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Prem Dayal, "Mavvaffanmantra"

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Leggi l'introduzione e le prime pagine del libro di Prem Dayal, "Mavvaffanmantra", un vero eproprio manuale per la salvezza dello spirito.

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Page 1: Prem Dayal, "Mavvaffanmantra"

DIMENSIONE: 140x215 mm BROSSURA

UFF. TECNICODIR. EDITORIALE EDITOR GRAFICO REDAZIONEART DIRECTOR

2 M M D I A B B O N DA N Z A P E R L A P I E G A2 M M D I A B B O N DA N Z A P E R L A P I E G A

Il cammino che porta al risveglio della coscien-za e alla realizzazione umana non ha niente a che fare con la serietá. La chiave di accesso al Nirvana sta in tre formule magiche, tre irrive-renti mantra nascosti nelle pieghe del linguag-gio comune: Macchissenefrega, Mavvaffancu-lo e Non Sono Cazzi Miei.“Guarda i bambini: tutto ciò che si vede nei loro occhi non è altro che purezza, onestà, genero-sità, fiducia, intelligenza, coraggio, semplici-tà. Poi fermati a osservare per un momento un gruppo di esseri umani adulti che senza gioia si barcamenano affannosamente tra le pochezze delle loro vite, appesantiti da vizi, manie, am-bizioni, paure, bugie, invidie, timidezze, calco-li, violenze, ipocrisie. Non puoi che chiederti: ‘Ma dove è finita tutta quella bella gente che era arrivata in questo mondo? Che cosa gli è successo? Com’è iniziato tutto questo casino?’.” Prem Dayal non solo ti guiderá a scoprire le cause di cotanto disastro, ma soprattutto ti in-dicherá la strada maestra per liberarti dalle grinfie dell’incoscienza, regalandoti un vero e proprio manuale per la salvezza dello spirito.

“Non vivere scegliendo vigliaccamente le tue azioni in funzione delle loro conseguenze, non vivere come un ragioniere.” Non te lo dimenticare...

Prem Dayal nasce come mimo di strada, per poi passare al teatro distinguendosi come dramma-turgo, coreografo e regista. Negli anni Novan-ta, pur non lasciando il teatro, il suo interesse si sposta verso la ricerca spirituale, portando-lo a passare la maggior parte del suo tempo in India. Gli ultimi dieci anni li ha trascorsi in Messico, dove attualmente vive. Lì ha fondato l’Osho Meditation Center, diventando un pun-to di riferimento per il movimento di Osho. Creatore di numerosi processi come la Tribal Meditation, La Respiración de la Libertad y la Danza del Corazón, insegna meditazione, con-duce ritiri di Vipassana e tiene gruppi di tera-pia emozionale e Tantra con il suo personalissi-mo stile a cui ha dato il nome di Reconnecting.

In quarta:Elaborazione da un’illustrazione © Malchev/iStockphoto

A R T D I R E C T O R : G I A C O M O C A L L OP R O G E T T O G R A F I C O : N A D I A M O R E L L I

€ 16,50

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Ingrandimenti

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Prem Dayal

MavvaffanMantraLe tre chiavi d’accesso al Nirvana

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Mavvaffanmantradi Prem Dayal

Collezione Ingrandimenti

ISBn 978-88-04-62175-1

© 2012 arnoldo Mondadori Editore S.p.a., MilanoI edizione aprile 2012

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11 Prefazione

Parte prima 15 La MaLattIa

La gEnESI

17 Introduzione 20 In principio era il caos 21 Dall’oro al piombo 25 L’alchimia a testa in giù 27 Dall’educazione all’addestramento 30 La storia dei comandamenti 35 Un Dio infernale 39 Il bambino ribelle 42 Dal bambino divino al bambino fottuto 46 Dio è un gran casino 51 Cercansi schizofrenici 52 Mangiando erba per l’eternità. Santa disobbedienza

Indice

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56 La CataBaSI (Il viaggio verso l’esterno)

56 Buddha contro Hitler 60 Una questione di palle 64 Donne con le palle 67 Una fabbrica di schiavi 68 Il caprone di Dio 71 Una vendetta servita fredda 73 Qualcuno se la sta ridendo 79 Il palo della luce non cresce 82 non sei una lavatrice! 87 L’essere umano è un buon progetto 92 Il povero serpente 98 Siamo tutti criminali 101 L’effetto farfalla

107 L’anaBaSI (Il viaggio verso l’interno)

107 La natura della mente 110 Un’infermiera burlona 111 vittime della mente 113 a chi gliene frega della pace? 117 La mente è un manicomio 118 Una realtà a occhi chiusi 121 Un sogno a occhi aperti 123 Un extraterrestre mi ha detto 127 Una casa senza padrone 129 Da utile serva a spietata tiranna

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Parte seconda 133 La MEDICIna

135 riepilogo

Primo mantra 137 Ma CHI SE nE frEga! o MaCCHISSEnEfrEga! Il mantra del Distacco o della rivelazione luminosa

138 Il mitico “lui” 141 Un’armonia perfetta 144 non sai chi sei e non sai cosa vuoi 146 guadagnando insuccessi 152 Come si usa il mantra 156 fra l’incudine e il martello 160 Dal bambino intelligente all’adulto demente 165 Castelli di sabbia 167 Il presente: la dimensione dell’eternità 169 Un mondo di mendicanti 174 Quel guerrafondaio dell’ego 177 Intelligenza o cultura? 181 Il mantra dell’amore

Secondo mantra 183 MavvaffanCULO! Il mantra della Purificazione o Santo mantra della Pace

183 Una banda di vandali 186 Prega con santa intensità. L’alchimia della totalità 190 La banca del karma 194 Un caffettino con Dio 198 La colpa... 201 ... il pentimento... 203 ... e il perdono 206 La santa ira

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terzo mantra 215 nOn SOnO CaZZI MIEI o nOn SO’ CaZZI MIEI Il mantra della Disidentificazione

216 Chi è Dio? 220 Chi minchia sono io? 222 Juventus o ascoli Piceno? L’oppio dell’identificazione 230 togliti la maglietta e vieni con me 234 vivi al centro o in periferia? 240 I capricciosi venti della mente 245 Un koan zen 248 non so chi sono, piacere 254 Ciò che sai che però non puoi conoscere 259 Come si recita il mantra 268 Non So’ Cazzi Miei: la chiave ultima di accesso al nirvana

271 Epilogo

273 nOn CI SOnO CaZZI La legge universale

285 Ringraziamenti

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Mavvaffanmantra

Ai miei amici Lello Chiaia e Luciano Pallara

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Prefazione

tutte le volte che nella mia vita ho creato qualcosa, la sen-sazione più evidente che ritrovo nel mio animo è la sorpre-sa; poi viene la gratitudine. La sorpresa dipende dal fatto che sono il primo spettatore di qualcosa che non esisteva prima e della quale viene da chiedersi: “E da dove è usci-to tutto questo?”. Il grande privilegio dell’artista è che ha la possibilità di rendere manifesto qualcosa che sta nasco-sto dentro di lui a sua insaputa. La gratitudine invece è de-terminata dalla immensa gioia che mi provoca il rendermi conto che l’esistenza è stata così generosa da scegliere me per cantare una delle sue infinite canzoni.

Mavvaffanmantra, anche se può sembrare un libro che usa il pretesto di un argomento alla moda per raccontare bar-zellette, è un testo di ricerca spirituale autentica. Però non vi preoccupate, perché leggendolo non vi troverete nemme-no di fronte all’ennesima esposizione di una nuova esotica filosofia o di un nuovo eccentrico sistema di pensiero o di una nuova e strampalata religione. Dio ce ne scampi e libe-ri. Il proposito di questo libro è infatti proprio l’opposto: li-berare il lettore dal peso di tutte le filosofie, le morali e le re-ligioni che generalmente affardellano la nostra capacità di rimanere puri e innocenti di fronte alle cose della vita, im-pedendoci di rispondere alla realtà per quello che è, usan-do la nostra intelligenza e non idee prese in prestito da altri.

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nella prima parte il libro vuole essere una satira social-spirituale. tra chi l’ha già letto c’è chi sostiene che a volte sia così irriverente da rischiare di risultare crudele per chi è più affezionato alle tradizioni. Mi scuso anticipatamente con loro ma non ho potuto tenere a freno il mio gusto per la provocazione e per le sfide. Sia ben chiaro, non voglio offendere nessuno, ma dato che per me l’offesa più gran-de nei confronti dell’intelligenza di una persona è quella di proteggerla dalla sua propria suscettibilità, essere dissa-crante è stata la mia poco ortodossa formula per dichiara-re la stima che ho nei confronti dell’intelligenza di tutti gli esseri umani e quindi di tutti i lettori.

La seconda parte del libro è quella più specificamen-te dedicata a un percorso di liberazione dello spirito, e alla meditazione, anche se in tutto il libro la nomino una sola volta. In Mavvaffanmantra cerco infatti di parlare in maniera scherzosa o addirittura comica di un argomento di cui generalmente si ragiona in maniera seria. Ho fat-to tesoro di tre espressioni popolari, proprie di quasi tut-te le lingue e i dialetti, e le ho elevate al rango di mantra, creando un cammino “garantito” per giungere al risve-glio della coscienza.

È per questo che rivolgo questo libro principalmente alle persone spirituali, di qualsiasi credo esse siano. C’è chi tro-verà strane queste parole, perché nel libro metto alla berli-na senza pietà i luoghi comuni più diffusi di tante religioni, ma so che le persone autenticamente religiose sapranno ap-prezzare lo humour e la leggerezza con cui sposto il fuoco dell’attenzione dalle comuni credenze a una autentica ricer-ca della verità. Due cose che, dal mio punto di vista, sono profondamente inconciliabili. riconosco nel senso dello humour un inequivocabile segno dell’intelligenza che bril-la nelle persone capaci di non prendersi troppo sul serio e che sono in grado di rendersi conto del mistero e dell’iro-nia della vita. Se invece questo libro capiterà nelle mani di gente troppo seria e che si sentirà offesa dalle mie parole, mi dispiace molto per loro. Ma non disperate! La serietà, come quasi tutte le malattie, passa.

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Prefazione 13

In Mavvaffanmantra troverete spesso nominato il nome di Dio, e sempre invano, nel senso che non do a questa parola il significato che le riconosce la maggior parte delle religioni. Utilizzo infatti la parola “Dio” in forma poetica, quando vo-glio indicare qualcosa che non si può capire, qualcosa che appartiene al mistero di cui tutti siamo parte ma che nes-suno può definire, qualcosa... che non si può davvero no-minare invano. Quando invece voglio parlare di Dio nel-la sua accezione antropomorfica così come viene inculcato nell’immaginario dei bambini, faccio ricorso a un vezzeg-giativo proprio delle lingue latinoamericane e lo chiamo affettuosamente “Diosito”. fra le tante cose che mi hanno affascinato del paese dove vivo, il Messico, c’è l’uso indi-scriminato del diminutivo usato in maniera tenera e ami-chevole per qualsiasi persona, animale, cosa... e addirittu-ra per Dio! E Diosito in Mavvaffanmantra prende i connotati di un bonario e ingenuo personaggio dei cartoni animati. Spero che non si offenda nessuno.

L’altra cosa che forse è importante sapere prima di im-mergersi nella lettura è che vi imbatterete in un perso-naggio, una specie di virgilio, che mi accompagna e mi ispira nel viaggio alla ricerca di noi stessi in cui guido i lettori. È un misto di vari “saggi” metropolitani che ho conosciuto nei dilatati tempi diurni, ma soprattutto not-turni, della mia accidentata vita, e a cui ho dato il nome di Peppino Cocozza. Si tratta di un personaggio che, gra-zie al suo essere borderline, ha il dono di non essere pri-gioniero di schemi di pensiero tradizionali e che quindi è libero di far risuonare con la sua sgangheratissima e co-lorita dialettica note di verità universali, ed è per questo che lo troverete come un infiltrato nella comitiva di gesù, Buddha, Lao-tzu, Socrate, Bodhidharma... come uno che, allungando il collo, si infila in una fotografia di famiglia dove non c’entra niente.

Ho scritto questo libro in spagnolo... o meglio dire in mes-sicano, e poi l’ho tradotto in italiano. Lo so che è un modo di procedere al contrario, però era inevitabile che, dopo ave-re vissuto per dieci anni in Messico tenendo conferenze so-

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pra la meditazione, mi trovassi fra le mani un materiale che non poteva che essere espresso nella lingua in cui era nato.

E infine, malgrado in questa prefazione preferisca evita-re di dilungarmi in ringraziamenti che, come giustamen-te mi è stato consigliato dall’editore, è meglio spostare alla fine del libro, sento comunque la necessità di menzionare qui almeno colui che, oltre a essere il faro che ha illumina-to e illumina il mio cammino alla ricerca della “verità”, è anche il vero ispiratore di questo libro. Mi riferisco a Osho. Sono venticinque anni che lo ascolto, lo leggo, lo mastico, lo digerisco e lo assimilo al punto tale che spesso non so più dove finisce lui e dove comincio io, realizzando quella fusione misteriosa fra maestro e discepolo che hanno spe-rimentato tutti i mistici di tutti i tempi. E con questa bella considerazione alla Peppino Cocozza, vi lascio alla lettura.

Con amore

Dayal

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Parte prima

La malattia

Le malattie sono tante.La salute è una sola.

OSHO

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Introduzione

Come cominciò tutto questo casino? non ne ho la minima idea. Il buon vecchio Socrate più o meno diceva: “L’unica cosa che so con certezza è che non so un bel niente”. Se non lo sapeva Socrate, potete immaginare cosa ne possa sapere io.

Però c’è un sacco di gente che dice di sapere moltissimo e che pertanto è più intelligente di me e di Socrate... che alla fine, come compagno di banco, non è certo uno di cui ti puoi vergognare.

In giro ci sono persone incredibili! C’è chi parla con gli an-geli, c’è chi parla con i morti, chi con creature del bosco, con extraterrestri, con folletti, con animali... e i più fortu-nati sostengono addirittura di parlare in teleconferenza con Dio in persona.

Sfortunatamente succede in continuazione che queste stesse persone che comunicano come se niente fosse con entità, piante, fantasmi, mutanti, UfO, gufi e ogni tipo di bestie, ha serie difficoltà a capirsi con i propri figli, la mo-glie, il marito o il vigile urbano.

C’è chi crede in antichi miti e ti sa dare perfino l’indiriz-zo e il codice postale del paradiso e dell’inferno, chi cono-sce la strada per arrivarci e giura di esserci stato, chi addi-rittura sostiene di possedere il numero verde del call center

La genesi

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dell’altro mondo; per non dire poi dei più furbacchioni che custodiscono gelosamente il numero del telefonino di san Pietro in persona per situazioni speciali. C’è chi con calen-dari e calcoli astronomici ti sistema tutto il disordine cosmi-co, chi è in possesso di formule magiche per risolvere qual-siasi tipo di problema (se conoscete qualcuno che sa come far ricrescere i capelli, per favore, ditemelo: sono disposto a convertirmi a qualsiasi religione, anche se comporta il fat-to di vestirsi da Uomo ragno), c’è chi sostiene di proveni-re da altri pianeti, e magari ti esibisce come se niente fosse il passaporto di venere o di Chirone (che nessuno sa dove sta e cosa sia). Ci sono walk in e ci sono walk out* che non si incontrano mai fra loro; c’è chi ti rivela il Segreto e chi te lo nasconde, c’è chi te lo rivela a pagamento anche se non serve a niente, e chi te lo rivela gratis, ma non serve a nien-te lo stesso, però è più conveniente perché almeno è gratis. Ci sono molti che si illuminano e molti di più che si fulmi-nano... e per fortuna! perché con tutti questi che si illumi-nano la gente normale comincia a sentirsi un po’ scema; però, guardando quelli che si fulminano, si sente rinfran-cata e se ne vanno a farsi una bella pizza e una birra con gli amici da franchino lo Zozzone (un nome, una garanzia).

Ci sono quelli che sentono voci di altre entità o spiriti, e se alcuni di loro scrivono libri, guadagnando soldi e se-guaci, ce ne sono altri meno fortunati che finiscono all’ospe-dale psichiatrico. E infine ci sono i canalizzatori! Che sa-rebbero quelli che parlano per conto di altri, di gente che è già morta o che deve ancora nascere o che non degnerà mai nemmeno di uno sguardo questo mondo di poveri di-sgraziati. C’è chi ti canalizza nostradamus, san francesco, Shiva, la grande Madre, il grande fratello, Mary Poppins, Braccobaldo... e altri che non sanno più cosa inventare e cominciano a canalizzare addirittura se stessi.

* C’è chi sostiene che ci sono casi in cui uno spirito si incarna in un essere umano adulto: questi vengono chiamati walk in, walk out è un’invenzione ironica dell’autore.

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Da sempre sento il desiderio di scrivere un libro per met-tere nero su bianco quello che mi passa per la testa e con cui intrattengo i partecipanti ai miei gruppi e alle mie con-ferenze; però mettetevi nei miei panni: come può scrivere un libro con un minimo di credibilità uno come me che è ignorante come il povero Socrate, che non ha mai ricevuto una telefonata, non dico dall’arcangelo gabriele, ma nem-meno dalla sua segretaria, che non ha mai avuto una vi-sione neanche di un miserabile scarafaggio, che non viene né da venere né da Chirone, ma che è originario di Biton-to, che è stato molto più vicino alla fulminazione che alla illuminazione... e che per giunta, vivendo da quindici anni all’estero, non sa più parlare correttamente alcun idioma?

Però l’altro giorno, passeggiando per i viali della bella zona di Città del Messico dove vivo, mi chiedevo: “Dayal, ma com’è possibile che una tale quantità di minchiate pos-sa passare per una testa che, per quanto ti abbiano sempre detto di essere un capacchione, non supera lo standard?”.

Era chiaro che c’era qualcuno che parlava al posto mio dentro di me. “Ma questo è sensazionale!” mi dissi. “anch’io sono un channeler, un canalizzatore. non sono un coglione qualunque, sono una persona speciale! anch’io ricevo mes-saggi di verità da altre dimensioni! Ma allora anch’io pos-so scrivere un libro!”

La questione era capire chi fosse questa entità che stavo canalizzando. La cosa strana è che mi parlava in differenti dialetti malgrado io, oltre a non saper più parlare corretta-mente alcuna lingua, non so parlare nemmeno alcun dialetto.

fu a quel punto che mi apparve chiara la dimensione del-lo straordinario fenomeno che si stava manifestando nella mia vita: stavo canalizzando nientepopodimeno che il fa-moso Peppino Cocozza. “E chi cazzo è?” direte voi. non lo so bene neanch’io, lo scopriremo leggendo. Quello che so-spetto è che la saggezza la incontri dove meno te lo aspetti.

È ora di cominciare a raccontare.

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In principio era il caos

In principio era il caos... o era il verbo? tutto cominciò con una esplosione magnetica? O con il buco nero? Era l’alfa o l’Omega? Chi suonò il Big Bang? O suonarono lo Yin e lo Yang?... Mamma mia che confusione! O c’è un Dio che in un laboratorio di terracotta a grottaglie fa delle statuine su cui sputa sopra prima di lanciarle sul pianeta? O fu Con tiqui viracocha che sorgendo all’improvviso con i primi uomi-ni dal lago titicaca – che malgrado il suo nome sfortuna-to, spesso confuso con Chiticaca, è il lago navigabile alla maggiore altitudine del mondo – si mise subito in mostra creando il sole, la luna e le stelle per illuminare il mondo? O fu il cinese Pangu che, nato dall’uovo cosmico – e non dall’uovo alla coque, come sostiene erroneamente Peppi-no Cocozza –, creò il cielo con la parte superiore del guscio e la terra con la parte inferiore? O fu il babilonese Marduk – e non Merduk come dice Peppino Cocozza per far imbe-stialire i Babilonesi – che divise il cielo e la terra tagliando in due il mostro marino tiamat? O la responsabile di tutto è la trimurti, l’allegro trio indù di Brahma, vishnu e Shiva? O fu all’ombra delle piramidi che il dio solare atum, nato dall’oceano primordiale nun, creò con la saliva il vuoto Shu e l’umidità tefnut, da cui furono generati la terra geb e il cielo nut – ’azz! questo sta complicato! –, che a loro volta crearono Iside, Osiride, nefti e Seth quattro simpatici fratelli dai quali nacque incestuosamente tutta l’umanità? O furo-no Caino e abele? O romolo e remo? O apparteniamo al mondo virtuale della Matrix? Oddio, che casino! O furono tepeu e Kukulkan a incaricare Huracan, il cuore del cielo, di creare il mondo provando prima con il fango, poi con il legno e riuscendoci finalmente con il mais?... Come cazzo gli venne in mente di provare con il mais?... O si tratta di isotopi stabili e biomarcatori molecolari che incontrando-si con acidi nucleici e procarioti filogenetici si trasformano in biomolecole ramificate che se le mischi tutte insieme e ci aggiungi un po’ di pepe e parmigiano ti viene fuori una zuppa primordiale che sa di eternità?

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Io non ho la minima idea di come cominciò tutto questo casino cosmico, però so come cominciò il mio casino perso-nale che, più o meno, assomiglia al casino di tutti quelli che vincono il biglietto per salire sulla giostra chiamata “terra”.

Quello che è certo è che arriviamo qui tutti come espres-sione sfavillante della grandezza del mistero dell’esistenza. Basta guardare i bambini: tutto ciò che incontri nei loro oc-chi non è altro che purezza, onestà, generosità, fiducia, in-telligenza, coraggio, semplicità. non c’è bambino al mon-do che non sia espressione immacolata della più luminosa nobiltà d’animo.

Poi fermati a guardare un momento un gruppo di esse-ri umani adulti: ragionieri, geometri, dottori, commenda-tori, commercialisti, signore per bene, ingegneri, poliziot-ti, madri di famiglia, idraulici, impiegati, commercianti che si barcamenano affannosamente con le pochezze delle loro vite, appesantiti dai loro vizi, manie, ambizioni, paure, bu-gie, invidie, timidezze, calcoli, violenze, ipocrisie. E ti chiedi: “Ma dove è finita tutta quella bella gente che era arrivata in questo mondo? Che cosa è successo a loro? Com’è ini-ziato tutto questo casino?”.

L’umanità si è arrovellata nel corso di millenni per dipa-nare questa intricatissima matassa e cercare una soluzione; a volte ci è riuscita tramandandoci messaggi che per noi, men-ti semplici e ignoranti, sono difficili da capire. Però, come ogni generazione ha il suo profeta, anche noi siamo bene-detti dalla manifestazione di un oracolo vivente: Peppino Cocozza. Dopo averci illustrato le cause e le conseguenze di cotanto bordello, egli ci indicherà la medicina suprema, la strada maestra per liberare l’intera umanità dalle grin-fie dell’incoscienza: i mantra italiani.

Dall’oro al piombo

tutti sappiamo che da sempre l’umanità è stata forgiata dall’opera di genitori, maestri e sacerdoti. Quello che tutta-via non tutti sanno è che genitori, maestri e sacerdoti sono raffinati alchimisti che, nei loro antichi laboratori a cui han-

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no dato i bei nomi di “famiglia”, “scuola” e “chiesa”, si sono trasmessi di generazione in generazione i segreti della loro arte. E grazie a millenni di esperienza riescono a realizzare il sogno che migliaia di alchimisti tradizionali hanno per-seguito dalla notte dei tempi cercando fra formule chimi-che, polveri magiche e alambicchi colorati la pietra filoso-fale capace di... “trasformare il piombo in oro!” direte voi. no, al contrario: trasformare l’oro in piombo.

Questi straordinari maghi sono capaci di prendere esseri innocenti, fiduciosi, amorosi, puri, nobili, integri e rilassati e trasformarli in nevrotici, pervertiti, insani, sadici, timidi, ipocriti e bugiardi avvelenati da sensi di colpa, ambizione, gelosia, invidia, avidità e violenza. non è straordinario?

Ora immaginiamo che sia vera la storia un po’ infantile, però poetica, di un Dio con la barba bianca che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza... e non il contrario come so-stiene feuerbach.

a pensarci bene mi sembra più verosimile, come dice il filosofo tedesco, che sia l’uomo ad aver creato Dio a sua im-magine e somiglianza. Pensate un po’: se gli asini, per esem-pio, fossero così somari da inventare una religione, credete che potrebbero accettare l’idea di un Dio con forma uma-na? Ovviamente no! Creerebbero sicuramente un dio con le sembianze di un asino! Certo, sarebbe un asino rampan-te come quello dei “carretti” della ferrari: con la criniera tutta bianca e la coda lunga, svolazzante nel cielo blu, con un sorriso irresistibile e un raglio da tenore! Però sempre un asino sarebbe. non certo un uomo! Se proprio gli asi-ni dovessero usare la forma umana, la sceglierebbero sem-mai per rappresentare il diavolo, considerando quello che in tanti millenni gli uomini hanno fatto soffrire loro.

Però ritorniamo alla bella immagine di questo Dio artigiano nel suo laboratorio rinascimentale: una specie di Michelan-gelo della terracotta.

amici, questo Dio non è semplicemente un artista, questo Dio è il più grande artista di tutti i tempi! Un artista che

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produce senza sosta ogni tipo di cosa, e non in serie! Ma neanche per sogno! Lui continuamente produce migliaia, milioni, miliardi, arcitetrabilioni di pezzi unici e assoluta-mente irripetibili.

Lo so che la storia che ci raccontano è quella di un Dio che ha creato tutto il mondo in sette giorni. Però, scusate, con tutto il rispetto, ma com’è possibile? Uno lavora solo sette giorni? E di questi sette uno se lo prende pure di riposo? Ma neanche se si faceva le canne... e il sospetto che si faces-se le canne ti viene, vedendo tutto il casino che ha creato.

Ma come, uno lavora solo una settimana e basta? Ma questo è proprio uno scansafatiche! Io posso capire che uno, dopo una settimana di lavoro, si prenda un paio di giorni di riposo, posso capire che si prenda una settimana! Un mese, to’! Un anno sabbatico! Ma non tutta l’eternità! E che minchia fa da allora? guarda la televisione? gioca a un solitario? non si è mai visto un perditempo di questa fatta! Si dice che gli artisti siano pigri, ma questo non è pi-gro, questo è proprio un fannullone.

no, no, non successe tutto in sette giorni. Peppino Co-cozza, che le cose le sa, mettendo il gesso sulla stecca da bi-liardo con la stessa lentezza con cui una pensionata si met-te lo smalto sulle unghie, mi assicura che il laboratorio di Dio lavora ancora a pieno regime, e che Lui continua a dar-si da fare con lo stesso entusiasmo con il quale creò ada-mo, Eva, il serpente e la mela.

E così Dio, o Diosito, come lo chiamano cariñosamente in america Latina e come lo chiamerò io in questo libro, con il suo sempreverde entusiasmo, un bel giorno decide di re-galare al mondo una sua nuova opera d’arte, e con tutto il suo amore, tutta la sua dedizione e tutto il suo genio, crea un nuovo essere umano e te lo invia su questo pianeta sot-to forma di neonato.

ti sei mai reso conto che tu, così come sei, sei un essere unico e irripetibile? ti sei mai reso conto che uno come te non era mai apparso dall’eternità del passato e non appa-rirà mai più nell’eternità del futuro? Pensaci un attimo: se addirittura un artista qualunque non fa due opere uguali,

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immaginati il grande artista! Dio non fa le cose in serie! Dio non è la fiat! e non abita a torino. Mi dispiace per i to-rinesi, ma Dio non è neanche mai passato da torino; la co-nosce solo di nome per reminiscenza scolastica, essendo ri-masto molto colpito dal gesto eroico di Pietro Micca.

Perciò un bel giorno finalmente arriva al mondo questo bebè. Quando arriva al mondo un nuovo bambino, guar-dandolo da dietro i vetri della nursery dell’ospedale o fra le braccia della mamma, come ci insegna vittorio gassman in un’opera immortale di Ettore Scola, la prima cosa che viene da chiedersi è: “Chi sarà questo? Un altro coglione?”. E questa preoccupazione è assolutamente giustificata, per-ché basta guardarsi intorno per capire che il mondo non ne potrebbe reggere uno in più.

Però alla fine questo timore, anche se fondato sull’ag-ghiacciante osservazione della realtà, è una preoccupazione da personaggi da commedia all’italiana, perché se guar-diamo un po’ più in profondità, ci rendiamo conto che non c’è bambino che non nasca come espressione piena e lumi-nosa della gloria del Dio che l’ha creato.

non c’è un solo bambino che non abbia dentro di sé tut-ti gli elementi che, portati alla luce, riveleranno qual è la nota unica e ineguagliabile con la quale Dio ha voluto ar-ricchire la sinfonia dell’universo attraverso la sua presenza.

non c’è bambino che non nasca come oro puro. Se il mon-do è pieno di cretini, la colpa non è di Dio, ma di qualcun altro. E questo è proprio ciò che esamineremo fra poco.

Ora, che cosa farebbe una società dove i genitori fosse-ro dei veri genitori, i maestri veri maestri e i sacerdoti veri sacerdoti? Che atteggiamento avrebbe una società evoluta, umana, intelligente, che vive nell’amore e nella gratitudine per la compassione di Dio, di fronte a questo pezzettino di oro puro misteriosamente arrivato dall’aldilà?

Probabilmente direbbe: “Mizzica! guarda questo nuovo che è arrivato! Chissà chi sarà? Che cosa possiamo fare noi che abbiamo potere, che siamo esperti, intelligenti, intuiti-vi e sensibili per creare le condizioni adatte affinché possa

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rivelare tutto il suo potenziale? Come possiamo fare per in-dividuare gli strumenti, il territorio e l’ambiente adatti af-finché questo nuovo essere umano possa sviluppare i suoi particolari talenti, le sue uniche caratteristiche, il suo esclu-sivo e irripetibile modo di sentire, di amare e di esprimere la gloria dell’esistenza? Cosa possiamo fare noi per permet-tere che tutto il potenziale che è contenuto in questo bambi-no possa manifestarsi con tutto il suo splendore, senza in-taccare la purezza della sua creazione e poter in tal modo mostrare al grande artista tutta la nostra gratitudine e ono-rare così il regalo che ci fatto?”.

Questo sarebbe fantastico! E infatti è fantastico... nel sen-so che qualcosa del genere lo trovi solo nella fantasia.

Sfortunatamente, grazie ai nostri “saggi” alchimisti, siamo tutti condannati a ben altro destino.

Quando un bambino innocente arriva in questo mondo nella sua incontaminata forma di oro puro, questi alchimi-sti che si chiamano genitori, maestri e sacerdoti vengono posseduti dal fuoco sacro della loro missione e non posso-no resistere all’impulso di compiere la loro sinistra magia: trasformare l’oro in piombo, sacrificando la creatura inno-cente sull’altare della menzogna.

L’alchimia a testa in giù

Come si produce questo miracolo dell’alchimia a testa in giù o alchimia al contrario? È molto facile. Prestiamo atten-zione, perché adesso Peppino Cocozza, mentre gonfia la ruota della bicicletta, ci rivelerà gli antichi segreti che per-metteranno anche a te di diventare un piccolo alchimista – a testa in giù – e cominciare a praticare.

La prima e fondamentale cosa che devi metterti bene in testa è che i bambini non sanno assolutamente niente, si fi-dano completamente di te e sono così ingenui che puoi far-gli credere qualsiasi tipo di scemenza, senza che se ne ren-dano nemmeno conto. Prova, è molto divertente.

La seconda cosa da tenere bene a mente è che i bambini non hanno alcun potere, non hanno forza fisica, non sanno

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parlare correttamente, non hanno la carta di credito, non sanno guidare, sono completamente dipendenti da te, e so-prattutto non hanno chi li difenda. Pertanto puoi approfit-tare di loro come vuoi, costringendoli a fare qualsiasi cosa tu voglia, senza nemmeno dover dare delle spiegazioni. E se non lo capiscono con le buone, puoi sempre provare con le cattive. E questo è fantastico perché ti fa sentire molto po-tente, e anche se in ufficio ti fai umiliare dal tuo capo come una pecora, almeno coi tuoi figli puoi sentirti un leone. Pro-va! fa bene all’autostima.

Capiti questi due principi di base, il resto è facile come bere un bicchier d’acqua. Devi solo stare attento a un paio di cosette.

Una volta che sei riuscito a tenere il bambino in tuo po-tere, devi stare molto attento a rispondere con precisione alla domanda che sta alla base di tutto il delicato processo alchemico. E la magica domanda è: questo bambino a cosa mi serve? In che cosa voglio trasformarlo? In un italiano? In un tedesco? In un brasiliano? In un cattolico? In un ebreo? In un comunista? In un fascista? In un batterista? In un sol-dato? In un dottore? In un contatore? In un refrigeratore? voglio che abbia simpatia per la filosofia o per la matema-tica? Per il Milan o per la Sampdoria? Per la chiesa lutera-na o per il club di Mickey Mouse?

Una volta risposto a questa domanda fondamentale, devi solo trovare il modo di piegare la sua natura alle tue aspet-tative e il gioco è fatto.

Praticamente il lavoro dell’alchimista al contrario con-siste nel convertire opere d’arte in fiat. Dio ti manda qui sotto forma di Monna Lisa e loro ti trasformano in una 127; se ti va bene in una Panda con gli alzacristalli elettrici, e se hai proprio culo in una 850 coupé. Se invece nasci con la sfiga nera, ti ritrovi a essere una 600 familiare con tutte le suore dentro.

non pensiate che abbia qualcosa contro le suore o contro la fiat; al contrario, penso che a torino si producano delle ottime automobili, a parte la Duna, ma volete paragonarle con la bellezza di una Monna Lisa?

Il povero Diosito è disperato. È da sempre che gli distrug-

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gono il lavoro che Lui fa con tutta la sua passione. Dio si trova in una crisi totale; probabilmente va dallo psicologo. Sfido io! Sarebbe come se Michelangelo ti dipinge la Mon-na Lisa – che in realtà è di Leonardo, ma per Peppino Co-cozza non fa differenza – e quando viene da te per mostrar-tela, tutto contento ed emozionato come un bambino alla prima recita scolastica, tu gli dicessi: “Bravo! Però aspetta un momento...” e impugnando un pennarello continuassi “se qui le facciamo dei baffetti somiglia a zio vincenzo... un bel paio di occhiali, che le diano un aspetto più interes-sante... qui le facciamo un occhio nero, così sembra più vis-suta... le togliamo un dente, così si vede più buffa... e le ta-gliamo i capelli, perché si veda più ordinata”.

Ciò è quello che alla fine diventiamo tutti noi: delle Mon-na Lisa con i baffi, un occhio nero e senza un dente.

Dall’educazione all’addestramento

La parola educare viene dal latino educÍre, che significa più o meno “portare alla luce” quello che è nascosto dentro.

Educare, educÍre. Che belle parole! E che bel significato avevano originariamente!

a me piacerebbe essere educato. Mi piacerebbe moltissimo trovare qualcuno più esperto, più maturo, più potente e forte di me, che mi aiutasse a scoprire chi sono, quali sono i miei veri talenti e mi guidasse nel processo della loro realizzazione.

Sfortunatamente i famosi alchimisti a testa in giù, per realizzare la loro missione di convertire l’oro in piombo, hanno leggermente cambiato il senso di questa antica e no-bile parola latina, trasformando l’educazione nell’addestra-mento del pastore tedesco.

In che cosa consiste? facile: soffocare tutto quello che è naturale per sostituirlo con le idee, i concetti, la morale e i dogmi dei padri delle nostre tradizioni.

In altre parole, devi prendere tutto quello che ha fatto il nostro amato Diosito, che evidentemente è tutto sbagliato, buttarlo nella spazzatura e sostituirlo con idee arbitrarie dettate da aspettative, paure, desideri e pregiudizi collet-

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tivi tipici della società alla quale appartieni. Ovviamente ogni famiglia ha la libertà di aggiungere un marchio parti-colare, il cosiddetto “marchio di famiglia”.

Se vuoi veramente praticare con successo l’arte dell’al-chimia al contrario, devi avere un po’ di pazienza, perché questi maledetti bambini all’inizio tendono a resistere. Però non ti perdere d’animo alle prime difficoltà, perché se re-sistono alla tua arte alchemica, ci sono a disposizione an-tichi metodi di efficacia comprovata, capaci di convincere gli infanti a imparare qualsiasi tipo di barbarità; e questi antichi metodi sono: il rimprovero, la manipolazione, l’in-ganno, la seduzione, la colpa, la paura, il ricatto, la minac-cia, la reclusione, le botte... Se segui questi metodi traman-dati dalle nostre preziose tradizioni, anche tu potrai, come gli addestratori di cani, vantarti di avere trasformato esseri umani liberi e orgogliosi in obbedienti fenomeni da circo.

La cosa bella è che, quando sei bambino, nessuno ti di-fende. È la stessa situazione che vivevano le donne quando erano trattate come schiave. Le donne hanno dovuto aspet-tare il secolo scorso per ottenere, almeno formalmente, pa-rità di diritti, cosa che ha costituito una vera e propria pri-mavera dell’evoluzione umana. Questo, purtroppo, solo nel mondo occidentale; in Oriente e in molte parti del mondo è ancora pieno inverno.

Però non vi preoccupate: per i bambini questa prima-vera è ancora molto lontana, almeno nella maggior par-te del pianeta. nel terzo Mondo, per esempio, i bambini sono schiavi a tutti gli effetti, e nel mondo occidentale ab-biamo dovuto aspettare un educatore ebreo dal nome im-pronunciabile, morto nel campo di concentramento di tre-blinka, per avere una carta dei diritti dei bambini: Janusz Korczak. tuttavia, malgrado l’opera di questo martire dell’infanzia, ai miei tempi nelle scuole si usavano ancora punizioni corporali e umiliazioni. al giorno d’oggi è im-pensabile, almeno nel mondo “civilizzato”. Però la prati-ca di picchiare i bambini con cinture, cinturoni, scope, ba-stoni, ciabatte, mestoli, cavi elettrici o qualsiasi oggetto si

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abbia sotto mano, è tuttora molto comune nelle famiglie, specialmente nelle aree in via di sviluppo. Il settanta per cento dei partecipanti ai miei gruppi di terapia è stato bru-talmente picchiato durante l’infanzia, alcuni con frequenza quotidiana. E non sto parlando di famiglie speciali, ma di famiglie considerate assolutamente “normali”; gente reli-giosa che la domenica puoi incontrare, tutta elegante, men-tre spettegola sottovoce in qualsiasi chiesa o tempio del-la città. E per quanto orribile sia questa realtà, mi diverte molto la faccia che fanno i miei partecipanti quando dico: “vi rendete conto che la maggior parte dei vostri genitori dovrebbe essere in galera?”.

Pensaci: se per la strada prendi uno e gli dai una cari-cata di botte con un cinturone, quello ti denuncia e rischi di andare in galera. giusto? E se ti prendono mentre lo fai per la seconda volta ti condanneranno con l’aggravante in quanto recidivo. giusto? E se un paio di volte alla settima-na lo aspetti sotto casa per picchiarlo col cinturone alla fine ti mettono in manicomio. giusto?

Ora, se ti possono arrestare e condannare per aver pic-chiato un adulto, che comunque ha la possibilità di difen-dersi o fuggire, figurati quale dovrebbe essere la pena per aver picchiato un bambino indifeso che non può fare nes-suna delle due cose!

I bambini si trovano veramente in una situazione del caz-zo. Lo so, lo so che in questo libro ci sono un sacco di paro-lacce, ma ve l’ho detto: io canalizzo semplicemente Peppi-no Cocozza, e lui parla così. Meglio abituarsi.

I bambini si trovano in una situazione difficile. Quando sei adulto, se un insieme di cose non ti piacciono puoi sem-pre cercare di cambiarle. E infatti cambiamo di tutto: lavo-ro, moglie, marito, amici, città, stato, continente, religione, ci tingiamo i capelli o facciamo un trapianto, ci togliamo le rughe, cambiamo nome, cambiamo colore, cambiamo ad-dirittura sesso. al contrario, i bambini non possono inter-venire su niente. Sono prigionieri della famiglia nella quale hanno la sventura di capitare. Quando sei bambino, se non

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ti piace la tua famiglia non la puoi cambiare. E il colmo è che devi non solo sopportare questa banda di pazzi che li-tigano, mentono, si tradiscono, si contraddicono, si insulta-no in tutti i modi, ma devi anche rispettarli. Pena: l’inferno.

Eh, sì, cari miei! Questa è una delle tante astuzie degli al-chimisti al contrario.

fra i vari comandamenti ne avrete sicuramente notato uno in apparenza innocuo e del tutto legittimo: onora il padre e la madre. Ora vi invito a riflettere su questo fatto: che bi-sogno c’è di questo comandamento? Perché esiste? Se i ge-nitori fossero persone rispettabili, che bisogno ci sarebbe di un comandamento che impone di rispettarli? non vi sem-bra un po’ strano? non vi viene il sospetto che, se c’è è per-ché i genitori il più delle volte non sono affatto rispettabili? non vi sembra che questo comandamento puzzi di trappola?

E non cominciate a incolpare il nostro povero Diosito per aver dato questo comandamento così infido, perché Lui fu costretto a creare tutti questi comandamenti dalla sua com-passione verso Mosè. E dato che Mosè andava di fretta per-ché stava cercando qualcosa che gli avevano promesso... Si sa, “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”. È per questo che ’sti comandamenti non gli sono venuti tanto bene.

La storia dei comandamenti

La vera storia è che, al principio, Dio aveva prescritto un solo co-mandamento, e non era nemmeno per il popolo ebreo, era per i Ba-bilonesi e gli Egizi. E l’unico comandamento era: non desidera-re la donna d’altri. Il fatto era che questi due benedetti popoli se la spassavano da morire, però avevano un problema: scopavano come conigli senza rispettare chi era di chi. Questo causava con-fusione e conflitti che a volte finivano con liti tremende, mazza-te, assassinii e addirittura guerre.

Per questo un giorno Diosito, nella sua infinita compassione, si mise a camminare su e giù per la veranda spremendosi le meningi per trovare una soluzione a questo delicato problema. “Che fac-cio? Che faccio? Gli taglio il...? No, no. Questa non è una buona idea. Le tappo la...? No, no, nemmeno questo funzionerebbe...”

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DIMENSIONE: 140x215 mm BROSSURA

UFF. TECNICODIR. EDITORIALE EDITOR GRAFICO REDAZIONEART DIRECTOR

2 M M D I A B B O N DA N Z A P E R L A P I E G A2 M M D I A B B O N DA N Z A P E R L A P I E G A

Il cammino che porta al risveglio della coscien-za e alla realizzazione umana non ha niente a che fare con la serietá. La chiave di accesso al Nirvana sta in tre formule magiche, tre irrive-renti mantra nascosti nelle pieghe del linguag-gio comune: Macchissenefrega, Mavvaffancu-lo e Non Sono Cazzi Miei.“Guarda i bambini: tutto ciò che si vede nei loro occhi non è altro che purezza, onestà, genero-sità, fiducia, intelligenza, coraggio, semplici-tà. Poi fermati a osservare per un momento un gruppo di esseri umani adulti che senza gioia si barcamenano affannosamente tra le pochezze delle loro vite, appesantiti da vizi, manie, am-bizioni, paure, bugie, invidie, timidezze, calco-li, violenze, ipocrisie. Non puoi che chiederti: ‘Ma dove è finita tutta quella bella gente che era arrivata in questo mondo? Che cosa gli è successo? Com’è iniziato tutto questo casino?’.” Prem Dayal non solo ti guiderá a scoprire le cause di cotanto disastro, ma soprattutto ti in-dicherá la strada maestra per liberarti dalle grinfie dell’incoscienza, regalandoti un vero e proprio manuale per la salvezza dello spirito.

“Non vivere scegliendo vigliaccamente le tue azioni in funzione delle loro conseguenze, non vivere come un ragioniere.” Non te lo dimenticare...

Prem Dayal nasce come mimo di strada, per poi passare al teatro distinguendosi come dramma-turgo, coreografo e regista. Negli anni Novan-ta, pur non lasciando il teatro, il suo interesse si sposta verso la ricerca spirituale, portando-lo a passare la maggior parte del suo tempo in India. Gli ultimi dieci anni li ha trascorsi in Messico, dove attualmente vive. Lì ha fondato l’Osho Meditation Center, diventando un pun-to di riferimento per il movimento di Osho. Creatore di numerosi processi come la Tribal Meditation, La Respiración de la Libertad y la Danza del Corazón, insegna meditazione, con-duce ritiri di Vipassana e tiene gruppi di tera-pia emozionale e Tantra con il suo personalissi-mo stile a cui ha dato il nome di Reconnecting.

In quarta:Elaborazione da un’illustrazione © Malchev/iStockphoto

A R T D I R E C T O R : G I A C O M O C A L L OP R O G E T T O G R A F I C O : N A D I A M O R E L L I

€ 16,50

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