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Platone - Ateismo e religione nelle Leggi www.maat.it/maat4 1 MAAT CONOSCERE LA STORIA PER CREARE IL FUTURO - MAAT PLATONE Ateismo e religione nelle Leggi "Dio o un uomo, ospiti, ha fama d’esser stato autore dell’istituzione delle leggi nelle vostre città?" (624 A) "C’è qualcuno che convenendo in queste cose oserà ancora negare che tutto è pieno di dèi?" (899 B) "Ormai è venuta l’ora di andare: io a morire, e voi a vivere Chi di noi vada verso il meglio è oscuro a tutti tranne che a Dio" (42 A)

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MAAT – CONOSCERE LA STORIA PER CREARE IL FUTURO - MAAT

PLATONE Ateismo e religione nelle Leggi

"Dio o un uomo, ospiti, ha fama d’esser stato autore dell’istituzione delle leggi nelle vostre città?" (624 A)

"C’è qualcuno che convenendo in queste cose oserà ancora negare che tutto è pieno di dèi?" (899 B)

"Ormai è venuta l’ora di andare: io a morire, e voi a vivere Chi di noi vada verso il meglio è oscuro a tutti tranne che a Dio"

(42 A)

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Indice

Vita di Platone

Opere di Platone

Le Leggi

Libro X - Ateismo e religione

Perché bisogna dimostrare l'esistenza degli dèi

Dimostrazione dell'esistenza degli dèi

Dimostrazione della esistenza della provvidenza divina

Dimostrazione della non influenzabilità degli dèi mediante preghiere e offerte

Leggi sugli empi

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Vita di Platone

La formazione (428-399)

428 - Platone nasce ad Atene da una famiglia nobile. Il padre discende da un antico re di Atene, Codro. La madre ha tra i suoi avi Solone. Ha due fratelli e una sorella. Platone, ossia "il robusto dalle larghe spalle", è il soprannome datogli dal suo insegnante di ginnastica.

409-407 - A venti anni partecipa alla guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta.

404 - La guerra del Peloponneso ha termine. Ad Atene si instaura il governo detto dei 'Trenta Tiranni'. Crizia, uno zio di Platone vi prende parte. Platone invece ne rimane fuori.

403 - Il governo dei Trenta viene abbattuto. Crizia viene ucciso. Ad Atene si instaura un governo democratico.

407 - Platone, ventuno anni, conosce Socrate e ne diventa discepolo.

399 - Socrate viene condannato a morte dalla giuria popolare del governo democratico.

I viaggi (399-388)

399 - Platone, ventinove anni, lascia Atene, dove si trova ormai in pericolo, e si rifugia a Megara insieme ad altri discepoli di Socrate.

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399-388 - Nell'arco di dodici anni Platone compie diversi viaggi: a Cirene in Libia, a Creta, in Italia e in Egitto.

388 - Platone è a Siracusa, governata dal tiranno Dionigi I. Stringe amicizia con Dione, cognato di Dionigi. I rapporti con Dionigi peggiorano e Platone viene espulso da Siracusa. Fatto sbarcare nell'isola di Egina, rivale di Atene, viene ridotto in schiavitù. Un discepolo di Socrate, Anniceride di Cirene, paga il riscatto e lo libera.

L'insegnamento (387-367)

387 - Platone, quarantuno anni, fonda ad Atene l'Accademia, un centro di studi filosofici. Il nome deriva dal fatto che l'istituto si trovava in un parco dedicato all'eroe Accademo.

387-367 Platone per venti anni insegna nella sua scuola.

Secondo viaggio in Sicilia (367-366)

367 - A Siracusa muore Dionigi I e gli succede Dionigi II. Dione è al suo fianco. Platone, sessantuno anni, su invito di Dione, torna in Sicilia.

366 - I rapporti tra Dione e Dionigi II si deteriorano. Dione viene mandato in esilio. La posizione di Platone diviene difficile.

365 - Platone lascia la Sicilia e ritorna ad Atene.

Terzo viaggio in Sicilia (361)

361 - Platone torna a Siracusa su invito di Dionigi II. Ma presto i rapporti peggiorano.

360 - Platone vorrebbe tornare ad Atene, ma Dionigi II glielo impedisce. Platone chiede aiuto ad Archita di Taranto, governatore della città e filosofo pitagorico. Archita invia una nave e Platone riesce a tornare ad Atene.

Vicende siciliane (357-353)

357 - A Siracusa Dione prende il potere e scaccia Dionigi II. Ma Platone rimane ad Atene.

353 - Dione viene ucciso in una congiura ordita dall'ateniese Callippo.

Morte di Platone (348)

348 - Platone muore a ottanta anni. A capo dell'Accademia gli succede Speusippo, figlio della sorella.

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Opere di Platone

La filosofia occidentale è un commento a Platone

"...So far as concerns philosophy only a selected group can be explicitly mentioned. There is no point in endeavouring to force the interpretations of divergent philosophers into a vague agreement. What is important is that the scheme of interpretation here adopted can claim for each of its main positions the express authority of one, or the other, of some supreme master of thought - Plato, Aristotle, Descartes, Locke, Hume, Kant. But ultimately nothing rests on authority; the final court of appeal is intrinsic reasonableness. The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato. I do not mean the systematic scheme of thought which scholars have doubtfully extracted from his writings. I allude to the wealth of general ideas scattered through them..."

Alfred North Whitehead, Process and Reality, p. 39 [Free Press, 1979]

Opere di Platone

Secondo Trasillo, grammatico del I secolo d.C., le 36 opere platoniche si suddividono in nove gruppi di quattro:

I. Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone

II. Cratilo, Teeteto, Sofista, Politico

III. Parmenide, Filebo, Simposio o Convito, Fedro

IV. Alcibiade primo o maggiore, Alcibiade secondo o minore, Ipparco, Amanti

V. Teage, Carmide, Lachete, Liside

VI. Eutidemo, Protagora, Gorgia, Menone

VII. Ippia maggiore, Ippia minore, Ione, Menesseno

VIII. Clitofonte, Repubblica, Timeo, Crizia

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IX. Minosse, Leggi, Epinomide, Lettere

Forma

Le opere in base alla forma si suddividono in:

- 34 dialoghi

- 1 apologia

- 13 lettere

Autenticità

Si hanno dubbi sulla autenticità dei seguenti dialoghi: Alcibiade primo o maggiore, Alcibiade secondo o minore, Ipparco, Amanti, Minosse, Clitofonte, Teage.

Il dialogo Epinomide è opera di Filippo di Opunte.

Su molte delle Lettere si hanno dei dubbi. La Lettera VII è normalmente considerata autentica.

Cronologia delle opere

Si ritengono scritte nel periodo anteriore alla istituzione dell'Accademia (388) le seguenti opere: Apologia, Critone, Ione, Eutifrone, Carmide, Lachete, Liside, Alcibiade I, Alcibiade II, Ippia maggiore, Ippia minore, il I libro della Repubblica, Menesseno, Protagora, Gorgia.

Appartengono al primo periodo di insegnamento nell'Accademia (387-367) le seguenti opere: Clitofonte, Menone, Fedone, Eutidemo, Simposio o Convito, i libri II-X della Repubblica, Cratilo, Fedro.

Dal 367 al 365 Platone è impegnato a Siracusa e non scrive.

Sono assegnate al secondo periodo di insegnamento all'Accademia (365-361) le seguenti opere: Parmenide, Teeteto, Sofista.

Tra il 361 e il 360 Platone è impegnato a Siracusa e non scrive.

Nel terzo periodo di insegnamento all'Accademia (360-348) scrive: Politico, Filebo, Timeo, Crizia e Leggi.

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Le Leggi

Le Leggi

Le Leggi vennero scritte negli ultimi anni di vita di Platone.

Rimaste incompiute, vennero portate a termine dall'assistente di Platone Filippo di Opunte.

La mancanza di una revisione finale si manifesta chiaramente nel carattere non organico dell'opera.

Le Leggi sono l'opera più estesa del filosofo.

Forma

L'opera è in forma di dialogo.

Gli attori del dialogo sono l'Ateniese (ossia Platone), lo spartano Megillo e il cretese Clinia, cittadino di Cnosso.

Oggetto

Nel dialogo Platone presenta la nascita e l'organizzazione di una città-stato: scelta del luogo, politica demografica, struttura economica e sociale, organi politici e amministrativi, organismi militari, elezioni, diritto civile, diritto penale, diritto processuale, educazione e religione.

Platone non si propone, come nella Repubblica, di delineare un modello di Stato ideale. Questa volta cerca di individuare le forme costituzionali di uno Stato reale per uomini con la loro storia e con le

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loro virtù e i loro difetti.

Divisione

A Filippo di Opunte si deve l'attuale divisione in dodici libri.

Libro I: Scopo delle leggi - Piacere e dolore - Ubriachezza - Educazione

Libro II: Educazione - Musica e danza

Libro III: L'origine storica dello Stato - Dal diluvio alla democrazia ateniese

Libro IV: Caratteristiche geografiche e demografiche dello Stato - Forme di costituzione - Metodologia per la scrittura delle leggi

Libro V: Doveri del cittadino verso la divinità, l'anima e il corpo - Popolazione dello Stato - Distribuzione e proprietà delle terre - Classificazione dei cittadini

Libro VI - Organi politici, amministrativi e militari - Elezioni - Giustizia - Educazione - Culto - Matrimonio e famiglia

Libro VII - Educazione dei bambini e dei giovani - Ginnastica - Musica - Studio delle lettere e della matematica

Libro VIII: Culto - Festività religiose - Addestramento militare - Costumi sessuali - Agricoltura - Attività artigianali e mercantili

Libro IX: Reati contro la religione - Reati contro lo Stato - Atti volontari e involontari - Omicidi - Lesioni - Violenze

Libro X: Dottrina degli atei - Esistenza degli dèi - Provvidenza divina - Leggi contro l'empietà

Libro XI: Proprietà - Contratti - Schiavi - Liberti - Commercio e artigianato - Diritto di famiglia - Testamento - Divorzio - Venefici - Testimoni - Avvocatura

Libro XII: Frode, furto e rapina - Disciplina militare - Controllo della magistratura - Rapporti con l'estero - Diritto processuale - Leggi funerarie - Consiglio notturno (organo supremo dello Stato)

Lettura

L'opera può essere letta in due modi.

- In base a criteri storici, come espressione del pensiero di un nobile ateniese del IV secolo a.C. intorno alla costituzione ottimale di una città-Stato. In questo senso l'opera è di interesse per la storia delle scienze politiche e giuridiche, della sociologia e dell'economia, della religione e dell'educazione.

- In base a criteri filosofici, come espressione del pensiero umano nel divenire della

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storia, ma anche al di là della storia come rivelazione dello spirito universale che si manifesta nelle opere degli uomini che sono alla ricerca della verità e della giustizia. In questo senso l'opera appartiene alla filosofia politica, alla filosofia della religione e alla filosofia della educazione.

Integrazioni

L'opera di Platone non ha carattere sistematico. Alcuni concetti sono ripresi in diversi contesti e trattati da diverse angolazioni.

Pe una migliore comprensione di un tema si richiede una lettura integrata. Ad esempio per afferrare meglio il concetto di responsabilità dell'uomo e di giudizio degli dèi, trattato nel decimo libro delle Leggi, è necessario far ricorso al mito di Er, descritto alla fine dell'ultimo libro della Repubblica.

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Libro X - Ateismo e religione

Oggetto

Platone affronta nel libro X il tema dell'ateismo e della religione.

Metodologia per la legislazione

Conformemente a quanto stabilito nel libro IV (718 D - 724 B), il legislatore deve far precedere alla legge un proemio in cui esplicita i motivi e lo scopo della legge.

Prima di usare la forza della legge è necessario procedere ad un discorso razionale che induca il cittadino al retto comportamento. In tal modo il cittadino agirà di sua spontanea volontà in conformità alla legge.

Divisione del libro X

Il libro è diviso in due parti:

- Proemio alla legge contro gli empi (884 A - 907 D)

- Leggi contro gli empi (907 D - 910 E).

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Struttura del proemio

- Perché bisogna dimostrare l'esistenza degli dèi

- Dimostrazione dell'esistenza degli dèi

- Dimostrazione della provvidenza divina

- Dimostrazione che gli dèi non sono influenzabili mediante preghiere e offerte.

Leggi contro gli empi

Socrate, maestro di Platone, era stato condannato a morte dagli ateniesi per empietà.

In particolare l'accusa era stata di aver "introdotto nuovi dèi".

La legislazione che propone Platone avrebbe reso difficile, se non impossibile, la condanna di Socrate.

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Perché bisogna dimostrare l'esistenza degli dèi

Tipi di violenza (884 A - 885 A)

L'Ateniese distingue diversi tipi di violenza:

- offese alla religione, oltraggi alle cerimonie pubbliche e semipubbliche

- violenza contro i culti privati o le tombe

- violenza contro i genitori

- mancanza di rispetto verso l'autorità

- violazione dei diritti politici dei cittadini.

Le violenze possono essere fatte con parole o con azioni.

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Empietà - Oltraggi alla divinità (885 B)

Il reato di empietà non può essere commesso da chi crede in coscienza agli dèi.

Può essere commesso da chi:

- non crede agli dèi

- oppure crede agli dèi, ma sostiene che non si interessano alle cose umane

- oppure crede agli dèi, crede che si interessino alle cose umane, ma sostiene che possono essere influenzati con qualche offerta e preghiera.

La richiesta degli empi di dimostrare l'esistenza degli dèi (885 C-E)

L'Ateniese simula un dialogo con gli empi. Questi adducono a loro giustificazione il fatto che quelle cose che loro dicono le hanno sentite dai "migliori poeti, retori, indovini, sacerdoti e da un vasto stuolo di altre persone".

Pertanto richiedono che sia il legislatore a convincerli della esistenza degli dèi, visto che la maggioranza è avversa a tale credenza.

Risposte tradizionali (886 A)

Clinia risponde che è facile dare una risposta agli empi. Basta guardare l'universo e la sua regolarità. Oppure basta osservare che tutte le genti credono in Dio.

Insufficienza delle risposte tradizionali e necessità della dimostrazione della esistenza degli dèi (886 B - 887 C)

L'Ateniese fa notare a Clinia che rispondendo in quel modo gli empi si farebbero beffe di loro.

Gli empi sono trascinati nel loro errore non solo a causa dell'incapacità di dominare i piaceri e i desideri, ma soprattutto da una forma di ignoranza che può apparire simile alla massima forma di saggezza.

Gli empi possono citare a loro sostegno molti scritti antichi che narrano come "all'origine c'era solo la natura del cielo e degli altri corpi". E solo dopo questo inizio avvenne la nascita degli dèi.

Un'altra fonte di errore degli empi consiste nell'opinione dei moderni sapienti che sostengono che gli astri non sono che terra e pietra, e quindi non hanno alcuna possibilità di influire sulle cose umane.

Pertanto gli empi pongono sotto accusa proprio il legislatore che vuole porre per legge l'esistenza degli dèi.

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Clinia riconosce che bisogna ricorrere al convincimento e procedere alla dimostrazione che gli dèi esistono e sono buoni.

Perdita della fede (887 D - 888 A)

L'Ateniese non rifiuta di affrontare la dimostrazione, ma si rammarica di doverla fare.

Ricorda come coloro che oggi sono empi, da piccoli hanno sentito dalle loro madri i racconti sulle cose sacre. Sono stati i genitori ad insegnare loro le preghiere ed a dare l'esempio con il loro atteggiamento.

E inoltre da giovani hanno potuto vedere e sentire le genti riunite nella preghiera e nella adorazione della divinità.

Purtroppo gli empi ora disprezzano tutto ciò e chiedono che venga dimostrata loro l'esistenza degli dèi.

Ammonizione ai giovani (888 B - 888 E)

L'Ateniese ammonisce i giovani empi ricordando che essi non sono i primi a negare l'esistenza di Dio. C'è sempre stato qualcuno che l'ha fatto. Ma, rileva il filosofo, non c'è nessuno che abbia assunto questa posizione in gioventù e poi sia rimasto saldo in questa opinione fino alla vecchiaia.

Al massimo alcuni, non molti però, hanno continuato a negare l'interesse degli dèi per gli uomini oppure ad affermare la possibilità di placarli con sacrifici e preghiere.

Pertanto i giovani devono prendere tempo prima di fare affermazioni su questo argomento. E devono ascoltare l'opinione degli altri ed in particolare quella del legislatore che afferma l'esistenza degli dèi.

Natura e caso (888 E - 889 C)

Alcuni sostengono che tutte le realtà di questo mondo dipendono o dalla natura, o dall'arte o dal caso.

E secondo loro le realtà più grandi e perfette sono opera della natura e del caso; l'arte invece costruisce le realtà inferiori.

Per costoro il fuoco, l'acqua, la terra e l'aria sono elementi naturali o frutto del caso. E tutto ciò che è composto con questi elementi è privo di anima.

Il cielo, il regno animale, il regno vegetale risultano da una combinazione casuale degli elementi naturali.

Di conseguenza essi negano che le realtà siano opera di un intelletto divino.

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Natura ed arte (889 D - 889 E)

L'arte, secondo loro, è successiva alle realtà naturali. Essa è il prodotto degli uomini e non ha attinenza con la verità. Esempio di questo tipo di arte, quasi un gioco, sono la pittura e la musica.

Esistono altre arti che invece hanno una utilità: come la medicina, l'agricoltura e la ginnastica.

La politica ha poca relazione con la natura, essa è essenzialmente un'arte.

L'attività legislativa è un'arte e quindi, concludono costoro, non ha relazione con la verità.

Per essi gli dèi sono una invenzione dell'arte umana. Non esistono. Gli dèi sono diversi da luogo a luogo perché gli uomini li hanno inventati con le loro leggi.

Natura e giustizia (889 E - 890 B)

Costoro affermano anche che il giusto non si trova in natura. Il giusto nasce dai rapporti tra gli uomini e quindi è soggetto a variazione.

La giustizia è opera dell'arte ed è imposta per legge. Essa non è una realtà naturale.

La somma giustizia è il prevalere del più forte, del più violento.

Di conseguenza vivere secondo natura, per costoro, è vivere opprimendo il prossimo.

La reazione contro l'empietà (890 B - 891 B)

L'Ateniese conclude che contro gli empi sono possibili due percorsi:

- minacciare provvedimenti penali contro di essi

- effettuare opera di convincimento.

Clinia assente alla seconda via e propone di dimostrare che gli dèi esistono e che i principi della giustizia hanno valore universale in quanto facenti parte della natura.

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Dimostrazione dell'esistenza degli dèi

L'errore fondamentale degli empi (891 C - 892 C)

L'Ateniese afferma che, secondo gli empi, fuoco, aria, terra e acqua sono gli elementi primi. Essi con il termine di natura indicano tali elementi.

Per costoro l'anima è derivata da quegli elementi primi.

L'errore fondamentale degli empi consiste nel porre l'anima dopo il corpo e non prima.

L'anima infatti è anteriore ai corpi e dirige il mutamento e la trasformazione dei corpi.

Tutte le realtà affini all'anima precedono quelle attinenti al corpo.

L'opinione, l'attenzione, l'intelligenza, l'arte, la legge precedono il duro, il molle, il pesante, il leggero.

Le realtà originarie sono le opere e le azioni dell'arte, in quanto facenti parte della sfera dei principi.

I fenomeni naturali sono posteriori e generati dall'arte e dall'intelligenza.

La natura, nel senso improprio che gli empi le attribuiscono, è posteriore all'anima.

Infatti gli empi intendono per natura la generazione delle realtà originarie.

Ora se si dimostra che l'anima viene prima del fuoco e dell'aria sarà l'anima ad essere primariamente natura.

L'argomento del movimento (894 B - 895 B)

L'Ateniese intraprende la dimostrazione a partire dal concetto di movimento. Dopo aver esaminato otto tipi di movimento, arriva a prendere in considerazione due ulteriori tipi di movimento che sono la chiave del ragionamento:

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a) il movimento che ha la capacità di muovere qualcosa d'altro, ma non di muovere se stesso

b) il movimento che riesce a muovere se stesso e le altre cose.

La domanda che l'Ateniese si pone è se la serie del movimento di tipo a) debba avere un inizio.

Nel caso la serie debba avere un inizio, questo non può che essere un movimento di tipo b).

Ora, secondo gli empi, quando tutte le cose erano insieme, erano in stato di immobilità.

Per poter mettersi in movimento doveva esserci un movimento del tipo b).

Quindi il movimento che muove se stesso è stato al principio di tutti i movimenti.

Vita, anima e movimento (895 C - 896 C)

L'Ateniese procede con la definizione di vita. Un essere è vivo quando si muove da sé.

Quando diciamo che in qualcosa c'è un'anima intendiamo dire che essa è viva, ossia si muove da sé.

Quindi definiamo l'anima come movimento capace di muovere se stesso.

L'anima è la prima realtà a nascere.

L'anima è il principio di movimento di tutte le cose presenti, passate e future.

Ora il movimento di un essere privo di anima non può che essere un movimento partecipato.

Quindi l'anima è venuta all'essere prima del corpo.

L'anima ha per natura la funzione di guida del corpo.

Conseguenze della priorità dell'anima sul corpo (896 C - 897 B)

Ma se l'anima viene prima del corpo anche tutte le cose che sono connesse all'anima sono prima del corpo.

Pertanto gli stati d'animo, le abitudini, gli atti di volontà, i ragionamenti, le opinioni vere, le previsioni e i ricordi sono anteriori a quanto attiene al corpo: lunghezza, larghezza, profondità, forza.

L'anima è causa di tutte le cose.

L'anima è causa del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto.

L'anima è guida degli astri in cielo.

L'anima dirige tutte le realtà celesti, terrestri, marine con movimenti specifici: volere, esaminare, prevedere, decidere, avere cura, giudicare bene e male, provare dolore e gioia, coraggio e paura,

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odio e amore.

L'anima dirige i moti primari, guide di quelli secondari, i moti dei corpi: crescita e diminuzione, separazione e unione, caldo e freddo, pesante e leggero, bianco e nero, aspro e dolce.

Quando l'anima opera in conformità all'intelletto divino tutto procede verso la felicità, ma quando l'anima opera in congiunzione con l'irragionevolezza ottiene dei risultati negativi.

L'anima dell'universo (897 C - 899 C)

L'anima trascina in modo circolare il sole, la luna e i corpi celesti.

Ma l'anima non è visibile, può essere colta solo dall'intelletto.

Ora esistono tre tipi di possibilità affinché l'anima muova il sole:

a) dall'interno del sole, essendo diffusa nel corpo del sole

b) oppure spingendo il sole con un corpo igneo o aeriforme

c) oppure senza alcun corpo grazie al suo potere.

Qualunque sia il modo rimane il fatto che l'anima, principio di vita, assicura l'ordine dell'universo intero, e quindi è divina.

Pertanto si può dire che "tutto è pieno di dèi".

L'Ateniese conclude la sua dimostrazione dell'esistenza degli dèi con una considerazione: o gli atei accettano che l'anima è la prima generata di tutte le cose e quindi devono concludere che gli dèi esistono, oppure devono dimostrare errata la premessa e negare la natura primordiale dell'anima.

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Dimostrazione dell'esistenza della provvidenza divina

Causa della negazione della provvidenza (899 D - 900 B)

L'Ateniese afferma che chi crede negli dèi può essere portato a negare la provvidenza divina dalla considerazione delle vicende pubbliche e private di uomini malvagi e ingiusti.

Questi malvagi ottengono successo, potere e gloria e i loro figli e nipoti godono della fama guadagnata ingiustamente dai loro avi.

Se gli dèi venissero considerati responsabili di queste nefandezze sarebbe difficile non muovere loro rimproveri. Per evitare questo si raggiunge un compromesso: si crede all'esistenza degli dèi ma si nega che essi si curino delle vicende umane.

Gli dèi sono buoni e virtuosi (900 D - 901 A)

Gli dèi, per il fatto di essere buoni e virtuosi, hanno cura di ogni realtà, dei fatti minori e di quelli più rilevanti.

Se si attribuisce agli dèi la bontà allora occorre determinare quali sono le virtù ad essa connesse e quali i vizi che non possono far parte del loro essere.

Agli dèi dobbiamo attribuire la temperanza e l'assennatezza. E dobbiamo escludere la trascuratezza, l'ozio e l'inerzia.

Motivi della mancanza di attenzione (901 B - 901 C)

Se qualcuno ha il compito di curare qualcosa e non si preoccupa anche degli aspetti meno importanti noi riteniamo che sia in errore.

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Questa mancanza di attenzione può essere causata da due motivi:

- perché si pensa che trascurare i particolari sia irrilevante rispetto al complesso della cosa

- oppure non ci si occupa dei particolari per pigrizia e indolenza.

Gli dèi conoscono tutto e non sono indolenti (901 D - 902 A)

Ora premesso che:

- gli dèi comprendono, vedono e ascoltano ogni cosa

- gli dèi sono buoni

- gli dèi non sono indolenti e non sono soggetti alla trascuratezza

rimane solo che essi non si curino dei particolari perché ritengono che sono poca cosa rispetto al tutto.

In tal caso esistono due possibilità:

- o hanno questo atteggiamento dopo una riflessione adeguata

- o non hanno posto attenzione al problema.

Ma gli dèi hanno conoscenza adeguata della realtà, non possiamo attribuire loro l'ignoranza.

Inoltre non possiamo attribuire agli dèi il comportamento tipico degli uomini insensati che sanno bene il loro dovere e tuttavia si comportano diversamente.

Quindi gli dèi dovrebbero, nell'ipotesi degli empi, non volere scientemente occuparsi delle cose minori. Ma questo è palesemente falso in base all'argomento seguente.

Perchè gli dèi si occupano di tutto (902 B - 903 A)

Tutti gli esseri viventi sono possesso degli dèi, che sono anche padroni del cielo, e pertanto gli dèi non possono disinteressarsi degli uomini, siano questi di maggiore o minore importanza nell'universo.

Ora se un medico curasse il corpo preoccupandosi solo degli organi vitali e trascurando gli organi non essenziali, l'organismo nel suo complesso continuerebbe a godere di buona salute? Evidentemente no.

E simili considerazioni si potrebbero fare per gli ammiragli, i generali, i politici, gli architetti e gli ingegneri.

E gli dèi non possono essere più sprovveduti degli uomini.

La divinità, che è l'essere in assoluto più sapiente, che ha la volontà, che ha il potere di occuparsi

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delle realtà maggiori, come potrebbe non occuparsi delle minori?

Rapporto delle parti con il tutto, dell'uomo con l'universo (903 A - 903 C)

Chi ha cura di ogni cosa è anche colui che ordina ogni cosa in vista della salvezza e virtù dell'intero universo.

Ogni parte, per quanto le compete e può, ha un ruolo attivo o passivo determinato.

Ogni parte è strutturata in vista del suo ruolo nell'ambito dell'universo.

E l'uomo è una parte dell'universo, ed ha un compito che è parte del tutto.

Ogni essere viene generato affinché nella vita del tutto sia presente la felicità.

Quindi la vita del tutto non esiste in funzione dell'uomo, ma è l'uomo ad esistere in funzione della vita del tutto.

Nello stesso modo un medico o ingegnere organizza le cose particolari in funzione del sistema nel suo complesso.

In questa prospettiva è la parte che viene adeguata al tutto e non il tutto alla parte.

Ordine dell'universo (903 D - 904 B)

Le cose che accadono ad un individuo sono il maggior bene del tutto.

A ciascuno capita in sorte ciò che gli è più conveniente.

Tutte le azioni sono da ricondurre all'anima.

Nell'anima esiste una parte di virtù ed una parte di vizio.

La parte virtuosa produce il bene, e la parte viziosa produce il male.

Ora gli dèi hanno organizzato le parti del tutto nel modo migliore e più semplice per far vincere la virtù e sconfiggere il vizio.

Responsabilità personale (904 C)

Nell'ambito dell'universo ognuno ha un ruolo in base alla qualità della sua anima.

Ma la determinazione della qualità è lasciata alla responsabilità e alla volontà di ciascuno.

Quello che ognuno di noi diventa dipende principalmente da quello che ognuno vuole essere e dalla qualità dell'anima.

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Il giudizio degli dèi (904 C - 905 C)

L'Ateniese sostiene che tutti gli esseri animati hanno in sé il principio del cambiamento e si dispongono secondo l'ordine e la legge fissati dal destino.

Coloro che mutano non frequentemente e in cose minori il loro carattere fondamentale migrano sulla regione terrestre, ma coloro che commettono più volte azioni ingiuste sprofondano nell'Ade.

Ma l'anima o per sua scelta o per influsso di altri può subire modificazioni radicali.

Se tale mutamento è in direzione della virtù allora l'anima si unisce alla divina virtù, diventa essa stessa divina e migra nella sede degli dèi.

Se tale mutamento è in direzione del vizio allora l'anima migra in una sede opposta.

Questo è il giudizio degli dèi.

Il giudizio si applica anche a coloro che sono saliti alle più alte cariche dello Stato compiendo misfatti ed azioni empie. Costoro vedendo le loro fortune crescere con le loro malvagità supponevano erroneamente che gli dèi non si interessassero alle loro vicende.

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Dimostrazione della non influenzabilità degli dèi mediante preghiere e offerte

Gli dèi non si fanno influenzare dai doni degli ingiusti (905 D)

Dopo aver dimostrato che gli dèi esistono e che si occupano degli uomini occorre dimostrare che essi non sono influenzabili dalle offerte e dai sacrifici degli ingiusti.

Lotta tra il bene e il male (905 E - 906 B)

Gli dèi hanno la responsabilità di governare l'universo.

In tale veste gli dèi possono essere assimilati ai medici che combattono contro le malattie in difesa del corpo umano.

Infatti nel mondo esistono molti beni, ma anche molti mali. E la lotta tra il bene e il male è continua.

Gli dèi sono al nostro fianco nella lotta per il bene.

Da un lato ci sono l'ingiustizia, la violenza e la stoltezza, dall'altro giustizia, temperanza e intelligenza.

Queste ultime hanno sede presso gli dèi, ma anche gli uomini ne partecipano.

La speranza dei malvagi (906 B - 907 B)

Alcuni accumulano guadagni illeciti con grande ferocia e non esitano a prostrarsi davanti agli dèi, a fare offerte e a pregare affinché possano continuare nel loro malvagio comportamento senza subire alcuna conseguenza.

Chi pensa che gli dèi possano accogliere le loro preghiere ragiona come se un lupo potesse spartire con i cani da guardia una parte del bottino, in cambio della possibilità di depredare il gregge. Pensa che gli dèi possano essere corrotti.

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Gli dèi sono i supremi reggitori dell'universo e si comporterebbero peggio dei cani da guardia di un gregge, che mai abbandonerebbero ai lupi?

Chi pensa in questo modo deve essere annoverato tra i peggiori empi.

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Leggi sugli empi

Legge sugli empi per ignoranza (909 A)

Il giudice rinchiuderà in carcere di correzione, per non meno di cinque anni, chi si è macchiato di empietà per ignoranza e non per malvagità d'animo o di costumi.

Durante il periodo di detenzione l'empio sarà avvicinato dai magistrati che cercheranno di indurlo a salvarsi l'anima.

Trascorso il periodo di detenzione previsto se risulterà tornato saggio potrà tornare ad abitare con i saggi. Ma se persevererà nel suo errore sarà condannato a morte.

Legge sugli empi per malvagità (909 B - 909 D)

Gli uomini che per la loro empietà plagiano altri uomini vantandosi di potere evocare gli spiriti dei morti e di avere il potere di influenzare gli dèi mediante preghiere e sacrifici, devono essere imprigionati in un carcere di massima sicurezza. Nessuno potrà avere contatti con loro.

Alla loro morte il corpo sarà gettato oltre i confini dello Stato e lasciato insepolto.

I figli di questi empi saranno considerati orfani dal momento della condanna del loro genitore. Lo Stato provvederà alla loro educazione e al loro mantenimento.

Possesso privato di oggetti di culto (909 D - 910 C)

Nessuno possieda templi in abitazioni private.

Se qualcuno possiede in privato oggetti di culto, si proceda al sequestro di detti beni. Gli oggetti sequestrati vengano trasportati in luogo pubblico.

Se la persona si oppone al sequestro sia multata.

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Atti di culto privati (910 C - 910 D)

Se qualcuno sarà trovato colpevole di atti di empietà non puerili, ma seri, per aver costruito santuari, o nella sua abitazione o in luogo pubblico, per sacrificare a qualche divinità, sia condannato alla pena di morte.

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Riferimenti bibliografici

Adorno F. La filosofia antica Feltrinelli

Adorno F. Introduzione a Platone Laterza

Chiodi G. M. - Gatti R. La filosofia politica di Platone Franco Angeli

Cropsey J. - Strauss L. Storia della filosofia politica. Vol. 1: Da Tucidide a Marsilio da Padova

Il Nuovo Melangolo

Diogene Laerzio Vite e dottrine dei più celebri filosofi Bompiani

Hegel G. W. F. Lezioni sulla storia della filosofia La Nuova Italia

Platone La Repubblica (a cura di F. Gabrieli) Rizzoli

Platone Le leggi (a cura di Ferrari - Poli) Rizzoli

Platone Opere complete (a cura di G. Giannantoni) Laterza

Platone Tutte le opere (a cura di E.V. Maltese) Newton

Platone Tutti gli scritti (a cura di G. Reale) Rusconi

Reale G. Storia della filosofia antica Vita e pensiero

Sabine G. H. Storia delle dottrine politiche Etas

Strauss Leo Le "Leggi" di Platone. Trama e argomenti Rubbettino