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Programma W.A. Mozart Sonata n.17 K.576 13’
I. Allegro II. Adagio III. Allegretto
L. van Beethoven Sonata n.15 op.28 22’ I. Allegro II. Andante III. Scherzo: Allegro vivace IV. Rondò: Allegro, ma non troppo
*** R. Schumann Novelletta op.21 n.8 12’ F. Chopin Barcarola op.60 8’ H. Dutilleux Choral et Variations (dalla Sonata) 9’
Guida all’ascolto Prima e ultima della serie delle sei Sonate commissionate dal re di Prussia Guglielmo II per la figlia Federica durante la visita del compositore alla corte prussiana (8 aprile – 4 giugno 1789), la Sonata n.17 K.576 fu composta dopo il ritorno a Vienna nel luglio dello stesso anno; essa costituisce l’ultima pagina compiuta destinata da Mozart al pianoforte. L’incipit dell’Allegro, con il suo ritmo cadenzato quasi di fanfara, ha valso alla composizione il soprannome de “La Caccia”, proprio perché ricorda il suono dei corni nell’invito venatorio. La sofisticata elaborazione dei motivi, mediante un ricorso frequente al contrappunto e al canone, è probabilmente un’espressione di omaggio a J. S. Bach, i cui luoghi M. aveva appena visitato durante la tappa a Lipsia del suo viaggio tedesco. L’Adagio ispirato in La maggiore ha una straordinaria somiglianza con il movimento lento della Sonata op.2 n.1 di Beethoven, sebbene la critica concordemente escluda che si possa trattare di una qualche forma di citazione. Il musicologo Alfred Einstein sostiene che M. “non pensò certo alle mani delicate della principessa prussiana allorché compose l’Allegretto della Sonata, brano di grande virtuosismo che coniuga la dolcezza delle sonorità pianistiche con la fine elaborazione di un Trio d’archi”. Composta nel 1801, la Sonata n. 15 op. 28 di Beethoven è conosciuta dal grande pubblico con l’appellativo di “Pastorale”. In realtà fu ribattezzata con tale nome solo nel 1838, molti anni dopo la morte del compositore, dall’editore amburghese Cranz (lo stesso che, non contento, diede alla
successiva Sonata op. 57 il titolo “Appassionata”). Cronologicamente la sonata segue le due precedenti dell’op. 27 (la n. 1 in Mi bemolle maggiore e la n. 2 in do diesis minore, “Chiaro di Luna”) in cui B. aveva spinto molto in là le sue sperimentazioni stilistiche e armoniche; con l’op. 28 si avverte l’impressione di una tregua emotiva, con atmosfere bucoliche e sognanti, pervase da un sentimento intimo che non si ritrova in nessuna delle altre sonate. La scrittura dell’Allegro è di stretta derivazione orchestrale, con l’ostinato del basso in apertura del brano che rimanda al timbro dei timpani (nelle sue celebri lectures alla Wingmore Hall dedicate alle Sonate di Beethoven, Andras Schiff paragona questo incipit a quello del Concerto per violino, anch’esso in Re maggiore). Più che l’architettura formale, a colpire sono le strutture armoniche, caratterizzate da singolari modulazioni ai toni lontani, e la tessitura, le cui figurazioni ritmiche e accompagnamenti anticipano modalità di scrittura schubertiane. Il secondo movimento, Andante, fu fra le pagine più amate ed eseguite dall’autore, che era solito suonarlo come brano isolato. Anch’esso ricco di suggestioni extra-‐pianistiche, si apre con un tema austero e severo alla mano destra, accompagnato da un basso albertino staccato alla sinistra che richiama i pizzicati del violoncello; la sezione centrale, dove B. combina il ritmo di siciliana degli accordi con un disegno svolazzante della mano destra – quasi un solo di flauto – è seguita dalla riesposizione del tema, questa volta variato ad ogni ritornello, e da una coda più cupa che fonde gli elementi delle varie sezioni declinandoli nella tonalità dell’inizio. Singolare lo Scherzo, breve e arguto, costituito su tre note che sembrano l’abbozzo di un valzer; e al pari il Trio, nel quale il motivo di un ipotetico oboe viene riproposto per
ben sei volte trasfigurato a ogni giro da ingegnose manipolazioni armoniche. La Sonata si chiude con un Rondò di straordinaria ispirazione – il movimento che più degli altri ha fatto guadagnare alla Sonata l’abusato appellativo di “Pastorale” : sia il primo tema (simile a una melodia di oboe su pedale di cornamusa) che il secondo (un’idea che richiama lo spirito della danza popolare) concorrono a creare il clima agreste di un idillio immaginario; la terza idea, invece, muove da un fugato nel pianissimo, che a poco a poco si infiamma dando vita a quell’episodio felicemente descritto da Badura Skoda come un “piccolo temporale”, prima di concludere con un curioso effetto carillon.
Le otto Novelletten op.21 furono composte da Schumann durante il 1838, ossia nel momento più duro della separazione da Clara Wieck, con il futuro suocero che interveniva pesantemente nella relazione giungendo perfino a intercettare la corrispondenza fra i due: la musica divenne allora il mezzo di contatto fra gli amanti, il terreno in cui S. avrebbe potuto seminare inosservato messaggi in codice per Clara. Così Robert in una lettera del febbraio di quell’anno:
“In queste ultime tre settimane ho composto una quantità spaventosa di musica, di scherzi, di storie di Egmont, di scene di famiglia con genitori, un matrimonio: insomma, come vedi, tutte le cose più desiderabili! Ho chiamato il tutto Novelletten perché il tuo nome è Clara come quello della Novello, e perché Wiecketten purtroppo non suonava così bene!”.
La Novello era una bellissima cantante che andava per la
maggiore nei teatri di Lipsia in quel periodo e Schumann avrà magari inteso suscitare la gelosia dell’amata con questo gioco di rimandi; mentre il riferimento a Egmont rinvia alla sua tragica lotta per l’amata Klärchen, anch’ella omonima della Wieck. L’intera opera è intessuta di riferimenti biografici: Edler definisce questi pezzi delle lettere musicali all’amata, scritti allo scopo di intrattenerla, lasciando trapelare la sofferenza solo da lontano. E appunto l’ottava Novelletta contiene uno di questi ricordi: nel mezzo dell’atmosfera ingenua del secondo Trio, compare una frase poetica e malinconica – Stimme aus der Ferne (Voce da lontano), recita la didascalia. Il passo è in realtà una citazione da una melodia di Clara ben conosciuta da S. e tratta dal Notturno inserito nelle Soirées Musicales op. 6 della Wieck. L’apparizione della melodia porta con sé un emozionante miscuglio di nostalgia, amore, speranza frustrata, e a buon diritto può essere considerata rappresentativa di quel sentimento tipicamente romantico detto Sehnsucht. La Barcarola op. 60 è una delle creazioni più geniali dell'ultimo Chopin, in cui convergono molte linee della sua attività e da cui si dipartono molti sviluppi a cui il musicista polacco non potrà assistere. Scritta tra l'autunno del 1845 e l'estate del 1846, quindi negli ultimi anni di vita di Chopin, vi si riaffacciano stilemi, quali le melodie cantate per terze o seste come in un duetto vocale, che appartenevano alla sua giovinezza, quando gli influssi dell'opera italiana erano palpabili nelle sue prime e un po' salottiere composizioni. Inoltre la Barcarola è uno degli esiti più interessanti dell'audace e libera concezione dell'armonia di Chopin, che in
alcuni momenti (specie nel finale) si trasforma in una ricerca di timbri trascoloranti dal sapore preimpressionistico, tanto che suscitò la meravigliata ammirazione di Maurice Ravel. Il genere della Barcarola era in origine un canto da battello veneziano, e questo ha fornito esca alle fantasie romantiche di molti commentatori, ma bisogna evitare interpretazioni basate sui principi della musica a programma, sempre rifiutati da Chopin. Il brano, in fa diesis maggiore, presenta tre sezioni, sempre liriche e cantabili, ognuna delle quali porta con sé una leggera accelerazione del tempo, controbilanciata da un bellissimo momento centrale in andamento un po' meno mosso, dove gli eleganti passaggi della mano destra portano l'indicazione dolce sfogato, che incantava Gide:
“La Barcarola e la Berceuse sono due delle composizioni di Chopin che preferisco, e poco manca, persino, che io metta, al pari di Nietzsche, la Barcarola in cima a tutta la sua produzione. [...] Queste due composizioni si muovono in una straordinaria gioia; la Berceuse in una gioia tenera e tutta femminile; la Barcarola in una specie di lirismo radioso, grazioso e robusto, che spiega la predilezione di Nietzsche ... e la mia”.
I temi vengono ripresi nel finale e sovrapposti in un animato intreccio sul tranquillo procedere del basso: ma nell'ultima pagina i movimenti contrappuntistici vengono improvvisamente abbandonati, per una conclusione di sapore quasi impressionistico, che scaldò anche Ravel, solitamente molto freddo e controllato:
“Nella Barcarola di Chopin quel tema in terza, flessibile e delicato, è costantemente rivestito di armonie sfolgoranti. La
linea melodica è continua. Per un momento una melopea si stacca, resta sospesa e ricade mollemente attirata da accordi magici. L'intensità aumenta. Un nuovo tema, d'un lirismo magnifico, tutto italiano, esplode e poi si calma. Dal grave s'eleva un movimento rapido, come un brivido che scende su armonie preziose e tenere. Si fantastica di una misteriosa apoteosi”.
Il Choral et Variations di Henri Dutilleux è l’ultimo movimento della Sonata per pianoforte, un brano che eseguito singolarmente ha avuto particolarmente successo presso i pianisti francesi. Nella sua conversazione con Claude Glayman, D. sostenne di considerare quest’opera come il suo Opus 1, non solo perché rappresenta il compimento di anni di ricerca introspezione, ma soprattutto perché segna la nascita di un nuovo linguaggio musicale che avrebbe poi sviluppato nelle sue opere successive. Scritta nel 1947-‐48 e dedicata alla moglie, la pianista Geneviève Joy, che con la moglie di O. Messiaen – Yvonne Loriod – si contendeva tutte le prime esecuzioni dei compositori contemporanei, l’opera è ancora influenzata da modelli tradizionali e il Corale e Variazioni è esso stesso concepito ricalcando i vari movimenti di una sonata: due variazioni veloci (Allegro e Scherzo) seguite da una lenta (nuovamente un Corale) e infine un Prestissimo (Finale). Il tema è scritto in doppie ottave nel registro acuto alternate al registro grave dei bassi – un effetto probabilmente di derivazione organistica; alla condotta monodica della prima pagina seguono sviluppi polifonici con procedimenti spesso a canone. La prima variazione colpisce per l’intensità del ritmo e per la varietà delle combinazioni timbriche – una scrittura che anticipa gli esiti della Prima Sinfonia, ancora in fase di
gestazione. La seconda, ancora più orchestrale, presenta il tema alla mano sinistra, impegnando la destra in un ardito virtuosismo che suggerisce le acrobazie di un clarinetto o di un flauto. La terza variazione, preceduta da una transizione in cui D. mostra un gusto che gli sarà sempre peculiare nel trattare gli intervalli con procedimenti speculari, riprende la forma dell’inizio – il Corale – con un rafforzamento della scrittura polifonica e sospensioni armoniche che le conferiscono un’atmosfera magica. La quarta, dal virtuosismo estremo, combina ogni tipo di tecnica pianistica – note ribattute, scale, arpeggi, etc. – in un accelerando vertiginoso che culmina con il ritorno al tema dell’inizio.
Giulio Biddau
Giulio Biddau, nato a Cagliari nel 1985, ha intrapreso a dodici anni lo studio del pianoforte con Arlette Giangrandi Eggmann e si è diplomato presso il Conservatorio della sua città. Parallelamente ha frequentato l’Accademia Ducale di Genova con Boris Petrushansky, grazie a una borsa di studio del Lions Club di Cagliari. Ha proseguito i suoi studi pianistici a Parigi sotto la guida di Jean Marc Luisada all’École Normale, dove ha ottenuto il Diplome Supérieur de Concertiste, e privatamente con Aldo Ciccolini. In seguito ha conseguito con lode il diploma di perfezionamento dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nella classe di Sergio Perticaroli, per terminare il ciclo di studi alla Hochschule für Musik “Hanns Eisler” di Berlino con Fabio Bidini. Laureato di prestigiosi concorsi internazionali, fra cui il Concorso Casagrande di Terni, il Tbilisi International Piano Competition, il Porrino di Cagliari, Iturbi di Valencia, la vittoria del Primo Premio al Concorso “Les Nuits Pianistiques – Lauréats SPEDIDAM” di Aix-‐en-‐Provence lo porta ad essere invitato da alcuni dei più importanti festival francesi, tra cui il
Festival Radio France di Montpellier, il Festival Pablo Casals e il Festival Piano en Valois. Ha tenuto numerosi concerti, suonando in Italia per istituzioni quali l’Accademia di Santa Cecilia a Roma, il Teatro Lirico di Cagliari, Festival Dino Ciani a Cortina, Teatro Verdi di Trieste, il Politeama di Palermo; in Francia alla Salle Cortot di Parigi, al Grand Theatre de Provence di Aix-‐en-‐Provence, a Pontoise, Nancy, Rouffach, Gerberoy e poi in Spagna al Palau de la Musica di Valencia e a Leon, e ancora Slovenia, Austria, Svezia, Cina (Oriental Art Center di Shanghai e Auditorium della Tsinghua University di Pechino) e Australia. È stato diretto da Lawrence Foster, François-‐Xavier Roth, Tan Dun, Damian Iorio, Silvia Massarelli, Filippo Maria Bressan e altri, ha suonato con orchestre prestigiose quali l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, Orchestre National de Montpellier, Orchestra del Palau de la Musica di Valencia, Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Les Siècles, Sinfonica Siciliana, Orchestra di Padova e del Veneto, Sinfonica Abruzzese, Tbilisi Symphony Orchestra etc. Il suo impegno nella musica contemporanea l’ha visto protagonista nel marzo 2010 della creazione del Banquet Concerto di Tan Dun per pianoforte coro e orchestra, commissionato dall’Accademia di Santa Cecilia e ritrasmesso poi da Rai Radio Tre. Le sue esecuzioni di brani contemporanei, fra cui l’integrale per pianoforte di Henri Dutilleux, sono state trasmesse da France Musique, ABC Australia e la televisione giapponese NHK.
Nel gennaio 2012 è uscito il suo primo disco interamente dedicato a Gabriel Fauré, di cui interpreta l’integrale delle Barcarole e il Thème et Variations, edito dalla casa francese Aparté e distribuito anche in Italia da Harmonia Mundi.
Si ringraziano per la partecipazione al Crowdfunding che ha permesso il noleggio del pianoforte:
E. Aymerich, P. Beard, M. Biddau, A. Brizio, A. Carta, G. Coco, G. Marras, G. De Magistris, A. Galli, R. Ghiani, S. Obinu, M.A. Pellecchia, M. Pellecchia, G. Sotgiu, Y. Sottile
Associazione Culturale Ponticello Via Abba 27 – 09127 Cagliari
Tel: 334.5762646 | email: [email protected] www.ponticellocagliari.wordpress.com www.facebook.com/ponticellocagliari