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La motivazione e l’orientamento Dott.ssa Daniela Di Bernardo Psicologa-psicoterapeuta Esperta in orientamento scolastico professionale

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La motivazione e l’orientamento

Dott.ssa Daniela Di BernardoPsicologa-psicoterapeuta

Esperta in orientamento scolastico professionale

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Orientamento formativo ed educazione affettivo-emozionale a sostegno dell’interesse e della

motivazione dello studente: è possibile insegnare a «voler apprendere»?

Un elemento cruciale nel successo scolastico spesso è rappresentato da un atteggiamento corretto verso l’apprendimento.

• Come influiscono le motivazioni sullo studio? • Che attinenza hanno le emozioni con il successo scolastico? • Cosa sono gli stili attributivi, e che ruolo giocano nell’abilità di studio? • Cos’è l’autoefficacia, cos’è la percezione di autoefficacia (Bandura, 2000)?Il ruolo dell’insegnante «è un ruolo cruciale per l’alleanza necessaria allo studente per mettersi in gioco nella fatica dell’apprendere» (Boscolo, 2002).

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La motivazionePer motivazione s’intende tutto ciò che spinge l'essere umano a perseguire determinati scopi. La motivazione è il perché delle azioni, il fine che spinge l’uomo ad impegnarsi per soddisfare i propri bisogni; il dirigersi di un soggetto verso un oggetto desiderato, verso uno scopo. (A.

Gentile, 2014)La motivazione è «processo multifattoriale» nel quale entrano in gioco diversi aspetti correlati tra loro in modo continuo e dinamico: aspetti emotivi (le rappresentazioni di obiettivi); aspetti cognitivi (l'uso di differenti strategie di apprendimento); aspetti metacognitivi (la capacità del soggetto di riflettere sul proprio apprendimento o sull'attività di studio e di ricerca); aspetti psicologici (relativi alla percezione di autoefficacia del concetto di sé); aspetti didattici (legati all'uso di determinati mediatori o metodologie didattiche nei processi di insegnamento-apprendimento).

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La motivazioneLa motivazione è quel costrutto che ci spinge ad affrontare o evitare compiti e situazioni.

Nell’ambito dell’apprendimento scolastico, la motivazione può essere definita come un insieme di spinte interne e di pressioni esterne che promuovono il desiderio di impegnarsi nello studio, contrapposte ad altre che determinano un allontanamento e la tendenza all’evitamento (i cui rischi sono: abbandono precoce della frequenza; scarso o nullo interesse per l’attività scolastica; rifiuto dell’impegno nello studio..., in altri termini, appunto con la demotivazione scolastica.)

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Psicologia dell’educazione e motivazione: contributi e ricerche principali

• Teoria comportamentistica: il rinforzo quale strumento capace di potenziare e conservare la motivazione dell’allievo. Il limite è la difficoltà di svincolare l’apprendimento dalla dipendenza dal rinforzo, tanto da farlo divenire attività «motivante e gratificante» in sé.

• «Apprendimento per scoperta» (anni 60-70): quale attività privilegiata, capace di fare apprendere attraverso la spinta naturale dell’individuo alla curiosità e appunto alla scoperta. Il limite è il non considerare l’apprendimento quale fine a se stesso, ma quale mezzo per soddisfare un bisogno (pulsione esploratoria) impoverendone dunque il significato.

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Altri contributi di ricerca…• Motivazione intrinseca (Berlyne -1960,1965 e White - 1959): si distinguono

differenti forme di curiosità, mosse non soltanto dall’esigenza di rispondere a bisogni primari, ma proprio da curiosità epistemica, cioè dal desiderio di sapere, di conoscere di più, di manipolare l’ambiente, le cose.

• Motivazione di competenza (S. Harter -1992, Bouchey e Harter, 2005) quale spinta intrinseca ad apprendere e a conoscere: la percezione della propria competenza influenza il senso di soddisfazione intrinseca del bambino e accresce la sua motivazione a intraprendere successivi comportamenti di padronanza. L’inverso accade invece ai bambini che hanno avuto una storia di insuccessi: la percezione di scarsa competenza e di disapprovazione per i risultati delle proprie attività può creare ansia e attenuare la motivazione a intraprendere nuovi comportamenti di padronanza.

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E’ possibile insegnare a volere apprendere?

Alla base della motivazione intrinseca stanno sia componenti cognitive sia appunto emotivo-motivazionali: «perché ciascun allievo voglia imparare, l’apprendimento oltre che aumentare la competenza, deve produrre una vera e propria sensazione di benessere emotivo-cognitivo insieme.»Motivazione al successo (Weiner -1986, 2010): dimostra come le reazioni cognitive individuali al successo e all’insuccesso – ovvero le attribuzioni – permettono di predire il comportamento orientato al successo. In particolare, ciascuno di noi, adulto o bambino che sia, per spiegare a se stesso il successo o l’insuccesso ottenuto in una situazione o compito in cui si è impegnato, prende in considerazione quattro cause fondamentali:a) l’abilità; b) lo sforzo; c) la difficoltà del compito; d) la fortuna.

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Motivazione intrinseca ed estrinseca

Si può essere motivati contemporaneamente da più tipi di motivazione. Ecco alcune risposte di studenti in risposta alla domanda che chiedeva loro che cosa li motivasse nel loro impegno scolastico: • La mamma, la voglia di essere promossa, ricevere il cellulare, poter

realizzare il sogno di diventare veterinaria. (Valeria, 13 anni) • La soddisfazione di avere voti alti, conoscere cose che mi permettono di

capire e apprezzare le cose che mi circondano. Finché vado bene a scuola posso impegnarmi anche in altre attività che mi piacciono (questo mi spinge ad impegnarmi nello studio, in modo da studiare per il minor tempo possibile). (Fabrizio, 17 anni)

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È POSSIBILE INSEGNARE A CREDERE NELLE PROPRIE CAPACITÀ DI

APPRENDIMENTO?

• Quanto uno studente si percepisce competente nell’affrontare un determinato compito?• Perché alcuni studenti reagiscono alle difficoltà considerandole come una sfida, come un’opportunità per

imparare cose nuove, mentre altri le vivono come una dolorosa condanna al fallimento o come una dimostrazione di mancanza stabile di abilità?

Lo studente convinto che le proprie abilità siano modificabili e possano quindi migliorarsi con il tempo (teoria incrementale: «bravi si diventa») solitamente affronta con più caparbietà compiti sfidanti, poiché l’obiettivo finale è quello di accrescere il proprio sapere e le proprie conoscenze attraverso l’esercizio ( su cui si ha la sensazione di «avere il controllo» che va ad alimentare il senso di autoefficacia percepita); gli errori sono vissuti come incentivo al miglioramento. D’altro canto lo studente che crede, invece, di essere nato con un certo bagaglio di competenze e abilità (teoria entitaria: «bravi si nasce») tende a evitare quelle situazioni in cui c’è il pericolo di non riuscire, di risultare incapaci, poiché l’impegno è volto a ricercare il giudizio positivo dell’insegnate. (Dweck - 2000)Entrambi gli obiettivi di padronanza e di prestazione possono contribuire al successo e in alcuni casi

coesistono nello stesso studente

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I sei comportamenti associati alla motivazione (Maehr):

• Orientamento dell’attenzione: uno studente può apparire motivato da un compito piuttosto che da un altro, da una disciplina piuttosto che da un'altra e può essere motivato a raggiungere obiettivi diversi da quelli stabiliti dall'insegnante.

• Perseveranza: la disposizione a non scoraggiarsi davanti alle difficoltà. • Livello di attività: lo sforzo e la costanza impiegati in un compito o in un’attività.• Motivazione personale: la motivazione non sostenuta da stimoli esterni. • Tempo impiegato: a volte, impiegare molto tempo in un compito o in un'attività può essere

indice di scarsa motivazione. • Prestazione: comportamento da non considerare né come conseguenza diretta dei primi

quattro né come indice prioritario della motivazione, anche se per gli insegnanti è più facile riconoscere i problemi motivazionali dello studente che non ottiene un buon rendimento.

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Altre due dimensioni fondamentali…

• L’auto-orientamento: caratterizza la percezione delle proprie capacità, il livello di autostima, il senso di autonomia, gli obiettivi, le aspettative, la valutazione del grado di difficoltà di un compito o di una attività, la considerazione dell’importanza e rilevanza del compito;

• L’orizzonte delle emozioni sia negative che positive, provate in situazioni di apprendimento.

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Motivazione, apprendimento e autoefficacia

L’autoefficacia è «il credere di essere capace». (Bandura - 2000) La percezione di autoefficacia è un fattore personale che media l’interazione

tra comportamento ed elementi socio-ambientali. In particolare, la percezione che una persona ha della propria efficacia è un buon predittore del suo atteggiamento verso il compito (affrontarlo o meno), dello sforzo impiegato e della perseveranza (continuare a impegnarsi anche di fronte alle difficoltà). Inoltre, la percezione che una persona ha della propria efficacia influenza ed è influenzata dagli stili cognitivi, dalle proprie preferenze, dall’attivazione e dalla performance. E’ quindi di un costrutto multidimensionale, che può variare a seconda della situazione e del momento.

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Le fonti dell’autoefficacia • Le esperienze di successo (da riconoscere e valorizzare), • L’esperienza vicariante (ovvero l’osservazione di come gli

altri raggiungono il successo), • La capacità immaginativa (ovvero l’anticipazione degli esiti

possibili di una azione), • Gli stati fisiologici ed emotivi (la gestione dell’ansia, della

paura da prestazione, della delusione).

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Come promuovere autoefficacia in uno studente che non fa che «collezionare brutti voti»?

E’ proprio su queste persone che l’azione orientativa di promozione del senso di autoefficacia ed autodeterminazione diventano più utili! Consiglio operativo: osservare la “persona” al di là dello “studente”. • Partire dal rintracciare esperienze di successo al di fuori dei compiti scolastici al fine di rintracciare

competenze, che magari a scuola rimangono inespresse. • Cercare di creare delle condizioni in cui sia possibile sperimentare un successo su cui poter poi lavorare. Attenzione! Non serve banalizzare il compito, anzi tale strategia può avere l’effetto opposto. Occorre quindi cercare di portare lo studente a dei successi che possano essere riconosciuti tali. Per fare questo l’adulto, operatore dell’orientamento o insegnante deve essere mosso da 2 convinzioni: 1. tutti hanno delle competenze e possono vivere esperienze di successo; 2. anche le attività esterne a quanto io (come insegnante o operatore) conosco, insegno e considero

importante per me possono costituire contesti significativi di successo e sta a me (adulto) aiutare il giovane ad individuare le sue aree di successo, al di là della valutazione del suo successo o meno nella mia area di competenza.

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Gli insegnantiI docenti, in quanto interlocutori privilegiati dei giovani in formazione, sono chiamati a svolgere un compito complesso, ma anche entusiasmante, mettendo in atto sempre nuove strategie e utilizzando strumenti innovativi per accompagnare giovani e famiglie nel difficile percorso della scelta dei percorsi di formazione. E’ l’insegnante il primo riferimento degli studenti e dei genitori: il suo agire professionale e la sua capacità di cogliere i bisogni e le risorse degli/delle allievi/le sono strumenti insostituibili nel percorso di orientamento che si sviluppa durante gli anni della formazione scolastica.

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A scuola non si può non orientare…

…in modo indiretto, involontario, casuale, spesso eccezionale attraverso l’attrazione (docente significativo che trasmette passione per una disciplina) o attraverso repulsione (docente che non facilita l’approccio alla materia, non stimola curiosità e motivazione all’apprendimento), oppure in modo diretto e consapevole attraverso un’attività mirata di attribuzione di senso a ciò che si fa durante l’attività didattica.L’esperienza scolastica influenza nell’allievo la definizione dei limiti massimi di aspirazione educativa e professionale (fino a dove posso arrivare) mentre la famiglia definisce i limiti minimi (sotto quale livello non posso permettermi di andare). Tale constatazione attribuisce alla scuola una grossa responsabilità sociale. Ed è proprio in questa cornice che la scuola diventa contesto di promozione delle potenzialità e ampliamento delle opportunità.

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Il lavoro degli insegnanti nel processo di orientamento

Il docente in classe possiede due strumenti principali di lavoro: 1. la didattica orientativa, che riveste un ruolo cruciale nello sviluppo delle

competenze orientative di base e nella educazione all’auto-orientamento, 2. la funzione tutoriale, che è associata alla funzione di accompagnamento

personalizzato e al monitoraggio dei percorsi formativi. Il docente esplica tale funzione tutoriale facendosi moltiplicatore delle risorse didattiche, facilitatore delle dinamiche individuali e/o di gruppo, guida nei processi di apprendimento, ottimizzatore dei processi formativi, interfaccia tra tutte le istituzioni formative e la società.

Tali competenze e capacità non si possono improvvisare, ma devono essere costruite nel tempo e aggiornate!

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I bisogni degli adolescenti e le dinamiche nelle quali essi affrontano la

scelta formativa: la voce diretta dei protagonisti

«L’assurda» scelta di Marta “Non capisco perché Marta si limiti così, non prenda in considerazione altre strade, voglia solo fare la parrucchiera, potrebbe desiderare altro, fare di più!” commenta l’ insegnante di francese. “La cugina fa la parrucchiera, ha un suo salone, io ogni tanto l’aiuto, si guadagna bene” dice la madre e genitore unico di Marta. Ed è così che una opzione ritenuta quasi “assurda” trova un “senso” nella storia famigliare della ragazza. Di questo l’orientamento dovrebbe tener conto, supportando il riconoscimento di nuove possibilità, ma senza disconoscere il “senso” di quelle al momento considerate.

Da un punto di vista operativo è opportuno che gli interventi di orientamento non si limitino a considerare i figli, ma che puntino al coinvolgimento parentale e all’incremento

di positive relazioni non solo fra genitori e figli ma anche fra famiglie e scuola.

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I buoni interlocutori per l’analisi delle informazioni

L’orientamento “informativo” (da alcuni studiosi non considerato neppure un vero e proprio orientamento), è la pratica orientativa da più tempo diffusa nella scuola (accompagnamento a saloni, open-day, ricerca di consulenti per la descrizione sistema scolastico o del mercato del lavoro ecc.). Tuttavia affinché tali informazioni siano efficaci è importante che gli studenti abbiano gli strumenti per codificarle, per rileggerle criticamente e per ricercarne successivamente di nuove. Su questi processi anche gli insegnanti possono assumere la funzione importante di “mediatori”, ovvero non tanto di esperti nel merito dei contenuti dell’informazione, quanto di tutor nel gestire ed elaborare queste informazioni una volta ottenute (attraverso momenti dedicati al confronto e alla narrazione di sé, dei propri progetti, dei propri interessi).

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Atteggiamento educativo efficace

L’insegnante non va inteso come colui che è in grado di modificare la motivazione dei suoi alunni dall’esterno, ma come quella figura in grado di interagire sull’orientamento motivazionale attraverso le attività didattiche che propone, lo stile di valutazione che adotta, e in modo indiretto, attraverso le proprie convinzioni personali in relazione al concetto stesso di motivazione (Boscolo - 2002).

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Le manifestazioni di demotivazione sono una reazione degli allievi alla minaccia al loro senso di valore.

All’insegnante è affidato il compito di stimolare e mantenere la motivazione degli allievi attraverso: • un atteggiamento di rinforzo, non punitivo, non frustrante ma capace di muovere

all’autosoddisfazione; • la predisposizione di situazioni e attività da cui gli alunni possono trarre sollecitazioni a impegnarsi

nell’apprendimento, garantendo quella condizione di sfida ottimale in cui il compito sia difficile tanto da incuriosire e favorire lo sviluppo di conoscenze, ma non da condurre a frustrazioni, fuga dal compito, apprendimento apparente, e vero e proprio insuccesso;

• l’attenzione agli atteggiamenti, alle aspettative e alle attribuzioni con cui gli alunni interpretano il proprio successo e i futuri sviluppi di questo;

• la promozione di una teoria incrementale capace di sostenere gli allievi nei momenti di fatica, che ovviamente l’apprendimento comporta.

DI CERTO IL COMPITO NON È SEMPLICE, MA NON PUÒ ESSERE DISATTESO PERCHÉ GLI EFFETTI DELLA DEMOTIVAZIONE SCOLASTICA SONO DI CERTO TROPPO RISCHIOSI.

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Didattica metacognitivaAll’insegnante non spetta il ruolo di dispensatore di ricompense, o di riconoscitore del valore personale dei suoi allievi, ma quello di facilitatore di apprendimenti, in cui ciascun allievo può avere probabilità di successo. Il che a propria volta ha come prerequisito specifico una individualizzazione degli obiettivi di apprendimento, sia nel senso di una adeguazione degli obiettivi all’effettiva capacità dei soggetti, sia nel senso di una differente gestione che ciascun allievo può e deve fare del proprio apprendimento. (Covington - 2000; Covington e Mueller, 2001) Se gli alunni devono trovare motivazione intrinseca nell’apprendere, essi devono cioè poter gestire più autonomamente le proprie risorse, divenendo consapevoli dei propri limiti e delle proprie competenze.

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Dimensione «valutativa»Una delle indubbie funzioni esplicitamente orientative della scuola è quella di consegnare un consiglio orientativo finale. Le modalità con cui lo si comunica sono tutt’altro che indifferenti. E’ poco “orientativamente educativo” offrire consigli squalificanti, fondati su ciò che “l’alunno non sa… su cui non riesce… per il quale non è portato…”. (Questo spesso accade quando vengono consigliate scuole professionali). Indipendentemente dalle opinioni personali in merito, non è possibile svolgere un ruolo orientativo efficace svalorizzando (implicitamente o esplicitamente) i percorsi consigliati!Pur non nascondendo le differenze effettive esistenti tra le diverse tipologie di scuole, è indispensabile, sempre a supporto di una transizione positiva, riconoscerne le diverse potenzialità.

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La motivazione dell’insegnante

La motivazione di insegnanti e studenti è in realtà parte di uno stesso processo, in cui entrambi, pur nella diversità chiara e inequivocabile dei loro ruoli, sono coinvolti costantemente, in modo che il risultato del processo dipenda dalla loro interazione. E’ lo stesso processo di apprendimento/insegnamento a permettere e richiedere un’interazione così stretta; e gli stessi meccanismi che vengono spesso citati per spiegare la motivazione degli studenti valgono in realtà anche per gli insegnanti.

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“Approccio metacognitivo” Gli sforzi degli insegnanti, come quelli degli studenti, non dovrebbero essere diretti a costringere o costringersi a fare comunque qualcosa, quanto piuttosto ad evolversi, a muoversi lungo il continuum (motivazione intrinseca ed estrinseca) dinamico, anche se l’equilibrio è sempre instabile e va raggiunto momento per momento. Diventa così importante un atteggiamento di riflessione, di consapevolezza dei motivi, vari e diversi, per cui facciamo qualcosa.

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Auguro a tutti VOI che operate nella scuola, un convinto buon lavoro!

La pratica dell’orientamento è in costante evoluzione, perché connessa al continuo cambiamento di tutti gli attori e i contesti coinvolti (ragazzi, società, famiglie, scuola, mondo del lavoro): dalla consapevolezza di questa complessità discende l’esigenza di abbandonare una visione deterministica dell’orientamento e la necessità, da parte di tutti gli adulti in gioco, di essere consapevoli del proprio ruolo, che richiede oggi, più che mai, la capacità di accogliere la sfida del lavoro di rete e dell’integrazione tra gli attori dell’orientamento.

Quest’ultima è una condizione necessaria, se pur non sufficiente, per motivare ad apprendere e per motivarsi a insegnare!

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Bibliografia• Bandura A. (2000), Autoefficacia. Teoria e applicazioni, Erickson;• Boscolo P. (2002), La motivazione ad apprendere tra ricerca psicologica e senso comune, «Scuola e

Città», 52, pp. 81-92;• Covington M.V. e Mueller K. J (2001), Intrinsic versus extrinsic motivation: An approach/ avoidance

reformulation, «Educational psychology review», 13-2, pp. 157-176;• Covington M.V. (2000), Goal theory, motivation, and school achievement: An integrative review, «Annual

Review of Psychology», 51, pp. 171-200; • Dweck C. S. (2000), Teorie del sé. Intelligenza, motivazione, personalità e sviluppo, Erickson; • A. Maslow, Motivazione e personalità, Roma, Armando, 2010; • D. Stipek, La motivazione nell’apprendimento scolastico. Fondamenti teorici e orientamenti operativi,

Torino, SEI, 1996; • Caprara G.V. (a cura di), La valutazione dell’autoefficacia. Erikson.

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Fonti• Piano nazionale orientamento – Lucangeli, Miur 2011;• Guida di orientamento per insegnanti - Direzione Istruzione, Formazione

Professionale e Lavoro della Regione Piemonte – Settore Standard Formativi Qualità ed Orientamento professionale – aprile 2012;

• Motivare ad apprendere, motivarsi a insegnare - Relazione tenuta al Convegno ANFIS "Professione docente oggi: fra motivazione e valorizzazione" Bari, 10 ottobre 2015 - Luciano Mariani

• www.qtimes.it – articolo «La centralità della motivazione nei processi di apprendimento» di Andrea Gentile – gennaio 2014