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010intro.doc 1 Premessa Questi appunti, utilizzati per la preparazione delle lezioni di un corso del quinto anno per gli allievi di ingegneria aerospaziale (“Progettazione di strutture aerospaziali”), trattano di calcolo strutturale automatico affrontato con tecniche ad elementi finiti. Vengono discusse le diverse problematiche per la formulazione, la modellazione, la soluzione e l'utilizzo tipiche di queste tecniche di analisi. Trattandosi di appunti, e non di una dispensa o libro di testo, risentono di una impostazione discorsiva. In quanto appunti potrebbero risultare sufficienti per il superamento dell'esame, ma sicuramente non possono ritenersi adeguati per una reale e completa maturazione dell'argomento. Devono pertanto essere intesi come ausilio didattico non sostitutivo di uno studio più completo ed approfondito sui testi specifici, riportati in bibliografia e dai quali in più parti si è tratta ispirazione, e di un minimo di esperienza da maturarsi attraverso applicazioni pratiche. Se il contenuto, nonostante gli sforzi dedicati alla stesura di queste note, dovesse apparire in qualche sua parte astratto, occorre rammentare che in realtà si fa riferimento a modelli e procedure numeriche finalizzati alla simulazione di fenomeni fisici; ciò significa che, come gran parte degli argomenti affrontati nel corso degli studi di ingegneria, quanto discusso serve per descrivere uno specifico comportamento: per poter scegliere tra i tanti modelli disponibili occorre essere in grado di apprezzare contemporaneamente sia le equazioni di modellazione che le procedure numeriche costituenti l'algoritmo risolutivo che il problema fisico, le sue peculiarità e le sue caratteristiche più importanti. In caso contrario è molto improbabile che la modellazione venga realizzata in maniera corretta o che si possa valutare con cognizione di causa se il comportamento simulato dal calcolo sia da considerarsi attendibile. Ritengo opportuna un'ulteriore avvertenza di carattere generale: ormai in tutti i settori, industriali, commerciali, produttivi ed altri ancora, si è diffuso in maniera estremamente capillare l'impiego di programmi di simulazione in supporto all'attività decisionale (sia essa di progetto piuttosto che gestionale ...) e con esso è incredibilmente cresciuta la fiducia che si tende a riporre nei risultati prodotti dai codici di elaborazione automatica. Questa fiducia è, in generale, ben riposta ma il loro impiego deve essere appannaggio di un operatore che sarebbe in grado di portare a termine lo stesso compito per altra via. L'utilizzo di un codice deve essere sottoposto al controllo di persone che conoscano profondamente: il fenomeno/problema che viene trattato, perché i risultati possano essere valutati e verificati con tecniche alternative il modello che di questo fenomeno è stato implementato nel programma di simulazione, perché si possa essere ragionevolmente sicuri del fatto che il modello sia adatto a rappresentare i diversi aspetti del fenomeno o, in caso contrario, quali limitazioni debbano essere tenute presenti. le caratteristiche degli algoritmi di calcolo utilizzati per un impiego efficiente ed efficace del programma Occorre quindi evitare di eccedere con la fiducia nei tabulati o in generale nei risultati di questi codici: i risultati devono essere sempre analizzati con senso critico e possibilmente confrontati con previsioni più grossolane ottenute mediante analisi semplificate o con modelli meno sofisticati che permettano però di cogliere gli aspetti fondamentali del problema, consentendo di prevedere l'ordine di grandezza della soluzione. A supporto di quanto detto viene di seguito riportato, come premessa alla lettura della dispensa e, forse, anche come monito all'utilizzo di quanto in essa descritto, un editoriale apparso qualche anno fa su Aerospace America. Computer infatuation Otto.W.Hoernig (Aerospace America- Settembre 1988) Many engineers today depend too much on personal computers. This is not the dependence we all have on such machines as engineering or management tools. This is a new dependence on the computer as a substitute for human cognition and logic. And engineers are not the only ones with this problem. College

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Premessa Questi appunti, utilizzati per la preparazione delle lezioni di un corso del quinto anno per gli allievi di ingegneria aerospaziale (“Progettazione di strutture aerospaziali”), trattano di calcolo strutturale automatico affrontato con tecniche ad elementi finiti. Vengono discusse le diverse problematiche per la formulazione, la modellazione, la soluzione e l'utilizzo tipiche di queste tecniche di analisi. Trattandosi di appunti, e non di una dispensa o libro di testo, risentono di una impostazione discorsiva. In quanto appunti potrebbero risultare sufficienti per il superamento dell'esame, ma sicuramente non possono ritenersi adeguati per una reale e completa maturazione dell'argomento. Devono pertanto essere intesi come ausilio didattico non sostitutivo di uno studio più completo ed approfondito sui testi specifici, riportati in bibliografia e dai quali in più parti si è tratta ispirazione, e di un minimo di esperienza da maturarsi attraverso applicazioni pratiche. Se il contenuto, nonostante gli sforzi dedicati alla stesura di queste note, dovesse apparire in qualche sua parte astratto, occorre rammentare che in realtà si fa riferimento a modelli e procedure numeriche finalizzati alla simulazione di fenomeni fisici; ciò significa che, come gran parte degli argomenti affrontati nel corso degli studi di ingegneria, quanto discusso serve per descrivere uno specifico comportamento: per poter scegliere tra i tanti modelli disponibili occorre essere in grado di apprezzare contemporaneamente sia le equazioni di modellazione che le procedure numeriche costituenti l'algoritmo risolutivo che il problema fisico, le sue peculiarità e le sue caratteristiche più importanti. In caso contrario è molto improbabile che la modellazione venga realizzata in maniera corretta o che si possa valutare con cognizione di causa se il comportamento simulato dal calcolo sia da considerarsi attendibile. Ritengo opportuna un'ulteriore avvertenza di carattere generale: ormai in tutti i settori, industriali, commerciali, produttivi ed altri ancora, si è diffuso in maniera estremamente capillare l'impiego di programmi di simulazione in supporto all'attività decisionale (sia essa di progetto piuttosto che gestionale ...) e con esso è incredibilmente cresciuta la fiducia che si tende a riporre nei risultati prodotti dai codici di elaborazione automatica. Questa fiducia è, in generale, ben riposta ma il loro impiego deve essere appannaggio di un operatore che sarebbe in grado di portare a termine lo stesso compito per altra via. L'utilizzo di un codice deve essere sottoposto al controllo di persone che conoscano profondamente: • il fenomeno/problema che viene trattato, perché i risultati possano essere valutati e verificati con tecniche

alternative • il modello che di questo fenomeno è stato implementato nel programma di simulazione, perché si possa

essere ragionevolmente sicuri del fatto che il modello sia adatto a rappresentare i diversi aspetti del fenomeno o, in caso contrario, quali limitazioni debbano essere tenute presenti.

• le caratteristiche degli algoritmi di calcolo utilizzati per un impiego efficiente ed efficace del programma Occorre quindi evitare di eccedere con la fiducia nei tabulati o in generale nei risultati di questi codici: i risultati devono essere sempre analizzati con senso critico e possibilmente confrontati con previsioni più grossolane ottenute mediante analisi semplificate o con modelli meno sofisticati che permettano però di cogliere gli aspetti fondamentali del problema, consentendo di prevedere l'ordine di grandezza della soluzione. A supporto di quanto detto viene di seguito riportato, come premessa alla lettura della dispensa e, forse, anche come monito all'utilizzo di quanto in essa descritto, un editoriale apparso qualche anno fa su Aerospace America.

Computer infatuation Otto.W.Hoernig (Aerospace America- Settembre 1988) Many engineers today depend too much on personal computers. This is not the dependence we all have on such machines as engineering or management tools. This is a new dependence on the computer as a substitute for human cognition and logic. And engineers are not the only ones with this problem. College

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graduates of the past decade in many fields now depend heavily on machines for quantitative analysis. Along with masterful use has come blind trust of computers and their products. I recall a young engineer who sized a standby generator’s fuel tank at 100,000 gal without comprehending that an enormous hole would have to be dug or that the cost to fill the tank exceeded the cost of the generator. A decimal error had crept into the input used in a simple program for routine sizing of fuel tanks. The point of the story is not that an error was made but that the engineer failed to see the physical and financial impact of the results. Many young technocrats simply accept whatever answers their computers provide, questioning neither the output nor the process they have completed. Apparently, students no longer develop skills in estimation, dimensional analysis, or conceptual interpretation, all of which are basic to technical intuition. Why should they settle for an approximation when a computer will give them the precise wrong answer to 15 decimal places? When everybody used a slide rule instead of a computer, approximation was essential to solving a problem. Often, we had to extrapolate an answer by iterative calculations based on given data and an initial approximation. Eventually we would arrive at an answer - along with a good understanding of the process, the interrelationships among input data, and most important, how the answer relates to the input. By using the slide rule and estimation, we gained a sense about relative values. Whether functions were linear, exponential, or trigonometric, we had the intuition to tell whether an answer was right, or even dose to right. And it. was certainly better to be approximately right than exactly wrong. Many engineers today simply lack the intuition to weigh the validity of their answers. They are extremely bright, capable, and more productive than previous generations. They have learned how to operate complex machines, but I am afraid that in the process they have lost their capability for complex thought. Unchecked evolution of this trend will impair technological innovation. We have unique opportunities to use computers creatively to extend the capability of the human mind, as long as we can preclude our growing dependence on microprocessors from diminishing our cognitive skills. I do not mean to suggest that we go back to the slide rule. But engineering curricula must emphasize critical evaluation of assumptions, data, and results so that mental estimation and testing for reasonableness become habits. Engineers need to question their answers by stepping back and asking the obvious question: “Do these numbers look right?”

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Introduzione In questa introduzione vengono esposti alcuni concetti, che saranno ripresi ed approfonditi nelle parti seguenti del testo, utili alla definizione e all'inquadramento delle diverse problematiche inerenti alla tecnica di calcolo basata sugli elementi finiti e al suo utilizzo come strumento di analisi.

Il metodo degli elementi finiti Il metodo degli "Elementi Finiti" (spesso citato anche nei testi italiani con la sigla FEM, acronimo dell'anglosassone Finite Element Method) costituisce una tecnica di discretizzazione e soluzione approssimata per problemi retti da equazioni differenziali, su domini continui, di forma generica e soggetti a condizioni al contorno arbitrarie. Le metodologia di analisi che deriva dalla sua applicazione è detta Analisi ad Elementi Finiti, indicata con l'acronimo anglosassone FEA (Finite Element Analysis). Il metodo prende il nome dal fatto che il continuo, al quale è applicata la metodologia, viene suddiviso in porzioni, detti "Elementi Finiti", in quanto tali in numero e dimensione; tutte le informazioni necessarie per la descrizione di ciascuno di questi elementi, siano esse geometriche, topologiche o fisiche, vanno a costituire lo schema ad elementi finiti (Mesh in inglese) spesso indicato anche come modello ad EF. All'interno degli "Elementi Finiti" il campo incognito viene approssimato mediante l'interpolazione dei valori che l'incognita (gli spostamenti nel caso strutturale, le tempreature in quello termico o le pressioni in quello fluido-dinamico e acustico, … ) assume in un numero finito di punti, i nodi (grid) quasi sempre posizionati sul contorno dell'elemento stesso. Il termine finiti caratterizza, al pari dell'alternativa numerica alla soluzione del problema, le differenze finite, la metodologia risolutiva che prevede l'utilizzo di un numero finito di incognite discrete. Nelle figure che seguono sono rappresentate alcuni schemi derivanti dall’applicazione del metodo a problemi di carattere strutturale in alcuni settori dell’ingegneria.

x

y

z

15200

x

y

z 15100

x

yz

501

x

yz

502

x

yz

503

x

y

z

50501x

y

z

50503x

y

z

50502

zz

Velivolo regionale

Tronco posteriore fusoliera di aliante

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Ruota in materiale composito

Scocca auto da corsa

Cella di carico triassiale

X Y

Z

V1111

C333

Scocca vettura stradale

Una considerazione immediata e spontanea riguarda il fatto che lo schema ad elementi finiti sembrerebbe costituire una fedele rappresentazione dell’oggetto che si intende analizzare. Non è sempre così, né la modellazione è univocamente definita dall'oggetto da analizzare come, chiaramente, si può evincere dall'esame delle figure seguenti. Si tratta di due modelli dello stesso oggetto: nel primo caso un aliante, nel secondo un prototipo di veicolo volante pilotato da terra (RPV), destinati a diversi tipi di analisi: le modalità di schematizzazione sono completamente diverse; inoltre, nel modello più fedele dal punto di vista della geometria esterna, alcune parti non lo sono affatto.

5624353426562435342622334455666655443322652434653222334455666655443322665544332262435342652233445566223344556622334455666655443322665544332266554433226655443322

2233445566665544332266554433226655443322665544332266554433222345623456246533564266554433226655443322665544332222334455665632244365

234566543255466432322243456635

XY

Z

Modelli completo e a travi di un aliante

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Modelli completo e a travi di un RPV

Questa considerazione sarà oggetto di un adeguato approfondimento nel seguito e si potrà rilevare come questa somiglianza costituisca sia un punto di forza che una debolezza del metodo.

Elementi finiti: generalizzazione di una metodologia Le procedure di analisi ad elementi finiti possono essere viste come una estensione ai problemi continui di tecniche di calcolo, ormai assodate, per problemi discreti mediante la loro integrazione con tecniche di calcolo approssimato. Infatti un processo di discretizzazione, realizzato manualmente, in forma automatica o semiautomatica, porta all'individuazione di un insieme discreto di parametri incogniti, costituito dai valori che la variabile indipendente di campo assume in un certo numero di punti del dominio in esame. Mediante questi parametri viene caratterizzato il comportamento degli elementi che derivano dalla suddivisione virtuale, con linee e/o superfici immaginarie, della struttura in porzioni di dimensioni finite. Queste porzioni hanno una forma relativamente semplice e regolare, e sono di dimensioni ridotte rispetto a quelle della struttura; la procedura che porta alla loro identificazione viene normalmente chiamata schematizzazione e può essere anch’essa manuale o automatica. L'applicazione a questi elementi di metodologie approssimate permette la determinazione dei legami esistenti tra le grandezze in gioco, quali per esempio carichi e spostamenti nel caso strutturale statico con un approccio agli spostamenti. Le tecniche di calcolo matriciale infine consentono la scrittura automatica delle equazioni risolutive che governano il problema, le equazioni di equilibrio nel nostro caso, in termini di sistemi di equazioni algebriche lineari di dimensioni solitamente grandi. Al modello discretizzato devono essere infine imposte le condizioni al contorno necessarie per la completa definizione del problema, sempre nel caso strutturale carichi applicati e vincoli esterni di spostamento. Sempre le tecniche di calcolo matriciale ci forniscono le metodologie per la soluzione del problema così formulato. I metodi di calcolo basati su questo approccio vengono spesso indicati semplicemente con la dicitura Metodi di soluzione ad elementi finiti e il loro utilizzo, grazie all'impiego di elaboratori digitali, è talmente diffuso e consolidato in campo strutturale che spesso si é sentito parlare degli Elementi Finiti semplicemente come una tecnica di calcolo strutturale; vedremo invece che si tratta di una tecnica automatica generale per la soluzione di problemi retti da equazioni alle derivate parziali anche se l'aspetto strutturale sarà prevalente in queste dispense. Per quanto detto, lo sviluppo e la diffusione dei metodi ad elementi finiti sono strettamente collegati all’avvento del computer digitale in quanto una efficiente scrittura del sistema risolutivo di equazioni algebriche lineari e la sua soluzione sono possibili solo grazie alla disponibilità di questi sistemi di elaborazione.

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Elementi finiti: Problema fisico, modello e soluzione L'impiego del metodo degli elementi finiti nell'ambito dell'analisi strutturale, nella quale fa uso di un approccio agli spostamenti, può essere suddivisa in alcune fasi (vedi figura):

Soluzione

Post-Processing

Condizionicontorno

CADRequisiti

(es. normative)

Analisi/Ottimizzazione

Pre-Processing

Mesh adatt/Modifica Model

Analisi tabulatidisegni

ModificaStruttura

Verifica ecertificazione

modello

Interfacciageometria

Creazionegeometria

Creazionemodello EF

• Fase di schematizzazione (relativamente lenta): viene preparato dall'utilizzatore un modello contenente informazioni geometriche, topologiche e fisiche, che descrivono la struttura, la modalità di comportamento degli elementi, le forze applicate, le condizioni al contorno. La disponibilità di programmi grafici interattivi e dell'hardware relativo consentono di rendere più veloce le operazioni.

• Fase di analisi (dipendente dalle dimensioni del modello e dalla potenza di calcolo disponibile): elaborazione dei dati di ingresso a partire dai quali vengono determinate le caratteristiche elastiche che descrivono il comportamento della struttura con le quali si realizza un modello matematico che, una volta risolto, permette di ottenere la risposta della struttura;

• Fase di interpretazione dei risultati (dipendente dalle dimensioni del modello e dalla disponibilità di dispositivi grafici interattivi). Comprende una fase di verifica estremamente importante che porta alla certificazione del modello, cioè alla definizione del livello di fiducia che si può riporre nei risultati che l'impiego del modello produce;

• Fase di modifica e re-analisi (può essere estremamente rapida): in funzione dei risultati della fase di analisi l'utente può decidere di intervenire modificando in qualche sua parte la struttura, se il suo comportamento non risulta soddisfacente ai fini dell'ottenimento delle prestazioni richieste; modificato di conseguenza il modello si prosegue con una nuova analisi.

Ciascuna di queste fasi richiede risorse, in termini di tempo uomo, strumenti e potenza di calcolo, in funzione delle problematiche affrontate e può essere fonte di errori. E' quindi necessaria una competenza specifica per affrontarle correttamente. Nel contesto dell'analisi strutturale il metodo degli elementi finiti (FEM) è utilizzato per risolvere un problema fisico che riguarda una struttura, reale quand'anche non ancora esistente, o un suo elemento, dopo aver specificato la più opportuna distribuzione di forze e i corretti vincoli sulle possibilità di spostamento. In

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realtà un codice di analisi FEM non fa nient’altro che scrivere e risolvere delle equazioni a partire da un insieme di dati che gli viene fornito. Nell’affrontare un problema continuo, l’operazione di modellazione fa parte della procedura di analisi, almeno nel senso che quando si decide un certo approccio si sceglie, più o meno esplicitamente/implicitamente ed in base ad alcune assunzioni o ipotesi sul comportamento della struttura, il modello da impiegare (mono o bi-dimensionale, .. ); questa scelta determina la scrittura di equazioni differenziali specifiche che descrivono il comportamento del modello e che opportunamente manipolate forniscono la soluzione, una volta specificati opportuni dati; si pensi per esempio ad uno schema a semiguscio per la determinazione degli sforzi di taglio in una sezione alare. In una analisi ad elementi finiti la distinzione tra dati e modello è più sfumata: quell'insieme di informazioni cui normalmente ci si riferisce con il termine generico di dati contiene sia le informazioni necessarie per la selezione tra i diversi modelli matematici disponibili (solido, piastra, membrana, trave ... ) che i dati numerici necessari al loro funzionamento. E' quindi necessario che chi prepara queste informazioni sia pienamente cosciente del loro significato e delle implicazioni che le scelte effettuate possono avere sui risultati. I programmi sono solitamente di tipo generale (general purpose) e contengono una grande varietà di modelli opportunamente selezionabili mediante la scelta di un certo tipo di "elemento". In questi termini si capisce come il programma di analisi di questo tipo si limiti a risolvere il modello fornito dall'utilizzatore il quale ha la completa responsabilità di questa scelta. La soluzione che viene calcolata dal programma è una soluzione numerica di un modello normalmente approssimato. Si ha quindi la combinazione di due tipi di errore: un primo errore conseguente alle scelte di discretizzazione e schematizzazione, il secondo è invece relativo alle procedure numeriche impiegate per la soluzione. Occorre quindi essere in grado di giudicare con appositi criterii se l'errore ottenuto sia sufficientemente piccolo, e quindi la soluzione possa essere ritenuta accettabile, o se sia il caso di procedere alla ricerca di ulteriori soluzioni, avendo provveduto ad un raffinamento progressivo della schematizzazione, tipicamente una riduzione delle dimensioni caratteristiche degli elementi, fino a che il criterio non sia soddisfatto. Questo processo porta a convergenza alla soluzione esatta solo se non sono stati commessi errori nella scelta dei modelli: un eventuale cattiva interpretazione delle modalità di comportamento non può essere compensata dall’infittimento del modello. Si tenga però presente che non sempre il modello più dettagliato è il modello migliore. Questo è tanto più vero se si tiene conto che le caratteristiche del modello ottimale sono da mettere in relazione con il tipo di analisi che deve essere eseguito (statica, modale o di risposta) e lo stadio di avanzamento del progetto del momento nel quale l'operazione è collocata: un'analisi potenzialmente molto precisa può essere vanificata dalla imprecisione dei dati o delle condizioni al contorno, o semplicemente da una radicale modifica della soluzione di progetto.

Vantaggi Sono molti i vantaggi caratteristici del Metodo ad Elementi Finiti nel campo dell'analisi delle strutture. Essi derivano dalla sua estrema versatilità, e quindi: • può essere applicato a diverse problematiche lineari e non lineari • si possono elaborare modelli molto complessi senza semplificazioni del dominio o delle relazioni

costitutive; le approssimazioni introdotte sono legate al livello di discretizzazione ed alla scelta dei legami da impiegare nelle descrizione degli elementi

• la struttura da analizzare può avere forma qualsiasi, essere caricata e/o vincolata in modo arbitrario • possono essere utilizzati contemporaneamente elementi di tipo differente aventi diverse forme, proprietà

fisiche e modelli di comportamento • lo stesso discorso vale per i materiali con la possibilità di modellare materiali sia isotropi che anisotropi. Un'ulteriore particolarità è costituita dalla stretta somiglianza tra la struttura reale e il modello matematico costituito dallo schema. Questo fatto, già apprezzabile negli esempi precedentemente esaminati, risulta evidente dalle figure seguenti, relative alla scatola del cambio di una vettura da competizione. In questo modo non si ha a che fare con un astratto modello matematico ma con una rappresentazione che mantiene in gran

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parte la fisicità di quanto rappresenta e dalla quale vengono derivate, in maniera del tutto automatica, le equazioni che reggono il fenomeno. Leggendo il materiale promozionale dei diversi software, sembra che l’analista strutturale non debba più essere in grado di scrivere e risolvere le equazioni per la modellazione del fenomeno in esame! E' un'impressione sbagliata: non viene più richiesta la capacità di elaborare le equazioni, sia nella fase di scrittura che di soluzione, ma lo schema ad EF contiene tutte le indicazioni che condurranno il codice di calcolo a scrivere, tra tutte le equazioni disponibili, quelle adeguate al fenomeno da rappresentare. Questa operazione deve quindi essere convenientemente guidata da chi prepara lo schema: in funzione dell’analisi del comportamento della struttura si dovrà pertanto operare la selezione del modello di calcolo corrispondente.

Rovescio della medaglia Le potenzialità del metodo sono impressionanti se si tiene conto del numero di equazioni che possono essere trattate: a livello industriale modelli con diverse decine di migliaia di nodi sono comuni e si analizzano con una certa frequenza modelli con centinaia di migliaia di nodi, se non di più. E' però necessario ricordare che la disponibilità di uno strumento così versatile e potente non deve comportare automaticamente l'abbandono di altre tecniche di calcolo, basate su approssimazioni più o meno spinte del problema, né tantomeno può essere considerato sempre ed in qualsiasi situazione come la tecnica di analisi o di verifica definitive. Infatti numerosi problemi non possono essere soddisfacentemente risolti, se non al prezzo di modelli la cui complessità è irragionevole, si pensi ad esempio alla verifica delle rivettature o allo studio della stabilità dei pannelli di rivestimento di un'ala; allo stesso modo non è ragionevole utilizzare questo strumento quando altri più semplici sono in grado di fornire soluzioni altrettanto precise, almeno ingegneristicamente parlando e in relazione allo stadio di avanzamento del progetto, richiedendo risorse molto più limitate, per esempio il modello a semiguscio nella fase di dimensionamento preliminare di una struttura alare. Ci sono poi anche considerazioni negative da tener presente che costituiscono un non trascurabile rovescio della medaglia, le cui implicazioni non devono essere sottovalutate. Alcune di queste sono: • se non sono disponibili procedure grafiche, e in particolare di grafica interattiva, l'operazione di

preparazione dei modelli è lunga, tediosa e fonte di errori, ma vale anche quando il modello sia complesso o quando l’addestramento all’utilizzo dei programmi è limitato

• i dati che devono essere preparati ed organizzati per la realizzazione di un modello sono di diverso genere e la loro quantità è notevole; cosa che rende difficoltoso anche il controllo e la verifica del modello stesso

• i risultati sono altrettanto ponderosi (per es. in una analisi statica si ottengono spostamenti per ogni punto del modello e sforzi in ogni elemento per ciascuna condizione di carico) quindi la loro elaborazione e la sintesi del giudizio sulla bontà della struttura può risultare difficoltosa

• non è possibile una formulazione parametrica né una semplice soluzione in forma chiusa, cosicché il progettista non dispone di informazioni sulla sensibilità circa il comportamento del sistema alla variazione delle diverse variabili di progetto

• non univocità della modellazione sia in termini di livello di discretizzazione che di scelta del tipo di elementi da utilizzare

• un corretto e consapevole utilizzo di un codice ad elementi finiti presuppone un rilevante impegno nello studio della formulazione, delle tecniche di calcolo numerico impiegate dai programmi, oltre che al modo di preparare i dati

• deve essere tenuto presente come la corretta definizione delle condizioni di carico e/o di vincolo sia determinante per l'ottenimento di risultati realistici ed affidabili.

• Spesso si tende a sottostimare i possibili errori, che possono essere di varia natura, per esempio: - cattivo utilizzo di un programma - uso del programma sbagliato - cattiva interpretazione del fenomeno - errori di modellazione - errori numerici o di algoritmo

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- errori di programmazione - errori di interpretazione dei risultati

Un ulteriore problema è quello delle risorse di hardware necessarie per condurre efficientemente questo genere di analisi. Si è fatto cenno di come la diffusione del FEA sia strettamente collegata a quella dell’elaborazione digitale: la disponibilità di macchine capaci di affrontare problemi di grandi dimensioni posti in forma numerica è presupposto per l'applicazione del metodo. Poiché vengono impiegate tecniche di analisi matriciale, il numero di operazioni è legato alla dimensione del problema in termini di potenza (generalmente terza o quarta). E' quindi necessario disporre di calcolatori veloci, cioè costosi, per analizzare modelli di grandi dimensioni. Non solo. L'integrazione delle numerose possibilità di analisi, comprese quelle di ottimizzazione, porta alla necessità di basi dati su disco le cui dimensioni continuano a crescere: basi dati di qualche centinaio di megabytes sono normali per modelli di medie dimensioni; per modelli grandi o di ottimizzazione queste dimensioni possono raggiungere facilmente il GigaByte. Occorre poi osservare come nello stesso momento in cui si rendono disponibili nuove capacità di calcolo, in misura analoga e in breve tempo aumentano le esigenze di chi le utilizza: crescono dimensioni dei modelli esaminati, vengono affrontati problemi la cui indagine veniva ritenuta non conveniente o semplicemente vengono elaborati più modelli. Tutto questo determinerà, in tempi relativamente brevi, un ulteriore incremento delle risorse necessarie perché il sistema informatico continui a rispondere in tempi ragionevoli, quindi con un continuo rincorrersi delle situazioni. La rapidità con cui si sviluppa questa crescita può essere tenuta sotto controllo se c'è una adeguata preparazione degli addetti: se si ritiene che un modello più dettagliato automaticamente comporti risultati migliori la crescita è rapidissima e spesso i costi aggiuntivi non sono giustificati dal potenziale aumento di precisione dei risultati. Se invece c'è la capacità di analizzare criticamente il processo riconoscendo i limiti del metodo di analisi il rapporto costi/benefici non può che trarne vantaggio nel senso che un risultato ragionevolmente preciso viene ottenuto a costi ragionevolmente contenuti. In questa spirale anche le tecniche di soluzione devono continuamente evolversi, perché non più adatte alla soluzione di problemi di dimensione sempre crescente, affinché l’analisi risulti non solo precisa ma anche efficiente. Questa situazione fa si che assuma particolare importanza la ricerca legata a tutti gli aspetti del sistema di calcolo: dalla formulazione del problema, alla organizzazione delle informazioni e alla efficienza degli algoritmi di calcolo alla base del sistema numerico FEM.

I programmi di interfaccia grafici Le fasi di preparazione e verifica del modello, nonché di analisi dei risultati, vengono eseguite ormai quasi esclusivamente mediante appositi programmi di interfaccia grafici (comunemente detti di pre- e post-processing) che permettono di rendere più rapido e/o efficiente lo svolgimento di queste operazioni. La creazione dei modelli ha sempre assorbito una notevole porzione del tempo uomo necessario per l'effettuazione di una analisi ad elementi finiti e oggi le cose non sono radicalmente cambiate, anche se ci si appoggia a questo genere di programmi che sfruttano la disponibilità di una descrizione analitica della geometria (generata da programmi CAD veri e propri o da moduli geometrici integrati nei generatori di modello). A questi schemi vengono applicate tecniche di suddivisione che portano alla generazione, automatica o semi-automatica, di nodi ed elementi; questa capacità elimina, di fatto, la necessità di stabilire la forma e la disposizione degli elementi e quindi di determinare le coordinate dei nodi consentendo notevoli risparmi di tempo, almeno nella fase di modellazione vera e propria. Vedremo come buona parte delle promesse di questi sistemi non vengono mantenute nella pratica operativa. Per esempio il risparmio di tempo può rivelarsi solo apparente: succede spesso che sia necessario impiegare un tempo non trascurabile nella predisposizione delle geometrie, in modo da fornire ai generatori di schema un modello compatibile (la compatibilità dipende non solo dai codici CAD e di pre-processing ma anche dalle entità geometriche coinvolte) o, addirittura, che si debba ricostruire la geometria da zero in quanto le modalità di descrizione delle geometrie tipicamente utilizzata nel disegno costruttivo è inadeguata a supportare la modellazione. La disponibilità di questo genere di codici ha indotto la convinzione che sia sufficiente un corso di istruzione per ottenere un analista strutturale, quindi aumentando le aspettative nei confronti del

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metodo di analisi, aspettative che possono essere facilmente deluse dalla evidente incapacità di gestire i complessi problemi teorici e numerici che invece continuano a caratterizzare i modelli. Anche la fase di esame dei risultati merita una critica. Se è vero che le rappresentazioni che si possono ottenere, tipicamente delle deformate e della distribuzione dello stato di sforzo, sono particolarmente accattivanti e suggestive, nella pratica del progetto è raro che i risultati, specie in termini di sforzo, vengano utilizzati per le verifiche strutturali o, quantomeno, che le verifiche siano solo quelle legato al confronto con uno sforzo di riferimento. Questa considerazione è valida in modo particolare nel settore aeronautico dove, a causa della tipologia delle strutture, si combinano verifiche di tipo diverso (si pensi, ad esempio, alle verifiche di stabilità globali e locali dei diversi elementi strutturali). Anche su questi argomenti, come per gli altri trattati in questa introduzione, si tornerà nel seguito del corso sia con discussioni di carattere teorico che con applicazioni tese ad evidenziare i diversi aspetti.

Uno strumento in crescita Nell'ambito strutturale l'analisi ad elementi finiti è nata e si è affermata come strumento di verifica più che di progetto, in quanto richiede la conoscenza dettagliata della struttura da analizzare. Il consolidamento delle procedure di analisi e la disponibilità di tecniche per la rapida realizzazione de modelli ha portato all'impiego di queste tecniche di analisi anche nelle fasi preliminari di progetto, quando il livello di definizione della struttura potrebbe essere tale da non giustificare il loro utilizzo, se non sconsigliarlo. Visto l'elevato costo di preparazione dei modelli, la loro intrinseca versatilità e la qualità dei risultati ottenibili, è stata ricercata la possibilità di rendere efficiente il loro utilizzo anche in fasi preliminari del progetto. A queste esigenze sono state date risposte in termini operativi con i programmi di sintesi strutturale: codici che sono in grado di elaborare informazioni circa l'influenza che alcuni parametri di progetto hanno sugli indici di prestazione e sui vincoli di progetto in modo da guidare il progettista verso una soluzione, o meglio verso una famiglia di soluzioni ottimali (l'ottimo non è mai unico se non in casi non realistici). Questi sistemi sono normalmente basati su di un modulo di ottimizzazione capace di orientare le modifiche dei parametri di progetto nel modo più conveniente, in base a criteri che lo caratterizzano. Ad esso i diversi moduli di analisi e di valutazione delle sensitività forniscono rispettivamente indicatori di prestazione relativi al progetto attuale e i valori delle loro derivate rispetto alle variabili di progetto. Esistono anche ottimizzati basati su concetti completamente diversi da quello del gradiente, che possono fare a meno della valutazione delle derivate di sensitività. L'argomento è di importanza rilevante e di per sé non direttamente connesso con l'analisi ad elementi finiti. Data però la potenza del metodo di analisi è naturale fare riferimento ad esso per l'analisi ed eventualmente il calcolo delle sensitività. Quando aspetti e discipline diverse vengono integrati nei codici di ottimizzazione si parla di Ottimizzazione integrata o multidisciplinare.

Ruolo dell'ingegnere La fase di modellazione è oggi notevolmente sveltita e facilitata da appositi strumenti grafici interattivi (detti di Pre-Processing), e si parla sempre più insistentemente di collegamenti automatici o semi-automatici tra ambienti di disegno (CAD) e quello di modellazione (CAE) come supporto alla descrizione geometrica degli oggetti; come risultato si ha che con questi strumenti è diventato decisamente più facile e veloce realizzare modelli ad elementi finiti di strutture anche complesse. Si potrebbe osservare che, stando così le cose, il ruolo dell’ingegnere risulterebbe secondario alla capacità di utilizzo di uno di questi sistemi integrati e la sua importanza nell’economia del progetto possa essere limitata ad altre questioni. In realtà non è così in quanto, come visto precedentemente, lo schema ad elementi finiti contiene le scelte in termini di modello e di risoluzione del campo: queste non possono essere fatte che da persone in grado di comprendere appieno il comportamento fisico della struttura e i modelli matematici impiegati per la sua modellazione. Inoltre può risultare difficile mantenere sotto controllo i modelli nel senso di essere sicuri che questi sono effettivamente rappresentativi della struttura reale. Il costo complessivo dell’operazione di analisi (intendendo con ciò il costo di tutte le sue fasi: modellazione, calcolo, analisi dei risultati ...) può essere elevato e comunque proporzionale alle dimensioni del modello:

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modelli di grandi dimensioni sono potenzialmente più precisi, può però essere più delicata la loro messa a punto e complessa la loro gestione ma soprattutto il costo in termini di tempi di calcolo può crescere in maniera notevole; d’altra parte un modello di dimensioni ridotte avrà certamente costi contenuti ma potrebbe non essere più sufficientemente rappresentativo del comportamento della struttura. Inoltre può essere complessa e difficile da gestire la fase di interpretazione dei risultati così come capire da questi se sia stato commesso un errore durante la fase di modellazione, o se il modello sia sufficientemente o eccessivamente dettagliato, ed altro ancora. Infine dobbiamo ricordare che i risultati di una qualsiasi analisi strutturale non potranno mai essere considerati esatti per quanti elementi si possano impiegare. Ottenere risultati ragionevolmente precisi con costi ragionevoli è un fatto importante che deve essere tenuto sempre presente, in particolare quando si impiegano strumenti come questo. E’ oggi indispensabile che un ingegnere possegga una approfondita padronanza del metodo degli elementi finiti in quanto esso ha raggiunto una diffusione capillare nell'ingegneria strutturale in generale, come metodo di analisi, e negli ultimi anni si è diffuso anche in settori storicamente meno propensi a questo tipo di approccio. E' pertanto necessario differenziare le competenze di chi deve essere in grado di gestire un progetto da chi deve solo essere esecutivo. Tale padronanza può essere conseguita solo con un approfondimento su testi specifici, quali quelli citati in bibliografia, al di la di quelli che possono essere i requisiti di conoscenza necessari per il superamento dell'esame, e con un minimo di esperienza specifica.

Il settore aeronautico e spaziale Veniamo ora alle possibilità di impiego del calcolo ad elementi finiti nell'ingegneria, ed in particolare in quella aeronautica e spaziale. Se è vero che il calcolo ha raggiunto un notevole livello di affidabilità, è comunque opportuno ricordare che, nonostante il notevole progresso in tutti gli aspetti della progettazione e realizzazione di velivoli, il superamento di alcune prove a terra ed in volo su prototipi è ancora un requisito obbligatorio per la certificazione di un qualsivoglia aeromobile, anche se viene richiesta l'esibizione di una notevole documentazione relativa ai calcoli effettuati. Fino ad alcune decine di anni or sono nessun aereo è mai arrivato alle prove di certificazione o ai voli dei prototipi essendone stata preventivamente verificata la sicurezza in base a calcoli. Infatti non erano disponibili tecniche di calcolo abbastanza raffinate e precise, né strumenti di elaborazione abbastanza potenti da consentire la soluzione di tutte le problematiche: il ricorso alla sperimentazione sui prototipi era quindi obbligatols. Si pensi ad esempio alla metodologie per il dimensionamento dei rinforzi in corrispondenza di aperture in una struttura in parete sottile: il prototipo veniva spesso progettato con criteri semplificati assumendo opportuni margini di sicurezza e sfruttando un robusto ricorso all'esperienza; le prove statiche a terra ed i primi voli venivano utilizzati per individuare i punti deboli del progetto, provvedendo all'irrobustimento delle zone ove si verificavano dei cedimenti. Al contrario i moderni velivoli arrivano alle prove di certificazione, sia statiche che a fatica, essendo già stati completamente verificati virtualmente al calcolatore e con la sicurezza quasi assoluta del superamento delle prove stesse. E' evidente che oltre a disporre della possibilità di analizzare molteplici condizioni di carico e/o situazioni operative, grazie a questi sistemi si è in grado di effettuare una efficace e tempestiva verifica del progetto: la precoce identificazione di un difetto permette la sua eliminazione in una fase nella quale si hanno ancora ampi margini di intervento. Questo significa interventi più semplici ed a costi decisamente più contenuti di quelli che sarebbero invece necessari se il problema venisse identificato in fasi più avanzate del progetto stesso, cioè quando il consolidamento della configurazione rende le modifiche più critiche ed onerose. Questa è anche la motivazione economica che giustifica lo sforzo ed i costi di ricerca e sviluppo necessari per la realizzazione di sofisticati sistemi di progettazione, sempre più completi e integrati nelle diverse applicazioni, e ne ha determinato l'affermazione. Con queste considerazioni non si vuole tuttavia affermare che strumenti moderni siano indispensabili per un buon progetto: ricordiamo a questo proposito che in ogni settore si sono realizzati prodotto validi ed oltremodo significativi, e questo ben prima che si diffondesse una qualunque tecnica di calcolo automatico. Lo studio e l'utilizzo delle metodologie semplificate continuano però ad essere validi in quanto

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• permettono di valutare, generalmente con pochi dati e quindi in situazioni di scarsità di informazioni, soluzioni approssimate che danno un senso fisico; uno strumento di questo genere risulta particolarmente utile per esempio durante le fasi preliminari di un progetto, quando il costo dello sviluppo di modelli ad elementi finiti può risultare eccessivo, se si tiene conto che la configurazione strutturale (collocazione di rinforzi, aperture, diaframmi ... ) è ancora in via di definizione.

• hanno uno specifico ambito di impiego, in particolare laddove non sia possibile garantire standard qualitativi che giustifichino l'adozione di strumenti di calcolo molto precisi: non ha senso infatti essere molto precisi con il calcolo se la caratterizzazione dei materiali non può essere garantita entro tolleranze compatibili.

Si potrebbe quindi dire che gli elementi finiti dovrebbero essere considerati dall'ingegnere strutturista moderno alla stregua di uno dei tanti strumenti a sua disposizione per portare a termine il compito assegnato: in quest'ottica egli dovrebbe non solo essere in grado di usarlo con la giusta confidenza, ma anche capire se e quando il suo impiego gli consente di raggiungere l'obiettivo in maniera più efficiente. Purtroppo oggi siamo in presenza di una tendenza all'uso indiscriminato del metodo, giustificata e spinta da due fattori principali: la modellazione è resa rapida dai moderni programmi grafici interattivi, spesso interfacciati ai codici di disegno, e i calcoli vengono eseguiti sempre più velocemente da computer sempre più potenti e sempre meno costosi.

Le origini Le procedure di calcolo basate sul metodo degli Elementi Finiti sono nate e si sono sviluppate nell'ambito dell'ingegneria strutturale, aeronautica e spaziale in particolare, per raggiungere poi una larghissima diffusione in tutti i settori della progettazione meccanica (veicolistica, navale, off-shore, … ), nei quali viene impiegato tradizionalmente per l'analisi delle sollecitazioni e di carattere termico, nonché nella progettazione civile. Questa diffusione è senz'altro destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni e ad espandersi a settori tradizionalmente orientati ad altre tecniche di analisi. I motivi che supportano questa convinzione sono diversi, a titolo d'esempio tra essi, si possono citare senz'altro: il miglioramento delle procedure, la familiarità con lo strumento, la disponibilità di interfaccia con lo strumento sempre più facili e potenti e la disponibilità di potenza di calcolo a costi sempre più bassi. La precoce diffusione del metodo nel settore aeronautico è dovuta a due ordini di fattori: il primo è relativo al fatto che gli elementi finiti si sono affermati inizialmente come tecnica di calcolo lineare e questo ben si sposava con esigenze specifiche e le consuetudini di lavoro, per le quali buona parte del progetto poteva essere svolto con modelli lineari; in secondo luogo, e comunque a causa di una serie di situazioni contingenti, alcune esigenze del mondo aeronautico si sono per lungo tempo dimostrate più critiche rispetto a quelle dell'ingegneria in generale, per esemio: • richiesta di una elevata efficienza rispetto al peso (prestazione/peso), con conseguente disponibilità a

pagare elevati costi di progettazione e realizzazione pur di ridurre il peso strutturale che, come noto, va a scapito del carico pagante

• esistenza di normative universalmente accettate per il dimensionamento e di metodologie per la definizione di carichi.

Da diversi anni però la situazione è radicalmente cambiata ed è ormai consolidata la diffusione del calcolo strutturale con elementi finiti agli altri importanti settori nei quali assume ruolo fondamentale l'analisi strutturale, quali: civile, trasporti (automobilistico, navale, ferroviario), nucleare e meccanico

I codici Come accennato il calcolo ad elementi finiti si è industrialmente affermato negli ambienti aeronautico e spaziale. La ricerca in questo settore ha dato, soprattutto negli anni 60 e 70, un impulso determinante allo sviluppo della metodologia. Il momento di svolta nella storia del FEM é probabilmente da individuarsi in una conferenza indetta dall' U.S. Air Force nel 1966 alla quale ha fatto seguito, da parte della NASA, l'inizio dello sviluppo del codice di calcolo ad elementi finiti NASTRAN (NAsa STRuctural ANalysis); NASTRAN é il capostipite dei codici ad Elementi Finiti e oggi, nella versione commerciale MSC/NASTRAN, è ancora uno dei più diffusi ed avanzati.

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Nella tabella che segue viene presentato un elenco parziale dei programmi di analisi strutturale ad elementi finiti che possono essere reperiti in commercio (in ordine alfabetico) e di carattere generale, cioè non realizzati per problematiche specifiche. Sono anche evidenziate alcune possibilità operative nell'ambito di discipline diverse da quelle strettamente strutturali. La competizione tra le case produttrici di software oggi è concentrata sulle problematiche speciali, più che non sulle capacità di base, quali ad esempio l'analisi di impatti e/o stampaggi, caratterizzati da fortissime nonlinearità (* codici disponibili al Politecnico).

Nome Commerciale Strutturali Termo Fluido Magnet Elettr Acus Aeroel Lin NL Imp ABAQUS * Impl/Espl X x X X X X ADINA * X x X ANSYS * X x X X ASKA X X COSMOS X x X LUSAS * X X MARK * X x X NASTRAN MSC* X v X X X X PAM* Crash/Fiss/Fluid/Stamp X X X SAMCEF X X SAP/SuperSAP X X SESAM X X

La maggior parte di questi programmi è multi-piattaforma, si tratta cioè codici disponibili su diversi tipi di calcolatore, dai più potenti supercalcolatori, alle work-stations fino ai personal computers. Quasi tutti sono adatti ad un utilizzo genericamente strutturale, anche se alcuni di essi sono caratterizzati da punti di forza specifici dell'ambiente nel quale sono nato o per il quale sono stati concepiti e prodotti. Per esempio NASTRAN è dotato di un modulo di interazione fluido/struttura che consente calcoli di carattere aeroelastico; è inoltre dotato di un modulo di ottimizzazione che permette di individuare automaticamente la configurazione di progetto, definita attraverso opportune variabili, che minimizza una funzione obiettivo, soddisfacendo al contempo opportuni vincoli di progetto. ASKA è un codice norvegese, nato nell'ambiente della progettazione delle piattaforme petrolifere, dotato di strumenti per la verifica degli elementi caratteristici di queste strutture, cioè di tubi (di qualche metro di diametro e qualche centimetro di spessore) saldati e dotati di setti di irrigidimento. Gli elementi finiti costituiscono una metodologia generale per la scrittura automatica e la soluzione numerica delle equazioni che reggono un problema continuo. Il metodo può essere infatti convenientemente applicato a problemi di campo quali, ad esempio: termico, elettrico, magnetico, strutturale e fluidodinamico. E infatti sono presenti sul mercato, da qualche anno, codici di calcolo commerciali, cioè adatti ad un utilizzo industriale e non di ricerca, per la soluzione di alcune di queste problematiche di campo. Nonostante questa generalità, le dispense sono fortemente orientate all'applicazione strutturale. Se la formulazione degli elementi può essere facilmente adattata ad applicazioni diverse, e seppure vangano presentate tecniche completamente generali anche per la formulazione del problema, la discussione delle problematiche e le applicazioni presentate fanno riferimento al caso strutturale ed in particolare a quelle dei settori aeronautico e spaziale.

Cenni Storici Il metodo ad elementi finiti occupa una porzione limitata nella storia dell'analisi strutturale che pure risulta essere impressionantemente breve se confrontata con la storia delle grandi realizzazioni umane. La definizione di "Metodo degli Elementi Finiti" è stata coniata nel 1960 da Clough del Dipartimento di Ingegneria Civile dell'Università di California-Berkeley. Le fondamenta del metodo erano state però già enunciate in un lavoro del 1956 dallo stesso Clough unitamente a Turner (Boeing Aircraft), Martin (Dip. di Ingegneria Aeronautica dell'Università di Seattle). Quasi contemporaneamente a questi ricercatori, anche Argyris, dell'università di Stoccarda, era giunto alla pubblicazione di lavori nei quali formulava un analogo sviluppo.

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E' però quasi universalmente riconosciuta a Courant la paternità nella formulazione ad elementi finiti del problema strutturale: egli aveva infatti proposto, già nel 1943, la suddivisione del continuo con elementi bidimensionali triangolari all'interno dei quali utilizzare una funzione approssimante il campo di spostamento. Questo lavoro era però caduto nel dimenticatoio in quanto, non esistendo ancora gli elaboratori digitali, risultava privo di una qualsiasi utilità pratica. Più tardi le persone citate hanno proposto una metodologia analoga e solo successivamente è arrivato il riconoscimento dell'originalità della sua idea. In tutto il mondo la ricerca si è scatenata portando a rapidissimi miglioramenti nei codici con guadagni di efficienza spettacolari. Nei primi dieci anni della sua storia, si è assistito ad una crescita esponenziale dell'attività nel settore, come dimostrato dalla tabella, con un numero di pubblicazioni inerenti il settore che da poco più di un centinaio nel 1966 è cresciuto a più di 7000 in dieci anni.

Anno Pubblicazioni 1961 10 1966 134 1971 844 1976 >7000

Per curiosità, viene anche riportato un succinto prospetto nel quale sono riassunte alcune delle date più significative della storia del calcolo, con riferimento a quello strutturale. Periodo Evento

1850 - 1875 Basi dell'analisi strutturale moderna (S.Venant, Mohr, ... )

Utilizzo di metodi alle forze (assenza di metodiche numeriche pratiche)

1905 Formulazione di metodi approssimati (Ritz)

1920 Formulazione dell'approccio agli spostamenti

1932 Metodo dei momenti per strutture reticolari

1943 Interpolazione triangolare su dominio triangolare (Courant)

1950- 1951 Introduzione del calcolo digitale e sviluppo delle tecniche di calcolo per modelli discreti

1960 Viene introdotta la dicitura "ELEMENTI FINITI": Discretizzazione del dominio (DIFFERENZE FINITE: Discretizzazione delle equazioni)

1966 NASTRAN NAsa STRuctural ANalisys