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Milano, 1 marzo 2016
POTERE DIRETTIVO E IUS VARIANDI: RECENTI
ORIENTAMENTI E RIFORMA
L’IMPATTO DELLE NOVITÀ NORMATIVE SUL CONSOLIDATO APPARATO INTERPRETATIVO DELL’ART. 2103 C.C.
dott.ssa Chiara ColosimoTribunale di Milano, Sezione Lavoro
CON IL PATROCINIO DI
MODIFICA DELLA RUBRICA ART. 2103 C.C.
da “Mansioni del lavoratore”
a “Prestazione del lavoro”
il tenore letterale della prima anticipava quella prospettiva soggettiva poi cristallizzata nei
concetti di “equivalenza dinamica” e “professionalità”
la nuova anticipa una prospettiva puramente oggettiva che trova conferma nella complessa
declinazione della norma che segue
ART. 1, CO. 7, LETT. E), LEGGE DELEGA 183/2014
“revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o
conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse del lavoratore alla
tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla
modifica dell’inquadramento; previsione che la contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di
secondo livello, stipulata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria
possa individuare ulteriori ipotesi rispetto a quelle disposte ai sensi della presente lettera”
ART. 3 D. LGS. 81/2015
“1. Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che
abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime
effettivamente svolte.
2. In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a
mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale.
3. Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento
non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
4. Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima
categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi...
…5. Nelle ipotesi di cui al secondo e al quarto comma, il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore
ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi
retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.
6. Nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi
individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione
sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
7. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori...8. Il lavoratore non può essere trasferito ...
9. Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e al quarto comma e fermo quanto disposto al sesto comma, ogni patto contrario
è nullo”
MOBILITA’ ORIZZONTALEIERI
“il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza
alcuna diminuzione della retribuzione”
OGGI
“il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”
PRIMO PROBLEMA
Legge Delega “revisione della disciplina delle mansioni,
in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale
individuati sulla base di parametri oggettivi…”
possibile intervenire sulla disciplina dell’ordinario ius variandi del datore di
lavoro?
il confronto tra le due disposizioni rende palese la soluzione di continuità nell’approccio normativo alla materia
quali effetti sul patrimonio giurisprudenziale consolidatosi rispetto alla previgente disciplina?
scompare il richiamo espresso al concetto di “mansioni equivalenti” in forza del quale la giurisprudenza costituzionale e di
legittimità aveva assicurato al lavoratore una tutela oltremodo ampia attenta a garantire, nel cambiamento di mansioni, non solo
l’omogeneità oggettiva di livelli e retribuzioni, ma altresì un’omogeneità professionale soggettivamente intesa, ritagliata sul
singolo lavoratore in considerazione delle specifiche esperienze lavorative pregresse
speciale norma di protezione del lavoratore, destinata a preservarlo dai “danni a quel complesso di capacità e di attitudini che viene definito con il termine professionalità con conseguente compromissione delle aspettative
di miglioramento all’interno o all’esterno dell’azienda” (Corte Costituzionale, 6 aprile 2004, n. 113; Cass. Civ., SS.UU., 24 marzo 2006, n.
6572)
l’art. 2103 c.c. limitava l’esercizio dello ius variandi del datore di lavoro circoscrivendo le mansioni del lavoratore, non solo dal punto di vista prettamente meramente oggettivo (quelle comprese nella stessa area
professionale e salariale), ma anche sotto il profilo soggettivo (mansioni atte ad armonizzarsi con la professionalità nel tempo acquisita dal
dipendente lungo tutto il corso del rapporto di lavoro) (cfr. Cass. Civ., SS.UU., 7 agosto 1998, n. 7755)
concetto di “equivalenza” correlato:
1. al contenuto oggettivo della prestazione o all’astratto valoreprofessionale di mansioni fra loro differenti
2. alle attitudini che nelle nuove mansioni avrebbero potuto essereespresse, alla luce del progressivo arricchimento del patrimonioprofessionale di cui il lavoratore aveva nel tempo beneficiato
PRIMA
non era possibile indagare l’equivalenza avendo quale parametro di riferimento il mero e astratto livello di categoria, né il livello meramente
retributivo, era necessario accertare che le nuove mansioni fossero aderenti alla specifica competenza fatta propria dal lavoratore, al fine
salvaguardarne il livello professionale e garantirne lo sviluppo in prospettiva dinamica
OGGIpossibilità di mobilità orizzontale alla sola condizione della
riconducibilità allo stesso livello e categoria legale
il nuovo art. 2103 c.c. espunge dal capitolo della mobilità orizzontale il tema della professionalità del dipendente:
eliminata la possibilità di un giudizio fondato sulla “equivalenza dinamica” delle mansioni; il sindacato risulta circoscritto al solo ambito
della “equivalenza statica”, intesa quale omogeneità obiettiva
RUOLO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA, PROBLEMI
sarà chiamata a individuare quelle mansioni che, per l’essere riconducibili alla stessa categoria legale e al medesimo livello di
inquadramento, definiranno in concreto lo spazio del libero esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro
Quali effetti sulla contrattazione collettiva attualmente in vigore?E’ possibile ammettere la nuova mobilità orizzontale entro i confini
tracciati dai previgenti contratti collettivi che nell’inderogabilità dell’art. 2103 c.c. e nel limite dell’equivalenza, anche qualitativa, hanno il loro
presupposto?Quale valore deve essere riconosciuto al richiamo eventualmente operato dalla contrattazione collettiva a quel medesimo concetto di equivalenza
qualitativa? Sarà forse necessario porsi in modo differente in caso di espressa
previsione della tutela della professionalità e in caso di mero richiamo ai limiti del previgente art. 2103 c.c.?
POSSIBILE UN RECUPERO DEL VINCOLO DINAMICO?
1. nei casi in cui le nuove mansioni di assegnazione non risultino specificamente contemplate dalle esemplificazioni collettive
2. nella verifica circa la necessità di garantire al dipendente, nel singolo caso concreto, la formazione di cui al comma terzo
NON CONVINCEin primo luogo, si dubita che l’eventuale lacuna contrattuale consenta al giudice di sindacare la legittimità del mutamento di mansioni valutando il percorso professionale lavoratore: il giudice dovrà piuttosto ritenersi
vincolato a una verifica di mera affinità o corrispondenza oggettiva
in secondo luogo, l’eventuale sussistenza delle condizioni utili al sorgere degli obblighi formativi non incide in alcun modo sull’astratta possibilità
di mutamento delle mansioniallo stato, pare difficile ritagliare nel primo comma spazi per un recupero
dell’eredità giurisprudenziale in tema di equivalenza dinamica
FINISCE QUI?
bisogna, forse, valutare la compatibilità della disposizione con la Legge Delega?
l’art. 1, co. 7, lett. e, Legge 183/2014 non sembrerebbe richiedere un superamento della tutela della professionalità per come costruita da
giurisprudenza ormai consolidata
ha richiesto un contemperamento tra “l’interesse dell’impresa all’utile impiego… l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di
lavoro, della professionalità…”
sembrerebbe confermata la necessità di garantire una tutela, attenuata peraltro solo in specifiche ipotesi, alla professionalità del
dipendente
affatto diverso il panorama normativo consegnatoci con il nuovo art. 2103 c.c.
ANCORA PROBLEMI…1. sembrerebbe limitata, se non esclusa, la possibilità di ritenere lesiva dei diritti del lavoratore l’assegnazione a mansioni di pari livello estranee alla
professionalità medio tempore acquisita;2. parrebbe negata a monte la tutela del patrimonio professionale del
lavoratore che, assegnato a mansioni totalmente diverse, potrà soltanto pretendere l’adempimento dell’obbligo formativo: se il mutamento di mansioni oggettivamente omogeneo è legittimo, si potrà contestare la
violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 c.c.? sarà configurabile una giusta causa di dimissioni?
possibile modifica dell’oggetto del contenzioso: dal contenuto delle mansioni, al tema dell’obbligo formativo
1. verifica della sussistenza delle condizioni utili al sorgere dell’obbligo2. verifica circa il corretto adempimento dello stesso
3. verifica circa l’esistenza di un correlato obbligo di formazione del lavoratore
4. definizione delle conseguenze per il caso di inadempimento, tanto del datore di lavoro, quanto del lavoratore
IL DEMANSIONAMENTO «LEGALE»
la giurisprudenza di legittimità ha progressivamente ammesso, in particolari ipotesi e
in considerazione delle esigenze di flessibilità palesate dal moderno contesto socio-economico,
eccezioni all’inderogabilità espressa dal previgente art. 2103 c.c.
ferma l’immutabilità del trattamento retributivo, possibile “…richiedere occasionalmente al prestatore stesso l’espletamento di compiti diversi da quelli propri della qualifica attribuita, purché con questi oggettivamente
connessi… tali che il loro espletamento… non determini un pregiudizio per la figura professionale del dipendente”
(Cass. Civ., Sez. Lav., 10 giugno 1993, n. 6464; Cass. Civ., SS. UU. , 24 novembre 2006, n. 25033)
ferma l’esigenza del consenso del lavoratore interessato, legittima l’assegnazione a mansioni inferiori per evitare il licenziamento o la
collocazione in cassa integrazione guadagni, anche quando l’iniziativa è del datore di lavoro
(Cass. Civ., Sez. Lav., 18 ottobre 1999, n. 11727; Cass. Civ., Sez. Lav., 10 ottobre 2006, n. 21700; Cass. Civ., Sez. Lav., 5 aprile 2007, n. 8596)
ammessa, per il caso di sopravvenuta inidoneità alla mansione, la possibilità di concordare l’assegnazione a mansioni inferiori, anche con eventuale ridimensionamento del trattamento retributivo, per evitare il
licenziamento per giustificato motivo oggettivo(Cass. Civ., Sez. Lav., 21 gennaio 2013, n. 1323)
Cass. Civ., Sez. Lav., 22 maggio 2014, n. 11395
“la disposizione dell’art. 2103 cod. civ. sulla disciplina delle mansioni e sul divieto di declassamento va interpretata alla stregua del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a
perseguire un’organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al mantenimento del posto, con la conseguenza che, nei casi di sopravvenute e legittime scelte imprenditoriali, comportanti, tra l’altro, interventi di
ristrutturazione aziendale, l’adibizione del lavoratore a mansioni diverse, ed anche inferiori, a quelle precedentemente
svolte senza modifica del livello retributivo, non si pone in contrasto con il dettato del codice civile”
Cass. Civ., Sez. Lav., 19 novembre 2015, n. 23698
“l’art. 2103 c.c. si interpreta alla stregua del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a perseguire un’organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al
mantenimento del posto, in coerenza con la “ratio” di numerosi interventi normativi… anche come da ultimo la riformulato dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, sicché, ove il demansionamento rappresenti l’unica alternativa al recesso datoriale, non è necessario un patto di demansionamento o
una richiesta del lavoratore in tal senso anteriore o contemporanea al licenziamento, ma è onere del datore di
lavoro, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, prospettare al dipendente la possibilità di un reimpiego in
mansioni inferiori compatibili con il suo bagaglio professionale”
la novella legislativa, tuttavia, va oltre e ammette tre distinte ipotesi di demansionamento:
1. in caso di “modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidesulla posizione del lavoratore”, con la possibilità di assegnare il datore dilavoro “a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiorepurché rientranti nella medesima categoria legale”;
2. “assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramentoinferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale” previste dallacontrattazione collettiva di riferimento;
3. in caso di “accordi individuali di modifica delle mansioni, dellacategoria legale e del livello di inquadramento e della relativaretribuzione” stipulati, nelle sedi protette di cui all’art. 2113, co. 4, c.c. odavanti alle commissioni di certificazione, “nell’interesse del lavoratorealla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversaprofessionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”
PROBLEMAla revisione della disciplina delle mansioni era prevista per i
casi “di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi”
ma si è concretizzata nella possibilità di demansionamento a fronte di una più generica “modifica degli assetti
organizzativi aziendali” che non pare, almeno allo stato, contemplare alcuno strumento di ponderazione tra gli
opposti interessi dei soggetti del rapporto di lavorole ipotesi contemplate dalla giurisprudenza hanno subito un progressivo ampliamento nel passaggio dalla Legge 183/2014
al Decreto Legislativo 81/2015possibile un recupero delle ipotesi previste dalla Legge
Delega e dei principi direttivi nella stessa contenuti?
SECONDO PROBLEMAse è necessario un contemperamento di contrapposti
interessi, le ipotesi in esame possono forse essere circoscritte ai soli casi in cui il demansionamento è l’unica alternativa al
licenziamento?in questa prospettiva possono essere recuperati i principi e i
limiti tratteggiati dalla giurisprudenza pregressa?nella lettera del comma secondo non si rinviene alcun dato
testuale che consenta di ragionare in questo sensounico limite tracciato dalla locuzione “modifica degli assetti
organizzativi aziendali” parrebbe essere il necessario rapporto di causa/effetto tra modificazione dell’assetto
aziendale e modifica delle mansioni: l’esigenza aziendale dovrà essere distinta e logicamente anteposta alla modifica
delle mansioni e non potrà coincidere con il mutamento della prestazione lavorativa
di fatto il patto di demansionamento tratteggiato dalla Suprema Corte si è tramutato, nel comam secondo, in un
potere unilaterale del datore di lavorotuttavia, se il demansionamento deve intendersi quale
necessaria alternativa al licenziamento:1. potrà il datore di lavoro demansionare se risulterà
possibile, nelle più ampie maglie delineate dal comma primo, adibire il lavoratore a mansioni ricomprese del
medesimo livello? 2. se il demansionamento deve essere inteso quale extremaratio, sarà configurabile un diritto del lavoratore di vedersi
riassegnato alle mansioni di provenienza ove possibile?3. con lo ius variandi esteso all’inquadramento inferiore,
come è destinato a operare l’obbligo di repechage?
sulle altre ipotesi…il comma quarto ammette la modifica in peius nelle ipotesi che la
contrattazione collettiva sarà libera di determinare e, quindi, potenzialmente, anche in assenza dei presupposti oggettivi di cui al
comma secondo
il patto di demansionamento disciplinato al comma sesto non conosce i limiti del comma secondo: possibilità di inquadrare il lavoratore in un
livello non immediatamente inferiore e in una categoria legale diversa da quella di origine; possibilità di riduzione del trattamento retributivo
originariol’individuazione di un interesse qualificato del prestatore di lavoro
presenta due distinti elementi di criticità:1. quali i rimedi esperibili per il caso di abusi e quali gli spazi per
eventuali azioni di impugnazione degli accordi?2. come verificare la sussistenza dell’interesse qualificato? appartiene alla
sfera soggettiva del lavoratore, quindi, è forse di quest’ultimo l’onere probatorio sull’insussistenza dell’interesse addotto?
PROSPETTIVA TEMPORALE(Tribunale di Roma, 30 settembre 2015)
il demansionamento è un illecito permanente“esso si attua e si rinnova ogni giorno in cui il dipendente viene
mantenuto a svolgere mansioni inferiori rispetto a quelle che egli, secondo legge e contratto, avrebbe diritto di svolgere”
QUINDIla valutazione della liceità della condotta del datore di lavoro va
necessariamente compiuta con riferimento alla disciplina legislativa e contrattuale vigente giorno per giorno
principio del tutto condivisibile, ma calato sul complesso impianto normativo del rinnovato art. 2103 c.c. sembra imporre una
distinzione1. mobilità orizzontale tra profili oggettivamente omogenei
2. demansionamento quale risultato della mobilità verticale, in considerazione delle condizioni obiettive di operatività e dei
requisiti formali di cui al secondo, quarto e sesto comma
Concludendo…
dinnanzi al nuovo assoluto, l’approccio non potrà che essere critico e prudente
necessario guardare ai principi consolidati e alla portata delle nuove norme in una prospettiva di auspicata perdurante
compatibilità: erroneo attendersi che tutto possa essere come prima, erroneo immaginare che nulla dell’eredità che ci
accompagna possa essere preservato
l’interpretazione del nuovo impone di comprenderne ratio e finalità la cui definizione, come noto, non compete all’interprete.
l’interprete è chiamato a operare nella più ferma coerenza con le regole dell’interpretazione e con i principi fondamentali
dell’ordinamento che, nella materia che qui occupa, possono essere circoscritti nell’esigenza di garantire il costante ed
equilibrato contemperamento dei contrapposti interessi degli attori del rapporto
Grazie.