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Pier Marco Bertinetto I PARADOSSI DELLA NOZIONE DI TESTO* l . Introduzione. 2. La nozione di testo in linguistica. 3. La nozione di testo letterario. 4. Per una definizione della linguistica testuale. l. L'obbi ett ivo che mi propongo qui è di verificare l'utilizzabili- tà , in ambito lett erario, de ll e definizioni di 'testo' che sono state pro - poste in questi ultimi anni dalla così de tta 'linguistica Un assunto di qu esto genere si regge, a ben vedere, su di un 'ipot esi che a taluni apparirà forse tutt'altro che impegnativa, e che potre mmo esplicitare nel modo seguente: la nozion e di t es to indica generi ca - me nte una qualsiasi unit à di discorso dotata di ce rt e peculiari carat- teristiche (da pr ecisare in seguito); di conseguenza, essa include c - me propria sottospecie anche quell'entità più ristretta che viene ap- punto designata 'testo l ette rario' . Questa, com'è noto , è una po sizio- ne largame nt e condivisa presso i teorici dell a disciplina cui mi sto ri - facendo. Basti pensare a V an Dijk; e prima ancora (tra i precur sori della linguistica tes tu ale) a Harri s, che nell'eia bo rare la propri a 'cl i- scourse analysis' designava col termine 'discorso' "tutto ciò che va dalla congiunzione di due frasi, al romanzo, al trattato , al codice così via" [Lang 1973]. Lo svolgimento logico della premessa ora es posta comport ereb- be, in primo luogo, la definizione esaustiva dei concetti di testo in generale e di tes to le tt erario in particolare; e successivamente un con- fronto, teso a stabilire l'eve ntual e inglobaii ;e nto della prima formuh - zione nella sec onda . È evidente, infatti , che la definizione di un •- getto (o di un concetto) sovraordinato deve essere inclu sa nell e d - finizioni dei suoi iponimi. Ma in pratica, almeno per ciò che riguarda la nozion e di testo le tt erario , mi accontenterò di elencare una serie *Sono grato a Bice Mortara Gara velli, ·christoph Schwarzc, Gaetano Berruto c Giovnnnl Ronco per le loro osservazioni critiche.

Pier Marco Bertinetto I PARADOSSI DELLA NOZIONE DI TESTO*linguistica.sns.it/PaginePersonali/Pubblicazioni_PMB/PMB/1981.pdf · Ma in pratica, almeno per ciò che riguarda la nozione

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Pier Marco Bertinetto

I PARADOSSI DELLA NOZIONE DI TESTO*

l . Introduzione. 2. La nozione di testo in linguistica . 3. La nozione di testo letterario . 4 . Per una definizione della linguistica testuale .

l . L'obbiettivo che mi propongo qui è di verificare l'utilizzabili­tà , in ambito letterario , delle definizioni di 'testo' che sono state pro­poste in questi ultimi anni dalla così detta 'linguistica testual ~'. Un assunto di questo genere si regge, a ben vedere , su di un 'ipotesi che a taluni apparirà forse tutt'altro che impegnativa, e che potremmo esplicitare nel modo seguente: la nozione di testo indica generi ca­mente una qualsiasi unità di discorso dotata di certe peculiari carat­teristiche (da precisare in seguito); di conseguenza, essa include c -me propria sottospecie anche quell'entità più ristretta che viene ap­punto designata 'testo letterario' . Questa , com'è noto , è una posizio­ne largamente condivisa presso i teorici della disciplina cui mi sto ri­facendo. Basti pensare a V an Dijk ; e prima ancora (tra i precursori della linguistica testuale) a Harris, che nell'eia bo rare la propria 'cl i­scourse analysis' designava col termine 'discorso' "tutto ciò che va dalla congiunzione di due fras i, al romanzo, al trattato , al codice così via" [Lang 1973] .

Lo svolgimento logico della premessa ora esposta comportereb­be, in primo luogo , la definizion e esa ustiva dei concetti di testo in generale e di t esto letterario in particolare; e successivamente un co n­fronto, teso a stabilire l'eventuale inglobaii;ento della prima formuh ­zione nella seconda. È evidente , infatti , che la definizione di un •­getto (o di un concetto) sovraordinato deve essere inclusa nelle d -finizioni dei suo i iponimi . Ma in pratica , almeno per ciò che riguard a la nozione di testo letterario , mi accontenterò di elencare una serie

*Sono grato a Bice Mortara Gara velli, ·christoph Schwarzc, Gaetano Berruto c Giovnnnl Ronco per le loro osservazioni critiche.

2 P. M. BERTINETIO

di possibili qualificazioni o caratterizzazioni, data la difficoltà di in-. dividuare definizioni esaurienti a proposito di un argomento tanto dibattuto. Per ciò che riguarda invece la nozione generale di testo, potremo attingere direttamente da una ricca bibliografia speciali-

stica. Prima di iniziare i riscontri, tuttavia, vorrei ancora fare una pre-

cisazione che mi sembra indispensabile. Quando parlo di definizioni, o più semplicemente di qualificazioni, del concetto di 'testo lettera­rio', penso in concreto ad un approccio di tipo linguistico-semiotico. Do peraltro per scontato che esistano altri punti di vista; e sono an­zi personalmente persuaso che una definizione esaustiva dell'oggetto l cl terario possa aversi soltanto in. una prospettiva assai più vasta di quella che, per limitazione (ma spero non deformazione) professio­nale mi vedo costretto ad assumere. Del resto, una consapevolezza di q~esto genere è ormai largamente diffusa presso coloro che, pur essendo linguisti o filologi di formazione, si occupano anche di problemi letterari [Bertinetto 1976; Di Girolamo 1976; Ihwe 1975].

2. Come sottolinea M.E. Conte [ 1977: 14], nella pur breve storia della linguistica testuale si possono individuare (in senso tipologico, più ancora che cronologico) tre diverse fasi. Nella prima ci si propone di analizzare le regolarità transfrastiche, estendendo al dominio della concatenazione di frasi la grammatica precedentemente elaborata per la descrizione della singola frase. Nella seconda fase si cerca di co­struire una grammatica del testo completamente autonoma da quella della frase. Nella terza si tenta infine di elaborare una teoria del te­sto, insistendo soprattutto sugli aspetti pragmatici della comunica­zione verbale e sulla tipologia degli usi linguistici. Il passaggio dal­l' una all'altra prospettiva è dettato dalla graduale presa di coscienza circa l'inadeguatezza delle soluzioni adottate via via . Ma è so­pra.ttutto significativo, ai fini del nostro discorso , il progressivo spo­stamento dall'ottica grammaticale a quella pragmatica. In effetti, la fiducia di riuscire ad isolare dei comportamenti sintattico-semap.tici che fossero passibili di spiegazione solo in chiave testuale, è andata ben presto delusa. Fenomeni come la coreferenza, la pronominalizza­zio nc, la selezione dell'articolo, l'ordine delle parole, il rapporto fra lema e rema (e queÙo fra dato e nuovo), l'intonazione, la 'consecutio tcmporum'. l'uso dei connettivi tra le frasi, la mutua compatibilità

l l'ARADOSSI DELLA NOZIONE DI TESTO 3

delle presupposizioni e delle inferenze deducibili da ogni singola fra­se, e via dicendo , non sembrano né necessari né sufficienti per postu­lare l'esistenza di un'entità teorico-descrittiva più ampia della- frase. Ciascuno di essi può venire trattato anche all'interno di una singola frase complessa, risultante dalla coordinazione o subordinazione di due frasi semplici. Pertanto, essi mancano dell'indispensabile requisi­to della specificità, in rapporto al fine per cui vengono studiati: che consiste (come si è detto) nella costruzione di una grammatica parti­colarmente destinata alla descrizione del testo. Insomma, l'uso cor­retto di questi meccanismi linguistici non ci permette di qualificare come testo una certa sequenza di frasi; tutt'al più, il non rispetto del­le regole che governano siffatti usi consentirà di affermare che la se­quenza in questione non può essere dichiarata un testo1

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Il fallimento di questa prospettiva conduce ad alcune acquisizio­ni importanti, che grosso modo si possono far coincidere col secondo momento di sviluppo della linguistica testuale. Intanto diviene èhiaro che la connessione tra le frasi di un testo può ~ssere anche di. altra na­tura, e non necessariamente di tipo sintattico-semantico. Per esem­pio, possono intervenire fattori enciclopedici, ossia afferenti alla co­noscenza del mondo in cui agisce il produttore del messaggio. Inol­tre, ci si rende conto che per fondare in modo efficiente la nozione di testo occorre affidarsi propriamente ai rapporti tra le frasi, :piutto­sto che tra i loro costituenti. Bisogna cioè studiare il modo in cui i si­gnificati delle singole frasi si integrano in un'unità di rango superiore. Così, non basterà considerare in maniera puramente additiva le pre­supposizioni inferibili dalle singole frasi, poiché le presupposizioni del testo non coincidono inevitabilmente con tale somma. Infine, si viene a riconoscere che la coesione di un testo non nasce dalla succes­sione lineare delle frasi, ma da un complesso ordinamento gerarchico, i cui elementi non sono sempre manifestati dalla superfice del discor­so, benché possano essere agevolmente recuperati dal destinatario sul­la base della propria competenza. Ciò si verifica, ad esempio, quando la coerenza tra due frasi apparentemente slegate viene ricostruita at-

1 Per la verità, Chomsky [1976] afferma che talune regole dell'inglese, come quelle che governano l'interpretazione dell'anafora o del sintagma the other(s), non appartengono alla grammatica della frase, ma piuttosto alla teoria dell'esecuzione (o pragmatica). Peraltro, e­&li non fa alcun riferimento all'esistenza di una specifica grammatica testuale.

4 P.M. BERTIN ETTO

traverso l'imp licita affermazione di una frase 'commento' , oppure di. un "iperfrase performativa' [Conte 1977:39] 2

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Ma di quale competenza si tratta, in concreto~ Certo, non può trattarsi della competenza in accezione chomskiana, per i motivi visti sopra circa l'insufficienza dei criteri puramente grammaticali. Sarà quindi necessario postulare l'esistenza di una specifica competenza testuale, che dovrà render conto almeno delle seguenti capacità del parlante: ricostituire l'unità di un testo che si presenti inframmezza­to da pause, ·digressioni o altri testi ; parafrasare un testo ; riassumer­lo; assegnargli un titolo; notare se è compiuto , cioè se ha risposto alle attese suscitate; classificarlo rispetto ad una tipologia prestabilita. Ec­co dunque in che senso il compito della linguistica testuale ~i traduce in quello di elaborare una grammatica del testo (totalmente distinta dalla grammatica della frase) ; la quale sia in grado di spiegare i pro­cessi logici e linguistici, attraverso cui la struttura superficiale del di­scorso viene generata a partire da un nucleo tematico originario (ciò che Van Dijk chiama 'macrostruttura testuale') . Ma stando così le co­se, diventa urgente chiedersi quale sia il posto della nozione di testo , all 'interno della teoria linguistica, in rapporto alle altre unità utilizza­te nell'apparato descrittivo della grammatica.

In primo luogo, c'è da dire che non è facile stabilire un confine netto tra la frase e il testo . Se assumiamo (sulla scia di Harris) che il testo debba essere un'unità necessariamente più ampia della frase , ci imbattiamo subito in una formidabile impasse . Infatti , due frasi giu­stapposte e coerentemente legate possono costituire un testo elemen­tare ben formato ; ma se queste stesse frasi vengono congiunte entro una singola frase complessa, siamo costretti a dichiarare che ciò che prima era un testo, ora non lo è più. Si potrebbe aggirare questa dif­fico ltà osservando che in realtà la maggior parte delle frasi può essere

2 Come esempio di 'frase commento' può valere il seguente (in corsivo), in rapporto al te­sto (riportato fra virgolette) che lo precede immediatamente: "Filippo prepara un esame. Emanuele prende lezioni di chitarra. Teresa si è trovata un lavoro per l'estate" ; In quella fa­miglia si danno tut.ti un gran da fare. Come esempio di ' iperfrase performativa' può invece servire questo: "poiché X, io ti consiglio ... " , che è desunto dal testo seguente: "Ha grandina­to molto quest'anno. Non comprare frutta". Infatti , la prima di queste due frasi (che sopra ho indicato con la lettera X) non è la causa diretta della seconda (espressa all'imperativo) ; ma piuttosto è causa del fatto che io consigli al mio interlocutore di agire in un dato modo, i11 base alla mia personale deduzione che la frutta scarseggerà, e dunque costerà cara sul mercato .

PARAI SSI DE i\ NOZ I Nl· l)J TES 5

ompostn in proposizioni logicamente se mpli ci (acl esempio : Giovan­ni mangia può scindersi in "x mangia " e "x è Giovanni"). Ma questa

onstataz ione ci indun-ebbe ad affermare che praticamente tutte le frasi sono dei testi , in quanto coerente congiunzione di più proposi­zioni nucleari ; il che non ha molto senso. Tanto più che, secondo Harris, il concetto di testo non è neppure omogeneo rispetto alle al­tre unità gram maticali utilizzate nella scomposizione della catena sintagmatica. A suo dire , nel passare dalla frase al testo (o 'discorso', nella sua terminologia) non si sale di un semplice gradino, ma si com­pie un vero e proprio salto di livello. Combinando opportunamente le varie unità (dal tratto distintivo, al fonema , al morfema , fino alla frase) si dovrebbe infatti ottenere, stan do ai principi della linguistica distribuzionalista, un 'unità di livello immediatamente superiore. Ma questo principio cessa di valere proprio nel momento in cui si passa dalla frase al testo. Una concezione alternativa ci viene offer.ta da Benveniste, il quale asserisce che anche la nozione di frase può es­sere posta entro un a sfera di alterità rispetto ai livelli inferiori della struttura linguistica. Tra le frasi , in effetti, non si possono istituire delle relazioni di opposizione paradigmatica analoghe a quell e che valgono nell'ambito del morfema, del fonema e del tratto distintivo. Con la frase , insomma, si uscirebbe (a detta di questo autore) dal dominio della lingua intesa come sistema di segni, per entrare nella sfera del discorso (ancora una volta possiamo assumere questo t er­mine come sinonimo di testo)3

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M~ nonostante le indubbie affinità notate da Benveniste nell statuto teorico delle nozioni di frase e di testo, credo che sia ugual­mente possibile stabilire un confine4

• In effetti, benché en tra mb

3 Benveniste utilizza il termine 'discorso' anche in una seconda accezione, cioè come cor­relativo di 'récit'. Se quest'ultimo viene inteso come un uso impersonale del linguaggio , 'discours' sarà allora disponibile per indicare un uso del linguaggio in cui il parlante ma­nifesta se stesso; ossia, l'enunciarsi di un soggetto nell 'enunciazione. Cfr., comunque, l'apfendice terrninologica alla fine del presente scritto.

Un eventuale appiglio per discriminare l'unità 'frase' dall'unità 'testo' potrebbe es­sere il seguente: il testo è la sola unità linguistica, fra tutte quelle finora ricordalc, eh possa includere un 'altra unità dello stesso nome. Ossia: un testo (pcrfettamen te nu tonomo c compi uto) può divenire parte integrante di un altro testo. Come illustrazione di quost assioma , può valere quella di un apologo che sia inserito in un discorso più ampio, in cui si faccia rifcrimen lo a tale inserto per condurre l'ascoltatore a determinate conclu sioni. In tal caso, il testo inclu so può dirsi completo anche senza la presenza del testo in cludente;

() I' ,M. u 1RTINt::TTO

qu<.:s le nozioni siano di per sé assai ardue da definire, mi sembra di p ter dire che le difficoltà sono di ordine diverso . Nel caso della fra-c, come è stato ampiamente chiarito dai generativisti, abbiamo a

che fa re con un concetto primitivo ; ossia, con un postulato a parti­re dal quale diventa financo possibile costruire una teoria formàliz­zata della grammatica: Nel caso del testo , invece, l'impossibilità di una definizione che si voglia mantenere in ambito puramente lingui­stico deriva dal fatto che, per comprendere tale concetto, abbiamo bisogno di riferirei anche ad elementi extralinguistici, di natura strettamente pragmatica. In altre parole: per sapere se un dato enun­cia to costituisce una frase, ci basta far 'ricorso alla nostra competen­za linguistica ; mentre per decidere se una sequenza di frasi (ovvero una singola frase) costituisce un t~sto , è necessario conoscere il con­tes to della comunicazione. Al limite, possiamo .affermare che qua­lunque sequenza di segni verbali , per quanto apparentemente slega­ti, può rappresentare un testo, purché si sappia individuare per essa

men'tre quest'ultimo risulterebbe irrimediabilmente compromesso nella sua interezza dal­l'eliminazione della parte inserita. Per contro, nessuna delle rimanenti unità Linguistiche può includere se stessa, se non mediante opportune trasformazioni , che situano magari in prospe ttiva diacronica tale processo di autoinclusione. Così accade, ad esempio, nella mo­nottongazione di due fonemi in precedenza distinti (come oro da aurum) ; e lo stesso può clirsi circa la: generazione ricorsiva del nodo 'frase ' entro un indicatore sintagmatico dalla struttura complessa. Anche in quest 'ultima circostanza, infatti, è essenziale notare che a livello superficiale la frase innestata subisce delle trasformazioni, che ne riducono almeno in parte l'autonomia originaria.

Tali trasformazioni possono beninteso ridursi a mere cancellazioni. Per es., l'enunciato Giovanni mangia e Carlo beve può sembrare composto di due frasi perfettamente isolabi­U cd es traibili dal corpo della frase complessa che le ingloba. Ma questa è solo un'impres­sione superficiale ; in realtà, l'enunciato performativo soggiacente è unico, e dovrebbe es­sere scisso soltanto nel momento in cui le due frasi suddette venissero enucleate in forma totalmente indipendente. Dunque, nell'esempio dato abbiamo effettivamente a che fare con una singola unità frasale. Ovviamente, può anche accadere che una frase sia contenuta paren teticamente entro un'altra. Tale è il caso di egli dice nell'enunciato seguente: "Gio­vanni ", egli dice, "pensa che sia sempre festa". Ma questo è un caso di inglobamento me­ramentc tipografie(/. Lo stesso potrebbe dirsi di un testo che sia inserito all'interno di un ul tra che funge da cornice ; neppure in questa circostanza parleremo propriamente di auto­inclusione dell 'unità 'testo'. Affmché ciò avvenga, uno dei due testi deve essere considera­to par te integrante dell'altro. Mi rendo comunque conto che tutta questa argomentazione poggia su radici non del tutto ferme ; pertanto non intendo attribuirvi un peso particolare. Può · darsi infatti che tal uni casi di ricorsività riguardanti le etichette degli indicatori sin­tagmatici possano essere considerati come esempi di autoinclusione nel senso qui descritto.

I'ARAD S' Il l~ L. I ,A N Zl )N E l l 'l'EST) 7

un ' pp rtuna li cazi ne it uuzi nu lc5 .

Te to fra no dunq ue enti tcì hc si ituano su due ben di-versi livelli d'anali i. Il testo sarà da in tendersi come un 'espressione verbale prodo tta da un emittente storicamente condizionato, che si realizza in quanto esercizio comuni cativo compiuto (dove la compiu­tezza va intesa in senso proget tuale, non materiale : un testo può es­sere completo anche se non è stato portato concretamente a termine per l'intervento di cause esterne)6

• Se si accetta questa prospettiva , lo stesso problema della concatenazione di più frasi in un'unità coe­rente di rango superiore finirà per passare in secondo piano. Qualun­que frase, da sola , può costituire un testo , nella misura in cui essa esaurisca un atto comunicativo. Un'altra notevole conseguenza starà poi nel fatto che non si potrà dare alcuna manifestazione linguistica reale, prodotta con l'intento di comunicare qualcosa a qualcuno da parte di un utente nel pieno possesso delle sue facoltà mentali , che non sia un testo (purché, ovviamente, tale produzione sia valutata nella sua integrità) . Pertanto , fatta la tara per certi fenomeni pura­mente patologici, il dubbio se una certa sequenza di segni linguistici

5Esiste a questo proposito una certa analogia col problema della metafora e dell'anoma­lia semantica: per stabilire se una certa espressione è anomala o semplicemente figurata , occorre ricostruire un preciso contesto. In entrambi i casi, dunque, bisogna fare appello al­l'esecuzione. È proprio questo il motivo che altrove mi ha indotto ad espellere il problema del meccanismo metaforico dall'ambito di una teoria Linguistica formalizzata [Bertinetto 1977].

Un'eventuale obiezione alla tesi qui esposta circa la differenza tra frase e testo potreb­be essere ·la seguente. Dato un enunciato come : Domani, non siamo in grado di stabilire a priori se questa è una frase, ovvero la semplice citazione di un'unità lessematica. Per po­ter decidere tra l'una o l'altra interpretazione, dovremmo conoscere il contesto. Se ad es. l'enunciato in questione è pronunciato in risposta a: Quando parti?, allora sappiamo che si tratta di una frase . In tal caso, diviene anzi estremamente agevole recuperare gli elementi sottintesi dal"Jocutore (nella fattispecie: io parto ... ). C'è da dire, tuttavia, che una simile al ternativa è alquanto astratta. La citazione si colloca necessariamente a livello metalingui­stico, mentre è ovvio che le entità frasali possono manifestarsi solo a Livello Linguistico. Pertanto. nei limiti in cui si sceglie di considerare un qualsiasi enunciato su questo preciso li­vello eli analisi , il dubbio non dovrebbe sussistere. Del resto, qualunque parlante sa che In frase può presentarsi anche in forn1a fortemente ellittica; e le regole di generazione del com· ponente sintagmatico tengono nel debito conto questa consapevolezza.

Vedo ora che gran parte dei problemi dibattuti in questo secondo paragrafo sono trat· lati anche da Dascal & Margalit [1974] e da Bracco [1977], con le cui conclusioni concordo ampiamente.

60vviamente, il concetto di compiutezza non va confuso con quello di 'chiusura'. Ogni tosto (letterario e non) è aperto in direzione intcrtcstuale [Dertinetto, 1980).

8 P.M. OERTlNETTO

è un testo o no, può sorge re soltanto quando l'analisi venga condotta astrattamente, come avviene ad esempio in certe dissertazioni dei lin­gu ist i. La frase, invece, mantiene le proprie prerogative sia nel lin­guaggio in situazione, che nel quadro di una dissertazione grammati­cale. Il che significa ~he tes to e frase si collocano inequivocabilmen­te su due livelli d 'analisi totalmente eterogenei.

Ma se la nozione di testo non è circoscrivibile in un ambito pu­ramente linguistico , c'è da chiedersi come si colloca la competenza testuale in rapporto alla competenza linguist ica. Numerosi autori, sul­le orme di Bierwisch [ 1965], ammettono che la prima sia inclusa nel­la seconda. Tuttavia , questo diviene accettabile solo se si intende la competenza linguistica in un'accezione assai dilatata . Se invece si pre­ferisce conservare a questo termine (come credo sia corretto) un 'ac­cezione più ristretta, apparirà ovvio che la competenza testuale fa parte piuttosto della competenza comunicativa, assieme a varie altre componenti (tra cui la stessa competenza linguistica, ma anche quel­la para linguistica, prossemica, cinesica, ecc.)7

. L'ambito della compe­lenza testuale, infatti , comprende in senso lato la facoltà di 'produrre c interpretare dei testi. Il che vuoi dire saperli progettare e sviluppare , ma anche (come si è visto sopra) riassumere, parafrasare , assegnar lo­ro un titolo, ecc.; tutte operazioni che rientrano piuttosto nel quadro generale di una teoria psicologica dell'azione linguistica, che non nel­la teoria linguistica in senso stretto.

Questo stato di cose denuncia con sufficiente chiarezza le moti­vazio ni che hanno indotto alcuni esperti di problemi testuali ad ab­bandonare la prospettiva rigidamente linguistico-grammaticale, per ass umerne una di stampo pragmatico, che coincide in pratica col ter­zo momento della linguistica testuale. In tale frase , la stessa designa­zione della disciplina, e non certo per caso, è stata consapevolmente abbandonata da uno studioso come S. Schmidt (che può essere con­sidera to l'a lfiere di ques ta corrente), in favore della denominazione,

7 Questo vale . anche nel caso in cui (come mi sembra opportuno) la competenza lingui­stica sia intesa in un senso più ampio della pura e sem plice competenza grammaticale. Quest 'ultima include come proprie componenti le competenze fonologica, sin tattica e se­muntica; mentre la prima ricopre, oltre agli aspetti puramente grammaticali, anche la ca­pacità di scegliere il registro o il so ttocodice che meglio si adattano alla situazione, tra quel­Li messi a disposizione dal codice linguistico. Da quanto ho appena detto, emerge che la faco ltà di vagliare la congruenza fra situazione e messaggio non è di per sé un a­spetto specifico della competenza testuale, almeno secondo una possibile interpretazione.

l l'i\Ri\D ' l DrLLA N Z l NL:: DI TESTO 9

assai meno equivoca , di 'teoria del testo'; entro la quale ci si propone di studiare gli elementi, le r~gole e le condizioni della comunicazione linguistica. Da questo nuovo punto di vista, il testo può ormai essere definito come un insieme di frasi (al limite, una sola frase) tematica­mcn te coerente, dotato di funzione comunicativa riconoscibile in rapporto ad un preciso potenziale illocutivo , e situato all'interno di un 'azione comunicativa concreta (ossia, individua bile nel tempo e nello spazio )8 . Ai fini del discorso che intendo svolgere in seguito , mi sembra utile sottolineare fin d'ora due aspetti assai importanti di que­sta definizione, in cui ho ripreso quasi alla lettera la formulazione proposta da Schmidt [ 1973 :257] . In primo luogo, il riferimento alla t'rase che continua ad essere considerata l'entità teorica minima co­sti tu ~iv a di un testo ; in secondo luogo , la coerenza tematica, che lo stesso autore [p. 258] pone esplicitamente in relazione con quelle proprietà generali della ricezione dei testi, che sopra ho citato più di una volta a proposito della nozione di competenza testuale (riassumi­bilità, ecc.).

3. L'evoluzione della linguistica testuale , così come sono venuto delineandola fin qui, non è certo priva di rilevanza per il problema che ho enunciato all'inizio di questo scritto. Infatti, se la nozione di testo fosse definita soltanto in termini linguistici, sarebbe assai facile dimostrare che essa non riesce a catturare quella (presunta) sottospe­cic di testo, che è il testo letterario. Viceversa, l'assunzione di una prospettiva pragmatica sembra confortare l'ipotesi di partenza. Ma per verificare appieno la portata di queste affermazioni, occorre ora ce rcare di qualificare nel miglior modo possibile il concetto di testo le tterario.

Naturalmente, per mettere alla prova un'ipotesi , conviene spin-g rla fino alle sue estreme conseguenze. Pertanto , nel parlare di te-

8una posizione analoga (seppure lievemente riduttiva; cfr. la n. precedente) è mantenu­tn da Ha!Jiday , il quale parla di componente (o macrofunzione) testuale in rapporto a quel­l' Insieme di dispositivi che consentono di usare la Lingua in modo adeguato alla situazione. ' l veda anche Krzeszowski [1975], nonostante la diversa terminologia da lui impiegata

('discorso ' invece di 'testo' ; quest'ultimo viene riferito unicamente all'assetto puramente lin-ul tico) . L'autore in questione denuncia l' impossibiUtà di costruire una grammatica del di­

N· rso, como conscgucm:a dell'impossibilità di dare un trattamento formaUzzato degli ele­il' n ti cx traUnguistici impllcit i in ta le n zionc.

IO P.M. BERTINETTO

sto letterario , vorrei che si avesse in mente, qui, l'accezione per così dire 'forte' di questo termine. Ad esempio, possiamo pensare ad una lirica composta con l'ausilio di strumenti elettronici; o comunque ad una qualche manifestazione di arte verbale, che si discosti plateal­mente dalla logica di tipo consequenziale correntemente adottata nei testi non letterari. Per intenderei, si tratterà dunque di opere che sol­lecitano le strutture linguistiche fino ai limiti dell'agrammatismo, del non senso e della glossomania. Se non faccio esempi concreti, è sol­tanto per non pregiudicare la possibilità di immaginare forme ancora più ardite di comunicazione letteraria. Il senso di questa scelta do­vrebbe essere evidente. Certo, molti testi letterari appaiono perfetta­mente coerenti e realizzati anche sul piano linguistico; tant'è vero che non di rado si è assistito all'assunzione in chiave letteraria di ope­re originariamente scritte per altri scopi, di natura prettamente utili­taria. Ma se prendessi come punto di riferim.ento per il mio discorso soltanto esemplari di questo genere; diventerebbe alquanto difficile cogliere eventuali insufficienze nella definizione generale di testo che ho citato poco sopra, alla fine del paragrafo precedente.

Senza alcuna pretesa di completezza, e senza neppure mirare al­la sistematicità, elencherò dunque una serie di proprietà che sembra­no caratterizzare il testo letterario nella sua accezione più forte . Da un punto di vista linguistico, si possono notare i seguenti elementi:

[i] 1a violazione contemporanea di tutte le condizioni di validi­tà ('telicity conditions') dell'atto linguistico [Levin 1976]. Nel. caso della comunicazione letteraria, infatti, non ha senso domandarsi se l'autore esegve correttamente la propria azione, ed è la persona ade­guata per produrre quel dato enunciato (ad esempio, se egli conosce le cose di cui parla); e neppure ha senso chiedersi se il ·messaggio pro­dotto è appropriato alla situazione, o se il destinatario è adeguato al ruolo che ricopre (in effetti, l'autore può rivolgersi con piena plausi­bilità anche ad esseri inanimati). Da ciò consegue che l'opera lettera­ria consiste nell'intenzionale imitazione di una serie di atti linguistici, che non hanno altra esistenza al di fuori di tale imitazione, concorde­mente accettata dall'autore e dal lettore9 •

9Secondo Levin [1976], un testo lirico sarebbe dotato di una forza illocutoria di tipo

specifico. L 'iperfrase performativa che presiede alla locuzione può ridursi semplicemente alla forma seguente: "Io immagino me stesso in, e invito voi a concepire, un mondo in cui (io dico a voi ... )". Così , a rigore, la normale forza illocutoria verrebbe sospesa; il te-

l'i\RAD l D 1L A NOZI N l\ ()l T I\ 'l' Il

[ii.l L'lndeterminat•zza situazionale lSchwarze1979]. Nel te to 1 ' tlorario i deitti i n n ·ono dc edificati nel modo consueto; io, qui, ora possono essere continuamente reinterpretati rispetto a nuove ·oordinate interpersonali e spazio-temporali. Del resto, gli stessi nomi propri possono soggiacere ad un processo di allentamento dei nessi rd'crenziali: così, un nome di città può essere inteso antonomastica­lllcnte per qualsiasi città [Levin 1976], ovvero può essere caricato dì oscure connotazioni simboliche.

[iii] L 'instaurazione cfi criteri intrinseci di verità [ Schwarze 1979]. Il mondo in cui l'opera letteraria si colloca, infatti, può anche •sse re del tutto contraddittorio; benché sussista sempre l'eventualità ·hc il lettore applichi la situazione descritta (irreale) ad un contesto •:-> istenziale concreto, assumendo il messaggio come una sorta di ver­I ulizzazione esemplare di tale contesto.

[iv l La circolarità semantica [Bertinetto 1980]. Il senso derles­s ·m i impiegati non può essere stabilito esternamente al testo , in rap­porto al loro significato abituale; ma deve essere definito attraverso l' in terazione reciproca di tutte le unità lessi cali presenti nell'opera, l'Vcntualmente circoscrivendo a tal fine un opportuno spazio macra­tu tuale.

[v] L 'attenuazione del postulato di comprensibilità [Schwarze 1979). II testo letterario non è sottoposto alle consuete regole che go­v ' rnano la compatibilità fra la strutturazione del messaggio e le fac.ol-1 ;ì mentali umane; regole che discendono dalle restrizioni della me­m ria di breve termine e dalle condizioni'di computabilità dell'enun­' iato [ltkonen 1975].

[vi] L 'abolizione del carattere predicativo del linguaggio 1 chwarze 1979] . Questo si verifica, ovviamente, solo nei casi es tremi in onseguenza dell'esautoramento completo dei normali criteri di ve­ri là. l n taU circostanze, il linguaggio viene adoperato unica m n te allo s · po di 'riferirsi a' ; ossia, 'nominare' gli ogge tti, ripre entandoli en-

HlO, letteralmente, non dichiarà , non ordina, non domanda, ecc. ussolutrunonte nulla ; ben· h ' possa svolgere, nei singoli casi, l'una o l'altra di questo funzioni. Non mi sombrn tullo·

vln che questa sia una caratteristica sufficientemente specifica; vi sono molto forme dl co· munlco.zione linguistica in cui si chiede implicitruncnte all 'ascoltatore di co ncopii<lun mon· do 'sul generis'; tant'è vero che nel modeUo di Pcttlfì si assume che ogni enunciato ~la domi· n11to (tra l'altro) da una proposizione 'costitutiva di mondi'. Inoltre, mi sembrn cho In forza Ilo utoriu di tipo pcculiurc instaurata du un testo lirico sin moglio ospr .~m du qu lln un1.1C>·

11 'prcscntnLivu ' di cui parlu Schwu1zo [1979), su cui r mando n1 p U11t [vlll-

12 I'.M . IH:In'INIITTO

tro una pecifica dimensione c tcti ca, che ne fa emergere le latenti potenzialità semantiche (l 'equivalente di questo atteggiamento, in campo figurativo, è costituito dal programma di molta avanguardia novecentesca : si pensi alla 'pop art').

[vii] La presenza di una forza persuasiva virtuale [Schwarze 1979]. Questo rappresenta l'aspetto specifico ed inalienabile della per­locuzione, anche nei casi più audaci di comunicazione letteraria. Ben­ché la trasmissione di un contenuto non sia lo scopo primario di tali testi, è infatti evidente che essi non cessano di convogliare delle infor­mazioni, sia pure in forma surrettizia. Ad esempio, l'offerta di inusi­tati modelli di percezione dello spazio verbale , attraverso cui il letto­re può trovare nuove vie per strutturare la propria esperienza (cfr. il punto precedente).

Accanto a questi aspetti tipicamente linguistici, i testi letterari presentano anche delle caratteristiche che potremmo denominare 'strutturali' , o quanto meno 'linguistico-strutturali'. Eccone una bre­ve lista:

[viii] fl dinamismo strutturale [Lotman I 974]. Ogni livello strut­turale può essere stratificato attraverso l'individuazione di sottoinsie­mi collegati da rapporti conflittuali ; mentre, per converso, dati due qualsiasi livelli dell'opera, sarà sempre possibile congiungerli statica­mente nella descrizione entro un medesimo ed ulteriore piano strut­turale. In fondo , la tesi enunciata da Jakobson [ 1960], secondo cui la funzione poetica proietta il principio di equivalenza dall'asse della sele­zione all'asse della combinazione, non è altro che una formulazione par­ziale ed imperfetta di questa proprietà generale del discorso letterario. Sarebbe più esatto dire che si assiste, entro tutti i livelli della compagine testuale, ad un continuo trasferimento di prerogative: mentre il princi­pio di equivalenza si riflette sull'asse sintagmatico,il principio contrario della non-equivalenza (o diversità) viene proiettato sull'asse paradigma­tico.

[ix] La discontinuità segnica e l'inesauribilità della semiosi [Se­gre 1979].Questopuntodiscendeinparte dal precedente: il testo let­terario ammette la possibilità di collegare fra loro più segni, anche non contigui, al fine di generare per loro tramite il significante di un nuovo significato. Al limite, l'intero testo può essere assunto come unico significante; ma di norma accade che il testo medesimo venga scomposto via via i"n molteplici unità segniche, anche costituite di ele-

l 1'1\ltAI OSSI l 1111. N!l/, l<lNI Ili II ·SI O t J

111 ·n t i uppa t' tl.: n ·n l i u li v •Il i ·t ·ro • ·n ·i della struttura lin guisti a (h.:s­.., j ·ull.: , r n l 'Ì , ·cc. ). ius. lll ·l ·m ·n t , in llrc, pu rientrare co n­

l •m p rancamenle in più unilù s • •niche. [x 1 La pluriisotopicità del messaggio [ Rastier 1972 ; Arrivé 1973 ;

• ;nq po M' 1974) . Ogni segn presente nel testo può essere letto su svari rtti piani di significato , o isotopie. La differenza rispetto al pun­to precedente sta nel fatto che là si raggruppavano dei segni per gene­rnn.: incessantemente altri segni; qui si individuano invece delle linee d i forza semantiche , che permettono di collegare fra di loro dei segni giù cos tituiti. Se poi si pensa che l'opera letteraria tende per sua natu­ra le inerzia a dispiegarsi entro uno spazio intertestuale, si comprende­nì che il processo di individuazione delle isotopie all'interno di un te­

~ t è praticamente illimitato. (xi] L 'annullamento della funzione di preselezione del senso

normalmente svolta dal contesto situazionale e verbale [Segre 1979] . La combinazione dei segni, ed il loro inserimento in una precisa si­tuazione, determina infatti nel discorso non letterario l'abolizione dei significati non contestuali. Per contro, il testo letterario mantiene p tcnzialmente tutti i significati , anche quelli fra di loro contraddit-

t ri . [xii] L 'autoriflessività dei segni linguistici [Jakobson 1960]. Su

1uesto punto non occorrono molti commenti. Nei casi di maggior

· nce ntrazione e intensità dei processi segnici, si puç> conseguire l'e ffetto della memorabi1ità, con cui si assume come esemplare e inal­I ·rabile la disposizione dei significanti [Schwarze 1979]. Ciò che viene r·itenuto dal lettore, insomma, non è un mero contenuto, ma il te­

st stesso nella sua integrità. (xiiil La non sequenzialità della lettura . Tale prerogativa non va

nfusa con la non linearità della base del testo , cui ho già accennato in precedenza, e che fa da supporto all'individuazione di una specifi­·a competenza testuale. Più correttamente , tale fenomeno potrebbe v •n ire designato come .'fruibilità non sequenziale del testo'. Per un v•r o, questa dipende dal punto [x): il raggruppamento dei vari Ics­semi entro una serie potenzialmente aperta di isotopie , con la fre ­q~tente comparsa di uno stesso lessema entro molteplici piani di en­s co nsente di istituire un procedimento di lettura di tipo ' tabulare'

' . l ' ;ruppo M' 1974] . Per altro verso, tale fen meno disce nclc dall a rr-•t larità emanlica de l testo let terario (punto [iv]), c clall'inc uuribi-

l ~. l' .M . BERTINETTO

lit<ì dei suoi processi segnici (punto [ix]) ; il fruitore è costretto a rico­minciare di continuo la lettura, allo scopo di porre in relazione i segni precedentemente acquisiti con quelli che via via emergono all'analisi. Naturalmente, anche la lettura di un testo non letterario può utilizza­re analoghi meccanismi di retroazione; in generale, si può anzi osser­vare che il riassunto mentalmente elaborato nel corso della lettura su­bisce incessanti correzioni e integrazioni man mano che si procede. Ma di norma, il carattere dominante di questo processo resta sequen­ziale1 ° ; mentre il testo letterario può presentarsi, al limite, come uno spazio circolare, percorribile in tutte le direzioni, in cU:i gli stessi con­cetti di inizio e di fine perdono qualsiasi valore.

[xiv] La tendenza omeostatica. Anche su questo punto non c'è molto da dire: il mantenimento dell'equilibrio strutturale è una pro­prietà di tutti gli oggetti estetici, e in quanto tale riguarda anche i te­sti letterari; ma solo nella misura in cui si ammetta che il campo della letteratura rientra totalmente nel dominio delle manifestazioni arti­stiche. li che, come si vedrà, non è affatto scontato.

Ovviamente, tutte le caratteristiche che ho elencato sono com­patibili fra di loro, e possono realizzarsi contemporaneamente. Ma si tratta ora di vedere quante, e quali, fra di esse consentono di arrivare ad un 'autentica qualificazione del concetto di testo letterario. Per ot­tenere questo risultato, occorre evidentemente isolare delle proprietà che siano specifiche dell'oggetto in questione, ossia che rispondano ai due requisiti seguenti: (a) che siano tali da non poter essere condivise da alcun tipo di comunicazione verbale; (b) che si manifestino in tut­ti gli oggetti di questa specie, indipendentemente dalla loro comples­sità11 . Possiamo raggruppare i quattordici punti elencati in preceden­za in tre classi, a seconda che: (I) non soddisfino nessuna delle condi­zioni (a) e (b); (II) soddisfino soltanto la condizione (a); (III) soddi­sfino e n tram be le condizioni.

1 0 Tanto per intenderei dirò, con un 'immagine tratta dall'informatica, che le retroazioni di questo tipo hanno la forma di un 'loop'. L"istruzione' impartita· è della natura seguente: "trasporta in memoria il nuovo elemento acquisito, e modifica i dati ivi accumulati". Una volta compiuta l'operazione, il flusso prosegue nel suo consueto avanzamento sequenziale.

11 Quest'ultimo requisito ci spiega anche perché non è possibile dare una vera e pr~pria definizione del concetto di testo letterario. È chiaro. che l'accertamento della letterarietà di un dato testo deve necessariamente precedere tutta la serie dei riscontri linguistici e struttu­rali. Le riserve avanzate all'inizio di questo scritto si fondavano su considerazioni di questo genere.

l'A l{ l>OSS IIH'.LI .A N( ZION E ()l TEST 15

N llu pri ma class son inclusi a vario tit l i punti [ij (= vio-1 1'1lo11 c nt mpo ran a di tutte le condizioni eli validità) , [iij (= in­d 1 rminot ·zza ituazionale), [iii] (= instauraz ione di criteri intrin-

·1 di v rità), [iv] (= circolarità semantica), [v](= abolizione del po­' lulu t di comprensibilità), [x] (= pluriisotopicità del messaggio), 1 Ili (= autoriilessività e memorabilità) e [xiii] (= non sequenzialità ddlu lettura) . Tra queste proprietà, le prime cinque sono condivise unch da certe forme patologiche della comunicazione linguistica, ~om e il linguaggio schizofrenico [Bertinetto 1980]. Quanto alle altre,

In pluriisotopicità si manifesta ogniqualvolta si ricorra ad un tropo ( ·quivoco , metonimia, metafora, ecc.) ; tutt'al più, si potrà dire che 111.'1 tes to letterario la conce n trazione dei livelli isotopici è maggiore, mu in tal modo si riduce la questione ad una dimensione puramente lll lmtitativa. L'autoriflessività contraddistingue anche, per fare un ca­

,' as ai scontato, buona parte del discorso propagandistico; la memo­mb ilità è presente, dal canto suo, in certi testi giuridici, o in formul e d t uali. Infine, il carattere non se q uenziale della le t tura può trovarsi r •ulizzato , ad esempio, in certi testi mistici, caratterizzati dall'osses­·ivu elencazione degli attributi della divinità, reciprocamente impli­

·nti per via ossimorica. Nella seconda classe possiamo includere i punti [vi) (= abolizio-

n • del carattere predicativo del messaggio) e [vii) (= presenza di una 1 rza persuasiva virtuale), che in effetti valgono soltanto a qùalifica­l ll taluni casi estremi; e che del resto sono stati introdotti da Schwarze ( 1979] unicamente in relazione ad un preciso sottoinsieme di

l •sti le t t erari: quelli lirici. Nella terza e ultima classe possiamo elencare, non senza qualche

lisc rva, le seguenti prerogative: (viii] (= dinamismo strutturale), t lxl(== discontinuità segnica), [xi] (== annullamento della funzione pre­s •l ' ltrice del contesto) e [xiv](= tendenza omeostatica). Ho accenna· t J all'esigenza di mantenere qualche cautela, in quanto l'ultimo pun-1 > presenta aspetti alquanto dubbi. Innanzi tutto, si può cont tar · n validi argomenti il fatto che ogni oggetto letterario sia anch ne­. · sariamente un oggetto artistico (si pensi alla letteratura di con u-

111 ) : in secondo luogo , non endo p s ibile accertare concretamen-1 • l<~ presenza di questa tendenza all' quilibrio trutturale, tale carat­I •ri stica assomiglia peri olosamentc ud una p tizionc di principi . [n

d •fi11itiva , non no che tre (u quant mi onsta) l· pr pri 'là str tla ·

P.M . BERTINETTO

mente riservate ai testi letterari, tali da differenziarli dalle restanti forme di comunicazione verbale. Si noterà che la loro capacità di sod­disfare anche il requisito (b) indicato sopra è assicurata dal fatto che tali prerogative riguardano piuttosto le modalità di ricezione del te­sto, che non aspetti concreti della sua realizzazione. Ciò garantisce appunto la possibilità di assumere nella sfera letteraria qualsiasi se­quenza di segni linguistici, purché essa risponda alle condizioni speci­fiche che ogni data cultura impone per una simile acquisizione. In altri termini , qualunque sia il grado di elaborazione formale di una tale sequenza di segni, sarà sempre possibile far sorge·re in essa quei dinamismi strutturali e quell'intrico di virtualità segniche, che con­traddistinguono la fruizione di un testo letterario 1 2

.

4 . Le considerazioni svolte nell'ultima parte del paragrafo prece­dente contengono alcune conseguenze di rilievo rispetto al tema della mia trattazione. Sono infatti emerse alcune peculiari caratteristiche che distipguono il testo letterario da ogni altro tipo di testo. Ma allo~ ra , esiste la possibilità che si debba scartare l'ipotesi iniziale, secondo cui le definizioni di testo , elaborate nell'ambito della linguistica te­stuale, dovrebbero valere anche per la classe (che si presume più ristret­ta) dei testi letterari. Questi ultimi, in sostanza, non rappresentereb-

12Cfr. Orlando [1973:62): "Un racconto[ ... ] potrà essere scritto con l'astinenza più ri ­gorosa da figure di stile, come metafore o altre. E tuttavia potrà essere innegabilmente di al­tissima densita figurale, analizzabile solo su unità più ampie, entro il testo. di quelle su cui si analizzano le figure di stile" . . _Tra gli elementi caratterizzanti del testo letterario si potrebbe ancora annoverare il prin­

CIPIO enunc1ato da S. Marcus [1968], che succintamente è formulabile nei termini seguenti: il discorso poetico (o letterario ; ma qui la scelta dell'aggettivo non è del tutto priva di conse­guenze) presenta tendenzialmente omonimia massima e sinonimia minin1a, in contrasto col di­scorso scientifico che esibisce prerogative diametralmente opposte. In pratica, questo significa che un 'opera scientifica potrebbe essere esposta in molte forme diverse, tutte ugualmente plausibili, purché fondate su convenzioni riconosciute. Un'opera letteraria, invece, può ma­nifestarsi soltanto nel modo in cui è stata realizzata; qualunque alterazione del significante ne muta inevitabilmente il senso globale. Nonostante l'indubbia pregnanza di questa propo­sta , sono tuttavia restio ad includerla nell'elenco delle caratteristiche del testo le.tterario e ciò per i due seguenti motivi. In primo luogo, questa formulazione riguarda piuttosto illln­~uag~o . p_oetico (o_ letterario) , che non il testo letterario in quanto tale. ln secondo luogo, il prmcJpiO suggcnto dallo studioso romeno indica più che altro una tendenza al limite; esso costituisce dunque un modello puramente teorico, assai utile per inquadrare il proble­~na del ~iscorso letterario, ma inagibile a livello di analisi concreta. Nessun testo poetico, 111 effetti , presenta un tasso infinito di omonimia, né un tasso perfettamente nullo di sino-11imia.

l l'i\RADOS l DEI. I, i\ NOi'. IONI 111 II ·S'I'O 17

bcro un soltoin i ·m · d ·ll ' in si ·m · ' tes t ' , ma si qualifi cherebbero per

una loro precipua allcrit ù. Sulle prime que l ta c l teorico può sembrare aggirabik. Le

qualità caratterizzanti del testo le tterario riguardano specificamente , come abbiamo appena visto , la ricezione del messaggio ; mentre le de­l'inizioni su base pragmatica proposte daila teoria del testo concerno­no più che altro l'aspetto della produzione. Si tratta pertanto di due diversi livelli di analisi , in base ai quali può essere salvaguardata tan­to la tipicità della nozione di testo letterario , quanto la generalità del concetto di testo . Ma il problema si complica se riprendiamo in esa­me le proprietà che ho raggruppato nella seconda classe: quelle cioè che sono esclusivamente riservate ai testi letterari, pur senza essere necessariamente presenti in tutte le manifestazioni di questo tipo . Come si ricorderà, queste caratteristiche sono di natura strettamen­te linguistica , o logica e linguistica insieme; dunque, non è possibil affermare, come nel caso precedente, che esse si collocano su di un livello eterogeneo rispetto a quello della produzione del messaggio. A questo punto , il paradosso diventa inevitabile. Esistono almeno al ­cuni testi , tra quelli correntemente accettati come letterari , che si differenziano dai restanti testi anche proprio in rapporto alla loro c -stituzione linguistica (e si noti che io ho di proposito enormemen l allargato il campo delle produzioni verbali, includendovi persin quelle di natura patologica). In altre parole, esistono dei tesli i quali o sono letterari, oppure non sono affatto dei testi . L'attribut ' letterario', pertanto, non si presenta in tali casi come una m era specificazione aggiuntiva, ma come un elemento costitutivo dell 'og­getto. Insomma, nel dire che una data produzione verbale è un test letterario non mi limito a funzionalizzare in una prospettiva parti-, colare (quella, appunto , della letteratura) un testo autonomament · esistente; piuttosto , faccio esistere come testo un simile ogg tto ver­bale, ossia rendo accettabile una manifestazione linguistica altrim en li incongrua (ciò vale , lo ribadisco , soltanto nei casi limite; ma è lana­tura del fenomeno che conta, non la frequenza della sua comparsa .

Del resto se torniamo a considerare la definizion e di testo pro p ta da S. Schmid;, ci rendiamo subito conto della suainad egua tezza ri pet­to ai casi estremi cui mi sono appena rif rito . ome si ri corderà , av v messo in risalto , a su t m1 , du as) eHi particolari eli qu tu r rrnulazion , heè ra pp rtun ripr·nd r· ~ l cifi am nte in '.U l1 '.

l ~ P.M. DERTINETIO

viene assunta come unità minima di articolazione del testo. Ma se è vero che in talune fonne della comunicazione letteraria può venire a manc~e lo ·stesso carattere predicativo del linguaggio, ne consegue c!1e .e~ts~ono ;Imeno alcuni testi (di natura letteraria), in cui a rigore l umta frase non compare affatto. Si pensi ad un testo letterario cons~stente in un'elencazione pura e semplice di lessemi, disposti in mamera oculata ma sintatticamente slegatP 3

.

L'altro aspetto saliente che emerge dalla definizione di Schmidt è ciò che egli chiama 'coerenza tematica'. È lo stesso autore ad infor­marci che la coerenza di un testo è la conseguenza di una struttura profonda sottostante, che determina le relazioni tra le frasi la loro successione e realizzazione lessicale; e che si configura come' "un in­sieme o~dinato di complessi tematici" [Schmidt 1973:258] . L'esi­stenza dt tale struttura profonda sarebbe dimostrata dalla presenza di tutto un fascio di facoltà, che rientrano nel campo specifico della co~petenza testuale . Ma questo non fa che rafforzare il paradosso CUI accennavo sopra. Se continuiamo a tenere come punto di riferi­mento opere letterarie di ardita concezione formale (come ci è impo­sto .dallo svolgimento del tema prescelto), apparirà chiaro che l'unica faco ltà che resiste anche in queste circostanze estreme è quella di ri­conoscere e classificare i testi in base a criteri tipologici. Infatti si possono dare testi letterari cui non è possibile fornire alcuna parafrasi o alcun riassunto; e rispetto ai quali la stessa assegnazione di un ti­tolo appropnato al contenuto del messaggio può diventare un'opera­zione arbitraria 1 4

. Al limite, il fruitore può risultare addirittura inca-

13 . N.atur~ente, al mom~nt~ della f~uizione, ossia della traduzione del testo in categorie ~ pensJero, ~ carattere predicativo verra inevitabilmente recuperato; ma sempre in forma la­?• le .e precana. l rapporti che si possono istituire fra i lessemi di un simile testo sono infatti l piu imprevedibili : ciascun elemento può essere, di volta in volta, soggetto e predicato

Qu_aJcuno potrebbe obiettare· che anche un normale testo può limitarsi ad una mera e~ lcncaz10ne, magari dipendente da un performativo del tipo: "Io ti d1'co " Tutta · · 'ff · . . . ·.. . VIa, UJ una SI atta tpotest, la funziOne swtattica di tutti questi lessemi sarebbe la stessa, e dunque risul-terebbe perfettamente stabile. Inoltre, l'effetto prodotto dal testo, cioè la perlocuzione po­trebbe al massimo ridursi, nell'ipotesi appunto estrema, a quello di informare J'ascolta~ore Vale a d~e: '_'Io ti dico ... aff'rnché tu lo sappia". Ma in un testo letterario del tipo cui accen~ n_avo ~oc anz1 sare?be q~anto meno presente, stando a quel che si è visto, uno scopo persua­SIVO ~rtuale, che di per se assicura il carattere estetico della comunicazione

1 Ovv:am~nte, titoli ~ome 'frammento', 'componimento', e simili (m~gari seguiti da un numero d ordrne), non nspondono al requisito specifico dell'appròpriatezza rispetto al con­tenuto.

Zl NE 1>1 TI \ST

d u:;s l'i · nut n mam ·nt· s il tes t è mpiul , p i h· in si­' ' ~' lu • mpiul zza ~ un lal difattocheillll r assumenclm­

n ui l' p ra letteraria gli vi ne pr s n la la in quanlo tale (cfr. , mcnlazi ne ana loga, le riserve spre se a prop ilo del ca­

' 111 •r• om sla lico del testo lellerario, che ho assimilato ad una sor­I 1 d i p •l izi n di principio). Quanto poi alla capacità di classificare il kS l ; su di ssa si possono notate due cose. ln primo luogo, es a non .lpuan.la il lesto in se stesso, ma piuttosto la funzione che gli viene a -N • >nata nell 'ambito di una determinata cultura. In secondo luogo, n n si può certo dire che essa sia in relazione con la struttura tema li-

·u dell'opera. Ma allora, in cosa consiste la coerenza del testo letterario? Co-

minciamo coll'osservare che esistono molte specie di coerenza. 'è una coerenza (o coesione) grammaticale; e questa, come si è vi­

sto , non è strettamente richiesta per qualificare come testo un certo atlo di comunicazione linguistica. C'è poi una coesione di tipo logico-semantico: quella che consente di compiere corrette inferenz a partire dalle frasi di un testo (cfr. Bellert 1970)1 5

. Ad un livello più astratto troviamo la coerenza tematica di Schmidt, sulla cui insuffi­cienza rispetto a talune modalità della produzione letteraria mi sono appena soffermato. C'è infme almeno un altro livello di coerenza, che potrebbe essere denominata 'strutturale' . Secondo tale prospettiva , un dato testo è coerente nella misura in cui esso costituisce un orga­nismo in sé compiuto. Ovviamente, la maggior parte delle opere lette­rarie è ·coerente anche in senso tematico1 6

; ma se la coerenza di un testo è unicamente di carattere strutturale, credo che si debba con­cludere che tale testo si qualifica necessariamente come letterario. In altre parole: nel contesto della comunicazione letteraria, la coerenza

15 Si badi però che la stessa Bellert è consapevole del fatto che i criteri da lei inclividua­ti valgono solo per certi tipi eli testi; non tutti. C'è poi da notare che questa autrice osserva che in ogni atto di comunicazione linguistica esistono assunzioni di diverso genere. Ad es., si assume che il destinatario (a) conosca il contenuto di ciò che è stato detto frno a quell 'istan­te (e questo è un requisito indispensabile per trarre conclusioni corrette dal discorso). Inol­tre, si assume che il destinatario (b) conosca il contesto situazionale; (c) abbia una certa co­noscenza del mondo reale; e inlrne (d) conosca il sistema linguistico impiegato . Ora, alcune di queste assunzioni sono troppo generiche, come la (c), in quanto valgono anche per atti comunicativi non linguistici. Altre non sussistono necessariamente nel caso delle produzioni letterarie. In particolare, l'assunzione (b) può ridursi ad una mera tautologia, poiché in certe circostanze il contesto può anche coincidere interamente col testo. Quanto al punto (n) , non è detto che il lettore 'conos n'il contenuto di ciò che è stàto detto fwo al punto ti, pcrchè

2 P.M. BL:: RTINETTO

tematica non è strettamente richiesta . Importa osservare qui che _i quattro tipi di coerenza appena elencati non appartengono tutti ad una stessa linea gerarchica. Se c'è coesione grammaticale , non è detto che si debba avere per forza anche coesione semantica, o temati_ca, o strutturale . Del resto , solo gli ult imi due tipi sono indispensabili per fondare la nozione di testo. Quanto poi alla coerenza strutturale, essa si colloca su di un piano del tutto particolare: i criteri che la infor­mano non sono di natura linguistica (come avviene per la coesione grammaticale o semantica), né di natura psicologica in senso lato (co­me per la coesione tematica) , ma prettamente semiotici. La coesione strutturale sussiste nella misura in cui è possibile recepire un dato messaggio secondo. quelle specifiche modalità di attuazione del se­gno, che caratterizzano appunto il testo.

A questo punto, è ormai chiaro che l'unico modo di risolvere il paradosso cui ho accennato prima, consiste nell'allentare i criteri di individuazione del concetto di testo. Infatti, l'ipotesi fatta in parten­za pretendeva che l'insieme dei testi non letterari includesse anche l'insieme dei testi letterari ; mentre all'analisi è risultato evidente che tal.i insiemi sono piuttosto in intersezione. Ossia, esistono alcuni tipi di testi letterari che non rientrano nelle definizioni proposte dalla lin­guistica (e teoria) testuale. Ma qui sorgono altre difficoltà . Se allar­ghiamo troppo i criteri con cui definiamo la nozione di testo , rischia­mo di vanificare l'oggetto stesso della linguistica testuale. Si cade co­sì in un altro tipo di paradosso: quello di avere una disciplina priva del proprio oggetto di studio.

Vediamo attraverso quali tappe può verificarsi una situazione di questo genere. Un testo potrebbe essere definito come qualsiasi se­quenza coerente di segni linguistici, effettivam ente prodotta, dotata di intenzionalità comunicativa e di una specifica funz ione culturale.

questo genere di messaggi non viene assimilato in modo sequenziale attraverso la le ttura, come si è già osservato; dunque, il destinatario non può compiere alcuna deduzione (o le può compiere solo in forma provvisoria e precaria), fmtantoché non abbia condotio a terrni· ne la propria analisi. In definitiva, si resta soltanto con l'assunzione generica (d); sulla cui base sarebbe tuttavia estremamente azzardato edificare una teoria del testo.

16 Persino i dialoghi assurdi di J onesco sono tematicamente coerenti, benché sernantica· mente illogici . Quanto ai discorsi prodotti da uno schizofrenico, sono anch 'essi coerenti a li· ve llo tematico , purché si sappia ricostruirne il senso~ al di sotto della superfice dissestata. Beninteso, esistono anche delle forme patologiche del tutto prive di coerenza: si pensi alle ecolalie. Ma questi , per l'appunto, non sono testi.

21 l I'ARAD SSll ~ ~ LA N Zl NE l l ' I I ~ST

. t di rcnd ·r t,; Ili o III •Il • d •Il · pr cluz.i -Qu sta form ul azione ctonscnte J·ncOI1gru. l) lll' ' ll 'SHC siun v la l al-

. 1- · t' he apparen emen • · 11 1 mgut~ ~~ . M ' l prob lema eli llllll simi t · imp staziOn lu t rasmJssione dl un senso . a 1 . , 1 l' d limitare un

f l a non permctt tn al un m t o l nasce dal atto c 1~ ess

1_ un r quisito inalienabile eli

[j 'terio dl coerenza c le pure . l cf JCace CD . ' . t fa eh la C ercnza struttura e ogni testo. Abbiamo infattl Vlls o poc~a tematica · e d'altra parte essa non include necessariamente a coeren . o qu' m· dl. sapere a prio-·

· · · · d' t to Non poss1am ' non riguarda tuttl l t~pl l _es . t ul piano tematico o su quello . n dato testo nsultera coeren e s . .

n , se u d' . . l'elaborazione dl una grammatica strutturale . In queste con l~lom , 'b 'l Del resto poiché il carattere

d. t un'impresa lmpossl l e. ' del testo !Yen a 1 d ·ate forme di azione non ver-. . t' , posseduto an c 1e a svan comu~lca tvo e . he la definizione appena proposta debba _ri-balle, ~ abll~aatsttoanpz:a~~IOt~oppo debole rispetto allo scopo di costrurre ve ars1, a '

t . l 7 . una gramma 1ca · . ·ste a mio avvi-

L'unico modo per uscire da questa lillP~sse _consl , l'nguistica . te che non puo eslstere una l

so, nel riconoscere trancame:mbrare una conclusione ancora più pa-del testo . Questa potreb~e s momento che una disciplina di questo radossale delle precedenti , dal · studiosi Sono perfetta-

. d' f tto praticata da numerosl . nome v1ene l a torio di tale affennazione. mente consapevole del cara~tere p~o~~~= disciplina che in effetti e­Mi affretterò dunque a pre_c1sare c e una linguistica dei testi, a

d e intesa pmttosto come siste , eve _esser . . . l ia dei testi costituita su base prag-sua volta tnbutana dl una tzpo og . d l testo di Schmidt sia implici­matica . Assumo che anche la ted~na e teoria dei testi) nonostante

d. to tipo (vale a rre , una ' tamente 1 ques . . . . testo fornita da questo auto-le limitazioni insite nella defmmone di

re. . . asso non può che consistere nella classi-In sos~anza , _ Il pnm~:duzione linguistica secondo una serie di

ficazione d1 ogm data P . u' site e soggette ad una co­categorie cultura~i _preventlv~ment~ acq o l ci 'si potrà avvalere, a tal stante ed insenslblle evoluzwne. pess

. inaccettabi1e in quanto vaga, la nozione dJ coc· l 7E' appunto per questo c~e mi seml~~73 ) defini ta 'genericamente in termi ~li ~ ragma·

renza ' retorica' di cui parla W!ddow~on d' coe;enza pragmatica; caso mai, si puo d! S o\'l'C· tico-comunicativi. Non ha senso par ~re l . 't m' dl'spensabile per inquadrare il lipo di

t' che e un reqUISI o . b' t re di appropriatezza pragt_D a Jca , l .· l testo.Ma su questo punto. SI veda su l o coesione specificamente mstaurato da smgo o

sotto .

22 P.M. OERTIN.LiTTO

fine, di espliciti contrassegni esteriori; come possono esserlo, per cer­ti testi letterari, gli artifici metrici o h1 divisione in capitoli (fatto sal.: vo l'uso parodico di simili espedienti, che può comportare degli slit­tamenti nella categorizzazione del prodotto). Per questa via si cerche­rà di comporre un complesso reticolo tipologico, che comprenda Ògni sorta di testi; ovviamente senza escludere i testi letterari, pur nel ri­spetto della loro alterità semiotica. Questi ultimi saranno anzi a loro volta ripartiti in generi, secondo le classificazioni trasmesse, e di con­tinuo aggiornate, da ogni cultura. Soltanto dopo aver stabilito la na­tura del singolo testo, e dopo aver precisato il tipo di reazione che di fronte ad esso occorre assumere, diventerà possibile delineare analiti­camente le regole di coesione interna che lo contraddistinguono in quanto tale; ossia, coerenza strutturale e/ o tematica, ed eventualmen­te anche coerenza semantica e/o grammaticale. È precisamente a questo livello che si apre uno spazio per la linguistica testuale (ovve­ro, dei testi); poiché è chiaro che i criteri di organizzazione di ogni singolo atto di comunicazione verbale differiscono enormemente dal­la conversazione spontanea, allo scritto giuridico, alla dissertazione scientifica, alla lirica, ecc .. Al limite, si potrà anche arrivare entro un quadro così delimitato, a costruire le grammatiche dei div~rsi tipi di testP 8 . In fondo, è proprio questo il compito che si è assunta la narra-

181 t . . . ' n ques a prospettiva tipolog1ca, puo trovare spazio anche un 'analisi del tipo di quelle c?ndot~e da Parisi e Castelfranchi: che mettono a nudo la complessa gerarchia di scopi sog­gtacenti ad un brano di conversazione dall'apparenza assai dimessa [1980]; oppure arriva­no a fornire criteri per distin_guere tra tipi di c·omunicazione linguistica più o meno forma­li '[1977]. Naturalmente, la nozione di scopo è, in sé, ancor più generale del concetto di comunicazione; si possono dare azioni non comunicative, e purtuttavia dotate di scopo (come il gesto automatico di chi scaccia una mosca). In quanto tale, la nozione di scopo rientra piuttosto in una teoria generale del comportamento [Castelfranchi & Parisi 1980]. Del resto, desterebbe sospetto il fatto di utilizzarla per definire il testo lette­rana.; che, ~eno nell'accezione estetica del termine. non è propriamente fmalizzato ad altro che a se stesso (a meno che non si voglia parlare di un 'metascopo' specifico per te produzioni artistiche). Ma sta di fatto che, nell'ottica particolare cui si è accennato, que­sto approccio può dare ottimi risultati: dopo tutto, il testo è una forma di comportamento. !?oltre, le applicaz~oni pratiche di questo metodo consentono di correggere certe ingenui­ta .. che accade talvolta di notare. Ad es., Van Dijk [1973] dichiara che la 'macrostruttura', oss1a la struttura tematico-semantica globale che esplicita la coerenza del testo, è un model­lo di quel progetto (in senso psicologico) che presiede all'elaborazione del discorso. Ma si dà il caso che vi siano testi (tipicamente le conversazioni), in cui un siffatto progetto non esiste. o per meglio dire viene continuamente modificato attraverso l'adozione di sempre nuovi scopi. Trascurando questo fatto, si arriverebbe all'assurdo di affermare che una con-

l PARAD SSI DG LA N Zl NE DI T 1S'I'O 23

tologia, per la parte che le compete; ed .e quest~ che Lu~ov . Waletzky ll9761 hanno tentato di fare, analizzando 1 res?contl ~rah

· gli individui espongono le proprie esperienze. Perfmo le ncer-con cu1 ·r -t d p o h

d' Petofi mi pare che prendano senso solo se n en e a una r -c e I t l li . e cla spettiva di questo genere: la grammatica del tes o c 1e .eg vt~n. . -barando è in realtà la grammatica di un testo, ovvero d1 ~lcunz tzpz ~l testo, preventivamente individuati mediante quel fùtro ~~conoscenze. pragmatiche, che nel suo modello prende il nome d1 co~ponenl~ 'contestuale'. Viceversa, deve essere chiaro che il mancato nconosCl* mento dei limiti inerenti alla linguistica testuale, che per la .sua st~s a collocazione epistemologica deve essere concepita, come un mgred~ n· te della teoria generale dei testi, non fa altro che esporre tale dtsci­plina a quel rischio di dissolvimento, così lucidamente e severam n l'

tratteggiato da P. Ramat [1976].

Appendice terrninologica

Mi sembra opportuno, dopo tutto questo 'furor ?efmi~n~i' ~ chiarire il senso che personalmente attribuisco ad alcum termmt d1 impiego corrente, tenuto conto dell'incertezza che regna a tal propo-

sito. l' tt d 1 Frase: è un'unità d'analisi grammaticale (non concerne aspe o C·

la produzione verbale). . . . . , Enunciato: qualunque sequenza di segni linguistici m quanto pro·

dotto'. Enunciazione: qualunque sequenza di segni linguistici in q~an.t~ 'at·

to' (di produzione), riferibile ad un emittente ~e~l~, md1:1dua­bile nel tempo e nello spazio. Rispetto alla defm1Z10ne d1 t~sto che ho proposto nell'ultima parte del mio scritto , mancano l re­quisiti dell'intenzionalità comunicativa, della coer~nza, e della funzionalità culturale. Il testo, d'altro canto, non e tale se non è effettivamente prodotto, ossia enunciato.

Discorso: modalità d'uso del linguaggio, determinata in ba.se a coor­dinate pragmatico-culturali. In tal modo, il discorso v1ene ad es-

· e' un testo ma una serie di testi variamente combinati fra di loro; tanti quun-versaziOne non , ti sono i 'progetti' via via elaborati.

P.M. Ili' IU 'IN E'ITO

sere il corrispettivo lingui ti c indissolubilmente legato al testo, a sua volta definito (come si è visto) secondo una tipologia di natura pragmatico-culturale. Così, si parlerà di discorso lettera­rio, politico, scientifico, in rapporto ai testi letterari, politici, scientifici; oppure , in senso più ristretto, di discorso diretto e indiretto, alludendo alle specifiche forme con cui i protago­nisti si affacciano alla superficie del testo.

NB. Il discorso, così definito , non andrà confuso col 'registro' (fami­liare, formale, ecc.), che è una modaltà d'uso della lingua , non del linguaggio. Inoltre, l'espressione 'linguaggio letterario' (e scientifico, ecc.) non sarà da intendersi come un esatto equivalente del sintagma 'discorso letterario' (e scientifico, ecc.); il termine 'discorso', infatti, coinvolge qualcosa di più della mera strutturazione linguistica, in quanto contiene un implicito riferimento all'esistenza di locutori rea­li, cioè emittenti di testi compiutamente realizzati.

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