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LA VITA ECONOMICA DELL’UMANITÀ
PREISTORICA
La presenza della specie umana sul nostro pianeta, contemporanea a quelli di
mammiferi di enormi dimensioni, comincia centinaia e centinaia di migliaia di anni
fa. Ma l’esistenza del primo uomo vero vivente in posizione eretta ed ormai ben
differenziato dall’uomo zoologico (antropoide), in base ai resti fossili che si sono
ritrovati, si fa risalire al Pleistocene.
Il Quaternario è suddiviso in due grandi periodi: il Pleistocene (periodo delle
grandi glaciazioni che va da 2 milioni a 20 mila anni fa) e l'Olocene (periodo post
glaciale che, avviato intorno a 20 mila anni è tuttora in corso).
LA PREISTORIA.
Nel Pleistocene comincia quindi la Preistoria, cioè la storia di quell’uomo, che, nato nudo ed inerme, riuscirà a sopravvivere, tra immense fatiche, ad adattarsi a vivere in comune e a sviluppare con
sempre maggiore successo i caratteri della vita sociale.
È proprio in questo periodo che si registrano le tappe più importanti dell’evoluzione
del genere umano in specie diverse:
Homo abilis (2-1 milione di anni).
Ergaster ed Erectus (1.800-300 mila
anni).
Sapiens arcaico (300-120 mila anni).
Neanderthal (120-45/40 mila anni).
Sapiens (120 mila anni ad oggi).
L’avventura del lavoro umano inizia quando comincia a manifestare una
sorprendente superiorità tecnica e particolari attitudini psico-fisiche grazie ad un sempre
più coordinamento fra: cervello, mano, occhio e linguaggio. L’uso del linguaggio e della mano
segnano una netta demarcazione tra storia naturale e storia umana.
I segni e le tracce di un’umanità, affine alla nostra, e dotata di intelligenza, alla quale
apparterrebbe l’Homo Sapiens, dall’indagine dell’archeologia preistorica, si danno come
risalienti a parecchie diecine di migliaia di anni fa e localizzati in vari punti
dell’Europa.
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SUDDIVISIONE DELLA PREISTORIA.
La Preistoria viene suddivisa in tre periodi:
Paleolitico (o della pietra antica).
Età neolitica (o della pietra nuova)
Età eneolitica o Calcolitica o del rame.
Questa suddivisione si basa sui materiali usati in tempi successivi dall’uomo per
costruire utensili e mezzi di produzione. Tali divisioni di possono, grosso modo, far coincidere con altrettante fasi economiche. La comprensione della vita economica dell’umanità preistorica sarebbe
ovviamente impossibile se non si tenesse conto del processo evolutivo della tecnologia. L’uomo del
paleolitico con la sua particolare logica razionale seppe diventare “operaio ed
inventore” infaticabile, costruttore di macchine e di strumenti destinati a trasformare
di continuo la natura.
Questa tabella sintetizza i vari argomenti che saranno trattati.
ETÀ TIPO DI ECONOMIA CARATTERISTICHE PALEOLITICO
Da 1 milione al 10.000 a.C.
Periodo nel quale erano in uso strumenti in pietra scheggiata
Economia naturale,
parassitaria,
individuale
Glaciazioni. L’uomo “totem”. Arte rupestre.
Scoperta e controllo del fuoco. Nomadismo,
caccia e pesca.
NEOLITICO Dal 10.000 al 4.000 a.C.
Periodo durante il quale fu introdotta la
pietra levigata
Economia del villaggio Il clima, la flora e la fauna. La domesticazione di
piante e animali. La divisione del lavoro. Nuovi
strumenti di lavoro. L’inumazione dei cadaveri.
ENEOLITICO
O CALCOLITICO
O DEL RAME Da 4.000 al 2.000 a.C.
Periodo della preistoria considerato la tappa di
transizione tra le industrie litiche del
neolitico (età della pietra levigata) e la nascente
metallurgia, dell'età del bronzo.
Economia urbana.
Il clima nell’eneolitico. La rivoluzione dei
prodotti secondari. L’economia dei metalli.
Differenziazioni sociali. La scrittura e la
Matematica.
FILMATI DURATA TITOLO
N° 1 3:19:04 Ulisse la straordinaria storia
dell'uomo completo
N°2 ==== Il cespuglio genealogico
N° 3 1:40 La scoperta del fuoco
N° 4 5:50 La preistoria
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1) IL PALEOLITICO (120.000 – 10.000 ANNI FA).
Il Paleolitico (dal greco palaios, "antico", e lithos,
"pietra", ossia "età della pietra antica", cioè della
pietra scheggiata) f u il primo periodo in cui si
sviluppò la tecnologia umana con l'introduzione dei
primi strumenti in pietra da parte di diverse specie
di ominidi.
(TORNA)
1.1) IL CLIMA.
Dal punto di vista climatico questo periodo è
interessato da alcuni grandi periodi glaciali
che avvolsero la Terra nel gelo. L'Europa, in
particolare, fu interessata da quattro
glaciazioni: 1) Günz, 2) Mindel, 3) Riss
4) Würm, intervallate da tre periodi
Interglaciali a clima caldo: 1) Günz-Mindel,
2) Mindel-Riss, 3) Riss-Würm. Nel corso di questi periodi il clima mutava radicalmente provocando, a seconda del periodo, la sommersione o
l'emersione di ampi tratti di terre. Il movimento del mare alternò, nei periodi caldi,
l'invasione marina di molte terre e grotte frequentate dall'uomo e, nei periodi freddi,
l'emersione di ampie pianure costiere, avvicinando o ricongiungendo territori un
tempo separati. Queste glaciazioni si estesero fino ai margini dell’Europa
mediterranea e dell’Asia meridionale riducendo così gli spazi vitali. Le zone che potevano favorire l’esistenza umana erano quelle dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia che si affacciavano al
Mediterraneo. (TORNA)
4
1.2) L’UOMO TOTEM.
La comparsa delle prime specie umane, avviene proprio durante questa lunga serie di
glaciazioni durate centinaia di miglia di anni. L'omo habilis prima e l’erectus dopo, in
questo periodo, vivevano allo stato selvaggio e dovettero confrontarsi continuamente
con frequenti e radicali cambiamenti di clima che trasformavano, di volta in volta,
ambienti favorevoli alla vita umana in ambienti fortemente ostili. Costoro per sopravvivere
svilupparono una continua ricerca di nuove strategie e nuovi sistemi di adattamento agli ambienti che
andava mano a mano conquistando.
I primi uomini quindi si ritrovarono sparsi in queste terre impegnati in un’impari lotta
per soddisfare i più elementari bisogni vitali. Consci di questa lo inferiorità, loro si sentivano
intimamente legati alla terra e alla natura al punto tale da considerarsi come un “totem” cioè come se
fossero alberi o un animali. Non essendo ancora in grado di spiegarsi tanti fenomeni
naturali, credevano che questi fossero causati da forze occulte, quindi cercavano in tutti i modi di
propiziarsi queste forze con danze, rituali e sacrifici. (TORNA)
1.3) L’ARTE RUPESTRE.
Così nell’idea del
cacciatore
paleolitico,
l’immagine da lui
dipinta non era
altro che
l’anticipazione
dell’effetto
desiderato: quando dipingeva un animale sulla roccia, egli pensava probabilmente all’esemplare vero che di lì a poco sarebbe andato a procurarsi e, per evocarlo magicamente, credeva che occorreva rappresentarlo come copia fedele del
modello offerto dalla realtà. (TORNA)
5
1.4) LA SCOPERTA DEL FUOCO.
Un’altra fondamentale scoperta fu quella del fuoco,
alla quale probabilmente si sarebbe giunti
dall’osservazione dello scintillio provocato dallo
sfregamento di selce contro selce. Si deve all’Homo
erectus la produzione ed il controllo del fuoco
distaccò definitivamente l’uomo dagli altri animali,
dandogli consapevolezza del suo potere e
mettendolo altresì in grado di rivoluzionare la
tecnica produttiva. Con esso egli poté affrontare con più sicuro successo gli animali o tenerli lontani, scaldarsi, cuocere le vivande, mitigare i rigori del freddo evitando di spostarsi
continuamente. (TORNA)
1.5) L’ECONOMIA NATURALE NEL PALEOLITICO.
In queste condizioni tutta l’attività economica naturale, individuale e parassitaria, degli Homo habilis si riduceva al suo mantenimento o, al massimo, del proprio nucleo familiare ristretto.
L’atto iniziale di produzione del preistorico, si manifestava cioè come semplice
lavoro di raccolta (frutta, radici, erbe, semi, molluschi, crostacei) e di utilizzazione di
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quanto gli veniva offerto dalla natura per il provvedimento di mezzi adeguati al
mantenimento ed allo svolgimento della vita (mezzi alimentari, di difesa, di riparo, di
lavoro, di trasporto, di vestiti). Con l’arrivo dell’H. erectus l’economia diventa di
raccolta e di caccia; mentre con l’H. habilis l’economia era di tipo raccolta e
recupero.
La pratica da parte dell’H. erectus della frantumazione delle ossa per l’estrazione del
midollo (che non è praticata presso le comunità di
allevatori) depone a favore della caccia piuttosto che della
domesticazione. Le graminacee erano l’alimento più
ricercato, in quanto più a lungo conservabile e dotato di
maggior valore nutritivo. Secondo gli studiosi, i nostri
progenitori, riuscirono ad individuarne circa duecento
varietà diverse; tuttavia il primo fra i cereali ad essere
utilizzato non fu il frumento, bensì l’orzo ed il miglio, i
cui amidi si accompagnarono nella dieta dell’uomo
ancestrale a quello proveniente da ghiande e fagioli.
(TORNA).
1.6) IL NOMADISMO, LA CACCIA E LA PESCA.
Per seguire le prede e i frutti questi gruppi umani furono costretti, sia per l'alternarsi
delle stagioni e sia per le variazioni
climatiche causate dalle glaciazioni, ad
un continuo nomadismo o ad una
sedentarizzazione periodica. L' ambiente, in
quel periodo, era fortemente ostile
all’uomo; da esso dipendeva la sua
stessa sopravvivenza. Era sufficiente un
brusco cambiamento climatico per
compromettere la loro stessa vita e/o
l'abbondanza del cibo. L’adattamento
all’ambiente circostante portò l’H. erectus a sviluppare tecniche di caccia molto
sofisticate. Questo ominide fu il primo a cacciare
grandi animali. La caccia intensiva alla gazzella,
dell’uccellagione, la pesca unite agli altri indizi
indicano comunque che queste risorse spontanee
erano sfruttate in modo più intenso e con una
maggiore efficacia rispetto alle epoche precedenti.
(TORNA)
7
2) IL NEOLITICO (10.000 – 3.500 ANNI FA)
Con il termine Neolitico si fa riferimento all’epoca preistorica posteriore al
Paleolitico ed anteriore all’ ”Età del Bronzo”; tuttavia il significato di Neolitico è
molto più ampio e comprende un insieme di fenomeni complessi che diedero vita a
profondi cambiamenti economici, sociali e tecnologici delle comunità preistoriche;
tali processi, inoltre, avvennero indipendentemente ed in tempi diversi in varie
regioni del mondo.
Gli elementi che caratterizzano quella che viene definita la “Rivoluzione neolitica”
(anche se, in realtà, non fu un processo istantaneo e breve, così come il termine
rivoluzione potrebbe far pensare, ma lungo secoli ) furono:
I cambiamenti climatici (comincia un periodo post glaciale).
Il processo evolutivo dell’uomo (in Europa compare l'Homo
neanderthalensis).
La domesticazione di piante ed animali: l’uomo inizia a scegliere e
coltivare le piante utili (soprattutto cereali e leguminose) per i suoi bisogni
essenziali e per l’alimentazione degli animali.
La formazione di comunità sedentarie.
La produzione di oggetti in pietra e di vasi di ceramica.
Lo scambio di materie prime e di manufatti.
I cambiamenti nei rapporti sociali.
(TORNA)
2.1) IL CLIMA , LA FLORA E LA FAUNA DEL NEOLITICO.
In questo periodo si verificò un miglioramento climatico (periodo interglaciale Riss-Würm ) dovuto allo scioglimento dei ghiacci, con una riduzione della grande calotta polare e dei ghiacciai alpini, dal conseguente innalzamento del livello dei mari con arretramento della linea di costa, dall’aumento delle precipitazioni. Naturalmente questi cambiamenti climatici ebbero un impatto notevole sull’ecosistema, determinando l’estinzione o la diversa dislocazione di alcune specie faunistiche e nuovo sviluppo della
vegetazione arborea. Buona parte dell'Europa
temperata e parte di quella mediterranea furono
ricoperte da un fitto bosco di latifoglie. A questa fase temperata, con un clima caldo e relativamente umido nel Mediterraneo, seguì un raffreddamento generale che segnò l'inizio della glaciazione würmiana con una prima fase con clima freddo-umido, seguita da una fase con clima freddo-
arido (8.300- 5.800 a.C.) . Durante la glaciazione di Würm il bosco scomparve
lasciando spazio a una vegetazione a prateria, a steppa o a tundra. L'espandersi della
calotta glaciale artica determinò un netto cambiamento climatico-ambientale che
provocò successive ondate migratorie di animali di ambiente steppico. Alcune specie
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che caratterizzavano il Pleistocene medio, quali l'elefante antico, il rinoceronte e
l'ippopotamo si spostarono verso i territori più meridionali e si estinsero non riuscendo ad
adattarsi alle nuove condizioni climatiche. Contemporaneamente a questa migrazione verso
aree più temperate, si verificò una lenta
occupazione dell'Europa centrale e meridionale
da parte di specie artiche, come ad esempio il
mammut, il rinoceronte lanoso, la renna, l'alce,
il bue muschiato e alcuni roditori (Lemming).
Comparvero nuovi animali come capre, pecore e
buoi e si diffusero nuove piante tra cui grano e
orzo che crescevano spontaneamente. Dal 5.800
al 2.700 a.C. si alternarono diverse fasi di
condizioni climatiche. (TORNA)
2.2) LA DOMESTICAZIONE DI PIANTE ED ANIMALI.
Questo periodo fu contrassegnato da un importante mutamento che avvenne, in forme
e in tempi diversi, nelle varie parti del Vecchio e del Nuovo Mondo, costituito dal passaggio da un’economia di caccia e raccolta, cioè di tipo parassitario/predatorio, ad un’economia imperniata sulla produzione organizzata del cibo mediante coltivazione di alcune specie vegetali e domesticazione di alcuni animali (cane, ovini, maiali, capre) e piante. Le comunità del primo Neolitico avrebbero così ricercato una maggiore garanzia di sicurezza economica sottraendo le basi del loro sostentamento alimentare al capriccio della Natura e affidandosi a una collaborazione con quest’ultima, volta ad aumentare la produttività delle piante commestibili e a favorire la riproduzione degli animali.
Prima della domesticazione delle piante, il ciclo lavorativo delle graminacee, in
questa fase, prevedeva che i chicchi raccolti
venissero abbrustoliti e pestati fino a essere
ridotti in farina; questa poi era bagnata con
acqua e mangiata cruda o, poggiata su una
pietra rovente, sottoposta a una cottura
approssimativa. Questo trattamento era
riservato non solo alle graminacee, ma anche
a fagioli, tapioca e ghiande, da cui si
ricavarono presumibilmente le prime farine.
Fra i cereali il primo a convertirsi in pane pare sia stato l’orzo. Si tentò anche con il
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miglio e successivamente, nell’Età del bronzo (III-II millennio a.C.), con la segale,
l’avena ed il farro. Ma il frumento, conosciuto contemporaneamente all’orzo, era
destinato ad affermarsi come il cereale principe, il più adatto quindi alla
panificazione.
2.2.1) DOMESTICAZIONE DELLE PIANTE COLTIVATE
La domesticazione delle piante fu un processo lungo, iniziò circa 10.000 anni fa,
quando gli uomini cominciarono a dar vita ad insediamenti stabili. I resti archeologici
e botanici forniscono molte informazioni sulla
tecnologia, le modalità di insediamento, i
rapporti sociali e le specie vegetali scelte e
coltivate da queste collettività sedentarie. I
primi agricoltori scelsero, ovviamente, le
specie capaci di soddisfare le esigenze
alimentari primarie e diedero inizio alla loro
domesticazione, processo che comprendeva
ibridazioni naturali delle diverse specie selvatiche e la selezione, da parte dell’uomo,
per le caratteristiche desiderate. Inoltre, durante il Neolitico, gli uomini iniziarono ad
utilizzare nuove tecniche per migliorare la crescita e la produzione delle piante, quali
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l’innesto, la semina, l’irrigazione. Quindi, esercitando una pressione selettiva sulle
specie vegetali, si modificarono notevolmente le caratteristiche morfologiche delle
piante.
Queste pratiche agricole comportarono non solo una sia pur elementare divisione del lavoro; ma anche un
certo allargamento delle relazioni sociali ed un rapido incremento demografico. Con la coltivazione dei
cereali l’uomo imparò a procurarsi il cibo in maniera completamente diversa dai suoi antenati e, di
conseguenza, modificò anche il suo stile di vita. Passando da una vita nomade a una sedentaria, basata
prevalentemente sull’agricoltura, imparò a seguire il moto del sole e della luna, a riconoscere un terreno e
una stagione adatta per la semina, a determinare il momento del raccolto e il miglior sistema di
coltivazione. La nascita di un’economia agro-pastorale diede inizio inoltre ad una serie di processi di
modificazione dell’ambiente circostante, come il disboscamento dei terreni per la creazione di pascoli e di
terre coltivabili.
2.2.2) DOMESTICAZIONE DEGLI ANIMALI.
Moventi iniziali dell’allevamento possono essere stati: la potenziale mansuetudine di
certe specie, incentivata dall’uomo, la tendenza al “commensalismo” di alcuni
animali, tollerati ai margini dei primi insediamenti; la opportunità di costituire, con la
cattività entro primitivi recinti, scorte vive di cibo, o di vittime per sacrifici, da
attuarsi in tempi ritualmente propizi. Singoli esemplari raccolti in giovane età,
ammansiti con la distribuzione di cibo e addestrati opportunamente, possono essere
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stati usati come ausiliari nella caccia o nella pesca. Con l’allevamento in gruppi di
animali, con totale o parziale dipendenza dall’uomo per il nutrimento, con il
progressivo controllo dei processi riproduttivi, si è giunti nel tempo alla creazione e
alla progressiva selezione di specie
domestiche, con caratteristiche
biologiche e attitudini diverse da
quelle delle originarie specie
selvatiche. L’allevamento del
bestiame è sorto nell’ambito delle
culture neolitiche, che avevano
avviato il fenomeno della
sedentarizzazione degli insediamenti
e avevano intrapreso la coltivazione
anche di specie vegetali. I gruppi umani dediti all’agricoltura avevano infatti
disponibilità di foraggi con cui nutrire il bestiame per l’intero ciclo annuale. Pur
permanendo nel tempo forme di economia “mista”, con allevamento stanziale
all’interno di villaggi agricoli, per l’accrescersi delle mandrie, divenute una minaccia
per i campi coltivati e per l’esigenza della ricerca di nuovi pascoli si aprono quindi
per gli allevatori, dediti alla pastorizia e al nomadismo, nuove forme di sussistenza.
Nascono forme intensive e specializzate dell’allevamento: con l’accrescersi
dell’importanza economica degli armenti, l’uomo si adatta alle loro esigenze, nella
ricerca di nuovi pascoli, con forme di transumanza anche stagionale.
(TORNA)
12
2.3) L’ECONOMIA DEL VILLAGGIO La pratica dell’agricoltura avrebbe inoltre contribuito a “radicare” le comunità al territorio favorendo la sedentarietà e la costruzione di grandi villaggi, destinati a ospitare comunità piuttosto consistenti. Nacquero così i primi villaggi ed i primi commerci. Sorse così l’economia del villaggio con semplici scambi. Si iniziò ad usare per la costruzione degli edifici un’architettura di mattoni e pietra, oppure
capanne di legno.
La maggiore complessità sociale era letta come fenomeno conseguente la
sedentarietà, acquisita, a sua volta, grazie alla pratica della agricoltura.
Si è calcolato che: in un’economia di raccolta per sopperire al fabbisogno di un gruppo di 25 raccoglitori servivano più di 600 Kmq di foresta e di prateria, per coprire le necessità alimentari di 150 abitanti di un tipico villaggio neolitico ne bastavano solo una ventina.
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L’epicentro della Rivoluzione Neolitica fu l’Asia sudoccidentale, in un’area favorita
da particolari condizioni
ambientali, che si estende dall’Iran
alla Palestina, alla Turchia
meridionale (la cosiddetta
“Mezzaluna Fertile).
In assenza di pratiche di
irrigazione, i terreni però
esaurivano presto il loro
potenziale, costringendo così le
prime comunità di contadini a
forme di agricoltura mobile e alla
continua ricerca di suoli vergini da
dissodare. Proprio questo fattore
avrebbe contribuito alla diffusione del Neolitico in aree diverse, come l’Europa. I produttori acquistando via via un più sicuro domino dell’ambiente, tendevano a produrre beni eccedenti il consumo del gruppo, per ottenere con queste eccedenze, la cessione di altri beni che altrimenti avrebbe
dovuto produrli personalmente. (TORNA)
2.4) LA DIVISIONE TECNICA DEL LAVORO.
In questo periodo si registrano anche le prime tracce di una elementare divisione
tecnica del lavoro, sia pure nell’ambito
ristretto del nucleo familiare:
I maschi si occupavano principalmente dei lavori più
duri: dissodamento; aratura; caccia (spesso
contesa con orde nemiche, che perciò
dovevano affrontare con le armi); guerra;
costruzione di case; di strumenti vari.
Le donne invece s’interessavano dei lavori più leggeri
e meno pericolosi: raccolta delle erbe, delle radici, di frutti; trasformazione e
conservazione domestica del cibo; produzione di vasellame e tessuti; lavori domestici
e allevamento della prole. All'interno della famiglia quindi si impose una divisione
del lavoro per sesso ed età, soprattutto determinata dalla condizione della donna
perennemente incinta o in allattamento. I bambini assunsero presto ruoli lavorativi
(pastorizia, ma anche tessitura, ecc.), soprattutto di supporto e apprendimento. Il
controllo di tutta l'attività (assegnazione dei lavori, spartizione delle risorse) spettava
al padre, capofamiglia. (TORNA)
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2.5) NUOVI STRUMENTI DI LAVORO.
Anche la tecnica per la lavorazione della pietra apparve più efficiente. L'età della
“nuova pietra" fu infatti contraddistinta
da notevoli innovazioni nella litotecnica,
tra le quali la principale fu rappresentata
dall'uso della levigatura.
Aumentò anche la
gamma degli
arnesi utili: asce,
aghi, picconi,
raschiatoi,
scalpelli, arpioni,
trapani archi ed
altri attrezzi per
meglio lavorare
l’osso e la pietra
stessa. Si
iniziarono a
vedere i primi
strumenti per
l’agricoltura
quali: zappe fatte
con corna di
cervo, falci
realizzate con
lame di silice,
picconi
bifacciali,
rudimentali
mortai e
recipienti
ceramici per la conservazione delle
derrate alimentari.
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Molto ricca è anche l’industria in osso-corno, spesso riccamente decorata. Il materiale
utilizzato era ancora la selce anche se iniziava a
diffondersi l’ossidiana, particolarmente ricca a Lipari
(vedi foto a sinistra). L’ossidiana è un vetro vulcanico
di durezza superiore alla selce e di colore nero lucente,
con esso è possibile realizzare manufatti piccoli e
particolarmente
taglienti.
L’ossidiana fu utilizzata anche per realizzare oggetti
ornamentali e fu tra i primi prodotti sottoposto a intensi
scambi commerciali tra i paesi del mediterraneo. (TORNA)
Siti
neolitici
del
vicino
oriente
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2.6) L’INUMAZIONE DEI CADAVERI.
Altro importante segno di emancipazione mentale fu la cura che gli uomini del
neolitico adottarono per l’inumazione dei cadaveri. Le sepolture venivano scavate
nelle stesse abitazioni in abitazioni
(credendo in un prolungamento della vita
terrena), o in abitazioni abbandonate o al di
fuori di quelle occupate.
L’uomo del Paleolitico medio praticava,
l’inumazione in fosse ovali, talvolta protette
da blocchi calcarei, appositamente scavate
nel suolo argilloso delle caverne. Il defunto
veniva deposto in posizione rannicchiata,
accompagnato da un corredo funerario
consistente in strumenti di selce e pezzi di carne, come testimoniato dalle ossa di
animali rinvenute nelle sepolture. Nell’Uzbekìstan (Asia centrale), in una sepoltura di
fanciullo, il cranio è stato ritrovato circondato da corna di capra selvatica, suggerendo
l’esistenza di “riti” che secondo alcuni autori rappresenterebbero le più antiche
manifestazioni di credenza di tipo religioso, basate sull’idea dell’aldilà e della
sopravvivenza dell’anima.. Si tratta di tombe singole o multiple in cui gli inumati
erano deposti in posizione supina, flessa o semiflessa. Il corredo era costituito da
diademi, collane, bracciali, cinture, orecchini e pendenti ricavati da conchiglie
marine, osso, denti di animali e perle. (TORNA)
La necropoli reale di Abido in
Egitto.
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3) L’ENEOLITICO O CALCOLITICO
O ETA’ DEL RAME E DEL BRONZO.
È quel periodo, intermedio tra il Neolitico e l’età del Bronzo, che conobbe grandi e
importanti trasformazioni sociali, tecnologiche ed economiche. È considerato la tappa di transizione tra le industrie litiche del neolitico (età della pietra levigata) e la nascente metallurgia, dell'età
del bronzo. Collocato fra i 3.500 e 900 anni fa circa, è contrassegnato dalla scoperta
del rame, del bronzo e da un’importante rivoluzione tecnologica: la metallurgia.
(TORNA) 3.1) IL CLIMA DELL’ENEOLITICO.
Questo periodo fu caratterizzato dalla lenta retrocessione delle nevi perenni, a cui si
accompagnarono una sensibile modificazione delle condizioni climatiche e di
conseguenza notevoli e conseguenti variazioni nel mondo floristico e faunistico.
Queste perturbazioni ambientali, ancora una volta costrinsero i nostri antenati
(Sapiens Sapiens) a disperdersi in continue migrazioni alla ricerca di nuovi spazi
vitali. Il loro spostamento a volte significò anche la trasmigrazione delle loro
conoscenze e delle loro tecniche. (TORNA)
3.2) L’ECONOMIA URBANA.
In questo
periodo
comunque le
tecniche e
conoscenze
acquisite
andarono
sempre più
potenziandosi
e affinandosi
con ulteriori
invenzioni e
scoperte, che
consentirono non
solo un più
efficace dominio
della natura; ma anche e soprattutto il consolidamento di più estese relazioni economiche e sociali.
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L’economia urbana portò:
alla graduale trasformazione dei primitivi villaggi, situati lungo le rive dei grandi fiumi, in città;
al proliferare delle industrie e del commercio interno ed estero.
La trasformazione dell’economia del villaggio in economia urbana portò una serie notevole di novità,
quali:
3.2.1) NUOVE FIGURE PROFESSIONALI.
Le antiche tribù (formate da contadini e pastori) verranno man mano a formare la
popolazione attiva di queste città, assieme ad artigiani, mercanti, sacerdoti, scrivani,
funzionari e soldati.
3.2.2) UNA NUOVA ARCHITETTURA.
Si sviluppò l’architettura con l’impiego di un materiale di recente invenzione: il mattone
(fango misto a paglia, modellato ed asciugato al sole), che consentì la costruzione di
case resistenti e di edifici monumentali.
3.2.3) INCREMENTO DEMOGRAFICO E MUTAMENTI STRUTTURALI.
Questa diversificata popolazione fu al tempo stesso motivo non solo di un notevole
incremento demografico, ma anche di profondi mutamenti strutturali prodotti dal passaggio
dall’economia basata sulla produzione autonoma di cibo all’economia cittadina
basata sulle manifatture specializzate e su più estese relazioni commerciali.
3.2.4) RECUPERO DI NUOVE AREE PRODUTTIVE.
L’aumento demografico ed il conseguente incremento di maggiori riserve alimentari portò gli uomini di
quel tempo ad ampliare le superfici coltivabili. Vaste opere di bonifica dovettero compiersi
prosciugando paludi, disboscando foreste, sterminando la fauna nociva, sfruttando
con opere irrigue di canalizzazione le riserve idriche permanenti. Furono così
introdotte nuove colture arboristiche: palma da dattero, olivo, fico, vite.
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3.2.5) SCAMBI CON L’ESTERO.
Ma tutto ciò non fu sufficiente per risolvere i problemi di sussistenza, era necessario
uscire dall’isolamento economico per ricercare
all’estero, mediante scambi commerciali, nuovi
beni destinati a coprire il fabbisogno della
comunità. Bisognava per esempio importare
dall’esterno metalli e minerali metallici, come
la malachite (carbonato di rame, dal quale si era
appreso ad estrarre il metallo) che veniva
importata dal Sinai o dal deserto orientale della Nubia (Egitto meridionale).
3.2.6) DAL BARATTO ALLE “MERCI MONETE”
Sotto la spinta di continui ampliamenti delle relazioni sociali si sviluppò una nuova
economia dove la produzione tendeva ad assumere forme progredite ed intensive, per
cui le eccedenze di particolari beni potevano essere scambiate con altri mediante il
baratto. Ma per effettuare un baratto, non basta trovare una persona in possesso dell'oggetto
desiderato, occorre anche che questa persona abbia bisogno, a sua volta, di ciò che gli si offre in cambio.
Occorre anche che i due oggetti scambiati abbiano un valore equivalente, oppure che siano divisibili. Per
eliminare questi inconvenienti, si ricorse a merci comunemente accettate (simili ad
una moneta), come per esempio: animali, pelli, tessuti, conchiglie.
3.2.7) NUOVI STRUMENTI DI LAVORO.
Gli uomini di questo periodo disponevano di nuove invenzioni quali: il bulino, una
specie di lama appuntita che usavano per incidere; il rampone, osso di renna di forma
cilindrica con ai lati una o più serie di denti ricurvi che impiegavano per la cattura dei
pesci più grossi; l’arco ottenuto da legni od ossi ricurvi, per il lancio delle frecce; la
fionda, che usavano per il lancio delle pietre; aghi per cucire le pelli.
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3.2.8) LA RUOTA, IL CARRO E LA RIVOLUZIONE DEI TRASPORTI.
La ruota fu un’altra grandiosa conquista della tecnica preistorica. Da una parte servì a meccanizzare la lavorazione della ceramica; dall’altra applicata a veicoli trainati da buoi, asini o cavalli
rivoluzionò totalmente i trasporti, accelerando le comunicazioni e semplificando il trasferimento delle merci.
Le più antiche
rappresentazioni di carri
provengono dalla
Mesopotamia meridionale e si
datano attorno al 3.500 -3.300
a.C. In Europa le più antica
rappresentazioni di carro lo
mostrano sia a due sia a
quattro ruote e si datano alla
metà del IV millennio a.C. La
domesticazione del cavallo
avvenne nel V° millennio a..C nelle steppe tra Volga e Dnepr. Da questa zona si
diffuse sporadicamente nell’Europa orientale e centrale. Tuttavia in Europa centrale
diventerà frequente solo verso il 2.400-2.200 a.C., mentre in Italia si dovrà attendere
verso il 1.600-1.300 a.C., cioè verso la media età del Bronzo.
3.2.9) LA VELA E LA NAVIGAZIONE.
Progressi paralleli si ottennero nella navigazione,
per la quale si costruirono imbarcazioni a vela
spinte dalla forza del vento e che intorno al 3.000
a.C. solcavano già le acque del Mediterraneo
orientale e del Golfo Arabico. Con la vela l’uomo si
lanciò in alto mare instaurando relazioni con altri
popoli lontani.
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3.2.10) L’ARATRO.
Probabilmente inventato in Mesopotamia nella prima metà del V° millennio a. C., se
non addirittura nel VI°, si diffuse progressivamente verso l’Europa, il Medio Oriente
e l’Egitto. In Europa le più antiche
tracce di aratura sono state
rinvenute in Danimarca e datate
alla seconda metà del IV°
millennio a.C. Questi aratri erano
molto semplici, erano tutti in
legno, solo il vomere era costituito
da un’ascia di pietra e, ovviamente,
non avevano versatoio né un
sistema per incidere le zolle prima
del passaggio del vomere. Essi riuscivano a smuovere il terreno solo per pochi
centimetri di profondità, me erano comunque un grande progresso rispetto al lavoro
manuale eseguito con attrezzi di legno. L’aratro rese possibile la fertilizzazione di più estese superficie improduttive, per le quali era insufficiente il lavoro praticato da donne e sciavi mediante la
zappa. L’aratro produsse anche nuove interessanti trasformazioni in seno alle strutture
agricole delle singole comunità: fu abbastanza frequente il passaggio di piccoli
appezzamenti in campi coltivabili. Ciò rese possibile un aumento di prodotti agricoli
e la disponibilità di nuove eccedenze destinate alla massa crescente di artigiani
(metallurgici, ceramisti, carpentieri, falegnami, muratori, fabbri) oramai sottratti tutti
dall’occupazione originaria di produzione del cibo.
3.2.11) IL TELAIO
I primi telai apparvero nel neolitico ed erano
costruzioni molto semplici, poco più di una
intelaiatura rettangolare costruita con rami o pali
di legno messa in posizione verticale. La
tensione dei fili di ordito era ottenuta tramite
pesi, in argilla o pietra, che si trovano
numerosissimi negli scavi archeologici. Nel 3000
– 2500 a.C. era conosciuto l’uso dei telai
orizzontali a terra, dove la tensione dei fili
d’ordito era ottenuta
grazie alla presenza di
due subbi, uno anteriore
e uno posteriore.
(TORNA)
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3.3) LA RIVOLUZIONE DEI PRODOTTI SECONDARI.
L’allevamento del bestiame, in questo periodo,
ebbe un’importanza sempre maggiore. Se prima gli
animali erano allevati solo per la carne, ora venivano sfruttati
anche perché fornivano prodotti come il latte, la lana e nel caso
dei bovini l’energia per trainare carri ed aratri. La lana a
sua volta permise la confezione di tessuti che
prima era possibile ottenere solo da fibre vegetali
(ad es. il lino). Certamente la comparsa della lana
incrementò le attività di filatura e di tessitura relegando
sempre più la donna all’ambito domestico. L’utilizzo dei
bovini come animali da trazione consentì di aumentare le aree
coltivate e al tempo stesso di trasportare una maggior quantità
di prodotti per distanze maggiori là ove la natura del suolo
consentisse l’uso di carri. Inizialmente gli animali
domestici (pecore, capre e bovini) erano allevati solo come animali da carne. Con il
Calcolitico si verificò un incremento
delle attività di caccia, proprio perché
essendo questi animali allevati non
solo per la carne, il loro consumo
alimentare diminuì
e venne sostituito con un aumento
delle attività venatorie. In origine
questi animali producevano
latte solo per lo svezzamento
dei propri piccoli, e gli adulti
umani non consumavano
abitualmente latte perché non
possedevano ancora gli enzimi
per digerire il lattosio. (TORNA)
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3.4) L’ECONOMIA DEI METALLI
Un’altra importantissima innovazione, di tale periodo, fu senza dubbio la comparsa
della metallurgia che divenne uno dei fattori dominanti e determinanti della
rivoluzione urbana. All’introduzione della metallurgia, che può considerarsi come la più grande
trasformazione industriale conosciuta dall’umanità sino all’età modera, oltre ad invenzioni ad essa
connesse (fornaci, crogiuoli, pinze) si accompagnarono nuove mestieri, quali:
ricercatori, minatori, fonditori. La metallurgia permise la creazione di tutta una serie
di oggetti di prestigio, indicatori di
uno status sociale e non
strettamente connessi ad uno scopo
utilitaristico. A differenza che nel
caso del bronzo e del ferro,
l'utilizzo del rame sembra essere
coesistito per un lungo periodo con
quello della pietra. Questo metallo
però non riuscì ad apportare grandi
sconvolgimenti socio-economici
nelle civilizzazioni che lo
conoscevano.
I ritrovamenti archeologici
attestano inoltre che l'utilizzo del
rame riguardava culture
contemporanee e vicine ad altre
che lo ignoravano e ad altre ancora
che già possedevano il bronzo.
Questa scarsa incidenza dell'utilizzo del rame sulle culture preistorica si deve
probabilmente spiegare con le difficoltà e gli scarsi benefici di questa nuova tecnica.
Il rame si può raccogliere allo stato naturale in modeste quantità e il minerale deve
essere martellato prima di essere fuso
a circa 1000°. La produzione è
dunque casuale a confronto con
l'industria litica e riguarda
principalmente pezzi di modeste
dimensioni e le produzioni litiche
sono generalmente più raffinate.
La metallurgia del rame in Europa
ebbe origine nella penisola balcanica.
Miniera di rame di epoca calcolitica nella
Valle di Timna, deserto del Negev, Israele
Il rame nativo veniva usato per fabbricare piccoli oggetti, come elementi di collana o
ami da pesca. (TORNA)
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3.5) DIFFERENZIAZIONI SOCIALI.
Nel corso del Neolitico l’organizzazione sociale si configurò in strutture sempre più
complesse: testimonianze archeologiche soprattutto fornite dai corredi funerari
documentano l’affermarsi di una sempre più marcata gerarchia sociale e
l’affermazione delle differenze di status tra gli individui che compongono la
comunità. Le diverse discendenze erano disposte secondo una scala di prestigio e la
società nel suo complesso era governata da un capo (cioè dal lignaggio più
autorevole). A lui si versavano, come tributo, le eccedenze alimentari e la
sovrapproduzione artigianale. La struttura, sempre più complessa, dei centri abitativi
e, soprattutto, l’aumento demografico determinarono quindi per necessità una ben
precisa organizzazione della società, con una differenziazione dei ruoli tra uomini e
donne, una divisione in classi, una progressiva specializzazione nei diversi settori
amministrativi, economici e culturali e una direzione sempre più centralizzata delle
attività svolte. Tutti questi cambiamenti facilitarono la possibilità di accumulare
ricchezze e conseguentemente una maggior differenziazione sociale. Nel neolitico
compare anche la figura dello schiavo, che si trovava in fondo a questa scala sociale. Gli schiavi
erano perlopiù prigionieri di guerra addetti a i lavori umili; oppure persone incapaci
di far fronte ai propri debiti di natura economica. (TORNA)
3.6) LA SCRITTURA E LA MATEMATICA.
I frequenti e regolari scambi commerciali favorirono necessariamente lo scambio
delle idee e delle conoscenze, ma posero ai commercianti problemi di comprensione e
di conteggi. I primi simboli convenzionali di scrittura furono introdotti ed usati dalle
corporazioni amministrative religiose a scopi contabili per la transazione di affari e
per la registrazione delle entrate e delle uscite.
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3.6.1) LA SCITTURA.
La città sumera di Uruk, il più antico
insediamento urbano del mondo, fiorì tra il
4.000 e il 3.100 a.C., e fu tra le prime
civiltà a sviluppare un sistema di scrittura
basato dapprima su un sistema ideografico e
successivamente sillabico. Incisi sulla
superficie umida della tavoletta, una volta
essiccati i caratteri di questa scrittura sono
diventati una testimonianza indelebile della
storia della cultura dell'uomo (La foto mostra
una primitiva tavoletta d’argilla, recante incisi calco. Tavoletta
in argilla di Uruk).
La scrittura sumerica ebbe
origine nella Bassa Mesopotamia
(attuale Iraq), nel corso della
rivoluzione urbana verificatasi
nel sito di Uruk, oggi noto con il
nome Warka, (intorno al 3.750
a.C.). Anche in Egitto, i più
antichi, documenti rinvenuti in
tombe della I e II Dinastia (3.200
– 3.000 a.C.) ad Abido
contengono rendiconti ed
inventari, stilati a mano con un
sistema di scrittura più
semplificato rispetto a quello
sumerico: i disegni tracciati su
corteccia di papiro, sono
ideogrammi rappresentanti idee
astratte e più facilmente riconoscibili. Il primitivo sistema pittografico sumerico dopo
il 3.000 a.C. venne semplificato anche in Mesopotamia, dove, con la scrittura
cuneiforme (con segni a forma di cuneo), si stilarono contratti, codici, rendiconti,
liste. Attraverso successive modifiche e semplificazioni, derivanti comunque dai
segni figurati, mesopotamici od egiziani, i Fenici svilupperanno la scrittura alfabetica. Fin dalle origini i sistemi di scrittura furono particolarmente conservativi. La loro evoluzione fu più lenta
di quella della lingua parlata (ad esempio, una parola può essere scritta allo stesso modo
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per secoli, mentre la sua pronuncia subisce delle variazioni e nuove sfumature
investono il suo significato.
3.6.2) LA NUMERAZIONE.
Per numerazione s'intende un insieme di regole per enunciare e scrivere i numeri. Quando in tempi e
luoghi diversi i numeri fecero la loro comparsa, si affacciò l'esigenza di un sistema
che permettesse di indicarli, a voce e per iscritto,
impiegando poche parole e pochi segni fondamentali. Ogni
popolo escogitò un proprio sistema di numerazione parlato e
scritto, nel corso della storia molti furono i sistemi che si
affermarono e poi scomparvero. Ancora oggi permangono
diversi sistemi, ma il più diffuso nel mondo è il sistema
della numerazione decimale. Mucchi di pietre erano mezzi
troppo effimeri per la conservazione di informazioni; perciò
l'uomo preistorico talvolta registrava i numeri incidendo
intaccature su un bastone o su un osso. In Cecoslovacchia
sono state trovate nel 1937 due ossa di lupo che presentano,
profondamente incise, cinquantacinque intaccature. Queste
sono disposte in due serie: venticinque nella prima e trenta
nella seconda; all'interno di ciascuna serie, le intaccature
sono distribuite in gruppi di cinque.
Queste ossa di lupo rappresentano uno dei più antichi dispositivi conosciuti per il
conteggio. La numerazione trasse indubbiamente origine da esigenze pratiche del
commercio, dell’agrimensura, e dell’architettura rimpiazzando il primordiale sistema
delle tacche. La necessità di misurazione del tempo (sistema duodecimale)
significava controllare il ritmo di
lavoro per decine di miglia di
abitanti della città, dove tutti dal
contadino al mercante,
dall’artigiano al soldato, dallo
scrivano al sacerdote, sono
inevitabilmente legati alla
suddivisione del tempo.
Documento del XXVI secolo a.C. con la
lista delle offerte fatte alle più importanti
sacerdotesse di Abad in occasione della
loro nomina.
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Il fatto che in Mesopotamia la scrittura si sia evoluta dalla contabilità per necessità
economiche ci fa sentire questa civiltà particolarmente vicina alla nostra, moderna, che
pure è basata sull'economia. Tutto sommato, gli uomini viventi al tramonto dell’età
paleolitica pare abbiano raggiunto un grado di capacità tecnica e di evoluzione psico-
fisica elevato se paragonato allo stato selvaggio dei loro antenati ancestrali. (TORNA)
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GLOSSARIO
ARCHEOLOGIA PREISTORICA: la scienza che si interessa di ricostruire la storia
dell’evoluzione umana prima dell’esistenza di documenti scritti. (TORNA)
COLTIVAZIONE: si intende infatti un’attività che (mediante preparazione del terreno,
drenaggio, estirpazione delle malerbe etc.) altera l’ecologia naturale cercando di favorire la
crescita di una o più specie, non necessariamente domestiche. (TORNA)
DOMESTICAZIONE: consiste nella selezione di alcuni mutanti tra le specie
Selvatiche, che, mediante la coltivazione, vengono protetti in modo speciale affinché non soccombano per selezione naturale. La domesticazione induce alcune modifiche a
livello genotipico. (TORNA)
PREISTORIA: cioè la fase della storia dell'uomo antecedente alla comparsa di
testimonianze scritte. (TORNA)