Upload
others
View
2
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
25/02/2019
1
A.A. 2018-2019
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato• Polipropilene
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
1
2
25/02/2019
2
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato• Polipropilene
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato• Polipropilene
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
3
4
25/02/2019
3
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato• Polipropilene
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato• Polipropilene
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
5
6
25/02/2019
4
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
7
8
25/02/2019
5
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
9
10
25/02/2019
6
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)• Poliuretani• PE tereftalato• Polipropilene
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
11
12
25/02/2019
7
Le plastiche più comuni sono:• Polietilene (PE)• Polistirene (PS)• Polivinil cloruri (PVC)
• Le materie plastiche sono polimeri formati generalmente da C, H, O/Si.• Per creare questi polimeri, il petrolio e altri prodotti, vengono riscaldati (distillati)
in condizioni controllate, e divisi in monomeri.• I monomeri vengono successivamente polimerizzati in maniera variegata e
addizionati di altre molecole per formare le plastiche.
Le materie plastiche possono essere suddivise in due categorie principali:• Termoindurenti: solidificazione irreversibile• Termoplastiche: possibile ritorno a
condizioni originali
• La produzione di plastica è partita su larga scala dagli anni ’50
• È poi cresciuta in maniera esponenziale: da 2,3 milioni di tonnellate prodotte nel 1950 si è passati alle 448 milioni di tonnellate del 2015.
13
14
25/02/2019
8
9,2 miliardi di tonnellate di plastica
6,7 miliardi di tonnellate spazzatura
6,3 miliardi di tonnellate
monouso
Non esistono stime precise su quanto le plastiche possano biodegradarsi, i tempi
previsti vanno, nel peggiore dei casi, da 450 anni a mai.
LA PLASTICA DALLA TERRAFERMA, AI FIUMI, AL MARE
La maggior parte delle plastiche finisce in mare, a causa non dei rifiuti scaricati dalle navi, ma dalla malagestione sulla terraferma.
Le plastiche si dividono in:• Macroplastiche – hanno dimensioni variabili (da
più di 1m fino ai 2,5 cm)• Microplastiche – >2,5 cm, ne esistono di due tipi:
• Microplastiche primarie – create intenzionalmente
• Microplastiche secondarie – frammenti di oggetti più grandi
PRODUZIONE DELLA PLASTICA
PLASTICA ALLA DERIVA E SULLE SPIAGGE
LE PLASTICHE MANCANTI ERANO DEGRADATE IN MICROPLASTICHE
15
16
25/02/2019
9
Le plastiche si dividono in:• Macroplastiche – hanno dimensioni variabili (da
più di 1m fino ai 2,5 cm)• Microplastiche – >2,5 cm, ne esistono di due tipi:
• Microplastiche primarie – create intenzionalmente
• Microplastiche secondarie – frammenti di oggetti più grandi
PRODUZIONE DELLA PLASTICA
PLASTICA ALLA DERIVA E SULLE SPIAGGE
LE PLASTICHE MANCANTI ERANO DEGRADATE IN MICROPLASTICHE
Le microplastiche secondarie si formano dalla rottura delle macroplastichegrazie:• Alla forza fisica generata dalle onde;• All’energia veicolata dai raggi solari (UV);• All’azione di alcuni organismi marini.
• Le microplastiche sono ovunque negli oceani. Più di 1/3 dei pesci contiene microplastiche (principalmente nel GIT)
• Specie diverse ingeriscono plastiche diverse in base al peso specifico dei materiali:
• Se > 1, affondano e si depositano (es. PS, PVC e PET)• Se < 1, galleggiano (es. PE e PP)
17
18
25/02/2019
10
• Le microplastiche si accumulano nel GIT dei pesci, che spesso vieneeliminato, ma alcune specie vengono consumate interamente (es. molluschie crostacei).
• Le nanoplastiche invece possono attraversare le pareti degli organi etraslocare nei tessuti dei pesci e, di conseguenza, anche in quelli degli umaniche li consumano.
• Gli additivi usati nelle plastiche - quali pigmenti, stabilizzatori, repellenti,ritardanti di fiamma, sostanze come bisfenolo A e gli ftalati - possono essererilasciati dalle plastiche in base alla temperatura, pH, proprietà degli additivi,frammentazione e caratteristiche intrinseche della plastica.
• Le microplastiche possono assorbire i contaminanti organici idrofobici equindi possono rappresentare un vettore per trasferire questi composti agliorganismi acquatici. I composti organici idrofobici preoccupanti identificaticomprendono: pesticidi organoclorurati (OCPs), bifenili policlorurati(PCBs) e idrocarburi policiclici aromatici (PAHs).
DDT decaclorobifenile 3,4-benzopirene
• Le microplastiche si accumulano nel GIT dei pesci, che spesso vieneeliminato, ma alcune specie vengono consumate interamente (es. molluschie crostacei).
• Le nanoplastiche invece possono attraversare le pareti degli organi etraslocare nei tessuti dei pesci e, di conseguenza, anche in quelli degli umaniche li consumano.
• Gli additivi usati nelle plastiche - quali pigmenti, stabilizzatori, repellenti,ritardanti di fiamma, sostanze come bisfenolo A e gli ftalati - possono essererilasciati dalle plastiche in base alla temperatura, pH, proprietà degli additivi,frammentazione e caratteristiche intrinseche della plastica.
• Le microplastiche possono assorbire i contaminanti organici idrofobici equindi possono rappresentare un vettore per trasferire questi composti agliorganismi acquatici. I composti organici idrofobici preoccupanti identificaticomprendono: pesticidi organoclorurati (OCPs), bifenili policlorurati(PCBs) e idrocarburi policiclici aromatici (PAHs).
DDT decaclorobifenile 3,4-benzopirene
19
20
25/02/2019
11
L’impatto economico negativo sull’oceano è stato stimato essere circa di 8 miliardi di dollari annui.
Sono stati fatti sforzi a livello globale, tra i quali i più importanti sono: • Global Partnership on Marine Litter (GPML)• The Honolulu Strategy• The G7
Altre «buone notizie»:• Molti paesi hanno eliminato/tassato le borse di
plastica• La Francia ha annunciato di voler eliminare dal
2020 piatti e bicchieri di plastica• USA, Canada e UK hanno imposto leggi per
eliminare le microbiglie di plastica contenute neicosmetici come esfolianti
• Coca Cola ha annunciato di voler arrivare al riciclodel 100% delle bottiglie che produce entro il 2030
21
22
25/02/2019
12
Per arginare il problema è necessario passare da un’economia lineare ad una circolare, promuovendo il riciclo ed eliminando le plastiche monouso
Inoltre serve produrre nuovi tipi di materiali, con le stesso proprietà delle plastiche, ma biodegradabili:Plastiche biodegradabili Poliuretani
Bioplastiche PHA/PHB
La cosa più importante però è sensibilizzare la popolazione ed educarla alla corretta gestione dei rifiuti e ad un utilizzo responsabile.
Tra le plastiche biodegradabili (bioplastiche) più interessanti ci sono sicuramente i poliidrossialcanoati microbici o PHA.
I PHA sono termoplastiche naturali biodegradabili, sintetizzate e accumulate da un’ampia varietà di microrganismi. Si tratta di poliesteri alifatici.
Il loro vantaggio è quello di essere biodegradabili in condizioni ambientali «normali»
• Uno dei poliesteri alifatici più studiati è il PHB• Sono stati usati in diversi campi di
applicazione • Classificati in PHA a lunga o media catena:
• SCL-PHA (3-5 C)• MCL-PHA (6-15 C)
23
24
25/02/2019
13
1923-27
• Lemoigne isolò e caratterizzò il poliestere poli-3-idrossibutirrato o PHB (un tipo di PHA) da batteri
1958-60
• Staudinger vince il premio Nobel per la Chimica per la sua convinta difesa sul concetto di “macromolecole”.
Fino al 1960
• Non era diffusamente noto che i batteri potessero produrre poliesteri
LA SCOPERTA
1957-58
• Interessamento alla relazione tra granuli intracellulari nei batteri e la grande quantità di PHB trovata in alcune specie
1961
• 1961: Doudoroff e Merrick isolano granuli “nativi” di PHB da Rhodospirillumrubrum e Bacillusmegaterium
1982
• ICI annuncia una nuova termoplastica biodegradabile da Wausteriaeutropha. Nasce Biopol, formata da HB e HV
LA RISCOPERTA
• I granuli di PHB nei batteri fungono da riserva intracellulare di nutrimento ed energia
• Il polimero è prodotto in risposta a limitazioni di nutrienti• In queste situazioni, si attiva un pathway metabolico che devia le unità acetiliche
dal ciclo di Krebs alla produzione di PHB.
Il PHB è un polimero ideale come stoccaggio di carbonio perché:• Non è idrosolubile• È chimicamente e osmoticamente inerte • Può essere riconvertito in acido acetico
Gli specifici enzimi che catalizzano la reazione per la sintesi dell’acido 3-idrossibutirrico, monomero del PHB, non furono identificati fino al 1973.
25
26
25/02/2019
14
Questo ciclo si attiva quando l’acetil-CoA non può entrare nel ciclo di Krebs per mancanza di nutrienti della cellula richiesti per il metabolismo dell’acetil-CoA.
• Catalizza la dimerizzazione di 2 acetil-CoA in acetoacetil-CoA
1° enzima: Chetotiolasi
• Catalizza l’idrogenazione di acetoacetil-CoAin idrossibutirril-CoA
2° enzima: Reduttasi • Catalizza la
polimerizzazione del monomero precedentemente formato
3° enzima: Sintasi
Un meccanismo dettagliato per la reazione di polimerizzazione da parte della sintasi è stato proposto nel 1992.
1. Per l’iniziazione, i due gruppi SH legano due molecole di 3-OH-butirril-CoA2. Si ha una reazione di scambio tra gruppo tioestere e ossiestere3. Si forma un dimero di idrossibutirril-CoA, con rilascio di uno dei due SH4. Per la propagazione, un nuovo monomero di 3-OH-butirril-CoA si lega sull’SH
libero, compiendo una nuova reazione di scambio, formando trimeri, tetrameri…
Reazioni termodinamicamente favorevoli perché la forza del legame dell’ossiestere è maggiore rispetto a quella del tioestere
27
28
25/02/2019
15
Siccome il PHB è accumulato come fonte di carbonio in situazioni di carenza, esiste un rapido meccanismo con cui le cellule degradano questo polimero.
1. Osservazione della capacità di autolisi dei granuli di PHB di diversi microrganismi come Bacillus rubrum, grazie a idrolasi/depolimerasi
2. Isolamento nel 1967 di una deidrogenasi che converte l’acido-R-3-idrossibutirrico in acido acetoacetico
3. Isolamento nel 1973 di un enzima per la conversione di acido acetoacetico in acido acetico.
• Per valutare la capacità dei microrganismi di degradare il PHB, sono usati i metodi clear-zone e plate count:
• Zone chiare indicano idrolisi del polimero
• Test facile, veloce e pratico• Ottenuti microrganismi
PHB-degradanti appartenenti alle famiglie Pseudonomas,
Micronomosporaceae,
Thermonosporaceae,
Streptosporangiaceae eStrepomycetaceae
• Particolarmente attivo è Streptomyces MG
29
30
25/02/2019
16
2D81• Dal punto di vista molecolare, l’enzima che degrada il PHB è una depolimerasi, che prima lega il substrato e poi catalizza il clivaggio catalitico.
• Il clivaggio è differente a seconda dei granuli di PHB:
• Quelli nativi sono rapidamente idrolizzati intracellularmente
• Quelli denaturati sono idrolizzati da depolimerasiextracellulari
• Le depolimerasi extracellulari sono molto interessanti per la degradazione del PHB nell’ambiente.
• PHB depolimerasi sono state isolate da molti microrganismi dei generi Pseudomonas, Alcaligenes e Comamonas.
Possiedono:• Dominio legante il substrato• Dominio catalitico fatto della triade
catalitica Ser-His-Asp dove la serina fa parte di una lipase box
Gly-X-Ser-X-Gly• Regione linker di connessione
Dal PHB stesso:• Peso molecolare• Temperatura di fusione• Complessità di struttura
Da meccanismi indipendenti dal PHB:• Composizione della popolazione
microbica• Ambiente• Temperatura
La degradazione del PHB è influenzata:
Il PHB ha tante proprietà positive, ma alcune anche negative, come:• Alto punto di fusione• Alta tendenza a cristallizzare• Altre proprietà meccaniche sfavorevoli
Modificando le condizioni di coltura (es. di A. eutrophus), è possibile formare un copoliestere dato dall’unione di HB e HV, il cui copolimero assume caratteristiche vantaggiose come minor punto di fusione e proprietà meccaniche migliori.
Acido idrossibutirrico Acido idrossivalerico
31
32
25/02/2019
17
Alcune curiosità…
• Nel 1988 è stato clonato in R. eutropha il set di geni per i 3 enzimi coinvolti nella sintesi del PHB da acetil-CoA. Tale set fu anche clusterizzato in un operone e introdotto in E. coli, che quindi fu in grado di sintetizzare PHB in grandi quantità. Alcuni ceppi di E. coli producevano anche i copolimeri HB e HV. L’enzima purificato è stabile in soluzione acquosa ed è stato utilizzato per la polimerizzazione in vitro di un’ampia varietà di monomeri di 3 e 4-idrossialcanoati Co-A.
• “Polimeri viventi” in quanto la reazione a catena del polimero non aveva termine, poiché la propagazione dell’ultimo gruppo rimane attiva indefinitamente e possono essere sintetizzati in vitro polimeri di molto alto peso molecolare.
• In un’altra applicazione è stato mostrato come i geni di sintasi e reduttasi di A. eutrophus possono essere inseriti in una pianta come Arabidopsis, che può così produrre acetoacetil-CoA e accumulare granuli di PHB (però solo al 14% del suo peso secco).
D’altra parte però i PHB hanno anche delle caratteristiche negative
- Alto punto di fusione
- Alta tendenza a cristallizzare.
- Proprietà meccaniche sfavorevoli.
Si è però visto che modificando le condizioni di coltura, per esempio nel caso di Alcaligenes eutrophus, queste deficienze venivano eliminate, formando un copoliestere dato dall’unione di HB e HV, le cui unità hanno punto di fusione più basso e proprietà meccaniche migliori, mantenendo la caratteristica fondamentale della biodegradabilità in diversi tipi di ambienti.
Diversi autori hanno identificato che il batterio A. eutrophus può produrre grandi quantità di polimero in certe condizioni di crescita: il batterio poteva produrre fino all’80% del suo peso secco nel copolimero HB HV quando cresciuto su una miscela di glucosio e acido propionico.
33
34
25/02/2019
18
• La biomassa fungina nel suolo supera quella batterica, perciò è interessante osservare il ruolo dei funghi nella degradazione dei poliesteri.
• Non sono chiari tutti gli aspetti microbiologici e ambientali della degradazione fungina.
• In generale:• La maggior parte dei poliesteri alifatici viene mineralizzata da un certo
numero di microrganismi aerobi e anaerobici ampiamente distribuiti in natura
• I poliesteri aromatici sono in genere più resistenti all'attacco microbico.
• Biodegradazione dei polimeri microbici: da alcuni studi condotti nel 1994 è emerso che i PHAfossero degradati principalmente da Amastigomycota o Eufungi, ovvero funghi terrestri.
• I funghi sono tra i principali degradatori del PHA nell’ambiente
• Studi più approfonditi hanno evidenziato che tra i funghi le specie più importanti per la degradazione dei PHA fossero Aspergillus e Penicillum
35
36
25/02/2019
19
Esistono due classi di depolimerasi extracellulari:• Depolimerasi per PHA a corta catena PHB e suoi poliesteri• Depolimerasi per PHA a media catena PHA alifatici e aromaticiIn genere i microrganismi hanno una sola tipologia delle due polimerasi. La maggior parte delle depolimerasi sono enzimi specifici per SCL-PHA.
Caratteristiche delle depolimerasifungine:• Singola catena polipeptidica• Agiscono sia a pH acido sia pH
neutro• Principalmente glicoproteine• Suscettibili alla serinesterasi• Ponti disolfuro nei siti attivi
Vantaggi rispetto alle depolimerasi batteriche:• Capacità di agire a pH più
acidi• Capacità di agire a
temperature più basse
Polietilentereftalato (PET)
Polibutilentereftalato (PBT)
• Nonostante rappresentino ottima qualità come materiali, la loro suscettibilità all’attacco microbico è ridotto.
• Alcuni studi hanno dimostrato che alcuni funghi appartenenti alla specie Aspergillus niger possono crescere su poliesteri aromatici.
37
38
25/02/2019
20
Biodegradabilità Buone proprietà di materiale
Copoliesteri formati da monomeri alifatici e aromatici
La presenza di componenti aromatici consente una maggior resistenza del materiale e di conseguenza ne aumenta la qualità. Occorre ragionare sulla loro suscettibilità alla degradazione microbica.
Poliesteri aromatici puri come PET o PBT sono abbastanza insensibili a qualsiasi degradazione idrolitica.
Polietilentereftalato (PET) Polibutilentereftalato (PBT)
Acidi
Calore
39
40
25/02/2019
21
1,4 - butandiolo
Acido tereftalico
Acido adipico
BTA
I poliesteri aromatici resistono all’idrolisi
Aggiunta di componenti alifatiche alle catene aromatiche di poliestere
• Questi copoliesteri possono essere degradati sia da microrganismi che da degradazione chimica spontanea.
• Gli oligomeri aromatici e tutti i monomeri sono rapidamente metabolizzati da microorganismi
• La degradazione finale di oligomeri aromatici più lunghi è molto più lenta.• Partecipa a queste reazioni di degradazione anche l’idrolisi chimica di questi
intermedi oligomerici.
• BASF ha brevettato uno di questi copolimeri alifatici-aromatici
• Ecoflex è un copoliestere commerciale certificato come compostabile
• Gli oligomeri che si formano durante la depolimerizzazione non si accumulano e non hanno effetti ecotossici acuti
• Se efficientemente degradati, i composti aromatici non devono necessariamente essere considerati problematici.
41
42
25/02/2019
22
Il poliuretano (PUR) è un polimero derivato dalla condensazione di polisocianati e polioli che contiene legami uretanici (-NHCOO-, legame estere carbamato).
Per produrli servono:• Polisocianati (O=C=N-R-N=C=O)
con R extender. L’insieme è detto hard segment.
• Polioli detti soft segments
• Distingue PUR polieterici (R-O-R) da PUR poliesterici (R-CO-O-R)
• Catalizzatori• Materiali ausiliari
I PUR:• Usati nelle industrie e con gli scopi più
disparati.• Strutture da soffici a dure (anche schiume)
in base alla loro composizione.• I PUR (soprattutto poliesterici) sono
biodegradabili: risolvono il problema dell’inquinamento da plastiche?
Degradazione dei PUR studiata inizialmente come conseguenza degli impianti di device biomedici a lungo termine
Degradazioni possibili:• PUR poliesterici suscettibili di
rottura idrolitica• PUR polieterici suscettibili a crepe
nei punti di stress fisico• Environmental Stress Cracking
(ESC)• Ossidazione e corrosione delle
componenti metalliche.• Degradazione da enzimi cellulari
e calcificazione
L’ESC è uno dei fenomeni principali che colpisce i PUR, e comporta:• Ossidazione delle superfici, mediata da neutrofili e macrofagi • Stress fisico e strutturale dei materiali
Morfologia molecolare e chimica delle molecole influenzano su tali processi.
43
44
25/02/2019
23
Degradazione dei PUR studiata inizialmente come conseguenza degli impianti di device biomedici a lungo termine
Degradazioni possibili:• PUR poliesterici suscettibili di
rottura idrolitica• PUR polieterici suscettibili a crepe
nei punti di stress fisico• Environmental Stress Cracking
(ESC)• Ossidazione e corrosione delle
componenti metalliche.• Degradazione da enzimi cellulari
e calcificazione
L’ESC è uno dei fenomeni principali che colpisce i PUR, e comporta:• Ossidazione delle superfici, mediata da neutrofili e macrofagi • Stress fisico e strutturale dei materiali
Morfologia molecolare e chimica delle molecole influenzano su tali processi.
Tali processi di idrolisi, se colpiscono i legame uretanico, spesso portano a generare composti potenzialmente cancerogeni, come:
Diamino toluene
4,4 metilen diamina
GLI ATTORI
• Stress sulla struttura anche esterno• Interazione con neutrofili e
macrofagi (loro enzimi, meno i ROS)• Chimica del materiale
LE CONSEGUENZE
• Degradazione del materiale• Infiammazione dei tessuti
45
46
25/02/2019
24
Tali processi di idrolisi, se colpiscono i legame uretanico, spesso portano a generare composti potenzialmente cancerogeni, come:
Diamino toluene
4,4 metilen diamina
GLI ATTORI
• Stress sulla struttura anche esterno• Interazione con neutrofili e
macrofagi (loro enzimi, meno i ROS)• Chimica del materiale
LE CONSEGUENZE
• Degradazione del materiale• Infiammazione dei tessuti
• Composizione chimica del PUR: maggiore hard segment riduce l’idrolisi da parte di enzimi esterasici grazie ai legami a H protezione verso soft segment
• Centralità di hard segments dimensione e chimica, anche gruppi extender
• Stress esterno sul PUR: influenza morfologia e interazioni del materiale, portando all’esposizione di gruppi su cui si concentra la risposta
• Riduzione legami esteri idrolizzabili • Coniugazione con agenti antiossidanti e additivi che mascherano
siti idrolizzabili
Tali processi di idrolisi, se colpiscono i legame uretanico, spesso portano a generare composti potenzialmente cancerogeni, come:
Diamino toluene
4,4 metilen diamina
GLI ATTORI
• Stress sulla struttura anche esterno• Interazione con neutrofili e
macrofagi (loro enzimi, meno i ROS)• Chimica del materiale
LE CONSEGUENZE
• Degradazione del materiale• Infiammazione dei tessuti
COME PREVENIRE TALE IDROLISI?
• Composizione chimica del PUR: maggiore hard segment riduce l’idrolisi da parte di enzimi esterasici grazie ai legami a H protezione verso soft segment
• Centralità di hard segments, dimensione e chimica, anche gruppi extender
• Stress esterno sul PUR: influenza morfologia e interazioni del materiale, portando all’esposizione di gruppi su cui si concentra la risposta
• Riduzione legami esteri idrolizzabili • Coniugazione con agenti antiossidanti e additivi che mascherano
siti idrolizzabili
47
48
25/02/2019
25
Sfruttare la capacità biodegradativa dei PUR per varie applicazioni in vivo
Finora abbiamo parlato dell’impedimento della degradazione dei PUR per impianti a lungo termine
Necessità di modificare i diisocianatistoricamente usati:• No diisocianati aromatici (impediscono
degradazione e possono dare composti tossici)
• Si diisocianati contenenti lisina, gruppi polimetilenici e butano, non tossici o molto meno tossici
Necessità di modificare i poliolistoricamente usati:• Azione sul soft segment utilizzando
acidi come acido poliglicolico, ossido di poletilene e policaprolattone
Esametilen diisocianato
Acido poliglicolicoOssido di polietilene
Ossido di polietilene Policaprolattone• Favorisce la degradazione del
PUR richiamando acqua e generando una struttura più debole e amorfa
• Perdita di massa strutturale nel giro di decine di giorni
• Fornisce una stabilità maggiore, pur consentendo l’idrolisi ma a ritmi minori (maggiore struttura cristallina)
• Perdite di massa strutturale più modeste e lente
Un mix dei due materiali permette di generare una struttura spugnosa che in vivo perde rapidamente massa, ma poi si degrada più lentamente.
• Più complicato lavorare con l’hard segment• Possibilità di modificare l’extender per
consentire il rilascio di farmaci
49
50
25/02/2019
26
Anche i microrganismi possono degradare i poliuretani:
• Degradazione del legame uretano• Da parte di alcuni microrganismi• Utilizzo di esterasi• Formazione di un gruppo COOH e
un gruppo OH• Se ne sa poco
• Degradazione dei polioli• Dipende dalla struttura chimica del
poliolo:• PUR polieterici• PUR poliesterici
Degradazione dei PUR polieterici: bassa, in quanto tendono ad essere resistenti all’attacco microbico
Degradazione dei PUR poliesterici: il legame estere è vulnerabile all’idrolisi e responsabile principale della degradazione.
DEGRADAZIONE DA FUNGHI
100 PUR di diverso tipo
7 funghi (Aspergillus e
Penicillum)
• Bassissima degradazione dei PUR polieterici
• Degradazione dei PUR poliesterici
• Mancata degradazione dei PUR poliesterici con catena laterale
La degradazione dei PUR da parte di questi funghi richiede l’aggiunta di diversi componenti organici: i PUR non possono essere utilizzati come unica fonte di carbonio!
Degradazione da parte di esterasi, proteasi ed ureasi extracellulari
51
52
25/02/2019
27
DEGRADAZIONE DA BATTERI
• Degradazione da parte sia di Gram + che Gram –
• Maggiori attività da parte di Corynebacterium
ed Enterobacter
• Anche per questi batteri serve l’aggiunta si nutrienti organici supplementari
• I PUR sono probabilmente usati come co-metaboliti e non come unica fonte di C
COMAMONAS ACIDOVORANS (CA)
• Dimostrato in grado di usare i PUR come unica fonte di carbonio
• PUR metabolizzati mediante rottura dei legami esterici
• Utilizzo di esterasi sulla superficie cellulare
COMAMONAS ACIDOVORANS (CA)
PUR è un substrato solido: il contatto con l’enzima è inefficiente.Necessità di caratteristiche particolari dell’enzima CA esterasi
E’ stato dimostrato che l’enzima esterasico di CA lavora a due step:1. Adsorbimento idrofobico sulla superficie del PUR2. Idrolisi dei legami estere del PUR
Grazie a diverse osservazioni, si è visto che l’esterasi di CA possiede due domini fondamentali:• Dominio idrofobico di legame con la superficie di PUR• Dominio catalitico con funzione esterasicaTale struttura è simile alla depolimerasi dei PHA. Le strutture tridimensionali dei due enzimi, tuttavia, sono diverse.
53
54
25/02/2019
28
COMAMONAS ACIDOVORANS (CA)
PHA depolimerasi (A):• PHA binding domain al C-term• Linker flessibile di legame col
dominio catalitico
PUR esterasi (B):• PUR e dominio catalitico in
posizioni vicine• Dominio catalitico accede alla
superficie del PUR anche se questo è interamente saturato dall’enzima
Il gene della PUR esterasi di CA:• È lungo 1644 bp• Codifica un enzima di 548 AA• 30% di omologia con acetilcolin
esterasi (AChE) di Torpedo
Californica
COMAMONAS ACIDOVORANS (CA)
• AChE di Torpedo è una esterasi con triade catalitica composta da Ser, Glu e His (Glu rimpiazza Asp)
• Vista l’omologia e la sovrapposizione di strutture, probabilmente anche PUR esterasi ha questo dominio catalitico.
• Nel gene della PUR esterasi ci sono tre regioni contenenti AA idrofobici
• Strutturalmente, probabilmente circondano il sito catalitico (in maniera simile a AChE)
• Quindi troppo enzima non inibisce la funzione.
• Analogie mancanti al confronto con PHA depolimerasi, per diversa attività e origine evolutiva.
1W75
Torpedo californica AChE
55
56
25/02/2019
29
57
58
25/02/2019
30
59
60
25/02/2019
31
61
62
25/02/2019
32
63
64
25/02/2019
33
1. Garte, S. et al. (2003) ‘Molecular epidemiology studies of
carcinogenic environmental pollutants’, Mutation
Research/Reviews in Mutation Research, 544(2–3), pp. 397–402.
doi: 10.1016/j.mrrev.2003.09.002.
2. Halden, R. U. (2010) ‘Plastics and Health Risks’, Annual Review of
Public Health, 31(1), pp. 179–194. doi:
10.1146/annurev.publhealth.012809.103714.
3. Hisano, T. et al. (2006) ‘The Crystal Structure of
Polyhydroxybutyrate Depolymerase from Penicillium funiculosum
Provides Insights into the Recognition and Degradation of
Biopolyesters’, Journal of Molecular Biology. Academic Press,
356(4), pp. 993–1004. doi: 10.1016/J.JMB.2005.12.028.
4. Kim, D. Y. and Rhee, Y. H. (2003) ‘Biodegradation of microbial and
synthetic polyesters by fungi’, Applied Microbiology and
Biotechnology, 61(4), pp. 300–308. doi: 10.1007/s00253-002-
1205-3.
5. Lenz, R. W. and Marchessault, R. H. (2005) ‘Bacterial polyesters:
Biosynthesis, biodegradable plastics and biotechnology’,
Biomacromolecules, 6(1), pp. 1–8. doi: 10.1021/bm049700c.
6. Müller, R. J., Kleeberg, I. and Deckwer, W. D. (2001)
‘Biodegradation of polyesters containing aromatic constituents’,
Journal of Biotechnology, 86(2), pp. 87–95. doi: 10.1016/S0168-
1656(00)00407-7.
7. Nakajima-Kambe, T. et al. (1999) ‘Microbial degradation of
polyurethane, polyester polyurethanes and polyether
polyurethanes’, Applied Microbiology and Biotechnology, 51(2),
pp. 134–140. doi: 10.1007/s002530051373.
8. National Geographic (2018) ‘Planet or Plastic’, National
Geographic.
9. Rujnić-Sokele, M. and Pilipović, A. (2017) ‘Challenges and
opportunities of biodegradable plastics: A mini review’, Waste
Management and Research, 35(2), pp. 132–140. doi:
10.1177/0734242X16683272.
10. Santerre, J. P. et al. (2005) ‘Understanding the biodegradation of
polyurethanes: From classical implants to tissue engineering
materials’, Biomaterials, 26(35), pp. 7457–7470. doi:
10.1016/j.biomaterials.2005.05.079.
11. Savelli, H. et al. (2017) ‘Solutions for global marine litter
pollution’, Current Opinion in Environmental Sustainability, 28,
pp. 90–99. doi: 10.1016/j.cosust.2017.08.009.
12. Tokiwa, Y. and Calabia, B. P. (2004) ‘Degradation of microbial
polyesters’, Biotechnology Letters, 26(15), pp. 1181–1189. doi:
10.1023/B:BILE.0000036599.15302.e5.
13. Ziccardi, L. M. et al. (2016) ‘Microplastics as vectors for
bioaccumulation of hydrophobic organic chemicals in the marine
environment: A state-of-the-science review’, Environmental
Toxicology and Chemistry, 35(7), pp. 1667–1676. doi:
10.1002/etc.3461.
A.A. 2018-2019
65
66