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PIANO DI PREVISIONE E PREVENZIONE DI PROTEZIONE CIVILE

DELLA PROVINCIA DI LATINA

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Presidente della Provincia di Latina : Armando Cusani

Delegato alla Protezione Civile : Serafino Di Palma

A cura di

Settore Polizia Provinciale - Servizio Protezione Civile

Dirigente Attilio Novelli

Settore Pianificazione Urbanistica e Territoriale

Dirigente Carlo Perotto

Gruppo di lavoro

Servizio Protezione Civile: Carla Pasqualucci, Gaetano Greco

Settore Polizia Provinciale: Rita Bittarelli , Guido Manzo

Settore Pianificazione Urbanistica e Territoriale: Sergio Cavelli, Paolo Sarandrea, Pasqualina Costanza Buono

Elaborazioni cartografiche

Paolo Sarandrea

Ringraziamenti

Per la cortese e competente consulenza fornita nell’ analisi del sistema delle radiocomunicazioni si ringraziano

Adalberto Bagossi e Marco Monti

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Quanto più già si sa, tanto più bisogna ancora imparare

(Schiller)

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INDICE

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

1.1 Struttura del Piano e approccio metodologico . 9

1.2 Normativa di riferimento 12

1.3 Soggetti coinvolti nell’ attività di pianificazione 16

1.4 Definizione di rischio 18

1.5 Classificazione dei rischi nella L. 225/92 19

CAPITOLO 2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE

2.1 Inquadramento geografico 21

2.1.1 Le montagne e la fascia collinare 22

2.1.2 Le pianure costiere 24

2.1.3 Le isole 27

2.2 Idrografia superficiale 28

2.3 Assetto geologico del territorio provinciale 30

2.3.1 Isole Pontine 31

2.3.2 Colli Albani 32

2.3.3 La dorsale dei Monti Lepini-Ausoni e Aurunci 33

2.3.4 La valle dell’Amaseno 34

2.3.5 Le Pianure Costiere 34

2.3.6 La valle dell’Ausente e la piana del Garigliano 35

2.4 Geomorfologia 37

2.5 Sismicità 42

2.5.1 Macrozonazione sismica 43

2.6 Distribuzione e caratteristiche del territorio e della popolazione 47

2.6.1. Distribuzione della popolazione per classi d’età 48

2.6.2 Distribuzione degli stranieri 49

2.7 Il clima 51

2.8 Venti prevalenti 53

2.9 Piogge 55

2.10 Viabilità provinciale e tratte regionali 58

2.11 Rete ferroviaria 63

CAPITOLO 3. ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DI PROTEZIONE CIVILE

NELLA PROVINCIA DI LATINA

3.1 Strutture di Protezione Civile. 6 4

a) Provincia 64

b) Comitato Provinciale di Protezione Civile 65

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c) Centro Coordinamento Soccorsi (CCS) 66

d) Sala Operativa 67

e) Centro Operativo Misto (COM) 68

f) Ufficio Territoriale del Governo 69

g) Comune 69

h) Centri Operativi Comunali (C.O.C) e Intercomunali (COI) 70

i) Organizzazioni di Volontariato 72

l) Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco 75

m) Forze dell’Ordine 76

n) Comando Provinciale dei Carabinieri 77

o) Comando Sezionale Polizia Stradale 78

p) Comando Provinciale Guardia di Finanza 79

q) Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato 80

r) Corpo Polizia Provinciale 82

s) Centrale operativa 118 83

t) Croce Rossa Italiana 83

u) Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) (Sez. Provinciale) 84

v) Azienda Unità Sanitaria Locale 84

CAPITOLO 4. SCENARI DI EVENTO

4.1 Definizione 86

4.2 Rischio frane e inondazione 91

4.3 Rischio incendio boschivo 93

4. 3.1 Brevi note sul reato di incendio boschivo 94

4.3.2 Il Catasto degli incendi boschivi nella Provincia di Latina. 95

(Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3606/2007)

4.3.3 Attività di prevenzione 98

4.4 Rischio industriale e incidente rilevante 101

4.4.1 Zona di impatto degli eventi incidentali 103

4.5. Rischio sismico 108

CAPITOLO 5. LINEAMENTI DI PIANIFICAZIONE

5.1 La pianificazione provinciale di emergenza: le funzioni di supporto 109

5.2 Censimento delle risorse 113

5.3 Le aree di emergenza 114

5.4 La comunicazione in emergenza 115

5.4.1 Le strategie della comunicazione in emergenza 116

5.4.2 Frequenze radio autorizzate 117

5.4.3 Sistema delle radiocomunicazioni di soccorso nella Provincia di Latina 117

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CAPITOLO 6. MODELLI DI INTERVENTO

7.1 Definizione 122

7.2 Il Sistema di allertamento. I Centri Funzionali 123

7.3 Modello di intervento per il rischio idrogeologico 128

7.4 Modello di intervento per il rischio incendio boschivo e di interfaccia 137

7.5 Modello di intervento per il rischio chimico industriale (rinvio) 142

7.6 Verifica e aggiornamento del Piano Provinciale di Previsione e Prevenzione 142

ALLEGATI

I. Diagrammi Bagnouls – Gaussen

II. Diagrammi venti prevalenti

III. Diagrammi piogge

IV. Recapiti telefonici responsabili tecnici delle strade provinciali

V. Recapiti telefonici e sedi delle associazioni di volontariato

VI. Nominativi e recapiti dei referenti delle funzioni di supporto

VII. Schede stabilimenti industriali a rischio incidente rilevante

VIII. Strutture ricettive

IX. Edifici scolastici

X. Automezzi in dotazione alla Provincia di Latina

XI. Aziende noleggio automezzi

XII. Aziende noleggio attrezzature utili in emergenza

XIII. Risorse umane e strumentali dei Vigili del Fuoco

XIV. Risorse umane e strumentali del Corpo Forestale dello Stato

XV. Risorse umane e strumentali delle Associazioni di Volontariato

XVI. Risorse umane e strumentali del Comitato Provinciale della Croce Rossa Italiana

XVII. Strutture sanitarie

XVIII. Aviosuperfici ed elisuperfici

XIX. Referenti dei media locali

XX. Scheda operativa per il rischio idrogeologico e idraulico

TAVOLE

TAV. 1 Carta degli elementi antropici potenzialmente vulnerabili

TAV. 2 Carta degli elementi antropici di intervento

TAV.3 Carta delle aree a rischio e pericolosità da frana

TAV.4 Carta delle aree a rischio e pericolosità idraulica

TAV.5 Carta delle aree a rischio incendio boschivo

TAV.6 Carta delle aree a rischio incidente rilevante

TAV.7 Carta delle aree a rischio sismico

TAV.S1 Scenario idrogeologico Valle dell’Amaseno

APPENDICI A p p e n d i c e I

A p p e n d i c e I I

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Con la redazione del “Piano Provinciale di Prevenzione e Previsione di Protezione Civile” la Provincia di Latina adempie al meglio ad un suo importante ruolo istituzionale: la tutela del territorio e la salvaguardia dei propri residenti. E’ un atto di civiltà, oltre che un dovere istituzionale assegnato alle Province dal Servizio Nazionale di Protezione Civile con la legge 225 del 1992. Per la Provincia di Latina si è reso necessario consegnare agli uomini della Protezione Civile un piano completo che consenta azioni adeguate nell’affrontare situazioni critiche. Attraverso un attento esame morfologico ed idrogeologico, una mappa degli elementi vulnerabili censiti, georeferenziati e costantemente monitorati per la previsione dei rischi e le conseguenti azioni di difesa, la Provincia è stata così dotata di una preziosa banca dati che consente interventi tempestivi e mirati di uomini e mezzi. Due gli indicatori fondamentali del Piano per proporci in modo adeguato nell’affrontare situazioni critiche: la programmazione, afferente alla fase di previsione dell’evento e diretta alla conoscenza tecnica scientifica dei rischi, e la pianificazione, che consiste nelle e vere e proprie procedure operative d’intervento. In questo modo sarà possibile tenere sotto controllo l’emergenza ed agire in maniera “scientifica”. Con la partecipazione civile ma anche con il progresso tecnologico la provincia di Latina è ora in grado di attutire i danni provocati da calamità improvvise.

Armando Cusani

Presidente della Provincia di Latina

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Il Piano Provinciale di Previsione e Prevenzione rappresenta un modello logistico fondamentale per la gestione delle emergenze che dovessero verificarsi sul nostro territorio e uno strumento di evidente utilità per tutti gli interventi di protezione civile che qui si rendessero necessari. Per la prima volta sono stati raccolti ed elaborati, anche su base cartografica, una serie di dati e di informazioni che oltre a garantire una più efficace conoscenza della realtà provinciale, ci consentono di affrontare le emergenze e le calamità con maggiore consapevolezza e sempre minore approssimazione. Così se nella prima parte del Piano viene analizzata con competenza scientifica la realtà territoriale della provincia sotto il profilo geomorfologico, avendo altresì riguardo alla distribuzione e alle caratteristiche della popolazione, nei capitoli relativi alla pianificazione si è provveduto a fornire una preziosa ed aggiornata banca dati che raccoglie informazioni indispensabili relative alle risorse umane e strumentali disponibili sul territorio e, dunque, immediatamente utilizzabili in emergenza. Fondamentale è altresì l’ultima parte del documento, laddove vengono proposti i modelli di intervento per il rischio idrogeologico ed il rischio incendi boschivi, vale a dire le concrete procedure da attivare al verificarsi dell’evento calamitoso, attraverso l’ individuazione delle istituzioni, degli attori e delle azioni da porre in essere. In sintesi il Piano si propone di coordinare e razionalizzare gli interventi di protezione civile al fine di perfezionare l’efficacia e la tempestività degli interventi nel rispetto dei ruoli e delle competenze assegnati dal legislatore ai soggetti istituzionali e alle forze della società civile. E’ evidente che qualunque attività di pianificazione è in costante divenire e, pertanto, necessita di continue revisioni ed aggiornamenti, ma il presente documento rappresenta senza dubbio un’importante base di partenza, un punto fermo sul quale continuare a lavorare per migliorare, nel tempo, le condizioni di sicurezza della popolazione e per mitigare le criticità esistenti sul territorio. Il Delegato alla Protezione Civile Serafino Di Palma

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1) Struttura del Piano e approccio metodologico.

La legge 225/1992, istitutiva del Servizio Nazionale di Protezione Civile, assegna alle Province un

ruolo fondamentale nella elaborazione del Piano Provinciale di Prevenzione e Previsione di

Protezione Civile, in conformità a quanto stabilito nei Programmi e Piani regionali di Emergenza.

La Provincia di Latina ha elaborato un proprio documento preliminare al Programma Provinciale di

Previsione e Prevenzione dei Rischi di Protezione Civile, presentato nel maggio 2002.

Naturalmente tale documento ha rappresentato uno strumento importante per la definizione degli

indirizzi di pianificazione d’emergenza contenuti nel presente Piano, unitamente a tutti gli studi e i

documenti esistenti presso gli altri enti che si occupano di difesa e pianificazione del territorio.

L’approccio metodologico utilizzato per la stesura del Piano ha tenuto conto delle linee guida

contenute nel c.d. Metodo Augustus, elaborato da un gruppo di lavoro composto da funzionari del

Dipartimento della Protezione Civile e del Ministero dell’Interno.

Il Metodo Augustus rappresenta una sintesi coordinata degli indirizzi per la pianificazione, per la

prima volta raccolti in un unico documento operativo.

Ai fini della predisposizione del Piano provinciale occorre distinguere l’attività di programmazione

dalla pianificazione in senso stretto.

La programmazione è afferente alla fase di previsione dell’evento ed è diretta alla conoscenza

tecnico-scientifica dei rischi che insistono sul territorio provinciale con relativa elaborazione di una

mappa degli stessi. Una efficace attività di programmazione è destinata a mitigare ed attenuare i

rischi stessi. In particolare il programma definisce le priorità e gradualità temporali di attuazione

degli interventi di protezione civile, con riferimento alla pericolosità dell’evento calamitoso, della

vulnerabilità del territorio e delle disponibilità finanziarie.

Il presente lavoro ha ad oggetto in modo specifico l’attività di pianificazione che consiste invece

nelle concrete procedure operative di intervento da porre in essere nell’ipotesi in cui si verifichi

l’evento calamitoso.

Pertanto, la pianificazione provinciale risponde alla esigenza di individuare e localizzare le risorse

presenti nel territorio, sia pubbliche che private, necessarie per predisporre un modello di intervento

che definisca le azioni e le strategie da adottare.

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Nel rispetto delle linee guida elaborate dal Metodo Augustus, il Piano Provinciale è strutturato in tre

parti: Parte Generale, Lineamenti di Pianificazione, Modello di intervento.

a) Parte generale. Contiene le informazioni relative alla conoscenza del territorio, alle reti di

monitoraggio presenti e alla elaborazione degli scenari di rischio.

Ai fini di una completa conoscenza del territorio sono altresì riportati i dati precisi relativi alla

popolazione. In particolare:

numero di abitanti per comune, per fasce di età;

numero di stranieri residenti per comune. distinti per sesso;

carta della densità della popolazione per comune e provincia.

Sono quindi individuati gli scenari degli eventi attesi, in relazione ai diversi rischi

configurabili :

. rischio idraulico (alluvioni): cartografia delle aree inondabili, stima della popolazione

coinvolta nelle aree inondabili, stima delle attività produttive coinvolte nelle aree inondabili,

quantificazione delle infrastrutture pubbliche e private coinvolte nelle aree inondabili.

. rischio frane: cartografia degli abitati instabili, stima della popolazione nell’area instabile,

quantificazione delle infrastrutture pubbliche e private coinvolte nelle aree instabili,

indicatori di evento ( reti di monitoraggio).

. rischio industriale: censimento delle industrie soggette a notifica e dichiarazione,

specificazione dei cicli produttivi degli impianti industriali, calcolo delle sostanze in deposito

e in lavorazione, censimento della popolazione nell’area interessata all’evento, calcolo

dell’area d’impatto esterna alle industrie.

. rischio di incendio boschivo: carta dell’uso del suolo ( estensione del patrimonio boschivo),

carta climatica del territorio, carta degli incendi storici, carta degli approvvigionamenti idrici.

. rischio sismico: carta della pericolosità sismica, classificazione sismica dei comuni.

b) Lineamenti di pianificazione:

In tale fase sono stati individuati gli obiettivi da conseguire per dare una adeguata risposta di

Protezione Civile ad una qualsiasi emergenza, in particolare quelli diretti a garantire la

direzione unitaria dei servizi di emergenza principalmente attraverso la creazione di un

Centro Coordinamento Soccorsi. Il Centro Coordinamento Soccorsi assume la direzione

unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale al fine di supportare gli

interventi dei Sindaci dei Comuni interessati.

La pianificazione prevede necessariamente l’attività di salvaguardia della popolazione, che è

prevalentemente assegnata ai Sindaci. Le misure di salvaguardia per gli eventi prevedibili (es.

rischio idrogeologico) sono finalizzate all’allontanamento della popolazione dalla zona di

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pericolo. Per gli eventi imprevedibili (terremoto, rischio chimico industriale ecc..) sarà di

fondamentale importanza organizzare il primo soccorso entro poche ore dall’evento.

Fondamentale è altresì l’informazione della popolazione . Coloro che risiedono nelle zone

direttamente o indirettamente interessate dall’evento devono preventivamente conoscere le

caratteristiche essenziali del rischio che insiste sul proprio territorio, le predisposizioni del

piano di emergenza nell’area in cui risiedono, come comportarsi prima, durante e dopo

l’evento e con quale mezzo e in che modo verranno diffuse informazioni e allarmi. Ciò sarà

possibile attraverso la distribuzione capillare di schede informative di facile comprensione.

Occorre altresì che la popolazione abbia cognizione degli strumenti di mitigazione dei rischi,

ciò soprattutto in fase di emergenza.

Pertanto si è previsto nel Piano un coinvolgimento dei media, sia nella fase di conoscenza del

Piano e dei suoi contenuti, sia in fase di emergenza.

I lineamenti di pianificazione prevedono altresì le seguenti attività:

. La salvaguardia del sistema produttivo;

. Il ripristino della viabilità e dei trasporti;

. La funzionalità delle telecomunicazioni;

. La funzionalità dei servizi essenziali;

. Censimento e salvaguardia dei beni culturali;

c) Modello di intervento:

Tale fase è caratterizzata dall’assegnazione delle responsabilità ai vari livelli di comando e

controllo per la gestione delle emergenze e si realizza attraverso il costante scambio di

informazioni e il coordinamento di tutti i centri operativi.

Il massimo organo di coordinamento delle attività di protezione civile a livello provinciale è

il Comitato Provinciale della Protezione Civile.

Il Comitato, concretamente, eserciterà la direzione unitaria dei servizi di emergenza

attraverso l’utilizzazione di tre strutture operative:

- il Centro Coordinamento Soccorsi (CCS);

- la Sala Operativa ;

- i Centri Operativi Misti (COM).

Il Comitato Provinciale di Protezione Civile rappresenta il massimo organo di

coordinamento delle attività di Protezione Civile a livello provinciale. Avrà il compito di

individuare le strategie di intervento per il superamento dell’emergenza razionalizzando le

risorse disponibili nel territorio provinciale e al tempo stesso garantire il coordinamento

degli interventi della regione o del governo nazionale a seconda della natura dell’evento

calamitoso.

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1.2) Normativa di riferimento

La materia della Protezione Civile è disciplinata a livello nazionale e regionale.

Di seguito si riporta l’elenco della principale normativa che disciplina il settore suddivisa in

statale e regionale, con particolare riferimento alle competenze della Provincia.

a) Normativa Statale

La legge 22 febbraio 1992 n. 225 – Istituzione del Servizio Nazionale della

Protezione Civile – Il Servizio Nazionale della Protezione Civile ha la finalità di “ tutelare

l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni

derivanti da calamità naturali o da altri eventi calamitosi”. L’art. 13, individua le Province

quali soggetti che partecipano all’organizzazione e all’attuazione del Servizio nazionale

della Protezione Civile, “assicurando lo svolgimento dei compiti relativi alla rilevazione,

raccolta ed elaborazione dei dati interessanti la protezione civile, alla predisposizione di

programmi provinciali di previsione e prevenzione e alla loro realizzazione, in armonia con

i programmi nazionali e regionali.

Per le finalità di cui al comma 1 in ogni capoluogo di provincia istituito il Comitato

provinciale di protezione civile, presieduto dal presidente dell’amministrazione provinciale

o da un suo delegato. Del Comitato fa parte un rappresentante del Prefetto”

Il Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112 – Conferimento di funzioni e compiti

amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali – in attuazione del capo I della L.

15 marzo 1997 n.59 (c.d. Legge Bassanini ), al Capo VIII – Protezione Civile, art. 108,

comma b), affida alle Province le funzioni relative :

“1) all’ attuazione in ambito provinciale, delle attività di previsione e degli interventi di

prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali, con l’adozione dei

connessi provvedimenti amministrativi;

2) alla predisposizione dei piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi

regionali;

3) alla vigilanza sulla predisposizione da parte delle strutture provinciali di protezione

civile dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi di cui

all’art.2, comma 1, lettera b), della L. 225/1992”

La riforma delle autonomie locali, avvenuta con il Decreto Legislativo 18 agosto

2000 n. 267 (Testo Unico), artt. 19 e 20, ha assegnato alle province funzioni amministrative

che riguardano numerosi settori tra i quali quello della tutela del suolo, della valorizzazione

dell’ambiente e della prevenzione delle calamità.

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La legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 di riforma del Titolo V della

Costituzione della Repubblica Italiana prevede che “Sono materie di legislazione

concorrente quelle relative a (…) protezione civile (…) Nelle materie di legislazione

concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei

principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

La legge 3 agosto 1998 n. 267 – Misure urgenti per la prevenzione del rischio

idrogeologico – all’art. 1, comma 4, recita : “ gli organi di Protezione Civile, così come

definiti dalla Legge 24 febbraio 1992 n. 225, e dal Decreto Legislativo 112/98, provvedono

a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la

maggior vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose e il

patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia

dell’incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l’allarme e la

messa in sicurezza preventiva, anche utilizzando sistemi di monitoraggio”. In seguito al

verificarsi di eventi calamitosi di particolare gravità sono stati emanati il c.d. “Decreto

Sarno” n. 180/1998 e il c.d. “Decreto Soverato” n. 279/2000, poi convertito nella L.

365/2000.

La legge quadro 21 novembre 2000 n. 353 in materia di incendi boschivi Art.1

co. II “per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1 gli enti competenti svolgono in

modo coordinato attività di previsione, di prevenzione e di lotta attiva contro gli incendi

boschivi con mezzi da terra ed aerei, nel rispetto delle competenze previste dal decreto

legislativo 31 marzo 1998 n.112, nonché attività di formazione, informazione ed educazione

ambientale”. L’ art. 4 co. 5 recita “Le province, le comunità montane ed i comuni attuano le

attività di previsione e di prevenzione secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni”.

Decreto legislativo del 17 agosto 1999 n. 334 attuazione della Direttiva 96/82/CE

relativa al controllo dei pericoli di incendi rilevanti connessi con determinate sostanze

pericolose. Ai sensi dell’art. 19 del decreto un rappresentante della Provincia

territorialmente competente è membro del Comitato tecnico regionale o interregionale che

provvede a svolgere le istruttorie per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del rapporto

di sicurezza e a formulare le relative conclusioni.

Legge 11 agosto 1991 n. 266 “Legge quadro sul volontariato” stabilisce i principi

cui le regioni devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le

organizzazioni di volontariato. In seguito è stato emanato il regolamento con D.P.R. 613/94,

sostituito di recente dal D.P.R. 194/2001 riguardante la “Nuova disciplina della

partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile”.

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D.l. 31 maggio 2005 n. 90 recante disposizioni urgenti in materia di protezione

civile, coordinato con la legge di conversione del 26.07. 2005 n. 152 in particolare:

- demanda al Presidente del Consiglio dei ministri l’individuazione dei periodi temporali di

svolgimento delle campagne, estiva ed invernale, di lotta attiva agli incendi boschivi;

- fissa nuove procedure per il reclutamento e l’utilizzo di personale dirigenziale da parte del

Dipartimento della protezione civile, in considerazione della necessità per il Dipartimento

stesso di avvalersi esclusivamente di personale esperto in possesso di un qualificato know-

how acquisito tramite specifiche esperienze maturate in contesti inerenti ai compiti

istituzionali del Dipartimento medesimo;

- consente al Dipartimento della protezione civile di erogare un indennizzo a coloro che

nell’esercizio dell’attività di protezione civile abbiano subito una grave menomazione,

ovvero siano deceduti.

b) Normativa regionale

L. R. 11 aprile 1985 n. 37 “Istituzione del servizio di Protezione Civile nella Regione

Lazio”.

L. R. 10 aprile 1991 n. 15 “ Modifiche e integrazioni alla legge regionale11. 04. 1985

n. 37 concernente l’istituzione del Servizio di Protezione Civile nella Regione Lazio”.

L. R. 28 giugno 1993 n. 29 “ Disciplina dell’attività di volontariato nella Regione

Lazio”.

L. R. 23 maggio 1996 n. 18 “Modifica della legge regionale 28.06.93 concernente la

disciplina dell’attività di volontariato nella Regione Lazio”.

L.R. 6 agosto 1999 n.14/b “ Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale

per la realizzazione del decentramento amministrativo” (Capo IX artt. 133/137).

L.R. 28 ottobre 2002 n. 39 “ Norme in materia di gestione delle risorse forestali”

(Titolo VIII – Prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi – artt. 64/72)

c) Atti, Circolari e Ordinanze rilevanti

Delibera di Giunta Regione Lazio n. 569 del 29.02.2000 relativa all’approvazione del

sistema integrato di protezione civile regionale, con l’istituzione dei COI e

l’individuazione dei centri operativi comunali e di coordinamento provinciali e regionali.

La delibera ha individuato le zone d’intervento di Protezione Civile, ovvero i centri

operativi comunali e intercomunali.

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La Provincia di Latina è suddivisa in 13 zone e segnatamente: 1^ zona: Aprilia; 2^ zona:

Cisterna di Latina; 3^ zona : Latina; 4^ zona: Sezze, Bassiano, Sermoneta, Norma, Cori

e Rocca Massima; 5^ zona: Sabaudia, Pontinia e San Felice Circeo; 6^ zona: Terracina;

7^ zona Priverno, Roccasecca dei Volsci, Sonnino, Prossedi, Maenza, Roccagorga; 8^

zona Fondi, Monte San Biagio, Sperlonga, Lenola, Campodimele, Itri; 9^ zona: Gaeta;

10^ zona: Formia; 11^ zona: Minturno, Spigno Saturnia, SS Cosma e Damiano,

Castelforte; 12^ zona: Ponza; 13^ zona: Ventotene.

Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3606 del 28.08.2007 recante

“Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza in

atto nei territori delle regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e della regione

Siciliana in relazione ad eventi calamitosi dovuti alla diffusione di incendi e fenomeni di

combustione”.

Delibera di Giunta Regione Lazio n. 546 del 25.07.2008 recante “Legge regionale

39/2002 art. 64 co. 5. Programma attività di previsione, prevenzione e lotta attiva agli

incendi boschivi approvazione del “ Piano delle attività di previsione, prevenzione e

lotta attiva agli incendi boschivi, periodo 2008 – 2011”.

d) Normativa sul volontariato

Legge 11 agosto 1991 n. 266 “Legge quadro sul volontariato”;

D.P.C.M. 26 luglio 1993 “Riorganizzazione del Comitato Nazionale di

Volontariato di Protezione Civile”;

L.R. 28 giugno 1993 n. 29 “Disciplina dell’attività di volontariato nella Regione

Lazio”;

D.P.R. 21 settembre 1994 n. 613 “Regolamento recante norme concernenti la

partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività di protezione civile”;

L.R. 23 maggio 1996 n. 18 “ Modifica della L.R. 28.06.1993 n. 29 concernente

Disciplina dell’attività di volontariato nella Regione Lazio”;

D.P.R. n. 194 del 2001 “Regolamento recante norme concernenti la partecipazione

delle organizzazioni di volontariato nelle attività di protezione civile”;

D.Lgs. 09.05.2008 n. 81 “ Attuazione dell’art. 1 L. 3 agosto 2007 n. 123 in materia

della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Per la prima volta si equiparano, ai fini della applicazione della normativa sulla sicurezza,

i volontari del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e della Protezione civile, nonché i

volontari che effettuano il servizio civile, al lavoratore retribuito. (art.2 lett.a)

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1.3) Soggetti coinvolti nella attività di pianificazione.

La pianificazione provinciale pone una serie di problematiche che scaturiscono, non tanto dalla

mancanza di conoscenza del territorio e delle risorse umane e strumentali che sono disponibili,

quanto, piuttosto, dalla circostanza che questa messe di informazioni, non confluisce in uno

strumento unitario nel quale i dati vengono raccolti ed elaborati per essere a disposizione dei diversi

operatori coinvolti nell’attività di protezione civile.

A ciò deve aggiungersi che il Piano Provinciale deve confrontarsi necessariamente con altri Piani di

emergenza che diversi soggetti, ciascuno per quanto di propria competenza, sono chiamati ad

elaborare.

Il rischio principale è quello di una sovrapposizione tra i diversi Piani che, il presente documento

intende invece scongiurare. Per tale ragione l’approccio metodologico che è apparso più coerente è

stato anzitutto quello di acquisire i documenti di pianificazione già predisposti dagli enti ed

organismi operanti nel settore di riferimento. Successivamente, si è cercato di farli confluire in un

testo unico che, operando su una scala territoriale superiore, potesse servire come strumento

operativo, duttile ed efficace nella gestione delle emergenze.

I soggetti che a cui si è fatto riferimento nella redazione del presente documento sono:

Regione Lazio

Provincia di Latina

Prefettura di Latina

Comune di Aprilia

Comune di Bassiano

Comune di Campodimele

Comune di Castelforte

Comune di Cisterna

Comune di Cori

Comune di Fondi

Comune di Formia

Comune di Gaeta

Comune di Itri

Comune di Latina

Comune di Lenola

Comune di Maenza

Comune di Minturno

Comune di Monte San Biagio

Comune di Norma

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Comune di Pontinia

Comune di Ponza

Comune di Priverno

Comune di Prossedi

Comune di Roccagorga

Comune di Roccamassima

Comune di Roccasecca dei Volsci

Comune di San Felice Circeo

Comune di Sabaudia

Comune di Sermoneta

Comune di Sezze

Comune di Sonnino

Comune di Sperlonga

Comune di Spigno Saturnia

Comune di SS Cosma e Damiano

Comune di Terracina

Comune di Ventotene

Comunità Montane

Questura

Carabinieri

Guardia di Finanza

Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco

Capitaneria di Porto

Comando Aeronautica Militare

Corpo Forestale dello Stato

Polizia Stradale

Azienda USL

Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici

Autorità Portuale

ARSIAL

ARDIS

Unità Operativa 118

ARPA Lazio

Croce Rossa Italiana

ASTRAL

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Ferrovie dello Stato

ENEL distribuzione

TELECOM ed altri gestori telefonici

Camera di Commercio, Industria Artigianato ed Agricoltura

Ufficio Scolastico Provinciale (CSA)

Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino

Autorità di Bacino Liri - Garigliano

Autorità dei Bacini regionali

Associazioni di Volontariato di Protezione Civile.

1.4) Definizione di Rischio

Il Piano Provinciale di Protezione Civile è chiamato anzitutto a fornire un quadro conoscitivo dei

rischi a cui è esposta la Provincia, quanto più possibile dettagliato ed aggiornato.

Il rischio correlato ad un evento calamitoso può essere riassunto nella seguente espressione:

R = F x V x E

Dove :

R Rischio: grado di perdite (numero atteso di vittime, danni alla proprietà, interruzione delle

attività ecc...) in conseguenza di un evento calamitoso naturale o artificiale;

F Frequenza: probabilità che l’evento si verifichi;

V Vulnerabilità: attitudine di un elemento a subire danni;

E Esposizione: e’ l’esposizione sociale e territoriale, intesa come quantità di elementi sociali e

territoriali (persone, edifici, servizi, attività, beni ambientali e culturali ecc…) soggetti a

danno potenziale.

Pertanto il “rischio” si può definire come combinazione di probabilità e di gravità (severità) di

possibili lesioni o danni derivanti da una situazione pericolosa.

La “valutazione del rischio” consiste, invece, nella valutazione globale di tali probabilità, allo scopo

di adottare le necessarie misure di sicurezza.

Perché vi sia un alto indice di rischio occorrerà che i tre fattori che compongono il prodotto abbiano

valori non trascurabili. Così il rischio non avrà un elevato indice allorché il fattore F (frequenza), sia

basso (evento che si manifesta molto raramente), o nel caso in cui sia basso il fattore V

(vulnerabilità) (capacità di un edificio a resistere all’effetto dello scuotimento nell’ipotesi di rischio

sismico), o, infine, nel caso in cui sia basso il fattore E (esposizione) perché, ad esempio, la zona ha

una scarsa densità abitativa o l’elemento esposto al rischio ha un basso valore economico, culturale,

artistico.

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Rispetto all’evento “rischio”, secondo l’espressione sintetica che è stata formulata, assumono

significato e concretezza le definizioni di “previsione” e “prevenzione”.

Così mentre la “previsione” è ogni attività che ci permetta di “conoscere anticipatamente”, deve

considerarsi “prevenzione” ogni attività volta a diminuire la probabilità che l’evento si verifichi o

provochi danni.

Secondo una prima generale distinzione, che ha riferimento all’origine, il rischio si distingue in:

- Rischio di origine antropica: connesso direttamente all’attività dell’uomo sul territorio.

- Rischio di origine naturale: deriva dall’evoluzione dell’ambiente nel tempo.

A mero titolo esemplificativo possiamo distinguere, nell’ambito della macrocategoria dei rischi

naturali i seguenti rischi: sismico, vulcanico, idrogeologico, idraulico, meteorologico, incendio

boschivo.

Rappresentano invece rischi di origine antropica: il rischio chimico–industriale, tecnologico,

ecologico.

L’analisi del rischio, nelle variabili di cui esso è funzione (frequenza, vulnerabilità, esposizione),

consente di elaborare degli scenari di rischio e, quindi, di predisporre idonee misure di prevenzione

e piani di intervento.

I fenomeni naturali spesso sono difficilmente prevedibili, poiché non sempre esistono indicatori

certi e misurabili che consentano di formulare una previsione dell’evento.

Pertanto è possibile operare una distinzione tra gli eventi che abbia riferimento alla loro

prevedibilità:

- Evento prevedibile: quantitativamente e/o qualitativamente;

- Evento non prevedibile;

Nel caso di evento prevedibile, l’operatore è in grado di conoscere anticipatamente, sulla base della

valutazione delle informazioni trasmesse dagli enti e dalle strutture incaricate di monitorare e

vigilare il territorio, quando l’evento negativo approssimativamente potrà verificarsi, la sua

possibile estensione ed intensità.

La distinzione riveste particolare importanza con riferimento al modello di intervento da attivare

durante la fase di gestione dell’emergenza, vale a dire dal complesso di procedure che occorre

porre in essere per scongiurare o limitare le conseguenze dannose collegate al rischio territoriale.

I modelli di intervento sono descritti nel capitolo 6 del presente documento.

1.5) Classificazione dei rischi nella L. 225/92

L’art. 2 della L. 225/92 ha individuato le seguenti categorie di rischio :

a) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere fronteggiati mediante

interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

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b) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione

comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via

ordinaria;

c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere

fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

La distinzione operata dal legislatore riveste particolare importanza perché distingue gli eventi

calamitosi in base all’intensità e all’estensione del fenomeno e, per ciascun livello, sono

individuabili competenze diverse.

Per gli eventi di cui alla lettera a) l’organismo di riferimento è l’ente interessato dall’evento.

Per gli eventi previsti alla lettera b), invece, se si tratta di eventi a carattere regionale, sarà

competente la Regione, mentre, nell’ipotesi di eventi a carattere provinciale:

- La Prefettura, nel caso in cui l’emergenza abbia una estensione ed una gravità tali da

richiedere l’intervento delle Amministrazioni dello Stato, o l’evento riguardi uno

stabilimento industriale a rischio incidente rilevante di cui al D.lgs. 334/99;

- La Provincia negli altri casi.

Infine, per gli eventi di cui alla lettera c) è competente lo Stato attraverso il Dipartimento Nazionale

di Protezione Civile.

GLI AMBITI DI COMPETENZA IN SITUAZIONE DI EMERGENZA

(art. 2 della Legge 225/92)

CATEGORIE DI RISCHIO

TIPOLOGIA DI RISCHIO

COMPETENZA

A Eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere

fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria

Comune, Provincia, Regione (ente interessato dall’evento)

B Eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed

estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria

Regione, Provincia Prefettura

C Calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari

Organi dello Stato

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CAPITOLO 2

INQUADRAMENTO TERRITORIALE

2.1) I nquadramento geogra f i co

Il territorio si estende parallelamente alla costa tirrenica per circa 2250 kmq dalle pendici

sudoccidentali del rilievo vulcanico dei Colli Albani e la bassa valle del fiume Astura fino alla

bassa valle del Fiume Garigliano. Comprende l’arcipelago Pontino, la porzione occidentale della

dorsale dei Volsci (che comprende la linea di spartiacque idrografico dei Monti Lepini, Ausoni ed

Aurunci) e le pianure costiere Pontina, di Fondi e del Garigliano.

Morfologicamente è caratterizzato da quote prevalenti inferiori ai 300 m s.l.m. (pari al 75%),

mentre la restante parte è occupata per circa il 17% dalla fascia collinare tra i 301 m e 700 m s.l.m.

e per l’8% dalla montagna (classificazione ISTAT).

75%

8%17%

PIANURA

COLLINAMONTAGNA

Fig. 1 - Distribuzione altimetrica del territorio provinciale in base alla classificazione ISTAT (pianura 0-300 m s.l.m.; collina 301-700 m s.l.m.; montagna >700 m s.l.m.)

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Fig. 2 - Distribuzione delle pendenze nel territorio provinciale 2.1.1) Le m o nt a g ne e l a f a sc i a c o l l i na r e La dorsale calcarea dei Volsci si sviluppa parallelamente alla costa tirrenica con andamento

appenninico NW-SE ed è distinto in tre sub-aree:

1. I Monti Lepini (dal latino lapis, pietra), a Nordovest, ubicati nell’entroterra e degradanti

verso l’ampia pianura pontina con una serie di salti morfologici dovuta alla tettonica.

Iniziano a NW dalla soglia di Lariano e terminano a SE al passo di Castro dei Volsci, alla

confluenza delle valli del fiume Sacco e del fiume Amaseno. Raggiungono l’apice con le

vette del Monte Sempreviva (1536 m), Monte Erdigheta (1330 m), Monte Belvedere (1258

m) e il Monte della Noce (1212 m).

2. I Monti Ausoni che iniziano sul versante orientale della valle dell’Amaseno e terminano

verso SE lungo una confine incerto individuato nella serie di depressioni che si snodano tra

Pastena e Campodimele e lungo la S.S. della Valle del Liri. Seguono un andamento in buona

parte arretrato rispetto alla costa fiancheggiando le pianure Pontina e di Fondi, e solo presso

Terracina arrivano al mare con lo sperone roccioso di Monte Sant’Angelo, mentre verso

Sperlonga si avvicinano alla costa con terrazzi marini. Le cime più elevate sono

rappresentate dal Monte delle Fate (1090 m), Monte del Nibbio (1053 m), Monte Calvo

(1038 m), Monte Chiavino (1028 m) e Monte Alto (823 m), Monte Leano (676 m s.l.m.),

Monte Giusto (676 m s.l.m.), Monte Romano (863 m s.l.m.), Monte Calvo (565 m s.l.m.)

Monte Cavallo (509 m s.l.m.).

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

0 - 7° 7° - 15° 15° - 30° 30° - 40° > 40°

Classi di pendenza

Su

per

fice

%

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3. I Monti Aurunci si sviluppano a Nord lungo la costa tirrenica tra Sperlonga e Gaeta, secondo

falesie alte e promontori frastagliati, con intercluse baie talvolta estese (es. piana di

Sant’Agostino, spiaggia dell’Arenauta, spiaggia di Serapo, spiaggia di Vendicio), mentre la

parte centrale e meridionale arretra in prossimità della piana di Formia terminando ad est

con la valle del Fiume Garigliano. Sono suddivisi dall’ampia valle del torrente Ausente in

Monti Aurunci Occidentali e Monti Aurunci Orientali. I primi hanno pendìi più scoscesi e le

vette più alte, tra le quali spiccano il Monte Petrella (1533 m), il Monte Campetelle (1484

m), il Monte Sant’Angelo (1404 m), il Monte Altino (1387 m) e il Monte Ruazzo (1314 m),

mentre i secondi hanno altitudini più modeste (Monte Faito – 803 m; Monte Fuga - 667 m;

Monte Ceschito – 576 m) e sono stati maggiormente interessati da un intensa attività

estrattiva (cave attive di pietre da taglio del Coreno), in parte dismessa (cave di calcare di

Castelforte).

Comune a tutta la dorsale dei Volsci è il carsismo molto evoluto che si manifesta, spesso lungo gli

altopiani e le ampie depressioni carsiche (polje), nelle forme di profondi inghiottitoi, pozzi, doline,

lapiez, hum, campi solcati (karren). Nei Monti Ausoni peculiari sono i campi solcati e gli hum di

Campo Soriano

(Terracina-Sonnino) e

delle Saure

(Campodimele) mentre

lungo la costa gli alti

monoliti calcarei (hum)

distribuiti a varia quota

verso le pendici, nei

territori di Sperlonga e

Terracina.

Fig. 3: Hum presso

Terracina

Conseguenza della grande permeabilità della roccia è anche la scarsa circolazione superficiale delle

acque che vengono assorbite formando percorsi sotterranei che alimentano le sorgenti che

fuoriescono ai piedi dei versanti.

Isolato dai suddetti rilievi si eleva il promontorio del Circeo che raggiunge quota 524 m

s.l.m.(Picco di Circe) e domina i cordoni dunari di Sabaudia e Terracina e la pianura Pontina. Il

versante meridionale è più acclive ed è inciso da fossi e valloni. Lungo i versanti il carsismo è

molto sviluppato e verso le pendici si aprono circa trentacinque grotte, in alcune delle quali sono

stati ritrovati fossili e industrie litiche (la più nota è la grotta delle capre). Il versante settentrionale,

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particolarmente acclive in corrispondenza di una grande cava dismessa, degrada con pendenze

minori verso la pianura Pontina.

Altro promontorio isolato lungo la costa pontina, seppure di limitata estensione, è Monte

d’Argento (45 m s.l.m.) che si erge a nord sulla piana del Garigliano e ad est sui lembi della duna

costiera recente di Minturno. Sui versanti si distinguono i solchi di battente a varia quota testimoni

delle variazioni del livello del mare quaternarie.

2.1.2) Le p i a nur e c os t i e re

La pianura Pontina (secondo alcuni dal latino pontus, ampio golfo) è la più grande delle tre

pianure del territorio provinciale (misura 850 kmq) ed appare come una sorta di quadrilatero avente

come vertici la zona collinare di Cori a Nord, l’asse urbano Anzio-Nettuno a Ovest, il litorale

Pontino fino al Circeo a Sud e Terracina ad Est.

Il litoraneo Pontino è caratterizzato da una spiaggia sabbiosa, una serie di laghi salati o stagni

costieri (laghi di Sabaudia, Fogliano, Caprolace e Monaci) che occupano antiche depressioni che

si formarono col ritirarsi del mare e, interposto tra spiaggia e laghi, un cordone dunare litoraneo

originatosi dalla congiunzione di una serie di tumuleti, alti circa 20-27 metri s.l.m.

Si tratta di quattro bacini lacustri mediamente poco profondi e di dimensioni variabili, quali il lago

di Fogliano (4 Kmq), Monaci (0,9 kmq), Caprolace (2,3 kmq) e Sabaudia (3,9 kmq), integrati nel

Parco Nazionale del Circeo.. Di particolare interesse il lago di Sabaudia, o lago di Paola (o della

Sorresca dal piccolo santuario di S. Maria della Sorresca che si affaccia alle sue sponde

meridionali), per l’accentuata frastagliatura della sponda interna che presenta addirittura sei bracci

di diversa profondità, tra gli ultimi due, Braccio della Caprara e Braccio dell’Annunziata, sorge la

città di Sabaudia.

La duna litoranea attuale è costituita da sabbie giallastre o grigie di origine alluvionale, marina ed

eolica. Il versante della duna rivolto verso i laghi e quindi più protetto dai venti ed è ricoperto dalla

tipica vegetazione arborea e arbustiva naturale o dovuta ad un rimboschimento recente.

Verso l’interno fino a ridosso dei Monti Lepini ed Ausoni si seguono in modo discontinuo lembi

dell’antica duna rossa continentale, formati dall’azione del vento durante le fasi di regressione ed

ingressione marina quaternaria. Raggiungono quote comprese tra i 30-40 m s.l.m. e sono

caratterizzati da superfici terrazzate che nel periodo prima della bonifica costituivano le cosiddette

“lestre” , circondate da aree più depresse (“le piscine”). Esse costituiscono la pianura interna e si

conservano grazie alla vegetazione arborea residua dell’antico sistema di foreste prima della recente

bonifica (la selva di Cisterna, la macchia di Bassiano ed il parco del Circeo, residuo della selva

di Terracina).

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Le aree depresse, che in alcuni punti giacevano sotto il livello del mare, erano distribuite tra la

suddetta duna antica e le pendici dei rilievi e fungevano da bacini di raccolta delle acque

superficiali, nei quali si sviluppava la palude pontina, alimentati dalle numerose sorgenti ai piedi dei

Monti Lepini.

La bonifica idraulica di queste paludi, negli anni 1926-1943, determinò una trasformazione della

rete idrografica, del paesaggio vegetale e del popolamento umano. In occasione degli interventi di

bonifica le acque vennero contraddistinte in acque esterne, acque medie e acque basse. Le acque

esterne, provenienti dai bacini montani nel settore settentrionale, furono convogliate a mare, in

località Torre di Foce Verde, con la costruzione del “Canale delle Acque Alte” o “canale

Mussolini” che partiva dal fosso di Sermoneta ed immette le acque nel Fiume Astura. La raccolta

delle acque esterne provenienti dai bacini orientali fu affidata al Fiume Amaseno, verso il quale si

riversano le acque del “canale pedemontano” tra Sermoneta e Priverno. Il “canale delle acque

medie” prende origine dalla stazione di Sermoneta e, attraverso la città di Latina, si immette nel Rio

Martino che sfocia a mare a Torre di Fogliano, fra il Lago di Fogliano ed il Lago dei Monaci.

Inoltre, le acque alte e medie delle antiche paludi furono convogliate a mare a mezzo dell’Ufente e

del canale Botte. Le acque basse fanno capo al Fiume Sisto, che sbocca al mare fra San Felice

Circeo e Terracina e il canale artificiale della Linea Pio, parallelo alla via Appia che raggiunge il

mare tramite il canale Portatore e il canale navigabile a Terracina.

Nella piana si

distinguono verso

l’entroterra piccoli o

minuscoli specchi

d’acqua, ma di grande

importanza geologica

e ambientale, come il

lago di Giulianello, nei

pressi di Cori, sulla

strada per Velletri e

Artena, il lago

artificiale di Ninfa,

formato dalla famiglia Caetani verso la fine del XIII secolo, i sei laghetti sulfurei del Vescovo che si

aprono nella zona dei Gricilli, in territorio di Pontinia, a ridosso dei monti Lepini.

Fig. 4: Lago di Ninfa

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A Terracina, dove finisce la pianura Pontina, i monti Ausoni, si spingono in mare con coste alte,

fino all’inizio della pianura di Fondi e Monte San Biagio. La morfologia marittimo-costiera è

molto simile a quella della pianura Pontina: spiagge lunghe e strette, tombolo di sbarramento

litoraneo, laghi costieri di formazione eolica come il lago Lungo (0,5 kmq) ed i laghi di Fondi (3,9

kmq) di origine

carsica e di San

Puoto (0,3 kmq) di

acqua dolce e di

sorgente, aree

pianeggianti a tratti

depressionarie, e

ricchezza di acque

provenienti dal

carsismo dei vicini

monti.

Fig. 5: Il lago di Fondi

Dove la pianura costiera viene delimitata, a Sud-Est dall’avanzare verso il mare dei monti Aurunci,

in corrispondenza di Sperlonga, la costa muta nuovamente, e definitivamente morfologia: diventa

alta e rocciosa, scavata da grotte marine, accompagnata da numerose sporgenze e rientranze, per

brevissimi spazi colmate da spiagge sabbiose, e interrotta solo al di là di Gaeta e Formia dalla

pianura del Garigliano, che

interessa il versante laziale solo in

parte.

La pianura del Garigliano

costituisce la parte terminale della

valle del Sacco-Liri. Durante il

Quaternario i materiali eruttati dal

vulcano di Roccamonfina

sbarrarono il corso del Liri

formando un esteso lago che, solo

quando il fiume trovò un varco

verso il mare a Suio, a Ovest di

Roccamonfina, si svuotò

depositando detriti alluvionali e colmando la piana. Qui la costa si raccoglie nello splendido golfo

di Gaeta, un tempo Sinus formianus. La costa, bassa e piatta per chilometri, diventa qui

Fig. 6: La villa di Tiberio prossima alle falesie di Sperlonga

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movimentata e i Monti Aurunci si affacciano nel mare. Si seguono una serie di promontori di cui i

principali sono il Monte Orlando e più a sud il Monte d’Oro e Monte d’Argento.

La montagna è coperta di

macchia mediterranea. Si

tratta di un’area protetta dai

venti freddi e, quindi, il clima

è sempre molto mite. La

presenza del mare influenza

notevolmente anche le zone

più interne, addolcendone le

temperature: gli inverni sono

temperati, le estati fresche,

l’escursione termica fra le più

basse d’Italia.

A Gaeta seguono i comuni di Formia e di Minturno, all’interno, lungo la fascia collinare sulle

pendici degli Aurunci, Spigno Saturnia, SS. Cosma e Damiano e Castelforte..

Il lido del Lazio termina dove il fiume Garigliano sfocia nel Tirreno, segnando il confine con la

Campania.

2.1.3) Le i s o l e

Di grande importanza paesaggistica e geologica è

l’Arcipelago delle Isole Pontine, costituito da un

insieme di isole disposte più o meno parallelamente alla

linea di costa ad una distanza media di 50 Km, tra

lschia e Capo Circeo. L'arcipelago è collocato tra il

margine esterno della piattaforma continentale e la

scarpata che raccorda, mediante una serie di gradinate

dovute a dislocazioni di origine tettonica, la piattaforma

continentale con la piana abissale del Tirreno posta ad

una profondità di oltre 3000 m. E’ costituito da sei isole

divise nel gruppo nordovest (Isole di Ponza,

Palmarola, Zannone, Gavi) e gruppo sudest (Isole di Ventotene e di Santo Stefano)

L’Isola di Ponza, con una superficie di 7,5 kmq, è la maggiore delle Isole Pontine, e si caratterizza

per una forma stretta e allungata che si estende dal Faraglione La Guardia, a sud, a Punta

dell'Incenso situato a nord che si affaccia sulla vicina isola di Gavi distante appena 120 metri. Il

Fig. 7: Falesie e duna costiera dell’Arenauta a Gaeta

Fig. 8: Falesie del Colle del Belvedere a Ponza

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territorio dell’isola è prevalentemente montuoso e raggiunge la massima altitudine con i 280 metri

del monte Guardia posto all'estremità meridionale dell'isola.

L'Isola di Palmarola è la seconda isola per grandezza dell’arcipelago delle Isole Pontine, misura

circa 136 ettari, 3 chilometri di lunghezza e 300 di larghezza, con circa 15 chilometri di costa. E’

situata a circa 10 km ad ovest di Ponza. Come le altre isole dell’arcipelago Ponziano è caratterizzata

da una costa molto frastagliata e da un territorio prevalentemente montuoso, Monte Guarniere

costituisce la vetta più alta a 262 metri di altitudine

L'Isola di Zannone è la più settentrionale delle Isole Pontine. Sorge a nord-est di Ponza ed a

differenza delle altre isole dell'Arcipelago Pontino, frastagliate e brulle, ha una struttura regolare,

compatta e ricchissima di vegetazione. Sul versante settentrionale si trova il Monte Pellegrino, il

punto più alto dell’isola a quota 119 metri, e da qui il suolo degrada verso sud con sponde rocciose

contornate da eccellenti fondali.

L’Isola di Ventotene ha una forma allungata, una misura di circa 3 chilometri ed un'altitudine

massima di 139 metri. E’ sede dell’omonimo comune che comprende anche l'Isola di Santo Stefano

che si trova a circa 2 chilometri ad est.

2.2) I d r og r a f i a s up e r f i c i a l e

Partendo da NW, lo spartiacque dei corsi d’acqua che interessano il territorio provinciale passa per

il recinto esterno dell'apparato centrale dei Colli Albani, il recinto Tuscolano-Artemisio. In

quest'area lo spartiacque non coincide con i limiti amministrativi, definiti dai comuni di Aprilia e

Cisterna di Latina.

Dai Colli Albani, sul versante meridionale e orientale dell'apparato Tuscolano-Artemisio, nasce una

rete di corsi d'acqua (fosso Leschione, Ficoccia, Spaccasassi, del Campo, della Crocetta, del

Carano, Pane e Vino, Cisterna, ecc..) che confluiscono, attraverso il canale allacciante Astura e il

Canale delle Acque Alte, verso il Tirreno attraverso il Fosso del Moscarello drenando un bacino di

circa 421 Kmq.

Il fiume Astura propriamente detto, il cui bacino (pari oggi a 83 kmq) risulta "decapitato" dal canale

allacciante omonimo, presenta oggi una lunghezza ridotta a circa 20 km. Segue una serie di corsi

d'acqua a carattere torrentizio, che si alimentano in parte anche dai Lepini, tra i quali il fosso Teppia

nel cui bacino ricade il lago Giulianello (152 Kmq), il fiume Ninfa e il fiume di Val Carella (51

Kmq) che confluisce nel canale allacciante delle Acque Alte, fino a sfociare nel Mar Tirreno.

L’idrografia superficiale dell'Agro pontino (circa 800 Kmq) dalle sue condizioni pressoché naturali,

prima dell'ultima bonifica idraulica, ha subito una notevole trasformazione. Il Canale delle Acque

Alte a Ovest di Latina taglia da Nord a Sud la piana intercettando le acque della parte occidentale

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alta della pianura e dei rilievi, che salgono verso i Colli Albani ed il valico con il bacino del Sacco,

nonchè le acque montane fino a Sermoneta.

Il fiume Sisto, raccolte le acque delle sorgenti del Ninfa, funziona da canale di raccolta di acque alte

per la duna quaternaria. I bacini che interessano la pianura Pontina proseguono poi con il fiume

Ufente (88 Kmq) e quindi con l'ampio bacino del fiume Amaseno (425 Kmq per buona parte in

provincia di Frosinone) nel quale confluiscono, tra gli altri, i fossi delle Mole, del Monte Acuto,

Fossato, Campo del Tesoro e Rio Pisciarello. I1 canale allacciante Javone-Amaseno ha la funzione

di intercettare e scaricare, attraverso il fiume Amaseno, le acque dei torrenti Javone e Ceriara. Il

fiume Ufente, trasformato in collettore delle acque alte in conseguenza del mancato completamento

dell'allacciante verso Amaseno, raccoglie le acque del torrente Brivolco e le Acque Alte Setine e

costituisce il ricettore di gran parte delle idrovore.

I fiumi Ufente ed Amaseno sono arginati lungo gli ultimi chilometri dell'asta principale e

confluiscono entrambi nel fiume Portatore, nei pressi del canale Linea Pio, in cui, subito a valle di

tale confluenza, si immette anche il canale della Botte, parallelo al canale Linea Pio.

I1 canale Pedicata ed il canale delle Acque Alte di Terracina completano il sistema idraulico nella

parte Sud-orientale raccogliendo, il primo, le acque delle pendici orientali a valle del vallone

Vidimini e proteggendo, il secondo, la conca di Terracina dai torrenti sovrastanti, le cui acque

vengono convogliate in mare mediante una galleria sotto il monte Anxur. La pianura è servita,

inoltre, da una rete idraulica interna che ha il compito di provvedere allo scarico diretto in mare

mediante una serie di canali delle acque medie:

Canale Acque Medie di Latina;

Canale Rio Martino;

Canale della Botte;

Canale Linea Pio - Diversivo Linea Pio.

Nelle aree più depresse del territorio, infine, le acque raccolte dalla rete di bonifica vengono

sollevate mediante impianti idrovori e scaricate nei collettori delle acque alte o direttamente in

mare.

I Monti Ausoni separano la Pianura Pontina dalla piana di Fondi, allungandosi verso Sud fino a

Terracina. Da questi rilievi si alimentano i corsi d'acqua tributari delle canalizzazioni di bonifica

della piana di Fondi (Canale Acqua Chiara); l'intero bacino si estende per complessivi 281 Kmq.

L'ultima parte del territorio si estende da Sperlonga a Minturno, nella zona delineata dai Monti

Aurunci, tra cui il bacino del Rio di Itri, che ha la foce tra Gaeta e Formia. Altri corsi d’acqua

minori hanno la foce fra Formia e Minturno: (fosso del Tuono, torrente Acquatraversa, Rio S.

Croce, Rio Capo D’Acqua) fino al limite col Fiume Garigliano.

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Sui corsi d'acqua della provincia, data l'assenza di una significativa serie di dati (le 16 stazioni

idrometriche della rete di monitoraggio sono state installate dalla Provincia nel 2006), non sono

disponibili informazioni sistematiche circa il regime idrologico. Fa eccezione la stazione di

Amaseno a Fossanova (bacino sotteso di superficie pari a 382 kmq), che ha funzionato in maniera

discontinua nei periodi 1934 ÷ 1940; 1951 ÷ 1953; 1964 ÷ 1970, dalle cui registrazioni si possono

ricavare valori della portata media massima di circa 7 mc/s, pari ad un contributo specifico medio di

17 l/s kmq, ed una portata minima media di poco più di 1 mc/s.

Il reticolo fluviale naturale e di bonifica, influente nei laghi costieri, per la limitata superficie dei

bacini di dominio, per la morfologia pianeggiante dell'area costiera, per l'uso intensivo del suolo

con attività agricole e per la discreta permeabilità dei terreni in affioramento, presenta un regime dei

deflussi, piuttosto regolare; incrementi nei valori di portata anche repentini e notevoli si hanno

limitatamente ad eventi meteorici di particolare entità ed intensità. I livelli dei laghi subiscono

oscillazioni in relazione alla variabilità degli apporti e delle perdite, ma sono interessati anche da

accumuli forzati di notevoli volumi d'acqua marina nel lago in condizioni meteomarine

caratterizzate da mare agitato che possono far assumere livelli anormali alla superficie libera, con

valori massimi di circa 40 cm al di sopra della quota minima. Se si escludono i laghi di Fogliano,

Monaci e Caprolace, isolati da argini e canali di intercettazione, gli altri specchi d’acqua ricevono

limitati contributi dai corsi d'acqua naturali e di bonifica. Attualmente i corsi d'acqua influenti ed i

canali di marea sono regimati da paratoie idrauliche mobili.

Nel territorio provinciale sono infine presenti 39 bacini endoreici, di diversa ampiezza che coprono

una superficie complessiva pari a circa 106 kmq, ubicati principalmente sui rilievi dei monti Ausoni

ed Aurunci.

2.3) As s e t t o g e o l o g i c o de l t er r i t or i o pr o v i nc ia l e

I terreni affioranti nel territorio provinciale possono essere raggruppati schematicamente come

segue:

Unità Carbonatiche della serie Laziale Abruzzese: sono formazioni calcaree tipiche di una deposizione di mare poco profondo in facies di scogliera, i cui spessori evidenziano una subsidenza continua. I termini più antichi della successione affiorano sul Monte Circeo e negli Aurunci sud-occidentali. Carbonati più recenti, fino al Cretacico superiore–Paleocene, costituiscono la maggior parte dei rilievi montuosi dei Lepini, degli Ausoni e il versante occidentale degli Aurunci.

Depositi terrigeni sintettonici indifferenziati: si tratta dell'unità del Flysch di Frosinone, costituito da torbiditi argilloso arenacee, e della formazione delle argille variegate, affioranti nel margine orientale degli Aurunci.

Formazioni sedimentarie plio-pleistoceniche: rappresentate da argille e marne grigio-azzurre (presenti da Tor Caldara al confine NW), seguite da sabbie con livelli argillosi e conglomeratici (Formia) e calcareniti;

Formazioni vulcaniche dei Colli Albani: si tratta dei prodotti di natura esplosiva ed effusiva emessi dal complesso vulcanico dei Colli Albani. Si riscontrano piroclastiti litoidi,

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pozzolane nere e rosse, con intercalazioni di lave leucitiche, della fase più antica dell’attività vulcanica, seguite da lapilli, scorie, tufi incoerenti, peperini e coni di scorie.

Formazioni vulcaniche delle Isole Pontine: lave, pomici e piroclastiti di composizione da acida a prevalentemente basaltica.

Depositi continentali pleistocenico-olocenici: sono rappresentati da travertini, dune sabbiose antiche (affioranti nella piana), depositi palustri e lacustri, dune costiere recenti, alluvioni attuali lungo gli alvei dei corsi d’acqua e, localmente detriti di falda sui versanti.

Di seguito viene riportato un sintetico inquadramento geologico dei diversi settori individuabili nel

territorio provinciale.

2 . 3 . 1 ) L e I s o l e P o n t i n e

L’arcipelago Pontino è costituito da un insieme di isole disposte più o meno parallelamente alla

linea di costa ad una distanza media di 50 Km, tra lschia e Capo Circeo.

Dal punto di vista fisico-geografico, l'arcipelago è collocato tra il margine esterno della piattaforma

continentale e la scarpata che raccorda, mediante una serie di gradinate dovute a dislocazioni di

origine tettonica, la piattaforma continentale con la piana abissale del Tirreno posta ad una

profondità di oltre 3000 m.

La piattaforma continentale (De Rita et al. 1984) risulta costituita da strutture plicative a scaglie

sovrapposte generate dalle fasi tettoniche compressive mio-plioceniche, con una costituzione

litologico-strutturale simile a quella dell'Appennino centrale. Nell'arcipelago la struttura a scaglie

sovrapposte è evidente nelle unità sedimentarie e metamorfiche che affiorano nell'isola di Zannone.

Tuttavia l'attuale assetto morfologico dell'area è legato principalmente agli effetti della successiva

fase tettonica, attiva sin dal Pliocene che, caratterizzata da fenomeni distensivi, ha dislocato tutta

l'area in una serie di alti e bassi strutturali. Unitamente allo smembramento della piattaforma

continentale, la tettonica plio-quaternaria ha instaurato in tutto questo settore un accentuato

vulcanismo che oggi si può riconoscere nelle rocce dei Colli Albani, della maggior parte delle Isole

pontine, dell'isola di Ischia, nelle manifestazioni del vulcanismo campano.

In relazione alle caratteristiche geologiche e alla posizione geografica, diversi autori (Barberi et al.

1967-, De Rita et. al 1984; Zittellini et al. 1984- De Rita et al. 1986; Metrich & Santacroce -in

stampa-) hanno suddiviso le isole pontine in due gruppi: l’arcipelago pontino occidentale, con

Ponza, Palmarola e Zannone e l'arcipelago pontino orientale, con Ventotene e Santo Stefano.

L'arcipelago pontino occidentale è geologicamente costituito dai lembi emersi delle formazioni

vulcaniche appoggiate su di un alto strutturale compreso tra i bacini minori di Palmarola e di

Ventotene. L'arcipelago pontino orientale, isole di Ventotene e Santo Stefano, si colloca, invece,

all'interno di una zona ribassata della piattaforma continentale, profonda fino 750 m (bacino di

Ventotene), ed è costituito dai lembi affioranti di uno strato-vulcano alto circa 800 m dal fondo del

bacino, con un diametro di base di circa 15 Km.

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Altre diversificazioni tra i due gruppi sono rappresentate dall'età e dalla composizione dei prodotti

vulcanici. Infatti, i più antichi prodotti vulcanici affioranti nell'arcipelago occidentale possono farsi

risalire a circa 5 milioni di anni fa e sono prevalentemente di tipo acido, mentre nell'arcipelago

orientale le vulcaniti più antiche affioranti risalgono a 1,7 milioni di anni (0,8 secondo studi più

recenti) e sono costituite da lave quasi basaltiche.

Lo schema tettonico dell'area (Zitellini et.al 1984) è dato prevalentemente da faglie aventi direzione

E-W, NE-SW e NW-SE. Sebbene allo stato attuale possano considerarsi concluse le fasi più intense

della tettonica distensiva e delle manifestazioni vulcaniche, le ultime emissioni risalirebbero a

200.000 anni (Metrich & Santacroce - in stampa -), tuttavia, osservando i dati riportati dal catalogo

dei terremoti italiani dall'anno 1000 al 1980 (CNR- Progetto finalizzato GEODINAMICA), l'area

appare ancora interessata da una discreta attività sismica.

2 . 3 . 2 ) I C o l l i A l ban i

Il distretto dei Colli Albani è uno dei numerosi apparati vulcanici che si svilupparono lungo la

piattaforma continentale del Lazio e della Toscana al margine nord-orientale del bacino tirrenico.

Quest’area è caratterizzata dalla presenza di una crosta spessa meno di 25 km (Wigger, 1984) e da

anomalie di flusso di calore (Mongelli & Zito, 1991). La presenza del vulcanismo è legata

all’evoluzione recente dell’orogeno appenninico, che dal Miocene è stato soggetto a fenomeni

estensionali per processi di assottigliamento crostale del bacino tirrenico.

Il carattere peculiare della struttura dei Colli Albani è rappresentato dalla sua evoluzione in un’area

ove si intersecano strutture tettoniche di primo ordine ad andamento NE-SW (associate alla

tettonica compressiva) e ad andamento NW-SE (associate alla tettonica distensiva) con strutture

trascorrenti N-S, di recente individuazione e probabilmente rappresentanti la riattivazione di

vecchie discontinuità. In particolare, queste ultime sembrano avere un ruolo importante nell’attività

dei distretti vulcanici laziali (Trigila, 1995). Il basamento profondo, articolato in sistemi di horst e

graben, è costituito da formazioni mesozoiche della successione pelagica con testimonianze di una

transizione esterna nelle parti più meridionali.

I Colli Albani iniziarono la loro attività a partire da meno di 600.000 fino a circa 20.000 anni fa (De

Rita et alii, 1988), anche se testimonianze di epoca romana descrivono, sull’edificio centrale

un'attività di "fontane di lava" e di “ricaduta di pietre” (Andretta & Voltaggio, 1994), probabilmente

prodotta da un rilascio tardivo di gas dalla camera magmatica.

Dal punto di vista stratigrafico, in funzione della storia evolutiva del vulcano, sono state

riconosciute tre fasi deposizionali (De Rita et alii, 1988, Rosa 1995) ad attività differenziata per

stile e volumi di magma coinvolti:

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Fase Tuscolano-Artemisia (0,6 – 0,3 milioni anni fa), durante la quale la maggior parte dell’attività avvenne nella zona centrale, costituita da quattro cicli principali, con successivo collasso della grande caldera centrale (attuale “recinto esterno”);

Fase delle Faete (0,3 – 0,2 milioni anni fa), interessa l’area collassata, ed è caratterizzata da attività prevalentemente di tipo stromboliano;

Fase idromagmatica (0,2 – 0,02 milioni anni fà), durante la quale l'attività del vulcano, che interessa i bordi occidentale e settentrionale del recinto esterno, è stata condizionata dall’interazione del magma in risalita con l’acqua delle falde sotterranee.

2 . 3 . 3 ) L a d o r s a l e d e i M o n t i L e p i n i - A u s o n i e A u r u n c i

I rilievi sono costituiti da vasti affioramenti di calcare a pasta fine, con intercalazioni dolomitiche,

depositatisi in un ambiente marino di altofondo carbonatico, tra il Giurassico e il Cretacico

superiore. Lembi di sedimenti del Terziario, più marnosi o silicoclastici, affiorano solamente in

corrispondenza di alcuni importanti disturbi tettonici (per esempio la Linea Montelanico

Roccagorga sui Monti Lepini).

Le tre dorsali carbonatiche costituiscono tre distinte unità tettonico-sedimentarie, accavallate verso

NE sui Flysch della Valle Latina per effetto della tettonica compressiva Miocenica, che ha generato

la Catena Appenninica secondo un meccanismo “arco-fossa” progradante da SW verso NE.

Successivamente, a partire perlomeno dal Pliocene e per tutto il Pleistocene, un regime tettonico

estensionale, connesso con movimenti isostatici ha provocato il progressivo sollevamento e la

disarticolazione delle dorsali in grossi blocchi che formano monoclinali dislocate a varie quote,

immergenti prevalentemente verso NE.

Spesso, soprattutto in corrispondenza delle depressioni, dei penepiani e dei versanti a minor

pendenza, sono presenti delle coltri di copertura più o meno spesse che in genere sono costituite da

terre rosse, brecce più o meno cementate e piroclastiti derivanti dall’attività del Vulcano Laziale e

di più modesti apparati vulcanici interni alla catena appenninica quali i centri di emissione della

Media Valle Latina e il centro eruttivo di Giuliano di Roma nella Valle dell’Amaseno.

La separazione tra le diverse unità tettonico-sedimentarie che costituiscono il rilievo si colloca in

corrispondenza di importanti linee tettoniche disposte circa NE-SW (direzione antiappenninica)

lungo cui sono visibili gli effetti di movimenti tettonici con elevata componente trascorrente.

Tra le principali linee tettoniche, oltre i piani di accavallamento che delimitano le strutture verso

NE, si rilevano:

i motivi tettonici sepolti sotto i sedimenti della Valle dell’Amaseno che determinano la suddivisione tra i monti Lepini e i monti Ausoni;

la “Linea di Itri", importante sistema transpressivo, lungo cui si fa coincidere la separazione tra i Monti Ausoni e le dorsali degli Aurunci occidentali-Monte Grande;

i sistemi di faglie normali ad andamento prevalente NW-SE che determinano lo sprofondamento del margine suoccidentale delle strutture, al di sotto dei sedimenti delle piane costiere.

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2 . 3 . 4 ) L a v a l l e d e l l ’ A m a s e no

La valle del F.Amaseno costituisce un’ampia depressione posta a quote comprese tra circa 150 e

meno di 50 m s.l.m. tra le dorsali carbonatiche dei Monti Lepini e dei Monti Ausoni, che

costituiscono rispettivamente il versante destro e sinistro della vallata.

Dal punto di vista geologico i rilievi sono costituiti interamente da litoformazioni carbonatiche

meso-cenozoiche in facies di piattaforma –subsidente. Sul fondo valle affiorano spesse coltri di

coperture alluvionali antiche e recenti che ricoprono il substrato costituito dai calcari meso-

cenozoici e dalle argille caotiche. Queste ultime separano i due rilievi carbonatici, affiorano lungo

la valle in lembi isolati e probabilmente al di sotto dei depositi alluvionali nell’area compresa tra

Priverno e Prossedi.

Nei pressi di Giuliano di Roma un piccolo centro vulcanico intrappenninico ha prodotto le lave

tefritico-leucitiche e gli accumuli piroclastici visibili nell’area, al di sopra dei depositi meso-

cenozoici e delle alluvioni antiche terrazzate.

Tra Giuliano di Roma ed Amaseno affiora una sottile coltre di depositi lacustri argillosi.

L’assetto strutturale dell’area è caratterizzato dal sovrascorrimento verso NE delle dorsali

carbonatiche sui depositi argillosi miocenici della valle Latina.

La valle dell’Amaseno, probabilmente, è impostata su un antico “solco” nella piattaforma

carbonatica subsidente in cui si sono depositate le argille varicolori, successivamente coinvolte nei

processi di accavallamento e traslazione delle unità carbonatiche.

2 . 3 . 5 ) L e P i a n u r e C o s t i e r e

Nel quadro geologico descritto la Pianura Pontina costituisce la porzione meridionale di un estesa

area subsidente, al margine del Mar Tirreno, che si instaurò fra i primi contrafforti della catena

appenninica e la costa a partire per lo meno dal Pliocene. A partire da questo periodo e

probabilmente sino a tutto il Pleistocene, il margine tirrenico della catena appenninica, che affianca

nell’area attualmente occupata dalla Pianura Pontina, è stato dislocato da sistemi di faglie dirette ad

andamento prevalentemente NW-SE e subordinatamente SE-NW, che hanno determinato la

formazione di un profondo graben, colmato da sedimenti marini, fluvio palustri e subordinatamente

piroclastici.

Dal punto di vista stratigrafico, i terreni di colmamento del graben pontino sono costituiti da

sedimenti terrigeni quaternari, con spessori variabili da poche decine di metri, in prossimità delle

dorsali carbonatiche dei monti Lepini e Ausoni, ad alcune centinaia di metri, nel settore centrale

della piana, che ricoprono una serie di alti e bassi strutturali impostati nelle successioni

carbonatiche e calcareo-silico marnose meso-cenozoiche (Parotto & Praturlon, 1975; Boni et. Alii,

1980).

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In particolare, i sondaggi profondi effettuati nel settore compreso tra la Via Appia e i rilevi

carbonatici (Sondaggi Mazzocchio 1, 2, 3, 5, 6 e 8, sintetizzati in Manfredini, 1990) evidenziano, a

partire dall’alto:

1. una formazione superiore di ambiente palustre o lacustre, per uno spessore massimo di circa 100 m, costituita da alternanze di argille torbose, sabbie, travertini e rari orizzonti conglomeratici;

2. una formazione inferiore costituita prevalentemente da sabbie limose di ambiente marino, ricche di macrofossili, per uno spessore massimo di 200 m e attribuibili genericamente al Pleistocene.

Al di sotto di questi terreni sono presenti i termini ribassati delle successioni giurassico-cretaciche

di altofondo carbonatico che costituiscono le dorsali dei Monti Lepini ed Ausoni.

Spostandosi verso il mare, nel settore indicativamente individuabile a SW della Via Appia, al di

sotto dei depositi di duna antica che giungono fino al mare, i sondaggi profondi (Sondaggi

Sabaudia, Pontinia e S. Donato, riportati in Conforto et. Alii, 1962 e in Camponeschi e Nolasco,

1983) e le indagini geofisiche effettuate dai diversi autori, non individuano, sino ad oltre 1000 m di

profondità i termini calcarei giurassico-cretacici. In questo settore, i sedimenti limoso-sabbiosi

pleistocenici si sovrappongono su sedimenti calcarenitici e arenacei del Pliocene e del Miocene.

La Piana di Fondi presenta caratteristiche per molti versi analoghe a quelle della Pianura Pontina,

vi si riconosce, infatti una potente coltre di terreni sedimentari terrigeni plio-quaternari sovrapposta

ai termini carbonatici meso-cenozoici della dorsale dei Monti Ausoni e di Monte Grande, ribassati

da motivi tettonici. Nel settore meridionale, area costiera, affiorano litotipi prevalentemente

sabbiosi della duna costiera recenti ed antichi, mentre nell’entroterra, parte centrale, sono presenti

potenti successioni di terreni limno-palustri e di colmata delle depressioni bonificate. Nei settori

pedemontani i depositi palustri sfumano, in eteropia di facies, negli accumuli di conoide provenienti

dai versanti delle dorsali carbonatiche, costituiti da terre rosse e clasti calcarei.

2. 3. 6) La v a l l e de l l ’ Aus e nte e l a p i ana de l Ga r i g l i a no

La depressione morfologica della Valle dell’Ausente, orientata in direzione NW-SE, separa la

catena dei M. Aurunci occidentali, da quella dei Monti Aurunci orientali. Nell’ambito di tale settore

geologico, la successione litostratigrafica passa ad emipelagiti attraverso le "Marne ad Orbulina" e

gradualmente ai depositi torbiditici di probabile età Tortoniano sur.-Messiniano inf.. Tali depositi

affiorano nella valle dell'Ausente attraverso facies pelitico-arenacee deposte tramite meccanismi di

correnti di torbida all'interno di bacini in rapida subsidenza (Valle Latina a nord, Valle dell’Ausente

ad est e parte della piana di Formia - NASO & TALLINI, 1993). La presenza in affioramento di

formazioni mediamente erodibili, dotate di litologie a differente competenza, fa sì che in posizione

di destra e sinistra orografica rispetto alla piana alluvionale si ergano rilievi collinari dai declivi

non sempre dolci. I rilievi sono parzialmente incisi dall'azione erosiva delle acque di ruscellamento

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che defluiscono verso la piana. L'area comprende, dunque, differenti morfotipi la cui evoluzione è

stata controllata dall’assetto strutturale e dalle caratteristiche litotecniche dei litotipi affioranti (unità

carbonatiche, complesso alloctono e flyschoide).

La piana alluvionale dell’Ausente si apre in direzione SE in quella, ben più ampia del fiume

Garigliano, impostatosi in un graben a direzione antiappenninica (SW-NE). Nell’ambito di tale

zona, soggetta a rapida subsidenza (plio-pleistocene), s’instaura l’attività vulcanica del

Roccamonfina. L’edificio è costituito da uno stratovulcano caratterizzato da effusioni laviche ed

attività esplosiva, che hanno inizio a partire da 0.6 milioni d’anni fa. Da un punto di vista

petrografico il Roccamonfina rientra nella provincia magmatica alcalino-potassica laziale.

Il colmamento del graben avviene per opera di potenti coltri di depositi quaternari (perforazioni

petrolifere) appartenenti ad ambienti continentali, transizionali ed infine (parte alta della colonna

stratigrafica) marino (IPPOLITO et alii, 1973)

Geograficamente la pianura del Garigliano, la cui formazione risale almeno al Messiniano, si

estende tra le tre unità montuose dei Monti Aurunci, del Monte Massico e delle propaggini

dell’apparato vulcanico di Roccamonfina, e digrada dolcemente in direzione SW dalla quota di

circa 200 m s.l.m. fino al livello del mare. La Piana è, in una visione planimentrica, simile ad un

triangolo isoscele con i lati della lunghezza di una quindicina di Km ed i vertici in corrispondenza

dei paesi di Mondragone (CE) a SE, di Scauri a NW e di Suio a NE. Il lato Mondragone-Scauri

corrisponde alla linea di costa; il lato Scauri - Suio termina bruscamente con la sovrapposizione dei

depositi quaternari della pianura sulla base dei versanti dei modesti rilievi della valle dell’Ausente e

delle colline di Suio; il lato Suio - Mondragone invece si raccorda gradualmente con le pendici

occidentali dell’apparato vulcanico del Roccamonfina che risalgono dolcemente in direzione NE.

Il raccordo morfologico tra le aree di fondovalle e quelle dei versanti meridionali dei Monti Aurunci

orientali avviene grazie ai depositi costituiti da detrito di falda e conoidi (pezzame litoide frammisto

a matrice eluviale limo-argillosa d’origine residuale). Ciò ha permesso l'instaurarsi di una discreta

attività antropica proprio lungo il settore di raccordo tra i fondovalle e le zone di piedimonte, zone

oggetto già in passato (terrazzamenti per scopi agricoli) di una modesta pressione antropica.

Infine, il settore costiero compreso tra la foce del Fiume Garigliano e il promontorio di Gaeta si

estende per una lunghezza di circa 24 km in direzione NW-SE e corrisponde in parte al Golfo di

Gaeta. Con riferimento al settore di nostro interesse, la chiusura dell’ampia ansa costiera avviene a

Nord di Formia seguendo prima una direzione NE-SW e poi NW-SE in corrispondenza del

promontorio di Gaeta. Il litorale compreso tra detto promontorio e la foce del f. Garigliano si consta

di spiagge sabbiose anche di notevole estensione (litorale di Scauri-Marina di Minturno, Formia

Porto-Gianola S.Janni), interrotte da porzioni di costa alta e rocciosa (M. Orlando, M d’Argento, M.

di Scauri).

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37

L’idrografia è caratterizzata da corsi d’acqua, con letti ciottolosi e bacini imbriferi di limitata

estensione, impostati su rocce dotate di permeabilità elevata (come i calcari), e media (come le

sabbie e parte dei depositi detritico-alluvionali di fondovalle), sono caratterizzati da un regime

torrentizio (Rio d’Itri, Rio S.Croce, Rio Capo d’Acqua), con portate fortemente influenzate dal

regime delle precipitazioni, essendo trascurabile il contributo delle falde acquifere.

Il Fiume Garigliano è in sostanza l’unico corso d’acqua importante che attraversa l’area in esame.

2.4) G e om o r f o l o g i a

Lungo le catene montuose carbonatiche dei Monti Lepini, Ausoni e Aurunci, e nel promontorio del

Circeo, è stata rilevata una notevole densità di dissesti costituiti in massima parte da frane di crollo,

che interessano strade, ferrovie e

centri abitati. Ciò è favorito dalla

scarsa copertura vegetale dovuta agli

incendi boschivi e all’abbandono

delle pratiche agricole.

Infatti, gli stessi gradonamenti,

realizzati con pietra calcarea,

alimentano, in seguito alla scarsa

manutenzione, la coltre detritica

lungo i versanti. Si ampliano così le

aree a rischio di rotolamento dei massi che si distaccano dalle scarpate.

Fig. 10: Frane di crollo lungo il versante di Monte La Civita a Spigno Saturnia Superiore.

Fig. 9: Reti paramassi lungo la S.S. Flacca a Gaeta.

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38

Foto n° 11: Massi crollati ed in incipiente rischio di crollo lungo la S.P. Camposoriano a Terracina

Nei settori carbonatici sono presenti fenomeni carsici epigei quali doline, polje, campi carreggiati,

che in alcuni casi presentano forme spettacolari tanto da essere definite Monumenti naturali (Campo

Soriano), ed ipogei quali grotte ed inghiottitoi.

763

547

190

7 21 14 9 7 5 5 4 3 2 10

100

200

300

400

500

600

700

800

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grav

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fond

a

Fig. 12 - Distribuzione delle tipologie di frana nel territorio provinciale

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39

Nelle aree di affioramento delle

piroclastiti del Distretto vulcanico

dei Colli Albani, si riscontra una

bassa franosità costituita da

deformazioni superficiali e

fenomeni di crollo sulle pareti

tufacee. A causa dell’elevata

antropizzazione dell’area però sono

molti i casi in cui sono poste a

rischio le infrastrutture viarie ed i

centri abitati.

Un discorso a parte va fatto per il

distretto vulcanico delle Isole Ponziane (ad eccezione di Zannone). L'azione erosiva del mare su

piroclastiti e colate laviche ha determinato la formazione di falesie in rapida evoluzione, con

conseguente innesco di fenomeni franosi soprattutto in prossimità della costa.

Infine c'è da segnalare, nella pianura Pontina, la presenza di un tipo particolare di dissesto, noto con

il termine di Sinkhole. Si tratta di fenomeni di improvviso sprofondamento del suolo dovuti

all’interazione di processi carsici, fenomeni tettonici e circolazione di acque sotterranee

mineralizzate in particolari condizioni stratigrafiche. In queste aree si possono generare situazioni di

rischio molto elevato quanto più pericolose perché in quasi totale assenza di segni precursori.

Per quanto riguarda i dissesti

idraulici, il principale evento di

piena del quale si hanno notizie, è

quello relativo all’evento

alluvionale del 2 ottobre 1993 sul

Canale Acque Alte, nel corso del

quale sono stati segnalati

allagamenti anche nella Città di

Latina.

La modellazione e la delimitazione

delle fasce di esondazione è stata

effettuata dall’Autorità dei Bacini

Regionali del Lazio per il Fiume

Amaseno, per il Rio d’Itri e per

alcuni altri corsi d’acqua

Fig. 13: Dissesti lungo il versante di Colle del Belvedere a Ponza.

Fig. 14: Tratto in esondazione lungo la S.P. Guglietta Vallefratta nel

Comune di Prossedi (11.12.2008).

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40

particolarmente problematici quali il Carella. Più a sud l’Autorità di bacino dei F. Liri, Garigliano e

Volturno ha delimitato le fasce di esondazione per il F. Garigliano.

Tali modellazioni hanno consentito di definire le fasce fluviali, intese come aree di possibile

esondazione per portate con

assegnati tempi di ritorno, e gli

effetti di queste sul territorio e sullo

stesso regime idraulico dei corsi

d’acqua.

In pratica, le esondazioni del Fiume

Amaseno, tutte a monte del tratto

canalizzato prima dell’Abbazia di

Fossanova, provocano l’allagamento

di ampi settori del fondovalle, senza

peraltro coinvolgere edifici o

costruzioni (almeno con la piena

trentennale). Le stesse esondazioni producono altresì un benefico effetto sulla laminazione delle

piene del tratto a valle, canalizzato.

Per il Rio d’Itri, già la piena trentennale determina esondazione con pericolo di allagamento di

alcuni edifici. La sezione è generalmente insufficiente al transito delle piene e gli attraversamenti, a

parte il ponte cittadino di Itri, presentano sezioni assolutamente inadeguate al transito delle piene

maggiori.

Una vasta area di esondazione è

individuata, , nella piana terminale

del F. Liri –Garigliano, dalla piana

prospiciente l’abitato di Suio fino

all’altezza della via Appia.

A parte quanto precedentemente

descritto le tipologie più diffuse dei

dissesti idraulici riscontrati e presi in

esame nel territorio provinciale, si

riferiscono principalmente a

segnalazioni ricevute in merito a

fenomeni locali (a volte addirittura

puntuali) di erosione localizzata e,

per lo più, di insufficienza di opere di attraversamento (spesso su strade di secondaria importanza).

Fig. 15: Tratto del Rio d’Itri tra i Comuni di Gaeta e Formia

Fig. 16: Fenomeni di erosione lungo la S.P. Lungomare Pontino nel Comune di Sabaudia

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41

Oltre ai fenomeni di crollo lungo le falesie costiere di Monte Circeo e della costa tra Sperlonga e

Minturno, una considerazione a parte merita il problema dell’erosione delle coste sabbiose.

Tale problematica è stata analizzata da uno specifico studio della Regione Lazio (Linee Guida per il

Piano Generale di Difesa delle Coste, Assessorato per le politiche dell’Ambiente) che ha

individuato mediante analisi diacroniche, nel territorio provinciale, i seguenti tratti in erosione:

un fronte in arretramento di circa 25-30 Km (Foce Verde - Rio Martino - Sabaudia) con un deficit globale di alimentazione di circa 200.000 mc/anno con un corrispondente deficit unitario di circa 7-10.000 mc/anno/Km. (settore 8 in figura);

30 Km di litorale in erosione nell’arco di litorale compreso tra il Circeo e Fondi (settori 9 e 10 in figura);

due aree soggette ad arretramento costituite dalle spiagge di Vindicio e S.Janni (Formia) e di Scauri (Minturno) ricadenti nell’arco di litorale compreso tra Formia e la foce del Liri-Garigliano sulle quali non sono fornite stime di erosione (settore 11 in figura).

Curva di Bilancio e Velocità Erosive

-600

-550

-500

-450

-400

-350

-300

-250

-200

-150

-100

-50

-

50

100

150

200

250

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350

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1000

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cum 90-94 cum 90-96 Progr.

( Regione Lazio da CTR 10.000 e aerofoto 1994-96 - Osservatorio dei Litorali)

3.000 mc/y/Km

18.000 mc/y/Km

20.000 mc/y/Km

17.000 mc/y/Km

6.000 mc/y/Km

2.000 mc/y/Km3.000 mc/y/Km

14.000 mc/y/Km

VELOCITA' EROSIVA 90-96

TEVERE

1.000 mc/y/Km

1

2

87

6

5

4

3

1110

9

Fig. 17 - Curva di bilancio e velocità erosive delle coste laziali

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42

2.5) S i smi c i t à

Il territorio della Provincia di Latina presenta una limitata attività sismica locale con eventi di

intensità trascurabile. L'area può essere però investita dagli effetti di terremoti originatisi altrove.

I centri sismici attivi che possono influenzare l'area sono:

I Colli Albani; La Valle Latina; L'area del Fucino; La zona di mare aperto compresa tra Anzio e il Monte Circeo.

I maggiori terremoti registrati nei Colli Albani sono datati 22 gennaio 1892 e 18 luglio 1899. Gli

effetti del primo si sentirono nell'area dei monti Lepini con intensità pari al 5° della scala Mercalli,

mentre quelli del secondo rimasero compresi tra il 4° ed il 5°.

Il massimo evento sismico con fuoco nella Valle Latina avvenne il 24 agosto 1877. L'effetto

macrosismico massimo, risentito nelle dorsali carbonatiche, fu pari a 5°-6° grado della scala

Mercalli. Un successivo terremoto proveniente dalla stessa località datato il 31 luglio 1901 non

superò, invece, il 5°. Il rovinoso sisma di Avezzano del 13 gennaio 1915, che arrivò a Roma tra il 7°

e l'8°, si attenuò in zona fino al 4°.

Nella zona di mare aperto al largo di Torre Astura, tra Anzio e il Capo Circeo, sono stati individuati

alcuni epicentri sismici storici che hanno provocato terremoti che raggiunsero una intensità

maggiore al 5° nell'area dei Monti Lepini. Il maggiore di essi avvenne nel 1919 ed ebbe epicentro

nella zona antistante Torre Astura.

Ulteriori informazioni sulla sismicità del territorio provinciale possono essere ricavate dai cataloghi

sismici recentemente proposti dall'Istituto Nazionale di Geofisica, Catalogo dei Forti Terremoti

(CFT) (Boschi et alii, 1990, 1995) e dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT),

cataloghi NT4.1.1 e DOM4.1 (Camassi & Stucchi, 1997). In questi cataloghi vengono riportati per

un gran numero di eventi i risentimenti sismici subiti da tutte le località per le quali sono state

reperite indicazioni storiografiche, risultando una fonte estremamente preziosa per conoscere la

storia sismica di un’area.

Si ritiene che i cataloghi siano sufficientemente completi rispetto agli eventi maggiori a partire circa

dal XVII° secolo, perciò il dato storico risulta non sufficientemente attendibile per definire la

sismicità di un'area nel caso di terremoti con tempi di ritorno superiori a quelli coperti dal catalogo,

che possono quindi "sfuggire" all'identificazione per via storica. In tal caso risultano essenziali gli

studi di tettonica attiva e paleosismologia, che verifichino la presenza o meno di indicatori geologici

di eventi sismici di forte intensità.

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43

2.5.1) Macrozonazione sismica

Il territorio provinciale è stato suddiviso nel 1996 dal GNDT (vedere figura seguente) parzialmente

nelle zone 43, 49, 54 e 55 della zonazione sismogenetica.

Fig. 18 - Zonazione sismogenetica ZS.4 adottata dal G.N.D.T. nel 1996

Successivamente, nel 2004 il Gruppo di lavoro per la redazione della mappa della pericolosità

sismica (Ordinanza PCM 23.03.2003 n° 3274) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

ha elaborato la carta della Zonazione sismogenetica ZS9 basata sugli sviluppi più recenti di

conoscenza della sismogenesi, sui database delle soluzioni dei meccanismi focali dei terremoti

italiani e su indicazioni e spunti derivanti dall’analisi dei dati relativi ai terremoti più importanti

verificati successivamente alla predisposizione del modello ZS4

Il territorio provinciale rientra parzialmente nella sola zona 920 (ex zona 49 di ZS4) e 922 (ex zona

43 di ZS4): La zona 922 racchiude aree caratterizzate da elevato flusso di calore legate al

vulcanismo recente, mentre la zona 920 coincide con il settore in distensione tirrenica. I settori sono

caratterizzati da una diffusa sismicità di energia moderata. La zona 55 della ZS4 che corrispondeva

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44

alla linea tettonica Ortona-Roccamonfina viene riferita in ZS9 a zone estensionali intrappenniniche

con direzione NW-SE e non viene associata ad una sismicità caratteristica da cinematica

trascorrente.

Fig. 19 - Zonazione sismogenetica ZS9 (2004)

Le intensità massime risentite nel territorio provinciale non hanno superato in epoca storica l'VIII°

grado MCS, come risulta dalla valutazione effettuata dal Servizio Sismico Nazionale.

Cautelativamente quindi all’area è associabile un'intensità potenziale massima dell'VIII° grado

MCS nelle fasce montane, costituite dalle dorsali carbonatiche e dal sistema vulcanico dei Colli

Albani, e dell'VII° grado MCS nelle restanti zone costiere per tempi di ritorno di 475 anni.

Sulla base di tali dati storici e delle leggi di attenuazione sinora disponibili (Slejko, 1996), il GNDT

ha prodotto delle carte che riportano la PGA (peak ground acceleration, componente orizzontale)

per assegnati tempi di ritorno. Nella figura seguente è riportata la carta per un tempo di ritorno di

475 anni, dalla quale risulta per l'area in studio una PGA compresa tra 0,32 e 0,36 g.

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45

Fig. 20 - Ground Acceleration (PGA), componente orizzontale (Slejko, 1996).

Nell'arcipelago Pontino, sebbene allo stato attuale possano considerarsi concluse le fasi più intense

della tettonica distensiva e delle manifestazioni vulcaniche, l'area appare ancora interessata da una

discreta attività sismica, così come si osserva dall'analisi dei dati riportati dal catalogo dei terremoti

italiani dall'anno 1000 al 1980 (CNR- Progetto finalizzato Geodinamica).

Nella pagina seguente è riportato l’elenco dei comuni con la classificazione sismica precedente,

quella prevista nella proposta di riclassificazione sismica "Proposta di riclassificazione sismica del

territorio nazionale - Ottobre 1998" e quella definita dalla Del. Reg. n. 766 del 1/8/2003

attualmente vigente.

Le tre classificazioni hanno definito in maniera diversa le categorie sismiche utilizzate per la

classificazione del territorio comunale. Per facilità di lettura nella tabella di classificazione si è

utilizzata la definizione del 2003. Di seguito si riporta una tabella con la corrispondenza tra le varie

classificazioni.

Decreti fino al 1984 GdL 1998 Classificazione 2003

S=12 prima categoria zona 1

S=9 seconda categoria zona 2

S=6 terza categoria zona 3

non classificato NC zona 4 Tabella 1 – Corrispondenza tra le classificazioni sismiche del 1998 e del 2003

Sono inoltre riportate la massima intensità registrata e quella attesa per un tempo di ritorno di 475

anni.

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46

Categoria secondo la COMUNE classificazione

precedente decreti fino al

1984

Zona sismica ai sensi

dell’Ordinanza n.3274 del 20/3/2003

Zona sismica ai sensi della

nuova classificazione regionale 2003 Zonizzazione

vigente

differenza tra 1984 e

2003

Max intensità registrata

Intensità attesa

Aprilia 4 3 3 1 7 8

Bassiano 2 2 2 "=" 7 8

Campodimele 2 2 2 "=" 8 8

Castelforte 2 2 2 "=" 8 8

Cisterna di Latina 2 2 2 "=" 7 7

Cori 2 2 2 "=" 7 8

Fondi 2 2 2 "=" 7 7

Formia 2 2 2 "=" 8 8

Gaeta 2 2 2 "=" 7 7

Itri 2 2 2 "=" 8 7

Latina 4 3 3 1 7 7

Lenola 2 2 2 "=" 8 8

Maenza 2 2 2 "=" 8 8

Minturno 2 2 2 "=" 8 8

Monte San Biagio

2 2 2 "=" 7 8

Norma 2 2 2 "=" 7 7

Pontinia 2 2 2 "=" 7 8

Ponza 4 4 4 "=" 7 7

Priverno 2 2 2 "=" 7 7

Prossedi 2 2 2 "=" 8 8

Roccagorga 2 2 2 "=" 7 8

Rocca Massima 2 2 2 "=" 7 8

Roccasecca dei V.

2 2 2 "=" 7 8

Sabaudia 4 3 3 1 7 8

S.Felice Circeo 4 3 3 1 7 8

SS.Cosma e Dam.

2 2 2 "=" 8 8

Sermoneta 2 2 2 "=" 7 8

Sezze 2 2 2 "=" 7 7

Sonnino 2 2 2 "=" 7 7

Sperlonga 2 2 2 "=" 7 8

Spigno Saturnia 2 2 2 "=" 8 8

Terracina 4 3 3 1 7 7

Ventotene 4 3 3 1 7 8

Tab. 2 Classificazione sismica dei comuni

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2.6) Distribuzione sul territorio e caratteristiche della popolazione

La Provincia di Latina, istituita nel 1943, comprende 33 comuni e occupa la parte sud – orientale della Regione Lazio. Ha una superficie di circa 2.350 Kmq, divisi tra le aree collinari – montane (i Monti Lepini, Ausoni ed Aurunci) e le pianure costiere (Pontina, di Fondi e del Garigliano). Zone altimetriche secondo classificazione Istat

0-300 metri pianura Territorio basso e pianeggiante caratterizzato da assenza di masse rilevate. Si considerano anche le propaggini di territorio che nei punti più discosti dal mare si elevino ad altitudine di regola non > ai 300 metri

300-700 metri collina Territorio caratterizzato da presenza di masse rilevate aventi altitudini di regola < ai 600 metri nell'Italia Settentrionale e 700 metri nell'Italia centro-meridionale e insulare

>700 metri montagna Territorio caratterizzato da presenza di notevoli masse rilevate, aventi altitudini di norma non < ai 600 metri nell'Italia settentrionale e 700 metri nell'Italia centro-meridionale e insulare

Nella tabella che segue è indicata la distribuzione dei Comuni della Provincia di Latina per zone altimetriche e la distribuzione della popolazione per Comune.

PIANURA COLLINA MONTAGNA ISOLE ABITANTI

1 Aprilia 62.471

2 Cisterna 33.035

3 Latina 111.946

4 Pontinia 13.476

5 Sabaudia 17.463

6 Terracina 42.475

7 Fondi 34.910

8 S.F.Circeo 8.218

9 Mintumo 18.288

10 Cori 10.802

11 Norma 3.851

12 Sermoneta 7.073

13 Monte S.Biagio 6.117

14 Lenola 4.130

15 Sperlonga 3.219

16 Sezze 22.835

17 Pri verno 13.744

18 Bassiano 1.664

19 Roccagorga 4.471

20 Maenza 3.055

21 Roccasecca 1.186

22 Prossedi 1.253

23 Sonnino 7.070

24 Formia 36.688

25 Gaeta 21.522

26 Itri 9.198

27 Castelforte 4.484

28 SS Cosma e Damiano 6.667

29 Spigno Saturnia 2.810

30 Roccamassima 1096

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31 Campodimele 703

32 Ponza 3.242

33 Ventotene 6.88 Tab. 3 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

2.6.1. Distribuzione della popolazione per classi d’età

Zona PIANURA PIANURA ABITANTI 0-15 16-45 46-65 66-75 ≥76

1 Aprilia 62.471 10.727 28.834 15.011 4.983 2.916

2 Cisterna 33.035 5.610 15.007 7.912 2.779 1.727

3 Latina 111.946 18.139 50.318 27.959 9.491 6.039

4 Pontinia 13.476 2.128 6.006 3377 1.086 879

5 Sabaudia 17.463 2.629 7.839 4.611 1389 995 6 Terracina 42.475 6.219 18.103 10.677 4.274 3.202

7 Fondi 34.910 6.092 15.994 8.060 2.712 2.052

8 S.F.Circeo 8.218 1.219 3.532 2.063 892 512

9 Mintumo 18.288 3.109 7.665 4.417 1690 1.407 Tab. 4 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

Zona COLLINA COLLINA ABITANTI 0-15 16-45 46-65 66-75 ≥76

10 Cori 10.802 1.615 4.532 2.660 1.129 866

11 Norma 3.851 620 1.583 913 417 318

12 Sermoneta 7.073 1.118 3.142 1.766 688 359

13 Monte S.Biagio 6.117 950 2.568 1.467 641 491

14 Lenola 4.130 644 1.737 982 407 360

15 Sperlonga 3.219 442 1.274 875 354 274

16 Sezze 22.835 3.687 10.192 5.268 2.222 1.466

17 Pri verno 13.744 2.115 5.948 3.381 1.361 939

18 Bassiano 1.664 238 672 411 201 142

19 Roccagorga 4.471 719 1.840 1.068 506 338

20 Maenza 3.055 470 1.344 694 287 260

21 Roccasecca 1.186 197 465 302 132 90

22 Prossedi 1.253 162 485 296 154 156

23 Sonnino 7.070 1.144 2.963 1.639 845 479

24 Formia 36.688 5.848 15.890 9.160 3.353 2.437

25 Gaeta 21.522 3.103 8.754 5.505 2.213 1.947

26 Itri 9.198 1.499 3.936 2.318 806 639

27 Castelforte 4.484 667 1781 1.124 492 420

28 SS Cosma e 6.667

29 Spigno Saturnia 2.810 464 1.163 728 236 219 Tab. 5 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

Zona MONTAGNA MONTAGNA ABITANTI 0-15 16-45 46-65 66-75 ≥76

30 Roccamassima 1096 152 430 256 145 113

31 Campodimele 703 78 273 163 89 100 Tab. 6 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

Zona ISOLE ISOLE ABITANTI 0-15 16-45 46-65 66-75 ≥76

32 Ponza 3.242 495 1.320 789 276 362

33 Ventotene 6.88 86 284 167 82 69 Tab. 7 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

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2.6.2 Distribuzione degli stranieri

Zona PIANURA PIANURA ABITANTI Totale STRANIERI Maschi Femmine

1 Aprilia 62.471 2359 1.191 1.168

2 Cisterna 33.035 570 311 259

3 Latina 111.946 3.614 1.641 1.973

4 Pontinia 13.476 355 198 157

5 Sabaudia 17.463 763 476 287 6 Terracina 42.475 930 503 427

7 Fondi 34.910 862 490 372

8 S.F.Circeo 8.218 358 212 146

9 Mintumo 18.288 276 100 176 Tab. 8 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

Zona COLLINA COLLINA ABITANTI Totale STRANIERI Maschi Femmine

10 Cori 10.802 416 216 200

11 Norma 3.851 83 33 50

12 Sermoneta 7.073 151 80 71

13 Monte S.Biagio 6.117 69 36 33

14 Lenola 4.130 18 12 6

15 Sperlonga 3.219 62 29 33

16 Sezze 22.835 1071 606 465

17 Pri verno 13.744 287 153 134

18 Bassiano 1.664 63 29 34

19 Roccagorga 4.471 139 79 60

20 Maenza 3.055 79 41 38

21 Roccasecca 1.186 9 5 4

22 Prossedi 1.253 24 13 11

23 Sonnino 7.070 105 47 58

24 Formia 36.688 375 125 250

25 Gaeta 21.522 316 130 186

26 Itri 9.198 268 116 152

27 Castelforte 4.484 34 9 25

28 SS Cosma e Damiano 6.667 73 29 44

29 Spigno Saturnia 2.810 24 6 18

Tab.9 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

Zona MONTAGNA

MONTAGNA ABITANTI Totale STRANIERI Maschi Femmine

30 Roccamassima 1096 10 5 5

31 Campodimele 703 1 0 1 Tab. 10 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

Zona ISOLE

ISOLE ABITANTI Totale STRANIERI Maschi Femmine

32 Ponza 3.242 114 61 53

33 Ventotene 6.88 28 11 17 Tab. 11 (Dati tratti dall’Atto Aziendale 2008 della AUSL di Latina)

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Le isole pontine registrano un incremento della popolazione residente determinato dai flussi

turistici. Nella tabella che segue sono riportati i dati relativi al movimento passeggeri registrati

durante l’intero anno solare e riferiti agli anni 2006/2007.

Movimento passeggeri per le Isole Pontine tutto l’anno. (Non sono pervenuti dati dalle rotte provenienti dalla Campania e Fiumicino).

PORTI

Passeggeri

Anzio - Ponza e viceversa Formia - Ponza e viceversa S.F. Circeo - Ponza e viceversa Terracina - Ponza e viceversa Formia - Ventotene e viceversa

106.931 194.001 26.942 73.200 127.736

Totale anno 2007 528.810 Anno 2006 513.191 Diff. 2007-2006 + 15.619 Diff. % 2007-2006 + 3,04%

Tab. 12 - (Dati tratti dalla pubblicazione dell’APT “ Il turismo nella Provincia di Latina”, luglio 2008)

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2.7) Il clima

Lo studio fitoclimatico del Lazio ha suddiviso il territorio regionale in zone fitoclimatiche definite

sulla base del termotipo e dell’ombrotipo (Fitoclimatologia del Lazio, Carlo Blasi, 1994).

Nell’immagine seguente sono rappresentate le zone fitoclimatiche che interessano la Provincia di

Latina derivate da un elaborazione dell’ARSIAL utilizzando i dati della propria rete di

monitoraggio

Fig. 21 - Le zone fitoclimatiche della Provincia di Latina

In particolare, nella Provincia di Latina, si individuano le seguenti principali zone fitoclimatiche :

1.REGIONE MEDITERRANEA DI TRANSIZIONE

-Termotipo Mesomediterraneo Inferiore o Termocollinare

-Ombrotipo Umido Inferiore

-Regione Xeroterica (sottoregione mesomediterranea)

Geograficamente ricopre i versanti Sud occidentali dell’Antiappennino meridionale.

Caratterizzata da precipitazioni abbondanti (1132 - 1519 mm) con apporti estivi sporadici (96 – 130

mm), debole aridità, concentrata nei mesi di luglio e agosto, freddo poco intenso da novembre a

marzo, con episodi significativi anche nel mese di aprile, temperatura media delle minime nel mese

più freddo intorno ai 4°C.

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Ricadono in questa zona fitoclimatica (classe 10) le stazioni SIARL di Formia, Itri, Maenza,

Minturno e Sonnino.

2.REGIONE MEDITERRANEA

-Termotipo Mesomediterraneo Inferiore

-Ombrotipo Subumido Superiore

-Regione Xeroterica (sottoregione mesomediterranea) Geograficamente interessa l’Agro Pontino.

Caratterizzata da precipitazioni da 842 a 966 mm con apporti estivi tra 64 e 89 mm, temperatura

media piuttosto elevata, aridità estiva che si prolunga da maggio ad agosto, freddo non intenso da

novembre ad aprile e temperatura media delle minime del mese più freddo tra i 3.6 a 5.5 °C.

Ricadono in questa zona fitoclimatica le stazioni ARSIAL di Pontinia, Cori e Cisterna di Latina

(classe 12).

3.REGIONE MEDITERRANEA

-Termotipo termomediterraneo Superiore

-Ombrotipo Umido Inferiore/Subumido Inferiore - Regione Xeroterica (sottoregione

termomediterranea) Geograficamente interessa i promontori del Lazio meridionale e la piana di

Fondi.

Caratterizzata da precipitazioni elevate e molto variabili, comprese tra 727 e 1133 mm con apporti

estivi contenuti (61 – 83 mm), aridità estiva pronunciata e prolungata per 3/4 mesi (maggio -

agosto), freddo poco accentuato, concentrato nel periodo invernale, temperatura media delle minime

del mese più freddo piuttosto elevata, compresa tra 6.6 e 7.1 °C Ricade in questa zona fitoclimatica

la stazione ARSIAL di Fondi (classe 14).

Per l’individuazione delle zone fitoclimatiche sono stati utilizzati, tra gli altri, alcuni indici

bioclimatici proposti da Mitrakos per definire:

- Intensità e durata dell’aridità mensile (MDS, Monthly Drought Stress). Si basa sui

valori delle precipitazioni mensili partendo dall’ipotesi che per precipitazioni

inferiori a 50 mm la pianta subisca, in ambiente mediterraneo, uno stresso dovuto

all’aridità.

- Intensità e durata del freddo mensile (MCS, Monthly Cold Stress). Si basa sui

valori delle temperature minime mensili e sul valore di 10°C inteso come soglia

dell’attività vegetativa.

Inoltre partendo dalla definizione di “mese arido”, ovvero mese caratterizzato da un valore delle

precipitazioni (in mm) pari o inferiore al doppio del valore della temperatura media, sono stati

costruiti i diagrammi di Bagnouls Gaussen.

A titolo esemplificativo seguono i diagrammi di Bagnouls Gaussen relativi al Comune di Maenza:

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Figg. 22-23-24-25

I diagrammi relativi alle altre stazioni ARSIAL di rilevamento (Cisterna di Latina, Cori, Formia,

Itri, Fondi, Minturno, Pontinia, Sonnino) sono riportati nell’Allegato I.

2.8) Venti prevalenti

L’ARSIAL, mediante le proprie stazioni di rilevamento, ha registrato i venti prevalenti in diversi

Comuni della Provincia di Latina riferiti agli anni 2004/2007.

Sono stati calcolati i venti prevalenti aggregati mensilmente per gli anni 2004, 2005, 2006 e 2007.

Per il calcolo della direzione prevalente, il dato di partenza è stato la misura oraria della direzione

del vento, ovvero per ogni ora si è tenuto conto del maggior numero di minuti di permanenza nel

settore (rosa dei venti suddivisa in 8 settori: N, NE, E, SE S, SW, W, NW), dove ogni settore ha

un’ampiezza di 45°. I valori orari, filtrati con una velocità tale da tener conto della calma di vento,

ovvero maggiore di 0.5 m/s, sono stati aggregati prima giornalmente, poi mensilmente.

Ai fini della lettura delle tabelle che seguono si fornisce la seguente legenda:

Settore prevalente: direzione dalla quale è spirato il vento per il maggior numero di ore nel mese;

n.ore: numero di ore di permanenza nel settore prevalente;

VV.m settore: valore percentuale della permanenza nel settore prevalente;

VV.m: velocità media mensile;

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% calma: valore percentuale della calma di vento, ricavata filtrando la velocità media oraria(>0.5

m/s);

palo: altezza del sensore anemometrico.

Nel presente paragrafo sono riportati solo i dati relativi ai venti registrati nel Comune di Formia per

il periodo di riferimento, mentre i dati relativi alle altre stazioni di rilevamento ( Cisterna di Latina,

Cori, Formia, Itri, Fondi, Minturno, Pontinia, Sonnino), sono contenuti nell’Allegato II.

Tab. 13 - Venti prevalenti Comune di Formia anno 2004

Tab. 14 - Venti prevalenti Comune di Formia anno 2005

Mese Settore prevalente

VVm settore Permanenza Calma VVm

Gennaio SW 1,2 15 44 0,5 Febbraio SW 1,2 19 44 0,5 Marzo SW 1,3 19 36 0,6 Aprile SW 1,7 25 40 0,8 Maggio SW 1,9 25 37 1 Giugno S 0,6 19 68 0,2 Luglio Agosto SE 2 12 66 0,5 Settembre SE 2 20 27 0,9 Ottobre SE 1,4 17 44 0,6 Novembre N 1 44 17 0,8 Dicembre N 1,5 45 23 1,1

Mese Settore prevalente

VVm settore Permanenza Calma VVm

Gennaio N 1,2 42 9 0,9 Febbraio N 1,1 42 1 1,1 Marzo S 1,8 26 3 1,1 Aprile S 2 25 4 1,1 Maggio S 2 35 4 1,1 Giugno S 2 40 6 1,1 Luglio S 2,4 44 4 1,3 Agosto S 2,2 35 6 1 Settembre N 0,2 30 13 0.8 Ottobre N 0,3 43 12 0,5 Novembre N 0,4 37 10 0,9 Dicembre N 0,5 27 22 1

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Tab. 15 - Venti prevalenti Comune di Formia anno 2006

Tab.16 – Venti prevalenti Comune di Formia anno 2007

2.9) Piogge

Sono state elaborate le precipitazioni cumulate mensili per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2008

(fino ad aprile) registrate dall’ARSIAL nella propria rete di monitoraggio. Sono state raggruppate

per mese le precipitazioni mensili, in modo da poterle confrontare sia su base spaziale (tutte la

provincia), che su base temporale (dal 2004 al 2008).

Per ogni stazione sono stati individuati i numeri di giorni, negli ultimi 4 anni, con piogge entro

definiti range, ovvero 1-10 mm; 10-20 mm; 20-50 mm; 50-75 mm;75-100 mm; 100-150 mm; oltre

150 mm. Sono stati aggregati, per ogni stazione, le precipitazioni mensili, il numero di giorni di

pioggia, ovvero giorni con precipitazione superiore a 1 mm, e i giorni di rilevamento.

Nei grafici che seguono (Fig. 24 e Fig.25), sono riportati, a titolo esemplificativo i dati relativi al

Comune di Sonnino. I dati relativi agli altri Comuni, in particolare: Cisterna, Fondi, Minturno, Cori,

Maenza, Pontinia, Itri e Formia sono riportati, per comodità di visione, nell’ Allegato III.

Mese Settore prevalente

VVm settore Permanenza Calma VVm

Gennaio NE 1,6 42 20 1,2 Febbraio N 0,6 32 11 0,9 Marzo SW 1,6 27 19 0,8 Aprile N 0,2 28 17 0,8 Maggio N 0,4 28 16 1 Giugno N 0,5 36 13 0,9 Luglio N 1 44 22 0,9 Agosto N 1,3 53 24 1,1 Settembre N 0,7 38 29 0,7 Ottobre N 0,4 23 38 0,6 Novembre N 0,3 16 64 0,3 Dicembre N 0,5 28 35 0,6

Mese Settore prevalente

VVm settore Permanenza Calma VVm

Gennaio N 0,2 33 29 0,4 Febbraio N 044 49 11 0,7 Marzo N 0,5 40 2 1,1 Aprile N 0,3 46 1 0,9 Maggio N 0,2 41 3 1 Giugno S 1,9 41 6 1 Luglio S 2 42 29 1 Agosto S 2,1 37 24 1 Settembre N 0,2 32 19 0,9 Ottobre N 0,4 46 16 0,7 Novembre N 0,5 44 13 0,7 Dicembre N 0,7 39 21 0,7

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Fig. 26 – Precipitazioni mensili cumulate nel Comune di Sonnino (anni 2004/2008)

Fig. 27: Dati di piovosità relativi al Comune di Sonnino Nei grafici che seguono (fig. 28) sono riportate, per i Comuni di Cisterna, Sonnino, Fondi,

Minturno, Cori, Maenza, Pontinia, Itri e Formia i dati relativi alle piogge cumulate in ciascun mese

e relative agli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008.

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58

Fig. 28:: Dati di piovosità

2.10) Viabilità provinciale e tratte regionali

La Provincia di Latina provvede alla gestione e alla manutenzione di 1.109 Km di rete viaria, di cui

206 Km di proprietà della Regione Lazio.

La rete stradale è ripartita in quattro gruppi principali. Le cartografie relative ai quattro gruppi sono

riportate in appendice (App. I).

Ogni gruppo è suddiviso in sottogruppi e, per ciascuno di essi, è stato individuato un responsabile

tecnico con compiti di monitoraggio, controllo e gestione dei tratti di strada di sua competenza.

La tabella 19 riporta l’elenco delle strade regionali, la loro denominazione, la relativa lunghezza,

mentre il nominativo del tecnico responsabile pro – tempore di ciascun sottogruppo e i relativi

recapiti telefonici sono riportati nell’Allegato IV.

Lunghezza

Lunghezza

Numero Strada

Denominazione strada GruppoSotto

Gruppo

dal KM. al KM. Totale Km.

4 ARTENA GIULIANELLO 1 1B 6+458 8+648 2.190

29 ACCESSO BASSIANO 1 1C 0+000 1+029 1.029

42 ALTA 2 2A 0+000 4+700 4.700

48 ACCESSO MAENZA 3 3A 0+000 1+600 1.600

61 ALLACCIANTE MARITTIMA SETINA 3 3A 0+000 1+890 1.890

65 ACC. ROCCASECCA DEI VOLSCI 3 3A 0+000 9+850 9.850

68 ACC. PISTERZO 3 3A 0+000 6+680 6.680

84 APPIA B.GO HERMADA 2 2C 0+000 2+700 2.700

93 ACC. MONTE SAN BIAGIO 4 4A 0+000 1+756 1.756

95 AMBRIFI PASTENA 4 4A 0+000 4+730 4.730

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59

103 ACC. CAMPODIMELE 4 4A 0+000 2+920 2.920

114 ACC. SPIGNO SATURNIA 4 4B 0+000 5+880 5.880

121 ACC. PULCHERINI 4 4C 0+000 1+800 1.800

125 AUSENTE I° TRATTO 4 4C 2+400 5+410 3.010

AUSENTE II° TRATTO 4 4C 5+410 20+750 15.340

181 ALBUCCI 3 3C 0+000 3+605 3.605

189 ACC. STAZ. CAPOCROCE 3 3C 0+000 0+080 80

205 AUSONIA 4 4B 2+700 3+605 905

4 4B 4+500 4+770 270

4 4B 4+824 5+274 450

4 4B 6+900 7+670 770

4 4B 8+250 8+930 680

4 4B 8+950 9+300 350

10 BRACCIO STAZIONE CORI 1 1B 0+000 2+400 2.400

16 B.GO PIAVE CISTERNA 2 2A 0+000 9+440 9.440

21 BRACCIO NORD SERMONETA 1 1C 0+000 0+838 838

22 BRACCIO SUD SERMONETA 1 1C 0+000 1+796 1.796

26 B.GO MONTELLO APPIA 2 2A 0+000 1+440

1+900 11+540 11.080

38 B.GO PIAVE ACCIARELLA 2 2A 0+000 10+428 10.428

40 B.GO PIAVE FOCEVERDE 2 2A 0+148 8+204 8.056

47 BRACCIO ROCCAGORCA 3 3A 0+000 1+080 1.080

54 B.GO SAN MICHELE APPIA 2 2B 0+000 8+875 8.875

85 B.GO MONTENERO LA CONA 2 2C 0+000 5+173 5.173

87 BADINO 2 2C 7+470 14+610 7.140

100A BRACCIO SPERLONGA 4 4B 0+000 0+570 570

192 BRACCETTO 2 2A 0+000 0+400 400

195 BRACCHI PERUNI 4 4C 0+000 6+556 6.556

199 BRETELLA SAN ROCCO 1 1B 0+000 0+800 800

2 CISTERNA CAMPOLEONE 1 1A 1+300 17+000 15.700

9 CISTERNA CARANO APRILIA 1 1A 0+900 14+424 13.524

19 CAVALIERE 1 1A 0+000 1+100 1.100

23 CONSOLARE I 1 1C 0+000 2+200

1 1C 2+200 10+830 10.830

25 CONGIUNTE 2 2A 0+000 1+915

1+975 3+600 3.540

2 2B 3+600 13+528 9.928

28 CASERMETTE 1 1C 0+000 7+100 7.100

30 CHIESUOLA 2 2A 0+000 6+850 6.850

31 CROTALLO 1 1C 0+300 4+710 4.410

59 CERCHIETE 3 3B 0+000 3+200 3.200

63 COTARDA 3 3B 0+000 9+120 9.120

73 CONSOLARE II 3 3C 0+000 15+540 15.540

132 CORENO AUSONIA 4 4C 0+000 3+336 3.336

144 COLLI CERIARA 3 3A 0+000 5+247 5.247

153 CAPANNA 4 4C 0+000 1+192 1.192

154 CAMPOSERIANNI 4 4A 0+000 6+040 6.040

158 COLLI 3 3A 0+000 4+017 4.017

182 CAMPOSORIANO (Lato Terracina) 3 3C 3+500 9+500 6.000

CAMPOSORIANO (Lato Sonnino) 3 3C 9+500 15+736 6.236

198 CORI ROCCAMASSIMA 1 1B 0+000 6+013 6.013

200 CASELLO 50 3 3A 0+000 1+400 1.400

209 CIRCOLARE"A" 3 3B 0+000 3+725 3.725

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60

90 DEL FARO 2 2C 0+500 2+810 2.310

145 DEI CERRI 4 4C 0+000 2+200 2.200

152 DEL COLLE 4 4B 0+000 2+315 2.315

168 DIVERSIVO ACQUAGHIARA 4 4A 2+200 4+100 1.900

173 DELL'IRTO 1 1C 1+049 2+342 1.293

178 DORMIGLIOSA 1 1C 0+000 2+450 2.450

184 DELLA TORRE 3 3C 0+000 4+280 4.280

1 EX 75 (ARDEA FONTANA DEI PAPI) 1 1A 0+000 10+650 10.650

13 EX 82 1 1A 0+150 10+410 10.260

BRETELLA EX 82 1 1A 0+000 0+300 300

BRACCIO DISMESSO EX 82 (I TRATTO) 1 1A 0+000 0+170 170

155 EX S.S. 148 1 1A 0+000 2+550 2.550

167 EX S.S. 156 3 3A 0+000 5+900 5.900

210 EX S.S. N° 7 "Via Appia" 4 4C 146+080 156+080 10.000

2A FONTANA DEI PAPI 1 1A 0+000 4+700 4.700

50 FOGLIANO SABOTINO 2 2B 0+000 8+365 8.365

70 FORESTOLA 3 3B 3+200 6+750 3.550

79 FRASSO (MIGLIARA 55) 3 3C 0+000 4+540 4.540

100 FONDI SPERLONGA 4 4A 1+810 5+800 3.990

4 4B 5+800 9+100 3.300

112 FORMIA MARANOLA CASTELLONORATO 4 4B 5+350 8+250 2.900

183 FRASSONETTO 3 3C 0+000 8+100 8.100

67 GUGLIETTA VALLEFRATTA 3 3A 0+000 6+580 6.580

143 GIALLA 1 1C 0+000 1+780 1.780

2+090 3+950 1.860

151 GONELLA 3 3C 0+000 3+350 3.350

172 GATTUCCIA 3 3A 0+000 0+420 420

176 GRATA CAPOD'ACQUA 4 4B 0+000 2+537 2.537

187 GRICILLI 3 3B 0+000 9+750 9.750

105 ITRI SPERLONGA 4 4B 1+100 13+825 12.725

12 LE PASTINE 1 1B 8+575 21+250 12.675

39 LUNGOMARE PONTINO 2 2A 0+000 2+820 2.820

41 LUNGA 2 2A 0+000 1+760 1.760

46 LITORANEA 2 2B 2+800 17+100 14.300

2 2C 17+100 31+220 14.120

82 LA FIORA 3 3C 0+000 1+870 1.870

97 LENOLA 4 4A 0+000 5+435 5.435

99 LE QUERCE 4 4A 4+410 14+172 9.732

161 LUNGO TORRENTE AUSENTE 4 4C 0+000 1+700 1.700

24 MONTICCHIO 1 1C 0+000 1+715

2+888 3+431 2.258

33 MURILLO 1 1C 0+840 9+200 8.360

33A MURILLO 3 3B 9+300 24+800 15.500

36 MELOGROSSO 1 1C 0+000 7+300 7.300

53 MADONNA DEI MARTIRI 3 3A 0+000 4+900 4.900

55 MIGLIARA 45 (B.GO GRAPPA) 2 2B 0+000 1+500

1+570 4+900 4.830

56 MIGLIARA 45 (BRACCIO APPIA) 2 2B 0+000 1+170 1.170

58 MIGLIARA 47 3 3B 0+000 7+240 7.240

58A MIGLIARA 47 (BRACCIO APPIA) 2 2B 0+000 1+570 1.570

60 MADONNA DELLE GRAZIE 3 3A 0+000 5+200 5.200

62 MARITTIMA II° 3 3B 0+000 5+335 5.335

7+820 17+185 9.365

66 MARCHEGGIANA CASINI 3 3A 0+000 5+850 5.850

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74 MIGLIARA 51 I° TRATTO 3 3B 0+000 5+540 5.540

77 MIGLIARA 53 2 2C 0+000 4+900

5+100 9+438 9.238

78 MIGLIARA 54 2 2C 0+000 3+400

3+700 5+100 4.800

92 MONTE SANT'ANGELO 3 3C 2+250 3+800 1.550

104 MADONNA DELLA CIVITA' 4 4A 0+000 3+145 3.145

118 MINTURNESE 4 4C 1+720 2+860 1.140

4+400 8+220 3.820

129 MAIANO 4 4C 0+000 1+027 1.027

136 MONFALCONE 2 2A 0+000 8+880 8.880

174 MURILLO II° 1 1C 0+000 4+310 4.310

175 MIGLIARA 41 1 1C 0+000 1+925 1.925

177 MIGLIARA 54 II° TRATTO 2 2C 0+000 4+620 4.620

179 MIGLIARA 58 2 2C 0+000 3+920

3+920 9+000 9.000

180 MEDIANA VECCHIA 2 2C 0+000 4+200 4.200

190 MIGLIARA 51 II° TRATTO 2 2C 0+000 4+740 4.740

191 MIGLIARA 56 2 2C 0+000 4+360 4.360

211 MIGLIARA 47 (B.go Pasubio-Bella Farnia) 2 2B 0+000 7+300 7.300

17 NINFINA I° 1 1B 0+000 9+900 9.900

1 1C 9+900 28+943 19.043

18 NINFINA II° 2 2A 0+000 8+810

9+410 18+430 17.830

20 NORBANA 1 1B 0+000 5+134 5.134

32 NORMA CORI 1 1B 1+150 7+700 6.550

35 PICCARELLO 2 2B 0+000 2+200 2.200

4+350 8+648 4.298

35 PICCARELLO 1 1C 8+648 10+500 1.852

113 PENITRO CASTELLONORATO 4 4B 0+800 3+026 2.226

126 PORTOGALERA 4 4C 0+380 6+824 6.444

134 PONA LE FORNA-PIANI D'INCENSO 4 4B 0+000 7+882 7.882

135 PONZA TRE VENTI 4 4B 0+000 3+870 3.870

140 PECENNONE 4 4C 0+000 4+250 4.250

141 PARCHETTO 4 4C 0+000 4+500 4.500

170 PERAZZETE 3 3B 0+000 1+080 1.080

185 PINGOLOZZA SANDALARA 3 3B 0+000 2+235 2.235

188 PIPERNO VECCHIO 3 3A 0+000 1+664 1.664

5 ROCCAMASSIMA 1 1B 0+000 9+626 9.626

45 ROCCHEGIANA 3 3A 0+130 7+700

10+500 15+223 12.293

130 RANDACCIO 4 4C 0+000 1+632 1.632

6 SEGNI ROCCAMASSIMA 1 1B 0+000 1+898 1.898

8 SAN NICOLA 1 1B 0+000 4+010 4.010

11 SAN ROCCO 1 1B 0+000 1+050 1.050

27 SCOPETO 2 2A 0+000 5+540 5.540

37 SERMONETANA 1 1C 0+000 5+963 5.963

52 SEGHERIA 2 2B 0+000 1+760

2+120 5+495 5.135

69 SAN MARTINO 3 3B 0+000 7+240 7.240

72 SONNINESE 3 3C 0+000 6+400 6.400

83 S. LUCIA 3 3A 0+000 1+800 1.800

94 SAN MAGNO 4 4A 0+000 4+220 4.220

102 SELVAVETERE 4 4B 0+000 6+080 6.080

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115 SPIGNO NUOVO- SPIGNO VECCHIO 4 4B 0+000 4+420 4.420

127 STRADONE 4 4C 0+000 1+419 1.419

131 S. LORENZO CASTEL. SS. COSMA E DAMIANO 4 4C 0+000 3+335 3.335

133 SUIO ALTO 4 4C 0+000 2+440 2.440

138 S. AGOSTINO 4 4B 0+000 5+600 5.600

142 STARZETTA 4 4C 0+000 1+005 1.005

159 SETINA DEGLI ARCHI 1 1C 0+000 4+60 4.060

171 SAN MARTINO MARITTIMA II° 3 3B 0+000 0+923 923

186 S. ISIDORO ANIME SANTE 3 3C 0+000 3+650 3.650

203 SAN CARLO 3 3C 0+000 2+800 2.800

208 SPARANISE GAETA 4 4C 0+000 2+130 2.130

7 TORRACCHIA 1 1B 8+000 11+000 3.000

51 TRASVERSALE 2 2B 0+000 5+770 5.770

128 TAVERNA 50 4 4C 0+000 4+361 4.361

3 VELLETRI ANZIO I° 1 1B 5+485 23+200 17.715

15 VELLETRI ANZIO II° 1 1A 2+200 15+640 13.440

148 VENTOSA 4 4C 0+000 0+585 585

160 VELLOTA 4 4C 0+000 1+595 1.595

193 VARANTE RANDACCIO CORENO AUSONIA 4 4C 0+000 0+556 556

Tab. 17: Elenco strade provinciali

Lunghezza

Lunghezza Totale Numero Strada Denominazione Strada Gruppo

Sotto Gruppo

dal KM.

al KM. Km.

630 AUSONIA 4 4B 22+300 31+250 8.950

609 CARPINETANA 3 3A 30+950 42+200 11.250

637 FROSINONE GAETA 4 4A 36+000 52+045 16.045

213 FLACCA 4 4B 0+000 32+110 32.110

156 MONTE LEPINI 3 3A 17+720 51+500 33.780

207 NETTUNENSE 1 1A 18+000 28+000 10.000

148 PONTINA 1 1A 37+000 67+000 30.000

(autostrada doppia carreggiata)

(confine Provincia - B.go Piave)

148 PONTINA 2 2A 67+000 109+200 42.200

( B.go Piave - Terracina)

82 VALLE DEL LIRI 4 4A 104+950 126+800 21.850 Tab.18: Elenco strade regionali

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2.11) Rete ferroviaria

La rete ferroviaria di interesse provinciale è articolata su tre assi:

- Roma – Formia – Napoli - Roma – Campoleone – Nettuno - Priverno Fossanova – Terracina

Fig. 29: Rete ferroviaria

Sulla tratta Roma – Formia – Napoli, oltre ai servizi regionali, è presente anche il servizio intercity.

In particolare, la linea intercity serve i soli centri di Formia e Latina mentre, nel caso della linea

regionale, sono servite le località di Campoleone, Cisterna, Latina, Sezze Romano, Priverno

Fossanova, Monte S. Biagio, Fondi, Itri, Formia, Minturno Scauri. Sulla linea Priverno Fossanova –

Terracina il servizio regionale tocca le località di Priverno, Capocroce, Frasso, La Fiora e Terracina.

Ai fini della protezione civile, si segnala un importante e recentissimo protocollo d’intesa

sottoscritto in data 07.11.2008 tra la Regione Lazio e le Ferrovie dello Stato avente ad oggetto le

modalità per un’azione coordinata d’intervento nella gestione delle emergenze.

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CAPITOLO 3

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DI PROTEZIONE CIVILE

NELLA PROVINCIA DI LATINA

3.1) Strutture di Protezione Civile

a) Provincia

Il sistema italiano è caratterizzato dalla presenza di numerosi soggetti istituzionali o appartenenti

alla società civile che, a diversi livelli operativi, concorrono al raggiungimento degli obiettivi

primari di protezione civile.

La legge n.225/92 ha istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, coordinato dal

Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione Civile, ed il

successivo D.lgs. 112/98 (art.108) ha definito le funzioni conferite alle Regioni e agli Enti locali.

Alle Province spettano le seguenti funzioni:

- predisposizione dei Programmi di Previsione e di Prevenzione dei rischi;

- predisposizione del Piano Provinciale di Emergenza;

- vigilanza sulla predisposizione dei servizi da attivare in caso di emergenza.

La Provincia di Latina è dotata di un proprio Servizio di Protezione Civile che opera nel rispetto

delle competenze che gli sono attribuite dalla normativa nazionale e regionale.

Il Servizio di Protezione Civile della Provincia di Latina è una articolazione del Settore Polizia

Provinciale.

Funzioni e attività:

- Supporto per la predisposizione del Programma di Previsione e Prevenzione;

- Redazione del Piano di Emergenza Provinciale;

- Organizzazione di Corsi di Formazione per gli operatori di protezione civile;

- Interazione con gli Organismi istituzionali di Protezione Civile;

- Partecipazione alle attività di antincendio boschivo (AIB) promosse dalla Regione Lazio;

- Interazione con le Associazioni di Volontariato di Protezione Civile;

- Realizzazione di attività di esercitazione di protezione civile;

- Partecipazione al Comitato Tecnico Regionale per la valutazione del rischio di incidente

rilevante nei siti industriali (D.lgs. n.334/99);

- Iniziative dirette alla formazione per una maggiore educazione al rischio e alla sicurezza

individuale e collettiva.

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b) Comitato Provinciale di Protezione Civile

Con delibera di Consiglio Provinciale n. 105 del 06.12.2006, è stato istituito il Comitato Provinciale

di Protezione Civile quale organismo che partecipa alla organizzazione e all’attuazione del Servizio

Nazionale della Protezione Civile ai sensi della Legge 24.02.1992 n. 225 e sulla base delle

competenze attribuite alla Provincia dagli artt. 14 e 15 della Legge 08.06.1990 n. 142.

Il Comitato Provinciale di Protezione Civile assicura lo svolgimento dei compiti relativi alla

rilevazione, raccolta ed elaborazione dei dati interessanti la protezione civile, alla predisposizione di

programmi provinciali di previsione e prevenzione e alla loro realizzazione secondo quanto previsto

dall’art. 13 comma 1 L.225/92.

In particolare il Comitato deve:

- valutare ed esprimere il proprio parere sul Programma Provinciale di Previsione e Prevenzione verificandone il periodico aggiornamento;

- valutare ed esprimere il proprio parere su Piani Provinciali di emergenza verificandone il periodico aggiornamento;

- determinare gli indirizzi generali per la rilevazione, la raccolta e l'elaborazione dei dati interessanti la protezione civile;

- individuare e fornire indirizzi relativi agli interventi strutturali e non, idonei a tutelare la popolazione e il territorio dai pericoli di danni conseguenti al manifestarsi di eventi naturali e dall'esercizio delle attività umane;

- definire e promuovere iniziative per una maggiore educazione al rischio ed alla sicurezza individuale e collettiva.

Il Comitato è composto da:

- Il Presidente della Provincia (o Assessore delegato) che lo presiede;

- Il Dirigente del Settore Polizia Provinciale - Servizio di Protezione Civile;

- Il Dirigente del Settore Viabilità provinciale;

- 1 Rappresentante della Prefettura;

- 1 Rappresentante dei Vigili del Fuoco;

- 1 Rappresentante del Corpo Forestale dello Stato;

- 1 Rappresentante del Comando Provinciale dei Carabinieri;

- 1 Rappresentante della Questura di Latina;

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- 1 Rappresentante della Guardia di Finanza;

- 1 Rappresentante della Capitaneria di Porto di Gaeta;

- 1 Rappresentante della AUSL;

- 1 Rappresentante della ARPA LAZIO;

- 1 Rappresentante del Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino;

- I presidenti, o loro delegati, delle Comunità Montane XIII. XVII, XXII;

- 1 Rappresentante della Regione Lazio;

- 1 Rappresentante del Comune di Latina;

- 1 Rappresentante della Croce Rossa Italiana;

- 1 Rappresentante delle Organizzazioni di Volontariato.

Il Comitato, concretamente esercita la direzione unitaria dei servizi di emergenza attraverso

l’utilizzazione di tre strutture operative:

- il Centro Coordinamento Soccorsi (CCS);

- la Sala Operativa ;

- i Centri Operativi Misti (COM).

c) Centro Coordinamento Soccorsi (CCS).

E’ il massimo organo di coordinamento delle attività di protezione civile a livello provinciale e al

suo interno agiscono i responsabili di tutte le strutture operative presenti nel territorio provinciale.

Viene convocato e presieduto dal Prefetto ed è chiamato ad individuare le strategie e le modalità di

intervento per la gestione dell’emergenza con il coordinamento dei C.O.M. (Centro Operativo

Misto), di cui decide anche l’ubicazione.

In base a quanto indicato nel metodo Augustus, opera con 14 funzioni di supporto:

- Funzione 1: Tecnico scientifica – pianificazione;

- Funzione 2: Sanità, assistenza sociale e veterinaria;

- Funzione 3: Mass media e informazione;

- Funzione 4: Volontariato;

- Funzione 5: Materiali e mezzi;

- Funzione 6: Trasporti, circolazione, viabilità;

- Funzione 7: Telecomunicazioni;

- Funzione 8: Servizi essenziali e attività scolastica;

- Funzione 9: Censimento danni a persone e cose;

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- Funzione 10: Strutture operative;

- Funzione 11: Enti locali;

- Funzione 12: Materiali pericolosi;

- Funzione 13: Assistenza alla popolazione;

- Funzione 14: Coordinamento centri operativi.

d) Sala Operativa

La Sala Operativa è organizzata per funzioni di supporto, per ciascuna delle quali è individuato un

responsabile che, in tempo di pace, è chiamato ad aggiornare i dati relativi alla propria funzione.

La Sala Operativa della Provincia di Latina è attualmente ubicata presso il Palazzo della Prefettura.

In merito alla sua organizzazione, è opportuno che essa venga suddivisa in due aree funzionali:

l’area operativa e l’area comunicazioni.

L’area operativa vede la presenza del Prefetto, coadiuvato dai responsabili delle funzioni

provinciali di supporto. Presso la sala operativa vengono assunte le decisioni sugli interventi da

adottare durante l’emergenza e si provvede a coordinare la macchina dei soccorsi. Tutta l’attività

svolta deve essere annotata nel diario delle operazioni in cui saranno riportate sia le informazioni

giunte alla sala operativa che le decisioni concretamente adottate. Tale documento risulta

particolarmente importante sia durante la gestione della crisi per verificare le azioni intraprese dal

team operativo, che dopo il superamento della stessa per valutare l’operato della struttura ed,

eventualmente, migliorare la strategia degli interventi.

L’area comunicazioni raccoglie le informazioni dall’area colpita ed è in stretto rapporto con i

Comuni, con i centri COI e COM. Tutte le informazioni pervenute all’area comunicazioni devono

essere prontamente trasmesse all’area operativa.

E’ indispensabile che l’area comunicazioni, proprio per le funzioni che è chiamata a svolgere, sia

dotata di telefoni, modem, fax e radio.

Nella tabella che segue viene proposto un modello per la trasmissione di informazioni alla Sala

Operativa liberamente ispirato ad un promemoria predisposto da Francesco Santoianni per l’evento

sismico e che, nella elaborazione che segue, può trovare applicazione per le diverse tipologie di

rischi che insistono sul territorio.

Il modello risulta particolarmente utile perché diretto a garantire solo la trasmissione di

informazioni necessarie alla prima fase di gestione dell’emergenza, snellendo le procedure di

comunicazione.

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(Promemoria per comunicazioni alla Sala Operativa da parte dei soggetti impegnati nei

sopralluoghi)

Sopralluogo effettuato

Da

Alle ore

Area di sopralluogo

Nello stabile sito in

Situazione della zona prima dell’evento Dopo l’evento

N. famiglie coinvolte

N. morti (stima)

N. feriti (stima)

NO Imminente crollo

VV.F. Feriti gravi

C.F.S. Rischio folgorazioni

Volontari Fuga di gas

Familiari Incendio

Squadre di salvataggio all’opera

Altri

Pericoli in atto

Atti di sciacallaggio

Spalamento macerie Disattivazione elettricità Unità cinofile

Personale sanitario Disattivazione gas Tende

Ditte specializzate Pala meccanica Vettovaglie

Cosa serve urgentemente

Spegnimento incendi

Rimozione detriti

Gruppi elettrogeni

Idrovore

Altri mezzi meccanici

Altro

Tab. 19: SCHEDA SITUAZIONE

Sia l’area comunicazioni che l’area operativa dovranno essere dotate di una cartografia di base

costituita da:

- planimetria del territorio provinciale in scala 1:2.000 o 1:5.000

- carta di sintesi generale sui rischi che insistono sul territorio provinciale in scala: 1:50.000 –

1:25.000

- carte di sintesi di dettaglio in scala 1:10.000 – 1:5000 relative a zone con particolari

problematiche.

e) Centro Operativo Misto (COM)

E’ il centro di coordinamento decentrato che coordina le strutture operative del Sistema Nazionale

di Protezione Civile nel proprio territorio di competenza ed agisce a livello comunale ed

intercomunale.

Ciascun C.O.M. è presieduto da un responsabile, nominato dal Prefetto, che si avvale delle 14

funzioni di supporto previste nel metodo Augustus.

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Il COM, nelle prime fasi dell’emergenza, deve fornire al Centro di Coordinamento Soccorsi (CCS)

tutte le informazioni necessarie per fronteggiare l’evento e funge da raccordo tra quest’ultimo e i

Sindaci dei territori interessati dalla calamità. Deve attivare tutte le forze disponibili nel Comune o

Comuni interessati dall’evento per fronteggiare la situazione di emergenza. E’ chiamato altresì a

fare una primissima stima dei danni e a segnalare alla Sala Operativa presso la Prefettura le priorità

di intervento, con particolare riguardo alla salvaguardia della popolazione. Deve avviare i feriti

presso le strutture sanitarie e provvedere al loro trasporto, anche attraverso la requisizione di

automezzi. Se necessario, provvede all’allestimento di un posto medico avanzato in loco.

Infine procede alla rilevazione e alla identificazione di eventuali vittime e a segnalarne i nominativi

alla Sala Operativa presso la Prefettura.

f) Ufficio Territoriale del Governo

Il Prefetto, al verificarsi di uno degli eventi calamitosi di cui alle lettere b) e c) del comma 1

dell’art. 2 della L. 225/92, deve:

- Informare il Dipartimento di Protezione Civile, il Presidente della Giunta Regionale, il

Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero

dell’Interno;

- Assumere la direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale, coordinandoli con gli

interventi dei sindaci dei comuni coinvolti nell’evento calamitoso;

- Adottare tutti i provvedimenti necessari per i primi soccorsi;

- Vigilare sulla attuazione da parte delle strutture provinciali di Protezione Civile, dei servizi

urgenti, anche di natura tecnica.

Il Prefetto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, opera quale delegato del

Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministero dell’Interno con i poteri che gli sono conferiti

dal comma 2 dell’art. 5 Legge 225/92 e, in particolare, a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni

disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

g) Comune

Il Sindaco è autorità comunale di protezione civile ( art. 15 comma 3 L. 225/92 ) e in caso di

emergenza, sul territorio del Comune :

- Assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni

colpite;

- Provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al Prefetto e al Presidente

della Giunta Regionale;

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- Quando la calamità naturale o l’evento non possono essere fronteggiati con i mezzi a disposizione

del Comune, il Sindaco chiede l’intervento di altre forze e strutture al Prefetto, che adotta i

provvedimenti di competenza, coordinando i propri interventi con quelli dell’autorità comunale di

protezione civile.

h) Centri Operativi Comunali (C.O.C) e Intercomunali (COI)

I centri C.O.C. e C.O.I., si attivano in fase di preallarme o di emergenza e, in base al metodo

Augustus, sono organizzati in 9 funzioni di supporto:

1. Tecnica di Pianificazione Sanità

2. Assistenza Sociale e Veterinaria

3. Volontariato

4. Materiali e mezzi

5. Servizi essenziali e attività scolastica

6. Censimento danni a persone e cose

7. Strutture operative locali

8. Telecomunicazioni

9. Assistenza alla popolazione

Per ciascuna funzione è previsto un solo referente che, “in tempo di pace “, avrà il compito di

aggiornare i dati relativi alla propria funzione mentre, in caso di emergenza, avrà il compito di

coadiuvare il Sindaco nella gestione dei soccorsi. L’aggiornamento periodico dei dati riportati nel

Piano fa si che esso sia un documento dinamico e vivo.

La delibera di Giunta Regionale del 29.02.2000, n. 569 avente ad oggetto “Approvazione sistema

integrato di protezione civile regionale, con istituzione dei centri operativi intercomunali ed

individuazione dei centri operativi comunali e di coordinamento provinciali e regionale” al fine di

rendere più efficace la funzionalità del sistema di protezione civile, ha individuato per ciascuna

Provincia i centri operativi intercomunali (COI).

La Provincia di Latina risulta così suddivisa:

1 ZONA: APRILIA

2 ZONA: CISTERNA DI LATINA

3 ZONA: LATINA

4 ZONA: SEZZE

BASSIANO

SERMONETA

NORMA

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CORI

ROCCA MASSIMA

5 ZONA: SABAUDIA

PONTINIA

S. FELICE CIRCEO

6 ZONA: TERRACINA

7 ZONA: PRIVERNO

ROCCASECCA DEI VOLSCI

SONNINO

PROSSEDI

MAENZA

ROCCAGORGA

8 ZONA: FONDI

MONTE S:BIAGIO

SPERLONGA

LENOLA

CAMPODIMELE

ITRI

9 ZONA: GAETA

10 ZONA: FORMIA

11 ZONA: MINTURNO

SPIGNO SATURNIA

SS: COSMA E DAMIANO

CASTELFORTE

12 ZONA: PONZA

13 ZONA: VENTOTENE

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Fig. 30: C.O.I. provinciali

i) Organizzazioni di Volontariato

Di seguito si riporta l’elenco delle principali associazioni e gruppi comunali di volontariato di

protezione civile che operano nella Provincia di Latina, la loro sede legale e l’indirizzo. I recapiti

telefonici, fax, indirizzo e.mail di ciascuna associazione sono contenuti nell’Allegato V al presente

documento.

Denominazione Associazione Indirizzo Città

1 ALFA Via Olmi, 4 APRILIA

2 C.B. RONDINE Via G. Carducci, 30 APRILIA

3 Nucleo Prot. Civ. Ass.Naz. CARABINIERI (Aprilia)

Via Diocleziano,1 APRILIA

4 AMICI del MARE Via A. Meucci, 38 APRILIA

5 A.N.A. Ass. Nazionale Alpini Via Bassianese, 2 B.go San Michele

(LATINA)

6 Ass. Naz.Brigadiere Forestale "Medaglia

d'Oro Petrucci Giuseppe" Via della Canonica snc

B.go Vodice Sabaudia

7 A.E.G.O. Piazza Municipio CASTELFORTE

8 Ass. Naz. VIGILI DEL FUOCO in congedo

(Cisterna) Via Bari snc

CISTERNA di LATINA

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9 C.R.M. Centro Radio Mobile Casella Postale N. 35 Cisterna di LATINA

10 Ass. Naz. VIGILI DEL FUOCO in congedo

(Latina ) Via Archimede, 2

Cisterna di LATINA

11 Ass. Volontariato e Protezione Civile CORI Via Chiusa II Traversa CORI

12 CITTA' Di LATINA

Via Le Pastine, 100 Doganella di Ninfa

(LT)

13 FALCHI Pronto Intervento Via Stazione, 53/A FONDI

14 V.E.R. Volontari Emergenza Radio Via S. Maria Cerquito, snc

Ex E.N.A.O.L.I. FORMIA

15 E.C. Volontari d'Italia S.P. Penitro, n°57 FORMIA

16 FENICE Via Firenze , 4 GAETA

17 E.R.I. Emergenza Radio Itri Via C.Farnese

(loc. Lago Vetere), ITRI

18 GLOBAL SERVIZI Via Licciano, 1 ITRI

19 A.R.I. Ass. Radioamatori Italiani Via Don Minzoni, 5 LATINA

20 Nucleo Prot. Civ. Ass.Naz. CARABINIERI (Latina)

Via Gorgolicino, 731 (ex 11) Sede legale: Viale Kennedy n. 32

lotto 27 scala B LATINA

21 C.A.I. Club Alpino Italiano

(Sezione di LATINA) Via Piave LATINA

22 G.S.P. Gruppo Soccorso Pontino Via XXIV Maggio, 74 LATINA

23 G.I.P. Gruppo Intervento Polivalente Viale Le Corbousier,439 LATINA

24 LA FEDELISSIMA Via G .Mameli, 36

Sede Op: Via Gloria - lotto 40 - n. 8 04013 LT Scalo)

LATINA

25 P.C.P. Protezione Civile Pontina P.zza della Libertà, 48

(c/o Prefettura di Latina) LATINA

26 Ass. Centro Tecnico Subaqueo Latina Via Vicolo delle Acque Medie, n°13 LATINA

27 Ass. CENTRO TECNICO SUBACQUEO

(Latina) Vicolo Acque Medie, 13 LATINA

28 A.P.C SERMONETA Via Pitagora, 32 LATINA SCALO

29 Ass. Naz. VIGILI del FUOCO in cong.

(Lenola) Via San Leonardo, snc LENOLA

30 E.C. VOLONTARI D'ITALIA

(Lenola) Via G. Abruzzese, 23 LENOLA

31 E.C. Maenza Via Madonna delle Grazie

(Edificio ex CFS) MAENZA

32 E.C. VOLONTARI D'ITALIA

( Minturno) Via Campanile, 2 MINTURNO

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33 GRUPPO VOLONTARI di P.C. c/o Comune

di MINTURNO C.O.C. L.Cadorna (Minturno)

C.O.I. Appia 624 (Scauri) MINTURNO

34 A.N.P.A.N.A. Via A. Sebastiano MINTURNO

35 FOTOSUB D'ITALIA - LAZIO Vicolo Campanile, 3 MINTURNO

36 CLUB NAUTICO GARIGLIANO

Ass. Sportiva dilettantistica Via Appia, 870 MINTURNO

37 C.A.I. Club Alpino Italiano (NORMA) Via Passeggiata di San Giovanni, 97 NORMA

38 GRUPPO VOLONTARI PONTINIA c/o Comune di PONTINIA PONTINIA

39 GRUPPO VOLONTARI di P.C. c/o Comune

di PONZA Via C. Pisacane PONZA

40 NUCLEO PROTEZIONE CIVILE

Ass. Volontariato ONLUS (Priverno)

Via Via Cavour, 4 PRIVERNO

41 CENTRO OPERATIVO CIRCE (Priverno) Via Santa Chiara, 2 PRIVERNO

42 Ass. Naz. VIGILI del FUOCO in congedo

(Prossedi) Via F. Evangelista, 6 PROSSEDI

43 GRUPPO VOLONTARI di P.C. c/o Comune

di ROCCAGORGA Via C. Colombo

(loc. Croce) ROCCAGORGA

44 Federazione Italiana Nuoto Comitato Reg.le

Lazio P.zza Lauro De Bosis, 3 ROMA

45 C.B. GARI 88 Via Ex Ferrovia S.S. COSMA e

DAMIANO

46 GRUPPO VOLONTARI di P. C. c/o Comune

di SABAUDIA C.O.I. SABAUDIA P.zza del Comune,1 SABAUDIA

47 Nucleo Prot. Civ. Ass.Naz. CARABINIERI (Sabaudia)

Via Verbania, 39/9 SABAUDIA

48 Croce Azzurra Sabaudia Via Conte Verde SABAUDIA

49 SI. RA.IN. Sistemi Radiocomunicazioni

Integrati. Onlus Via dei Guitti, 26 SABAUDIA

50 Soc. Nazionale di Salvamento

Sez. San Felice Circeo Lungomare Circe, 24

SAN FELICE CIRCEO

51 GOLFO AURUNCO Via Romanelli, 7 SCAURI

52 Ass. Prot. Civ. Servizio Volontariato

GOLFO AURUNCO senza scopo di lucro Via Romanelli, 7

SCAURI di MINTURNO

53 E.C. VOLONTARI D'ITALIA

(Scauri) Via Capolino I, 1

SCAURI di MINTURNO

54 E.C. VOLONTARI d'ITALIA

pro Somnium Via Scalo Ferroviario, 63 SONNINO

55 EKOCLUB INTERNATIONAL Piazza Dante, 6 SPIGNO

SATURNIA

56 ENDURO CENTRO SATURNIA Via Costa Saturnia SPIGNO

SATURNIA

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57 CENTRO OPERATIVO CIRCE

(Terracina) Via Roma (ex SLIA) TERRACINA

58 A.N.F.I.

(Ass.Naz. Finanzieri d’Italia) P.zza Mazzini, 7 TERRACINA

59 Nucleo Prot. Civ. Ass.Naz.

CARABINIERI (Terracina) Via APPIA Antica TERRACINA

60 RANGERS d'ITALIA

Via Cambellotti, 25 TERRACINA

61 VOLONTARI EUROPEI PROTEZIONE

CIVILE Via Traiano i.a.c.p. Scala D int. 14 TERRACINA

62 GRUPPO COMUNALE TERRACINA c/o Comune di TERRACINA TERRACINA

63 V.V.A. Volontari Vigilanza Ambientale Via Appia Nucleo Pantano d'Inferno TOR TRE PONTI

LATINA

64 GRUPPO VOLONTARI di P.C. c/o Comune, P.zza Castello VENTOTENE

Tab 20: Elenco delle principali associazioni e gruppi comunali di volontariato di protezione civile

La carta dove sono localizzate le principali associazioni e gruppi comunali di volontariato di

protezione civile è riportata in appendice (App. II).

l) Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco

Il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco è istituito per lo svolgimento in ambito provinciale

delle funzioni istituzionali del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

La sua attività è eminentemente operativa perché diretta ad effettuare tutti gli interventi di soccorso

di carattere urgente. Nell’ambito dell’attività antincendio boschivo assicura gli interventi tecnici

urgenti di propria competenza per garantire la salvaguardia dell’incolumità delle persone, dei beni e

dell’ambiente.

I Distaccamenti sono delle articolazioni territoriali del Comando Provinciale, dotati di mezzi ed una

o più squadre di soccorso.

Nella Provincia il Comando Provinciale ha sede in Latina, i distaccamenti hanno la loro sede in

Aprilia, Gaeta e Terracina, Sezze, Castelforte.

Di seguito si riportano i recapiti:

Direzione Regionale Lazio Vigili del Fuoco

Sede Via del Ciclismo, 19

Tel 06/5427411

Fax 06/59290040

Comando Provinciale VV.F. di Latina

Sede P.le Carturan – 04100

Tel 0773/40861 - Pronto intervento 115

Fax 0773/4086305

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Distaccamento di Gaeta

Sede Via Lungomare Caboto (loc. Arzano) – 04024

Tel 0771/712568

Fax 0771/712569

Distaccamento di Terracina

Sede Via Appia Km.98 - 04019

Tel. 0773/700242

Fax 0773/704060

Distaccamento di Aprilia

Sede V.le Europa - 04011

Tel. 06/9282272

Fax 06/9282848

Distaccamento di Sezze scalo (c/o Centro COI)

Sede C.so della Repubblica

Tel. Pronto intervento 115

Distaccamento di Castelforte

Sede Via delle Terme, 5

Tel. 0771/609492

Tab. 21: Recapiti Vigili del Fuoco

m) Forze dell’Ordine

La Questura è la proiezione sul territorio del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e garantisce lo

svolgimento, la direzione e l’organizzazione di tutta l’attività della Polizia di Stato nella Provincia.

In ogni Provincia al vertice dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza è il Questore al quale è

affidata la direzione, la responsabilità e il coordinamento tecnico operativo dei servizi di ordine e

sicurezza pubblica, oltre che l’impiego delle Forze di Polizia a sua disposizione. Tali competenze

assumono particolare importanza in occasione del verificarsi delle emergenze.

I Commissariati costituiscono articolazioni territoriali della Questura.

La Questura ha la propria sede in Latina, mentre i Commissariati sono ubicati nei seguenti comuni:

Gaeta, Formia, Fondi, Terracina, Cisterna.

Questura di Latina

Sede C.so della Repubblica, 110

Tel 0773/6591 - Pronto intervento 113

Fax 0773/659625

E-mail [email protected]

Commissariato di Cisterna

Sede Via Manzoni, 7

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Tel 06/9602081

Fax 06/96020832

Commissariato di Gaeta

Sede Via Roma, 8

Tel 0771/45091

Fax 0771/4509220

Commissariato di Terracina

Sede Via Petrarca, 14

Tel. 0773/72281

Fax 0773/7228222

Commissariato di Fondi

Sede Via F. Evangelista, 5

Tel. 0771/50681

Fax 0771/5068232

Commissariato di Formia

Sede Via O. Spaventola

Tel. 0771/32181

Fax 0771/3218267

Tab. 22: Recapiti Commissariati

n) Comando Provinciale dei Carabinieri

L’Arma dei Carabinieri è una forza di polizia ad ordinamento militare e competenza generale, a cui

sono affidati sia compiti militari che compiti di polizia.

Oltre a svolgere funzioni di polizia giudiziaria e di sicurezza pubblica, nella sua qualità di struttura

operativa nazionale di protezione civile, ai sensi della L. 225/92, assicura i propri compiti

istituzionali nelle aree colpite dalle pubbliche calamità, concorrendo a prestare soccorso alle

popolazioni interessate agli eventi calamitosi.

Comando Provinciale, Compagnia Carabinieri, Stazione Carabinieri Latina

Sede L.go Caduti di Nassiria

Tel/ Fax 0773/666565 – Pronto intervento 112

Compagnia Carabinieri, Stazione Carabinieri Aprilia

Sede Via Tiberio, 7

Tel 06/92063500

Fax 06/ 92063525 – 06/92063524

Compagnia Carabinieri Formia

Sede Via Appia lato Napoli, 55

Tel 0771/23007 – 0771/771500 – 0771/ 790600

Fax 0771/790624

Compagnia Carabinieri Gaeta

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Sede P.zza Commestibili, 10

Tel. 0771/ 460091 - 0771/460203 – 0771/466800

Fax 0771/466825

Compagnia Carabinieri Terracina

Sede Via Appia, 94

Tel. 0773/3709312 - 0773/3709324 – 0773/ 792500

Fax 0773/ 798525 – 0773/ 798524

Stazione Carabinieri Ponza

Sede Via Molo Musco

Tel. 0771/80130

Fax 0771/809716

Stazione Carabinieri Ventotene

Sede Via Olivi, 22

Tel./ Fax 0771/85018

Tab. 23: Recapiti Carabinieri

o) Comando Sezionale Polizia Stradale

È una specialità della Polizia di Stato. Si occupa della prevenzione degli incidenti stradali, rileva

questi ultimi e accerta le violazioni al Codice della Strada. La polizia stradale inoltre, collabora con

il centro coordinamento informazioni sulla sicurezza stradale (C.C.I.S.S.) in merito alle notizie sul

traffico.

Comando Sezionale Latina

Sede Via dei Volsini, 23

Tel 0773/26081 – Pronto intervento 113

Tel / Fax 0773/26081259

Comando Distaccamento Aprilia

Sede Via Belli 10 -12

Tel 06/9201901

Fax 06/92019027

Comando Distaccamento Formia

Sede Via Appia lato Napoli, 55

Tel 0771/72481

Fax 0771/724826

Comando Distaccamento Terracina

Sede Via Petrarca, 14

Tel. 0773/72281

Fax 0773/ 7228222

Tab. 24: Recapiti Polizia Stradale

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p) Comando Provinciale Guardia di Finanza

La Guardia di Finanza è uno speciale Corpo di Polizia che dipende direttamente dal Ministro

dell'Economia e delle Finanze, è organizzato secondo un assetto militare e fa parte integrante delle

Forze Armate dello Stato oltre che della Forza Pubblica.

I compiti istituzionali della Guardia di Finanza consistono nella prevenzione, ricerca e denunzia

delle evasioni e delle violazioni finanziarie, ma concorre anche al mantenimento dell'ordine e

della sicurezza pubblica e alla difesa politico militare delle frontiere. Per le finalità che ci

riguardano, la Guardia di Finanza, quale struttura operativa del Servizio Nazionale della Protezione

Civile, collabora con le altre forze armate a tutte le attività di supporto che dovessero rendersi

necessarie per fronteggiare l’emergenza.

Comando Provinciale di Latina

Sede Corso della Repubblica, 234 - 236

Tel. 0773/ 690935 – 0773/695693 - Pronto Intervento 117

Sezione Operativa Navale Formia

Sede Via Palazzo Condotto, 1

Via Appia lato Napoli (Comando Centro Navale) 0771/722246

Tel 0771/720288

Comando Gruppo di Formia

Sede Via Palazzo Condotto n. 1

Tel. 0771/720288

Tenenza G.d.F. Aprilia

Sede Via delle Margherite, 249

Tel 06/ 92011042

Brigata G.d.F. Sabaudia

Sede Via Conte Verde, 15

Tel 0773/515009

Brigata G.d.F. Cisterna di Latina

Sede Via delle Province snc

Tel. 06/ 9699350

Brigata G.d.F. Ventotene

Sede Via Muraglione, 28

Tel. 0771/ 85125

Brigata G.d.F. Ponza

Sede Via Molo Musco, 12

Tel. 0771/ 80168

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Tenenza G.d.F. Terracina

Sede P.zza Mazzini, 6

Tel. 0773/ 727060

Compagnia G.d.F. Fondi

Sede Via Terruto snc

Tel. 0771/ 510628

Tab. 25: Recapiti Guardia di Finanza q) Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato

Il Corpo Forestale dello Stato è una forza di polizia posta alle dirette dipendenze del Ministero

delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. E’chiamato a svolgere compiti di tutela ambientale

e paesaggistica delle aree naturali oltre che svolgere attività inerenti l'ordine pubblico, la pubblica

sicurezza, il pubblico soccorso e la protezione civile, alle dipendenze del Ministero dell'Interno. A

capo del Corpo Forestale dello Stato vi è l'Ispettorato generale con sede a Roma e sul territorio si

articola in Comandi Regionali, con sede nei capoluoghi di regione, Comandi Provinciali e Comandi

di Stazione. A livello intermedio sono presenti altri uffici quali i Coordinamenti Territoriali per

l'ambiente (all'interno dei Parchi Nazionali) e i Coordinamenti Distrettuali.

Coordinamento Provinciale CFS

Sede Via dei Volsci n. 36 – 04100 Latina

Tel 0773 /446800

800-907003 - Pronto intervento 1515

Fax 0773 /662407 - 0773/446809

Comando Stazione Latina

Sede Via dei Volsci n. 36 – 04100 Latina

Tel 0773/446807

Comando Stazione di Fogliano

Sede Loc. Villa Fogliano (Latina)

Tel 0773/208401

Comando Stazione di Cori

Sede Via Madonna del Soccorso, 17

Tel 06/9678700

Comando Stazione di Fondi

Sede Via Spinete,19

Tel 0771/531512

Comando Stazione di Itri

Sede Via dei Sugheri, 6

Tel. 0771/727544

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Comando Stazione di Priverno

Sede Via Madonna delle Grazie, 30

Tel. 0773/911118

Comando Stazione di Sabaudia

Sede Via Carlo Alberto, 105

Tel. 0773/517249

Ufficio Operativo Territoriale di Cerasella

Sede (loc. Cerasella)

Tel. 0773/531723

Comando Stazione di Sezze

Sede Via Piagge Marine, 36

Tel. 0773/88341

Comando Stazione di Spigno Saturnia

Sede Piazza Dante ( c/o Palazzo Comunale)

Tel. 0771/64109

Comando Stazione di Terracina

Sede Via Sarti

Tel. 0773/701080

Tab. 26: Recapiti Corpo Forestale dello Stato

Capitanerie di porto

Le Capitanerie di Porto, sono uno dei corpi tecnici della Marina Militare e funzionalmente dipendono da diversi ministeri, primo fra tutti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Le principali attività svolte dalle capitanerie sono di seguito esemplificate:

. ricerca e soccorso in mare (SAR);

. sicurezza della navigazione;

. protezione ambiente marino;

. controllo sulla pesca marittima;

. polizia marittima.

Capitaneria di Porto di Gaeta

Sede Via Docibile, 25 – 04024

Tel. 0771/ 460100 - Pronto Intervento 1530

Fax 0771/464724

e.mail [email protected]

Capitaneria di Porto di Anzio

Sede Molo Innocenziano n. 28/a 28/b

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Tel 06/9844525 - 06/9846235

Sala operativa: 06/9844683

Fax 06/9844525 06/9846235

Sala operativa: 06/9844683

e.mail [email protected]

Tab. 27: Recapiti Capitaneria di Porto

r) Corpo Polizia Provinciale

Il Corpo di Polizia Provinciale espleta le funzioni di Polizia Amministrativa nelle materie di propria

competenza, con particolare riguardo alla tutela ambientale e alla prevenzione ed accertamento

delle violazioni in materia di circolazione stradale. Per quanto riguarda in particolare le funzioni in

materia di protezione civile, il ruolo della Polizia Provinciale è quello di supporto degli altri soggetti

impegnati nelle attività di soccorso.

Gli agenti di Polizia Provinciale, nella loro qualità di organi di polizia giudiziaria, possono essere

impiegati, tra l’altro, anche in corrispondenza dei posti di blocco o delle vie di fuga per consentire il

corretto transito dei soccorritori e della popolazione e per deviare il traffico dalle zone in cui si sia

verificata l’emergenza.

Il Corpo di Polizia della Provincia di Latina ha le seguenti sedi:

Comando Polizia Provinciale

Sede Via Andrea Costa, 2 – 04100 Latina

Tel 0773/663628 - 0773/401285

Fax fax 0773/662422

E - mail [email protected]

Distaccamento di Fondi

Sede Via Lucrezio Caro

Tel 0771/514337

Fax 0771/514337

Distaccamento di Formia

Sede Via O. Spaventola

Tel 0771/324009

Fax 0771/324009

E -mail [email protected]

Distaccamento presso Ex Rossi Sud

Sede S.S.156 dei Monti Lepini – 04100 Latina

Tel 0773/244704

Tab. 28: Recapiti Polizia Provinciale

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83

s) Centrale operativa 118

Le Centrali Operative Provinciali svolgono tutte le prestazioni di Pronto Soccorso Primario ed

inoltre, attraverso l'interazione con le ASL di competenza territoriale, le seguenti attività

istituzionali :

protocolli operativi Maxiemergenze; protocolli per interventi del pronto soccorso psichiatrico; trasporti in emergenza - urgenza; trasporti secondari in continuità di soccorso legati al primo intervento; trasporto neonatale; continuità assistenziale; trasporto sangue in emergenza; trasporto organi;

Centrale Operativa Latina

Sede Via Scaravelli snc, 04100

Tel (+39) 0773 65 56 162 – Pronto intervento 118

Fax (+39) 0773 65 53 595

email [email protected]

Tab. 29: Recapito Centrale Operativa 118 t) Croce Rossa Italiana

Il Comitato Provinciale della Croce Rossa Italiana ha sede in Latina, i Comitati Locali hanno la loro

sede in Aprilia, Fondi e Itri.

Di seguito si riportano i recapiti .

Comitato Provinciale C.R.I. di Latina

Sede Via Ezio, 73 – 04100 Latina

Tel 0773/693726

Fax 0773/471176

E-mail [email protected]

Comitato locale C.R.I. Aprilia

Sede Via Giustiniano c/o Centro Polivalente

Tel 06/ 92854922 - 06/92062142 - 92860802

Fax 06/ 92854922

Comitato locale C.R.I. Fondi

Sede Via Ugo Casetta, 45

Tel 0771/531562

Fax 0771/531562

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Comitato locale C.R.I. Itri

Sede Via dei Sugheri, 2 – 04020

Tel 0771/721715

Fax 0771/721715

E-mail [email protected]

Tab. 30: Recapiti Croce Rossa Italiana u) Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) (Sezione Provinciale)

Arpalazio, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio, è un ente pubblico istituito

con legge regionale n. 45 del 06.10.1998. Sulla base degli indirizzi della programmazione regionale,

Arpalazio svolge attività tecnico-scientifica a supporto dell’azione amministrativa ed istituzionale di

Regione, Province, Comuni, Comunità Montane ed Aziende Sanitarie Locali, ed attività di

monitoraggio delle matrici ambientali quali attività fondamentali ai fini della prevenzione primaria.

Arpalazio opera su tutto il territorio della Regione Lazio ed è presente in ogni provincia con una

struttura tecnica ed uno sportello ambientale a servizio dei cittadini.

Sede legale

Sede Via Garibaldi, 114 - 02100 Rieti

Tel (+39) 0746 491.143 / 0746 267201

Fax (+39) 0746 253.212

email [email protected]

Sezione Provinciale

Sede Via Arrigo Serpieri, 3 - 04100 Latina

Tel (+39) 0773 402901

Fax (+39) 0773 402929

e.mail [email protected]

Tab. 31 : Recapiti ARPA

(v) Azienda Unità Sanitaria Locale

Sede legale

Sede Via P.Nervi Torre – Centro Direzionale Latina Fiori – Palazzina 2 G - 04100 Latina

Tel 0773/ 6551

Fax 0773/6553919

email [email protected]

Tab. 32 : Recapito Azienda Unità Sanitaria Locale

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Il territorio dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Latina coincide con quello della Provincia ed è

suddivisa in quattro Distretti Sanitari, uno dei quali, a sua volta, composto da due subdistretti:

Distretto 1 composto da 4 comuni per un totale di 107.404 abitanti: Aprilia, Cisterna, Cori,

Roccamassima.

Distretto 2 composto da 13 comuni per un totale di 209.087 abitanti e suddiviso in due subdistretti:

Subdistretto Latina: composto da 5 comuni per un totale di 153.809 abitanti: Latina, Pontinia,

Norma, Sermoneta, Sabaudia.

Subdistretto Lepini: composto da 8 comuni per un totale di 55.278 abitanti: Roccagorga, Sezze,

Bassiano, Priverno, Maenza, Roccasecca, Prossedi, Sonnino.

Distretto 3 composto da 7 comuni per un totale di 99772 abitanti: Terracina, Fondi, Monte San

Biagio, San Felice Circeo, Lenola, Campodimele, Sperlonga.

Distretto 4 composto da 9 comuni per un totale di 103.587 abitanti: Formia, Gaeta, Itri, Minturno,

Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia, Ponza, Ventotene.

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CAPITOLO 4

SCENARI DI EVENTO

4.1) Definizione

Per scenario di rischio si intende la rappresentazione dei fenomeni calamitosi che possono

interessare una determinata porzione di territorio, provocandovi danni a persone e/o a cose.

Individuare gli scenari di rischio risulta fondamentale per predisporre idonei interventi di tutela

della popolazione, delle infrastrutture e dei beni di una certa area esposta al rischio.

Localizzate le aree a rischio, occorre quindi individuare i potenziali danni che si possono verificare

a causa di ciascun scenario di rischio attraverso, ad esempio, la stima della popolazione

potenzialmente coinvolta o analizzando la tipologia di infrastruttura a rischio. E’ stato quindi svolto

un lavoro propedeutico che ha interessato l’intero territorio provinciale che, principalmente

attraverso l’analisi delle banche dati disponibili presso il Settore Pianificazione Urbanistica e

Territoriale o attraverso una ricerca ex-novo, ha permesso di individuare, classificare, associare

informazioni e georeferenziare in un Sistema Informativo Territoriale (SIT) tutti gli elementi

antropici potenzialmente vulnerabili nei diversi scenari di rischio possibili.

Tali elementi, a titolo esemplificativo, sono stati riportati nella Tavola 1 – Carta degli elementi

antropici potenzialmente vulnerabili stampata in scala 1:100.000, ma il dettaglio dei dati è alla scala

1:10.000 e trova il massimo rendimento di utilizzo all’interno del SIT e nelle carte operative a scala

di dettaglio. Di seguito è riportata la legenda della Tav. 1.

Fig. 31 – legenda della Carta degli elementi antropici potenzialmente vulnerabili

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Estrema importanza per le attività di protezione civile risulta il dato relativo al numero di persone

potenzialmente coinvolte in un evento, questa informazione, anche se come ordine di grandezza,

permette infatti di gestire le diverse fasi dell’emergenza con i mezzi più adeguati per numero e

tipologia. A tale scopo si è quindi utilizzata una procedura già sperimentata nell’ambito del

“Progetto Monitoraggio acque superficiali Interne e Costiere” redatto dal Settore Ecologia e

Ambiente per la stima della distribuzione sul territorio della popolazione residente e fluttuante

(principalmente turisti). In pratica si è utilizzata la Carta dell’Uso del Suolo redatta dall’Ufficio di

Piano del Settore Pianificazione Urbanistica e Territoriale per distribuire il dato della popolazione

residente associato alle sezioni di censimento ISTAT del 2001 alle aree urbanizzate dove

effettivamente questa popolazione risiede. Di seguito viene riportata nel dettaglio la procedura

utilizzata,

I dati disponibili per la spazializzazione della popolazione sono i seguenti:

1. Sezioni censimento ISTAT 2001 con i dati relativi alla popolazione residente e le abitazioni

occupate e non occupate

2. Carta dell’uso del suolo relativamente alle seguenti classi:

Cod Corine Descrizione

111 Insediamento Continuo - Centri Abitati

112 Insediamento Discontinuo

1121 Case sparse

1123 Edifici Rurali e annessi agricoli

I dati Istat considerati sono i seguenti:

colonna codice

5 P1 Popolazione residente - TOTALE

143 A3 Abitazioni occupate solo da persone non residenti

144 A4 Abitazioni vuote

146 A6 Stanze in totale

147 A7 Stanze in abitazioni occupate da persone residenti

Tab. 33: Dati ISTAT

Si è tentato di tener conto della popolazione non residente con case occupate assegnando a ciascuna

abitazione del codice A3 n° 2 abitanti equivalenti. Tale carico di popolazione è stato sommato alla

popolazione residente, da questa procedura sono state escluse le isole in cui tale voce non è

riconducibile a popolazione stabile ma più probabilmente a case per vacanze. Questa voce incide

complessivamente per meno dell’1% ma sono presenti alcuni casi di sezioni in cui tale voce supera

il 30% del totale.

Le sezioni sono state utilizzate per intero selezionando quelle che erano completamente contenute o

risultavano significative per l’area di interesse.

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Per la spazializzazione dei dati di popolazione relativi alle sezioni ISTAT sulla carta dell’uso del

suolo si è proceduto nel seguente modo:

1. intersezione in ambiente GIS tra Uso suolo e Sezioni censimento ISTAT

2. calcolo dell’area relativa a ciascun poligono individuato

3. calcolo dell’area “corretta” relativa a ciascun poligono individuato applicando i seguenti

fattori correttivi:

a. peso 3 al 1.1.1

b. peso 2 al 1.1.2.

c. peso 1 al 1.1.2.1

d. peso 0,5 al 1.1.2.3

4. calcolo dell’area_c urbanizzata presente in ciascuna sezione

5. calcolo del valore percentuale dell’area di ciascun poligono rispetto al totale dell’area

corretta urbanizzata presente in ciascuna sezione di censimento in cui ricade

I dati relativi alla popolazione sono stati spazializzati mediante l’applicazione dell’indice di densità

per sezioni di censimento ricavato. Per la spazializzazione degli abitanti fluttuanti sono stati usati i

dati di incremento percentuale sulla popolazione residente derivati dall’analisi della produzione di

RSU effettuata per il Piano dei rifiuti Provinciale. Dalla figura 31 si può infatti notare che nei mesi

estivi la produzione di Rifiuti Urbani presenta dei picchi maggiormente evidenti per i comuni con

notevoli presenze turistiche come quello di Terracina.

Fig. 32 – RSU conferiti alla discarica di Borgo Montello dal Comune di Terracina (si noti il notevole incremento dei quantitativi di rifiuti conferiti nel periodo estivo)

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Sulla base della produzione giornaliera procapite di ciascun comune calcolata nei soli mesi

invernali, dove non è presente l’aliquota relativa ai turisti, è quindi possibile calcolare l’incremento

di popolazione turistica per ciascun mese.

Per i comuni classificati come costieri (isole comprese) è stato ricalcolato l’indice di densità relativo

alla popolazione fluttuante stimata solo sull’area classificata urbana distante meno di 3 km dalla

linea di costa, nell’ipotesi che il flusso turistico si concentri entro quel raggio dal mare,

considerando nulla la popolazione fluttuante per il resto del territorio comunale. Per i restanti

comuni si è applicata la percentuale di incremento stimata sulla popolazione residente direttamente

alla popolazione spazializzata.

Nella figura seguente è riportato un esempio del prodotto finale ottenuto. Su ciascun poligono

rappresentante un edificio ad uso residenziale è associato il dato stimato della popolazione residente

(fluttuante), sovrapponendo a questi poligoni le aree interessate dall’evento di rischio, ad esempio

un’area di esondazione, è possibile individuare, oltre agli edifici interessati, anche l’ordine di

grandezza della popolazione coinvolta (vedi Fig. 33).

Fig 33 – Esempio della distribuzione della popolazione residente calcolata per un’area urbana

del Comune di Terracina

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Fig. 34 – Stima della popolazione residente potenzialmente coinvolta da fenomeni di inondazione nella Provincia di Latina

Analogamente a quanto descritto per gli elementi antropici potenzialmente vulnerabili sono stati

individuati, classificati e georeferenziati nel SIT tutti gli elementi di interesse per le operazioni di

intervento quali sedi delle associazioni di volontariato, forze pubbliche, gestori infrastrutture ecc...

Tali elementi a titolo esemplificativo sono stati riportati nella Tavola 2 – Carta degli elementi

antropici di intervento stampata in scala 1:100.000. Di seguito è riportata la legenda della Tav. 2.

Fig. 35 – legenda della Carta degli elementi antropici di intervento

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Naturalmente molti degli elementi antropici utilizzati per gli interventi possono a loro volta

costituire elementi potenzialmente vulnerabili (ad es. ospedali, scuole, ecc.)

Tra i diversi scenari di rischio possibili per il territorio della Provincia di Latina si è scelto di

affrontare prioritariamente, in funzione della loro probabilità di accadimento e dell’intensità

dell’evento, i seguenti scenari, per ciascuno dei quali è stata redatta un’apposita cartografia

tematica:

Rischio frane (Tav. 3)

Rischio inondazione (Tav. 4)

Rischio incendi boschivi (Tav. 5)

Rischio industrie a incidente rilevante (Tav. 6)

Rischio sismico (Tav. 7)

Ulteriori possibili scenari di rischio (rischio mareggiate, incidente stradale o ferroviario, ecc..)

saranno trattati nei successivi aggiornamenti del Piano previsti a cadenza annuale.

4.2) Rischio frane e inondazione

I principali riferimenti per l’individuazione delle aree a rischio frana o inondazione sono i Piani di

Assetto Idrogeologico redatti dalle Autorità di Bacino.

La normativa nazionale (L. 183/89 e successive modifiche e integrazioni) demanda alle Autorità di

Bacino la ricognizione e la definizione delle norme di salvaguardia e tutela delle aree soggette a

pericolosità e rischio di frana o esondazione. Per l’espletamento dei loro compiti istituzionali

ciascuna Autorità di bacino ha quindi svolto studi conoscitivi propedeutici sulla base dei quali ha

redatto le carte degli scenari di rischio attraverso le quali pone delle limitazioni all’uso del territorio

regolato da apposite norme tecniche di attuazione.

Il territorio provinciale ricade sotto la competenza di due Autorità di Bacino: l’Autorità di Bacino

dei Fiumi Liri, Garigliano e Volturno interessa totalmente i comuni di Castelforte, Spigno Saturnia

e SS Cosma e Damiano e parzialmente i comuni di Campodimele, Formia, Lenola, Minturno, Rocca

Massima e, per una piccolissima porzione, Itri. La restante parte del territorio, isole comprese, è di

competenza dell’Autorità dei Bacini Regionali del Lazio.

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C o m une A u to rità d e i B ac in i R eg io na li d e l L az io

A u to rità d i B ac ino d e i fiu m i L iri, G arig liano e V o ltu rno

A p rilia 1 0 0 .0 % B assiano 1 0 0 .0 % C a m p o d im e le 4 .5 % 9 5 .5 %C aste lfo rte 1 0 0 .0 %C iste rna d i L a tina 1 0 0 .0 % C o ri 1 0 0 .0 % F o nd i 1 0 0 .0 % F o rm ia 7 8 .5 % 2 1 .5 %G ae ta 1 0 0 .0 % Itr i 9 9 .6 % 0 .4 %L atina 1 0 0 .0 % L e no la 6 6 .7 % 3 3 .3 %M aenza 1 0 0 .0 % M in tu rno 2 .7 % 9 7 .3 %M o nte S an B ia g io 1 0 0 .0 % N o rm a 1 0 0 .0 % P o n tin ia 1 0 0 .0 % P rive rno 1 0 0 .0 % P ro ssed i 1 0 0 .0 % R o cca M assim a 6 4 .1 % 3 5 .9 %R o ccago rga 1 0 0 .0 % R o ccasecca d e i V o lsc i 1 0 0 .0 % S ab aud ia 1 0 0 .0 % S an F e lice C irceo 1 0 0 .0 % S an ti C o sm a e D a m ia no 1 0 0 .0 %S erm o ne ta 1 0 0 .0 % S ezze 1 0 0 .0 % S o nn ino 1 0 0 .0 % S p erlo nga 1 0 0 .0 % S p ig no S a tu rn ia 1 0 0 .0 %T errac ina 1 0 0 .0 %

Tab. 34 - Percentuale di ciascun territorio comunale ricadente nelle diverse Autorità di Bacino

Il Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri, Garigliano e Volturno ha adottato

con Delibere n. 1 e 2 del 5/4/2006 rispettivamente il Piano stralcio di Assetto Idrogeologico Rischio

Frana e il Piano stralcio di Assetto Idrogeologico Rischio Idraulico (Pubblicazione BURL n. 23 del

19/8/2006)

Il Comitato Istituzionale dell’Autorità dei Bacini Regionali del Lazio ha approvato il Progetto di

Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) con Delibera n. 5 del 13/12/2005.

I dati di censimento sui fenomeni franosi provengono in massima parte dagli studi di base effettuati

dalle AdB e in parte dall’attività svolta dai tecnici del Settore Pianificazione Urbanistica e

Territoriale della Provincia di Latina, le perimetrazioni delle diverse fasce di pericolosità e rischio

indicate nei PAI sono state riportate nelle Tavole 3 e 4.

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4.3) Rischio di incendio boschivo

La legge fondamentale in materia di incendi boschivi è la legge quadro n. 353/2000 che all’art.1,

comma 1 chiarisce le finalità dell’atto normativo:

“Le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla conservazione e alla difesa dei boschi

dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e

costituiscono principi fondamentali dell’ordinamento ai sensi dell’art. 117 della Costituzione”.

Per realizzare le finalità indicate dalla legge quadro, gli enti competenti, ciascuno secondo le

proprie attribuzioni, sono chiamati a svolgere “in modo coordinato attività di previsione, di

prevenzione e di lotta attiva contro gli incendi boschivi(…) nonché attività di formazione,

informazione ed educazione ambientale” (art.1 co. 2 L. 353/2000).

E’ evidente, dunque, che strumento indispensabile per la conservazione del patrimonio boschivo è

rappresentato da una puntuale e corretta pianificazione che, attraverso la caratterizzazione del

rischio, consenta di individuare le aree che, per le loro caratteristiche ambientali e pirologiche,

necessitano di interventi antincendio in via prioritaria.

Il legislatore ci fornisce una definizione di incendio boschivo:

“Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività ad espandersi su aree boscate,

cespugliate o erborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno

delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a predette aree” (art.2

L.353/200).

In merito alle cause determinanti gli incendi boschivi, sono particolarmente utili i risultati di

un’indagine condotta dal Corpo Forestale dello Stato su incarico del Governo che ha individuato

cinque grandi categorie di cause: naturali, accidentali, colpose, dolose e dubbie , a loro volta,

disaggregate in relazione ai profili sociali, economici e produttivi secondo la tabella che segue:

CAUSE NATURALI 1001 Incendi causati da fulmini 1002 Incendi causati da eruzioni vulcaniche

CAUSE ACCIDENTALI 2001 Incendi causati da scintille delle ruote dei treni o di particolari locomotive 2002 Altro eventuale

CAUSE COLPOSE a) Incendi causati da mozziconi di sigaretta o fiammiferi

3001 Lungo le reti viarie 3002 In aree di campagna 3003 In aree boschive 3004 Lungo linee ferroviarie

b) Incendi causati da attività agricole e forestali 3101 Per la ripulitura di incolti 3102 Per eliminare i residui vegetali (lavorazioni forestali / agricole) 3103 Per la rinnovazione del pascolo 3104 Per la bruciature delle stoppie 3105 Per la ripulitura di scarpate stradali o ferroviarie

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c) Incendi dovuti ad altre cause colpose 3201 Incendi causati da attività ricreative e turistiche 3202 Incendi causati da lanci di petardi o razzi, brillamento mine o esplosivi 3203 Incendi causati dall’uso di apparecchi a motore, fiamma, elettrici o

meccanici. 3204 Incendi causati da manovre militari o esercitazioni di tiro 3205 Incendi causati da bruciatura di rifiuti in discariche abusive 3206 Incendi causati da cattiva manutenzione di elettrodotti o dalla rottura e

caduta a terra di conduttori 3207 Incendi determinati da cause colpose non ben definite

CAUSE DOLOSE a) Incendi le cui motivazioni sono connesse alla ricerca di un profitto

4001 Incendi causati da apertura o rinnovazione del pascolo a spese del bosco 4002 Incendi causati dalla volontà di recuperare terreni agricoli a spese del

bosco per la coltivazione o per attivare contributi comunitari 4003 Incendi causati con l’intento di guadagnare dalla scomparsa della

vegetazione a fini di coltivazione agricola 4004 Incendi causati con l’intendo di guadagnare dalla scomparsa della

vegetazione a fini di speculazione edilizia 4005 Incendi causati con l’intento di ricercare vantaggi (apertura di piste

forestali, operazioni colturali per risparmiare manodopera, distruzione di massa forestale)

4006 Incendi causati da questioni occupazionali connesse agli operai assunti dagli Enti Locali

4007 Incendi causati con l’intento di distruggere col fuoco opere forestali non ben eseguite

4008 Incendi causati con l’intento di essere inclusi in squadre antincendio 4009 Incendi causati da azioni non corrette riconducibili al bracconaggio 4010 Incendi causati per ottenere prodotti conseguenti al passaggio del fuoco 4011 Incendi causati dalla criminalità organizzata

b) Incendi dovuti a manifestazioni di protesta, risentimenti e insensibilità verso il bosco 4101 Incendi causati da vendette o ritorsioni nei confronti della Pubblica

Amministrazione 4102 Incendi causati da conflitti o vendette tra proprietari 4103 Incendi causati da proteste contro i vincoli imposti nelle aree protette 4104 Incendi causati per gioco o divertimento di minorenni 4105 Incendi causati con l’intento di deprezzare aree turistiche 4106 Incendi causati da fatti riconducibili a contrapposizioni politiche 4107 Incendi causati da atti terroristici 4108 Incendi causati da insoddisfazioni, dissenso sociale, turbe comportamentali

(piromania e mitomania) c) Incendi dovuti a cause dubbie

4201 Incendi determinati da cause dolose non ben definite CAUSE DUBBIE

5001 Cause in cui non è individuabile la motivazione che ha dato origine all’incendio

Tab. 35

4. 3.1) Brevi note sul reato di incendio boschivo

L'incendio boschivo, sia esso doloso o colposo, è un delitto contro la pubblica incolumità e, come

tale, è perseguito penalmente.

Fino al 2000 l'incendio boschivo era considerato una aggravante dell'incendio generico, ed era

disciplinato dall'art. 423 del Codice Penale. Nel 2000, per la prima volta, l'incendio boschivo viene

considerato dal legislatore come reato autonomo. Il D.L. 4 agosto 2000, n. 220, recante

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"Disposizioni urgenti per la repressione degli incendi boschivi" e convertito, con modificazioni,

nella Legge 6 ottobre 2000 n. 275, introduce l'art. 423 bis, confermato dall'art. 11 della Legge 11

novembre 2000, n. 353.

“Chiunque cagiona un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al

rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. Se l'incendio di cui al

primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da 1 a 5 anni. Le pene previste dal

primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su

aree protette. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà se

dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente”.

4.3.2) Il Catasto degli incendi boschivi nella Provincia di Latina. (Ordinanza del Presidente del

Consiglio dei Ministri 3606/2007)

L’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, n. 3606 del 28/08/2007“Disposizioni urgenti

di protezione civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza in atto nei territori delle regioni

Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia in relazione ad eventi calamitosi dovuti alla diffusione

di incendi e fenomenici combustione”, emessa in seguito ad una serie di disastrosi incendi boschivi

sviluppatisi in varie località italiane, ha disposto che i sindaci dei comuni delle regioni interessate

dal provvedimento predispongano i piani comunali di emergenza, tenendo conto, prioritariamente,

delle strutture più esposte al rischio di incendio di interfaccia, al fine di salvaguardare e assistere la

popolazione presente nelle zone dell’evento.

Per la elaborazione di tali piani comunali, la stessa ordinanza evidenziava la necessità di

predisporre, su base cartografica, sia la perimetrazione delle aree esposte ai rischi derivanti da

incendi di interfaccia, sia la classificazione delle stesse, oltre che la creazione di modelli di

intervento.

Nell’ambito della pianificazione comunale di emergenza i comuni esposti al rischio idrogeologico

ed idraulico elevato, hanno dovuto definire, inoltre, gli scenari di rischio con particolare riferimento

agli incendi boschivi di interfaccia e la loro stretta relazione con eventi di natura idrogeologica e

idraulica.

Al fine di adempiere alle disposizioni dell’ordinanza, i tecnici del Dipartimento della Protezione

Civile, hanno predisposto un manuale contenente le indicazioni pratiche per l’elaborazione dei

Piani di emergenza speditivi da redigere a cura delle amministrazioni locali.

Per quanto riguarda la nostra regione, varie riunioni si sono svolte a partire dal mese di ottobre 2007

presso la Prefettura di Roma, la Regione Lazio e la Prefettura di Latina. In occasione di tali

incontri, cui hanno partecipato i tecnici del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, i

rappresentanti delle Prefetture, delle Amministrazioni regionali e provinciali, delle direzioni

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regionali e dei comandi provinciali dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale, sono state stabilite le

modalità operative per ottemperare a quanto previsto dall’art. 1 comma 9 dell’O.P.C.M. n.

3606/2007 e sono stati ufficialmente istituiti Gruppi di lavoro a supporto tecnico, per ciascuna

Provincia.

Per la Provincia di Latina il Gruppo di Lavoro, costituito con Decreto prefettizio n. 25314 del

19/12/07, composto da rappresentanti di: Prefettura di Latina, Regione Lazio, Provincia di Latina,

Corpo Forestale, Corpo dei Vigili del Fuoco e coordinato dal Vice Prefetto, ha garantito ai comuni,

assistenza e supporto tecnico, circa eventuali problematiche nell’uso del software per la gestione

delle aree a rischio.

Alle riunioni del Gruppo di Lavoro, presso la Prefettura, hanno partecipato anche i rappresentanti

del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, con funzioni tecniche e di verifica dello stato di

avanzamento della pianificazione.

Nei primi mesi del 2008 si sono svolti gli incontri con i Sindaci dei comuni della provincia sia per

avviare una prima raccolta di dati, propedeutica alla stesura dei Piani comunali, sia per illustrare , in

anteprima, il software per la gestione dei Piani di emergenza che le singole amministrazioni

avrebbero ufficialmente ricevuto nel mese di marzo dello stesso anno.

Oltre al suddetto software, gli uffici tecnici dei comuni hanno ricevuto, su supporto informatico, la

perimetrazione delle aree percorse dal fuoco negli ultimi cinque anni, realizzata dalla Regione Lazio

utilizzando i dati raccolti e validati dal Corpo Forestale dello Stato opportunamente elaborati ed

informatizzati.

Acquisita la perimetrazione delle aree percorse dal fuoco, entro e non oltre il 31 marzo 2008, tutti i

comuni, previa verifica e convalida delle aree perimetrate, attraverso una Delibera di Consiglio,

hanno ufficializzato le suddette aree al fine di applicare su esse i divieti e i vincoli imposti dalla

legge (Legge quadro n. 353/2000 e s.m.i.).

Sulla base della perimetrazione delle aree ad elevata pericolosità, i comuni avrebbero dovuto

individuare gli elementi esposti, le persone e i beni che ricadono all’interno delle aree suddette

potenzialmente interessate dall’evento atteso: ospedali, scuole, chiese, stadi, cinema, teatri, centri

commerciali, strutture turistiche, beni ambientali - artistici - culturali, industrie a rischio incidente

rilevante, attività produttive, centrali elettriche, reti distribuzione energia elettrica – gas - acqua,

discariche, strade , autostrade, ferrovie, porti, aeroporti ecc…

E’ doveroso infine precisare che la Regione Lazio è stata l’unica regione, tra quelle interessate dalla

O.P.C.M. 3606/2007, ad informatizzare i dati raccolti dal Corpo Forestale relativi al catasto incendi

e sulla base di questi dati, le aree interessate sono state perimetrate su base ortofotografica

georeferenziata. Ogni amministrazione comunale ha quindi ricevuto la mappatura completa e

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fruibile su supporto informatico, con un notevole risparmio, in termini di risorse finanziarie, umane

e strumentali oltre che di tempo.

Successivamente, gli Uffici tecnici dei comuni hanno avviato la predisposizione dei Piani di

emergenza secondo le procedure contenute nel software avuto in dotazione in data 6 marzo 2008.

In sintesi, nella tabella che segue sono riportati gli ultimi dati acquisiti dalla Provincia di Latina in

merito alla elaborazione dei Piani Comunali e il loro stato di attuazione.

COMUNE

Piano Comunale PROTEZIONE CIVILE

adottato

Piano Comunale PROTEZIONE CIVILE

in elaborazione

APRILIA X

BASSIANO

CAMPODIMELE X

CASTELFORTE

CISTERNA DI LATINA X

CORI

FONDI X

FORMIA X

GAETA X

ITRI X

LATINA X

LENOLA X

MAENZA X

MINTURNO X

MONTE SAN BIAGIO X

NORMA X

PONTINIA X

PONZA X

PRIVERNO X

PROSSEDI X

ROCCAGORGA X

ROCCAMASSIMA

ROCCASECCA DEI VOLSCI

X

SABAUDIA X

SAN FELICE CIRCEO

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SERMONETA X

SEZZE X

SONNINO X

SPERLONGA X

SPIGNO SATURNIA X

SS. COSMA E DAMIANO X

TERRACINA X

VENTOTENE X

Tab. 36

4.3.3) Attività di prevenzione

Gli incendi boschivi nel territorio provinciale destano preoccupazione, e in alcuni casi allarme, per i

danni gravissimi che arrecano al patrimonio boschivo e per il pericolo che da essi può derivare alla

popolazione e alle infrastrutture. Per tale ragione particolare importanza assumono tutte quelle

iniziative, in parte già poste in essere dalla Provincia di Latina, dirette a prevenire il fenomeno.

Possiamo distinguere una prevenzione diretta e una prevenzione indiretta.

La prevenzione indiretta è rappresentata dall’insieme di attività necessarie per diminuire le cause

antropiche che determinano un incendio e a sua volta si distingue in : prevenzione indiretta a lungo

termine e prevenzione indiretta immediata.

La prevenzione indiretta a lungo termine è finalizzata a creare una coscienza civica, soprattutto

nelle giovani generazioni, affinché adottino comportamenti che evitino le occasioni di incendio.

Particolarmente importante, a riguardo, è la formazione che può essere svolta presso le scuole

dell’obbligo con la collaborazione del Corpo Forestale, dei Vigili del Fuoco e delle associazioni che

si interessano di tutela ambientale .

La prevenzione diretta immediata è quella rivolta direttamente alle persone che si recano sul luogo

pericoloso e consiste nell’informazione al pubblico del pericolo che insiste in un certo ambiente

affinché adottino tutte le precauzioni necessarie per evitare il verificarsi dell’evento.

La prevenzione diretta è rappresentata dall’insieme di attività che cercano di rendere meno gravi gli

effetti di un eventuale passaggio del fuoco su una superficie boscata.

Gli strumenti concretamente utilizzabili per realizzare una efficace attività di prevenzione sono di

seguito indicati.

a) Viali spartifuoco

Sono dei tracciati, di larghezza variabile, che hanno lo scopo di rompere in tutto o in parte la

continuità della vegetazione e, quindi, di creare una frattura nella struttura combustibile arrestando

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il fronte del fuoco, ovvero facilitando le operazioni di spegnimento. Questi viali risultano

particolarmente utili nelle zone dove si riscontra una pendenza accentuata, che rende

particolarmente difficoltoso l’intervento delle squadre di spegnimento da terra. Tuttavia presentano

l’incoveniente di determinare delle trasformazioni significative del territorio, modificando l’aspetto

paesaggistico che ne risulta in qualche modo compromesso. Inoltre, le fasce di notevole larghezza,

possono avere riflessi negativi sulla stabilità idrogeologica della zona in cui vengono realizzate.

Per tali ragioni sarebbe preferibile realizzare viali che, senza arrestare spontaneamente il fronte del

fuoco (c.d. viali passivi), in cui la vegetazione è totalmente asportata e che possono raggiungere

larghezze fino a 100 – 200 metri, si opti per strutture tagliafuoco capaci di diminuire la potenza del

fronte di fiamma e di portarlo, eventualmente, dalla chioma a livello radente . Questi ultimi,

vengono definiti viali attivi ed hanno larghezze comprese fra i 15 e i 60 metri e la vegetazione vi è

diradata ed eliminata solo in una stretta fascia centrale.

Infine vi sono i c.d. spartifuoco verdi in cui viene asportato esclusivamente il sottobosco

risparmiando le specie arboree.

I viali, di qualunque tipologia, dovranno naturalmente essere posizionati parallelamente alla

posizione prevista del fronte fiamma e, possibilmente decorrere lungo le curve di livello.

Infine, per una efficace disposizione dei viali bisognerà analizzare l’accidentalità del territorio che

consentirà di individuare le zone in cui è opportuno realizzare gli stessi.

b) Rifornimento idrico

La prima fonte di approvvigionamento idrico cui si deve far riferimento sono le superfici di acqua

esistenti sul territorio provinciale che abbiano dimensioni compatibili con le operazioni dei mezzi

aerei utilizzati per l’attività A.I.B. A tal proposito si segnala che la Direzione Regionale Protezione

Civile ha realizzato un censimento dei punti d’acqua presenti sul territorio regionale. Le

informazioni sono raccolte in un Data Base e sono mappate in un Atlante costituito da 131 carte, cui

si aggiungono cinque carte d’insieme su base provinciale in scala 1:50.000. Il Data Base (Delibera

di G.R. 25.07.2008 n. 546).

Tuttavia il rifornimento idrico è garantito alle forze impegnate nella estinzione degli incendi anche

dalle vasche antincendio .

Le vasche si distinguono in fisse e mobili. Le vasche fisse possono essere alimentate da acquedotti,

acque sorgive, acqua piovana, per sbarramento o captazione di corsi d’acqua.

Potranno essere utilizzate per il rifornimento delle autobotti, degli elicotteri con benna ovvero dalle

squadre di spegnimento terrestri.

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100

Perché l’utilizzo di dette vasche non arrechi pericolo è necessario che le stesse rispettino alcuni

standard di sicurezza. In particolare esse andranno realizzate in zone prive di ostacoli quali alberi ad

alto fusto, linee elettriche, case. Inoltre dovranno essere opportunamente recitante e segnalate.

c) Presidi territoriali e avvistamento con velivoli.

A partire dal 2006 la Provincia di Latina – Settore Polizia Provinciale – Servizio Protezione Civile,

nell’ambito delle attività di prevenzione incendi boschivi, ha istituito in varie zone del territorio,

presidi territoriali e un servizio di avvistamento aereo per il controllo e la salvaguardia del

territorio.

Attraverso apposite convenzioni con svariate Organizzazioni di volontariato si è dato vita ad un

programma di servizi con lo scopo di contribuire alla tutela del patrimonio boschivo della provincia

mediante presidi territoriali in zone individuate e avvistamento con mezzi aerei per individuare e

segnalare l’eventuale inizio di incendi boschivi e comunicare la posizione geografica dell’evento.

I presidi sono stati costituiti localizzandoli in determinate aree individuate secondo criteri di

sensibilità al rischio incendi boschivi, lungo tutta la fascia collinare da nord a sud.

All’attività di avvistamento a terra è stata affiancata quella di avvistamento con mezzi aerei che,

secondo un programma definito con il Comando di Polizia Provinciale, hanno sorvolato

giornalmente ed in orari diversi l’intero territorio provinciale.

A conclusione del servizio, sia il personale operativo dei presidi che quello a bordo dei velivoli,

invia un report dell’attività svolta e delle segnalazioni effettuate. Ai volontari impegnati nei vari

servizi è fornito un equipaggiamento consistente in: gilet e berrettino alta visibilità, valigetta di

pronto soccorso, zaino, binocolo, radio ricetrasmittenti.

A partire dal corrente anno, è stata anche allestita, a livello sperimentale, una centrale radio

operativa, in collegamento con tutti i presidi.

L’attività di avvistamento viene avviata nel mese di giugno si conclude nel mese di settembre.

La presenza costante delle unità sul territorio oltre a rispondere all’esigenza di segnalare

tempestivamente il principio di incendio alle strutture operative deputate allo spegnimento e

coordinate dalla Sala Operativa Regionale, ha anche una importante funzione deterrente nei

confronti di eventuali piromani intenzionati a porre in essere azioni dolose. Le aree incendiate dal

2004 al 2007 e le aree di interfaccia, individuate in un buffer di 200 metri dalle aree urbanizzate,

(fonte Catasto Incendi della Regione Lazio) sono state riportate nella Tavola 5 – Carta delle aree a

rischio incidente boschivo. Dall’analisi del già citato catasto è possibile notare come tra gli anni

indagati il 2007 ha visto triplicare le superfici boscate percorse dal fuoco.

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Fig. 36

Nel grafico successivo, che riporta il numero totale degli incendi registrati dal 2004 al 2007 nei

diversi mesi, è evidente come i mesi estivi da luglio a settembre risultino quelli a maggiore rischio

di incendio anche se, inaspettatamente, anche i mesi di marzo e ottobre presentano un numero

significativo di incendi boschivi.

Fig. 37

4.4) Rischio industriale e incidente rilevante

Per attività industriale si intende qualsiasi operazione effettuata in impianti industriali che

comporti o possa comportare l’uso di una o più sostanze pericolose e che possa presentare

rischi di incidenti rilevanti, nonché il trasporto, la lavorazione, il deposito effettuato all’interno

e/o all’esterno dello stabilimento.

Numero di incendi

0

50

100

150

200

250

300

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

n.

Superfici interessate da incendi boschivi

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

2004 2005 2006 2007

ha

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L’incidente rilevante è un evento, consistente in una emissione, un incendio o un’esplosione di

rilievo, connessi ad un evolversi incontrollato di una attività industriale che comporti l’uso di

sostanze pericolose e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito per l’uomo,

all’interno o all’esterno dello stabilimento, per l’ambiente e le strutture antropiche presenti.

L’evento si manifesta attraverso modalità incidentali che possono avvenire in modo esclusivo,

in combinazione o in successione con altre nell’ambito dello stesso evento.

Per ciascuna tipologia di modalità di incidente sono state assunte delle soglie di danno entro le

quali l’uomo e/o l’ambiente subiscono danni permanenti o reversibili.

Esplosione (UCVE – Unconfined Vapour Explosion). Questa modalità è connessa

agli effetti dovuti all’onda di pressione e ai frammenti del contenitore (serbatoio in pressione o

reattore) con effetti diretti sull’uomo e sulle strutture. Queste ultime possono poi avere effetti

diretti sull’uomo a causa di crolli o innescare ulteriori effetti incidentali.

Sfera di fuoco (BLEVE – Boiling Liquid Expanding Vapour Explosion). Si

manifesta con un irraggiamento termico derivante dal collasso di recipienti surriscaldati, con

conseguente carico termico molto elevato per un determinato periodo di tempo. Oltre

l’irraggiamento termico sono da considerarsi anche i danni causati dalla proiezione dei

frammenti del serbatoio collassato.

Incendio Sviluppo per periodi di tempo prolungati di irraggiamento termico con

conseguenze dirette sugli individui impossibilitati a sottrarsi rapidamente dall’irraggiamento

e/o sulle strutture con successivi eventi derivati per effetto domino.

Nubi di vapori infiammabili (FLASH FIRE). Sono fenomeni molto rapidi i cui

effetti restano limitati all’area in cui si sviluppa fisicamente la fiamma.

Rilasci di sostanze tossiche. Si verificano quando avviene la diffusione nell’aria,

nell’acqua o nel suolo, di sostanze con effetti tossici per l’uomo o l’ambiente. Di primaria

importanza sono gli effetti dovuti all’inalazione, all’assorbimento per via cutanea e

all’ingerimento.

Con riferimento al tipo ed alla quantità delle “sostanze pericolose” che caratterizzano la

produzione, lo stoccaggio e il trasporto o che riguardano particolari procedimenti industriali

finalizzati alla produzione, la legge prescrive specifici obblighi ai quali i responsabili delle

suddette attività sono tenuti per quanto riguarda:

- La dichiarazione di detenzione di tali sostanze, la tipologia, le quantità, tipi di

lavorazione e metodi di controllo dei potenziali incidenti;

- I piani di emergenza (interni e/o esterni);

- La comunicazione al pubblico (Sindaco che lo comunica alla popolazione).

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103

4.4.1) Zone di impatto degli eventi incidentali

Ai fini di una valutazione rapida delle zone di sviluppo degli effetti di un evento incidentale, le

linee guida del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile per la pianificazione di

emergenza esterna per impianti industriali a rischio incidente rilevante stabiliscono tre zone:

1. Zona di sicuro impatto;

2. Zona di danno;

3. Zona di attenzione.

La pianificazione di emergenza comporta l’individuazione dell’area su cui va posta l’attenzione

anche per garantire una veloce indicazione agli interventi di primo soccorso. Risulta necessario

quindi, in fase di pianificazione, differenziare l’area di impatto secondo la gravità e la tipologia

delle conseguenze e quindi secondo la diversità delle azioni da prevedere per fronteggiare

l’emergenza, con particolare riguardo anche al tipo e alla modalità di informazione da dare alla

popolazione.

Prima zona - Zona di sicuro impatto è limitata alle immediate adiacenze dello stabilimento, è

caratterizzata da effetti sanitari che comportano una elevata probabilità di letalità per le

persone.

In questa zona l’intervento di protezione da pianificare consiste generalmente, in caso di

rilascio di sostanze tossiche, nel rifugio al chiuso. Solo in casi particolari, ove opportuno e

tecnicamente realizzabile, si dovrà prevedere l’evacuazione della popolazione.

In effetti una evacuazione con un rilascio in atto porterebbe a conseguenze peggiori di quelle

che si verrebbero a determinare in un rifugio al chiuso. Data la fondamentale importanza che

riveste in questa zona il comportamento della popolazione, dovrà essere previsto un sistema di

pronto allarme che avverta la popolazione dell’insorgenza del pericolo ed una azione di

informazione preventiva.

Data la possibile elevata densità attesa di vittime, le azioni di soccorso post – incidentale

dovranno essere indirizzate prioritariamente a questa zona.

Seconda Zona - Zona di danno, esterna rispetto alla prima, è caratterizzata da possibili danni,

anche gravi e irreversibili, per le persone che non intraprendano le corrette misure di

autoprotezione e da possibili danni anche letali per persone maggiormente vulnerabili ( neonati,

bambini, malati, anziani). Gli effetti prevedibili sono tali da richiedere ancora l’intervento

immediato di protezione e l’assistenza post – incidentale sulla generalità della popolazione

presente nell’area di impatto. In tale zona, l’intervento di protezione principale dovrebbe

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consistere, almeno nel caso di rilascio di sostanze tossiche, nel rifugio al chiuso. L’evacuazione

risulterebbe difficilmente realizzabile a causa della maggiore estensione territoriale.

In tale zona, caratterizzata dal raggiungimento di valori d’impatto minori, il rifugio al chiuso

risulterebbe di efficacia maggiore. Eventuali luoghi di elevata concentrazione di persone

vulnerabili ( asili nido, scuole, ospedali ecc..) presenti in questa zona, dovrebbero essere presi

in considerazione per provvedimenti specifici come ad esempio: la costituzione di locali chiusi

idonei al rifugio, la formazione ed l’addestramento del personale responsabile, l’attrezzatura di

protezione individuale, un segnale diretto di allarme dallo stabilimento.

L’informazione attiva deve essere estesa a tutta la zona, mentre per il resto della popolazione si

possono utilizzare i normali mezzi di stampa, audiovisivi.

Le azioni di soccorso post-incidentale avranno priorità inferiore a quelle previste per la prima

zona, salvo le eccezioni.

Terza zona – Zona di attenzione è caratterizzata dal possibile verificarsi di danni,

generalmente non gravi, a soggetti particolarmente vulnerabili.

In questa zona rimane consigliabile il rifugio al chiuso e dovranno essere previsti solo

interventi nei punti di concentrazione di soggetti particolarmente vulnerabili (scuole, ospedali,

luoghi pubblici) ed azioni di controllo del traffico.

Nel caso di rilascio di sostanze tossiche fortemente irritanti occorre porre attenzione alle

conseguenze che reazioni di panico potrebbero provocare in luoghi affollati come stadi, locali

di spettacolo ecc…

Dovrà sempre essere previsto l’addestramento del personale responsabile dei punti critici quali

ospedali, asili nido, scuole ecc..

In questa zona le azioni di soccorso post-incidentale dovranno essere condotte con priorità

inferiore alle altre due zone, salvo specifiche segnalazioni.

Per quanto riguarda l’informazione alla popolazione, anche in questa zona si può ricorrere ai

normali mezzi di stampa e audiovisivi.

Nell’ambito delle attività finalizzate alla redazione del Piano Provinciale di Previsione e

Prevenzione di Protezione Civile della nostra provincia, è stata effettuata l’acquisizione dei dati

inerenti gli stabilimenti industriali presenti sul territorio provinciale che il D.Lgs. n. 334/99 e

s.m.i definisce a rischio di incidente rilevante.

L’attività si è svolta, procedendo con l’individuazione, classificazione (ex artt. 6, 7 e 8 del

D.Lgs. 334/99 e s.m.i.) e georeferenziazione degli stabilimenti industriali presenti sul territorio

provinciale e contestuale acquisizione di dati e documentazione inerente la natura (solida,

liquida, gassosa) e le quantità dei materiali presenti nei depositi delle aziende, oltre che la

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105

tipologia dei processi produttivi cui tali materiali entrano a far parte e alla esistenza o meno dei

piani di sicurezza ( interni e/o esterni) previsti (Allegato VII).

Al fine di definire le aree di interazione tra stabilimenti industriali ed elementi territoriali e

ambientali vulnerabili, particolare attenzione è stata rivolta all’individuazione di tutte le

strutture e gli edifici di pubblica fruizione, (civili abitazioni, scuole, chiese, strade e altre

infrastrutture ) situati in aree limitrofe agli stabilimenti industriali, ove sussistono potenziali

rischi nell’eventualità si verifichino incidenti ( esplosioni, fughe di sostanze gassose pericolose,

sversamento di sostanze liquide pericolose) .

Per quanto riguarda in particolare il dato relativo agli stabilimenti industriali risulta che

nel contesto provinciale sono presenti le seguenti aziende:

art.8D.Lgs 334/99 (*)

(*) Sono tenute a predisporre il Rapporto di Sicurezza evidenziando: adozione di appropriati

sistemi di sicurezza; individuazione pericoli di incidente rilevante; adozione misure di

prevenzione; sicurezza e affidabilità di impianti e depositi; predisposizione piani di

emergenza interni e indicazione alle autorità competenti di elementi per elaborare i piani di

emergenza esterni.

art.6D.Lgs334/99(*)

(*) Sono tenute a trasmettere agli enti competenti una notifica contenente: informazioni

riguardanti la Ragione sociale, la sede del gestore, nome del responsabile di stabilimento; le

sostanze pericolose , la quantità e la loro forma fisica; l’attività svolta; l’indicazione di

elementi che potrebbero causare incidente rilevante.

ABBOTT S.p.A. (Produzione prodotti farmaceutici) Aprilia

RECORDATI S.p.A. ( Produzione prodotti farmaceutici) Aprilia

ISAGRO S.p.A. (Deposito fitofarmaci) Aprilia

NALCO ITALIANA S.p.A.(Stabilimento chimico) Cisterna di Latina

ENI S.p.A.(Deposito oli minerali) Gaeta

CROMPTON CHEMICAL S.r.l. (Stabilimento chimico) Latina

SUDGAS S.p.A. ( Deposito di gas liquefatti) Pontinia

PONTINA GAS PETROLI ( Deposito di gas liquefatti) Sermoneta

BRISTOL – MYERS SQUIBB S.r.l. (Stabilimento chimico) Sermoneta

ACRAF S.p.A. (Stabilimento Chimico) Aprilia

SIS S.p.A. (Deposito materiali tossici) Fondi

BROMOTIRRENA S.r.l. ( Deposito fitofarmaci) Fondi

FANTASIA PETROLI S.r.l.(Deposito Oli minerali) Gaeta

NUOVA OTER S.r.l. (Produzione e deposito di gas tecnici) Pontinia

LA DETONANTE S.r.l. (Produzione e deposito esplosivi) Priverno

PONTINA COMBUSTIBILI (Deposito gas liquefatti) Sezze

PAOIL S.p.A. (Estrazione e raffinazione oli vegetali) Cisterna di Latina

SIBELCO ITALIA S.p.A. (Deposito esplosivi) Priverno

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Tutti i dati raccolti e informatizzati, sono stati posti in relazione tra loro, implementandoli in un

quadro territoriale più dettagliato e completo, al fine di delineare quelle aree territoriali

particolarmente sensibili nelle quali si concentrano, interagiscono o potrebbero verificarsi eventi

potenzialmente ad alto rischio per la popolazione ivi residente, per altre realtà quali ad es.

allevamenti di bestiame, coltivazioni, per le risorse ambientali superficiali e sotterranee oltre che

per le infrastrutture presenti, con lo scopo di pianificare le opportune attività di previsione e

prevenzione di protezione civile. In allegato: la Tavola 6 – Carta delle aree a rischio incidente

rilevante con l’ubicazione degli stabilimenti industriali e le schede descrittive per ciascuno

stabilimento nonché le due centrali nucleari di Latina e del Garigliano e le relative zone di rischio.

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SCHEDA N°: _____

INFORMAZIONI GENERALI

SOCIETA' STABILIMENTO GESTORE DELLO STABILIMENTO

CLASSIFICAZIONE (D.Lgs 334/99) ART.8 ART. 6 TIPOLOGIA STABILIMENTO PRINCIPALI SOSTANZE DETENUTE CATEGORIA DEPOSITO

SCENARI INCIDENTALI E AREE DI DANNO

SCENARIO INCIDENTALE EVENTO FREQUENZA ELEVATA

LETALITA' INIZIO

LETALITA' LESIONI

IRREVERSIBILI LESIONI

REVERSIBILI

DANNI STRUTTURE

/EFFETTI DOMINO

Incendio (radiazione termica stazionaria) Bleve/Fireball (radiazione termica variabile) Flash-fire (radiazione termica istantanea) WCE (sovrappressione di picco) Rilascio tossico (dose assorbita) FONTE DEI DATI: Valutazione Rapporto di Sicurezza ____

Informazioni fornite dal gestore _______

CARATTERIZZAZIONE DEL CONTESTO TERRITORIALE

AREE DI DANNO POP. RESIDENTE

If (m3/m2) POLI

FUNZIONALI SERVIZI

PRESENTI INFRASTRUTTURE NOTE

ELEVATA LETALITA'

INIZIO LETALITA'

LESIONI IRREVERSIBILI

LESIONI REVERSIBILI

CARATTERIZZAZIONE DEL CONTESTO AMBIENTALE

BENI PAESAGGISTICI E AMBIENTALI

AREE NATURALI PROTETTE

RISORSE IDRICHE

SUPERFICIALI

RISORSE IDRICHE

PROFONDE USO DEL SUOLO NOTE

AREE DI DANNO

1 2 3 4 5 6

ELEVATA LETALITA' INIZIO LETALITA' LESIONI IRREVERSIBILI LESIONI REVERSIBILI

CATEGORIZZAZIONE TERRITORIALE AREE DI DANNO CATEGORIE TERRITORIALI CATEGORIE AMBIENTALI NOTE

ELEVATA LETALITA' INIZIO LETALITA' LESIONI IRREVERSIBILI LESIONI REVERSIBILI

COMPATIBILITA' TERRITORIALE SI NO

COMPATIBILITA' AMBIENTALE SI NO

Data:

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108

4.5) Rischio sismico

Nella Provincia di Latina, come descritto nel capitolo 2.5, il rischio sismico risulta limitato per

frequenza ed intensità. Tuttavia, pur se non prioritario, tale scenario di rischio merita una particolare

attenzione per le conseguenze che può comportare su vasta scala alla popolazione civile. Per tale

motivo si è voluto introdurre in via preliminare nel presente Piano, quanto elaborato sul tema

dall’Ufficio di Piano del Settore Pianificazione Urbanistica e Territoriale per la redazione del

PTPG, allo scopo di fornire delle prime indicazioni per le necessarie indagini da svolgersi

necessariamente su scala locale.

Per una zonazione sismica del territorio, finalizzata soprattutto a scopi di prevenzione, assume

grande importanza l'individuazione delle aree in cui, a causa di particolari condizioni locali, gli

effetti di un eventuale terremoto possono risentirsi con maggiore intensità. Le onde d'urto generate

dai terremoti possono produrre infatti, effetti molto diversi in una stessa regione a causa di

particolarità geologiche e geomorfologiche di piccola e media scala.

In alcune aree possono quindi presentarsi fenomeni di amplificazione sismica locale dovuti sia alle

diverse caratteristiche meccaniche dei litotipi in affioramento e/o presenti nel sottosuolo, sia per le

loro caratteristiche geomorfologiche, sia per la loro prossimità ad elementi tettonici.

E' stata quindi applicata al territorio provinciale una metodologia che, attraverso l'applicazione di

alcuni criteri generalmente riconosciuti, ha permesso una prima individuazione di queste particolari

aree. Sono state evidenziate quindi le aree che presentano:

effetti di bordo di valli alluvionali; marcata diminuzione della velocità delle onde sismiche al passaggio tra differenti litotipi; possibili fenomeni di liquefazione e/o presenza di terreni altamente compressibili nella

stratigrafia del sottosuolo; aree in dissesto geomorfologico; aree interessate da importanti elementi tettonici e/o intensamente fratturate; effetti della topografia (sommità di rilievi e creste).

A causa però della scala di lavoro e del dettaglio dei dati a disposizione è stato possibile individuare

solamente delle "aree di attenzione" rispetto a questa problematica. Per conseguire risultati

affidabili è infatti necessario un dettagliato studio di "microzonazione sismica" da effettuarsi come

minimo alla scala 1:10.000 e con il supporto di indagini geofisiche e geognostiche. La Tavola 7 –

Carta delle aree a rischio sismico ha quindi il solo compito di indirizzare le risorse disponibili

(eventualmente in sede di redazione dei Piani Comunali di Protezione Civile) su quei settori

considerati prioritari perché probabilmente a maggior rischio.

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CAPITOLO 5

LINEAMENTI DI PIANIFICAZIONE

5.1) La pianificazione provinciale di emergenza: le funzioni di supporto.

Il presente documento è stato redatto seguendo le linee guida elaborate dal c.d. Metodo Augustus

che individua, nell’ambito della pianificazione provinciale di emergenza , quattordici funzioni di

supporto.

Le funzioni di supporto rappresentano, all’interno del Piano, l’organizzazione delle risposte che

occorre dare in presenza di un determinato evento calamitoso.

Attraverso l’attivazione delle funzioni di supporto si conseguono obiettivi decisivi per rendere

efficace e vitale il Piano in ogni sua articolazione.

Anzitutto si individuano i responsabili per ogni funzione ed il loro coordinatore. Tali responsabili

garantiscono l’efficacia e la vitalità del Piano mediante il quotidiano aggiornamento dei dati e delle

procedure relative alla propria funzione di supporto. Inoltre, al verificarsi dell’emergenza costoro

sono chiamati ad operare come figure specializzate nell’ambito della propria funzione. Da ultimo

sono parte attiva ed integrante della Sala Operativa che viene strutturata a seconda del numero delle

funzioni di supporto che vengono attivate.

I numeri telefonici (fisso e cellulare) di reperibilità dei referenti delle diverse funzioni di

supporto sono contenuti nell’Allegato VI nel quale sono altresì indicati i nominativi ed i recapiti di

un sostituto.

1. TECNICO – SCIENTIFICA E PIANIFICAZIONE

Ufficio Tecnico Regionale Ufficio Tecnico Provinciale Ufficio Tecnico Comunale

Sezione Prov.le dell’ARPA

Consorzio di Bonifica

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Coordina i rapporti con la comunità scientifica

per l’interpretazione fisica del fenomeno e dei dati provenienti dalle reti di monitoraggio e il loro costante aggiornamento. Delimita le aree a rischio ed individua la viabilità alternativa. Pianifica le operazioni di evacuazione.

Aggiorna e analizza gli scenari di rischio e pianifica gli interventi di prevenzione attraverso il controllo programmato delle aree a rischio, anche avvalendosi del volontariato, (es. monitoraggio canali, controllo delle reti paramassi, pulizia dei cigli stradali ecc..)

Referente Dirigente dell’Ufficio Tecnico (Reg. Prov. Com.); Direttore prov.le ARPA; Direttore Consorzio di Bonifica

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2. SANITA’ UMANA E VETERINARIA – ASSISTENZA SOCIALE

Azienda USL Croce Rossa Italiana Centrale Operativa 118

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Coordina i servizi di primo soccorso

raccordandosi con le strutture ospedaliere del territorio, organizza il trasporto dei feriti; effettua i controlli igienico sanitari nelle zone colpite dell’evento; interviene a tutela del patrimonio zootecnico

Individua i rischi sanitari presenti sul territorio e predispone le misure organizzative per fronteggiarli; Censisce le risorse sanitarie disponibili circa ospedali, case di cura, case di riposo, centri disabili, deposito farmaci.

Referente Direttore Generale Azienda USL

3. MASS MEDIA E INFORMAZIONE

Prefettura Provincia Comuni

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Allestisce la Sala Stampa; Elabora il

programma e le modalità dei contatti con i mass media locali;Elabora i comunicati stampa; Trasmette le informazioni alla popolazione.

Censisce e aggiorna l’elenco degli organi di stampa e delle emittenti radiotelevisive operanti sul territorio; Promuove iniziative di informazione alla popolazione

Referente Dirigente Ufficio Stampa 4. VOLONTARIATO

Provincia – Servizio di P.C. Gruppi Comunali di volontariato di P.C. Associazioni di Volontariato di P.C

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Concorre al soccorso ed assistenza alla

popolazione Censisce le organizzazioni di volontariato, i relativi referenti e recapiti, le loro risorse umane e strumentali; Organizza corsi di formazione e di addestramento; Organizza esercitazioni di p.c.

Referente Dirigente Servizio di P.C. della Provincia coadiuvato dal rappresentante delle Associazioni di Volontariato in seno al CCS.

5. MATERIALI E MEZZI

Provincia Comuni

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Gestisce e distribuisce le risorse delle

associazioni di volontariato in base alle concrete esigenze; Si raccorda con le ditte convenzionate per la fornitura di materiali e mezzi; Concorre all’allestimento delle aree di ammassamento già individuate.

Censisce i materiali e i mezzi pubblici e privati disponibili sul territorio provinciale, localizza le risorse con riguardo alla tempistica di intervento; Stipula convenzioni con le ditte fornitrici di beni e servizi utili in emergenza

Referente Dirigente Servizio di P.C. della Provincia

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6. TRASPORTI CIRCOLAZIONE – VIABILITA’ Sezione Polizia Stradale Polizia Provinciale Polizia Municipale Provincia - Settore Viabilita’ Autostrade per l’Italia ASTRAL Ferrovie dello Stato ACOTRAL

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Organizza la movimentazione dei materiali

ed il trasferimento dei mezzi verso le località di intervento; Coordina e ottimizza i flussi di traffico verso le vie di fuga e l’accesso dei mezzi di soccorso.

Predispone un piano della viabilità di emergenza al fine di garantire un ordinato afflusso dei mezzi di soccorso verso l’area interessata dall’evento e un deflusso della popolazione dalla stessa.

Referente Comandante Sezione Polizia Stradale

Dirigente Settore Pianificaz.Urban. e/o Dirigente Settore Viabilità

7. TELECOMUNICAZIONI

Telecom Italia e altri gestori di telefonia A.R.I. (comunicazioni radio)

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Verifica l’efficienza delle linee di

comunicazione; Attiva o ripristina i collegamenti attraverso le reti ordinarie e/o di emergenza; Predisporre linee di comunicazione alternativa (radio); Attivazione numeri verdi

Organizza e verifica la rete di comunicazioni alternative (radio e ponti radio); Formazione teorico pratica dei volontari impegnati nelle radio comunicazioni, nell’ambito di corsi promossi dalla Provincia.

Referente Rappresentante dell’associazione Radioamatori

8. SERVIZI ESSENZIALI

ENEL SNAM Altre aziende erogatrici di servizi essenziali (acquedotto)

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Fa richiesta di messa in sicurezza delle reti

dei servizi essenziali (acqua, luce, gas, carburante); Verifica il loro stato e si adopera per garantirne il ripristino e la continuità durante l’evento.

Acquisisce e analizza i piani di emergenza predisposti dalle aziende erogatrici di servizi essenziali; Aggiorna l’elenco dei referenti per ciascuna azienda; Predispone idonea cartografia tematica inerente i dati acquisiti.

Referente Provincia – Dirigente Settore Pianificazione Urbanistica e/o Ambiente

Provincia – Dirigente Servizio P.C. e Dirigente Settore Pianificazione Urbanistica

9. CENSIMENTO DANNI A PERSONE E COSE

Uffici Tecnici della Regione Uffici Tecnici della Provincia Uffici Tecnici del Comune Vigili del Fuoco

Composizione

Rappresentanti di Ordini Professionali

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In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Attiva e coordina le squadre di rilevamento

danni e procede al censimento degli stessi a persone, edifici, attività produttive, infrastrutture, beni culturali, archeologici e artistici, opere pubbliche.

Predispone la modulistica per il rilevamento dei danni; Predispone l’elenco dei professionisti abilitati e dei tecnici degli enti locali per censire e periziare i danni conseguenti all’evento.

Referente Comandante VV.F Provincia – Dirigente Servizio P.C. 10. STRUTTURE OPERATIVE

Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco Corpo Forestale dello Stato Capitaneria di Porto Forze armate Comando Aeronautica Militare Croce Rossa Italiana Guardia di Finanza

Composizione (Soccorso tecnico)

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Coordina le strutture operative di soccorso;

Attiva i C.O.M. Acquisisce e analizza i singoli piani Comunali al fine di coordinarli e armonizzarli relativamente alla dislocazione delle aree di emergenza.

Referente Prefetto Composizione (Sicurezza e ordine pubblico)

Forze dell’ordine

Funzioni Tutela l’ordine e la sicurezza pubblica

Referente Questore 11. ENTI LOCALI

Regione Provincia Comuni Comunità Montane

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Mantiene contatti costanti con i referenti e i

responsabili di protezione civile degli enti pubblici coinvolti nell’evento

Predispone un elenco con i referenti e i responsabili di protezione civile degli enti locali

Referente Provincia – Servizio Protezione Civile

12. MATERIALI PERICOLOSI

Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco Sezione provinciale A.r.p.a.

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Verifica la presenza sul territorio di

materiali pericolosi nonchè la vulnerabilità di edifici, strutture e infrastrutture pubbliche o private o di impianti a rischio incidente rilevante

Censisce gli impianti che utilizzano o hanno in deposito materiali pericolosi e le industrie a rischio incidente rilevante e ne cura l’aggiornamento; Valuta i Piani di Emergenza esterni predisposti dalle industrie.

Referente Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco

Prefetto e Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco

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13. ASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE Regione Provincia Comuni Croce Rossa Italiana Associazioni di Volontariato

Composizione

In emergenza In situazione ordinaria Funzioni Supporta i Comuni nell’attività di assistenza

alla popolazione coinvolta nell’evento e nella individuazione delle aree di attesa e/o di ricovero. Organizza lo stoccaggio e la distribuzione di derrate alimentari e materiali di soccorso.

Censisce le strutture ricettive presenti sul territorio precisandone le caratteristiche (alberghi); Censisce le strutture scolastiche dotate di locali idonei per essere attrezzati come aree di ricovero (palestre, tensostrutture ecc.. ); Censisce le aziende di produzione e/o distribuzione di risorse alimentari.

Referente Prefetto Provincia – Dirigente Servizio Protezione Civile

14. COORDINAMENTO CENTRI OPERATIVI Composizione Prefettura

Provincia

In emergenza In situazione ordinaria

Funzioni Coordina e raccorda i centri operativi istituiti sul territorio: Centro operativo Regionale, Centri Operativi Misti, Centri Operativi Comunali

Controlla e aggiorna la pianificazione elaborata dai Comuni.

Referente Coordinatore della Sala Operativa della Prefettura (SOP)

5.2) Censimento delle risorse

Per gestire efficacemente qualunque tipo di emergenza è di primaria importanza fare il censimento

del personale, del materiale e dei mezzi disponibili nel territorio (Funzione 5 del metodo Augustus).

Tali mezzi appartengono agli enti locali , ma anche a soggetti privati, si pensi alle risorse delle

associazioni di volontariato, o a quelle del mercato privato. L’aggiornamento periodico delle risorse

disponibili è di fondamentale importanza. Al presente piano sono allegate le seguenti schede:

Strutture ricettive (Allegato VIII)

Edifici scolastici (Allegato IX)

Automezzi in dotazione alla Provincia di Latina. (Allegato X)

Aziende noleggio automezzi (Allegato XI)

Aziende noleggio attrezzature utili in emergenza (Allegato XII)

Risorse umane e strumentali dei Vigili del Fuoco (Allegato XIII)

Risorse umane e strumentali del Corpo Forestale dello Stato (Allegato XIV)

Risorse umane e strumentali delle Associazioni di Volontariato (Allegato XV)

Risorse umane e strumentali del Comitato Provinciale della Croce Rossa Italiana (Allegato XVI)

Strutture Sanitarie (Allegato XVII)

Aviosuperfici e elisuperfici (Allegato XVIII)

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5.3) Le aree di emergenza

Le aree di emergenza sono individuate sull’intero territorio provinciale e, a riguardo, si è tenuto

conto delle indicazioni contenute nei piani di emergenza comunali, laddove questi sono stati

elaborati. Le aree di emergenza devono soddisfare alcuni requisiti minimi, contenuti nelle direttive

emanate dal Dipartimento della Protezione Civile.

Possiamo distinguere le seguenti tipologie di aree:

Aree di ammassamento

Aree di attesa

Aree di ricovero

- Aree di ammassamento dei soccorritori

Sono aree coperte o scoperte, preventivamente individuate, idonee all’accantonamento di mezzi e

del personale necessario alle attività di soccorso, nonché al loro attendamento.

Le aree di ammassamento hanno i seguenti requisiti di massima:

- dimensioni in grado di accogliere tendopoli da 500 persone (circa 6000 mq);

- vicinanza ad un’arteria di grande comunicazione per consentire il loro raggiungimento

anche da parte di mezzi di grosse dimensioni;

- disponibilità di collegamenti con le principali reti di servizi (acqua, energia elettrica);

- ubicazione in zone di sicurezza rispetto ai vari rischi e, possibilmente, non nelle

vicinanze di elettrodi, tralicci ecc..;

- posizione funzionalmente baricentrica rispetto al territorio provinciale.

Tali aree sono indicate in giallo sulla cartografia nella quale viene altresì indicato il percorso più

agevole per accedervi.

- Aree di attesa della popolazione

Sono aree coperte o scoperte di prima accoglienza, ubicate fuori dalle zone a rischio evacuazione,

idonee ad accogliere la popolazione evacuata che qui riceverà le prime informazioni sull’evento e i

primi generi di conforto in attesa dell’allestimento delle aree di ricovero. Devono consentire un

comodo accesso ai mezzi di trasporto e disporre di uno spazio idoneo all’atterraggio degli elicotteri.

Tali aree sono indicate in verde sulla cartografia nella quale viene altresì indicato il percorso più

agevole per accedervi.

- Aree di ricovero per la popolazione

Sono aree coperte o scoperte per la sistemazione degli insediamenti abitativi (tende, roulotte,

prefabbricati) presso le quali è possibile predisporre lavori di urbanizzazione primaria (acqua,

energia elettrica, fognature).

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Tali aree sono indicate in rosso sulla cartografia nella quale viene altresì indicato il percorso più

agevole per accedervi.

Fig. 38

5.4 La comunicazione in emergenza La comunicazione durante l’emergenza riveste un ruolo di particolare importanza in considerazione

del fatto che un evento calamitoso determina di per sé una situazione di incertezza e precarietà che

deve essere fronteggiata anche attraverso una efficace ed omogenea rete di contatti tra i soggetti

impegnati nelle operazioni di soccorso e la collettività interessata dal sinistro.

Creare un sistema di comunicazione unico, considerata la molteplicità degli operatori di protezione

civile attivi nella provincia, è abbastanza complesso. Tuttavia, poiché il Piano è uno strumento per

definizione dinamico, in prima battuta si vogliono individuare le caratteristiche comuni che un

corretto messaggio in fase di emergenza deve contenere, riservandosi di perfezionare il sistema di

comunicazione a livello provinciale rendendolo progressivamente più omogeneo ed efficace

mediante esercitazioni e confronti diretti con i diversi operatori pubblici e privati.

Molto utile, a riguardo, appare il risultato di uno studio commissionato all’Università del Colorado

dalla Federal Emergency Management Agency , che è l’organo federale che si occupa di

pianificazione e di gestione degli eventi di protezione civile.

Lo studio ha individuato cinque caratteristiche stilistiche che un corretto messaggio in fase di

emergenza deve possedere. In particolare si tratta di:

Simbologia del Metodo Augustus

- C.C.S. (Centro Coordinamento Soccorsi)

- C.O.M. (Centro Operativo Misto)

- Aree di ammassamento soccorritori

Oppure colore giallo

- Area di attesa della popolazione

Oppure colore verde

- Area di ricovero della popolazione

Oppure colore rosso

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SPECIFICITA’

Circa l’area interessata dall’evento Sul tipo di rischio Su cosa le persone dovrebbero fare Sulle misure protettive da adottare Sulla fonte del messaggio

COERENZA

Rispetto ai messaggi che precedono o che seguono la comunicazione.

CERTEZZA

Se vi è incertezza circa il verificarsi dell’evento, dichiararla nel messaggio, ma comunicare che si è deciso di agire come se lo stesso dovesse accadere. La certezza deve riguardare anche il tono con cui il messaggio è trasmesso.

CHIAREZZA

Le parole del messaggio devono essere chiare, semplici e comprensibili da parte della collettività.

ACCURATEZZA

Fornire con precisione tutte le informazioni necessarie per evitare il sospetto che qualcosa sia stato taciuto.

Un messaggio di allarme che sia conforme il più possibile ai criteri individuati è in grado di

garantire che la popolazione non cerchi informazioni da fonti diverse da quelle ufficiali e, di

conseguenza, non si verifichino, o comunque sia fortemente limitato, il numero di comportamenti

inattesi da parte delle persone coinvolte nell’evento.

Ecco dunque che una efficace comunicazione è in grado di garantire una corretta gestione

dell’emergenza.

5.4.1 Le strategie della comunicazione in emergenza

L’obiettivo della comunicazione, come accennato nel precedente paragrafo, è quello di ridurre al

massimo i comportamenti imprevedibili da parte della popolazione coinvolta nell’evento che

rappresentano uno dei principali problemi nella gestione delle prime fasi dell’emergenza.

Per tale ragione occorre codificare delle vere e proprie strategie di comunicazione che consentano di

rendere assolutamente credibili i c.d. “comunicati ufficiali” e, soprattutto, di avere il controllo

mediatico della crisi, impedendo il diffondersi di “Voci” (o rumors) allarmistiche, spesso fuorvianti

e inattendibili.

La funzione di supporto n.3 (Mass – media e Informazione) prevede quale referente il Portavoce

del Presidente della Provincia di Latina. Quest’ultimo avrà il compito di fornire le informazioni ai

media , utilizzando diversi canali: radio, giornali, siti web, tv locali.

A tal fine il presente Piano contiene, nell’Allegato XIX, l’elenco dei referenti dei media locali (fax,

e-.mail, telefono) ai quali viene data l’informazione.

E’ auspicabile la creazione, in fase di normalità, di un team operativo coordinato dal referente

della Funzione di supporto n.3 che si occupi di gestire tutte le problematiche relative alla

comunicazione, attraverso la pianificazione degli incontri con i media, l’aggiornamento in tempo

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reale del sito web della Provincia di Latina sull’evoluzione della crisi, l’attivazione di un numero

verde e gestione di un call center presso la Sala Operativa.

5.4.2 Frequenze radio autorizzate

Il sistema di comunicazioni realizzato mediante trasmissioni radio ha trovato una importante

regolamentazione nel Protocollo d’Intesa stipulato il 26.10.2002 tra il Ministero delle

Comunicazioni e il Dipartimento della Protezione Civile che ha previsto la concessione di

frequenze radio ai soggetti impegnati in attività di emergenza.

II Protocollo prevede:

Soggetto autorizzato Coppie di Frequenze autorizzate

Dipartimento della P.C. (uso diretto ed esclusivo ) 159,6375 – 164, 2375 MHz 159, 7000 – 164,3000 MHz 159,7750 – 164,3750 MHz 159,9250 – 164,5250 MHz Le UHF sono: 450,000 – 460,4000 MHz 450,7000 – 460, 7000 MHz 450,7375 – 460,7375 MHz 459,2750 – 469,2750 MHz

Reti regionali, provinciali, interprovinciali o per aree omogenee

159,6250 – 164,2250 MHz 159,6500 – 164,2500 MHz 159,6875 – 164,2875 MHz 159,7500 – 164,3500 MHz 159,7625 – 164,3625 MHz 159,8000 – 164,4000 MHz 159,8250 – 164,4250 MHz 159,9125 – 164,5125 MHz 159,3750 – 163,9750 MHz 159,4250 – 164,0250 MHz 159,5000 – 164,1000 MHz 159,5250 – 164,1250 MHz 159,5375 – 164,1375 MHz 159,5500 – 164,1500 MHz 159,5625 – 164,1625 MHz 159,7875 - 164,3875 MHz

Tab. 37

5.4.3 Sistema delle radiocomunicazioni di soccorso nella Provincia di Latina

Come anticipato in precedenza, creare un sistema di comunicazione unico tra i vari soggetti

impegnati nelle operazioni di soccorso, considerata la molteplicità degli enti soccorritori (anche

militari), è cosa sempre abbastanza complessa.

Allo stato attuale il compito di coordinare gli interventi di protezione civile nelle cinque province

laziali se lo è assunto la Regione Lazio attraverso la Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP),

che riunisce VF, CFS e volontari.

Per meglio comprendere la problematica si tenterà di fornire alcune cognizioni tecniche che

aiuteranno a fare un po’ di chiarezza sul tema. Tecnicamente le comunicazioni radio possono essere

effettuate in linea diretta su una sola frequenza (detta anche simplex) con una portata che non

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supera di solito i di 2-3 Km, o tramite ripetitori che essendo allocati di solito in posizioni molto

elevate consentono di percorrere distanze molto superiori, dell’ordine di qualche decina di

chilometri.

Questo ultimo sistema necessita dell’utilizzo di due frequenze radio (sistema duplex), una per

accedere al ripetitore e l’altra per il segnale di ritorno.

La Provincia di Latina in condivisione con la Provincia di Frosinone, è collegata alla SOUP tramite

una propaggine della Rete Radio Regionale, sistema di ripetitori radio che opera sulle frequenze di

159,5250 – 164,1250 MHz (canale 4 - volontari) e dalla coppia di frequenze 159,7625 – 164,3625

MHz (canale 3 - Enti Istituzionali, perfettamente funzionante ma che negli ultimi tre anni non è mai

stato utilizzato).

Questi ripetitori sono situati sul Monte Trevi in Comune di Sezze (LT) e sul Monte S. Croce in

Comune di Roccamonfina (CE). Postazioni abbastanza buone ma non particolarmente interessanti

in quanto di limitata elevazione e in posizione decentrata. A causa della particolare configurazione

orografica della nostra Provincia, esistono molti siti che non sono a portata ottica con queste due

alture, e con le quali è impossibile comunicare via radio.

Ne risulta che la Rete Radio Regionale è piena di zone d’ombra, e appare assolutamente inadeguata

a soddisfare le esigenze della provincia, garantendo una copertura del 50-60 % del territorio.

Occorre comunque convenire che la rete radio perfetta non esiste, e che problemi di collegamento

sono costantemente presenti anche nelle più sofisticate reti telefoniche cellulari.

Volendo dotare il territorio provinciale di una propria rete radio autonoma si potrebbero adottare le

seguenti soluzioni:

Soluzione 1:

Accertato che quasi tutte le associazioni di volontariato della provincia possiedono un loro sistema

di comunicazione, quasi sempre in VHF con relativi ripetitori, e che questi sono tutti accessibili da

una buona stazione base, la soluzione più economica e di immediata applicazione sarebbe quella di

utilizzare tali frequenze e ripetitori, accedendovi da una centrale multifrequenza dotata di tanti

apparati quanti sono i gruppi (dalla città di Latina si possono agganciare tutti i ponti della zona

Nord, da Roccamassima a Terracina).

Per la zona Sud si dovrebbe prevedere la creazione di un’altra centrale multifrequenza per le

associazioni del sud. Le due centrali potrebbero coordinarsi fra loro via telefono o sul ponte radio

della Polizia Provinciale.

L’unico ostacolo a questa soluzione potrebbe essere costituito dalle resistenze dei concessionari per

motivi di privacy (ma con una piccola convenzione….) e dall’ottenimento delle varie autorizzazioni

ad operare su frequenze assegnate a singoli servizi. Anche se non dobbiamo dimenticare che le

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concessioni radio assegnate ai singoli gruppi di PC non sono da considerarsi ad uso privato ma per

scopi di pubblica utilità e infatti nessun canone viene corrisposto.

Per tale soluzione la Provincia, allo stato attuale, sarebbe già pronta ad operare, mancherebbe solo

l’individuazione di una sede per la Centrale Operativa e la installazione di poche apparecchiature

che in caso di emergenza potrebbero anche essere fornite da alcune associazioni specializzate in

materia.

Soluzione 2:

Questa soluzione prevede la installazione di due nuovi ponti ripetitori: sul Monte Circeo e sul

Monte Petrella, che sono i siti storicamente individuati come i più adatti allo scopo, (utilizzati da

VF e CFS), su frequenze da ottenere eventualmente dal Dipartimento della PC. Sarà necessaria

anche la distribuzione di almeno un apparato radio VHF su frequenza provinciale ad ogni

associazione attiva, (questo non sarebbe necessario se si potessero memorizzare le nuove frequenze

su apparati di proprietà delle associazioni, la Regione Lazio lo consente). Secondo questa soluzione

sarebbe sufficiente una sola centrale operativa in quanto il Monte Petrella è raggiungibile da una

buona stazione base situata a Latina.

Questa configurazione è quella in uso al Corpo Forestale dello Stato, e consente una copertura di

circa l’80 % del territorio provinciale.

Altra soluzione, molto più complessa (e anche molto delicata) potrebbe far riferimento alla rete

radio in uso al Corpo del Vigili del Fuoco, che dispone di un canale provinciale rilanciato e

replicato da almeno sei ripetitori. Tale sistema potrebbe garantire una copertura radio di circa il

95% del territorio ma richiederebbe un gran numero di apparecchiature tutte interconnesse fra di

loro, e come avviene nei meccanismi complessi, soggette a continue avarie, con costi di

installazione e manutenzione molto elevati.

Soluzione 3:

Questa ipotesi prevede la concessione all’uso in esclusiva, da parte della Regione Lazio, di uno dei

suoi quattro canali radio (ad esempio il canale inutilizzato N. 3, ora riservato agli Enti istituzionali, i

quali per motivi di riservatezza solitamente nell’emergenza preferiscono utilizzare canali più

sofisticati e sicuri (satellitari o altro). In questo modo i volontari non avrebbero alcuna necessità di

altre apparecchiature in quanto potrebbero utilizzare tutte le radio regionali già in loro dotazione.

Una ulteriore soluzione adottata in passato, ma ora poco percorribile, consiste nell’impiego delle

frequenze radioamatoriali e relativi ripetitori. La soluzione al momento non é praticabile a causa

della poca disponibilità di volontari in possesso di licenza di radioamatore, i quali invece potrebbero

essere impiegati in modo molto più conveniente ed efficace in caso di collegamenti per calamità di

livello nazionale o internazionale.

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Durante ogni intervento di emergenza è necessario scambiarsi una grande mole di informazioni,

alcune di queste molto importanti e altre meno, le così definite “comunicazioni di servizio”. E’

regola generale che sulla rete unificata di primo livello, costituita dai ripetitori appena descritti, per

non intasare il canale e togliere concentrazione ai coordinatori, si effettui principalmente traffico di

coordinamento, ogni altra comunicazione, se possibile, dovrà essere effettuata su canali diversi.

A questo riguardo poiché l’esigenza di effettuare comunicazioni di servizio si presenta

principalmente in occasione di operazioni congiunte fra gruppi o Enti diversi, ma in aree di solito

ben circoscritte, con distanze relativamente brevi, in questi casi sono possibili anzi è consigliato a

tutti gli addetti al medesimo intervento di effettuare collegamenti su frequenze “simplex”, sia in

gamma VHF, solitamente l’uscita di qualche ripetitore, o meglio ancora con apparati in gamma

UHF del tipo PMR/LPD, (ad esempio il canale 12.23) già disponibili presso l’Ente provinciale.

Tali apparati anche se non offrono prestazioni molto elevate, sono assolutamente da apprezzare in

quanto economici e di libero utilizzo e quindi espandibili e condivisibili con altri Enti (anche

ufficiali) senza incorrere in alcuna sanzione.

Questi canali simplex andranno a costituire la rete unificata di secondo livello mentre i capigruppo

dovranno mantenere i contatti con la centrale mediante un secondo apparato, sintonizzato sulla rete

di primo livello, (soluzione 1 o 2 ).

Come si potrà notare, se si vorrà sfruttare tutta la tecnologia disponibile, sui luoghi di interventi

complessi e soprattutto nelle Sale Operative non è sufficiente che siano presenti coordinatori bravi,

è indispensabile che essi abbiano una specifica preparazione nel campo delle telecomunicazioni per

potere gestire e orientare il traffico radio nei modi e sui canali più opportuni. A questo scopo si

potranno istituire appositi corsi di addestramento.

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Fig. 39

Fig. 40

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CAPITOLO 6

MODELLI DI INTERVENTO 7.1) Definizione Il modello di intervento rappresenta la risposta che i vari organismi di protezione civile sono

chiamati a dare rispetto allo scenario di evento imminente o che si sia già verificato sul territorio.

Il modello di intervento si articola in una serie di azioni operative e si distingue a seconda della

tipologia di rischio che concretamente è in essere.

In particolare occorre distinguere tra “rischi prevedibili” (alluvioni, frane, eventi meteorologici ..) e

“rischi non prevedibili” per i quali non è prevedibile in anticipo il loro verificarsi (terremoti,

incidenti industriali …).

a) Rischi prevedibili. Nella macrocategoria degli eventi con preannuncio, è possibile

individuare nel modello di intervento le diverse fasi di attenzione, preallarme e allarme.

L’inizio di ciascuna fase e la sua evoluzione, vengono stabilite dalla Struttura Regionale di

Protezione Civile sulla base delle informazioni che vengono trasmesse dai soggetti incaricati

di monitorare e vigilare sul territorio.

b) Rischi non prevedibili . Per questa tipologia di rischi, non è riscontrabile un “precursore

dell’evento” (ad es. uno stato meteorologico avverso), pertanto, in tale ipotesi, devono

immediatamente attivarsi le azioni previste nella fase di allarme e di emergenza.

In linea generale si può dire che il sistema di protezione civile italiano è ispirato al principio

della “sussidiarietà” in forza del quale all’evento calamitoso deve far fronte in primo luogo il

Comune con le proprie strutture .

Nel caso in cui l’emergenza non sia fronteggiabile con i mezzi a disposizione dell’ente locale, il

Sindaco chiede l’intervento del Prefetto che adotta i provvedimenti di competenza.

Il Prefetto nell’esercizio delle sue funzioni si avvale prevalentemente di tre strutture:

- C.C.S. (Centro Coordinamento Soccorsi)

- Sala Operativa

- C.O.M. ( Centro Operativo Misto)

Se si verificano disastri naturali, catastrofi o eventi che per intensità o estensione debbano essere

fronteggiati con mezzi e poteri straordinari (eventi lettera c), comma 1 art. 2 L. 225/92, il

Prefetto o il Presidente della Giunta Regionale richiedono alla Presidenza del Consiglio dei

Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi dell’art. 5 L. 225/92. In questo caso

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la direzione degli interventi può essere assunta direttamente dal Dipartimento di Protezione

Civile che dovrà coordinarsi con il Prefetto.

I MODELLI DI INTERVENTO IN FASE DI EMERGENZA

Fase di normalità (normale attività di prevenzione)

Rischi prevedibili Rischi non prevedibili

Fase di: Fase di:

Tab. 38: Fasi dell’evento

7.2) Il Sistema di allertamento. I Centri Funzionali

La descrizione del sistema di allertamento non può che prendere l’avvio dalla Direttiva del

Presidente del Consiglio dei Ministri 27.02.04 recante gli “Indirizzi operativi per la gestione

organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio

idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile”. A livello nazionale il sistema di

allertamento viene gestito dal Dipartimento della Protezione Civile e dalle Regioni attraverso la

rete dei Centri Funzionali. Presso il Dipartimento della Protezione Civile è istituito il Centro

Funzionale Centrale (CFC), mentre, presso le Regioni operano i Centri Funzionali Decentrati (

CFR).Coerentemente a quanto previsto nella Direttiva, il Centro Funzionale della Regione Lazio è

chiamato a svolgere, essenzialmente, tre tipi di attività: previsione, monitoraggio e sorveglianza, in

tempo reale degli eventi e valutazione dei conseguenti effetti sul territorio.

Il Centro ha altresì la competenza ad emanare i seguenti documenti informativi: Avvisi di Criticità

e Bollettini che hanno lo scopo di riportare e diffondere in maniera sintetica le informazioni

relative agli eventi previsti e/o in corso. Gli avvisi di criticità si distinguono in:

Avviso meteo regionale Avviso di criticità idrogeologica ed idraulica

L'avviso meteo regionale viene emesso ogni giorno (compresa la domenica) entro le ore 14:00 sulla

base delle previsioni meteorologiche dei vari modelli disponibili. L’avviso di Criticità

idrogeologica ed idraulica contiene l'allerta per le diverse zone in cui è divisa la regione in base alle

allarme

preallarme

emergenza

attenzione emergenza

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categorie meteoidrologiche presenti ed alla previsione dei possibili effetti al suolo. L'avviso di

criticità idrogeologica ed idraulica contiene delle informazioni sui previsti effetti al suolo in

relazione al confronto tra i valori di precipitazione previsti e le soglie pluviometriche fissate.

I livelli di soglia prefissati prevedono tre gradi di criticità:

ORDINARIA MODERATA ELEVATA

I dati di interesse per l'attività del Centro Funzionale sono legati a condizioni meteorologiche

avverse incidenti su condizioni di rischio idrogeologico.

Essi sono:

meteorologici (temperatura dell'aria, umidità, pressione atmosferica, vento, etc.);

idrometrici (altezza del livello idrico dei corsi d'acqua, portate defluenti);

pluviometrici (intensità di pioggia oraria, pioggia cumulata).

L'osservazione di tali dati da parte dei funzionari di turno presso la Sala Operativa del Centro

Funzionale, integrata dalle previsioni disponibili, consente di effettuare il preannuncio di una

situazione di rischio. Compito del Centro Funzionale è quello di far confluire, concentrare ed

integrare tra loro tali dati così da fornire un servizio continuativo per tutti i giorni dell'anno e, se

necessario, su tutto l'arco delle 24 ore giornaliere che sia di supporto alle decisioni delle autorità

competenti per le allerte e per la gestione dell'emergenza, nonché assolva alle necessità operative

dei sistemi di Protezione Civile.

Ai fini delle attività di previsione e prevenzione, il Centro Funzionale Regionale ha

suddiviso i bacini idrografici di propria competenza in ambiti territoriali significativamente

omogenei per l'atteso manifestarsi nel tempo reale della tipologia e della severità degli

eventi meteoidrologici intensi e dei relativi effetti.

Tali ambiti territoriali sono denominati Zone di allerta (Direttiva del Presidente del

Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004).

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Bacini Costieri Sud

Bacino del Liri Aniene Roma

Appennino di Rieti Bacini Medio Tevere

Fig. 41 (i dati sono stati ricavati dal sito dell’Ufficio Idrografico e Mareografico di Roma)

Il Centro Funzionale assicura il raccordo tra tutte le sale operative regionali e/o provinciali, nonché

con ogni altra struttura preposta alla sintesi di tutte le informazioni necessarie all'attività decisionale

ed operativa ai fini di protezione civile. La rete dei Centri Funzionali è costituita dai Centri

Funzionali regionali e da un CF centrale presso il Dipartimento della protezione civile (DPC).

La Sala Operativa del Centro Funzionale della Regione Lazio risponde al numero verde 800.276570 e al Fax 06.44702876

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Livelli di criticità che vengono comunicati alla Provincia e alla Prefettura –UTG che comportano l’attivazione delle

Fasi del Piano di Emergenza

F a s i d i a t t i v a z i o n e c h e c o m p o r t a n o l a m e s s a i n a t t o d i a z i o n i d i p r e v e n z i o n e e g e s t i o n e d e l l ’ e m e r g e n z a p r e v i s t e n e l P i a n o

Centra l e (Dipartimento Protezione Civile) Decentra t i (Regioni)

PREVISIONE ,

MONITORAGGIO e SORVEGLIANZA

PREVISIONE e/o VALUTAZIONE di SCENARI su

Anche in base a SUPERAMENTI di SOGLIE COMPLESSE

RETE dei CENTRI FUNZIONALI

MODERATA CRITICITA’

ELEVATA CRITICITA’

Fase di AAALLLLLLEEERRRTTTAAA

Fase di AAATTTTTTEEENNNZZZIIIOOONNNEEE

Fase di PPPRRREEEAAALLLLLLAAARRRMMMEEE

Fase di AAALLLLLLAAARRRMMMEEE

Zone in cui gli eventi indiretti e gli effetti al suolo

conseguenti al manifestarsi dei diversi fenomeni meteorologici

sono omogenei e simili.

Informazioni da pres id i t err i tor ia l i

S u p e r a m e n t o s o g l i e d i s i s t e m i d i a l l e r t a m e n t o l o c a l e

ORDINARIA CRITICITA’

I li

vell

i di

cri

tici

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dono

a s

cena

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di

Pro

tezi

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Civ

ile

ZONE di ALLERTA

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A) Attività in condizioni di normalità

Analisi degli scenari di rischio conosciuti e/o aggiornamento degli stessi;

Controllo programmato delle aree interessate ( monitoraggio canali, controllo reti paramassi, pulizia

cigli stradali…);

Pianificazione degli interventi di prevenzione;

Aggiornamento e/o creazione ex novo di banche dati inerenti risorse umane e strumentali;

Georeferenziazione e creazione di cartografia tematica inerente i dati acquisiti;

Predisposizione e/o aggiornamento di piani per la viabilità di emergenza e radiocomunicazioni;

Acquisizione e vaglio dei singoli Piani di emergenza elaborati dai Comuni;

Promozione di iniziative per l’informazione alla popolazione;

Organizzazione di corsi di formazione e addestramento ( AIB, rischio idrogeologico e idraulico,

primo soccorso, radio comunicazioni);

Organizzazione e coordinamento di esercitazioni.

B) Fase di attenzione

A seguito di avvisi di pericolosità ( alta o moderata a seconda del tipo di evento in corso o in

evoluzione ad es. incendio boschivo o rischio idrogeologico ) a causa della rapida evoluzione degli

eventi in atto o al superamento dei livelli di guardia presso le località monitorate, si procede alla

attivazione del presidio operativo cui partecipano i responsabili delle funzioni tecnica e

pianificazione

C) Fase di preallarme

La fase di preallarme è ipotizzabile solo con riferimento ai rischi prevedibili ( rischio

meteorologico, rischio idrogeologico) e si concretizza allorché le particolari condizioni climatiche o

determinati fattori ambientali inducono a ritenere che l’evento potrà verificarsi.

D) Fase di allarme

L’allarme è preceduto, limitatamente ai rischi prevedibili, dalla fase di preallarme.

In tale fase la struttura organizzativa della Protezione Civile è stata già allertata ed è pronta ad

intervenire, nell’ipotesi in cui l’evento volga al peggio.

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E) Fase di emergenza.

Al momento in cui si verifica l’evento (con o senza preannuncio) si passa alla fase di gestione

dell’emergenza . In questa fase vengono date le immediate disposizioni per assicurare alla

popolazione colpita dall’evento ogni forma di primo soccorso.

7.3) Modello di intervento per il rischio idrogeologico

Il rischio idrogeologico comprende gli eventi collegati al movimento incontrollato di masse d’acqua

sul territorio che possono determinare due categorie di fenomeni: l’instabilità dei versanti montuosi,

con relative frane, ovvero l’esondazione dei bacini idrografici ( piene, alluvioni).

Il rischio idrogeologico è, in linea di massima prevedibile e, pertanto, per esso sono configurabili le

tre fasi di allerta: attenzione, preallarme e allarme. Inoltre è il rischio che presenta maggiori

difficoltà relativamente alla organizzazione degli interventi di protezione civile. Per tali ragioni, nel

presente Piano è stato preso come esempio di “modello di intervento” e sullo stesso è stata

elaborata una tipologia di cartografia operativa in scala 1:20.000 realizzata in via sperimentale per

l’area della Valle dell’Amaseno (Tavola S1 – Scenario rischio idrogeologico Valle dell’Amaseno)

(Fig. 39). In tale area sono state individuate 24 zone a rischio, contraddistinte da un codice

progressivo ( Am 01 / Am 24 ) e per ciascuna di esse, oltre alla indicazione del rischio presente

(area esondazione, caduta massi ecc..), sono stati elencati gli elementi esposti, i soggetti

potenzialmente coinvolti, le attività di prevenzione e le azioni di intervento differenziate per

ciascuna delle fasi dell’emergenza precedentemente descritte, da compiersi ad opera dei diversi

soggetti istituzionalmente competenti (All. XX).

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Fig. 42

Da tale metodologia di analisi, estesa a tutto il territorio provinciale, sarà possibile derivare un

piano di monitoraggio (fase di prevenzione) che permetterà di verificare, in via preventiva, la

funzionalità delle opere di regimazione idraulica (vasche di laminazione, attraversamenti stradali,

ecc..) o di difesa da frane (quali le reti paramassi molto diffuse sul territorio provinciale) attraverso

sopralluoghi periodici dei siti individuati.

aree di maggiore criticità

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Fig. 43

La fase di Attenzione si determina in presenza dell’emissione di un avviso di condizioni

meteorologiche avverse da parte del Dipartimento di Protezione Civile, del C.O.A.U. (Centro

Operativo Aereo Unificato), Veglia Meteo, ovvero da parte del Centro Funzionale della Regione

Lazio

Istituzioni Attori Azioni

Protezione Civile Regionale

Funzionario P.C. Regione Lazio

Comunicazione fase di ATTENZIONE a: - Prefettura di Latina - Provincia di Latina - Dipartimento della P.C. - Consorzi di Bonifica - Direzione Regionale dei VV.F - Coordinatore Regionale del C.F.S. - Servizi Tecnici di Bacino - Arpa

Controllo costante e valutazione dei dati trasmessi dal Centro Funzionale

Comunicazione fine della fase di attenzione

azionesoggetto attuatore

Am01 caduta massi area Sardellane su sr M.ti Lepini

Am02 contrada Ceriara, rischio inondazione

verifica periodica dello stato del canale Allacciante Javone e dello scolmatore di piena

Am03area a rischio esondazione di Colle Rotondo, presenza di una vasca di espansione

verifica periodica della vasca di espansione

Am04 Ponte della Crocetta

verifica periodica dell'eventuale intasamento della luce del ponte

Am05 area a rischio idraulico loc. Casa del principe

verifica periodica dei tombinamenti per gli attraversamenti stradali

Am06 area a rischio idraulico Antica Privernum

verifica periodica dei tombinamenti per gli attraversamenti stradali

Am07sottopasso strada di accesso Roccasecca, rischio esondazione

Am08 strada di accesso secondaria Roccasecca

Cod Descrizione

prevenzione

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Ricevuta la comunicazione dalla Regione informa: - Provincia di Latina - I Sindaci dei Comuni interessati - Le Comunità Montane - Servizi Tecnici di Bacino - Consorzi di Bonifica - Comando Prov.le dei VV.F. - Questura - Comando Sez. Polizia Stradale - Comando Prov.le dei Carabinieri - Comando Prov.le Guardia di Finanza - Coordinam. Prov.le del C.F.S. - Azienda AUSL di Latina - Enti erogatori di servizi pubblici (Enel, Snam, Telecom..).

Prefettura Funzionario

Prefettura

Mantiene contatti con la Regione Lazio

Provincia Dirigente Servizio P.C.

- Verifica la reperibilità dei propri servizi di P.C. e del Dirigente Settore Viabilità. - Informa i referenti delle Ass.di Volontariato

Comune Sindaco -Verifica la reperibilità dei propri servizi di P.C. - Allerta gli Uffici Tecnici del Comune e della Polizia Municipale - Pone in essere le misure previste nel piano comunale di emergenza

Comunità Montana Presidente Comunità

- Allerta i propri tecnici - Comunica le proprie informazioni sulla situazione del territorio alla Regione e all’Autorità di Bacino competente.

Comando Prov.le VV.F Comandante dei VV.F

- Allerta tutti i Distaccamenti

Questura Questore - Allerta le proprie strutture operative

Comando Prov.le Carabinieri Comandante - Allerta le proprie strutture operative

Comando Prov.le G.d.F Comandante - Allerta le proprie strutture operative

Comando Polizia Stradale Comandante - Allerta le proprie strutture operative

Coordinamento Prov.le C.F.S. Comandante - Allerta tutti i Comandi stazione

Capitanerie di Porto Comandante - Informa le proprie strutture operative

AUSL – Unità Operativa 118 Direttore - Informa le proprie strutture operative

ARPA Sez. Prov.le Direttore - Informa i propri distretti territoriali

C.R.I. - Informa le proprie strutture operative

Enti erogatori di servizi essenziali

- Informa le proprie strutture operative

FASE DI

ATTENZIONE

ANAS - Allerta le proprie strutture per la vigilanza delle reti stradali

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La soglia in presenza della quale si raggiunge il livello di preallarme è data dal rilevamento presso

determinate stazioni di monitoraggio del bacino fluviale di altezze idrometriche maggiori o uguali a

quelle prefissate soglie di preallarme.

Istituzioni Attori Azioni

Protezione Civile Regionale

Funzionario P.C. Regione Lazio

-Comunicazione fase di PREALLARME a tutti i soggetti cui è stata comunicato l’inizio della fase di attenzione - Tiene costantemente informati gli enti sull’evolversi della situazione meteorologica, pluviometrica e idrometrica

Prefettura Prefetto

- Convoca il CCS nelle funzioni che ritiene necessarie. - Comunica ai soggetti cui è stata comunicata la fase di attenzione, l’inizio o la fine della fase di PREALLARME - Valuta l’opportunità di attivare i COM - Valuta l’opportunità di attivare i COC - Insieme alla Provincia, i COM e i COC allerta le strutture operative al fine di attivare i piani di emergenza provinciale e comunali - Comunica l’eventuale fine della fase di preallarme

Provincia Dirigente Servizio P.C.

- Interviene nel CCS c/o Prefettura - Allerta le Associazioni di Volontariato - Allerta il Settore Viabilità della Provincia per la vigilanza della rete stradale

Comune Sindaco

-Ricevuta la comunicazione dalla Prefettura della fase di preallarme, valuta se attivare il COC. - Attiva le procedure previste nel piano Comunale di emergenza. - mantiene contatti costanti con la Prefettura. -

Comunità montana Presidente

- Collabora all’attività di presidio territoriale - Confluisce nel COM - Trasmette con continuità informazioni alla Regione, alla Prefettura e all’Autorità di Bacino

Comando Prov.le VV.F Comandante dei VV.F

- Confluisce nel CCS - Predispone le operazioni per l’attivazione delle proprie strutture operative

FASE

PREALLARME

Consorzi di Bonifica Presidente - Attiva il servizio h24 (se non è

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già attivo) - Un rappresentante del Consorzio confluisce nel CCS - Intensifica l’attività di monitoraggio delle zone a rischio - Formula precise proposte sulle operazioni tecniche da eseguire sugli invasi che insistono sui bacini di competenza in relazione allo stato dei fiumi - Comunica con continuità al CCS i dati relativi ai bacini di competenza

Questura Questore

- Il Questore o un delegato confluisce nel CCS - Predispone il personale per assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica

Comando Prov.le Carabinieri Comandante

- Il Comandante o un delegato confluisce nel CCS - Predispone il personale per assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica

Comando Prov.le G.d.F. Comandante - Il Comandante o un delegato confluisce nel CCS - Predispone il personale per assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica

Comando Polizia Stradale Comandante

- Il Comandante o un delegato confluisce nel CCS - Predispone il personale per assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica - Ottimizza il flusso lungo le vie di fuga e il funzionamento dei cancelli di accesso per i soccorritori

Coordinamento Prov.le C.F.S. Comandante - Confluisce nel CCS - Dispone che il proprio personale concorra al presidio e vigilanza dei tratti critici della rete fluviale

Capitaneria di Porto Comandante - Dispone la vigilanza sul tratto di costa interessato e riferisce al CCS

AUSL Direttore

- Confluisce nel CCS - Unitamente alla C.R.I. e al servizio 118 predispone il personale per garantire il soccorso sanitario urgente

C.R.I Presidente - Confluisce nel CCS - Unitamente alla A.U.S.L. e al servizio 118 predispone il personale per garantire il soccorso sanitario urgente

ARPA – Sez. Prov.le - Unitamente alla AUSL, Dipartimento di Igiene Pubblica, predispone il personale per il controllo e la tutela ambientale

Enti erogatori di servizi essenziali

- Predispongono il personale tecnico per assicurare continuità nei servizi essenziali - Riferiscono delle loro attività al CCS

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ANAS

- Predispone i servizi di vigilanza sulla rete stradale - Riferisce al CCS

ARI (Associazione radioamatori Italiana)

- Confluisce nel CCS

Associazioni Volontariato P.C. Presidenti

- Ricevuta la comunicazione del PREALLARME dalla Provincia, predispongono uomini e mezzi per l’intervento - coadiuvano i soggetti istituzionali impegnati nell’attività di presidio territoriale - Il rappresentante dei volontari eletto, confluisce nel CCS

La soglia che determina il raggiungimento del livello di allarme consiste nel rilevamento presso

determinate stazioni di monitoraggio del bacino fluviale di altezze idrometriche maggiori o uguali a

prefissate soglie di allarme.

Istituzioni Attori Azioni

Protezione Civile Regionale

Funzionario P.C. Regione Lazio

- Comunica l’inizio della fase di ALLARME a tutti i soggetti cui è stata comunicato l’inizio della fase di attenzione e preallarme - Tiene costantemente informati gli enti sull’evolversi della situazione meteorologica, pluviometrica e idrometrica - Adotta le misure di competenza regionale previste nel piano di emergenza - Mantiene contatti costanti con i COM e i COC - Comunica l’eventuale cessazione della fase di allarme - Attiva la procedura per la raccolta/segnalazione danni

Prefettura Prefetto

FASE

ALLARME

- Convoca il CCS nella sua composizione completa - Comunica ai soggetti cui è stata comunicata la fase di preallarme, l’inizio o la fine della fase di ALLARME - Attiva i COM - Verifica che i Sindaci abbiano attivato i COC - Assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale - Coordina l’attività delle Associazioni Volontariato - Attiva la Sala Operativa presso la Prefettura - Dispone la realizzazione di servizi straordinari di vigilanza da parte delle forze dell’ordine per fronteggiare l’emergenza

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- Adotta tutte le misure necessarie per garantire l’efficacia dei soccorsi e l’assistenza alla popolazione - Informa la Regione sull’evolversi dell’evento e chiede, se necessario, l’intervento di strutture regionali - Informa il Dipartimento di P.C., Il Presidente della Regione e il Dipartimento dei VV.F. sull’evoluzione della situazione

Provincia Dirigente Servizio P.C. e Dirigente Settore Viabilità

- Partecipano al CCS c/o Prefettura - Potenzia la vigilanza sulla rete stradale di competenza - Pone in essere gli interventi d’urgenza per il ripristino della viabilità provinciale - Partecipa all’attività di censimento dei danni

Comune Sindaco

- Ricevuta comunicazione. dalla Prefettura della fase di allarme, convoca il COC e/o il COM al completo - Invia la Polizia Municipale per il presidio e l’ottimizzazione delle vie di fuga - Allerta la popolazione con sistemi ottici, acustici, e a domicilio per i disabili, anche con l’utilizzo dei volontari - Dispone l’evacuazione della popolazione dalle aree a rischio - Invia i volontari nelle aree di attesa e ne verifica la funzionalità - Invia uomini e mezzi presso le aree di ricovero della popolazione e ne verifica la funzionalità - Mantiene contatti costanti con il CCS e la Regione.

Comunità montana Presidente

- Collabora con il Sindaco alla salvaguardia della popolazione - Partecipa all’attività del COM - Trasmette con continuità informazioni alla Regione, alla Prefettura e all’Autorità di Bacino - Concorre all’attività di censimento dei danni

Comando Prov.le VV.F Comandante dei VV.F

- Dispone l’intervento delle squadre sul territorio - Coordina e dirige le operazioni di soccorso delle strutture operative - Segnala al Prefetto eventuali situazioni di pericolo grave e imminente

FASE

ALLARME

Consorzi di Bonifica Presidente - Mantengono attivo il servizio h24 e aggiornano continuamente

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la Sala Operativa regionale e il CCS - Garantiscono il servizio di piena e l’attività di monitoraggio delle zone a rischio - Eseguono gli interventi urgenti sugli invasi che insistono sui bacini di competenza - Informano con continuità la Regione e il CCS sull’evoluzione del fenomeno relativamente ai bacini di competenza

Questura Questore

- Coordina il servizio di pubblica sicurezza tra le forze di polizia - Invia sul posto il personale per il mantenimento dell’ordine pubblico nella fase di primo soccorso - Invia un operatore Radio presso la Sala Operativa della Prefettura per il collegamento con le squadre in loco

Comando Prov.le Carabinieri Comandante

- Invia sul posto il personale per il mantenimento dell’ordine pubblico nella fase di primo soccorso - Invia un operatore Radio presso la Sala Operativa della Prefettura per il collegamento con le squadre in loco

Comando Prov.le G.d.F. Comandante -Invia sul posto il personale per il mantenimento dell’ordine pubblico nella fase di primo soccorso - Invia un operatore Radio presso la Sala Operativa della Prefettura per il collegamento con le squadre in loco

Comando Polizia Stradale Comandante

- Coordina il servizio di viabilità tra le forze di polizia - Invia sul posto il personale per regolamentare i flussi e deflussi di traffico dalle zone disastrate - Concorre con il Questore a garantire la pubblica sicurezza - Dispone il blocco del traffico per delimitare la zona colpita

Coordinam.Prov.le CFS Comandante - Dispone che i Comandi realizzino la vigilanza e i sopralluoghi in coordinamento con i Servizi Tecnici di Bacino - Invia un operatore radio presso la Sala Operativa della Prefettura

Capitaneria di Porto Comandante - Dispone la vigilanza sul tratto di costa interessato e riferisce al CCS

AUSL Direttore

FASE

ALLARME

- Dirige e coordina l’assistenza sanitaria e veterinaria - Invia il personale per il soccorso sanitario urgente con l’attivazione di Punti Medici

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Avanzati - Attiva le proprie procedure interne per il soccorso urgente

C.R.I Presidente - Unitamente alla A.U.S.L. e al servizio 118 concorre al servizio di soccorso sanitario urgente - Invia, se richiesto, ambulanza con personale di assistenza a copertura dell’emergenza - Invia un operatore radio presso la Sala Operativa della Prefettura per il collegamento con le squadre in loco

ARPA – Sez. Prov.le - Ha compiti di supporto tecnico specialistico per il controllo e la tutela ambientale

Enti erogatori di servizi essenziali

- Inviano in loco personale tecnico e squadre operaie per il ripristino delle linee e condutture - Riferiscono delle loro attività al CCS - La Telecom, di concerto con l’ARI predispone, se necessario, una rete di telecomunicazioni alternativa

ANAS

- I tecnici verificano lo stato delle sedi stradali, dei ponti, delle gallerie e compiono gli interventi urgenti - Ripristinano la viabilità o predispongono percorsi alternativi - Riferisce al CCS

ARI (Associazione radioamatori Italiana)

- Invia un proprio operatore presso la Sala Operativa della Prefettura -Verifica le radiocomunicazioni alternative

Associazioni Volontariato P.C. Presidenti

- Ricevuta la comunicazione di ALLARME dalla Provincia, garantiscono con uomini e mezzi il concorso nelle operazioni di intervento - Coadiuvano i soggetti istituzionali nell’assistenza alla popolazione

7.4) Modello di intervento per il rischio incendio boschivo e di interfaccia

L’incendio boschivo rappresenta un tipico esempio di rischio non prevedibile, essendo al più

possibile prevedere, sulla scorta delle statistiche e dei dati relativi agli anni precedenti, che

sussistono le condizioni più favorevoli al verificarsi dello stesso. Così, circostanze quali la

temperatura, i venti, la quantità di biomassa vegetale, possono rappresentare degli indicatori di

rischio e, pertanto, indurre ad una maggiore attenzione e sorveglianza del territorio.

E’ opportuno sottolineare che negli ultimi anni si registra, sia a livello nazionale che internazionale,

un preoccupante aumento del fenomeno degli incendi che minacciano non solo le zone boscate, ma

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anche realtà fortemente urbanizzate e su cui insistono varie infrastrutture: scuole, ospedali,

campeggi, civili abitazioni, edifici pubblici.

Si tratta dei c.d. incendi di interfaccia urbano rurali caratterizzati da una stretta interconnessione tra

le aree naturali boscate e le strutture antropiche che, per le loro caratteristiche, rendono spesso

complesso e difficoltoso l’intervento di protezione civile.

E’ possibile distinguere tre diversi tipi di incendio di interfaccia:

Interfaccia classica: in cui vi è interazione tra strutture antropiche ravvicinate tra loro e la

vegetazione ;

Interfaccia mista: in cui vi è la presenza di molte strutture isolate e sparse nell’ambito del

territorio ricoperto di vegetazione combustibile;

Interfaccia occlusa: in cui vi sono zone con vegetazione combustibile limitate e circondate

da strutture, prevalentemente urbane.

Quando si verifica un incendio boschivo, la Direzione delle Operazioni di Spegnimento è di

competenza del più alto in grado del Corpo Forestale presente sul luogo dell’incendio. Invece, in

presenza di un incendio di interfaccia, le operazioni di spegnimento dovranno essere coordinate dal

più alto in grado del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e dal più alto in grado del Corpo

Forestale dello Stato. Qualora su un incendio boschivo intervengano in prima istanza i Vigili del

Fuoco, il più alto in grado assumerà la Direzione delle Operazioni di spegnimento fino all’arrivo

delle Unità del Corpo Forestale dello Stato.

Nella pratica accade spesso che sul luogo dell’incendio intervengano , ad affiancare le Unità di

intervento dei Vigili del Fuoco e del C.F.S. , anche i Volontari di Protezione Civile. Questi ultimi,

nella Provincia di Latina, rappresentano un’importante risorsa, sia per l’attività di prevenzione che

si concreta nella sorveglianza e nel monitoraggio di determinate zone sensibili del territorio

provinciale, sia nella attività di spegnimento che consta di tutte quelle operazioni dirette

all’estinzione dell’incendio e alla bonifica dell’area percorsa dal fuoco.

I membri delle unità di intervento dei volontari devono possedere una serie di specifici e

documentati requisiti:

1) maggiore età;

2) idoneità fisica certificata ;

3) adeguata formazione (corsi A.I.B.);

4) non aver riportato condanne penali e non avere carichi pendenti per incendi dolosi.

Come anticipato all’inizio del presente capitolo, il rischio incendio boschivo non essendo

prevedibile, non permette le fasi di allertamento degli enti e delle istituzioni coinvolte negli

interventi di protezione civile. Per tale ragione occorre prevedere solo le risposte operative dirette

a fronteggiare l’emergenza allorché questa si verifichi .

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La segnalazione può essere inoltrata da chiunque.

Poiché ai sensi dell’art 11 della L.225/92, il Corpo Forestale dello Stato e il Corpo Nazionale dei

Vigili del Fuoco, costituiscono, fra gli altri, strutture operative del Servizio di Protezione Civile, la

segnalazione va inoltrata al Corpo Forestale dello Stato chiamando il numero 1515, al Corpo dei

Vigili del Fuoco chiamando il 115, ovvero la Sala Operativa Regionale chiamando il numero verde

803555.

Istituzioni Attori

Azioni

Regione Sala Operativa Unificata Permanente

Operatori Sala Operativa Unificata

- Riceve le segnalazioni al n. 803555

C.F.S. - Riceve le segnalazioni pervenute al 1515 - Verifica la attendibilità delle segnalazioni - Annota tutte le informazioni ricevute - Informa immediatamente i VV.F - Informa immediatamente la SOUP

VV.F., - Riceve la segnalazione pervenute al 115 - Verifica la attendibilità delle segnalazioni - Annota tutte le informazioni ricevute - Informa immediatamente il CFS - Informa immediatamente la SOUP

Corpo Agenti Provinciali

Agenti - Ricevono le segnalazioni ai numeri reperibili, preventivamente comunicati ai volontari convenzionati con la Provincia di Latina per l’avvistamento e ne danno comunicazione alla SOUP

A.R.I. - Riceve le segnalazioni da parte dei volontari dislocati nei diversi presidi territoriali

Ass. Volontariato Volontari - Segnalano al 1515 o al 115 gli incendi boschivi e forniscono tutte le informazioni possibili

Prefettura Responsabile sala operativa

- Viene messa in preallarme dalla SOUP qualora si preveda che l’incendio abbia proporzioni rilevanti

Comune Sindaco e dipendenti comunali

- Ricevono la segnalazione dell’incendio nel proprio Comune da CFS o SOUP o Volontari - Il Sindaco convoca le strutture comunali (es. Gruppo comunale di P.C.) e i volontari per coadiuvare le operazioni AIB

I Fase emergenza

(segnalazione)

Servizio 118 - Riceve la segnalazione e organizza l’eventuale intervento se richiesto

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Istituzioni Attori

Azioni

Regione Sala Operativa Unificata Permanente

Operatori Sala Operativa Unificata

- Valuta le segnalazioni pervenute al n.803555 - Decide se e dove inviare gli elicotteri della Regione per la ricognizione

C.F.S. - Valuta le segnalazioni pervenute al 1515 - Verifica che la segnalazione non sia un abbruciamento controllato

- Invia sul posto il proprio personale e chiede l’eventuale concorso dei VV.F - Coordina l’intervento delle squadre di volontari AIB

- Può richiedere alla Regione l’intervento degli elicotteri per la ricognizione

- Mantiene i contatti con la SOUP, con la Sala Operativa dei VV.F. e i volontari

VV.F., - Invia sul posto il proprio personale, se trattasi di incendio pericoloso per l’incolumità delle persone, edifici e infrastrutture ovvero su richiesta del CFS e/o della SOUP. - Mantiene i contatti con la SOUP, e i volontari

II Fase emergenza (intervento)

Ass. Volontariato Volontari - Intervengono sul posto, purchè in possesso di attestato AIB e di idonei dispositivi di sicurezza.

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Istituzioni Attori

Azioni

Regione Sala Operativa Unificata Permanente

Operatori Sala Operativa Unificata

- Decide le priorità degli interventi degli elicotteri della Regione per lo spegnimento - Mantiene i contatti con la sala operativa dei VV.F., con C.F.S., i Volontari

C.F.S. - Assume la Direzione delle operazioni di spegnimento dell’incendio ( qualora non si tratti di incendio pericoloso per l’incolumità delle persone, edifici e infrastrutture) - Valuta immediatamente la possibile evoluzione dell’incendio

- Coordina l’intervento a terra delle proprie Unità Operative

- Coordina l’intervento delle squadre a terra di volontari AIB

- In caso di intervento di mezzi aerei coordina l’attività di spegnimento posta in essere dagli stessi - Mantiene i contatti con la SOUP, con la Sala Operativa dei VV.F. e i volontari

- Può richiedere alla Regione l’intervento degli elicotteri per lo spegnimento

- Valuta se richiedere l’intervento di altre squadre a terra provenienti da altre province

- Richiede, se necessario, l’intervento del 118 Corpo VV.F.

- Qualora si tratti di incendio pericoloso per l’incolumità delle persone, edifici e infrastrutture e/o qualora intervenga preventivamente sul posto assume la Direzione delle operazioni di spegnimento dell’incendio. - La Sala Operativa Provinciale dei VV.F gestisce le comunicazioni con il Direttore dello spegnimento - Ha la responsabilità diretta per interventi di soccorso tecnico urgente a salvaguardia di persone e beni - Comunica continuamente al Direttore dello spegnimento la posizione delle squadre che devono mantenersi nelle postazioni loro assegnate da quest’ultimo. - Aggiorna la SOUP sull’evolversi dell’evento.

Ass. Volontariato Volontari - Se intervengono preventivamente ne danno immediata comunicazione alla SOUP. indicando il numero dei volontari impegnati ( che devono essere opportunamente formati ed in possesso di DPI), le risorse utilizzate e le caratteristiche dell’evento. - Comunicano continuamente al Direttore dello spegnimento la posizione delle squadre che devono mantenersi nelle postazioni loro assegnate da quest’ultimo.

III Fase emergenza

(spegnimento)

Servizio 118 - Invia sul luogo, se richiesto, mezzi e personale che opera sotto la direzione del Direttore dello spegnimento

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Al termine delle operazioni di bonifica il personale del CFS intervenuto sull’incendio di bosco è

chiamato per legge a svolgere una serie di adempimenti: descrizione dell’incendio e delle possibili

cause, rilevare gli ettari di bosco bruciati, il tipo di vegetazione coinvolta, il personale intervenuto, i

mezzi aerei coinvolti, oltre, naturalmente, alle attività di polizia giudiziaria.

Qualora il CFS non sia intervenuto, dovrà essere fornita allo stesso una dettagliata descrizione

dell’evento e tutti i dati relativi alle operazioni di spegnimento al fine di adempiere agli obblighi

previsti dalla normativa. Il CFS è altresì chiamato a fornire i dati statistici ufficiali dell’incendio.

Ai fini del rilevamento statistico viene utilizzato il “Foglio Notizie Incendi” che viene predisposto

dal Comando Stazione a cui appartiene il territorio interessato dall’evento.

Il Foglio Notizie Incendi contiene le seguenti informazioni:

data, ora inizio e spegnimento incendio;

località colpita e punto di innesco;

stima della superficie percorsa con distinzione tra superficie boscata e non;

identificazione delle specie bruciate e loro stato e cause dell’incendio;

tipo di intervento, numero e caratteristiche del personale intervenuto;

altre notizie sull’evento.

7.5) Modello di intervento per il rischio chimico industriale (Rinvio)

Il modello di intervento per le industrie soggette alle disposizioni di cui al D.Lgs. 17.08.1999 n.

334, è quello previsto dalle stesse nei rispettivi Piani di Emergenza Esterni a cui, pertanto, si

rimanda.

Detti Piani redatti da ciascuna azienda d’intesa con gli enti e le istituzioni a ciò preposti per legge,

sono stati acquisiti dalla Prefettura di Latina.

7.6) Verifica e aggiornamento del Piano Provinciale di Previsione e Prevenzione.

Il Piano Provinciale di Previsione e Prevenzione è un documento tarato su determinate situazioni

verosimili e, soprattutto, sulla base delle conoscenze scientifiche acquisite al momento della sua

redazione.

Esso ha riguardo agli elementi di rischio presenti sul territorio di riferimento, nonché alle risorse

umane e strumentali censite in un determinato momento storico.

In linea di principio è un documento operativo che non ha una durata predeterminata, ma che

necessariamente deve essere verificato, rivisto ed aggiornato.

Gli elementi fondamentali che rendono vivo ed efficace un qualunque piano di emergenza sono:

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- le esercitazioni

- l’aggiornamento periodico

Le esercitazioni mirano a verificare la capacità di risposta delle strutture operative coinvolte

nell’intervento di protezione civile e, in particolare, presenti nei diversi modelli d’intervento

previsti nel presente capitolo. In una parola le esercitazioni hanno lo scopo di testare l’efficacia del

Piano, di verificare eventuali incongruenze e di evidenziare i “punti deboli” della pianificazione.

L’aggiornamento periodico consente invece di gestire al meglio l’emergenza.

Il Piano è uno strumento per definizione dinamico e pertanto modificabile quando si acquisiscano

nuove conoscenze sulle caratteristiche del rischio che comportino diverse valutazioni degli scenari ,

quando si disponga di nuovi o più avanzati sistemi di monitoraggio o ancora quando siano

intervenuti cambiamenti significativi negli elementi costitutivi dello stesso.

In ogni caso si ritiene necessaria una validazione annuale del Piano in cui la Provincia verifichi

quali variazioni siano subentrate, ciò al fine di perfezionare nel tempo la qualità degli interventi di

protezione civile.

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