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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002 www.poliziapenitenziaria.it anno XXI n. 222 novembre 2014 Il Natale è necessario. Ci deve essere almeno un giorno dell’anno per ricordarci che siamo qui per qualcosa d’altro oltre a noi stessi (Eric Sevareid)

Polizia Penitenziaria - Novembre 2014 - n. 222

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Rivista ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 com

ma 1 - Rom

a aut. n. 30051250-002

www.poliziapenitenziaria.itanno XXI • n. 222 • novembre 2014

Il Natale ènecessario. Ci deve esserealmeno un giornodell’anno per ricordarciche siamo quiper qualcosad’altro oltre anoi stessi (Eric Sevareid)

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PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

3sommario

Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe.Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

Direttore responsabile: Donato [email protected]

Direttore editoriale: Giovanni Battista de Blasis [email protected]

Capo redattore: Roberto [email protected]

Redazione cronaca: Umberto Vitale, Pasquale Salemme

Redazione politica: Giovanni Battista Durante

Progetto grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director)

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“l’appuntato Caputo” e “il mondo dell’appuntato Caputo” © 1992-2014 by Caputi & de Blasis (diritti di autore riservati)

Direzione e Redazione centraleVia Trionfale, 79/A - 00136 Romatel. 06.3975901 r.a. • fax 06.39733669

e-mail: [email protected]: www.poliziapenitenziaria.it

Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: Polizia Penitenziaria-Società Giustizia & Sicurezza

Registrazione:Tribunale di Roma n. 330 del 18 luglio 1994

Stampa: Romana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 3700030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare: novembre 2014

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

Per ulteriori approfondimenti visita il sito www.poliziapenitenziaria.itPoste Italiane

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anno XXI • n. 222 • novembre 2014

Il Natale ènecessario.

Ci deve essere

almeno un giornodell’anno per ricordarci

che siamo qui

per qualcosa

d’altro oltre a

noi stessi

(Eric Sevareid)

anno XXI • numero 222novembre 2014

Chi vuole ricevere la Rivista direttamente al proprio domicilio, può farlo versando un contributo di spedizione pari a 20,00 euro, se iscritto SAPPE, oppure di 30,00 euro se non iscritto al Sindacato, tramite il c/c postalen. 54789003 intestato a:

POLIZIA PENITENZIARIA - Società Giustizia & SicurezzaVia Trionfale, 79/A - 00136 Roma specificando l’indirizzo, completo, dove va spedita la rivista.

4l’editorialeA testa alta, con un sorriso agli anonimi e ai pavidi...

di Donato Capece

5il pulpitoIl Natale è necessariodi Giovanni Battista de Blasis

6il commentoRispetto per Stefano Cucchi, ma

non per i garantisti “a intermittenza”di Roberto Martinelli

10lo sportDomenico Di Guida

campione europeo under 23di Lady Oscar

20crimini e criminaliLuciano Lutring: da ladro di polli

a gangster col mitradi Pasquale Salemme

26il raccontoUna giornata particolare

di Rosa Cirone

28donne in uniformeI limiti alla carcerazione

per genitori con figli minorennidi Marianna Argenio

1020

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In copertina:Il Natale

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ncora una volta abbiamo subìto le attenzioni diAnonymous.Nella notte di sabato 22 novembre è stato infatti

‘attaccato’ il sito internet del Sindacato Autonomo PoliziaPenitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo deiBaschi Azzurri.Gli hacker di Anonymous hanno ‘defacciato’ il nostro sitointernet, inserendo nella home page, al postodell’originale versione, una lunga lettera aperta contro le‘morti di Stato’ e quelle in carcere in particolare.Un attacco assurdoe ingiustificato, unlungo sproloquiosu eventidrammatici chevengonostrumentalizzatiper fini tutt’altroche di verità,giustizia etrasparenza. Gli hacker parlanodi cose che nonsanno, soprattuttosenza conoscere ifatti e i datioggettivi: siguardano bene daldire che negli ultimi vent’anni le donne e gli uomini dellaPolizia Penitenziaria hanno sventato oltre 17mila suicidi didetenuti in carcere e sono intervenuti tempestivamentenegli oltre 125mila atti di autolesionismo di altrettantidetenuti... Ma tant’è...Certo non saranno questi attacchi anonimi e vigliacchi afermare la nostra attività per rendere il carcere una casa divetro trasparente, perché noi non abbiamo nulla danascondere. E’ significativo che abbiano colpito noi del SAPPE e nonaltri. E’ evidente che se ti schieri vai incontro a dei rischi.Noi siamo impegnati da sempre a rivendicare la dignità ela valorizzazione sociale della Polizia Penitenziaria equindi non ci spaventano questi attacchi informatici...In realtà ce lo aspettavamo di essere l’obiettivo di unpossibile attacco informatico condotto dal movimentoAnonymous Italia a seguito dei noti avvenimentiriguardanti il caso Cucchi. Per questo sul blogpoliziapenitenziaria.it avevamo scritto nei giorniprecedenti l’attacco una lettera aperta proprio adAnonymous.

“Prima di subire queste “attenzioni” vorremmo, però,avere la possibilità di dire tre cose”,scrivemmo mercoledì 19 novembre nella lettera apertapubblicata sul blog poliziapenitenziaria.it. “La prima è chei nostri colleghi finiti sul banco degli imputati, prima, esulla gogna mediatica, poi, sono innocenti sottoqualunque profilo si voglia inquadrare la vicenda:quello giudiziario, quello sociale o quello morale”.“La seconda” proseguiva la lettera “è che siamoconsapevoli che prima o poi riuscirete di nuovo a

manomettere inostri siti web e asospenderetemporaneamentela nostra “voce” sulweb. Su questapartita cidichiariamo già“sconfitti”. La terza,infine, è che nessunatto dimostrativo enessun sabotaggioriuscirà a fiaccarela nostradeterminazione aparlare, discutereed informare dicarcere, di società,

di giustizia e di sicurezza, in modo obiettivo e al solofine di rendere l’istituzione penitenziaria una “casa divetro”, così che la gente riesca davvero a farsiun’opinione senza essere condizionata dai filtri e dalleinterpretazioni di chicchessia”.Ribadiamo ancora una volta che il nostro scopo principaleè quello di far conoscere a tutti il lavoro di migliaia dipersone normali che ogni giorno indossano l’Uniformedella Polizia Penitenziaria e diventano persone specialidisposte al sacrificio personale e delle proprie famiglie purdi compiere il proprio dovere al servizio del Paese.E alla comunità di Anonymous vogliamo dire, ancora unavolta: la Vostra è una battaglia che non ci interessa perché,a nostro parere, i problemi dell’esecuzione penale non sirisolvono con dimostrazioni tanto eclatanti quantosimboliche, ma con il lavoro quotidiano e determinato, perora svolto solo dal Corpo di Polizia Penitenziaria e pochialtri.E il nostro impegno è tutelare l’immagine di chi lo svolge.Mettendoci la faccia, non nascondendoci dietro ad unamaschera.

Donato CapeceDirettore

ResponsabileSegretario

Generale del Sappe [email protected]

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A testa alta, con un sorriso agli anonimi e ai pavidi...

l’editoriale

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avvero significativo questoaforisma sul Natale, tratto dauna citazione di Eric Sevareid.

Ci è sembrato talmente significativo dameritare la copertina di questonumero della rivista.Tuttavia, per quello che ci riguarda,oltre a considerarlo un messaggio“universale”, vorremmo indirizzarloanche a tutti quelli che hanno in manoil destino dell’amministrazionepenitenziaria e, quindi, del Corpo diPolizia Penitenziaria.Proprio a costoro, dal Capo Dap (perora facente funzioni), al suo Vice, dalDirettore Generale del Personale, aquello dei Detenuti e dei Beni e deiServizi, dal Direttore dell’UfficioTrasferimenti a quellodell’Avanzamento o delle Assunzioni ea tutti gli altri che detengono unaqualche funzione dirigenziale,vorremmo indirizzare l’invito ariflettere e meditare sulla frase diSevareid, talché realizzino d’esser lì(al Dap) “per qualcosa d’altro oltrea loro stessi”.Il timore che abbiamo è che alcunipersonaggi, soprattutto quelliretribuiti con più di 200.000(duecentomila) euro all’anno,abbiamo “dimenticato” di essereanch’essi pubblici dipendentiincaricati (e per questo stipendiati) diamministrare una cosa pubblica edirigere decine di migliaia didipendenti al solo scopo di esercitarela funzione costituzionale diesecuzione della pena, in nome e perconto dello Stato.Non vorremo (ahinoi...) che qualcunoabbia preso un po’ troppo sul serio gliaccostamenti a personaggi filmiciimmortali, qualcun altro abbiafrainteso i poteri temporali dellaChiesa e molti altri abbiano travisato ilsignificato di pubblica dipendenza afavore di un più proficuo sistema (perloro) di vassallaggio, costituito da

Giovanni Battistade BlasisDirettoreEditorialeSegretario GeneraleAggiunto del Sappe [email protected]

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5il pulpito

vassalli, valvassori e valvassini.Probabilmente così non è, ma a noicosì sembra e nel “Noi” abbiamo lapresunzione di comprendere l’interoCorpo della Polizia Penitenziaria.A proposito ...Eric Sevareid è ungiornalista americano che cominciòcome corrispondente radiofonico inEuropa durante la seconda guerramondiale per poi diventare famosogiornalista televisivo e conduttore ditalk-show. In buona sostanza quelloche negli Stati Uniti viene definito unopinion maker.Di Sevareid, oltre questa bellissimacitazione sul Natale, apprezziamoanche un’altra affermazione, che ci èsembrata altrettanto pertinente per unaccostamento al dipartimentodell’amministrazione penitenziaria :“La più grande delle industrie negliStati Uniti non è l’acciaio, nél’automobile, né la tv: è laproduzione, la raffinazione e ladistribuzione dell’ansia”.Che ne pensate di questa divertentemetafora sull’attività dipartimentale: “ ...la produzione, raffinazione edistribuzione dell’ansia” ?Vorrei concludere lanciando unaproposta.Individuiamo un giorno dell’anno perfesteggiare la Polizia Penitenziaria.Potrebbe essere quello della Suanascita: l’11 gennaio.Questa Festa ci permetterebbe diparafrasare così Sevareid:“Il Natale della Polizia Penitenziariae’ necessario. Ci deve essere almenoun giorno dell’anno per ricordare aidirigenti del Dap che sono lì perqualcosa d’altro oltre a loro stessi”.

P.S. Proprio in questi giorni è trapelata lanotizia sulle intenzioni dipartimentalidi elargire nuove promozioni permeriti eccezionali a personale inservizio al DAP.

Ci deve essere almeno un giorno dell’anno per ricordarci che siamo qui

per qualcos’altro oltre a noi stessi

D In tal caso sarebbe l’ennesimaconferma dell’esistenza di due Alberidi Natale della Polizia Penitenziaria:Uno al Ministero, sotto il quale arrival’oro, l’incenso e la mirra e l’altro,nelle patrie galere, dove arrivasempre e comunque solo il carbone. Ma ’sto Babbo Natale non cambiaproprio mai? H

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enerdì 31 ottobre la PrimaCorte di Assise di Appello diRoma ha assolto tutti gli

imputati per la morte di StefanoCucchi, il ragazzo romano di 31 anniarrestato il 15 ottobre del 2009 edeceduto una settimana dopo nelreparto di Medicina protettadell’ospedale Sandro Pertini. In primogrado erano stati condannati cinquemedici mentre erano stati assolti treinfermieri e tre agenti della PoliziaPenitenziaria.

La sentenza, pronunciata dopo circatre ore di camera di consiglio, haassolto tutti, anche i cinque medicicondannati in primo grado per lamorte del giovane. La formula adottata dal Tribunale èquella prevista dal secondo commadell’articolo 530 del Codice Penaleche, in sostanza, rispecchia la vecchiaformula dell’assoluzione perinsufficienza di prove. Come dicevamoin primo grado erano stati condannaticinque medici mentre erano statiassolti tre infermieri e tre agenti dellapolizia penitenziaria. Il processo d’appello per la morte diStefano Cucchi ha dunque confermato– per la seconda volta - l’assoluzionedei poliziotti penitenziari coinvolti,loro malgrado, nella triste vicenda

durata 5 anni. Poliziotti giudicati da due Corti: 4Magistrati togati e 12 giudici popolari.E un Magistrato fa solo il suo lavoro:un lavoro difficile. Condanna se deve,assolve in caso contrario. Poliziottilinciati moralmente da coloro cheerano convinti di avere la verità intasca, senza però avere alcunostraccio di prova: la Prima Corte diAssise di Appello di Roma, con lasentenza di venerdì 31 ottobre, hareso loro giustizia.

Decine di periti e consulenti nominatidai Pm e dai Giudici hanno conclusoche la causa della morte di StefanoCucchi è stata la mancatasomministrazione di cibo e acqua alpaziente, escludendo ogni rapportotra lesioni riscontrate e decesso. A questa conclusione arrivò anche larelazione conclusiva dell’inchiesta alSenato della Repubblica nella XVILegislatura da parte dellaCommissione Parlamentare diinchiesta sul Servizio SanitarioNazionale, presieduta dal Sen. IgnazioMarino, sull’efficacia, l’efficienza el’appropriatezza delle cure prestate alsignor Stefano Cucchi, approvata dallaCommissione nella seduta n. 65 del17 marzo 2010.Stefano era un giovane dal corpo

particolarmente debilitato. Al momento dell’arresto pesava 52 kged il peso al decesso, 6 giorni dopo,era di circa 42 kg.Avevamo dunque ragione quando, inassoluta solitudine, sostenemmo chenon si dovevano trarre affrettateconclusioni prima dei doverosiaccertamenti giudiziari. Abbiamoavuto ragione nel confidare nellaMagistratura, perché la PoliziaPenitenziaria non aveva e non ha nullada nascondere.Lo abbiamo sempre detto e sostenuto.L’impegno del primo Sindacato dellaPolizia Penitenziaria, il SAPPE, èsempre stato ed è quello di rendere ilcarcere una “casa di vetro”, cioè unluogo trasparente dove la societàcivile può e deve vederci “chiaro”,perché nulla abbiamo da nascondereed anzi questo permetterà di farapprezzare il prezioso e fondamentale– ma ancora sconosciuto - lavorosvolto quotidianamente – conprofessionalità, abnegazione eumanità - dalle donne e dagli uominidella Polizia Penitenziaria.Certo, la responsabilità penale èpersonale, sancisce la giurisprudenza,ma va anche ricordato – come fattodal SAPPE in più occasioni - che, giànel dicembre 2009, la rigorosainchiesta amministrativa dispostadall’allora Capo del Dipartimentodell’Amministrazione PenitenziariaFranco Ionta sul decesso di StefanoCucchi escluse responsabilità da partedel personale di Polizia Penitenziaria,in particolare di quello che operanelle celle detentive del Palazzo diGiustizia a Roma. Una cosa è importante evidenziare.Come primo Sindacato del Corpo diPolizia Penitenziaria abbiamo semprepreferito tenere un “profilo basso” suquesta triste vicenda, alla quale cisiamo sempre approcciati con sincerorispetto.Nessuno si è mai sognato neanche

Nella fotoIlaria Cucchi e il

“circo” mediatico

Roberto MartinelliCapo Redattore

Segretario GeneraleAggiunto del Sappe

[email protected]

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Rispetto per Stefano Cucchi, manon per i garantisti “a intermittenza”

il commento

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minimamente di deridereo offendere la famiglia Cucchi. Siamosempre stati solidali con loro per laperdita di Stefano, esprimendo unsincero e convinto rispetto, ma siamoanche fieri del nostro lavoroquotidiano e della nostra abnegazioneal servizio del Paese. Lo ribadiamo, ancora una volta, conforza ed estrema chiarezza: abbiamosempre confidato, e confidiamo, nellaMagistratura. Ma non si può esseregarantisti ‘a intermittenza’ oaccettare solamente le conclusioni diquelle sentenze che fanno comodo.Ilaria Cucchi, ad esempio. Rispettoassoluto per il grave lutto che hasubìto ma, dopo essersi improvvisataaspirante deputato (aspirazione chetale è rimasta per le scelte elettoralidegli italiani) vorrebbe ora vestire ipanni di Pubblico Ministero perconfezionare una sentenza sulla mortedel fratello Stefano che più la soddisfima che non è certo la risultanza dellesentenze di primo grado e di appello.E pensare che l’11 febbraio 2010dichiarò, al Tg3: “Mio fratello eradisidratato e malnutrito quando èmorto. E’ colpa dei medici”. Perquesto, lei e i genitori ottennerodall’Ospedale Pertini di Roma unrisarcimento di 1 milione e 340milaeuro: e per questo revocarono lacostituzione di parte civile, nelprocesso, nei confronti dei medicimantenendola soltanto nei confrontidei 3 poliziotti penitenziari...Cos’è successo per farla cambiare ideadopo aver ricevuto l’indennizzo? Eperché non si dice che nella relazionemedico-legale sulla morte del fratellogeometra, commissionata dai pubbliciministeri Barba e Loy, risultano ben 17ricoveri al pronto soccorso? Nei relativi referti, stilati da decine dimedici, furono rilevate tra l’altrocontusioni multiple, ferite, traumacranico con ampie ferite da taglio,frattura al metatarso e composta allacostola, coccigodinia, fratturacomposta alla spina nasale daaggressione, positività per metadone,cocaina ed oppiacei, e nell’ultimoricovero, 15 giorni prima dell’arresto,risulta soccorso dal personalesanitario davanti al pronto soccorsoaccasciato per terra con trauma nella

regione zigomatica destra, traumaemicostato destro ed algia nellaregione cervicale.C’era la droga, nella vita di Stefano.Droga che consumava, distruggendosiil fisico. E droga che vendeva. Quando, su indicazione della famiglia,venne perquisita l’abitazione delCucchi furono rinvenuti 2 panetti dihashish del peso di 905 grammi, uninvolucro di cocaina di 103 grammi, 3bilancini di precisione, materiale daconfezionamento, confezioni dimannite, cellophane e carte dialluminio, altri involucri con hashishsparsi per casa. Probabilmente la droga checercarono, inutilmente, i Carabinieriquando lo arrestarono.Questo non giustifica nulla, sia chiaro.Ma certo non si può dire che Stefano

Cucchi, presentato agli occhi dellagente da una certa stampa e dallafamiglia come “geometra” (con tuttociò che di positivo questa professioneconnota in sé, almenonell’immaginario collettivo), fosseestraneo ad ambienti delinquenziali epericolosi, per sé stesso e per gli altri.E fornisce un quadro d’insieme, sulragazzo romano, sicuramente diversodall’immagine che se n’è volutafornire alla pubblica opinione. Nota a margine. Prendiamo atto che la signora Cucchiè stata nominata recentemente‘inviata speciale’ per il programma diRaiTre Questioni di famiglia... Unascelta che fa riflettere e sorprende, senon altro perché non ci risulta cheIlaria Cucchi sia una giornalista

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Nella fotoancora Ilaria Cucchi con il Presidente delSenato PietroGrasso

iscritta all’Ordine professionale, cosìcome ci fece riflettere e ci sorprese lacandidatura (e successiva elezione,seppur non in prima battuta) aSenatore della Repubblica nelle file diRifondazione comunista di HeidiGiuliani, mamma del Carlo morto nelG8 di Genova del 2001 mentrescagliava un estintore contro uncarabiniere, sconoscendo un suo di leiimpegno nella politica nazionale ecittadina...Tornando agli esiti processuali sullamorte di Stefano Cucchi, bisognafinirla con l’essere garantisti aintermittenza, rispettando le sentenzesolo quando queste fanno comodo. Ognuno è libero di dire quel chevuole, ma poi si corre il rischio dimettere in evidenza la propriaignoranza.

E’ il caso di Adriano Celentano, chesul profilo del suo blog «Il Mondo diAdriano» ha scritto una letteraimmaginaria a Stefano Cucchi,rassicurandolo che dove è ora può“scorrazzare fra le bellezze delCreato, senza più il timore chequalche guardia carceraria tirincorra per ucciderti”. Celentano è tanto ignorante da nonsapere che in Italia non esistonoguardie carcerarie ma, soprattutto,che i poliziotti penitenziari coinvoltinella vicenda giudiziaria sulla morte diStefano Cucchi, sono stati assolti duevolte dalle gravi accuse formulate neiloro confronti. Celentano ci aveva regalato un’altraperla del suo miope garantismo “aintermittenza” qualche tempo fa,

il commento

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quando chiese la grazia per FabrizioCorona, che sconta una pena incarcere per essere stato condannatocon più sentenze definitive. Certo,meglio Corona di uno dei tantipoveracci che sono oggi in carcere:almeno la visibilità mediatica, con lui,è assicurata. Lo preferiamo comecantante, Celentano. Almeno evita didire stupidaggini, lui che forse non acaso usa definirsi “il re degliignoranti”...

Anche sulla querela presentata dalSAPPE verso Ilaria Cucchi s’è detto,scritto e commentato molto. Senzasapere le cose e senza volerle sapere.La querela presentata fa riferimentoalle dichiarazioni della signora Cucchi,quando sostenne di aver visto trepoliziotti penitenziari picchiare unuomo per strada a Roma lo scorso 30luglio.In realtà, i tre colleghi, chetransitavano in via Tiburtina per uncambio turno – piantonamento in unospedale cittadino- erano intervenuti,chiamati da un autista dell’Atac,azienda di mobilità e trasporti dellaCapitale, per sedare una rissa tra unuomo e due donne (tutti stranieri).Per questo furono costretti aimmobilizzare l’uomo, che giàpresentava vistose ferite al volto primadell’intervento della PoliziaPenitenziaria. In una strada pubblica,in presenza di molte persone. Passavadi lì, per caso, Ilaria Cucchi, che hatrasformato mediaticamente

l’operazione dei colleghinell’ennesimo caso di “caccia allestreghe” alla ricerca dei poliziottiviolenti e aguzzini. Tanto per capirci, leggendo alcuniarticoli di giornale del giorno dopo:“ILARIA CUCCHI: «HO VISTOAGENTI PESTARE UN UOMO EPRENDERLO A CALCI»” (CORRIERE DELLA SERA).IL SECOLO XIX “ILARIA CUCCHIDENUNCIA: HO VISTO GLI AGENTI

PRENDERE A CALCI QUEL RAGAZZO”“AMMANETTATO E PICCHIATO DAGLIAGENTI”, ILARIA CUCCHI ASSISTEALLA SCENA E PRESENTA DENUNCIA.(REPUBBLICA)“RAGAZZO PESTATO DAI POLIZIOTTI:LA DENUNCIA CHOC DI ILARIACUCCHI” (CINQUEQUOTIDIANO.IT)“AMMANETTATO E PESTATO DA TREAGENTI DI POLIZIA PENITENZIARIA”,la denuncia di Ilaria Cucchi.(ROMATODAY).Ebbene, il SAPPE ha deciso di direbasta agli attacchi strumentali epretestuosi della signora Cucchi. E perquesto l’abbiamo querelata.Rispettiamo il suo dolore, lo abbiamosempre fatto con sincera e convintapartecipazione. Ma non accettiamo diessere definiti, a ogni piè sospinto oper ogni morte in carcere, assassinisenza umanità. Ma si può dire che fu Stefano Cucchi anon voler vedere e parlare con igenitori quand’era ricoverato nellasezione protetta dell’Ospedale Pertini?

Nella foto Ilaria Cucchi

in una trasmissione

televisiva

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8 mondo penitenziarioEd è vero o non è vero che, com’èemerso nel dibattimento, Stefanodisse a una volontaria dell’ospedaleche avrebbe voluto fare una telefonata“al cognato” perché “con miocognato ho un bel rapporto, è statal’unica persona che mi è statavicino quando avevo problemi,quindi voglio parlare con lui”? Ora sentiamo parlare di “riaprire ilprocesso sulla morte di StefanoCucchi”.Lo abbiamo detto e lo ribadiamo. Noi non abbiamo nulla da nasconderee da subito ci siamo detti fiduciosinell’operato della magistratura. Ci sorprende sentir parlare di “veraverità”, perché ciò presupponel’esistenza di una “falsa verità” che,per quello che ci riguarda, non puòessere altro che un ossimoro. Una volta qualcuno ha detto cheesistono tre verità: “la mia, la tua ela verità”. Io aggiungo che esiste anche la veritàprocessuale, che è quella che si formanel dibattimento e che è l’unica veritàche può interessarci in questo caso.Per quanto riguarda il processo, lasola cosa che potrebbe dare origine auna revisione è l’emergere di nuovielementi e non certo “la sentenzaavversa alla famiglia Cucchi”, comeha detto qualche giornale. Ci mancherebbe solo che in uno Statodi diritto fosse sufficientel’insoddisfazione di una parteprocessuale a far riaprire ildibattimento...Ma anche se si arrivasse allariapertura delle indagini da partedella Procura, lo abbiamo detto eripetuto, noi non abbiamo nulla datemere perché siamo certi che i nostricolleghi non hanno fatto nulla e nullahanno a che fare con la morte delpovero Cucchi. Siamo onesti servitoridello Stato e non accettiamo accusefalse, gratuite e offensive. A prescindere e senza prove.Un inciso: qui non si tratta didifendere alcuni iscritti al Sindacato.Qui si tratta di difendere l’immagine ela dignità della nostra professione.Anche perché, dei tre colleghicoinvolti nel caso, uno solo è iscrittoal SAPPE ma non abbiamo maiescluso gli altri due. H

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SanRaffaeleTermini - Poliambulatorio Specialistico

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l termine di una finaleavvincente Domenico Di Guidasul tatami di Wroclaw

(Polonia 14/16 novembre), haconquistato il titolo europeo U23 dijudo nella categoria fino a 100kg. Ben 17 gli azzurri in gara per larassegna continentale. Oltre a Domenico Di Guida per leFiamme Azzurre era presente ancheMassimiliano Carollo, categoria 81kg.

“Mimmo” Di Guida, 22 anni,napoletano, già campione europeocadetto (2008) e junior (2011), haritrovato un titolo importante dopodue stagioni rese intermittenti dagliinfortuni.

Il 23enne di Piscinola (NA), haportato a termine la sua corsa all’orodopo essersi sbarazzato con un ippondel bielorusso Ilya Asin, dopo averregolato il campione in caricaportoghese Jorge Fonseca: decisivouno shido in più inflitto al lusitano. In semifinale nuovo ipponall’israeliano Yakov Mamistvalov,prima di dar vita ad una finalissimaentusiasmante con il croato ZlatkoKumric, in cui entrambi i contendentihanno messo a segno un wazari,prima dello yuko decisivo di Di Guida. Rammarico per il podio mancatodall’altro rappresentante della PoliziaPenitenziaria negli 81 kg.Massimiliano Carollo si è fermato alquinto posto, ai piedi del podio,perdendo la finale per il bronzocontro il russo Khalmurzayev. La Russia si è dimostrata come semprefucina di grandi campioni nel corso ditutta la rassegna continentale e ancordi più nella categoria di Carollo: afermarlo dei quarti di finale è statoinfatti l’altro rappresentante russoLappinagov, secondo al termine dellafinale contro il greco Moustopulos. Nonostante la giovane età è di tuttorispetto il palmares di Domenico DiGuida: entrato a far parte del GruppoSportivo della Polizia Penitenziaria nel2012. Mimmo vanta una CoppaEuropa under 17, l’oro ai campionati

europei under 17 e under 21,l’argento alle olimpiadi giovanili under17 e ai campionati mondiali under 21,il bronzo ai campionati mondialiunder 21, agli europei under 23 eunder 21, e otto titoli di campioneitaliano di categoria.

Questo il dettaglio tecnico dellamanifestazione: 81kg - (1) RomanMoustopoulos GRE, (2) AslanLappinagov RUS, (3) Dominici ResselGER e Khasan Khalmurazyev RUs, (5) MASSIMILIANO CAROLLO (32:V/Milan Koller HUN, 16: V/AbdulhaggRasullu AZE, QF: S/Aslan LappinagovRUS, 1R: V/Viktor Makukha UKR, F3/5:S/Khasan Khalmurzayev RUS; 100kg –(1) DOMENICO DI GUIDA (32: bye,16: V/Ilya Asin BLR, QF: V/JorgeFonseca POR, SF: V/Yakov MamistvalovISR, F: V/Zlatko Kumric CRO), (2)Zlatko Kumric CRO, (3) Jorge FonsecaPOR e Yakov Mamistvalov ISR.

Lady [email protected]

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2014

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Judo: Domenico Di Guida campione europeo under 23

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Nelle foto sopra Mimmo

Di Guida

in alto,Massimiliano

Carollo

sottoSilvia

Marangoni in uniforme

ilvia Marangoni, lapluridecorata atleta delpattinaggio a rotelle della

Polizia Penitenziaria (specialitàinline), dopo otto titoli consecutivi dal 2006 al 2013, è scesa dipochissimo dal tetto del mondo,dovendosi accontentare per una voltadella piazza d’onore.Il 9 novembre 2013 a Taipei Silviaaveva conquistato l’ultimo titolo iridatolasciandosi alle spalle la rivale disempre, l’americana Natalie Motley.

SPattinaggio a rotelle:argento mondiale per Silvia Marangoni

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11lo sport

PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

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Nella foto Silvia Marangoni

Proprio la statunitense, nei giorni 1 e2 ottobre 2014, sulla pista spagnoladel Pavillo Olimpic Municipal di Reusè riuscita nel sorpasso sullaportacolori delle Fiamme Azzurredopo aver collezionato per benquattro volte l’argento dietro di lei. Si infrange così il sogno di Silvia diarrivare a superare il record di 11titoli consecutivi, attualmenteappannaggio di Patrick Venerucci:poco più gioco con se stessa,probabilmente per darsi motivazioniulteriori per vincere oltre a quanto hagià vinto e stravinto in campointernazionale, ma che poco toglie alsuo valore. Al termine della prima giornata digara, poco il distacco tra le due dopoil “corto” (117.400 a 116.300),mentre l’esito del programma lungo èstato più marcato con ben 20 punti didistacco nella classifica finale. Venticome gli anni dell’americana che harealizzato il suo sogno d’oro ai dannidella nostra portacolori. Per nulla scalfita nelle motivazioni daquesto passaggio di consegne delmondiale spagnolo, Silvia Marangoni

la quota 11 vittorie è riuscita atoccarla in campo europeo nellarassegna continentale di Luso, inPortogallo (28 ottobre, 1 novembre)nella gara di Coppa Europa che nelpattinaggio a rotelle è valida ancheper il titolo di campione d’Europa.Sulla pista del Pavilhao Municipal, intesta dopo il “corto” – con unpunteggio di 78.900 – la pattinatricedelle Fiamme Azzurre ha vinto lagara con uno score di 326 punti,staccando la tedesca Claudia Pfeiffer

di ben 59 misure, a 267 punti finali.

LA CLASSIFICA DI REUSartistico inline Femminile:

(1) Natalie Motley USA 487.900, (2) SILVIA MARANGONI 468.500, (3) Hsin Chin-Ling TPE 429.400, (4) Sabrina Gagliano ARG 411.900,(5) Chang Yen-Tzu TPE 405.000, (6) Lucia Kindebaluc ARG 398.000,(7) Isabel McTigue AUS 366.100, (8) Jessica Wynne AUS 358.100

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Giovanni PassaroSegretario Provinciale

[email protected]

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Partecipazione al trattamento penitenziario

ono un agente sceltoassegnato a servizio a turno,trovo sconfortante che a

seguito di un rapporto disciplinareredatto a carico di un detenutoergastolano, a causa di ripetutirifiuti ad accettare un lavoro comescopino di sezione, il direttore haarchiviato il procedimento perché leinformazioni del comandante eranoa favore del detenuto che aveva ildiritto di rifiutare. Vorrei un Vs. parere.Grazie

entile collega,è noto come quel genericorichiamo che la Carta

costituzionale fa del principiorieducativo, venga adottato comecriterio orientativo nel descrivere ilfine ultimo delle pene da parte dellegislatore ordinario. Traspare dalla lettura congiunta degliartt. 3 e 13 della Costituzione, che iltentativo di rieducazione del reo nonpuò essere solo eventuale, né puòavere un carattere di sempliceemenda, ma al contrario, costituisce“un compito della Repubblica” edeve avere un carattere risocializzante,ma anche come la nostra Cartacostituzionale conferisca valore diassoluta supremazia alla libertàpersonale. Dal quadro costituzionale possiamo,dunque, ricostruire l’ideologiarieducativa seguendo una duplicedirezione: individuando gli obiettiviche la stessa opera rieducativa deveperseguire, e la metodologiaattraverso la quale può essereintrapresa. L’obiettivo potrà dirsi sicuramenteraggiunto, non quando il condannatodiventa un cittadino “modello” (nelsenso di soggetto che agisce inadesione alla moralità prevalente tra i

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diritto e diritti

consociati), ma quando il medesimoabbia acquisito la capacità di viverenella società nel rispetto della leggepenale, circoscrivendo l’area di illecitipenali ai soli fatti lesivi di valorilegittimamente assumibili a punto diriferimento di un processorieducativo, cioè, quei valoricostituzionalmente rilevanti. Sotto un profilo metodologico, invece,la rieducazione non potrà costituire“un escamotage” attraverso il qualerestringere ulteriormente la libertàpersonale del condannato rispetto aquanto già previsto dalla sentenza dicondanna, trovando spazio quellaparte della libertà personale che sitraduce nella libertà diautodeterminazione e nel correlativodivieto per lo Stato di ricorrere aforme coattive di ri-orientamentodella personalità del reo. Qualsiasi forma coattiva sarebbe lesivadella dignità umana e violerebbequindi il disposto dell’art. 27, comma2, Cost. che stabilisce il divieto ditrattamenti contrari al sensod’umanità, nonché l’art.13, comma 4,Cost. che punisce ogni violenza fisicae morale sulle persone comunquesottoposte a restrizioni della libertàpersonale. In conformità a quanto finora detto, sipuò configurare il diritto delcondannato, nascente direttamentedalla Costituzione e ascrivibile tra queidiritti inalienabili, assoluti eindisponibili della personalità. Sulla stessa scia, le normedell’ordinamento penitenziario e delrelativo regolamento d’esecuzione,pongono l’accento in più punti, sucome il trattamento rieducativo debbaessere attuato con il consenso di chine è destinatario. A titolo d’esempio, all’art. 13 Ord.Pen. si ribadisce come “sia favoritala collaborazione dei condannati einternati alle attività di

osservazione e di trattamento”, main particolar modo la norma che piùdi tutte sembra incarnare laconsensualità nel trattamentorieducativo è l’art. 1, comma 2, delregolamento di esecuzione DPR230/2000, ove è descritto il modo incui deve essere perseguita la finalità di“modificazione delle condizioni edegli atteggiamenti personali, deicondannati e internati, e dellerelazioni familiari e sociali che sonodi ostacolo a una costruttivapartecipazione sociale”: gli operatoripenitenziari non sono chiamati adeterminare coattivamente la suddettamodificazione, ma solo apromuoverne il processo. Quanto fin qui esaminato, rientra nelladimensione negativa del diritto allarieducazione, cioè, quella dimensioneche identifica le posizioni soggettivedel condannato e dell’internato, e cheil trattamento rieducativo non puòintaccare. Ma vi è anche una dimensione positivadel medesimo diritto, rappresentatadalla pretesa dei condannati a chel’amministrazione penitenziaria offraloro un trattamento rieducativo, cioè,a detta della Suprema Corte,“costituisce da un punto di vistagiuridico, un obbligo di fare perl’amministrazione penitenziaria,cui corrisponde un diritto deldetenuto”. E da ciò ne discende un corollarioimportante: in quanto diritto deldetenuto, l’amministrazionepenitenziaria non potrà escludere undetenuto dalle attività di osservazionee di trattamento, seppure lo ritenganon rieducabile o non bisognoso dirieducazione, e ciò perché, il poterediscrezionale riconosciuto alla stessaamministrazione attieneall’organizzazione del singolotrattamento. Cordiali saluti. H

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Domenico Gareri, autore e conduttoretelevisivo giunta alla sua decimaedizione - oltre a ricordare la figura el’opera di uno dei Pontefici più amatinella storia della Chiesa e diffondere isuoi messaggi dal profondo significatosociale, culturale ed evangelico allenuove generazioni, ha rappresentatoun momento di grande vicinanza per igiovani ospiti ai quali sono statedonate due borse lavoro grazieall’impegno della segreteria nazionaledel progetto Policoro promosso dallaCei e della cooperativa sociale “Ilgermoglio” della diocesi diSant’Angelo dei Lombardi e allasensibilità dell’associazione GiffasOnlus.A riceverle idealmente sul palcosono stati il Sottosegretario allaGiustizia, Cosimo Maria Ferri, e ilCapo Dipartimento per la Giustiziaminorile, Annamaria Palma Guarnier,in sinergia con il mondo della chiesa,rappresentato dal vescovo di Pozzuoli,S.E. mons. Gennaro Pascarella, e leistituzioni locali con il presidente dellaX Municipalità del Comune di Napoli,Giorgio De Francesco. Nel corso dellaserata, condotta da Domenico Gareri edall’attrice Tosca D’Aquino, è statoconsegnato il premio “Nella memoriadi Giovanni Paolo II”, realizzato dalmaestro orafo Michele Affidato, ad unartista napoletano doc che da sempresi è distinto per la sensibilità el’impegno profuso nel campo delsociale: Gigi D’Alessio.

Il noto cantautore ha ritirato ilriconoscimento dalle mani delvicepresidente della Vallecchi 1903,Maria Paola Corona, che ha anchedonato alcuni volumi alla bibliotecadell’istituto. Serenella Pesarin, delDipartimento Giustizia Minorile -Direzione Generale per l’attuazionedei provvedimenti giudiziari, haconsegnato il premio agli “artistispeciali” del Giffas Onlus, presiedutoda Armando Profili, realtà operante aNapoli da diversi anni in attività diriabilitazione psico-motoria. Altririconoscimenti per l’impegno profusoall’insegna dei valori della pace edella solidarietà sono stati consegnatida Giuseppe Centomani, direttore delCentro Giustizia Minorile Campania,all’Associazione italiana maestricattolici – ha ritirato il premio MariaMarino su delega del presidentenazionale Giuseppe Desideri – e daGianluca Guida, direttore dell’istitutodi Nisida, a Emiliano Abramo,portavoce siciliano della Comunità diS. Egidio.Nel corso della manifestazione hannoofferto la propria testimonianza,intervenendo in video, anchel’Arcivescovo di Napoli, cardinaleCrescenzio Sepe, il cardinale StanislawDziwisz, arcivescovo di Cracovia, chefu segretario di Giovanni Paolo II.Presente all’evento anche don AntonioTarzia, direttore del mensile Jesusedito dal gruppo San Paolo, che ha

A fiancola locandinadell’evento

Ciro BorrelliReferente Sappeper la Formazione e Scuole G. [email protected]

PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

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Nella memoria di Giovanni Paolo IIgiustizia minorile

l 4 novembre 2014 si è tenuta aNisida un’importantemanifestazione che ha voluto

ricordare la figura e l’opera di unodei Pontefici più amati nella storiadella Chiesa, il Beato Giovanni PaoloII, i cui messaggi sono sempre attualianche per chi appartiene alle nuovegenerazioni. Anche questa volta ilpersonale del Corpo di PoliziaPenitenziaria della Giustizia Minorileha dato prova delle spiccate capacitàorganizzative e professionali. Comegià in altre occasioni, gli agenti dellaPolizia Penitenziaria hanno saputogarantire lo standard della sicurezza,dell’ordine pubblico e di tuttol’aspetto logistico, regolando anche laviabilità e consentendo il regolaresvolgimento della manifestazionesecondo il cerimoniale previsto perl’occasione.L’obiettivo dell’evento dalprofondo significato è quello di aprirei cuori alla solidarietà per abbattere ilmuro del pregiudizio ed offrire unaseconda opportunità ai giovani.L’evento “Nella memoria di GiovanniPaolo II” ha fatto tappa nei giorniscorsi all’Istituto penale perminorenni di Napoli-Nisidanell’ambito del progetto promossodalla “Life Communication produzionitelevisive e grandi eventi” incollaborazione col Ministero dellaGiustizia - Dipartimento della GiustiziaMinorile e patrocinata dallaConferenza Episcopale Italiana -Ufficio delle Comunicazioni Sociali,dall’Arcidiocesi di Napoli, dalladiocesi di Pozzuoli, dalla RegioneCampania, dal Comune di Napoli,dalle Camere di Commercio di Napolie di Catanzaro. Dallo scorso annol’evento si svolge all’interno degliIstituti Penali Minorili con l’obiettivodi promuovere e favorire il pienoriscatto e reinserimento lavorativo deigiovani provenienti dal circuitopenale. La manifestazione - ideata da

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donato i Vangeli e i testi sacri airagazzi dell’Istituto in collaborazionecon l’Associazione dei BibliotecariEcclesiastici Italiani, presieduta daS.E. Mons. Vincenzo Milito, el’associazione Cassiodoro. Il direttore dell’Istituto “Malaspina”di Palermo, Michelangelo Capitano, haraccontato l’esperienza vissuta loscorso anno, mentre il vaticanista Rai,Enzo Romeo, oltre a ricordare il santoPapa, ha letto un estratto della letterainviata da Andrea Bocelli ai ragazziprotagonisti dell’evento. Presente anche il cav. CamilloGalluccio, presidente del Consiglioregionale Ente Nazionale SordiCampania.

Grande emozione hanno suscitato leperformance delle aggregazioni socialie dei gruppi artistici che sono statiospitati a Napoli grazie anche allacollaborazione dell’AIG (AssociazioneItaliana Alberghi per la Gioventù):l’Ars Canto “G.Verdi” (coro di vocibianche giovanile del teatro Regio diParma), l’Orchestra Giovanile diLaureana di Borrello e il Corodell’Unione Italiana dei Ciechi diCatanzaro. Le coreografie sono state dirette dalmaestro Giovanni Calabrò e realizzatedal Centro Studi Artedanza.Anche in questa edizione “Nellamemoria di Giovanni Paolo II” haportato, grazie anche al Corpo diPolizia Penitenziaria, nelle case degliitaliani un messaggio dal notevolesignificato educativo, proponendosiquale momento di incontro tra lediverse voci della società civile, delmondo delle istituzioni laiche ereligiose e dell’associazionismo eabbracciando quello che è il verosignificato del servizio pubblico.

Nella foto Gigi D’Alessiotra DomenicoGareri e Tosca

D’Aquino,conduttori

della serata

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n.222novembre

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n occasione del ventennaledell’omicidio del 24enne agente diPolizia Penitenziaria Carmelo

Magli, ucciso a Taranto durante laguerra di mala il 17 novembre 1994,nella casa circondariale a lui intitolata,si è svolta una “Giornata dellamemoria e della legalita”.Nella sala convegni dell’istituto, si ètenuto un incontro, dal titolo “Ilpoliziotto penitenziario - tragiustizia e umanità”, con gli alunnidell’Istituto Comprensivo XXV Luglio-Bettolò di Taranto e dell’IstitutoComprensivo “De Amicis-SanFrancesco” di Francavilla Fontana(Brindisi). Alle 11.15 spazio allatavola rotonda “Il ricordo di CarmeloMagli, vittima della barbariemafiosa - tra memoria e riflessionì”.Sono intervenuti il procuratore capodella Repubblica di Lecce CataldoMotta, il procuratore generale dellasezione distaccata di Taranto dellaCorte d’Appello di Lecce CiroSaltalamacchia, il procuratoreaggiunto della Repubblica di BrindisiNicolangelo Ghizzardi, il sostituto

dalle segreterie

Taranto

In ricordo di Carmelo Magli

procuratore della Repubblica deltribunale di Lecce Guglielmo Cataldi,il gip del tribunale di Taranto PompeoCarriere. A seguire è stato inaugurato,nell’area della portineria principale, ilbusto bronzeo dell’agente sceltoCarmelo Magli, nativo di FrancavillaFontana. Hanno presenziato alle cerimonie ildirettore del carcere StefaniaBaldassari, il prefetto di TarantoUmberto Guidato e il prefetto diBrindisi Nicola Prete.Carmelo Magli era un ragazzo diappena 24 anni, sposato e padre didue bambine, quando, la notte tra il17 e il 18 novembre 1994, vennetrucidato da un commando di killerche, a distanza ravvicinata, gliesplosero numerosi colpi dimitraglietta, ponendo così fine allasua giovane vita.

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Aosta

Davide Serra:una passione per le due ruote

avide Serra è un veroappassionato delle moto dacorsa (nella foto durante un

allenamento al circuito Tazio Nuvolaridi Cervesina - PV). Il prossimo annoavrebbe intenzione di partecipare al

Trofeo Italiano Interforze, e stalavorando con il suo meccanico allapreparazione della moto, e vorrebbefarlo con i colori del Corpo di PoliziaPenitenziaria. Al collega pilota vannogli auguri della redazione.

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ontinua la manifestazione diprotesta #piazzapermanente.Il camper della Consulta è

arrivato anche in Piazza Martiri aNovara. Le foto.

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15dalle segreterie

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Novara

Manifestazione#piazzapermanente

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l 12 novembre si è svolto pressol'Istituto penitenziario di Bolognail Consiglio Regionale del Sappe.

Ha presenziato la riunione il SegretarioGenerale Donato Capece, unitamente al Segretario GeneraleAggiunto Giovanni Battista Durante e ilSegretario Regionale FrancescoCampobasso oltre tutti i delegati dellaRegione.In mattinata ha fatto visita al Consiglioanche il Provveditore della RegioneEmilia Romagna Pietro Buffa.

Bologna

Consiglio RegionaleSappe dell’EmiliaRomagna

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[email protected]

Nelle foto sopra il Consiglio Regionale dell’Emilia Rmagna

sottola manifestazione di Novara

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Antonio Francesco Vita arrivato aconclusione del ciclo di studisuperiori presso il Liceo Scientifico“G.B. Scorza” di Cosenza.Ad Antonio Francesco, al papàSalvatore ed alla mamma Carmela icomplimenti e gli auguri per sempremaggiori successi da parte dellagrande famiglia del Sappe.

(nella foto Antonio Francesco Vitadi fronte al Presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano)

Cosenza

Nominati gli “Alfieridel Lavoro 2014”

di piombo”, ci siamo abituati a considerare possibile chedietro l’angolo ci fosse qualcosa di enorme, di estremo.Ora, capire tutto ciò, percepire tutto ciò, è importante intermini di ridefinizione del ruolo del MarescialloFrancesco Di Cataldo un figlio di Barletta assassinato aMilano.Il ricordo, la condivisione del dolore e la testimonianza ciuniscono e ci rafforzano nel percorso difficile di crescita:dal dolore un impegno in difesa della vita, creando unarete di solidarietà e una spinta decisive perchè siariconosciuta pari dignità a tutte le vittime, per questimotivi il 22 novembre 2014, con il patrocinio delComune di Barletta, del Comitato Tricolore Italiani nel

Mondo e della AssociazioneInternazionale Vittime del Terrorismo,l’Associazione Nazionale PoliziaPenitenziaria, in collaborazione con lerealtà associazionistiche barlettane,Associazione Nazionale Paracadutistid’Italia, Associazione NazionaleMutilati e Invalidi di Guerra el’Associazione Terra è Vita, haorganizzato un pubblico convegno pressola Sala del Consiglio Comunale, per farconoscere alla città di Barletta la nobile

figura del Maresciallo Di Cataldo, undicesima Medagliad’Oro barlettana, ma soprattutto per riportarlo aBarletta... Filomeno Porcelluzzi

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«Rientro a Barletta, per il Maresciallo AA.CC. Francesco Di Cataldo, gli annidi piombo sono finiti...» Convegno 22 novembre 2014

[email protected]

ntonio Francesco Vita, figliodel segretario provinciale diCosenza e componente della

segreteria regionale del nostrosindacato, Salvatore Vita, ha ricevuto ilriconoscimento di “Alfiere del Lavoro2014” riservato ai 25 migliori studentid’Italia. Il giovane è stato premiato il 23ottobre 2014 direttamente dalPresidente della Repubblica GiorgioNapolitano in una cerimonia tenutasial Quirinale.Il Premio, istituito nel 1961 dallaFondazione Nazionale dei Cavalieridel Lavoro, viene attribuito ad unridotto numero di studenti cheottengono il diploma di maturità con il massimo dei voti ma che devono

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ll’alba del 20 aprile 1978, ilMaresciallo del Corpo Agenti diCustodia (oggi Polizia

Penitenziaria) Francesco Di Cataldo, natoa Barletta il 20 settembre 1926 in serviziopresso la Casa Circondariale di Milano,uscito di casa per recarsi in servizioveniva affrontato da due componentidelle Brigate Rosse, che gli esplodonosette colpi d’arma da fuoco uccidendoloall’istante.Il 15 giugno 2004 gli è stata concessa laMedaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria,l’undicesima Medaglia d’Oro di Barletta. Durante ilmartellante assedio delle cronache terribili degli “anni

dalle segreterie

anche avere altri requisiti come lamedia più alta nei primi quattro annidelle scuole superiori e comunque votisuperiore agli 8/10 per ciascuno deiprimi quattro anni oltre ad averconseguito il diploma di licenza mediacon almeno 10/10.Nel corso della cerimonia sono staticonsegnati la medaglia e l’attestatod’onore di “Alfiere del Lavoro 2014”,nonchè la medaglia del Presidentedella Repubblica, che rappresentanoun prestigioso riconoscimento per

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Barletta

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[email protected]

PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

17

a Segreteria Regionale, cosìcome lamentato dal personaledi Polizia Penitenziaria, negli

ultimi anni ha più volte rappresentatoall’Amministrazione le pessimecondizioni strutturali della Mensa diservizio che insiste presso la CasaCircondariale “A. Santoro” diPotenza, che non rispecchiapienamente i requisiti generali previstidalla vigente normativa nell’ambito ditutti i settori dedicati (Cucina,Dispensa, Sala Ristorazione, Zonalavaggio, Servizi igienici, Depositi) perpoter esercitare l’attività in questione,così come ha più volte rappresentatole pessime modalità di preparazione esomministrazione dei pasti erogati alpersonale sia di Polizia Penitenziariache del Comparto Ministeri senza chela stessa Amministrazione abbia presoalcun provvedimento in merito.Oltre alla forma strutturale degliambienti che non consentono agliaddetti di utilizzare gli spazi secondouna distinta logica di preparazione, siprecisa che non sono presentifrigoriferi (sia nella dispensa che neldeposito) con scomparti checonsentano la suddivisione dei generialimentari (ad esempio nello stesso

frigorifero si trovano giacenti: carne,formaggi, salumi, verdure, acqua etc.etc.), pertanto, in assenza dispecifiche apparecchiature, laconservazione e la preparazione deglialimenti rischiano di esserecostantemente contaminati.Nella cucina non funzionano da annisia l’impianto di aspirazione dei fumiche quello della lavastoviglie el’assenza di un banco self-service nonpermette sia di mantenere gli alimentiad una temperatura costante e diproteggere le vivande dacontaminazioni, che di somministrarei pasti agli aventi diritto nella pienagaranzia di igiene e salubrità ; bastipensare che la somministrazioneavviene attraverso una “finestra” chesi affaccia dalla cucina alla salaristorazione, con la stessa che poivengono poi riconsegnati i vassoisporchi, in quanto non vi è lapresenza in sala di un appositocarrello per posizionare i vassoi dopoessere stati utilizzati dagli avventori.

Potenza

Le condizioni dellamensa di servizio

La preparazione e la somministrazionedei primi piatti avviene con la pastache, dopo essere stata bollita, nelmomento in cui deve essere servitaviene riposta per qualche secondosempre nella stessa acqua che era statautilizzata per la bollitura iniziale, inmaniera di ridare alla stessa lasensazione di essere stata appenapreparata, ma in realtà la pasta vienesolo riscaldata e , naturalmente,ribollita e poi ancora ribollita, per unamoltitudine di volte tanto che gli ultimifruitori sono costretti a consumare lapasta scotta ovvero ridottacompletamente in frantumi.Anche la periodica sanificazione degliambienti non risulta essere stataeffettuata.

e foto pubblicate sono relativealla festa svoltasi il 7 novembre2014 per il pensionamento del

Sovrintendente Arturo Bonanni.La Segreteria di Teramo dopo avergliconsegnato il foulard e il cappellodell’Anppe l’ha, quindi, associato.

Teramo

E’ arrivato il momento della meritata pensioneper Arturo Bonanni

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dalle segreterie

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rendi i soldi e scappa è il filmdi esordio del grande WoodyAllen. La pellicola racconta in

chiave finto documentaristica laparabola tragicomica di VirgilStarkwell (interpretato dallo stessoAllen), giovane americano cresciuto apane e calci nel sedere per le stradedi New York.Virgil, dopo aver tentato senzasuccesso di intraprendere la carrieradi violoncellista, decide di diventareun malvivente e si dedicacompletamente al crimine.Purtroppo per lui, è talmenteimbranato da finire continuamente ingalera.Fra una condanna e l’altra, Virgiltentando uno scippo a Central Parkconosce Louise della quale dopoappena un quarto d’ora si innamoraperdutamente abbandonando del tuttol’idea di derubarla per diventare suocompagno di vita. Rimarrà per sempre con lei,nonostante i lunghi intervalli diseparazione dovuti ai suoi arresti.

Il film è tutto un susseguirsi di gagssurreali e demenziali intramezzatedagli interventi di coloro che hannovisto crescere Virgil: dalla maestra,all’insegnante di violoncello, daglipsicologi, ai poliziotti penitenziari e,

soprattutto, dai genitori in continuodisaccordo tra loro, perché la mammalo difende a spada tratta mentre ilpadre non perde occasione perdescriverlo come un ladruncolo dastrapazzo. Entrambi i genitori sonocamuffati con nasone, baffoni eocchiali alla Groucho Marx. Gli interventi si alternano con leimprese del maldestro furfante:scassinare distributori di caramelle agettone, gioiellerie o banche, e tutti siconcludono inevitabilmente conmanette ai polsi e condanne. I piani narrativi intersecati sono tre edil terzo è quello che racconta la tenerastoria d’amore tra Virgil e Louise, apartire dalla scena in cui si prepara aportare a cena la ragazza per la primavolta.Il film è stato apprezzato più che altroper i tanti sketch divenuti dei classicinella filmografia di Allen, comel’evasione con la pistola di sapone(ripresa nel finale) o la sequenzairresistibile con la ricattatrice collegadi ufficio che non muore mai o,ancora, l’ennesima fuga dai lavoriforzati incatenato ad altri cinquedetenuti. Parecchie scene sono ambientate incarcere dove, ovviamente in chiaveparodistica, Virgil continua adapprendere trucchi e trucchetti delmestiere che non gli verranno maiutili a causa della sua irreversibileinettitudine.

Nelle foto la locandina ealcune scene

del film

a cura di Giovanni Battista

de [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.222novembre

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18 cinema dietro le sbarreRegia: Woody AllenTitolo originale:Take the Money and RunSoggetto: Mickey Rose,Woody AllenSceneggiatura: Woody Allen,Mickey RoseFotografia: Lester ShorrMontaggio: Paul Jordan,Ron KalishArredamento: Marvin MarchScenografia: Fred HarpmanMusica: Marvin HamlischEffetti: A.D. Flowers

Produzione: AmericanBroadcasting Company, Jack Rollins& Charles, H. Joffe Production,Palomar Pictures CorporationDistribuzione: �Deltavideo ,Vivivideo, Panarecord

Personaggi ed Interpreti:Virgil Stardwell: Woody Allen Louise: Janet Margolin Fritz: Marcel Hillaire Miss Blair: Jacquelyn Hyde Jake: Lonny Chapman Al: Jan Merlin Capo delle guardie: James Anderson Fred: Howard Storm Vince: Mark Gordon Frank: Micil Murphy Joe Agneta: Minnow Moskowitz Il giudice: Nate Jacobson Padrona di casa: Grace Baurer Madre di Virgil: Ethel Sokolow Pscicanalista : Dan Frazer Padre di Virgil: Henry Leff Michael Sullivan: Mike O'Dowd Kay Lewis: Louise Lasser

Genere: Commedia Durata: 86 minutiOrigine: USA, 1969

la scheda del film

Prendi i soldie scappa

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uella mattina non ci dovevoneppure andare a lavorareperché il mio ufficio erachiuso in occasione della

festa del Santo Patrono. Tuttavia, decisi di andarci ugualmentepoiché avevo alcune cose da fare enella tranquillità di un ufficio vuotoavrei sicuramente lavorato meglio. Mentre ero assorto nel mio lavoro,ricevetti una telefonata proveniente dalreparto. Era il preposto il quale miriferiva che un detenuto si eraimpiccato e che si stavano eseguendole manovre di rianimazione pertentare di salvarlo. Quando salii non c’era già più nulla dafare. Ricordo il corpo di questogiovane ragazzo, molto giovane,adagiato sul pavimento. Chiesi subito da quanto tempo sitrovasse in carcere, quasi temendo larisposta che stavano per darmi, nonavendolo visto prima di quel momentoné in un’altra detenzione. Quel ragazzo era entrato da pochigiorni, da incensurato, e quellamattina era stato sottopostoall’udienza di convalida dell’arresto. Chiesi di quale reato fosse accusato emi fu risposto che non si trattava deisoliti reati di droga o, comunque,legati a comportamenti violenti. Ma inquel momento la cosa aveva pocaimportanza. Eseguii, in qualità di responsabile delmio ufficio, tutte le attività che il casoprevede ed effettuai tutte lecomunicazioni cosiddette “di rito”,almeno quelle immediate. Me ne mancava una, la piùimportante. Come sempre accade inquesti casi, talune cose si verificanoquando le persone che dovrebberooccuparsene - per la particolareattitudine della loro professione –sono assenti. A quel punto senti sulla tua persona ilpeso di una cosa da farenecessariamente. Una cosa che volentieri delegherestiad un altro. Una cosa della quale,probabilmente, tu non dovrestineppure occuparti ma che,comunque, va fatta perché c’èqualcuno, in una parte del mondo,che ha il diritto di venirne aconoscenza.

Entra in ufficio un collega e mi porgeun numero di telefono: la persona daavvisare è la madre. Mi è già capitato, in altre occasioni, didovermi far carico di questo tristecompito, ma mai mi era successo didover cercare una madre per riferirledella morte del proprio figlio. Cosa fare? Cerco di raccogliere tutte lenozioni che, fino a quel precisomomento ho maturato nel corso delmio lavoro, ma nessuna di esse misembra sufficiente per affrontareadeguatamente un ostacolo che, loammetto, in quel momento sento piùgrande di me. È una cosa che va fatta edevo farla nel migliore dei modi. Raccolgo le idee, cerco di trovare uninizio da cui partire ed un filoconduttore da seguire nel discorso.Penso che forse sia il caso ditergiversare qualche altro minuto perregalare a quella madre gli ultimimomenti di una vita, forse, ancoranormale. Poi penso che abbia diritto asapere al più presto cosa è successo,perché è giusto. E questo mi dà un pòdi forza.Ho una sola domanda nella miamente: perché non sono restato acasa?Ripeto nella mia testa una sorta didiscorso che dovrò fare a questadonna, sforzandomi di essereprofessionale ma soprattutto umano.So già che il passaggio più difficilesarà quello successivo alle

presentazioni iniziali, quello in cui“Io” getterò per sempre nellosconforto una donna comunicandolela morte del suo caro figlio. Una morte della quale sicuramente, sene avrà la forza, mi chiederàspiegazione, probabilmente,ritenendomi responsabile per il solofatto di averla contattata. Alzo il telefono, compongo il numeroe spero non mi risponda nessuno,almeno guadagno un po’ di tempo edho la possibilità di “aggiustare”qualche punto del mio discorso. Sonopochi i secondi che mi dividono dalladisperazione di un’altra persona edinizio a pensare a quanto sianoassurde talune circostanze in cui, purdovendo “somministrare” un dolorecosì lacerante, così intimo, non ci siconosce neppure e, quasi certamente,neppure si avrà la possibilità diincontrarsi mai. Non penso esista un sistema per dareuna notizia così devastante facendo inmodo che chi la riceve possaaccoglierla con alleviata sofferenza.Anzi, ne sono certo.Tante altre volte mi è capitato diritrovarmi ad affrontare similisituazioni; non so quante altre voltedovrò farlo: sicuramente mi capiteràancora. Ritengo che a questo genere diemozioni non si faccia mai l’abitudine.E questa cosa, nonostante tutto, laconsidero una fortuna.

Mario SalzanoCommissario di Polizia Penitenziaria [email protected]

PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

Q19

Quellamattina...

funzionari funzionali

H

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uesto mese, sono stato sinoalla fine molto dibattuto seriportare in questa rubrica lastoria di Luciano Lutring.

Lutring, soprannominato il solista delmitra, ladro e soprattutto rapinatore,negli anni sessanta, fu considerato il“pericolo numero uno” in Italia e inFrancia, poiché con le sue razzie,seminava paura e terrore.

Le mie titubanze derivavano dal fattoche nonostante si fosse macchiato diuna miriadi di crimini, per lo piùriguardanti delitti contro il patrimonio,Lutring non aveva mai ucciso: maiprima d’ora ho parlato in questarubrica di criminali che non si fosseromacchiati almeno di un omicidio. Poi,alla fine, mi sono convinto a scrivere,anche grazie al materiale inviatomi dauna mia amica che qualche anno fa,per ragioni di lavoro, lo avevaintervistato. Luciano nasce a Milano, alla vigilia delcapodanno del 1937, da Elvira Minottie Ignazio Lutring (di origineungherese). I genitori gestiscono un bar e, oltre avendere frutta e verdura, permettonoil gioco d’azzardo sul retro del locale.Il bar diventa, così, il punto diriferimento della mala del quartiere edè del tutto frequente notare personegirare armate per il locale, che benpresto diventano dei miti per ilragazzino. Non erano certamentequeste le aspettative dei genitori,soprattutto della madre, che sognavano

una carriera da violinista per il figlio.Ma il giovane Luciano non ci pensaproprio a fare il musicista, la suapassione sono le macchine di lusso, ildesiderio di giocare a fare il criminalee soprattutto le donne. Il primo “lavoretto” per procacciarsi isoldi necessari a fare la bella vita inmodo spensierato è quello di andarenei locali in cui erano presenti delle

slot machine, perdere qualche lira,arrabbiarsi e sfasciarle. Il tutto incomunella con il gestore dellemacchinette mangia soldi che avrebbecosi guadagnato con le riparazioni ocon la sostituzione delle stesse. Tuttociò era possibile anche grazie al fisicoasciutto e scattante che Lutring avevasviluppato nel corso degli annifacendo pugilato a livellodilettantistico. Con i soldi dellostratagemma delle macchinette, oltre afrequentare night e belle donne,Lutring compra una Cadillac 8800 dicilindrata, lunga nove metri. Inizia cosia fare affari noleggiando l’autovetturaper matrimoni, viaggi e soprattutto peralcune importanti produzionicinematografiche che gli permettono,addirittura, di fare l’autista ad attorifamosi dell’epoca come Rock Hudsone Jennifer Jones, impegnati nellaprovincia milanese nelle riprese delfilm “Addio alle armi”, tratto dalromanzo di Ernest Hemingway. La sfarzosa autovettura e soprattutto ladivisa bianca che indossa per farel’autista fanno sì che gli amici, del

quartiere milanese di San Siro, gliaffibbiano l’appellativo “l’Americano”.Ma se la mattina “l’Americano” va ingiro con la Cadillac per la città con ipersonaggi famosi, la notte si dedicaad una diversa attività: quella di ladrodi polli. Lutring, insieme al “Barone”, il ladropiù elegante di Milano dell’epoca, lanotte va in cerca di pollai nellaprovincia milanese per fare razzia dipennuti. Sino a quando una notte, uncontadino, accortosi della scorreria incorso nel suo pollaio, inizia a spararee i due “soci” sono costretti asvignarsela a gambe levate.L’esperienza delle schioppettate famaturare in Lutring la convinzione digirare armato e così si procura unaSmith & Wesson a canna lunga. L’arma diventa parte integrante dellook di Lutring, tanto che a volte sidimentica di averla addosso ed è ciòche avviene una mattina del 1957:“Mia zia mi mandò a pagare unabolletta della luce, un giornopiovigginoso del mese di novembre.Io andavo in giro con una Smith &Wesson nei pantaloni per fare ilbullo di periferia: quando andavo lasera a ballare con le ragazzinevolevo far sentire “l’angolare” peressere un guappo. Entrai nell’ufficio,l’impiegato non mi prestavaattenzione, aspettai due minuti, treminuti, lui stava lì a scartabellare lesue bollette. Ho dato una pugno sulbanco dicendogli «allora ti muovi ono?» e facendo quel movimento si èspostata la giacca e si è vista lapistola. Questo impiegato, essendoprobabilmente già stato derubato inpassato, ha immaginato che io fossili a compiere un gesto criminoso.Lui fa «prenda, prenda, prenda» e io«prenda che cosa?», mi dà un paccodi soldi perché a quell’epoca le millelire erano grosse come lenzuola,erano dei pezzi di giornale. Mi hadato tutto «prenda, prenda» e io hopreso tutto e da lì sono caduto”.(www.caniarrabbiati.it). Da quel momento inizia la sua carrieradi fuorilegge, fatta di piccoli furti eremunerative rapine in banche enegozi di mezza Italia con il metododella “spaccata”, di cui in moltiattribuiscono a Lutring la paternità.

Nelle fotosopra

Luciano Lutringacompagnato dai

Carabinieri

a destracon la moglie

Yvonne

Pasquale SalemmeSegretario

Nazionale del Sappe [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.222novembre

2014

Q

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Luciano Lutringda ladro di polli a gangster col mitra

crimini e criminali

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D’estate, invece, in spiaggia, insiemealla “banda del Settebello”, rubava iportafogli alle ragazze che si tuffavanoper fare il bagno. Una sera, sulla riviera romagnola, labanda ruba le valigie a due ragazzesvizzere. Il furto darà inizio ad unlungo sodalizio con una delle duevittime, Elsa Candida Pasini,un’entreneuse, il cui nome d’arte eraYvonne, la quale dopo 40 giorni dalborseggio, diverrà sua moglie e il soloamore della sua vita. Ed è proprio persoddisfare un desiderio di Yvonne cheLutring fa il salto di qualità. La nottedella vigilia del Natale del 1962,uscendo dal Duomo di Milano, la suadonna si incanta davanti ad unapelliccia esposta in una vetrina di unnegozio del centro. Lutring l’accompagna a casa e tornadavanti alla pellicceria; ruba unaGiulia e fa la “spaccata”, sfonda lavetrina con l’auto e parte a tuttavelocità con tanto di pelliccia emanichino. Nel giro di poco meno diun anno tutti quelli del Settebellofiniscono a San Vittore, compresoLutring. Nel carcere milanesetrascorre alcuni mesi, ricoprendosi ditatuaggi sulle braccia: su quello destroun ferro di cavallo con due dadi, unascimitarra e il motto “the lucky forme”, su quello sinistro un cuoretrafitto da una freccia, con il nomeYvonne. Mi preme evidenziare che ilsuo difensore di fiducia era il grandeGiuseppe (detto Peppino) Prisco,vicepresidente dell’Inter dal 1963 al2001. I furti e le rapine si succedonosenza sosta con fughe rocambolesche.Paradossalmente, il suo modo dirapinare e soprattutto di non farevittime, piace ai giornali dell’epocache lo descrivono come un gangsterbuono, quasi un “Robin Hood”. Le cronache milanesi fra la fine deglianni ’50 e i primi anni ’60 parlano inmodo martellante di Luciano Lutring,bandito che si distingue per i modiquasi gentili e soprattutto per l’assenzadi violenza fisica e di spargimento disangue. Insieme ad altri due complici,“lo Zio” e il “Professore”, inizia asvaligiare negozi, svolgendo quasisempre il ruolo del palo, con ilcappello calato sugli occhi e mitraSten nascosto sotto il soprabito.

Per questa particolarità, e perl’abitudine di nascondere il fucilemitragliatore nella custodia di unviolino, è soprannominato “il solistadel mitra” (l’appellativo sarà coniatodal giornalista del Corriere della Sera,Franco Di Bella). Il sodalizio criminaledopo poco si scioglie e Lutring fanuove conoscenze oltralpe, tanto daaderire alla scuola dei “duri diMarsiglia”. E’ la fase più eccentrica della suacarriera criminale in quanto, adesso,con la nuova banda italo-francese,inizia a svaligiare le banche con blitzdecisi, basati più sull’effetto sorpresache sull’uso dei mitra e delle pistole edopo ogni rapina la banda si disperdein diverse città dislocate su un ampioterritorio tra l’Italia e la Francia.Ricercato in mezza Europa, la sera del2 settembre 1965, a Parigi, in rueMiromesnil, dopo un conflitto a fuococon la Gendarmeria francese, vieneferito ed arrestato. Condotto dapprimain ospedale, dopo 33 giorni di ricoveroviene rinchiuso nella famosa prigionedella “Maison d’arrêt de la Santé”(per colpa del suo nome, nellamalavita francese non si brinda maialla salute, in quanto nessuno vuoleaugurare a un altro malfattore“santè”).I capi di imputazione sono numerosima, soprattutto, c’è l’accusa di averferito diversi poliziotti, tra cui unbrigadiere di Moulins rimastoparalizzato. La condanna è esemplare:22 anni di reclusione e trasferimentonel carcere di Muret, alle pendici deiPirenei, dove inizia, tra l’altro, adipingere e a mantenere numerosecorrispondenze, tra cui quella conl’allora Presidente della RepubblicaSandro Pertini, che nel corso dellafittissima corrispondenza epistolarescrive: “Ricordati che chi ha lalibertà nel cuore non sarà maiprigioniero”. Nel penitenziario diMurat il regime carcerario è rigido e idetenuti sono obbligati ad indossareparticolari segni distintivi sulle divise, aseconda del grado di pericolosità:rosso per i delinquenti giudicatipericolosi, giallo per quelli inriabilitazione e verde per quelli oramaitranquilli. Le vicende giudiziarie diLutring lo costringono a tornare in

Nella fotoancora LucianoLutring

PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

21crimini e criminaliItalia per affrontare le malefattecommesse nel territorio italiano. Vienecosi tradotto dal carcere francese aSan Vittore. Nel carcere milanese, perprotestare contro il regime detentivofrancese, tenta addirittura diimpiccarsi arrotolando delle lenzuola:l’intervento immediato di un Agente diCustodia gli salva la vita. Grazie aquesto gesto e alla pressionemediatica dell’opinione pubblica,nonché di personaggi famosidell’epoca, Lutring rimane nellecarceri italiane. Nel 1973, mentre era rinchiuso nelcarcere di Volterra, gli vienecomunicato il provvedimento di graziaconcessogli dall’allora Presidente

della Repubblica Francese, GeorgesPompidou. Viene cosi trasferito, peravvicinarsi ai suoi famigliari, nelcarcere di Brescia dove nel corsodella sua detenzione, nel 1977, vienenuovamente raggiunto da unprovvedimento di grazia, delPresidente della Repubblica italiano,Giovanni Leone. Nel 1966, con la regiadi Carlo Lizzani, esce un film ispiratoalla biografia di Lutring, dal titolo“Svegliati e uccidi”, interpretato daRobert Hoffmann, Lisa Gastoni e GianMaria Volonté. Del 1975 è un altrofilm, “Lo zingaro” di José Giovanni(tratto dal romanzo Histoire de feudello stesso regista), nel quale Lutringè interpretato da Alain Delon. Negli ultimi anni Lutring faceva ilpittore e lo scrittore a tempo pieno.Ha esposto in numerose mostre,collettive e personali, ricevendo moltipremi e riconoscimenti. È scomparsoil 13 maggio 2013 all’età di 75 anni,ad Arona, in provincia di Novara.Lutring sarà ricordato soprattutto perdue record: centinaia di rapine e duegrazie! Alla prossima...H

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a Società Italiana di Medicina eSanità Penitenziaria (SIMSPe-onlus) e la Società Italiana di

Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT)hanno presentano il 12 novembrescorso, in un convegno che si è tenutopresso la Biblioteca del Senato dellaRepubblica “Giovanni Spadolini”, lanuova edizione 2015 de “La Salutenon Conosce Confini”, Campagnad’informazione e sensibilizzazionesulle patologie infettive croniche negliistituti penitenziari italiani. Il progetto, sostenuto da quattro annida un contributo incondizionato diGilead Sciences Italia, ha permessoinfatti la produzione dei dati piùrecenti ed attualmente disponibili sulladiffusione delle Malattie Infettiveall’interno del Sistema PenitenziarioItaliano.Dopo il transito delle competenzesulla Sanità Penitenziaria dal Ministerodella Giustizia al S.S.N., le unichestime oggi a disposizione di chiamministra sulla diffusione di virusepatitici B e C, Tubercolosi, HIV/AIDS,malattie sessualmente trasmesse,Psoriasi e rischio infettivo nellepersone detenute sia italiane chestraniere, derivano quasiesclusivamente dai dati prodotti daEsperti iscritti e coordinati dalle dueSocietà. In particolare, l’importante diffusionestimata tra il 30 ed il 40% deiresidenti, dell’infezione da HCV el’epatite cronica attiva con evoluzionein cirrosi epatica che ne consegue,appaiono oggi come la primaemergenza sanitaria da affrontare inquesto ambito. Ma i dati dimostrano in modoinoppugnabile come anche per le altrepatologie infettive la diffusione risultipreoccupante, con ciò comprendendoanche quali e quanti rischi realiaffrontano quotidianamente le donne egli uomini della Polizia Penitenziariaimpegnati a contatto diretto con lapopolazione detenuta. Ad esempio, oltre la metà dellepersone detenute risulta essere venutaa contatto con il virus dell’epatite B,anche se coloro che risultanoportatori attivi di malattia si attestanointorno al 5-6% dei presenti. I test di screening cutanei sulla

Nel box la copertina del libro di

Gerardo Canoro con i CD Rom

PoliziaPenitenziaria

n.222novembre

2014

22 salute e sanità

L

uova edizione per un Manualeche, da anni, è un punto diriferimento e di consultazione

per tutti gli operatori penitenziari perchiarimenti di natura amministrativo-contabile e giuridica (come lacomplessa normativa delle missioni ole assenze dal servizio).Gerardo Canoro è stato un dipendentedel Dipartimento dell’AmministrazionePenitenziaria, in servizio presso laCasa Circondariale di Lucca, con lafunzione di capo area amministrativo-contabile. Ha pubblicato, in varie edizioni, libri edispense, numerosi testi in materia diamministrazione e contabilitàpenitenziaria, partecipando anche aconvegni. E’ stato docente in numerosi corsi diformazione e di aggiornamento dellevarie categorie del personalepenitenziario, ricoprendo ancheincarichi presso l’Ente di Assistenzadel Dipartimento e presso il Collegioarbitrale di disciplina delMinistero della Giustizia.In questa settimaedizione, “il” Canoro(così è chiamato dagliaddetti ai lavori ilManuale, tale èl’autorevolezza che gliviene riconosciuta,anche per la suacompletezza) offre gliaggiornamenti in ognimateria, arricchita dacircolari e sentenze. Spesso usatoanche per lapreparazioneai concorsipubblici einterni, tra itemi trattatinel Manuale visono

l’ordinamento penitenziario, quellodel Corpo di Polizia edell’Amministrazione penitenziaria; le attribuzioni, i doveri e leresponsabilità del personalepenitenziario. Un compiuto ed approfonditoesame della contabilità generaledello Stato e della amministrazionee contabilità penitenziaria.Disponibile su Cd-Rom in formatoPDF, con allegati anche quesiti epareri vari, è accompagnato da unsecondo Cd-Rom contenente alcunidispense sulle “Assenze dalservizio” e la “Raccolta leggi sullemissioni”.Il costo complessivo, comprese lespese di spedizione, è di soli 20euro, che potranno essere versate alricevimento del materiale previobollettino postale. Per acquisti, contattare l’Autore: tel. 3 29 . 7 86 1937email: [email protected]

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N

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il libro del mese

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PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

23salute e sanità

tubercolosi, che non rilevano lamalattia attiva ma permettonod’identificare i portatori dell’infezioneche, notoriamente, la manifestanosolo in caso di riduzione delle difeseimmunitarie, risultano 15-20 voltesuperiori alla popolazione generale e,tra i detenuti stranieri, oltre la metàrisultano positivi.L’infezione da HIV è ancora oggiampiamente diffusa tra le personedetenute tossicodipendenti, conprevalenze in questi maggiori del 20%e del 5-7% sulla popolazione generaleresidente. Le Malattie a trasmissione sessualeappaiono di frequente riscontro intale ambito e, segnatamente, la Sifilidepur interessando non più del 2-3%dei presenti, mostra un tasso diinconsapevolezza elevatissimo(>85%).

Il convegno di Simspe e Simit è natodall’auspicio che con la prossimaintroduzione di nuovi farmaci per ilcontrollo di alcune di queste infezionisi potrebbe permettere una loro curadurante il periodo detentivo,restituendo alla società uomini liberisia dalla propria pena che daun’infezione oramai non piùtrasmissibile.Il convegno, nel quale brillava perassenza il Dipartimentodell’Amministrazione Penitenziaria(!!!), è iniziato con i saluti istituzionalidel senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri:“saluti imbarazzati”, come ha volutosottolineare, “perché dopo la frustatadel messaggio del Capo dello Statodell’8 ottobre sulle criticitàpenitenziarie e sulla inadeguatezzadel sistema, nulla di significativo enessuna misura di caratterestrutturale in un anno è statofatto”. E ha convenuto con lesollecitazioni di Sergio Babudieri

(presidente di Simspe) sulla necessitàdi istituire un Osservatoriopermanente sulla sanità penitenziariapresso l’Istituto superiore di Sanità.Massimo Andreoni, presidente Simit,che pure ha richiamato come siapossibile cambiare il mondo facendoanche le piccole cose, ha sottolineatocome la detenzione possa avere unasua positività: “per far comprendereai detenuti le malattie e per poterlicurare”, cosa che forse, in libertà,non succederebbe.

Tutti di alto livello e interesse gliinterventi dei relatori. Merita una segnalazione GiulioStarnini, direttore di Medicina protettae malattie infettive dell’OspedaleBelcolle di Viterbo, che, come ha dettolui stesso, ha voluto vestire i panni del“cavaliere oscuro” per parlare di unargomento che ha, appunto, luci e

Le carceri in Italia e in Europasono diventati i nuovi lazzaretti?

ombre. Ha evidenziato che i dati deisuicidi in carcere registrano unaflessione, con il dato più contenuto dal1992, mentre sono i decessi per causenaturali in cella a segnare unpreoccupante dato più elevato degliultimi vent’anni. Ma ha denunciatoche, sul tema della sanitàpenitenziaria, ogni Regione agisce perconto proprio, senza una realecoordinamento nazionale, così comemanca un concreto impegno del Miur(Ministero dell’Università e Ricerca)

se si pensa che non esiste medico einfermiere che abbia fatto un corso diformazione universitaria in sanitàpenitenziaria. Ha parlato, conconcretezza e supportato da datioggettivi, di problemi reali, quelli coni quali ogni giorno anche i poliziottipenitenziari hanno a che fare.Interessante, infine, anche l’interventodi Roberto Monarca, che comepresidente di HWB – Federazioneeuropea della Società di MedicinaPenitenziaria, ha offerto una disaminadella situazione sanitaria e detentiva inEuropa. La qualità del convegno di Simspe eSimit è stato dunque di alto livello. Eproprio per questo l’assenza del DAPai lavori ci sembra più ingiustificatache incomprensibile…

Roberto MartinelliH

Nella fotoa fiancoGiulio Starnini

Nella fotoSergio BabudieriPresidente del Simspe

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iù di venti anni dipubblicazioni hannoconferito al mensile Polizia

Penitenziaria - Società Giustizia &Sicurezza la dignità di qualificatafonte storica, oltre quella diautorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisitoquesto ruolo ci ha convintodell’opportunità di introdurre unarubrica - Come Scrivevamo - checontenga una copia anastatica di un articolo di particolareinteresse storico pubblicato tantianni addietro. A corredo dell’articolo abbiamoritenuto di riprodurre la copertina,l’indice e la vignetta del numerooriginale della Rivista nel quale fupubblicato.

a cura di Giovanni Battista

de [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.222novembre

2014

P24

Al Corpo le mansioni di Polizia StradaleIntervista all’On. Edoardo Brunodi Franz Sperandio

di Polizia Penitenziaria di poterpartecipare ai compiti di poliziastradale?R. - Beh, veramente no, o almeno soloin parte. In Commissione Trasportipartecipo sempre attivamente ai lavorie m’informo molto bene suiprovvedimenti in esame. Ben conoscendo i compiti del Corpodi Polizia Penitenziaria - tra cui,appunto, c’é anche quello delletraduzioni e piantonamenti deidetenuti, che vede il personaleimpiegato sulla strada, all’esternodelle carceri - ho ritenutoindispensabile il fatto che,nell’espletamento del servizio, ilCorpo possa fruire dei poteri dipolizia stradale nei casi in cui sirendesse necessario. Conosco la grande professionalitàdella Polizia Penitenziaria, per averlavista all’opera con il MinistroGuardasigilli e ritengo perciò sia unCorpo che non ha nulla da impararedalle altre forze di polizia. E poi, mirisulta che ai corsi di formazione edaggiornamento al personale del Corpovengano insegnate anche nozioni dipolizia stradale e, quindi, é giàpreparato all’adozione di tale nuovocompito.

D. - Il suo emendamento inCommissione non é stato approvatoall’unanimità: com’é andata lavotazione?R. - Nel presentarlo, ho spiegato moltobene ai colleghi commissari come eperché quel provvedimento eranecessario, ma non tutti l’hannorecepito, forse per una sorta dipregiudizio sulle capacità del Corpo. Il rappresentante di Forza Italia(Paolo Mammola, n. d. r.), adesempio, ha votato contro ritenendoche la Polizia Penitenziaria dovesse

Sopra la copertina

del numero diaprile 2000

come scrivevamo

a quando é stato affidato alCorpo di Polizia Penitenziariail compito istituzionale delle

traduzioni e dei piantonamenti deidetenuti non si fa che discutere dicome dovranno comportarsi sullestrade, in servizio, i componenti deiNuclei TP, nel caso di rilevamento diinfrazioni al Codice della Strada o diinterventi d’emergenza per incidenti.La logica vorrebbe, dal momento cheagli appartenenti al Corpo spetta laqualifica di agenti e ufficiali di PS e diPG, che se assistono a un reato oall’infrazione di una regola da partedei cittadini dovrebbero “per dovered’ufficio” intervenire.Sulla strada, però, fino a oggi allaPolizia Penitenziaria é sempre statanegata la partecipazione diretta nelcontrollo della viabilità e nelrilevamento di infrazioni al Codice,negando in pratica l’effettivitàoperativa alla qualifica di PS, limitatain quei casi a stendere un verbale dapresentare ad altra forza di poliziaspecificamente delegata a far rispettareil Codice della Strada. Già da tempo,alla Commissione Trasporti dellaCamera dei Deputati é in discussionela riforma del Codice Stradale e, graziea uno specifico emendamento al testo -redatto e presentato dall’on. EduardoBruno, dei Comunisti Italiani - é stataapprovata la partecipazione del Corpodi Polizia Penitenziaria alle mansionidi polizia stradale. Abbiamo incontrato il deputatocomunista nell’ufficio del suo gruppoalla Camera, tra una seduta e l’altradell’Aula, e gli abbiamo posto alcunedomande.

D. - Onorevole Bruno, lei é amico edello stesso partito del ministrodella Giustizia Diliberto. E’ stato luia trasmettere la volontà del Corpo

D

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PoliziaPenitenziarian.222novembre2014

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prima “imparare e capire” cosa sono iservizi di polizia stradale, ritenendo ilsuo personale non all’altezza dellasituazione. Il commissario della LegaNord (Rinaldo Bosco, n.dr.), invece, hanegato il suo assenso solo perché “cisarebbero già troppe polizie sullastrada”: un giudizio strumentale eprovocatorio che non ha nulla a chevedere con il contenutodell’emendamento. Il provvedimento, comunque, é passatoe ora andrà all’esame dell’Aula.

D. - Con il nuovo testo, però, dovràanche essere previsto che parte degliintroiti delle sanzioni comminate perviolazioni al Codice della Strada siadestinata al benessere del Corpo.Presenterà un altro emendamento intal senso?R. - L’ho già fatto e spero che in Aula lamodifica non incontri alcunapreclusione alla sua approvazione,nemmeno da parte di chi ha votatocontro il primo emendamento inCommissione. Altrimenti, sarebbe unamini-riforma a metà e il Corpo diPolizia Penitenziaria, in definitiva,opererebbe in un nuovo servizioavendone soltanto gli oneri e non ivantaggi conseguenti. La normativavigente, pealtro, prevede che parte deiproventi delle sanzioni amministrativeredatte dalle forze dell’ordine siaimpiegata per migliorare i mezzi, laformazione e la professionalità degliappartenenti ai Corpi di polizia cheoperano sulla strada (Polizia di Stato,Guardia di Finanza, Arma deiCarabinieri, n.d.r.): é più che giusto,quindi, inserire tra i beneficiari anchela Polizia Penitenziaria. Non vedo come e perché dovrebbeessere negata tale prerogativa.

D. - Cosa pensa del lavoro che stasvolgendo a via Arenula il collega dipartito Oliviero Diliberto?R. - A prescindere dall’amicizia che milega al Ministro, ho sempre consideratoDiliberto un uomo preparato, dallegrandi vedute e molto attento aicambiamenti nelle istituzioni e nellasocietà. Già da capogruppo alla Camera- dopo la scissione da RifondazioneComunista - l’amico Diliberto hadimostrato le sue grandi doti umane e

intellettuali e un’innata capacità dimediazione e di diplomazia. Per quello che ha già fatto e stafacendo, averlo a capo del dicastero,per molti versi il più importante edelicato del Governo, é ladimostrazione della giusta scelta delpresidente Armando Cossutta che l’havoluto a un incarico così importante edi grande esponsabilità. Sta facendobenissimo il Guardasigilli,dimostrando a tutti, nei suoi interventiin campo penitenziario e giudiziario,che i Comunisti Italiani possono esanno governare come e meglio dialtri. Mi auguro che la sua fatica e icambiamenti e benefici che haapportato al sistema vengano recepitidall’elettorato, che dovrebbepremiare il grande impegno suo e ditutto il gruppo politico cherappresenta. Il Pdci é una forza vivache ha bisogno di crescere, ma giàcosì risulta essere determinante nelsostegno al Governo D’Alema, e lo

come scrivevamo

sarà anche nei prossimi eventualialtri governi di centro-sinistra.

D. - Per le prossime elezioniregionali qual é il suo auspicio esperanza di successo per il Pdci?R. - Spero che i candidati delcentrosinistra ottengano il consensodei vincitori almeno nelle noveregioni in cui attualmente talecoesione politica é al governo e cheil mio partito, il Pdci, eresca fino al5/6 per cento, per essere ancora piùpresenti e propositivi nelleistituzioni. Se l’elettorato recepissein pieno quanto sia davveroimportante e necessario dare fiduciaal Pdci e, soprattutto, quanto hannolavorato per il bene del Paese i suoivertici e rappresentantiparlamentari, in proporzionedovremmo poter raggiungere queltraguardo di consensi. Almeno lo spero. A Firenze, il mio collegio elettorale,

sopra l’On. EdoardoBrunotra Donato Capece eGiovanni BattistaDe Blasis

sottola vignettadi aprile 2000

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REFAZIONE

Ho letto molti scritti della SignoraLaura Niro, notaio dell'Aquila emadre della Dr.ssa Antonella Basile,capo area educativa della Casacircondariale di Prato.Le emozioni “estorte” o “donate”attraverso la sua penna emananoun desiderio di uscire dagli abiti delnotaio per “calarsi” a raccontare lavita e le sensazioni da lei provatedurante un percorso che, èevidente, è stato di grande passioneper tutto quello che ha fatto.Donna di enorme cultura, hatrasmesso ai suoi figli ed ai nipoti il“profumo” del sapere e l'arte di“godere” delle immagini sublimi cheil sole, il mare, un quadro, unascultura, possono evocare.I temi trattati nella rivista non miconsentono però di proporre moltidei suoi lavori per la particolaritàdei contenuti ma questo cheleggerete, sono sicura, vicoinvolgerà, poiché è uno scattofotografico particolare e struggentedei luoghi e delle sofferenze interioridell'umanità dolente.Buona lettura.

Rosa Cirone

La ProcuraUna lettera “Raccomandata” conavviso di ricevimento proveniente dauno studio legale, in generepreannunzia noie. Questa poi vienedalla Sicilia, dal profondo misteriososud e da un mittente sconosciuto.L’apro con titubanza mi si chiede conmolta cortesia di recarmi presso lalocale Casa Circondariale perraccogliere la firma di un detenuto,che, in quanto tale, ha bisogno diessere rappresentato in una cerimoniache si svolgerà nel suo paese. Lafamiglia provvederà attraverso il suostudio, a soddisfare la mia parcellasenza limiti di spesa.

L’ingresso in un carcere è semprecomplicato da innumerevoli controlli,nonostante la mia qualifica e lo scopoper il quale chiedo l’accesso:documenti, tessera professionale, tuttoviene fotocopiato, e poi il contenutodella mia borsa. Chi volesse semplicemente rispondereall’invito del Vangelo che fra le setteopere di misericordia pone “Visitarei carcerati” finirebbe col rinunziarvio gli sarebbe comunque impedito.Seguo l'Agente di Polizia Penitenziariaaddetto per lunghi corridoi nei qualisono in corso pulizie ad opera deireclusi muniti di scope e secchi. La ripetuta chiusura alle mie spalle diinferriate con grosse chiavi miprovoca un certo disagio. Il direttore mi viene incontro e miguida in un ambiente piccolo eriservato. Finalmente, accompagnatoda una guardia, viene introdotto il miocliente. Uno sguardo reciproco e forteci pone di fronte una donna e unragazzo. Ci scopriamo tali, diversi daquanto entrambi ci aspettavamo: luinon certo una donna, sia pure insevero tailleur, io un ceffo incallito,visto che è ospite del reparto “di altasicurezza”, cioè di massimapericolosità. Mi trovo invece di fronteun ragazzo,alto, biondo, un ciuffo glisfiora la fronte, una corporaturasnella ma solida, ma soprattutto unosguardo smarrito. I documenti me liha mostrati il direttore, ma mi serveanche la professione che non èriportata sulle carte. Che fai? Niente, sto qui, un po’ studio.Sì, ma che cosa fai nella vita? Il pastore. Comincio a leggere ilcontenuto dell’Atto come predispostodall’avvocato. “Il giorno quindici delmese di aprile, in …e nei localidella Casa Circondariale di…ilSignor Donato… nato a ..il…hadichiarato di voler contrarrematrimonio con la signorinaRosalia….. e pertanto autorizza ildi lei fratello…ad intervenire e ad

Nel riquadroil sommario del

numero diaprile 2000

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Una giornata particolaredi Rosa Cirone

il racconto

ma anche in altre parti del Paese, lagente é vicina a noi e sa benissimo, peraverci visto all’opera, che i ComunistiItaliani sono una forza democratica erepubblicana, non massimalista nénostalgica, ma semmai attenta aibisogni ed esigenze della modernasocietà. Oliviero Diliberto ne é unpalese esempio. Dalla PoliziaPenitenziaria sento direcontinuamente: “Benedetto il giornoche questo Ministro é arrivato allaGiustizia. Speriamo resti ancora peranni!”. Evidentemente, qualcosa dibuono ha fatto, ha lasciato un segnopiù che positivo, e non devo certoessere io a ricordarlo ai lettori di“Polizia Penitenziaria”!

Il campanello che indica votazioni incorso in Aula a Montecitorio continuaa trillare. L’intervista é al termine:lasciamo l’On. Eduardo Bruno ai suoidoveri di parlamentare e gli facciamoi migliori auguri che le sue speranzedi successo elettorale per il Pdci sirealizzino. Rafforzando il partito saràpiù forte anche Oliviero Diliberto e, infondo, é quello che la gran parte degliappartenenti al Corpo di PoliziaPenitenziaria si augurano.Quantomeno fin che resta in viaArenula.H

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esprimere per suo conto, vece edinteresse il consenso presso..”ecc.Bene, ora lo devi formalmentedichiarare a me, vuoi davvero sposareRosalia, ecc.ecc- amarla e proteggerlafinchè morte non vi separi? Sì. Il volto è contratto, fa un grandesforzo per dissimulare turbamento ecommozione. Gli sottopongo il foglio e, dopo unabreve esitazione, lo firma. Il miocompito è finito. Raccolgo le carte emi dispongo ad andarmene. Non mi è facile, lui mi guarda, comevolesse dirmi qualcosa, ma c’èl'Agente ed è entrato anche il direttoreche vorrebbe offrirmi un caffè. Non accetto, ma ancora incrocio losguardo del giovane, che sembra nonvoglia lasciarmi. Gli porgo la manoper un saluto. Quella stretta mivorrebbe trasmettere qualcosa oltretristezza, paura, disperazione,solitudine ma devo andare ed escomalvolentieri e turbata, avverto unarichiesta tacita di aiuto. Se posso,torno a trovarti. Non posso e non hotempo. Una procura, un atto daniente, ma non è proprio così, è untrasferire ad altri un proprio potere. Mi sorprendo a pensarci qualchevolta :avrà davvero espresso la sualibera volontà, e poi con qualeprospettiva? Lunghi anni in carcere eallora, un matrimonio, che senso ha,mi dicono che lei non è mai andata atrovarlo. Il lavoro mi impegna efinisco per non pensarci più. Ma sono passati solo alcuni mesi esulla mia scrivania trovo una nuovaraccomandata :il solito avvocato mirichiede un nuovo atto di delega.Questa volta al ragazzo si chiede disottoscrivere un’altra procura con laquale nominare procuratore generaleil fratello della giovane moglie e,pertanto, autorizzarlo a gestireinteramente il patrimonio di essomandante Donato senza obbligo direndiconto, e quindi vendere,acquistare, stipulare mutui ecc. trannedonare, altrimenti ci sarebbero voluti itestimoni. La richiesta mi è stata fattadallo stesso studio legale in modocortese ma perentorio con allegato uncospicuo assegno, dovendo tale attoscontare la tassa di Registro. La cosa non mi piace. Restituirò

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27il raccontol’eccedenza fuori tariffa, ma intantosono di nuovo qui. Il ragazzo mi viene condotto nellasolita stanzetta. Sembra da come miguarda che io sia la sola persona dacui attingere sicurezza e conforto, mistringe la mano e io ne resto turbata.Ma perché hanno scelto proprio metra tutti i notai del distretto, meemotiva e sempre tormentata daldubbio che le cose stiano propriocosì, che i fini siano corrispondentialle dichiarazioni rese; che assurditàcredere o pretendere che le svariatevicende umane possano essererappresentate o contenute in rigidiformulari. Non mi lascia la mano ed iogliela trattengo a mia volta, lo so, èpoco professionale, ma sonopreoccupata, che cosa posso fare perquesto ragazzo, sulle carte undelinquente, per rispondere a questarichiesta di aiuto che senza parole, mirivolge con gli occhi. Estraggo dallaborsa la nuova procura, insieme, loso, ancora una volta nonprofessionale, ad un sacchettino didolci casalinghi, in casa mia nonmancano mai, ed a qualche libro, levite del Tintoretto scritto dallaMazzucco e di Monet, due grandipittori, che hanno vissuto amori forti,profondi, tormentati. Ma sarà statauna scelta giusta? Più tormentato delsuo ! Un amore? Chi può sapere chec’è davvero dietro. In ogni caso unasposa giovane che vedrà, se la vedrà,tra qualche anno, a pena scontata . Eccolo di nuovo qui di fronte a me,confuso e silenzioso. Sono irritata,alla fine io che ne so, io non so mainiente e mi coglie il dubbio atroce diessermi prestata in questo caso ad ungioco perverso tramato contro questogiovane, spaventato, triste, da cui nonesce una sola parola, che sembraassente, immerso nel ricordo degliaperti vasti spazi della sua terra, i“paesi della luna” con la mente – “al profilo della mandorla, al pesceselvaggio – che palpita argentatosulla via delle sorgenti”, alla suaterra, ai giorni felici, e rubo per luinella memoria, i versi bellissimi diPablo Neruda, immagini di “pianurefiorite... tra le braccia gialli giacintie rose lacerate e papaveriinsanguinati…e sulle labbra sapori

d’uva… lui che tagliò ghirlanderibelli per il giaciglio selvaticofragrante di sole e di selva e colsegiacinti per il letto della sua sposache ora … attende nella nottestellata sopra le spiagge auree, soprale bionde aie” Più o meno. Paesaggi e momenti sognati.Tutto questo gli è stato negato Horicordato i versi di Nerudaripensando a lui nei giorni seguentimentre il computer acquisiva il freddotesto della procura per gliadempimenti. Ma sarà poi così, io chene posso sapere, e se mi avesserousato per assecondare le loro loschemacchinazioni ai danni di questogiovane, vittima designata per coprireun delitto che non ha commesso. Per la seconda volta è apparso nellecarte questo tale, fratello della sposa,ad appropriarsi della vita privata edel patrimonio di Donato. Come hofatto a non capirlo? Avevo provato,tormentata dal dubbio: Vuoi chelasciamo stare, non sei tenuto afirmare, io posso andare. No, mi ferma. C’è un mondosommerso, torbido, dal quale, unavolta messo piede, è difficilissimouscire, pena la morte, impenetrabileai “non addetti”, ad una come meche vede scorrere la vita sulle cartebollate. Ancora gli chiedo se capiscache cosa sta firmando, non ti restapiù nulla, anche se in apparenza èsolo una procura, lo capisci? Non risponde, prende la penna dallemie dita, si sofferma appena un attimoa sfiorarle e poi sottoscrive “in miapresenza e vista”. Raccolgo i fogli einfilo tutto nella mia borsa. Lo lascio e il suo sguardo mi segueaccorato, quasi supplicante. Che cos’è che, potendo, non ho fatto?Ripercorro i corridoi e mi feriscel’aspro odore di formalina sparso daldetenuto di turno alle pulizie. Tutto si è concluso secondo pianiprestabiliti, non ci vorranno altrefirme. Sappiamo che non ci rivedremopiù. Ancora uno sguardo, ancora unattimo in cui cerca di trattenere la miamano, ma l'Agente di PoliziaPenitenziaria lo prende per unbraccio, ed io torno a ripercorrere ilunghi corridoi tra l’odore acre diformalina e lo stridere dei cancelli.H

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a sentenza della CorteCostituzionale 22 ottobre 2014n. 239 ben si presta a fornire

lo spunto per una riflessione ad ampioraggio in ordine ai limiti allacarcerazione posti in genere dalnostro ordinamento in funzione dellatutela del rapporto genitoriale con figliminori, offrendo così il destro ancheper una opportuna ricostruzionesistematica della disciplina di questoparticolare argomento.

L’intervento della Consulta, per vero,trae origine dalla questione dilegittimità costituzionale dell’art. 4-bis,comma 1, l. n. 354/1975 (Normesull’ordinamento penitenziario e sullaesecuzione delle misure privative elimitative della libertà), nella parte incui estende il divieto di concessionedei benefici penitenziari, stabilito neiconfronti dei detenuti e degli internatiper taluni gravi delitti che noncollaborino con la giustizia, anche allamisura della detenzione domiciliarespeciale, prevista dall’art. 47-quinquies della medesima legge afavore delle condannate madri diprole di età non superiore a diecianni. La questione di legittimità erastata sollevata dal Tribunale disorveglianza di Firenze. Ad avviso delrimettente, la norma censurata

violerebbe l’art. 3 della Costituzione,ossia il principio di ragionevolezza,assoggettando la misura considerata almedesimo regime restrittivo stabilitoper le altre misure alternative alladetenzione previste dal Capo VI delTitolo I della legge n. 354 del 1975,senza tener conto dei marcati trattidifferenziali che la separano daqueste. Infatti, la detenzionedomiciliare speciale, a differenza dellealtre misure non costituirebbe unbeneficio tendente al reinserimentosociale del condannato, matutelerebbe il preminente interesse delfiglio minore a recuperare al piùpresto un normale rapporto diconvivenza con la madre al di fuoridell’ambiente carcerario. Facendoprevalere su tale interesse la pretesapunitiva dello Stato, la disposizionedenunciata riverserebbe, dunque,irragionevolmente «sulle fragili spalledel minore» le conseguenze dellegravi responsabilità penali della madree della sua scelta di non collaborarecon la giustizia, ovvero del fatto cheella non riesca a veder riconosciutal’inesigibilità, l’impossibilità ol’irrilevanza di detta collaborazione.La norma denunciata violerebbe,altresì, gli artt. 29, 30 e 31 Cost.,ponendosi in contrasto conl’imperativo costituzionale di tuteladella famiglia come società naturale,con il diritto-dovere dei genitori dieducare i figli e con il corrispondentediritto di questi di essere educati daiprimi, nonché con l’obbligo diprotezione dell’infanzia.Il giudice a quo non contesta, dunque,tout court la legittimità costituzionaledel regime di cui all’art. 4-bis, comma1, della legge n. 354 del 1975, in séconsiderato: reputando, anzi,«comprensibile e ragionevole» che neiconfronti degli autori di delitti diparticolare gravità e allarme sociale il

legislatore stabilisca regole di accessoai benefici penitenziari più severe diquelle valevoli per la generalità deglialtri condannati.Il rimettente si duole, per converso,del fatto che il regime restrittivo risultiesteso anche ad una misura alternativaalla detenzione avente finalità affattopeculiari, che la porrebbero su unpiano nettamente distinto rispetto allealtre, rendendo non più validal’indicata conclusione: quale, inparticolare, la detenzione domiciliarespeciale prevista dall’art. 47-quinquiesdella legge n. 354 del 1975.Giova, al riguardo, ricordare comeall’epoca dell’entrata in vigore dellalegge n. 354 del 1975 le uniche normeintese a proteggere il rapportogenitoriale con i figli minori fosserocostituite dagli artt. 146 e 147,numero 3), cod. pen., chedisciplinavano, rispettivamente, ilrinvio obbligatorio (per la donnaincinta o con prole di età nonsuperiore a sei mesi) e il rinviofacoltativo (per la madre di prole dietà non superiore ad un anno)dell’esecuzione della pena.Il nuovo ordinamento penitenziariovarato con la legge n. 354 del 1975,sebbene ispirato ai principi diumanizzazione della pena e dellarieducazione del condannato, si eralimitato d’altra parte a prevedere,sotto il profilo considerato – oltre allapresenza, presso ogni istitutopenitenziario per donne, di servizispeciali per l’assistenza sanitaria allegestanti e alle puerpere – la possibilitàper le detenute madri di tenere pressodi sé i figli fino all’età di tre anni, conil connesso obbligodell’amministrazione penitenziaria diorganizzare appositi asili nido, per lacura e l’assistenza dei bambini (art.11, ottavo e nono comma). Apparivaevidente, peraltro, come l’ingresso del

Marianna ArgenioCommissario

Polizia [email protected]

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I limiti alla carcerazione per genitori con figli minorenni

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quinquies).L’ultima tappa dell’evoluzionenormativa in esame è costituita dallalegge 21 aprile 2011, n. 62(Modifiche al codice di procedurapenale e alla legge 26 luglio 1975, n.354, e altre disposizioni a tutela delrapporto tra detenute madri e figliminori).La nuova legge ha aggiunto all’art. 47-quinquies della legge n. 354 del 1975il comma 1-bis, stabilendo chel’espiazione della quota di penarichiesta per la fruizione delladetenzione domiciliare speciale possaavvenire «presso un istituto acustodia attenuata per detenutemadri ovvero, se non sussiste unconcreto pericolo di commissione diulteriori delitti o di fuga, nellapropria abitazione, o in altro luogodi privata dimora, ovvero in luogo

di cura, assistenza o accoglienza, alfine di provvedere alla cura eall’assistenza dei figli». Qualora, poi,sia impossibile l’esecuzione nellapropria abitazione o in altro luogo diprivata dimora, la quota di pena «puòessere espiata nelle case famigliaprotette, ove istituite».In questo modo, dunque, la madre diprole di età non superiore a diecianni, condannata a pena detentiva dilunga durata – o anche all’ergastolo –può essere ammessa ad espiare lafrazione iniziale di detta pena inspeciali strutture (gli «istituti acustodia attenuata per detenutemadri»), dotati di sistemi di sicurezza“non invasivi”, comunque nonriconoscibili dai bambini, così daricreare un’atmosfera prossima a unnormale ambiente familiare; o

minore di tre anni in carcerecostituisse una soluzione largamenteinsoddisfacente del problema,giacché, per un verso, si limitava adifferire il distacco dalla madre,rendendolo sovente ancor piùdrammatico; per altro verso, inserivail bambino in un “contesto punitivo” epovero di stimoli, tutt’altro che idoneoalla creazione di un rapporto affettivofisiologico con la figura genitoriale.Solo in un momento successivo, con lalegge 10 ottobre 1986, n. 663(Modifiche alla legge sull’ordinamentopenitenziario e sull’esecuzione dellemisure privative e limitative dellalibertà), venne introdotto nel sistemal’istituto della detenzione domiciliare(art. 47-ter della legge n. 354 del1975), identificandone nella madre diprole in tenera età uno dei destinataritipici. Tale misura – i cui presuppostisoggettivi e oggettivi di fruibilitàvenivano successivamente modificati apiù riprese dal legislatore, in sensodilatativo – consentiva al bambino digiovarsi di un’assistenza maternacontinuativa in ambiente familiare, ocomunque extramurario, malgrado lostato di detenzione della genitrice.Nel testo vigente, il comma 1 del citatoart. 47-ter consente, in particolare,alla madre di prole di età inferiore adieci anni, con lei convivente, diespiare in forma extracarceraria lapena della reclusione non superiore aquattro anni, anche se costituenteparte residua di maggior pena, nonchéla pena dell’arresto di qualsiasi entità(lettera a). In accordo con i principiaffermati da questa Corte (sentenza n.215 del 1990), analoga possibilità èaccordata al padre, nel caso in cui lamadre sia deceduta o assolutamenteimpossibilitata ad assistere la prole(lettera b). Un ulteriore passo inavanti fu compiuto dalla legge 8 marzo2001, n. 40, intitolata specificamente«Misure alternative alla detenzionea tutela del rapporto tra detenute efigli minori».A fianco di altri interventi – tra cuil’ampliamento del rinviodell’esecuzione della pena, che, nellasua forma facoltativa, giungeva fino aitre anni di età del bambino (sogliamassima consentita per la permanenzain carcere con la madre detenuta: ciò,

nell’ottica di limitare quanto piùpossibile il fenomeno della“carcerizzazione degli infanti”), e laprevisione della possibilità diammettere le condannate alla cura eall’assistenza all’esterno dei figliinfradecenni (art. 21-bis della legge n.354 del 1975) – la novellaintroduceva la misura della detenzionedomiciliare speciale (art. 47-quinquies della legge n. 354 del1975). Come si desume dall’incipitdella norma («Quando nonricorrono le condizioni di cuiall’articolo 47-ter»), detto istitutoassume natura “sussidiaria” e“complementare” rispetto alladetenzione domiciliare “ordinaria” (esegnatamente a quella prevista dalcomma 1, lettere a e b, del citato art.47-ter), trovando applicazione inassenza dei presupposti chelegittimano il ricorso a quest’ultima:laddove il riferimento è soprattuttoall’ipotesi in cui la pena detentiva dascontare superi il limite dei quattroanni di reclusione.In tale evenienza, le condannate conprole di età non superiore a dieci annipossono essere comunque ammessead espiare la pena «nella propriaabitazione, o in altro luogo diprivata dimora, ovvero in luogo dicura, assistenza o accoglienza, alfine di provvedere alla cura e allaassistenza dei figli», a condizione cheabbiano già espiato almeno un terzodella pena o almeno quindici anni, nelcaso di condanna all’ergastolo(comma 1 dell’art. 47-quinquies). Inaggiunta a ciò, occorre che vi sia «lapossibilità di ripristinare la convivenzacon i figli» e che non sussista «unconcreto pericolo di commissione diulteriori delitti»: condizione,quest’ultima, non esplicitamenteenunciata in rapporto alla detenzionedomiciliare ordinaria. Analogamente a quanto avviene perdetenzione domiciliare ordinaria, èinoltre previsto che, se la madre èdeceduta o versa in condizioni tali darenderle assolutamente impossibileprovvedere alla cura dei figli, e non viè modo di affidare la prole ad altri cheal padre, la misura in esame puòessere concessa anche al padredetenuto (comma 7 dell’art. 47-

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29mondo penitenziario

Nelle foto bambini in carcere

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addirittura, se non vi è pericolo dicommissione di ulteriori delitti o difuga, può evitare sin dall’iniziol’ingresso in carcere.

Venendo all’odierno themadecidendum, la Corte ha affermatoche il compendio normativosottoposto a valutazione non potesseessere corretto mediante una letturacostituzionalmente orientata, tale dasottrarre la detenzione domiciliarespeciale all’operatività del divietoposto dall’art. 4 bis, ord. penit., nonsolo per l’inequivoco dato testuale,che riconduce anche tale istitutospeciale nel novero delle misurealternative alla detenzione cui siapplica il regime restrittivo; ma ancheper considerazioni di naturasistematica, considerato che altremisure speciali sono state, dallegislatore, espressamente escluse daldivieto in esame (quale la species didetenzione domiciliare per icondannati affetti da AIDS conclamatao da grave deficienza immunitaria dicui all’art. 47 quater, comma 9, dellalegge n. 354 del 1975).Ciò nondimeno – osserva la Corte –è indubbio che nell’economiadell’istituto assuma un rilievo deltutto prioritario l’interesse di unsoggetto debole, distinto dalcondannato e particolarmentemeritevole di protezione, qualequello del minore in tenera età adinstaurare un rapporto quanto piùpossibile ‘normale’ con la madre (o,

eventualmente, con il padre) inuna fase nevralgica del suosviluppo”. Tale interesse - osserva il Giudicecostituzionale - “oltre a chiamarein gioco l’art. 3 Cost., in rapportoall’esigenza di un trattamentodifferenziato, evoca gli ulterioriparametri costituzionalirichiamati dal rimettente (tuteladella famiglia, diritto-dovere dieducazione dei figli, protezionedell’infanzia: artt. 29, 30 e 31Cost.)”.L’esigenza che la pretesa punitivadello Stato non arrechi nocumento alvalore costituito dalla tutela delminore trova riconoscimento anchein fonti di livello sopranazionale, chequalificano ‘superiore’ l’interesse delminore, e tale da dover essereconsiderato ‘preminente’ nell’ambitodelle decisioni giurisdizionali (laCorte richiama, al proposito, l’art. 3,comma 1, Convenzione sui diritti delfanciullo, fatta a New York il 20novembre 1989, ratificata e resaesecutiva in Italia con legge 27maggio 1991, n. 176, e l’art. 24,secondo comma, della Carta deidiritti fondamentali dell’Unioneeuropea del 7 dicembre 2000,adattata il 12 dicembre 2007 aStrasburgo). La disciplina restrittivasottoposta al vaglio dicostituzionalità, dettando unadisciplina uniforme, tale da valereindistintamente per le misure aesclusiva finalità rieducativa e perquelle che, invece, inseguono ancheobiettivi di tutela di altri benicostituzionali, tre le quali appunto ladetenzione domiciliare speciale,realizza un trattamentodiscriminatorio che contrasta conl’art. 3 Cost., e le cui pesanticonseguenze incidono inoltre su queivalori preminenti che i parametricostituzionali di cui agli artt. 29, 30 e31 Cost., invocati dai rimettenti,ampiamente tutelano. Alla luce delle suesposteosservazioni, la Consulta concluderitenendo errata l’inclusione anchedella detenzione domiciliare specialeal regime “di rigore” sancito dall’art.4-bis, comma 1, della legge n. 354del 1975.

Nella foto mamma e figliodietro le sbarre

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30 mondo penitenziarioCosì facendo, infatti, il legislatoreavrebbe, accomunato fattispecie traloro profondamente diversificate.Tale omologazione “appare lesiva deiparametri costituzionali evocati”,poiché incide - in nome del contrastodella criminalità organizzata - sulvalore preminente rappresentato dallatutela dell’interesse del minore intenera età “a fruire delle condizioniper un migliore e più equilibratosviluppo fisio-psichico”, traslando“su un soggetto terzo, estraneo tantoalle attività delittuose che hannodato luogo alla condanna, quantoalla scelta del condannato di noncollaborare”.In tale prospettiva, il correttobilanciamento tra gli interessicontrapposti - quello di difesa sociale,sotteso al perseguimento del contrastoalla criminalità organizzata, e quelloinerente alla tutela del minore - deveoperarsi non già in via astratta, sullabase di presunzioni cristallizzate neldettato normativo, bensì in concreto,nel senso cioè che il giudice deveverificare nel caso di specie laeventuale sussistenza nella specificasituazione sottoposta al proprio vaglio,la concreta sussistenza del pericolo dicommissione di ulteriori delitti daparte della condannata. Pertanto, i Giudici Costituzionalegiungono a dichiarare l’art. 4-bis,comma 1, della legge n. 354 del 1975costituzionalmente illegittimo nellaparte in cui non esclude dal divieto diconcessione dei benefici penitenziari,da esso stabilito, la misura delladetenzione domiciliare specialeprevista dall’art. 47-quinquies dellamedesima legge. Nel dichiararel’illegittimità costituzionale dell’art. 4bis, comma 1, della legge n. 354 del1975, nei termini sopra indicati, laCorte ha altresì esteso la declaratoria,in via consequenziale, anche allamisura della detenzione domiciliareordinaria disciplinata dall’art. 47 ter,comma 1, lettere a) e b), dellamedesima legge, ad evitare che talemisura “avente finalità identichealla detenzione domiciliare speciale,ma riservata a soggetti che debbonoespiare pene meno elevate, restisoggetta irragionevolmente ad untrattamento deteriore in parte qua”.H

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a situazione dei ristretti chepresentano malattiepsichiatriche e la loro

problematica gestione richiederebbemolto più di queste poche righe.Non sono una specialista in materia,ma una poliziotta penitenziaria chelavora presso la Casa Circondariale diSollicciano dove, nel 1984, è stataistituita la sezione di Casa di Cura eCustodia Femminile ed ha avuto mododi entrare in contatto con questarealtà in maniera più ravvicinata.Il nostro sistema penale è fondato suldoppio binario: da una parte abbiamole pene, comminate a seguito dicondanna per aver commesso unreato e quindi puniscono il fatto,dall’altra abbiamo le misure disicurezza che servono a prevenire icomportamenti illeciti e si basano sulgiudizio di pericolosità sociale dellapersonalità; un controllo sull’autoredel fatto.Nell’ambito delle misure di sicurezzami interessa parlare di quellepersonali detentive e, in specialmodo, di quelle connesse alle malattiepsichiatriche.Se il destinatario della misura disicurezza è un infermo di menteincapace totale, riconosciuto quindinon imputabile, non è possibilesottoporlo ad una misura di caratterepunitivo, ma verrà ricoverato in unOspedale Psichiatrico Giudiziario:cura, tutela del malato e allo stessotempo contenimento eneutralizzazione della sua pericolositàsociale. Se il destinatario è unsoggetto imputabile, ma affetto davizio parziale di mente, è previsto ilricovero in una Casa di Cura eCustodia.In base alla posizione del soggettonell’iter giuridico, e cioè se questo sisia concluso con una condanna omeno, avremo Internati (art.219 c.p.)o Internati Provvisori (art.206 c.p.),detenuti cui deve essere accertatal’infermità psichiatrica attraversol’osservazione (art.112 c.2 DPR230/2000), detenuti condannati consopraggiunta infermità di mente (art.148 c.p.), detenuti minorati psichici(art.111 dpr 230/2000).Ma in concreto, tutti questi concettiche rimangono astratti, freddi, in cosa

si traducono nella realtà per coloro acui vengono applicati e per noi che cistiamo in contatto?Per noi, il motivo per cui questedonne vengono allocate nella sezionedella Casa Cura e Custodia noncostituisce un elemento didifferenziazione sostanziale.Tuttavia è differente il nostroapproccio ed il modus lavorandirispetto a quello in una sezioneordinaria.Il problema dell’autolesionismo e delsuicidio in carcere in verità evidenziaquanto il disturbo mentale e lapresenza di patologie psichiatrichesiano eventi che non riguardano sologli internati e i detenuti sottoposti amisura di sicurezza. La presenza di numerositossicodipendenti, multiproblematici,ha sicuramente un posto di primorilievo nella cause che ne hannodeterminato l’aumento. La questione diventa quindi riuscire avalutare tali rischi quanto prima,possibilmente all’atto dell’ingresso nelpenitenziario, in modo da poteradottare le necessarie misureprecauzionali e l’intervento integratodi figure specialistiche di supporto ecura.Ma torniamo alla Casa di Cura eCustodia ed al nostro lavoro.Entrare in contatto con la malattiapsichiatrica non è cosa di poco conto.Avverti immediatamente che ti trovi inpresenza di qualcosa verso cui unapproccio razionale non fornisceadeguate risposte.Nei comportamenti di queste donne sipercepisce sofferenza, solitudine,bisogno di affetto e considerazione,richiesta di ascolto, di accoglimento,e la necessità di contenimento in unamisura e forma diversa rispetto alledetenute inserite nelle sezioniordinarie.

I loro gesti, sguardi, pianti, risa edurla, tutto racconta delle loro storie,della loro vita, delle fragilità, delleassenze di riferimenti esterniistituzionali e familiari.In ricerca continua di contatto,comprensione e riconoscimento delloro essere persone.All’interno di questa sezione variesono le figure professionali presenti:operatori tecnico-sanitari, psicologi,psichiatri e noi poliziotte penitenziarieche, pur addette alla sicurezza, nonsiamo esenti da coinvolgimenti. Coinvolgimenti per i qualirispondiamo in maniera personale,sulla base dell’esperienza e dellanostra stessa situazione, mancandociuna preparazione psicologico-professionale in tal senso.Di fronte ad eventi di criticità sarebbeinvece importante acquisire queglistrumenti psicologici adottabili perintervenire in maniera efficace su chiin quel momento sta vivendo undramma.Un intervento sbagliato rischia infattidi far degenerare quanto già inequilibrio precario.Sarebbero necessari corsi diformazione che ci spiegassero comeeffettuare un ascolto attivo, comeriuscire ad agire in maniera mirata econsapevole senza subire quelcoinvolgimento emotivo che derivaproprio dal ‘non conoscere’ e cherischia, demandando al nostro sentirepsicologico, una reazione negativa didistacco incosciamente aggressivo adifesa della propria integrità. Detto questo, rimango del parere chela Casa Cura e Custodia, per la suapropria peculiarità istitutiva, nondovrebbe esistere all’interno delcircuito penitenziario ma dovrebbeessere gestita totalmente da personalesanitario specializzato.A presto.

a cura di Laura PieriniVice SegretariaProvinciale SappeFirenze [email protected]

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La Casa di Cura e custodia femminile

La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione

Franco Basaglia

donne in uniforme

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n.222novembre

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ilano, ottobre 1978. In unadomenica pomeriggioqualsiasi, durante una

partitella all’oratorio del quartiere diCasoretto, scoppia il finimondo.

Il giovanissimoAristide Mastronardi -passione per il calcioe un futuro dacarabiniere - vieneabbattuto in area. A fischiare il rigore èun ragazzetto delTicinese: SandroMicuzzi, capellirossicci e un futuro dacommissario diPolizia. E mentre giocatori,padri e cugini se ledanno di santaragione, non lontanodal Campetto accadeun episodioall’apparenzainsignificante, malegato a uno dei fattipiù controversidell’Italia deldopoguerra. L’unico a notarlo è ilfratello maggiore diAristide, Gaetano,coinvolto pure luinella rissa. A più di trentacinqueanni di distanza, inuna Milano autunnalee malinconica, ilreticolo di misterilegati a quell’episodioriemerge inaspettato aopera di un avvocatoamericano. E mentre ilcommissario Micuzzi,

trasferito per punizione nelcommissariato di via Padova, oltre adassistere attonito all’ennesima“sorpresa” della sua ex moglie

Margherita, si trova coinvolto in unavicenda dai contorni confusi,complicata dalle ambiguità dellaQuestura e dalla presenza invisibiledei Servizi segreti italiani. E quandotutto sembra essere destinato arisolversi...

a faida di San Luca, la strage diDuisburg del 2007, il traffico distupefacenti, i sequestri di

persona in tutta Italia. E poi le denunce, la difesa affidata allostudio legale del futuro presidentedella Repubblica Giovanni Leone,l’omicidio, la galera, la grazia diSandro Pertini. Tutte queste vicende sono legate traloro, in modo sconcertante, attorno aun solo nome: Antonio Pelle, detto‘Ntoni Gambazza. Ma chi era quest’uomo, sconosciuto aipiù e ben noto agli inquirenti?L’eminenza grigia che ha fondato unnuovo clan e per tre decenni haricoperto un ruolo centrale neldirettivo della ‘ndrangheta, comesostengono gli investigatori, o l’onestofiglio di pastori di cui parla la suafamiglia, scelto dalla magistraturacome capro espiatorio? Andrea Galli ha dedicato anniall’attento studio delle poche cartedisponibili e alle estenuanti i ricerchedel troppo materiale andato dispersoo fatto sparire; ha viaggiato da Nord aSud e parlato con semplici paesani ealti funzionari delle forze dell’ordine;ha visitato i luoghi in cui s’è svolta lavicenda di Gambazza, ha incontrato lasua gente e si è immerso in quelmondo per descrivercelo senzaretorica o preconcetti. Il risultato è assieme il racconto dellavita di un uomo misterioso, chedall’ombra ha guidato la più potenteorganizzazione criminale del nostroPaese, e il ritratto lucido di una realtàsociale troppo spesso relegata ailuoghi comuni.

hi è lo sconosciuto avvolto inun cappotto nero, in cui Melik,immigrato turco di seconda

generazione nato ad Amburgo,continua a imbattersi? Dopo l’11settembre la vita del giovane, devotomusulmano e promessa della boxe, èdiventata più difficile e lui farebbe ditutto pur di non cacciarsi nei guai. Masua madre Leyla, che considera undovere prestare aiuto a un compagnodi fede, decide di dare ospitalità allostraniero. A poco a poco lo stranoragazzo, che dice di chiamarsi YssaKarpov, rivela di essere un profugoceceno fuggito da un carcere russo edi essere entrato in Germaniaclandestinamente per studiaremedicina grazie anche all’aiuto diTommy Brue. Peccato che Brue,proprietario della banca che porta ilsuo nome, sia all’oscuro di tutto. Ilceceno, però, conosce una misteriosaparola d’ordine capace di suscitarel’interesse del banchiere: “lipizzano”.Era la parola in codice con cui suopadre indicava ingenti e loschi capitalitravasati dall’Unione Sovietica nellecasse della sua banca. Ma l’enigmaticoYssa sembra nascondere anchequalcos’altro: a lui, infatti, sonointeressati i servizi segreti inglesi etedeschi, mentre gli americaniosservano attentamente... Con questoromanzo pubblicato originariamenteda Mondadori con il titolo Yssa ilbuono - John le Carré ci regala unastoria emozionante che affrontaquestioni decisive nella civiltàglobale.Dal 30 ottobre 2014 nelle saleitaliane La spia - A Most Wanted Man,l’ultimo adattamento cinematograficotratto da un libro dello scrittoreinglese, Yssa il buono. Un film direttodal regista e fotografo olandese AntonCorbijn, con Robin Wright, RachelMcAdams, Willem Dafoe, Daniel Brühle che vede protagonista l’ultimamagistrale interpretazione di PhilipSeymour Hoffman.

a cura di Erremme

[email protected] Massimo Cassani

SOLTANTO SILENZIO

TEA Edizionipagg. 367 - euro 15,00

CM

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Andrea Galli

IL PATRIARCA

BUR RIZZOLI Edizionipagg. 310 - euro 13,00

John Le Carrè

LA SPIA

MONDADORI Edizionipagg. 345 - euro 10,00

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Nell’Italia del Duemilapuò presentarsil’avventura autoritaria diun nuovo BenitoMussolini? Anche oggisiamo un paese strozzatoda una crisi pesante, conuna casta di partitiimbelli e un possibileconflitto tra ceti diversi.Sono queste assonanzecon gli anni Venti delNovecento che hannospinto Giampaolo Pansaa scrivere “Eia eia alalà”,un antico grido di vittoriariesumato dallosquadrismo fascista. Ilracconto inizia con lalotta di classe esplosa trail 1919 e il 1922, guidatadai socialisti e sconfittadall’inevitabile reazionedella borghesia. Il neronacque dal rosso:l’estremismo violentodelle sinistre non potevache sfociare nella marciasu Roma di Mussolini, ilprimo passo di unadittatura ventennale. Laricostruzione di Pansaruota attorno a unpersonaggio esemplareanche se immaginario:Edoardo Magni, unagrario padrone di unatenuta tra il Monferrato ela Lomellina. Coraggiosoufficiale nella Primaguerra mondiale,finanziatore dellesquadre in camicia nera,all’inizio convinto dellanecessità di unarivoluzione fascista mavia via sempre piùdisincantato. Sino adiventare un sostenitoredel leader squadristadissidente Cesare Forni,ritenuto da Mussolini unnemico da sopprimere. Magni è il protagonista di un dramma ametà tra il romanzo e la rievocazionestorica, gremito delle tante figure cheattorniano il Duce, una nomenclaturapotente descritta con realismo...

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33le recensioni

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a Grande Guerra non ha eroi. I protagonisti non sono re,imperatori, generali. Sono fanti

contadini: i nostri nonni. Aldo Cazzulloracconta il conflitto ‘15-18 sul fronteitaliano, alternando storie di uomini edi donne: le storie delle nostrefamiglie. Perché la guerra è l’iniziodella libertà per le donne, chedimostrano di poter fare le stesse cosedegli uomini: lavorare in fabbrica,guidare i tram, laurearsi, insegnare. Le vicende di crocerossine, prostitute,portatrici, spie, inviate di guerra,persino soldatesse in incognito,incrociano quelle di alpini, arditi,prigionieri, poeti in armi, grandipersonaggi e altri sconosciuti.Attraverso lettere, diari di guerra,testimonianze anche inedite, “Laguerra dei nostri nonni” conducenell’abisso del dolore. Ma sia letestimonianze di una sofferenza che ogginon riusciamo neppure a immaginare,sia le tante storie a lieto fine, comequelle raccolte dall’autore su Facebook,restituiscono la stessa idea di fondo: laGrande Guerra fu la prima sfidadell’Italia unita; e fu vinta. L’Italia potevaessere spazzata via; dimostrò di nonessere più “un nome geografico”, mauna nazione. Questo non toglie nullaalle gravissime responsabilità, che illibro denuncia con forza, di politici,generali, affaristi, intellettuali, acominciare da D’Annunzio, chetrascinarono il Paese nel grandemassacro. Ma può aiutarci a ricordarechi erano i nostri nonni, di quale forzamorale furono capaci, e qualepatrimonio portiamo dentro di noi.

ostruito come un percorsoattraverso la memoria (dipersone, fatti e luoghi)

“Camerata Neandertal” è forse ilromanzo più dolente e personale diAntonio Pennacchi. Un libro popolatoda fantasmi: da Ajmone Finestra - ilFederale di Latina, motore dellevicende narrate in “Palude” e nel“Fasciocomunista” agli operai che di“Palude” decisero lo svolgimento; daCarlo Alberto Blanc, paleontologo, lacui ossessione e curiosità divengono lestesse dell’autore nelle “Iene delCirceo”, ad Aldo Dapelo padronedella Fulgorcavi narrata in“Mammut”, fino al fratello Gianni,che considerava suo “CanaleMussolini” ma morì senza riuscire aleggerlo. Attraverso i suoi personaggiPennacchi racconta in realtà sé stessoe la propria formazione come uomo,come intellettuale dal basso e comescrittore. Un romanzo autobiograficodove realtà e finzione si intrecciano esi fondono, coinvolgendo il lettore inun viaggio, spesso esilarante, fraletteratura e vita.

istampa per un classico sulmalaffare del calcio italiano.Petrini rivela, racconta, indaga

fatti e misfatti dello sport più seguitonel nostro Paese. Ma qui non si parladelle passioni dei tifosi, dei sentimentoautentici degli appassionati: quil’Autore rileva i pozzi neri del calcionostrano. E’ un pugno nello stomacoe, forse proprio per questo, èimperdibile pur non essendomasochisti…

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Antonio Pennacchi

CAMERATA NEANDERTAL

BALDINI & CASTOLDI Ediz.pagg. 284 - euro 16,00

CAldo Cazzullo

LA GUERRA DEI NOSTRI NONNI

MONDADORI Edizionipagg. 248 - euro 170,00

Carlo Petrini

I PALLONARI.Zone grige, fondi neri,luci rosse

KAOS Edizionipagg. 180 - euro 15,00

R

Gianpaolo Pansa

EIA EIA ALALA’

RIZZOLI Edizionipagg. 375 - euro 19,90

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inviate le vostre lettere a [email protected] l’ultima pagina

ilvio guarda il mondoracchiuso in un granello dipolvere, Cecilia lo osserva

attraverso il movimento di una corda. Matteo non gioca con gli altribambini, ma conosce le radiciquadrate. Elia, sommerso da voci, odori, suoni ecolori, lotta per trovare la calmainteriore. Un viaggio unico e commovente nellevite di quattro pazienti autisticiprofondamente diversi fra loro, seguitidall’infanzia all’età adulta. I drammi e le fatiche quotidiane delleloro famiglie. L’impegno, i dubbi, gli errori e ipiccoli grandi successi compiuti neltentativo di aiutarli.

il mondo dell’appuntato Caputo

Traduzioni a carbone...

S H

Maurizio Arduino

IL BAMBINO CHE PARLAVA CON LA LUCEQuattro storie di autismo

EINAUDI Edizionipagg. 287 - euro 18,00

di Mario Caputi eGiovanni Battista

de Blasis© 1992-2014

PoliziaPenitenziaria

n.222novembre

2014

QUANDO SI TRATTA DELL’ARTE DI ARRANGIARSI NON ABBIAMO RIVALI.ABBIAMO TROVATO IL MODO DI UTILIZZARE ANCHE IL CARBONE CHE TUTTI GLI ANNI CI PORTA BABBO NATALE DAP...

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