delle priorità programmatorie pubbliche o ampliamento dei beneficiari seguiti dall’associazione o azioni innovative relative a metodologie, tipologia di bisogni affrontati o soluzioni proposte o consolidamento di interventi già realizzati

Il presente Piano, con il suo Settimo bando ricomprende al suo interno ogni altra modalità di finanziamento per specifiche tematiche (ad esempio il bando annuale indirizzato a contrastare il “caldo e freddo”) al di là di eventuali subentranti emergenze.

8.2.4. Azioni di vasta area Di seguito si indicano le azioni progettuali riservate all’Amministrazione provinciale in tema di:

o opere strutturali propedeutiche agli interventi in favore delle fasce deboli e collegati ad interventi diffusi sul territorio; o ogni altro ambito di rilevanza dal punto di vista di interventi diffusi sul territorio

8.2.5. Piano finanziario

Il Piano annuale trova capienza nelle risorse finanziarie trasferite annualmente dalla Regione Piemonte ai sensi della LR1-2004. Per quanto riguarda le politiche per il volontariato è intenzione dell’Amministrazione mantenere il finanziamento complessivo dell’anno precedente, così come evidenziate nella tabella sottostante. Coerentemente con le Linee programmatiche si individuano tre ambiti di finanziamento: - gruppo A: programmazione integrata con il sistema dei servizi sociali attraverso gli Enti titolari dei Pani di Zona e della

Città di Torino per quanto attiene l’ambito progettuale n. 1 - gruppo B: programmazione indipendente dalla programmazione territoriale per quanto attiene gli ambiti progettuali n. 2

e n. 3 - programmazione di vasta area Nella distribuzione del budget da assegnare agli Enti territoriali sono stati considerati i seguenti elementi: − La reale capacità di spesa riferita all’entità dei progetti presentati (anche se non finanziati) dagli Enti nel Sesto bando volontariato

− L’entità numerica della popolazione Il riparto può, pertanto, essere effettuato attribuendo a ciascun territorio lo stesso budget effettivamente speso nel bando precedente attribuendo ai territori che abbiano raggiunto una percentuale di spesa superiore al 90% una quota aggiuntiva correlata alla popolazione residente, così come è evidenziato nella tabella seguente.

indicatori

TERRITORIO Popolazione

quote pari a speso 2009

quote teoriche per

popolazione

applicate se nel 2009 lo speso è >

90%

TOTALE

CM Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone 26.645 - 4.639 - 4.639 (*) C.I.S.S.A.C. Caluso 38.083 - 6.630 - 6.630 (*) C.I.S.S.P. Settimo 83.292 18.700 14.501 14.501 33.201

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C.I.S.A. Gassino 41.218 15.179 7.176 - 15.179 C.M. del Pinerolese 39.452 38.449 6.868 6.868 45.317 C.I.S.S. Chivasso 65.489 13.000 11.401 - 13.000 C.I.S.S. 38 Cuorgné 75.362 8.100 13.120 - 8.100 CASA Val Sangone 30.164 20.100 5.251 - 20.100 C.I.S.A. 12 Nichelino 76.537 27.225 13.325 - 27.225 C.I.S.A. 31 Carmagnola 52.056 20.650 9.063 9.063 29.713 CON.I.S.A. Val Susa 91.389 21.600 15.910 15.910 37.510 C.I.S.S.A Pianezza 86.301 21.998 15.025 - 21.998 C.I.di S. Orbassano 94.849 19.000 16.513 16.513 35.513 C.I.S. Cirié 94.671 23.780 16.482 - 23.780 C.I.S.A. Rivoli 57.513 55.000 10.013 10.013 65.013 C.I.S.S. Pinerolo 97.099 36.790 16.904 16.904 53.694 C.S.S.A. del Chierese 93.362 33.233 16.254 16.254 49.487 C.I.S.S.A. Moncalieri 77.276 41.452 13.453 13.453 54.905 C.I.S.A.P. Collegno-Grugliasco 87.812 8.000 15.288 - 8.000 IN.RE.TE. Ivrea 79.490 46.000 13.839 13.839 59.839 Torino 909.538 160.000 158.346 158.346 318.346

TOTALE 2.297.598 628.256 400.000 291.664 931.189 (*) In questo caso, pur non avendo speso nell’anno precedente, al fine di garantire una progettualità iniziale minima, si applica la quota relativa alla popolazione. Il quadro complessivo dei finanziamenti potrebbe pertanto essere il seguente.

Politiche per il sostegno del volontariato Finanziamento progetti attraverso gli Enti titolari dei Piani di Zona e la Città di Torino 931.189 progetti indipendenti dalla programmazione territoriale 160.000 Interventi di vasta area 70.000 TOTALE 1.161.189

8.3. INTERVENTI PER IL SOSTEGNO ALLA COOPERAZIONE SOCIALE DI INSERIMENTO LAVORATIVO

8.3.1. Le linee programmatiche

La presenza dei soggetti del terzo settore nella rete integrata dei servizi trova legittimazione all'art. 3, lettera a), della legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1, che configura un sistema di protezione sociale caratterizzato dal principio di sussidiarietà nella sua dimensione orizzontale. I soggetti privati non a fini di lucro attivi nel sistema integrato dei servizi sono molteplici e presentano caratteristiche specifiche e differenti. Tra di essi le cooperative sociali di tipo B che, ai sensi dell’art. 1 della L. 381/91, hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità attraverso lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Sovente la causa di fondo di molte situazioni di povertà e vulnerabilità sociale è dovuta alla mancanza di concrete opportunità lavorative. Ciò è ancor più vero per i soggetti deboli del mercato del lavoro, cioè coloro che sia per motivi oggettivi di contesto, sia per problemi soggettivi, hanno importanti difficoltà ad esercitare in forma compiuta il diritto al lavoro. L’accesso al lavoro per questi soggetti che, per le loro caratteristiche, sovente sono anche a carico dei servizi sociali pubblici, diviene un fattore centrale di inclusione sociale per superare ogni forma di dipendenza ed assistenzialismo. In tale ottica la cooperativa sociale di tipo B è strumento ideale per il recupero di capacità ed il crescere di competenze professionali, che i normali contesti di mercato tendono ad escludere. Le politiche per l'inserimento nel tessuto sociale delle fasce marginali attraverso il lavoro trovano nella cooperazione sociale di tipo B un fondamentale interlocutore che, negli anni, ha consentito ad un considerevole numero di persone svantaggiate di raggiungere una soluzione lavorativa stabile ed economicamente retribuita.

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Le cooperative sociali d'inserimento lavorativo sono pertanto riconosciute come attori delle politiche attive del lavoro a favore delle fasce deboli e per l'inclusione sociale e proprio per il valore sociale del loro operato costituiscono un interlocutore molto importante nella costruzione di politiche sociali e politiche attive del lavoro. Sovente la causa di fondo di molte situazioni di povertà e vulnerabilità sociale è dovuta alla mancanza di concrete opportunità lavorative. Ciò è ancor più vero per i soggetti deboli del mercato del lavoro, cioè coloro che sia per motivi oggettivi di contesto, sia per problemi soggettivi, hanno maggiori difficoltà di inserimento lavorativo. L’accesso al lavoro per questi soggetti diviene un fattore centrale di inclusione sociale per superare ogni forma di dipendenza ed assistenzialismo. Le cooperative sociali di tipo B che, ai sensi dell’art. 1 della L. 381/91, hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità attraverso lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, proprio per il valore sociale del loro operato costituiscono un interlocutore molto importante nella costruzione di politiche sociali e politiche attive del lavoro.

8.3.2. Programma di attuazione Il programma di attuazione provinciale 2010-2011, a partire da quanto delineato nelle linee programmatiche, si propone di sostenere la cooperazione sociale di inserimento lavorativo sviluppando due differenti direttrici: − la prima riguarda i finanziamenti alle cooperative sociali sulla base di progetti da loro presentati nell’ambito di: • azioni volte al consolidamento di impresa; • azioni volte all’introduzione di strumenti manageriali e sistemi di rendicontazione sociale; • azioni volte all’inserimento lavorativo di persone in situazioni di svantaggio non comprese nella L. 381/91; • azioni volte al sostegno della continuità lavorativa di soggetti svantaggiati; − la seconda riguarda gli interventi su specifiche tematiche che l’Amministrazione intende sostenere sul territorio in modo diffuso (Vasta Area);

8.3.3. Ambiti progettuali

L’inclusione sociale attraverso il lavoro: l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Lo status di “lavoratore svantaggiato” non implica di per sé una minore produttività individuale. Le cooperative di tipo B sono uno strumento ideale per il recupero di capacità ed il crescere di competenze professionali di soggetti svantaggiati, che i normali contesti di mercato invece tendono ad escludere, ed hanno consentito negli anni ad un considerevole numero di persone svantaggiate di raggiungere una soluzione lavorativa stabile. L’inserimento di soggetti in situazione di svantaggio comporta l’integrazione delle capacità del singolo di inserirsi positivamente nell’ambiente di lavoro con le sue capacità di contribuire in maniera efficace alla realizzazione del prodotto. Da questo punto di vista, le cooperative sociali di tipo B possono offrire un ambiente di lavoro, sia sotto il profilo organizzativo che motivazionale, che, combinando in modo efficace le risorse disponibili, è capace di assorbire nei meccanismi collettivi le eventuali inefficienze individuali. L’evoluzione dei bisogni: nuove tipologie di svantaggio. La Legge 381/91, così come integrata dalla Legge 193/2000, all’art. 4 individua le tipologie di soggetti che sono da considerarsi “persone svantaggiate” ai fini dell’inserimento lavorativo nelle cooperative sociali di tipo B. Il Regolamento CE N. 2204/2002 del 12 dicembre 2002 ed il Regolamento CE N. 800/2008 del 6 agosto 2008 danno una definizione più ampia di «lavoratore svantaggiato», intendendo con tale termine qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro. Da un lato il notevole arco temporale ormai trascorso dall’emanazione della L. 381/91, dall’altro la contingente situazione di crisi pongono la necessità di riflettere su quali tipologie di soggetti possano considerarsi svantaggiati nei confronti del mercato del lavoro. Da questo punto di vista e nell’ottica di questo Piano Integrato, la Provincia intende sostenere l’inserimento lavorativo delle donne vittime della tratta, dei nomadi, degli stranieri richiedenti asilo, dei disoccupati ultracinquantenni. La continuità lavorativa intrinseca al percorso di vita: la multidimensionalità dell’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati. L’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati è un percorso basato sul presupposto che il lavoro sia un adeguato strumento di riabilitazione sociale delle fasce deboli ed anche un importante momento di riacquisizione di accesso ai diritti di cittadinanza. Il concetto di “inserimento” è multidimensionale in quanto processo complesso costituito da più dimensioni: lavorativa, organizzativa, sociale.

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L’aspetto lavorativo concerne la capacità della cooperazione di inserire in modo adeguato soggetti dalle ridotte capacità nel processo produttivo. L’aspetto organizzativo riguarda la capacità della cooperazione di creare contesti di lavoro caratterizzati da trasparenza, partecipazione e condivisione dei processi decisionali e della vita politica della cooperativa. L’aspetto sociale fa riferimento alla capacità della cooperazione di facilitare l’integrazione sociale delle persone. Le relazioni sociali interne alla cooperativa spesso supportano i soggetti svantaggiati nella realizzazione di una compiuta autonomia individuale dal punto di vista dei funzionamenti e delle capacità fondamentali della persona: abitare, costruire un nucleo famigliare, essere in buona salute, uscire dal circuito assistenziale dei servizi (configurando così anche un risparmio per il welfare pubblico), etc. Il lavoro svolge un ruolo fondamentale, in quanto connesso ad un ruolo sociale attivo, come elemento di costruzione di identità personale, come alternativa ad ogni prospettiva assistenzialistica: diventa cruciale quindi la capacità della cooperazione sociale di assicurare una “carriera contrattuale” che conduca dal tempo determinato al tempo indeterminato. Nel corso degli anni la cooperazione di inserimento lavorativo si è qualificata proprio per le sue capacità di offrire opportunità di lavoro regolare e stabile anche a quei soggetti sovente esclusi dal processo produttivo. Sviluppo e consolidamento di impresa. La cooperazione sociale di inserimento lavorativo non si può considerare come semplice contenitore per l’impiego di soggetti altrimenti non occupabili, o occupabili con difficoltà. Le cooperative sociali di tipo B sono infatti imprese che hanno per obiettivo la ricerca di un equilibrio ottimale tra efficienza economica e progetto solidale. In generale esiste una relazione positiva tra performance e dinamica degli investimenti: le cooperative che incrementano gli investimenti ottengono performance significativamente migliori. Secondo la ricerca già citata della Regione Piemonte 2008, dall’analisi dei tipi di investimento più diffusi nel triennio 2005-2007, emerge la crescente attenzione alle risorse terziarie e ai servizi che possono incrementare il valore delle prestazioni fornite, nonché la volontà di occupare posizioni di mercato più vantaggiose. Per mantenere e sviluppare la sua caratteristica di impresa produttiva, la cooperazione sociale di tipo B deve necessariamente misurarsi con il mercato, garantire l’economicità del suo prodotto e realizzare efficienza gestionale. Contemporaneamente le strategie aziendali permettono di raggiungere gli obiettivi di produzione di socialità e di inclusione delle fasce deboli del mercato. Esiste quindi un’interdipendenza tra l’efficacia delle azioni di inserimento lavorativo e l’adeguatezza delle azioni di sviluppo imprenditoriale e reperimento delle commesse. Si crea così un circolo virtuoso dove il “fare impresa” si riflette positivamente sulla qualità degli inserimenti lavorativi e il “fare inserimenti di qualità” si riflette positivamente sulle capacità produttive dell’impresa. Gli strumenti manageriali ed i sistemi di rendicontazione sociale. Le imprese in generale, ed a maggior ragione le imprese senza scopo di lucro come le cooperative di tipo B, hanno delle oggettive responsabilità di ordine sociale, sia verso l’esterno – in termini di ricadute sul mercato e sulla società dell’operato dell’azienda - sia verso l’interno – in termini di ricadute sull’occupazione dei propri dipendenti. Risulta pertanto importante misurare il valore di tale responsabilità sociale, anche ai fini del controllo delle strategie e delle politiche aziendali conseguentemente adottate. Utile strumento in tal senso è l’introduzione di una vera e propria contabilità sociale, intesa come sistema informativo volto a monitorare i risultati aziendali e tale da permettere di evidenziare la ricchezza sociale prodotta ed i costi sociali sostenuti. In tal modo si possono diffondere i risultati “globali” dell’azienda, comprendenti anche aspetti qualitativi non misurabili in termini economico-finanziari ma che a loro volta rappresentano rilevanti componenti del “prodotto sociale” di una azienda. In questi termini la cooperazione sociale di inserimento lavorativo, nel perseguire la propria mission, produce un valore aggiunto che va oltre l’incremento di ricchezza prodotta dall’azienda misurabile in termini monetari. In tale direzione va uno degli esiti del Progetto Reti.Qu.A.L.- Reti Qualità Ambiente Lavoro - con il quale la Provincia di Torino ha inteso sostenere la crescita della cooperazione sociale nel territorio piemontese. Nello specifico la definizione di un modello di riclassificazione dei bilanci delle cooperative sociali di tipo B secondo il metodo del valore aggiunto, che permette di evidenziare la ricchezza prodotta e le capacità generative delle cooperative, non solo nella produzione di beni e servizi ma anche nell’integrazione socio-lavorativa delle persone svantaggiate. Il rapporto con l’Ente Pubblico Il mercato prevalente delle cooperative d’inserimento lavorativo è costituito dai servizi affidati in outsourcing dagli enti locali e dalle società a controllo pubblico.

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Ciò vale in particolar modo nella provincia di Torino dove il valore della produzione è particolarmente alto in virtù dell’elevato ricorso, da parte dell’attore pubblico, alla cooperazione sociale B in qualità di partner strategico per la realizzazione dei programmi di politiche del lavoro rivolte ai soggetti deboli. Fattore importante ai fini dello sviluppo, dal quale consegue la capacità di competere nel mercato del lavoro, è senz’altro la stabilizzazione del mercato acquisito e una regolazione del settore degli affidamenti di servizi favorevole alla cooperazione sociale di tipo B, anche alla luce delle regole in materia di affidamenti affermatesi a livello comunitario e dalla recente normativa sugli appalti pubblici, che consentono concretamente la crescita e lo sviluppo delle cooperative. Questo non significa mera concessione di vantaggi differenziali. Le cooperative sociali di tipo B sono un agente di economia solidale, che producono insieme servizi venduti sul mercato e risultati di tipo sociale. Sono contemporaneamente soggetto economico e strumento delle politiche attive del lavoro. La D.G.R. 79/2006 e gli atti conseguenti La D.G.R. n. 79-2953/2006 regolamenta i rapporti tra gli Enti pubblici ed il Terzo settore ai sensi dell’art. 31 della L.R. 1/2004. Relativamente alla cooperazione di inserimento lavorativo, la delibera ne riconosce il rilevante ruolo di attore delle politiche attive del lavoro in quanto strumento ideale per il recupero di capacità ed il crescere di competenze professionali, che i normali contesti di mercato tendono ad escludere. Pertanto, sottolineando l’importanza che vengano attuate ed esperite tutte le possibilità che le norme consentono per promuovere gli affidamenti di pubblici servizi e forniture alle cooperative di tipo B, fornisce precise indicazioni in merito come ad esempio:

- la previsione da parte dell’Ente Pubblico di riservare una quota percentuale delle proprie forniture di beni e servizi, diversi da quelli socio-sanitari e educativi, sotto soglia comunitaria, alle cooperative di tipo B del territorio;

- l’introduzione, tra le condizioni d'esecuzione nelle forniture sopra soglia comunitaria, dell'obbligo per l'aggiudicatario dell’appalto di eseguire il contratto con l'impiego di persone svantaggiate in percentuale significativa.

Tale atto di indirizzo ha trovato concreta attuazione con la D.G.R. n. 46/2009 che impegna le strutture organizzative regionali, gli Enti del sistema sanitario regionale, gli Enti Strumentali e le Società Partecipate, quali stazioni appaltanti, a destinare una quota non inferiore al 2% degli stanziamenti complessivi per gli affidamenti a terzi di forniture di beni e servizi a convenzioni di importo inferiore alla soglia comunitaria con cooperative sociali di tipo B ed ad inserire, negli affidamenti sopra soglia comunitaria, negli atti di esecuzione contrattuale particolari condizioni attinenti a esigenze sociali volte a favorire l’utilizzo di personale svantaggiato in percentuale significativa. Da questo punto di vista e nell’ottica di questo Piano Integrato, fra le categorie elencate dal Regolamento, è intenzione dell’Ente sostenere in particolare l’inserimento nel mondo del lavoro di: − Donne vittime della tratta; − Nomadi; − Stranieri richiedenti asilo politico; − Disoccupati ultracinquantenni. Nel quadro del Piano Provinciale Integrato e del Programma di attuazione rientrano gli ambiti progettuali di seguito elencati: − realizzazione di investimenti aziendali tramite l’acquisto di impianti, macchinari, apparecchiature e programmi informatici, automezzi, arredi e attrezzature;

− introduzione di strumenti manageriali e sistemi di rendicontazione sociale, con particolare riferimento al bilancio sociale e alla riclassificazione del bilancio secondo il metodo del valore aggiunto (progetto Retiqual);

− sostegno all’inserimento lavorativo di persone in situazioni di svantaggio non comprese nella L. 381/91, con particolare riferimento a: donne vittime della tratta, nomadi, stranieri richiedenti asilo politico, disoccupati ultracinquantenni;

− sostegno alla continuità lavorativa di soggetti svantaggiati di cui all’art. 4 della Legge 381/91 e s.m.i., per i quali siano venute meno le condizioni di svantaggio.

Particolare attenzione dovrà essere posta affinché, a tutti i livelli della programmazione, ciò avvenga nel pieno rispetto delle differenze di genere, orientamento sessuale, età, condizioni fisiche e mentali, provenienza, religione.

8.3.4. Azioni di vasta area Di seguito le azioni progettuali riservate all’Amministrazione provinciale in tema di:

- Diffusione dei contenuti della D.G.R. 79/2006 e delle buone prassi relative all’incremento di commesse pubbliche a favore della cooperazione sociale di tipo B

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- Promozione ed incentivazione dell’utilizzo dello strumento dei rapporti convenzionali di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 381/1991 da parte delle amministrazioni dei piccoli comuni

Ogni altro ambito di rilevanza dal punto di vista di interventi diffusi sul territorio.

8.3.5. Piano finanziario Il Piano annuale trova capienza nelle risorse finanziarie trasferite annualmente dalla Regione Piemonte ai sensi della LR1-2004. Per quanto riguarda le politiche per il sostegno della cooperazione sociale di tipo B è intenzione dell’Amministrazione mantenere l’entità dei finanziamenti dell’anno precedente, valutando la possibilità di aumentarne la dotazione alla luce dell’ampliamento degli ambiti di intervento, così come evidenziate nella tabella sottostante,. La distribuzione territoriale e per singole voci degli specifici stanziamenti sarà aggetto di analisi nella fase di presentazione del Piano agli attori ed interlocutori e, pertanto, troverà la sua precisa definizione solo nei successivi atti di implementazione.

Politiche per il sostegno della Cooperazione sociale di inserimento lavorativo Finanziamento Interventi di sostegno alla continuità lavorativa di soggetti svantaggiati 40.000 Strumenti manageriali e sistemi di rendicontazione sociale 20.000 Sostegno all’inserimento lavorativo di persone in situazioni di svantaggio comprese e non nella L. 381/91; Sviluppo, consolidamento di impresa

300.000

Interventi di vasta area 60.000 TOTALE 420.000

8.4. INTERVENTI PER LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI

8.4.1. Le linee programmatiche Le professioni sociali stanno attraversando un periodo piuttosto critico. Da un lato si assiste ad un cambiamento piuttosto veloce del contesto sociale, con un aumento e una diversificazione della complessità che porta ad un ampliamento delle richieste di sostegno e di aiuto e dall’altro la riforma del welfare, che affida agli operatori compiti diversi e più ampi, ridisegna identità e apre nuove incertezze. Il punto di partenza vuole essere una politica che favorisce la formazione e lo sviluppo delle competenze delle risorse umane quale leva fondamentale per orientare sia gli operatori che la pubblica amministrazione ad operare per obiettivi e risultati. L’azione formativa non deve essere solo una risposta all’utilizzo di finanziamenti economici disponibili e non deve sviluppare iniziative segmentate e non collegate tra loro. A partire dall’anno 2002,annualmente, a partire dall’elaborazione, di concerto con la Regione e le altre Province piemontesi, di specifiche linee guida regionali viene predisposto il “Programma Provinciale per l’autorizzazione ed il finanziamento delle attività formative per gli operatori sociali” ed utilizzando prevalentemente i finanziamenti ricevuti dal Fondo regionale unico. In linea con le considerazioni di cui sopra, negli ultimi anni questa Provincia ha operato la scelta di sostenere i territori impegnati nei diversi processi di programmazione del sociale (in primis piani di zona, peps, bilanci sociali, revisione degli assetti organizzativi, etc) dando priorità al finanziamento di corsi che privilegiano il supporto a tali processi complessi specie se collegati con i processi di predisposizione, monitoraggio e valutazione dei Piani di Zona e analogamente dei Piani e profili di salute. E’ di tutta evidenza che anche per l’anno di riferimento 2010 e 2011 è intendimento dell’Ente confermare tale scelta quale linea programmatica di finanziamento dei corsi di formazione e aggiornamento per gli operatori sociali del territorio. Secondariamente, verranno finanziati tutti gli altri corsi centrati su tematiche più generali e di supervisione locale. In generale, saranno tenute in particolare considerazione le attività formative che, pur rivolgendosi in primis al proprio personale, promuovano e favoriscano anche la partecipazione di altri soggetti presenti nella rete del territorio (IPAB pubbliche e privatizzate, Sanità, Terzo Settore, Scuole, ecc.) che a vario titolo operano nell’interesse della comunità locale

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secondo i principi stabiliti dalla L. 328/2000. Particolare attenzione verrà posta affinché, a tutti i livelli, la programmazione avvenga nel pieno rispetto delle differenze di genere, orientamento sessuale, età, condizioni fisiche e mentali, provenienza, religione. Per garantire sul territorio il raggiungimento di un’adeguata realizzazione dei progetti, si individuano i seguenti principi operativi:

� Titolarità della programmazione dell’attività formativa agli Enti gestori dei servizi sociali anche se la gestione dei corsi avviene tramite Agenzie formative accreditate;

� Programmazione dell’attività formativa realmente aderente ai fabbisogni rilevati e al conseguente impatto occupazionale;

� Rilevanza ai progetti presentati in partenariato con altri Enti gestori istituzionali delle funzioni socio-assistenziali.

Per garantire un’adeguata coerenza ai fabbisogni formativi presenti nel territorio di competenza ogni Ente dovrà progressivamente dotarsi di un proprio Piano della formazione come documento da inserire quale parte integrante ed operativo del documento di Piano di Zona del sociale. Infine, non per ordine di importanza, in linea con il ruolo di Ente di programmazione intermedio e soggetto di programmazione decentrata delle politiche regionali, prosegue l’interesse della Provincia per la realizzazione di progetti per attività formative denominate di “Vasta Area”, cioè quelle azioni formative di interesse provinciale che “riguardano vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale” (art. 19 TUEL 267/2000) che coinvolgono le singole comunità professionali, le équipe multiprofessionali e più in generale tutti i soggetti istituzionali e non, che in esso vi operano. La realizzazione di tali progetti vuole, da un lato, essere una risposta all’esigenza di ottimizzare le risorse disponibili con la capacità di migliorare la qualità della risposta formativa, dall’altro, creare momenti di confronto e di sinergie tra gli operatori sulle tematiche affrontate che superino i “ristretti confini” amministrativi degli enti. A tali percorsi formativi per il loro carattere peculiare di area vasta è possibile prevedere, dietro adeguato scambio di informazioni tra le diverse Amministrazioni e/ con altri soggetti non istituzionali, la partecipazione di altri operatori operanti nei territori di altre Province, nell’ottica di favorire le opportune sinergie e di massimizzare per ciascun operatore le opportunità formative presenti nel territorio piemontese.

8.4.2. Programma di attuazione Il Programma di attuazione provinciale 2010-2011, a partire da quanto delineato nelle Linee programmatiche si sviluppa secondo due differenti direttrici: − la prima riguarda i finanziamenti che l’Amministrazione intende sostenere agli Enti gestori dei servizi sociali ed alle Agenzie formative accreditate sulla base dei progetti formativi da loro presentati

− la seconda intende sostenere la realizzazione di progetti per attività formative denominate di “Vasta Area”, cioè di quelle azioni formative che “riguardano vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale” (art. 19 D.Lgs. n.267/2000) o che coinvolgono le singole comunità professionali, le equipe multiprofessionali e più in generale tutti i soggetti istituzionali e non che in esso vi operano.

Per garantire sul territorio il raggiungimento di un numero adeguato di opportunità formative per gli operatori sociali e socio-sanitari e per sostenere un’adeguata capacità nella definizione dei progetti, sono individuati i seguenti principi operativi: − Titolarità della programmazione dell’attività formativa agli Enti gestori dei servizi sociali (anche se la gestione dei corsi avviene tramite Agenzie formative accreditate) e collegamento con i processi di programmazione locale

− Programmazione dell’attività formativa sulla base di un’analisi dei fabbisogni rilevati e al conseguente impatto occupazionale effettuata con i competent Uffici Provinciali

− Rilevanza dei progetti presentati in partenariato con altri Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali.

8.4.3. Ambiti progettuali Pertanto, sia in base a quanto sopra espresso sia nel quadro del presente Piano e del Programma di attuazione, è prevista la realizzazione di progetti negli ambiti di seguito elencati: − Corsi di formazione per occupati diretti al conseguimento della specializzazione per Direttore di Comunità socio sanitaria (112 ore), promossi in attuazione della D.G.R. n. 17-15226 del 30/03/2005 e attivati sulla base delle indicazioni contenute nella D.G.R. n. 35-9199 del 14/07/2008 nonché secondo le modalità e i criteri previsti nelle Linee Guida della D.G.R. n.52-409 del 26/07/10.

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− Corsi di aggiornamento/formazione permanente, destinati, prioritariamente, agli operatori dei servizi socio–assistenziali, con possibilità di estendere la partecipazione ad altri operatori e professionisti coinvolti nel sistema integrato di interventi e servizi sociali, nell’area socio sanitaria nonché a volontari o altre figure rientranti nel progetto formativo complessivo.

Non sono previsti i percorsi di base diretti all'acquisizione della qualifica di "Operatore socio-sanitario"(O.S.S.) (1.000 ore) ed i percorsi modulari “Elementi di assistenza familiare” (200 ore), “Tecniche di sostegno alla persona” (400 ore) e “Modulo finale O.S.S.” (400 ore), per i quali rimane esclusivo il finanziamento sulla Direttiva Mercato del Lavoro tramite il Fondo Sociale Europeo (F.S.E).

8.4.4. Azioni di vasta area In linea con il ruolo di Ente di programmazione intermedio e soggetto di programmazione decentrata delle politiche regionali e di coordinamento del territorio, la Provincia di Torino promuove la realizzazione di progetti per attività formative denominate di “Vasta Area”, riguardanti gli operatori sociali occupati nei diversi servizi inerenti il sistema integrato di interventi e servizi sociali del proprio territorio (ex lege 328/00). Per progetti di Vasta Area s’intendono quelle azioni formative che “riguardano vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale” (art. 19 D.Lgs. n.267/2000) o che coinvolgono le singole comunità professionali, le equipe multiprofessionali e più in generale tutti i soggetti istituzionali e non che in esso vi operano. La realizzazione di tali progetti vuole, da un lato favorire momenti di confronto e di sinergie tra gli operatori sulle tematiche affrontate che superino i confini amministrativi degli enti locali e dall’altro rispondere all’esigenza di ottimizzare le risorse disponibili con la capacità di migliorare la qualità della risposta formativa. La lettura del bisogno formativo per Vasta Area vuole favorire la creazione ed il consolidamento di una rete di relazioni tra gli addetti ai lavori, vista come il superamento della dimensione strettamente locale che permetta la ricerca di una dimensione della programmazione formativa più ampia e facilmente condivisibile. CARATTERISTICHE DEI PROGETTI I percorsi formativi di Vasta Area devono avere le seguenti caratteristiche: - interessare una parte significativa o la totale area del territorio provinciale - essere rivolti ad una specifica categoria professionale, ad un’équipe di lavoro multiprofessionale e/o a soggetti coinvolti

nel sistema integrato di interventi e servizi sociali, nell’area socio sanitaria nonché a volontari o altre figure rientranti nel progetto formativo complessivo.

- essere supportati da un’analisi dei bisogni specifica del tema in oggetto, in coerenza con la programmazione del sistema dei servizi espressi dai principali strumenti di programmazione (es. Piano di zona locale,

- possedere una partnership qualificata - contenere, se possibile, elementi innovativi nella progettazione e/o nella modalità di esecuzione. Non saranno concessi in alcun modo contributi per la realizzazione di convegni o di seminari a carattere di sensibilizzazione se non parte integrante del progetto e quindi strettamente collegati al percorso formativo complessivo. GESTIONE DEI PROGETTI In base alle valutazioni dei fabbisogni formativi da parte del Servizio Solidarietà Sociale ed alle proposte ricevute da parte dei soggetti proponenti verrà individuato annualmente il numero dei corsi su cui procedere alla progettazione. Tali proposte presentate al Gruppo di lavoro sulla formazione degli operatori sociali, al fine di ottenere un parere consultivo, verranno successivamente valutate dall’Assessorato per verificare la coerenza con gli indirizzi e la programmazione formativa annuale dell’Ente.

Gestione Diretta I percorsi formativi sono progettati e gestiti dall’Ufficio Programmazione territoriale, anche su proposta ed in partnership con altri Uffici e/o Servizi dell’Area, e la loro realizzazione potrà avvenire anche individuando qualificati soggetti esterni con esperienza formativa adeguata e assegnando loro, mediante le normali procedure di affidamento, la gestione del percorso formativo. L’Ufficio, di concerto con gli eventuali partner, curerà inoltre il coordinamento ed il monitoraggio del progetto.

Gestione Indiretta Potranno essere concessi contributi a soggetti diversi che presentino istanza in tal senso per la realizzazione di iniziative formative di interesse provinciale. LINEE PROGRAMMATICHE

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Sulla base delle proposte pervenute da alcuni Uffici del Servizio Solidarietà Sociale e dalle istanze emerse dal Gruppo di lavoro sulla formazione degli operatori sociali, integrate e riviste alla luce degli indirizzi dell’Assessorato in tema di formazione sono emerse alcune priorità tematiche riguardanti la comunità degli assistenti sociali, la comunità interprofessionale degli operatori sociali e la promozione e cultura del lavoro sociale. In particolare:

• LA TUTELA DEL MINORE E DELLE SUE RELAZIONI FAMILIARI La complessità degli interventi a cui è chiamata l’organizzazione del sistema dei Servizi, anche con le significative novità introdotte con l’entrata in vigore integrale (luglio 2007) della L.149/01, richiede la presenza di operatori sempre più qualificati ed in grado di avviare un proficuo dialogo interprofessionale interagendo in modo nuovo con gli operatori del diritto (avvocati dei genitori, curatori speciali-difensori dei minori). La presente proposta formativa nasce in prosecuzione del precedente corso finanziato nell’ambito del Programma provinciale 2008 e dal lavoro sinergico tra l’Ufficio di Programmazione Territoriale, l’Ufficio Pubblica Tutela e Rapporti con l’Autorità Giudiziaria, il Tavolo di coordinamento provinciale per l’affidamento familiare che ha costituito un Gruppo di lavoro composto anche da alcuni assistenti sociali rappresentanti degli Enti gestori dei servizi sociali, alcuni psicologi delle ASL della Provincia di Torino, l’Ordine degli assistenti sociali, l’ordine degli Avvocati, il Tribunale per i Minorenni, la Procura minorile presso il Tribunale per i Minorenni. Il percorso, rivolto ad assistenti sociali, educatori professionali, psicologi, psichiatri, neuropsichiatri, avvocati vuole fornire un momento di conoscenza, di confronto e di scambio reciproco tra questi operatori impegnati nella tutela del minore e delle sue relazioni familiari.

• CONDUTTORI DI “GRUPPI DI PAROLA” PER BAMBINI CON GENITORI SEPARATI/IN SEPARAZIONE Il progetto di questo corso di formazione per conduttori di Gruppi di parola per bambini con genitori separati/in separazione, si qualifica come una iniziativa ad alto impegno preventivo per le nuove generazioni ed è stato espressamente richiesto dai mediatori familiari che afferiscono al Tavolo Provinciale di Coordinamento sulla Mediazione. Non solo la pratica della mediazione familiare ma anche le Consulenze Tecniche di Ufficio e le ricerche psicosociali condotte con le famiglie divise indicano la necessità di cimentarsi con una nuova e specifica risorsa a favore dei figli di genitori separati a sostegno della difficile transizione del divorzio. Esperienze da tempo in corso in altri Paesi stanno confermando l’importanza di offrire ai figli di genitori in conflitto un luogo e un tempo in cui sostenere e favorire la comunicazione tra pari, al fine di dare voce, “mettere parola”, sulle paure e le speranze legate ai cambiamenti della vita familiare. Il percorso si rivolge ai mediatori familiari ed agli operatori psicosociali con provata esperienza nel campo delle conflittualità familiari ed è finalizzato a:

• riflettere sui bisogni dei figli delle famiglie divise di età compresa tra i 6 e 12 anni • apprendere la metodologia e le tecniche specifiche per la promozione e la conduzione del Gruppo di Parola da

attivare presso i propri Servizi. L’accesso è riservato ad un massimo di 20 professionisti (mediatori familiari, psicologi, assistenti sociali, educatori laureati) che abbiano concordato all’interno del proprio servizio/centro per le famiglie l’avvio di detti gruppi in quanto la fase conclusiva del percorso formativo prevede la discussione della pratica e la valutazione delle esperienze effettuate.

• GLI OPERATORI SOCIALI E GLI INTERVENTI DI INCLUSIONE SOCIALE In considerazione della situazione economica attuale, emerge la necessità di acquisire strumenti e nozioni per un approccio nuovo che metta in relazione figure professionali appartenenti anche ad ambiti di lavoro diversi. E’ necessario intersecare la propria attività quotidiana con le tematiche del mondo imprenditoriale, con chi si occupa di politiche attive del lavoro, per la predisposizione di progetti di intervento che non sono solo di tipo assistenziale ma che devono far leva sulle potenzialità delle persone e sulle risorse del territorio e tendere ad allontanare da circuiti assistenziali continuativi. Si possono individuare due specifici percorsi di intervento uno rivolto alla prevenzione dell’emarginazione e collegato quindi all’inclusione ed il secondo di conoscenza approfondimento del mondo dei Senza fissa dimora e delle possibili strategie d’intervento nei loro confronto.

Modulo 1. L’orientamento e l’accompagnamento all’inclusione sociale. In particolare si ritiene importante un lavoro educativo rivolto a persone adulte “autonome/autosufficienti” che svolga una funzione di orientamento/accompagnamento e supporto nell’affrontare una quotidianità ricca di situazione nuove, poco conosciute e che sono spesso causa di insorgenza di altre e più gravi patologie. Il percorso è rivolto a assistenti sociali, educatori, funzionari dei comuni (politiche attive del lavoro), operatori dei Centri per l’Impiego, UEPE.

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Modulo 2. Il mondo dei senza fissa dimora. Le realtà del territorio provinciale sono state poco finora poco coinvolte nell’approccio alla realtà delle persone senza fissa dimora ma il peggioramento delle condizioni economiche, il cambiamento della realtà sociale, familiare, lavorativa, le variazioni imposte a livello normativo stanno modificando l’orientamento e l’attenzione della politiche e degli interventi nei confronti di questa categoria. Come progettare e attuare gli interventi a bassa soglia, i percorsi di ricostruzione e i centri di accoglienza è una sfida che gli operatori sociali devono saper affrontare adeguatamente. Il percorso è rivolto ad assistenti sociali, educatori professionali, responsabili di Area, funzionari comunali, altri operatori.

• LE CAPACITÀ GENITORIALI IN AMBITO DI CONOSCENZA E ACCOMPAGNAMENTO DELLE FAMIGLIE AFFIDATARIE

Il tema è strettamente connesso agli strumenti professionali, alle modalità ed ai criteri, in relazione anche con l’evoluzione delle tipologie di affidamenti e con il tema più ampio dell’accoglienza dei minori in difficoltà. Dal lavoro di riflessione e confronto che il Tavolo Provinciale ha iniziato con le Associazioni/gruppi di famiglie che operano stabilmente nei diversi territori provinciali in ambito di affidamento familiare è nata la necessità di una formazione che coinvolga tutti coloro che a diverso titolo si occupano di affidamento familiare con l’obiettivo di un accrescimento comune di saperi arricchito dalla sinergia di ruoli diversi. Si ipotizzano dunque interventi formativi su temi specifici e modalità di apprendimento partecipativo attraverso laboratori che consentano di preparare e guidare eventuali sperimentazioni da realizzarsi in alcuni territori “pilota”; un ambito che si è individuato come idoneo è il riconoscimento degli standard minimi di competenza per le famiglie affidatarie, con un percorso di conoscenza delle famiglie che preveda anche un coinvolgimento strutturato delle Associazioni che operano in tale ambito. Il percorso è rivolto in specifico al Tavolo permanente di Coordinamento sull’Affidamento Familiare della Provincia di Torino “esteso” ai referenti in area minori/affido degli Enti Gestori, ai professionisti sanitari dell’èquipe affido ed alle Associazioni.

8.4.5. Piano finanziario Il Piano annuale trova capienza nelle risorse finanziarie trasferite annualmente dalla Regione Piemonte ai sensi della LR1-2004. Per quanto riguarda le politiche per la formazione degli operatori sociali è intenzione dell’Amministrazione mantenere l’entità dei finanziamenti dell’anno precedente, così come evidenziate nella tabella sottostante. La distribuzione territoriale e per singole voci degli specifici stanziamenti sarà aggetto di analisi nella fase di presentazione del Piano agli attori ed interlocutori e, pertanto, troverà la sua precisa definizione solo nei successivi atti di implementazione.

Politica per la formazione degli operatori sociali Finanziamento Finanziamento corsi degli Enti gestori dei servizi sociali e delle Agenzie formative accreditate 630.834,00 Interventi di Vasta area 100.000,00 TOTALE 730.834,00

9. IMPLEMENTAZIONE Il Piano annuale delle politiche territoriali trova la sua applicazione nel coordinamento nelle modalità di implementazione e finanziamento delle diverse politiche settoriali: immigrazione, volontariato, cooperazione sociale di tipo B e della formazione professionale degli operatori sociali. Il Piano individua, pertanto, i principi e le regole generali che saranno posti alla base della predisposizione dei diversi strumenti di finanziamento delle politiche. Con il presente Piano ciascuna delle diverse modalità di implementazione delle diverse politiche mantiene la sua piena e totale autonomia, pur con uno sforzo concentrato nel coordinamento tra ciascuna di esse. Come si è visto questo è un processo che si sviluppa già da alcuni anni, ma che in sede di questo Piano vuole trovare nuovi ed ulteriori “allineamenti”.

9.1. MODALITA’ E STRUMENTI Per la sua implementazione ed attuazione il Piano individua diversi ed integrati livelli di responsabilità:

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− i soggetti titolari della cabina di regia dei Piani di Zona Locali, considerando questi strumenti maturi e funzionali della programmazione concertata, entro i quali far confluire gli interventi programmati del sistema territorio;

− le Amministrazioni comunali quali titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi dei servizi alla persona ed in particolare dei servizi sociali

− le formazioni sociali sia nella loro azione di sussidiarietà orizzontale in concorso con il sistema pubblico di tali interventi che nella loro autonoma azione di sviluppo del capitale sociale del territorio.

Secondo l’esperienza maturata con le precedenti fasi di programmazione nelle diverse politiche, il Piano utilizza anche diversi ed integrati strumenti per la sua implementazione: − finanziamento di specifici programmi territoriali presentati dagli enti territoriali competenti per le politiche dell’immigrazione, del volontariato e della formazione dei propri operatori sociali, sulla base di budget definiti attraverso una serie di indicatori di possibile fabbisogno locale. In particolare gli Enti territoriali valutano e validano i progetti operativi inviando alla Provincia un elenco di progetti selezionati, coerenti con la programmazione locale, per una richiesta totale di contributi pari al budget territoriale.

− emanazione di specifici bandi di finanziamento di progetti presentati dalle formazioni sociali interessate e specificamente individuate per le diverse politiche dell’immigrazione, del volontariato, della cooperazione sociale e della formazione degli operatori sociali. In questo caso la Provincia valuta ed attribuisce un punteggio a tutti i progetti pervenuti, definisce una graduatoria di merito ed assegna il relativo finanziamento sulla base del budget annuale.

− Individuazione e realizzazione di azioni e progetti per le diverse politiche che abbiano una valenza generale di vasta area, di riequilibrio di sperequazioni territoriali come di sussidiarietà verticale per temi e problemi che trovino difficoltà ad essere affrontati a livello locale.

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9.2. QUADRO SINOTTICO DEGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE ED IMPLEMENTAZIONE PER POLITICA

PIANO E POLITICHE

COOPERATIVE SOCIALI di inserimento lavorativo

VOLONTARIATO IMMIGRAZIONE FORMAZIONE OPERATORI

SOCIALI

OBIETTIVI ESCLUSIVI

- Progetti di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati

- Continuità lavorativa dei soggetti cui sia venuta meno la situazione di svantaggio

- Sviluppo e consolidamento di impresa - Sviluppo di strumenti manageriali e

sistemi di rendicontazione sociale

- Interventi di sostegno al volontariato - Sostegno alle persone in difficoltà

Interventi per l’integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri

- Aggiornamento professionale su tematiche generali

- supervisione - Corsi di qualificazione per direttori di

struttura

OBIETTIVI INTEGRATI

- Inserimento lavorativo fasce deboli (stranieri e nomadi)

- Interventi in campo di immigrazione - Sostegno al volontariato sul tema - Formazione di operatori sul tema - Azioni attuate attraverso associazioni

di volontariato

Formazione sui temi dell’immigrazione

SOGGETTI PROPONENTI

Cooperative sociali di tipo B iscritte all’Albo provinciale da almeno 6 mesi

- Associazioni iscritte al Registro provinciale da almeno 6 mesi

- Soggetti titolari della regia dei Piani di Zona

ATTUATORI Cooperative Organizzazioni di volontariato

- Associazioni iscritte al Registro nazionale

- Soggetti titolari della regia dei Piani di Zona

e tramite questi: - Associazioni - Agenzie - Cooperative

- Enti gestori dei servizi sociali - Agenzie formative accreditate e tramite questi: - Associazioni - Agenzie - Cooperative

BENEFICIARI ULTIMI e/o indiretti

- Soggetti svantaggiati secondo L381/91 e Regolamento CE

- Persone in difficoltà - Cittadinanza - Organizzazioni di volontariato

- Immigrati - contesto di immigrazione - operatori

Operatori sociali e dell’area socio-sanitaria

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PIANO E POLITICHE

COOPERATIVE SOCIALI di inserimento lavorativo VOLONTARIATO IMMIGRAZIONE

FORMAZIONE OPERATORI SOCIALI

BUDGET

Budget provinciale con distribuzione sulle diverse tipologie di intervento

- Budget territoriali definiti in relazione alla capacità di spesa e numerosità della popolazione - Budget provinciale per bando progetti

indipendenti dalla programmazione locale

- Budget territoriali definiti in relazione alla presenza di stranieri sul territorio - Budget provinciale per bando progetti

indipendenti dalla programmazione locale

Budget provinciale con distribuzione territoriale in relazione al numero di progetti e di equilibrio fra le varie tipologie formative

MODELLO DI PROGRAMMAZIONE

1. BANDO per progetti delle cooperative sociali di tipo B

2. progetti di “vasta area” a cura della Provincia

1. progetti dei soggetti titolari dei Piani di Zona sul budget territoriale definito

2. BANDO per progetti indipendenti

dalla programmazione territoriale 3. progetti di “vasta area” a cura della

Provincia

1. progetti dei soggetti titolari dei Piani di Zona sul budget territoriale definito

2. BANDO per progetti indipendenti

dalla programmazione territoriale 3. progetti di “vasta area” a cura della

Provincia

1. BANDO per progetti degli Enti

Gestori e delle Agenzie formative accreditate

2. progetti di “vasta area” a cura della

Provincia

Gli Enti territoriali presentano alla Provincia i progetti che meglio conciliano le linee programmatiche del Piano con le priorità locali

La Provincia valuta ed attribuisce un punteggio a tutti i progetti pervenuti, definisce una graduatoria di merito ed assegna il relativo finanziamento sulla base del budget annuale

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PIANO E POLITICHE

COOPERATIVE SOCIALI di inserimento lavorativo VOLONTARIATO IMMIGRAZIONE

FORMAZIONE OPERATORI SOCIALI

REGOLE dei progetti

Definizione del valore massimo per progetto Finanziamento dell’intero contributo richiesto cofinanziamento del 20%

Per i progetti a Bando definizione del valore massimo per progetto in fasce di entità Finanziamento dell’intero contributo richiesto cofinanziamento del 10% ogni organizzazione può presentare un solo progetto a Bando

Definizione del valore massimo per progetto Contributo in percentuale rispetto al punteggio ottenuto in graduatoria cofinanziamento del 10% ogni organizzazione può presentare un solo progetto a Bando

Definizione del valore massimo per progetto, per tipologia Finanziamento dell’intero importo del progetto richiesto, salvo rimodulazioni È auspicato il cofinanziamento

AREE DI VALUTAZIONE dei progetti

Coerenza del progetto con gli ambiti tematici individuati nel bando Raccordo con progetto Retiqual e D.G.R. 79/2006 Descrizione e sostenibilità finanziaria del progetto Parità di opportunità Contributo già assegnato in anni precedenti Investimenti/assunzioni già effettuati entro la data di scadenza del bando

Coerenza del progetto con gli ambiti tematici individuati nel bando Integrazione nella programmazione locale ed analisi del contesto Lavoro in rete Qualità complessiva del progetto e congruità dei costi Parità di opportunità Prevalenza di volontari Progetti già effettuati

Coerenza del progetto con gli ambiti tematici individuati nel bando Integrazione nella programmazione locale ed analisi del contesto Lavoro in rete Qualità complessiva del progetto e congruità dei costi Parità di opportunità Innovatività progettuale Presenza di cofinanziamento

Analisi del contesto (motivazioni attivazione corso, collegamenti con PdZ e con corsi precedenti) dei fabbisogni formativi Qualità complessiva del progetto, congruità dei costi, modalità didattiche ed organizzative Parità di opportunità Sistema di penalizzazione relativo al mancato inizio dei corsi o ad anomalie nella precedente fase di rendicontazione

DURATA dei progetti

2 anni 1 anno 1 anno 1 anno

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PIANO E POLITICHE

COOPERATIVE SOCIALI di inserimento lavorativo VOLONTARIATO IMMIGRAZIONE

FORMAZIONE OPERATORI SOCIALI

RISORSE da impegnare

€ 420.000 - Interventi di sostegno alla continuità

lavorativa di soggetti svantaggiati 40.000 - Strumenti manageriali e sistemi di

rendicontazione sociale 20.000 - Sostegno all’inserimento lavorativo di

persone in situazioni di svantaggio comprese e non nella L. 381/91; Sviluppo, consolidamento di impresa

300.000 - progetti di “vasta area” 60.000

€ 1.161.547 - Programmazione territoriale 931.547 - Programmazione indipendente 160.000 - Vasta area 70.000

€ 994.360,54 € 730.834 - Euro 630.834 il Bando per

progetti degli Enti gestori istituzionali dei servizi sociali e delle Agenzie formative accreditate

- progetti di “vasta area” 100.000