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Piattaforma Politica #6D

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Le nostre lotte faranno scuola! Non ci fermiamo, riprendiamoci il Paese!

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LE NOSTRE LOTTEFARANNO SCUOLANON CI FERMIAMO, RIPRENDIAMOCI IL PAESE!

Piattaforma politica – Rete della Conoscenza

5-6 Dicembre 2012

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Uscire dalla riserva indiana

Dopo mesi di mobilitazione degli studenti e delle studentesse di tutta Italia, le forze politiche, per mesi occupate solo dalle discussioni su alleanze e strategie elettorali, si sono dovute fermare di fronte alla forza delle piazze e non hanno più potuto ignorare i contenuti che queste portavano. Hanno provato a reprimere il movimento, con una violenza inaudita, a rompere la forza sociale che gli studenti e le studentessa hanno dimostrato di avere, rompendo il clima di unità nazionale che caratterizza questo paese dalla caduta di Berlusconi e l'insediamento di Monti.

Le scuole e le facoltà occupate, le piazze straboccanti di persone hanno imposto al Paese di tornare a parlare di scuola e università, portando il ritiro della proposta di aumento delle ore di lavoro dei professori e spingendo le forze politiche parlamentari a bloccare il Progetto di Legge ex Aprea (DDL 953). Risultati che non cambiano la situazione di una scuola e di un’università che da anni stanno subendo un processo di dequalificazione e privatizzazione, ma che dimostrano come il conflitto e la partecipazione possano interrompere questo processo di smantellamento dell’istruzione pubblica, di cancellazione dei diritti, d’impoverimento del lavoro, di precarizzazione delle vite. Il dato più importante è che è possibile vincere, che si può invertire la rotta.

Ora non possiamo più fermarci.

Respinta l’ondata privatizzatrice contenuta nel DDL 953, il movimento studentesco ha oggi l’opportunità di strappare una vera e propria inversione di rotta sulle politiche dell'istruzione. I tagli all’offerta formativa, infatti, non sono semplicemente una riduzione della spesa, ma rappresentano la dequalificazione della scuola pubblica. Come i tagli del 2008, questi sono un atto politico, volto a svuotare la qualità di un’istruzione pubblica, già svilita dalla riduzione e dalla precarizzazione del personale docente e dal sovraffollamento delle aule scolastiche, a seguito degli accorpamenti. La vittoria contro l’Aprea, quindi, non ci basta e non ci deve bastare. Il movimento di queste settimane vuole riconquistare un ruolo pubblico dell’istruzione, con un aumento degli investimenti statali, una reale democrazia che riesca a rivoluzionare i programmi e i metodi didattici per rompere con la didattica frontale e unilaterale, un ripensamento dei luoghi dell’istruzione pubblica a tutto tondo. Per questo il 6 Dicembre rivendicheremo la costruzione di un’altra scuola, pubblica e accessibile a tutte e tutti. Per fare questo bisogna rimettere in discussione tutte le politiche sulla scuola, partendo da una legge quadro nazionale sul diritto allo studio.

Continua sull’università e la ricerca l’opera di smantellamento messa in campo dalla Gelmini. Il Ministro Profumo ha proseguito sulla linea di privatizzazione delle università: l'ingresso dei privati nei consigli di amministrazione, le politiche dirette verso un indebitamento studentesco senza precedenti - grazie ai prestiti d’onore, ormai offerti da banche e istituti di prestito - il consistente aumento della tassazione universitaria. Siamo di fronte ad un fenomeno di espulsione dall’università, con una crescente diseguaglianza tra chi può permettersi di studiare e chi deve abbandonare gli studi; il tutto condito da un impoverimento della qualità della ricerca e della didattica nelle università. Perciò in queste settimane, abbiamo la necessità di costruire nelle Università un movimento di partecipazione e mobilitazione, per far comprendere, a tutte e tutti, l’urgenza di una situazione drammatica e di un disegno politico che vuole rendere l’istruzione un lusso per pochi. Per questo il 6 Dicembre scendiamo in

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piazza, perché l’Università torni ad essere per tutte e tutti, di qualità, perché metta in rete un sapere capace di costruire una società fondata sulla giustizia sociale.

Non è tutto qua.

Non ci basta che si interrompa la stagione dei tagli: vogliamo aprire una nuova stagione di investimenti e di profonda messa in discussione del modello di istruzione e ricerca a partire dal dietrofront da operare sulla Legge 133/08 e sulla Riforma Gelmini sull’Università.Mentre su formazione e istruzione il movimento studentesco incassa un primo risultato positivo dalle lotte di questi mesi, la politica continua a perseguire la strada imposta dalle ricette neoliberiste della troika, con continui tagli al welfare e attacchi ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Pensiamo che il sapere, se liberato dalle logiche del mercato, possa essere il passepartout per emancipare i cittadini dallo stato di subalternità in cui viviamo quotidianamente, imposto dal dogma del “TINA” (There is no alternatives), e creare le condizioni per un cambio radicale di modello di sviluppo, per un modello basato sull’uguaglianza, sull’equa ripartizione delle risorse e delle ricchezze, sulla giustizia sociale e ambientale.

Proprio perché la nostra battaglia non è corporativa, ma parte dai saperi per cambiare lo stato di cose presenti, abbiamo scelto di scendere in piazza il 5 e 6 Dicembre insieme agli operai e alle operaie in occasione dello sciopero indetto dalla Fiom – Cgil. Cambiare la scuola e l’università non è possibile e non ci basta, se attorno a noi continuiamo a vivere in un mondo ingiusto, in cui trionfano precarietà e ingiustizia, sotto l’egida di un mercato fondato sullo sfruttamento e sulla sopraffazione dell’uomo sull’uomo, dell'uomo sulla donna e dell’uomo sulla natura.

Combattere la precarietà.Non basta parlare di giovani per capire una generazione.

In questi mesi tutta la politica ha parato a nome e per conto dei giovani come se bastasse essere under30 per parlare a nome nostro, come se bastasse dire che la TAV come la riforma del lavoro, essendo fatte “per i giovani”, sono giuste.

Le piazze di queste settimane dimostrano come la nostra generazione si sia stancata di sentirsi nominare senza mai avere lo spazio per prendere realmente parola. Non vogliamo più stare ai margini delle decisioni politiche e sociali. Non vogliamo più essere precari nell’accesso all’istruzione tanto quanto nel mondo del lavoro.

Oggi più che mai la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli inediti (36%), la precarietà è un fenomeno in espansione anche a causa di una riforma delle pensioni che, mantenendo più a lungo le persone al lavoro, riduce le possibilità di turn over.

Usano i giovani per contrapporre un mondo di garantiti a quello di non garantiti, ma non è così. La precarietà è diventata di tutti e tutte. La cancellazione dell’articolo 18 rende precario tutto il mondo del lavoro, l’assenza di un welfare e di veri ammortizzatori sociali impoveriscono i precari e le precarie di oggi al ricatto di un mondo del lavoro privo di diritti.

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In tutti i tavoli che parlano di rinnovi contrattuali si riducono i diritti degli attuali lavoratori e lavoratrici, l’ingresso nel mondo del lavoro, quando avviene è precario. La precarietà assume una triplice aspetto: di condizione, di prospettiva, di ricatto. In questo quadro è chiaro che non c’è nessuna politica a difesa della nostra generazione, ma solo una condanna ad un futuro precario e instabile.

Oggi vogliamo riconquistarci il nostro presente, essendo molti di noi studenti lavoratori per l’esigenza di mantenerci agli studi, e costruirci il nostro futuro. Per questo rivendichiamo:

•Un reddito di cittadinanza che faccia uscire i lavoratori e le lavoratrici dal ricatto della precarietà. Dobbiamo poter rifiutare un lavoro se non è dignitoso, dobbiamo fermare il dumping salariale, garantendo a tutti e tutte di uscire dalla soglia di povertà, per ridurre le disuguaglianze derivanti dalle condizioni famigliari di partenza•Un rinnovato ruolo della contrattazione nazionale che tenga conto della democrazia nei luoghi di lavoro per accrescere le tutele•L’abrogazione della legge 30 e della legge Fornero•L’abrogazione della possibilità di assolvere il diritto-dovere all’istruzione all’interno dei percorsi di apprendistato, abolendo la figura dell’apprendista minorenne e introducendo l’obbligo scolastico a 18 anni•La fine dello sfruttamento di praticanti, stagisti e tirocinanti, riconoscendo pieni rimborsi spese, pari diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e le garanzie ché il periodo di stages siano realmente formativi, introducendo elementi di valutazione e autovalutazione anche nei confronti dell’azienda e dei tutor•Il superamento delle 46 forme contrattuali atipiche

Le nostre mani sulla città. Essere l’alternativa, Ora!

Vogliamo togliere le nostre scuole, le università, le nostre città dalle mani di chi non ha fatto altro che distruggerle, di renderle povere socialmente, culturalmente, economicamente. Hanno per anni deciso del nostro futuro, del futuro della terra in cui viviamo, ci hanno condannato alla precarietà. Vogliamo dimostrare che, sprigionando la creatività, i sogni e i desideri di una generazione, dandogli le ali, garantendo a tutti e tutte un’istruzione pubblica e di qualità, l’Italia e l’Europa possono invertire la rotta.

E’ il momento di invertire la rotta, di riprenderci la centralità che ci spetta. In queste settimane di mobilitazione abbiamo dimostrato che un’alternativa di Paese esiste.

L’alternativa è in ogni scuola o facoltà occupata e autogestita, dove il sapere si trasmette orizzontalmente, dove le decisioni vengono prese con pratiche democratiche e partecipate, dove ogni cittadino può entrare per arricchire e arricchirsi culturalmente.

L’alternativa è a Pomigliano, quando le lotte di questi anni vincono con il reintegro degli operai, iscritti alla Fiom in fabbrica. L’alternativa è nella lotta per liberare il lavoro dall’autoritarismo e la subordinazione, che Marchionne rappresenta appieno nel nostro Paese.

L’alternativa è a Taranto, anche se nessuno la vuole vedere. L’alternativa è riconvertire il lavoro, garantire un reddito per tutte e tutti, risanare l’ambiente, dando a tutte e tutti la possibilità di una vita libera dal ricatto o la fame o il tumore.

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L’alternativa è in Val Susa e nelle lotte di tutti i giorni contro la devastazione del territorio, nelle vertenze dei lavoratori nelle aziende di questo Paese.

L’alternativa è la critica di questa economia politica. E’ necessario pensare un’altra economia e un altro modello sociale. Rompere l’idea di un mercato sovrano della politica, di un’economia che per funzionare deve essere fondato sull’impoverimento del lavoro, la cancellazione dei diritti, politiche fiscali inique.

L’alternativa a questa società esiste ed è come un puzzle. Servono tutti questi pezzi messi assieme per completare il quadro, per cancellare una società fondata sull’autoritarismo e sulla schiavitù, e fondarne un’altra su democrazia reale, uguaglianza sostanziale, giustizia sociale.

Il 5 e 6 Dicembre in piazza con la Fiom!

L’Ilva di Taranto come la Fiat di Pomigliano dimostrano le forti contraddizioni di un capitalismo che, per aumentare i profitti, costringe i lavoratori in una guerra tra poveri, riducendo i salari e l’occupazione e creando finte contraddizioni tra chi chiede lavoro e chi chiede ambiente e salute.

Pensiamo che non vi sia contraddizione tra lavoro, diritti e ambiente se il nostro paese inizia a investire in ricerca e innovazione, rintracciando modelli di produzione ecologici e socialmente sostenibili.Liberare i saperi vuol dire liberare le persone. Ma se vogliamo essere veramente liberi, dobbiamo riprenderci in mano le redini di questo Paese, imponendo un’agenda politica nuova, costruendo alleanze con i movimenti studenteschi europei, intrecciando le nostre lotte alle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici che chiedono quella dignità che questo Governo, Confindustria e le lobby internazionali vorrebbero togliergli giorno dopo giorno.

Il 5 e 6 Dicembre vogliamo essere a pieno nel più alto momento di lotta che è rappresentato dallo sciopero. In quei giorni la produzione delle fabbriche dovrà essere chiusa per imprimere il maggior danno possibile a quel padronato che vorrebbe colpire i diritti presenti dei lavoratori per colpire definitivamente il nostro futuro.

Nella nostra opera di generalizzazione dello sciopero promuoveremo cortei che spezzino le linee di comunicazione e transito delle merci del Paese per dimostrare come l’unità politica e strategica tra studenti e lavoratori possa incidere sull’economia di questo paese.

Con lo sciopero vogliamo incidere sull’economia, sull’intero modello di sviluppo.

Il 5 e 6 Dicembre non si studia, non si lavora, non si consuma!

LE NOSTRE LOTTE FARANNO SCUOLA!Non ci fermiamo, riprendiamoci il Paese!

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