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10 ANNI di RIVENDICAZIONI verso una POLIZIA PENITENZIARIA CONTEMPORANEA IL PROGRAMMA DEL (quasi) MINISTRO GRATTERI: UN PROGRAMMA DA SOTTOSCRIVERE AD OCCHI CHIUSI ATTUALITÀ’: OBIETTIVO BENESSERE L’INTERVISTA: Carolina Kostner si racconta ai giovani dell’UGL LA LETTERA: Lettera al Ministro Orlando REPORTAGE: 10 ANNI INSIEME N0 dicembre-gennaio 2014 POLIZIA PENITENZIARIA contemporanea

Polizia Penitenziaria Contemporanea n° 0

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Rivista tecnico scientifica della Federazione Nazionale UGL Polizia Penitenziaria che periodicamente si propone in una linea giovane e snella di fornire informazioni sugli obiettivi del sindacato e sulle iniziative intraprese, nonchè di aprire un osservatorio costante sul mondo delle carceri italiane che, attraverso una finestra di dialogo e di confronto con i nostri associati e con quanti vorranno nel tempo sposare il nostro progetto, approfondisca in una chiave di lettura alternativa gli argomenti che direttamente interessano il personale di polizia penitenziaria.

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10 ANNI

di RIVENDICAZIONI verso una

POLIZIA PENITENZIARIA CONTEMPORANEA

IL PROGRAMMA DEL (quasi) MINISTRO GRATTERI:

UN PROGRAMMA DA SOTTOSCRIVERE

AD OCCHI CHIUSI

ATTUALITÀ’: OBIETTIVO BENESSERE

L’INTERVISTA: Carolina Kostner

si racconta ai giovani dell’UGL

LA LETTERA: Lettera al Ministro Orlando

REPORTAGE: 10 ANNI INSIEME

N°0dicembre-gennaio 2014

POLIZIA PENITENZIARIAcontemporanea

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MENSILE DELLA UGL POLIZIA PENITENZIARIAn. 0 dicembre - gennaio 2014in corso di registrazione presso la cancelleria del Tribunale Civile di Roma. Direttore responsabileGiuseppe MorettiImpaginazione e graficaLuca CorradoDirezione, redazione, amministrazionevia Mompiani 7 - 00192 RomaTel. 0637512025 - Fax. 0637357175

REDAZIONEINDICEEDITORIALE: ...VERSO UNA POLIZIA PENITENZIARIA CONTEMPORANEA... PRIMO PIANO: IL PROGRAMMA DEL (QUASI) MINISTRO GRAT-TERI: UN PROGRAMMA DA SOTTOSCRIVERE AD OCCHI CHIUSI

FOCUS: La specificità della detenzio-ne femminile - trattamento e problematiche delle donne in carcere

RUBRICA di APPROFONDIMENTO: Cenni sulla specificità del Comparto sicurezza

ATTUALITA’’: OBIETTIVO BENESSERE

FORUM LEGALE: La tutela legale della Polizia Penitenziaria

L’ INTERVISTA: Carolina Kostner si racconta ai giovani dell’UGL

DOMANDE E RISPOSTE: Pubblica Amministrazione: Riforma partita male. Noi pronti a tutto per difendere i lavoratori... A colloquio con Paolo Varesi

POLITICHE SINDACALI: quesito sul fumo pas-sivo in ambiente penitenziario e sulla tutela della salute degli operatori di Polizia Penitenziaria

LA LETTERA: Lettera al Ministro Orlando

REPORTAGE: 10 ANNI INSIEME

ISTANTANEE

VIGNETTANDO

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EDITORIALE...VERSO UNA POLIZIA

PENITENZIARIA

CONTEMPORANEA...

A 10 anni dall’avvio di attività della Federazione vi pre-sentiamo, con entusiasmo ed emozione, il n. 0 della nostra rivista.Polizia Penitenziaria Contemporanea è il frutto di un ambizioso progetto sindacale nato e maturato nella ferma convinzione che lottare per garantire i diritti del personale in divisa si traduce in un corrispondente mi-glioramento del servizio allo stesso affidato per man-dato istituzionale, a tutela della sicurezza del Paese e della legalità.In una congerie socio-politica così difficile ogni batta-glia intrapresa acquista il sapore della conquista, per-seguita e raggiunta attraverso l’audacia ed il coraggio che muove chi scrive a scendere, quotidianamente, in campo per “dare voce agli eroi silenziosi” del Corpo di Polizia Penitenziaria, troppe volte dimenticati, troppo spesso relegati a meri operatori della sicurezza interna agli istituti penitenziari.Si tratta di un periodico mensile di formazione ed in-formazione che, scevro da sterili tecnicismi, si propone in una linea giovane e snella non solo di fornire infor-mazioni sugli obiettivi del sindacato e sulle battaglie ed iniziative intraprese ma anche di aprire un osser-vatorio costante sul mondo delle carceri italiane che, attraverso una finestra di dialogo e di confronto con i nostri associati e con quanti vorranno nel tempo spo-sare il nostro progetto, approfondisca in una chiave di lettura alternativa gli argomenti che maggiormente interessano il personale di polizia penitenziaria.In “primo piano” i lettori potranno analizzare argomen-ti del mondo penitenziario che, periodicamente scelti, verranno proposti senza alcuna pretesa di esaustività tecnica con l’obiettivo di focalizzare l’attenzione su questioni particolarmente controverse o delicate.Orientati alla ricerca di un dialogo costante con le varie realtà penitenziarie locali cercheremo di offrire anche il punto di vista che, sulle tematiche di princi-pale rilievo, proviene dal territorio con l’obiettivo di fa-vorire e promuovere, attraverso la condivisione di un progetto “partecipato”, la sinergica collaborazione tra l’attività sindacale centrale e periferica. Focus specifici saranno, inoltre, diretti ad approfon-dire argomenti che a vario titolo riguardano il mon-do penitenziario nonchè temi giuridico – normativi di interesse nazionale che, attraverso forum tematici

affronteranno, anche grazie alla collaborazione di esperti del settore, le principali questioni legali rela-tive alla tutela dei diritti dei lavoratori appartenenti al Comparto Sicurezza del nostro Dicastero.

Verranno, inoltre, riportate in sintesi le principali Cir-colari eventualmente emanate, nell’arco temporale di riferimento del numero mensile, con l’obiettivo di offrire agli associati un archivio di facile lettura e com-prensione delle direttive di volta in volta disposte dal Dipartimento. Nei prossimi numeri una sezione sarà, altresì, dedicata alla cultura contemporanea con l’obiettivo di offrire uno spazio di approfondimento alternativo alle tema-tiche strictu sensu penitenziarie, con una pagina in cui potranno trovare libera espressione le potenzialità ar-tistiche, spesso inespresse, del personale di polizia in servizio nei vari Istituti penitenziari del territorio.E’ nostra intenzione implementare il contenuto della rivista con una rubrica aperta alle “lettere dei colleghi” e, pertanto, al confronto con quanti vorranno rappre-sentare direttamente le proprie posizioni ed eventual-mente fruire dei servizi di counseling ed assistenza sanitaria e finanziaria offerti dagli organismi con cui la nostra Federazione ha stipulato, nell’ambito del cd. “Pacchetto Welfare”, specifiche convenzioni finalizzate a prevenire le situazioni di stress da lavoro correlato e, per l’effetto, a promuovere e diffondere la cultura del benessere del personale. Simbolicamente taglia il nastro di questo nuovo pro-getto un nostro positivo commento al programma del (quasi) Ministro Gratteri: un programma che ci sentia-mo di condividere e sottoscrivere ad occhi chiusi. Con l’intenzione di proseguire la nostra attività sinda-cale con serietà e rigore per dare sempre più concre-tezza alle azioni di tutela della dignità professionale del personale di Polizia Penitenziaria e con l’auspicio che anche questo nuovo progetto sia in grado di sod-disfare le aspettative dei lettori auguro a tutti, vecchi e nuovi amici, buona lettura!

Il Segretario GeneraleGiuseppe MORETTI

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PRIMO PIANOIL PROGRAMMA DEL (QUASI) MINISTRO GRATTERI: UN PROGRAMMA DA SOTTOSCRIVERE AD OCCHI CHIUSI Pochi giorni fa sulla rivista Micromega è comparso un inte-ressante articolo di Nicola Gratteri, che tutti accreditavano quale Ministro della Giustizia all’indomani della designazio-ne di Matteo Renzi, quale Presidente del Consiglio incarica-to.L’articolo inizia con la descrizione della vicenda storica che ha condotto prima alla indicazione di Gratteri quale Ministro e poi al suo accantonamento in occasione della proposta della lista al Presidente della Repubblica. La grandezza dell’«uomo» Gratteri si evince dalla disponibili-tà prestata comunque al Governo in ordine alla possibilità di

collaborare per riformare integralmente la giustizia.Diamo un giudizio anticipato del programma Gratteri: fosse per l’UGL Polizia Penitenziaria andrebbe immediatamente sottoscritto ed attuato!Gratteri dimostra, infatti, di conoscere il sistema dall’interno, ha contezza dei meccanismi perversi che governano il car-rozzone delle amministrazioni che compongono il Ministero della Giustizia e, per questo motivo, è certamente da consi-derare persona scomoda.Sostenere l’inutilità dei dirigenti generali dell’Amministra-zione Penitenziaria e dei Capi del DAP è una idea che nessu-no finora ha avuto il coraggio di manifestare, se si escludono le OO.SS. rappresentative della Polizia Penitenziaria, che da anni invocano una riforma della giustizia.L’UGL Polizia Penitenziaria, in particolare, è da tempo che chiede a gran voce la costituzione della Polizia dell’esecu-zione penale, valorizzando un background esperienziale che solo gli “addetti ai lavori” conoscono (l’ultima volta l’ab-biamo fatto il 12 dicembre del 2012, a Roma alla sala delle bandiere dell’Unione Europea, ma soprattutto il 18.12.2007 in un convegno tenutosi in Piazza Montecitorio, dove si au-spicava l’avocazione del controllo dell’esecuzione penale esterna al Corpo).Infatti, Gratteri parla del carcere e della Polizia Penitenziaria con cognizione di causa, chiedendo che essa sia svincolata da compiti inutili e routinari, come quello delle notifiche, avvalendosi della posta elettronica certificata, riducendo anche i tempi dei processi ed evitando di dequalificare la polizia giudiziaria al ruolo di messi notificatori. Una nuova polizia, dunque, che si occupi dell’intera esecu-zione penale.

Gratteri è chiaramente contro il pendolarismo giudiziario dei mafiosi. Cita i 41 bis, ma noi abbiamo richiesto da tempo l’estensione delle videoconferenze ai detenuti Alta Sicurezza, così da raf-forzare la sicurezza sul territorio e negli istituti. Aggiungiamo che andrebbe evitato finanche il pendolari-smo dei detenuti sottoposti agli arresti domiciliari, ora tra-dotti e che invece dovrebbero raggiungere le sedi di giusti-zia con mezzi propri.Non possiamo che apprezzare il passaggio che riportiamo testualmente: «Non c’è la giusta distribuzione delle risorse e le recenti proteste delle forze dell’ordine per il blocco dei contratti sono più che comprensibili».Gratteri chiede di razionalizzare le risorse, tutte le risorse, umane, strumentali, economiche, giungendo ad ipotizzare la chiusura di istituti di piccole dimensioni, in ragione di eco-nomie di scala che li rendono economicamente disfunziona-li, sebbene non si condivida l’idea di mega istituti (c.d. Titan Jail), per il loro impatto desocializzante su chi vi lavora e vi opera., si concorda con tale visione anche se la chiusura di strutture minori presenti sul territorio costituirebbe motivo di disagio al personale in esse impiegato qualora non ne fos-se riqualificato il servizio sul territorio.Giustamente, così come concepiti ora, tutti gli istituti sono meri contenitori e l’assenza di attività trattamentali rilevanti è imputabile a note carenze economiche.L’idea di Gratteri è semplice e disarmante: ergoterapia carce-raria; tradotto in termini elementari il lavoro come terapia e come tale non retribuito.Allo stato attuale la normativa interna lo impedisce, ragion per cui andrebbe modificato l’Ordinamento Penitenziario, sebbene un segnale in tal senso sia stato già dato recente-mente con il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 21, com-ma 4-quater, dell’Ordinamento Penitenziario.Questa misura, però, non è facilmente percorribile e prati-cabile, per cui andrebbe rivisto complessivamente l’intero impianto normativo in materia di lavoro carcerario, ivi com-preso l’apparato incentivante previsto dalla legge Smuraglia che, opportunamente funzionalizzato, potrebbe essere il volano della riforma del lavoro carcerario.Il lavoro di pubblica utilità, per essere realizzabile come so-stiene Gratteri, ha necessità di provvedimenti che evitino l’impiego della Polizia Penitenziaria in funzione di vigilanza esterna, a meno che non sia disimpegnata da compiti inutili e onerosi, come la vigilanza del muro di cinta, assicurabile con sistemi automatizzati.Del pari sistemi automatizzati e di videosorveglianza posso-no essere impiegati nei reparti detentivi, invece di attuare forme di vigilanza dinamica senza controllo remoto, come avviene ora nella maggior parte delle carceri.La composizione della Commissione Gratteri è incoraggian-te, vista la presenza anche di magistrati che ben conoscono la realtà del DAP (in primis Sebastiano Ardita).L’UGL Polizia Penitenziaria sottoscriverebbe immediatamen-te e ad occhi chiusi quel programma, non senza dichiararsi disponibile sin d’ora a dare il proprio contributo ideativo, ove mai ciò sia possibile, magari incontrando anche infor-malmente il presidente della Commissione, alla quale man-ca, a nostro avviso, un componente fondamentale e cioè un appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria che si faccia portavoce della concreta vita all’interno del micro cosmo penitenziario.Noi mettiamo a disposizione il nostro osservatorio sperando che la destrutturazione del DAP proposta nel DPCM che ab-biamo letto solo qualche giorno fa sia l’avvio della sua rina-scita organizzativa ma MAI quello della FUNZIONE del Corpo di Polizia Penitenziaria.

a cura dellaREDAZIONE

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RUBRICA di APPROFONDIMENTO Cenni sulla specificità Del Comparto Sicurezza L’art. 19, l. n. 183/2000, ha formaliz-zato il principio di specificità del com-parto Sicurezza, che si giustifica per la delicatezza dei compiti istituzionali di questo comparto, oltre che per le funzioni di p.g. e di p.s. Nel caso della Polizia Penitenziaria gli specifici com-piti istituzionali consentono di parlare di “specificità nella specificità”. La ra-tio della specificità è riconducibile alla massima vicinanza al nucleo autori-tativo dei poteri pubblici, che ne fa il braccio armato dell’autorità, tanto da escluderne la privatizzazione.La «specificità» ha ambiti elettivi di ri-ferimento: sistematica deroga par-ziale al blocco delle assunzioni; co-stituzione di cooperative edilizie; impiego nei Gruppi Sportivi; trat-tamento previdenziale e retributi-vo; natura usurante dell’impiego. Una applicazione al negativo del princi-pio si è avuta per l’applicazione dell’art. 33, comma 5, l. n. 104/1992 (tra-sferimento per assistenza ai disabi-li), messo in dubbio a causa dell’inci-so «ove possibile» nella disposizione, che ha indotto una prima giurispru-denza a considerare inapplicabile l’art. 33, comma 5, al comparto Sicurezza (cfr. TAR Milano, sez. I, 27.3.2014, n. 451). Questo orientamento è in via di progressivo abbandono (ex mul-tis Cons. Stato, sez. IV, 9.7.2012, n. 4047), grazie alla valorizzazione

del diritto di assistenza rispetto agli obblighi derivanti dal servizio. Inve-ro, giova segnalare che non si esclu-de nell’immediato futuro, anche per la Polizia Penitenziaria, l’introduzione di una disposizione analoga a quella in-trodotta all’inizio del 2014 per i mili-tari, che consente i trasferimenti ex lege 104 a condizione che la sede di destinazione abbia organico libero nel ruolo del dipendente da trasferire, principio invero già applicato dalla giu-risprudenza (v. TAR Roma, sez. I-qua-ter, 27.9.2013, nn. 8478 e 8479).

A cura di Vincenzo LAMONACA Responsabile Ufficio Legislativo e rapporti politici

UGL Polizia Penitenziaria

Tra le molteplici difficoltà in cui si trova impigliata la donna contem-poranea c’è anche quella di essere sempre in una condizione di mar-ginalità tra i marginali, così come accade alle donne ristrette in car-cere.Da qui nasce il bisogno di parlare di detenzione femminile e al fem-minile con un approccio di gene-re, cioè partendo dalla specificità che caratterizza la condizione del-le donne ristrette.La problematica delle donne in carcere va, infatti, compresa, af-frontata e gestita in un’ottica cul-turale che riconosca la presenza di una differenza di genere e, dun-que, di una specificità della deten-zione femminile rispetto a quella maschile.Sebbene i numeri forniscano un’immagine soltanto statistica del fenomeno si ritiene utile muo-vere da una breve disamina di questi per cogliere il senso di tale specificità. Invero, le donne ristrette in Italia ed anche in Europa non superano il 5% della popolazione detenuta totale, a fronte di una popolazione libera composta, invece, da donne

per più del 50%.Inoltre, i reati commessi dal gene-re femminile sono per la maggio-ranza non di natura violenta e si configurano in atti contro il patri-monio o infrazioni alla legge sugli stupefacenti.Per quanto riguarda gli istituti per donne in Italia questi sono soltan-to 5, mentre ci sono ben 54 sezioni femminili all’interno di istituti ma-schili. Questo il quadro numerico che caratterizza, nella sua diversità, la detenzione femminile, ma non vo-lendo soffermarsi soltanto sull’im-magine “statistica” del fenomeno è importante comprendere perché quando si affronta il tema della detenzione femminile il concetto chiave è quello di “specificità”.Perché sia la struttura organizza-tiva del carcere con le sue regole comportamentali, sia la filosofia punitiva che individua la deten-zione come sanzione principale, sono il portato di un’elaborazione culturale tipicamente maschile che non lascia spazio, perché non la riconosce, alla differenza di ge-nere.Il carcere, infatti, così come è con-

cepito e organizzato nella pratica, rappresenta un’istituzione totale maschile, con regole rigide e pre-determinate tese a contenere ag-gressività e violenza, in cui non vi è posto per il profilo emozionale tipico dell’esperienza comunica-zionale di ogni donna. Ci si deve, allora, chiedere la ragio-ne del generale disinteresse per il

problema “non problema” relativo alla specificità della detenzione femminile. La risposta è che la causa ma an-che l’effetto è, probabilmente, do-vuto alla doppia emarginazione che la donna subisce, sia in quan-to detenuta, sia in quanto detenu-ta donna. Infatti, vi è stata nel tempo una persistente difficoltà culturale ad affrontare la problematica della donna-delinquente-detenuta in quanto, storicamente, la donna

FOCUSLA SPECIFICITA’ DELLA DETENZIONE FEMMINILE: TRATTAMENTO E PROBLEMATICHE DELLE DONNE IN CARCERE

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FOCUSdeviante, che cioè contravveniva alle regole che la società maschile si era data non è mai stata conside-rata, in ragione della sua inferiorità biologica e psichica, come porta-trice cosciente di ribellione, per-ché non si poteva ammettere, cul-turalmente, che la donna potesse desiderare, con libero arbitrio, di uscire dal perimetro delle regole. Colpevole, pertanto, due volte non soltanto di fronte alla legge scrit-ta dagli uomini, ma anche verso quella di natura per aver abiurato, commettendo il reato, alla propria natura femminile, tradizionalmen-te dedita alla maternità e alla cura del focolare domestico.Le donne in carcere dovevano, pertanto, venire corrette nella loro personalità più che punite, tanto che sono state affidate, dal 1863 sino alla istituzione del Corpo di Polizia Penitenziaria nel 1990, pas-sando per le vigilatrici, alla custo-dia delle suore che, riproducendo così un modello culturale di sot-

tomissione, impostavano la vita carceraria non tanto sulla puni-zione ma sulla “correzione” dell’er-rore commesso. Un’altra causa del generale disinteresse verso la detenzione femminile viene gene-ralmente attribuita alla suddetta inferiorità del dato numerico del-le donne presenti negli istituti di pena che è stato sempre letto in termini riduttivi e miopi, muoven-do dalla considerazione che, poi-ché le donne detenute sono po-che, non è possibile o meglio non vale la pena né di impostare un trattamento ad hoc né di studiare il fenomeno. Ed invero, la criminalità e la deten-zione femminile sono divenute, sia a livello nazionale che interna-zionale, materia di indagine e di studio solo in tempi relativamente recenti.

Nella conferenza Women in the Criminal Justice System, tenutasi a Vienna nell’aprile 2000 durante il decimo congresso delle Nazioni Unite sulla Prevenzione del Crimi-ne ed il Trattamento dei Criminali, sono state presentate numerose relazioni riguardanti i diversi aspet-ti del possibile coinvolgimento delle donne nel sistema di giusti-zia penale, sia come autrici di reato e detenute, sia come vittime, sia, infine, come professioniste del set-tore della giustizia penale.Passando per le Regole Peniten-ziarie Europee del 2006 (artt. 64 e 65) si ricorda anche la relazione Women in Prison and the Children of Imprisoned Mothers redatta dall’Ufficio delle Nazioni Unite nel 2007, la quale dà atto testual-mente che “ Women and man are different” e che le prigioni sono organizzate in tutto il mondo con regole funzionali alla maggioranza degli uomini detenuti e non ai bi-sogni e alle esigenze delle donne ristrette. Va, inoltre, citata la risoluzione ap-provata dal Parlamento Europeo il 13.03.2008 sulla particolare si-tuazione delle donne detenute e le conseguenze della detenzione sulla vita familiare e sociale, non-chè il rapporto dell’Organizzazio-ne Mondiale della Sanità del 2009 sulla salute delle donne in carcere. La specificità di genere è, come visto, un’acquisizione culturale piuttosto recente che ha portato l’Amministrazione Penitenziaria - Direzione Generale Detenuti e Trattamento - ad elaborare con il PEA 25/2005 strategie di interven-to differenziate per gli istituti fem-minili e per le sezioni femminili all’interno degli istituti maschili. La grave lacuna rappresentata dal-la mancanza di una regolamen-tazione specifica dell’esecuzione penale femminile è stata in parte colmata dalla Circolare della Dire-zione Generale dei Detenuti e del Trattamento (Circolare n.0308268 del 17 settembre 2008) con la qua-le è stato divulgato uno schema di regolamento interno ex art. 16 L. 354/75 (O.P.), specifico per gli istituti e sezioni femminili, con l’o-biettivo da un lato di tenere conto dei bisogni e delle esigenze delle donne detenute e, dall’altro - con-sentendo a queste ultime di fruire, nonostante l’esiguità del loro nu-mero, di pari opportunità tratta-mentali e di reinserimento sociale – di favorire l’espressione di quegli aspetti della personalità fondati sulla differenza di genere.Tuttavia, gli organi, le istituzioni e gli operatori del settore tendono, ancora oggi, a trattare i problemi e

le difficoltà delle donne detenute allo stesso modo e con gli stessi strumenti con cui vengono trattati quelli degli uomini. Certamente, non si può ignorare la difficoltà concreta del sistema penitenziario nell’elaborare accor-gimenti organizzativi ed offerte di riabilitazione idonei a riconoscere tale specificità, attese le diverse ca-ratteristiche e le diverse tipologie di donne ristrette in carcere. Prendere atto di questa realtà non significa porsi in un’ottica di giusti-ficazionismo, di sentimentalismo compassionevole o – per usare un termine oggi tanto utilizzato in maniera dispregiativa – di buoni-smo, ma significa voler compren-dere il fenomeno per affrontarlo nella maniera corretta.In tal senso, occorre rafforzare la personalizzazione del trattamento di cui all’art. 13 dell’Ordinamento penitenziario che significa capire quanto la popolazione detenuta femminile sia composta da cate-gorie diverse, tra le quali spiccano ultimamente le straniere e le tos-sicodipendenti e significa, altresì, che nel farsi carico del loro trat-tamento gli operatori di Polizia e l’Amministrazione penitenziaria nel suo complesso devono con-siderare tutte le aree del disagio, perché le donne sono portatrici di problematiche trasversali e con-nesse tra loro: i figli, la violenza, la responsabilità della famiglia, la sudditanza economica e affettiva, la tossicodipendenza, la povertà, l’emarginazione e il disagio men-tale. E’, dunque, fondamentale elabora-re strategie di intervento mirate ed efficaci per affrontare consapevol-mente le enormi ricadute sociali che la detenzione femminile com-porta ed intervenire, per quanto possibile, adottando buone prassi ad esempio investendo nell’istitu-zione dei regimi cosiddetti “a cu-stodia attenuata” cioè di interven-to trattamentale particolare per le detenute tossicodipendenti, non-chè promuovendo e rafforzando il ricorso allo strumento della me-diazione culturale, con l’obiettivo ultimo di cogliere e valorizzare la differenza di genere e la specificità dei diritti delle donne ristrette in carcere che, altrimenti, rischiano di diventare sempre più emarginate tra gli emarginati e dimenticate tra i dimenticati.

a cura di Iole FALCOResp. Coord. Pari Opportunità

UGL Polizia Penitenziaria

LA SPECIFICITA’ DELLA DETENZIONE FEMMINILE: Trattamento e problematiche delle donne in carcere

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ATTUALITA L’UGL ha, ormai da tempo, intra-preso una campagna di sensibilizzazione sul tema dello “stress da lavoro correlato” con l’obiettivo di dare voce agli eroi silen-ziosi e di verificare le concrete condizioni di lavoro del personale di Polizia Peniten-ziaria.Sulla scorta delle informazioni acquisite durante i momenti di confronto, fin qui realizzati, è emerso che l’Amministrazio-ne è ancora lontana dal raggiungimento

dell’obiettivo che deve essere quello di offrire al personale un quadro chiaro di riferimento per individuare, prevenire e gestire problemi di stress, inteso come l’interazione, talvolta negativa, che si crea tra il lavoratore e i diversi aspetti dell’am-biente di lavoro.L’esperienza di riflessione avviata dalla nostra Federazione nelle principali realtà penitenziarie italiane ha evidenziato che la categoria professionale degli operatori di Polizia Penitenziaria rientra tra quelle maggiormente colpite dal fenomeno in quanto essa, esercitando una professione per definizione emergenziale, è chiama-ta non solo a garantire, in condizioni di endemico sovraffollamento e carenza di personale, la sicurezza all’interno degli Istituti penitenziari ma, altresì, a parteci-pare – senza peraltro una necessaria ed adeguata formazione - al trattamento rie-ducativo dei detenuti ed internati.Questi compiti diventano ancora più complessi nel momento in cui gli appar-tenenti al Corpo sono chiamati a gestire e a controllare gli eventi critici di servizio che sono in grado di sopraffare le ordi-narie strategie di gestione messe in atto dall’operatore e di provocare una sensibi-le diminuzione del benessere organizzati-vo.L’analisi da noi condotta ha portato a dif-ferenziare due tipologie di stress presenti nel lavoro, quella inerente alle mansioni e, quindi, riguardante eventi critici di servi-zio e quella inerente al contesto di lavoro, relativa ad aspetti organizzativi.Sia le une che le altre comportano, co-munque – come testimoniato dagli ope-ratori penitenziari da noi direttamente interpellati - una persistenza di tensioni, durevoli nel tempo e foriere di gravi forme di condizionamento psicologico.In particolare, come si è avuto modo di registrare nelle realtà penitenziarie pre-se in esame, le conseguenze prodotte si manifestano in reazioni fisiche ed emo-tive dannose, tali da determinare un au-mento dell’assenteismo, una riduzione dell’efficienza sul lavoro, un cattivo stato di salute, una difficoltà nelle relazioni in-terpersonali, uno smodato innalzamento della soglia di percezione del pericolo o,

al contrario, un calo eccessivo dell’atten-zione che mette a rischio tutto l’ambiente di lavoro.Per cercare di contrastare il disagio lavora-tivo e promuovere il benessere organizza-tivo il Dipartimento con la Circolare GDAP 0230431 – 2008 aveva previsto la neces-sità di attuare specifiche iniziative tra cui:• l’eventuale istituzione di centri di

ascolto per la verifica delle con-dizioni di disagio del personale;

• la predisposizione annuale di un pro-getto per il benessere, al cui interno dovevano trovare spazio iniziative concrete, finalizzate al miglioramen-to delle condizioni di vita lavorative degli operatori (es: convenzioni con centri a carattere ricreativo e cultura-le, attività tese al miglioramento della salubrità e dell’igiene degli ambienti lavorativi e delle condizioni generali di tutte le strutture di accoglienza del personale).

In applicazione delle direttive contenute nella suddetta Circolare ve-niva emanata la Nota ISSP 0016223 del 30.12.2011 con l’obiettivo di misurare – attraverso un’indagine condotta nelle singole strutture penitenziarie da un re-ferente locale appositamente individuato - il grado di benessere organizzativo degli Istituti e servizi, nonchè di individuare i fattori di criticità negli aspetti strutturali, organizzativi e relazionali del lavoro.La nostra Federazione, pertanto, in più occasioni istituzionali e non ha chiesto all’Amministrazione di volere fornire in-formazioni sugli esiti dell’attività di mo-nitoraggio condotta, in quanto è fonda-mentale partire dall’analisi dei dati da essa emersi per pianificare e progettare interventi migliorativi dello stato del be-nessere organizzativo, sulla base delle risorse umane, finanziarie e strumentali attualmente disponibili.

L’UGL ha avanzato le seguenti richie-ste:

• porre in essere concrete iniziative progettuali che devono avere l’obiet-tivo principale di offrire al personale – attraverso la costruzione di apposi-ti spazi al riparo dalla frenetica quotidianità penitenziaria - una sor-ta di camera di decompressione che limiti l’eventuale danno emotivo prodotto dallo stress da lavoro;

• organizzare specifiche giornate dedicate alla promozione del benessere dell’individuo;

in una dinamica che consenta a tutti di sentirsi al “centro” come persona, con la collaborazione del dirigente sanitario e attraverso consulenze specialistiche gratuite in sede;

• condividere il mandato istituzionale, attraverso la promozione di una nuova organiz-zazione del lavoro per il comparto sicurezza più moderna, efficiente ed efficace da raggiungere attraverso l’intensificarsi di incontri e rapporti sul tema con le varie OO.SS.;

• istituire presso ogni istituto penitenziario un vero e proprio “pun-to di ascolto” per tutti gli operatori penitenziari che, governato da esperti e convenzio-nato con le ASL, sia finalizzato al bisogno generalizzato di ascolto espresso dal personale;

• definire un approccio organizzativo e gestionale basato sulla pianifica-zione, programmazione e proget-tazione del sistema penitenziario nel suo complesso e orientato a controllare i fattori di stress legati al lavoro e a garantire il benessere organizzativo, da cui possono trarre vantaggio non solo l’organizzazione e la gestione dei compiti istituzionali ma soprattutto il clima delle relazio-ni interne ed esterne all’Istituto.

In conclusione, nel confronto tra le componenti, le iniziative, le proble-maticità degli Istituti visitati nell’ambito della campagna avviata dalla nostra Or-ganizzazione sul tema in parola, si è avuto modo di constatare che il rimedio più ef-ficace per combattere i fattori di tensione e di stress da lavoro correlato è elevare al massimo (specie in favore del personale accasermato) le occasioni ed i momenti di svago, di distensione, di confronto e di condivisione.Invero l’offerta al personale di siffatte op-portunità ed alternative consentirebbe di abbattere quegli elementi di turbamento che, inducendo negli operatori peniten-ziari tensioni e conflitti, sfociano troppo spesso in situazioni altamente problema-tiche sotto il profilo sanitario, operativo e professionale.Tuttavia, nonostante l’attiva campagna di sensibilizzazione portata avanti e le reiterate richieste di intervento avanzate all’Amministrazione siamo costretti a re-gistrare un esponenziale e preoccupante aumento dei casi di suicidio tra le fila degli appartenenti al Corpo di Polizia Peniten-ziaria che denuncia in maniera chiara ed inequivocabile l’assenza di un serio piano di verifica dell’incidenza dello stress da lavoro correlato e, per l’effetto, di una atti-vità di sostegno psicologico che consenta agli operatori di Polizia Penitenziaria di poter affrontare con serenità il dramma di un disagio lavorativo che, spesso, si riper-cuote negativamente anche nell’ambito personale e familiare.

A cura dell’Osservatorio Tecnico Scientifico UGL Polizia Penitenziaria

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OBIETTIVO BENESSERE

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LA TUTELA LEGALE DELLA POLIZIA PENITENZIARIA.

Lo status di apparte-nente alla Polizia Penitenzia-ria determina, oltre ai profili comuni con tutti gli impiegati pubblici, anche talune peculia-rità e specificità che determi-nano la necessità di approfon-dire e indagare sulla disciplina giuridica relativa agli aspet-ti salienti dell’impiego. Come è noto, il rapporto di lavoro è devoluto alla giurisdizione del giudice amministrativo (TAR in primo grado e Con-siglio di Stato in appello) e la competenza territoriale del TAR deve essere individuata normalmente sulla base del luogo di servizio del dipenden-te. Purtroppo, negli ultimi anni anche per i giudizi di la-voro è stato previsto a carico del ricorrente l’onere di ver-sare il c.d. contributo unifi-cato ovvero una vera e pro-pria tassa dovuta al momento dell’iscrizione a ruolo del fasci-colo (solo i redditi più bassi sono oggi esentati dal paga-mento). Dunque, la via della tutela giurisdizionale è compli-cata dai costi per l’accesso, dalla necessità di organizzarsi sul territorio a seconda della competenza dei TAR e dalla prassi ancora oggi prevalen-te da parte dei giudici ammi-nistrativi che spesso compen-sano tra le parti le spese di lite, così impedendo al ricor-rente vittorioso (magari a di-stanza di anni) di ottenere il rimborso di (almeno) una par-te delle spese legali sostenu-te. Per converso, occorre prestare particolare atten-zione ad iniziative collettive o cumulative di azioni che, pure accessibili a costi irrisori, spesso si rivelano infondate o difficilmente sostenibili con il rischio, dunque, di essere esposti, in caso di soccom-benza, a condanna alle spese di lite. Pertanto, il ricorso alla tutela giurisdizionale deve es-sere sempre preventivamente concertato con un difensore esperto nella materia oggetto della contesa o almeno deve essere consigliato dalla OO. SS. dove l’esperienza matura-ta dal dirigente o dal delegato sindacale può essere utile per indirizzarsi al meglio.

Avv. Antonino Galletti Patrocinante in Cassazione Studio Legale Galletti Law

Piazzale Don Giovanni Minzoni n. 9

UGL TV: Carolina, tu hai scelto lo sport come tuo stile di vita. Cosa consiglieresti in un mo-mento così delicato per i giovani, ecco, un inserimento nel mondo del lavoro o una carriera sportiva come la tua?

CAROLINA K.: devo dire che per me assolutamente lo sport è stata una scuola di vita che mi ha insegnato tante cose che sono sicura che nel mondo del lavoro mi aiuteranno a viverlo meglio, inoltre ho avuto la fortuna che i miei genitori mi hanno sempre spinto a andare a scuola prima e poi lo sport perché non scegli a 5-6 anni o a 10 anni di diventare campione, cioè, lo scegli si come tuo desiderio però non hai mai la garanzia, quindi secondo me è molto importante che comunque da giovane anche facendo sport ti educhi, vai a scuola, finisci, fai la maturità, cerchi di studiare, cerco di fare il possibile perché lo sport secondo me non è tutto e ecco, per me è un grandissimo onore aver potuto trasformare la mia passione, il mio sport in un lavoro con tanti sacrifici, ecco, tanto lavoro dietro, però mi ha dato tantissime soddisfa-zioni e tantissime lezioni proprio di vita.

UGL TV: ecco, per quanto riguarda la tua esperienza all’interno delle Fiamme Azzurre, qual è il segno che comunque ti è rimasto?

CAROLINA K.: Beh, io le Fiamme Azzurre soprattutto le ringrazio per il supporto, adesso sono quasi 10 anni che lavoriamo insieme e li stimo tantissimo soprattutto perché mi hanno aiuta-to nei momenti difficili ed ecco qui ci ritroviamo in un momento difficile e penso che la cosa che ci ha aiutato sia proprio la collaborazione, la disponibilità a discutere e parlare per cercare una soluzione insieme. Ciò mi ha aiutato e ha fatto anche si che mi ritrovassi qui dove sono adesso.

UGL TV: Ecco, quanto conta per te il rispetto per le regole non tanto come donna sportiva ma anche come rappresentante delle forze di polizia. Ricordiamo che tu fai parte del Corpo della Polizia Penitenziaria.

CAROLINA K: eh, immagino che sono importanti per far si che esiste la sicurezza, per far si che possiamo avere l’obiettivo di trovare una vita migliore.

UGL TV: Vorrei che lanciassi un appello anzi un messaggio ai tuoi colleghi, gli agenti della Po-lizia Penitenziaria che sicuramente stanno attraversando come comparto un periodo molto delicato.

CAROLINA K: Mah, innanzitutto un calorosissimo saluto e forza e coraggio, ci son sempre momenti difficili, io li ho avuti nella mia carriera sportiva, al momento ho avuto un grandis-simo successo ma so che non è sempre così, non è stato sempre così, e non mi aspetto che sarà sempre così però ecco con il cuore e la passione e con un po’ di pazienza si va verso la via giusta.

UGL TV: Grazie Carolina, grazie.

a cura di Antonella Marano Web Tv UGL

L’ INTERVISTAForum LEGALE ‘w

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Nell’ambito del Progetto giovani avviato dalla Confederazione per pro-muovere tra le nuove generazioni i valori della giustizia e della legali-tà, l’UGL ha incontrato presso la sede della UTL di Roma la campionessa Carolina Kostner atleta del nostro Gruppo Sportivo “Fiamme Azzurre”.Vogliamo, pertanto, condividere attraverso l’intervista che la Web Tv UGL ha realizzato e che vi proponiamo nella sua versione integrale il mes-saggio di speranza e di vicinanza lanciato da Carolina …orgoglio del Corpo di Polizia Penitenziaria e ambasciatrice nel mondo di inestimabili valori, come l’audacia che deve esprimere chi come noi è al servizio del Paese…

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, RIFORMA PARTITA MALE. NOI PRONTI A TUTTO PER DIFENDERE I LA-VORATORI

“Questa riforma è partita male e finirà peggio. Il confronto con i sindacati non è un optional”. Non usa mezzi termini Paolo Varesi, già Vice Segretario Generale Ugl ed esperto in diritto del lavoro e contrattazione collettiva, nel commentare le scelte del Governo Renzi sulla pubblica amministrazione. E non esclude alcuna ipotesi, compresa lo sciopero, se determinate misure non verranno riti-rate. Riservandosi le decisioni a dopo aver approfondito i testi di legge del Consiglio dei Ministri.

D: Il sindacato dichiara guerra a Renzi, che ne pensa?

R: Credo che il Sindacato non si sia mai sottratto alla sfi-da del rinnovamento e del rilancio della macchina am-

ministrativa ma mettere in campo una riforma basata solo sulla consultazione popolare via mail è totalmente sbagliato. Il “frutto” di non averla condivisa anche con i sindacati è subito emerso dal fatto che le questioni fondamentali sono finite in coda alla lista degli inter-venti. Ad esempio, il rinnovo della contrattazione col-lettiva, ferma dal 2009 sarebbe dovuto essere il primo punto ed invece è il 45° nel capitolo titolato “Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione”

D: C’è qualcosa di condivisibile nella riforma del Mini-stro Madia?

R: Sinteticamente la riduzione degli apparati dello Stato e la semplificazione burocratica sono certamen-te obiettivi condivisi, ma non è pensabile che questo processo inizi, ad esempio, dalla abolizione dei Corpi di Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato e dal loro accorpamento alla Polizia di Stato ( fortunata-mente per il momento sospesa ). E’ una proposta che non tiene conto delle specificità di ciascuno in relazio-ne alle importanti funzioni di tutela della pubblica si-curezza e di difesa ambientale.

D: Con l’abolizione dell’istituto del trattenimento in servizio il Governo punta alla staffetta generazionale. Come giudica questo intervento?

R: Lo sblocco del turn over e il ringiovanimento del-la Pubblica amministrazione sono fondamentali ma vanno attuate con le dovute tutele di chi ha prestato servizio per una vita alle dipendenze della P.A. e con misure realmente efficaci. La possibilità di anticipare la pensione in base ai criteri contributivi, anche in assen-za dei requisiti dell’età, mi sembra positiva. Ma sull’ef-fettivo ricambio generazionale mi sembra che le idee siano ancora vaghe e contraddittorie. A proposito di politiche giovanili è con rabbia e sincero dispiacere che ascolto giorno dopo giorno notizie di giovani ragazzi che “rimangono a casa” proprio quando un posto di lavoro, a fatica, speravano di esserselo conquistato. Mi stupisce amaramente, guardando alle tante iniziative messe in campo proprio per offrire ai più giovani una opportunità di lavoro (e di futuro) il cinismo di tante aziende, anche a partecipazione pubblica, che per ef-fetto della cosiddetta spending review, invece di taglia-re su premi, sprechi, monumenti auto-celebrativi o di spulciare fra i tanti stipendi a 5 zeri, decidono sempli-cemente di scegliere la via più semplice: non rinnovare i contratti in scadenza agli under 30.Uno fra tanti, l’esempio del Gestore Servizi Energetici (GSE), società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che opera nel settore delle rinnovabili.

D: La riforma punta su strumenti per favorire la con-ciliazione dei tempi lavoro/famiglia e non prevede li-cenziamenti. In caso di esuberi si punta sulla mobilità volontaria e obbligatoria. Che ne pensa?

R: Certamente è fondamentale che non si perda alcun posto di lavoro ma non si può nemmeno rendere im-possibile la vita delle famiglie con trasferimenti “coatti” in altre sedi. Soprattutto perché quelle persone per tor-nare nella propria città hanno aspettato almeno dieci anni . Prevedere trasferimenti senza alcun incentivo economico, non migliorerà l’efficienza del settore pub-blico anzi, avrà solo gravi ripercussioni sui lavoratori, vi-sta anche la condizione delle infrastrutture del nostro Paese e le drammatiche conseguenze a livello fiscale per quei dipendenti che decidessero di trasferire anche la propria famiglia (IMU) . Anche su questo vigileremo con attenzione e soprattutto non intendiamo rinuncia-re acché queste scelte siano oggetto di confronto con il sindacato.

D: il Ministro Madia ha sollecitato le parti sociali a non fare resistenze e a non essere “conservatori”. Lo siete?

R: Assolutamente no! Siamo pronti alla sfida del rinno-vamento e vogliamo contribuire al rilancio del Paese. Ma non consentiremo che ciò venga fatto sulla pelle dei lavoratori per “giocare” una partita che mi sembra, da parte di Renzi, un po’ troppo incentrata su ambizio-ni personali più che su intenti di bene comune.

PAOLO VARESI - SINDACALISTA ESPERTO IN DIRITTO DEL LAVORO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

DOMANDE E RISPOSTE

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A colloquio con...

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POLITICHE SINDACALI

La salubrità dei luoghi di lavoro è principio fondamentale per ogni tipo di attività lavorativa, ivi compresa quella svolta dagli appartenenti alla Polizia Penitenziaria e sulla quale questa Federazione ha svolto una incisiva opera di sensibilizzazione verso l’Amministrazione Penitenziaria (vedasi le note allegate a firma della segreteria regionale UGL-FNPP per la Puglia e riscontri ricevuti dal Provveditorato Regionale per la Puglia). V’è da dire, però, che a tutt’oggi si registra una scarsa attenzione da parte di quest’ultima, che induce la scrivente Federazione ad avere dubbi circa la cogenza della normativa in materia e da applicare anche nelle carceri italiane. A tal propo-sito le fonti normative di riferimento sono gli articoli 3, 5, 6, 8, 9, 10 e 11 della legge 11 novembre 1975, n. 584, tuttora vigenti in quanto non espressamente abrogati dall’art. 51, della legge n. 3/2003, a sua volta seguito dalle disposizioni interpretative di cui alla circolare del ministero della salute del 17 dicembre 2004. L’art. 51, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, entrato in vigore il 10 gennaio 2005, ai sensi dell’art. 19, d.l. 9 novembre 2004, n. 266, ha previsto l’emanazione di un regolamento volto ad individuare eventuali ulteriori luoghi chiusi nei quali sia con-sentito fumare, sempre nel rispetto delle disposizioni normative. Tale regolamento, allo stato non ancora emana-to, avrebbe dovuto prevedere che in tutte le strutture in cui le persone sono costrette a soggiornare non volon-tariamente devono essere previsti locali adibiti ai fumatori. Ancor prima l’art. 6, comma 7, d.p.r. n. 230/2000, ha previsto che se le condizioni logistiche lo consentono, sono assicurati reparti per non fumatori, negando pregio alla tesi circa l’esistenza di un diritto perfetto al reparto per non fumatori. Giova all’uopo rammentare, altresì, che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dopo aver tratteggiato la situazione europea sul rapporto tra fumo pas-sivo e ambiente carcerario (Corte eur. dir. uomo, sez. IV, 3 novembre 2006, Aparicio Benito c. Espagne, ricorso n. 36150/03), in un primo caso ha precisato che la detenzione trascorsa con un’allocazione in celle con fumatori non

può di per sé implicare un trattamento contrario all’art. 3 CEDU, essendo neces-sario che il reclamante adduca e provi serie conseguenze sulla condizione di salute. Tale orientamento è stato ribadito da altre decisioni successive (Corte eur. dir. uomo, sez. III, 26 novembre 2009, Do-lenec c. Croazia, cit., § 135), ove l’acco-glimento della domanda del ricorrente è stata condizionata alla verifica dell’e-sistenza di problematiche cliniche (es. bronchite asmatica su cui v. Corte eur.

dir. uomo, sez. III, 18 ottobre 2011, Pavalache c. Romania, ricorso n. 38746/03), eziologicamente connessi ad una prolungata permanenza con altri soggetti fumatori (Corte eur. dir. uomo, sez. III, 14 settembre 2010, Florea c. Romania, ricorso n. 37186/03), addirittura superiore a cinque anni consecutivi (Corte eur. dir. uomo, sez. III, 25 gennaio 2011, Elefteriadis c. Romania, ricorso n. 38427/05). Dal punto di vista normativo interno, poi, si pone il dubbio della precettività o meno delle disposizioni vigenti, alla luce dell’assenza del regolamento di cui alla legge n. 3/2003, secondo cui in tutte le strutture in cui le persone sono costrette a soggiornare non volontariamente do-vrebbero essere previsti locali adibiti ai fumatori. L’endemico sovraffollamento che da sempre affligge il sistema penitenziario italiano rende la gestione dei detenuti fumatori decisamente complicata, in quanto essa va contem-perata soprattutto con le necessità connesse al mantenimento dell’ordine e della sicurezza, specie in presenza di un’utenza extracomunitaria in continuo aumento, con importanti dinamiche conflittuali. Allo stato attuale la popolazione carceraria fuma nelle camere detentive, ove sono ospitati sovente in modo promiscuo detenuti fumatori e non, e negli ambienti comuni aperti (c.d. cortili passeggi). Di conseguenza, v’è un contatto frequente, se non continuo, con il fumo passivo in occasione degli ingressi degli operatori di Polizia Penitenziaria nelle stanze detentive per le consuete operazioni di controllo; inoltre, accade che nel periodo inver-nale anche i corridoi delle sezioni vengano invasi da una cappa di fumo passivo stagnante, poiché le finestre delle camere detentive e quelle delle sezioni restano chiuse per evitare di disperdere il poco caldo presente. Consta all’UGL Polizia Penitenziaria la presenza di lavoratori affetti da patologie respiratorie, che confliggono con la frequenza di ambiente ad elevata concentrazione di fumo passivo, quali possono essere le sezioni degli istituti penitenziari. Tutto ciò premesso si chiede a Codesta Commissione quali siano gli obblighi cui è assogget-tata l’Amministrazione Penitenziaria per prevenire e contenere i danni da fumo passivo cagionati al personale di Polizia Penitenziaria operante in ambiente carcerario e quali attività l’Amministrazione Penitenziaria debba porre concretamente in essere per ridurre al massimo l’esposizione a fumo passivo da parte dei predetti operatori.

Il Segretario GeneraleGiuseppe MORETTI

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QUESITO SUL FUMO PASSIVO IN AMBIENTE PENITENZIARIO E SULLA TUTELA DELLA SALUTE DEGLI OPERATORI DI POLIZIA PENITENZIARIA

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LA LETTERAQuesto spazio vogliamo inaugurarlo con la lettera aperta che ancora attende risposta indirizzata, a ridosso della no-mina, al Ministro della Giustizia Andrea Orlando con cui abbiamo tentato di av-viare un necessario confronto finaliz-zato a tracciare un percorso condiviso di azioni positive per la risoluzione dei cogenti problemi che affliggono il perso-nale di polizia ed il sistema penitenzia-rio nel suo complesso, altresì aggrava-ti dalla difficile congiuntura economico sociale che il Paese sta attraversando.L’ambizioso obiettivo che la nostra Fe-derazione si è prefissato e che non in-tende abbandonare è sollecitare l’in-

tervento risolutivo del Ministro sulle questioni che, rivestendo carattere di urgenza, riteniamo prioritario inserire nell’agenda delle criticità da affrontare e per analizzare e discutere anche alcu-ne proposte che come O.S. riteniamo praticabili nell’ottica di una necessaria e non più procrastinabile riqualificazio-ne della dimensione organizzativa e ge-stionale del sistema cui auspichiamo e che stiamo già da tempo rivendicando.

cisa a stabilizzare.Invero, l’agognato processo di cambiamento non può assolutamente prescindere da un necessario adeguamento delle dotazioni organiche che l’UGL Polizia Penitenziaria sta pervicacemente rivendicando già da tempo.I sempre crescenti incarichi affidati al personale in uno all’adeguamento delle dotazioni strutturali e strumentali, senza che a ciò corrisponda un ripianamento dell’organico, continua negativamente a riverberarsi sulle già difficili condizioni lavorative in cui è costretto quotidianamente ad operare il personale di Polizia Penitenziaria, con inevitabili dirompenti ripercussioni sullo stato di benessere generale e sull’organizzazione del sistema penitenziario nel suo complesso. Riteniamo, dunque, necessa-rio e doveroso che il Governo promuova e favorisca una riqualificazione della dimensione gestionale ed organizzativa del sistema penitenziario, incrementando gli investimenti in favore di una non più procrastinabile riorganizzazione del Comparto Sicurezza.Un ambito in cui, attesa la difficile congiuntura socio economica che il Paese sta attraversando, si potrebbe – a parere di questa Federazione - utilmente intervenire attraverso lo stanziamento di risorse quali quelle del Fondo Unico Giustizia derivanti dai beni sequestrati alla mafia che, sebbene spendibili per legge ex art. 2 co. 7 del decreto-legge 16 set-tembre 2008, n. 181, risultano ad oggi quasi del tutto inutilizzati men-tre potrebbero, invece, essere spesi per far fronte ai gravi e molteplici problemi che affliggono il complesso sistema penitenziario (ex pluribus sovraffollamento, carenza di fondi per l’approvvigionamento di mezzi e strumenti di contrasto alla criminalità, carburante razionato e straordi-nari non pagati).Pertanto, con il presente documento, vogliamo sottoporre al vaglio della S.V.I. la gravità di un fenomeno – già più volte denunciato – che, divenuto ormai pubblico, si configura come un problema tecnocratico e di responsabilità, atteso che di fatto il MEF gestisce un cospicuo fondo da 3 miliardi di euro, tra liquidita’ e titoli, destinandone solamente poco piu’ di 63 milioni tra Ministero dell’Interno e Ministero della Giustizia.In questa sede, procedendo nella disamina delle improcrastinabili pro-blematiche da affrontare, vogliamo richiamare la Sua attenzione sulla importanza di realizzare una riqualificazione del personale di Polizia Penitenziaria.In subiecta materia l’UGL da tempo rivendica un intervento concreto per:- Svincolare la direzione dell’area sicurezza da un’antiquata ed incom-prensibile subordinazione gerarchica con la dirigenza penitenziaria, lasciando che quella funzionale sia un “plus valore” nell’efficienza or-ganizzativa della gestione delle risorse, riconoscendo al ruolo direttivo del Corpo di Polizia Penitenziaria autonomia decisionale sul settore di propria competenza;- Sbloccare lo stallo di concorsi interni che limitano lo sviluppo della carriera del personale di Polizia Penitenziaria, prevedendo anche una possibile saturazione delle vacanze organiche nei vari ruoli, onde otte-nere di conseguenza l’incremento del personale nella qualifica iniziale del Corpo;- Affrontare e superare la sperequazione tra il Corpo di Polizia Peni-tenziaria e gli altri Corpi di Polizia, con riferimento alle questioni del riallineamento e del riordino delle carriere;- Risolvere l’attuale condizione di “blocco del tetto salariale” che ha determinato situazioni operative e gestionali del personale e degli uffici discutibili in punto di fatto e di diritto, con gravi danni sul piano dell’ef-ficienza e della funzionalità del sistema sicurezza e difesa in quanto il personale, a fronte di maggiori oneri e responsabilità derivanti dall’e-sperienza di servizio e dalla qualifica posseduta, percepisce una retri-buzione inferiore.Infine, muovendo dall’intenzione da Lei manifestata di affrontare in via prodromica la prioritaria vicenda CEDU, l’UGL sottolinea, con forza e ancora una volta, che la soluzione adottata medio tempore dalla nostra Amministrazione si sostanzia nel noto, ma fallimentare, regime della “sorveglianza dinamica” che configurandosi, come in più occasioni de-nunciato, in un mero selvaggio accorpamento dei posti di servizio fi-nisce, senza tema alcuno di smentita, per ripercuotersi negativamente sulle già difficili condizioni lavorative in cui il personale è costretto ad espletare il proprio mandato istituzionale.Con la presente sollecitiamo, pertanto, un Suo intervento e chiediamo, a tal fine, un incontro per discutere e programmare insieme gli obiettivi da perseguire.L’auspicio è che, con unità d’intenti, si possano concretamente ed ef-ficacemente adottare tutte quelle misure tese al miglioramento delle condizioni lavorative degli uomini e delle donne della Polizia Peniten-ziaria, nella consapevolezza che un serio processo di ammodernamento del sistema penitenziario in uno ad un nuovo modello di gestione della detenzione non può e non deve assolutamente prescindere dal ricono-scimento di una dignità professionale, troppe volte mortificata e, per l’effetto, da una valorizzazione dei compiti istituzionali affidati al Corpo di Polizia Penitenziaria.Ill.mo Ministro, abbiamo ritenuto opportuno doverLe rappresentare le nostre principali richieste con l’auspicio – rinnovandoLe gli auguri di buon lavoro - di poter aprire con Lei non solo un dialogo ma soprattut-to un rapporto di profonda e fattiva collaborazione, nell’interesse del personale che rappresentiamo e dell’intera Collettività.

Il Segretario GeneraleGIUSEPPE MORETTI

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Egregio Ministro,

nell’attesa di essere convocati intorno a specifici tavoli tecnici – come, peraltro, da Lei assicurato in occasione della riunione indetta in data 26 febbraio u.s. - per affron-tare e discutere insieme alla S.V.I. e alle altre OO.SS. rap-presentative del Comparto Sicurezza di questo Dicastero gli endemici problemi che affliggono il sistema peniten-ziario, la nostra Federazione vuole sottoporre alla Sua già dimostrata sensibilità ed attenzione, un breve documento di sintesi sulle criticità che ritiene prioritario affrontare e che, lungi dall’essere una mera elencazione di questioni irrisolte, si propone ambiziosamente di canalizzare il Suo prezioso intervento in favore del Corpo di Polizia Peniten-ziaria che ci onoriamo di rappresentare.Molto si è detto ma poco si è fatto in favore di tutti que-gli uomini e quelle donne in divisa che quotidianamente garantiscono, con sacrificio e spirito di abnegazione, il mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno dei nostri Istituti penitenziari.L’UGL vuole partire proprio da loro, da questi eroi silen-ziosi, in favore dei quali – anche attraverso una campagna di sensibilizzazione intrapresa sul tema dello stress da la-voro correlato – riteniamo sia necessario intervenire per risolvere il grave ed inaccettabile deficit di risorse umane e tecnologiche che la politica, anziché affrontare e risol-vere con interventi concreti, sembra inspiegabilmente de-

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• 4000 interventi diretti verso le direzioni generali del DAP

• 4200 comunicati stampa pub-blicati sulle maggiori agenzie giornalistiche italiane

• 1100 editoriali e approfondi-menti

• 3000 interventi dei coordina-menti (NTP, Funzionari, Minori, Pari Opportuni-ta’)

• 50 l’anno i numeri pubbli-cati del periodico “La settimana UGL Polizia Penitenziaria”

• 400 interventi parlamentari proposti in diverse commissioni

• 10000 comunicazioni, rispo-ste, circolari e notizie ufficiali dal DAP pub-blicate tempestivamen-te ed in maniera rego-lare

• 5000 notizie dai territori pubblicate sul sito nazionale

ANNI INSIEME

ISTANTANEEREPORTAGE10

1577ISCRITTI nel 2004

3538 ISCRITTI nel 2014

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VIGNETTANDO

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POLIZIA PENITENZIARIAcontemporanea